Lacrime. di Gioia. Quando dalle 19 di sabato 8 gennaio, PORTI TRANSHIPMENT. Testi Sergio Cuti Fotografie Roberto Fumagalli

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1 PORTI TRANSHIPMENT Lacrime di Gioia Testi Sergio Cuti Fotografie Roberto Fumagalli Quando dalle 19 di sabato 8 gennaio, e per le successive 30 ore, non hanno visto apparire all orizzonte alcuna nave portacontainer, i responsabili del porto di Gioia Tauro sono sbiancati in volto. Di norma, gli uffici della Port Authority registrano più di sette attracchi al giorno, uno ogni tre ore. Invece l 8 gennaio 2011, quando ormai era sceso il buio su banchine, gru e piazzali, nessuna imbarcazione era apparsa all imbocco del canale. Non era mai successo nei 15 anni di storia dello scalo calabrese. E nessuno aveva avuto il minimo sentore che l angoscia fra i addetti (tremila se si conteggia pure l indotto) del più grande porto di transhipment (trasbordo di una parte del carico da una nave più grande a una più piccola) del Mediterraneo potesse durare così a lungo. I due personaggi al vertice dell Autorità portuale, il presidente Giovanni Grimaldi e il segretario generale Carmelo Maccarone, si sono guardati in faccia 24 hp MARZO 2011

2 Lo scalo calabrese è tra i pochi in Italia a non lamentare problemi strutturali. Eppure non riesce a reggere la concorrenza nordafricana. Per gli armatori è colpa dell assenteismo e minacciano di abbandonare le banchine. Ma i sindacati respingono le accuse: in realtà si tratta di una lotta di potere MARZO 2011 Per incrementare gli attracchi ai moli, è stata sperimentata la riduzione della tassa d ancoraggio. Ma senza successo. esterrefatti. E increduli, perché per venire incontro alle esigenze degli armatori lo scorso anno si erano dissanguati. Pur consapevoli, infatti, di perdere un entrata di cassa di 5/6 milioni di euro, avevano abbattuto le tasse di ancoraggio del 60% per le navi fino a 50 mila tonnellate di stazza lorda e del 90% per quelle di stazza maggiore. E se si pensa che i porti di transhipment, come Gioia Tauro, non possono contare neppure sull introito dell Iva perché i container di trasporto non si sdoganano, Grimaldi e Maccarone in quel momento hanno temuto il tracollo. E, ancora peggio, di avere perso la grande scommessa. Cioè di essersi ingannati nel barattare il taglio netto della tassa di ancoraggio con la promessa, da parte di terminalisti e armatori, di un consistente aumento di container da movimentare nel porto calabrese con le gigantesche Superpost Panamax alte 63 metri, le più moderne gru che l uomo sia mai stato in grado di progettare e costruire. Il presidente Grimaldi, infatti, rivolto ai dirigenti della danese Maersk, la più grande compagnia navale commerciale del mondo, e dell elvetica Msc, la Mediterranean Shipping Company che viene classificata come la seconda compagnia commerciale più importante del globo, era stato chiaro: «Dal nostro sacrificio ci attendiamo un incremento costante dei traffici». Carmelo Maccarone, parlandone con Hp Trasporti, aveva anche azzardato delle cifre: «Puntiamo nel 2010 a far arrivare nel nostro scalo container, un milione in aggiunta a quelli trasbordati nel E un milione di contenitori in più significa 20 milioni di euro. E anche se sottraiamo 5 milioni di mancato introito della tassa di ancoraggio, fanno 15 milioni. I conti tornano». E se non tornassero? «Ci troveremmo di fronte a un danno erariale e saremmo costretti a rivedere le nostre scelte». Infatti. Dal 1 gennaio, è stata rimessa in vigore la tassa di ancoraggio nel suo costo totale perché i conti non sono tornati del tutto. E da qualche tempo non tornano. Nel 2008, il porto di Gioia Tauro era riuscito a muovere più di 3,5 milioni di teu. Un record strepitoso. Poi le prime angosce. I container movimentati erano scesi a 2,8 milioni nel 2009, con un decremento del 17,6% sul Nei primi dieci mesi del 2010 (ultimo dato disponibile), l asticella aveva toccato i 2,1 milioni di teu. Con ogni probabilità, quindi, quando si tireranno le somme al 31 dicembre 2010, si scoprirà che lo scorso anno sono stati sbarcati e imbarcati lo stesso numero di container del Più o meno. Ma un fatto è ormai certo: a Gioia Tauro non si carica e non si scarica più come prima. Il motivo: soprattutto la spietata concorrenza dei porti del Nord Africa. Dal Marocco all Egitto stanno spuntando strutture che possono ospitare una quantità sterminata di container. Una potenza di fuoco mai vista: 20 milioni di contehp 25

3 PORTI TRANSHIPMENT DI TEU ALL ANNO». MA SOLO SE LO SCALO TORNERÀ COMPETITIVO nitori nei prossimi tre anni. Cinque milioni in più dei teu movimentati nei tempi d oro dalla sponda nord del Mediterraneo quando nel 2008, prima dello tsunami della crisi, gli spagnoli di Algeciras, Valencia e Barcellona e gli italiani di Gioia Tauro e Genova erano ancora i protagonisti incontrastati della scena. GIANLUIGI APONTE, Ora non più. E i porti africani hanno molte possibilità PATRON DI MSC, di prendersi la fetta più grossa nella moderna corsa all oro È PRONTO A PUNTARE rappresentata dai contenitori. Sono competitivi perché hanno a disposizione un enorme SU GIOIA TAURO bacino di manodopera pagata GARANTENDO una miseria. «Chi carica e scarica le na- «QUATTRO MILIONI vi portacontainer in Italia costa 22/25 euro all ora, a Tangeri 3,1 euro, a Port Said 1,9 euro», rivela Luigi Merlo, presidente dell Autorità portuale di Genova. «E poiché l economia è diventata globale, gli armatori che ragionano a livello internazionale ci mettono cinque minuti a spostare i container a Port Said e Damietta. Cinque minuti e noi siamo morti», avverte Maccarone. Tangeri, Port Said, Damietta, Enfidha. Nomi di porti che fino a due anni fa erano completamente sconosciuti. La geografia mondiale dei traffici sta cambiando. Anche perché i Paesi della sponda sud del Mediterraneo hanno cominciato a investire. Una montagna di soldi. È entrato in servizio, infatti, il nuovo Tangeri Med, un terminal da 3 milioni e mezzo di teu (nel 2009 qui sono stati movimentati contenitori); il governo marocchino è pronto a finanziare 5 miliardi per portare la capacità massima a 8,5 milioni di teu. Da Tangeri a Port Said, lo scalo egiziano che si affaccia proprio sul canale di Suez, primo a intercettare le navi che arrivano dal Far East. Al momento sono attivi due terminal container che nel 2009 hanno movimentato teu. Ne sta sorgendo un terzo chiamato East Port nel quale il governo ha investito 400 milioni di euro circa. Quando sarà pronto, fra tre anni, Port Said sarà in grado di movimentare fino a 9 milioni di container. Ancora in Egitto, c è un terminal a Da- 26 hp MARZO 2011

4 mietta che vale un milione di container. Un altro sorgerà ad Alessandria: risorse già disponibili per 860 milioni. A Enfidha, in Tunisia, a 40 chilometri da Hammamet, si sta costruendo un terminal in grado di movimentare 5 milioni di teu: l investimento previsto è di 1,4 miliardi. Mentre, a breve, anche la Libia dovrebbe rendere noti i suoi programmi di sviluppo dei terminal in grado di contenere altri milioni di teu, come quello di Tobruk. Di fronte a questo esercito di uomini che si muovono su banchine, gru e navi, che fare? L armatore Gianluigi Aponte, alla guida di Msc, ormai l unico grande cliente di Gioia Tauro, non si è nascosto dietro un dito. È lui, infatti, che ha dirottato al porto del Pireo le navi che dovevano attraccare allo scalo italiano causando le 30 ore di blocco sulle banchine calabresi per mancanza di portacontainer. Lo ha ufficialmente ammesso in un intervista concessa al Sole 24 Ore. Per un motivo molto semplice: far conoscere pubblicamente il suo giudizio negativo su questo porto «che abbiamo salvato rispondendo a una precisa richiesta fatta dall allora presidente del Consiglio Romano Prodi. Ma non possiamo immolarci per Gioia Tauro». La ragione del suo malcontento è la bassa produttività dello scalo «che deve lavorare 365 giorni l anno» e deve far sì che «una nave stia in porto dieci ore e non un giorno e mezzo, perché questo provoca perdite enormi. Le nostre navi non possono aspettare: devono essere caricate e scaricate nel più breve tempo possibile». Lo scalo, quindi, per il patron di Msc «è poco competitivo» perché «i sindacati sono impegnati a difendere lavoratori spesso assenteisti e poco produttivi». Li invita, quindi, a fare un appello a coloro che prendono un salario grazie al porto «perché siano più presenti sul posto di lavoro, si impegnino di più e garantiscano la massima efficienza. A Barcellona, per esempio, vengono fatti 30 movimenti l ora, a Gioia Tauro solo 22». Così non va. E se la situazione non si modificherà, Aponte non solo continuerà a dirottare le sue navi «in altri porti dove siamo già in condizioni di operare», ma addirittura lancia la sua rovinosa minaccia: «Siamo pronti ad andare via», per sempre. E se anche Msc abbandona Gioia Tauro, è la fine di questo scalo. Al contrario, se il porto ritornerà competitivo, Aponte ha promesso di movimentare sulle banchine calabresi «non due, ma quattro milioni di teu all anno». Un raddoppio secco. Una montagna di denaro. Una minaccia che sa tanto di ricatto? O addirittura di intrigo, dal momento che Msc ha chiesto a Medcenter, il terminalista di Gioia Tauro, di entrare in società per gestire insieme lo scalo, ma finora ha ricevuto solo dei no? Tutto è possibile. Anche per la specifica peculiarità del mercato del transhipment. Composto da sole tre compagnie di navigazione: la danese Maersk, la svizzera Msc e la francese Cma-Cgm. La prima è azionista, con il 33%, di Medcenter Container Terminal insieme a Contship Italia (che detiene il 67% del capitale), ma i danesi si stanno sfilando da Gioia Tauro e stanno portando tutti i loro container a Port Said dove tutto, come abbiamo visto, è più a buon mercato. I francesi hanno già scelto Malta. Così nel porto calabrese è rimasta solo Msc. Che Medcenter e l Autorità portuale non possono perdere. Pena, portare i libri in tribunale. Un eventualità che Cecilia Battistello non vuole neppure prendere in considerazione. Lady shipping, come viene chiamata nel mondo delle compagnie marittime internazionali, è presidente sia di Medcenter sia di Contship, con la quale gestisce gli scali container di Gioia Tauro, La Spezia, Cagliari, Ravenna e Salerno. Inoltre opera anche nel nuovo terminal di Tangeri e la sua società fa parte della holding tedesca Eurokai di proprietà di suo marito, Thomas Eckelmann. Sa di non poter perdere i volumi di traffico di Msc. E probabilmente accetterà di condividere il potere in Medcenter. Ma nel frattempo rivela la sua verità. Amara. In un intervista a La Stampa, rilasciata tre giorni dopo le esternazioni di Gianluigi Aponte, ha infatti svelato che anche lei crede in Gioia Tauro, «ma non posso continuare a perdere 10,5 milioni di euro l anno, come è stato nel 2009 e nel Ho degli azionisti a cui rendere conto». La priorità, quindi, sarebbe quella di ridurre di almeno 6-7 milioni la perdita annua dello scalo calabrese «per resistere senza dissanguarci». E su produttività e assenteismo, fa da sponda al patron di Msc. «Gioia Tauro movimenta 21/23 container l ora, contro i 30 di Port Said. Non dico che dobbiamo fare meglio che in Egitto, ma almeno arrivare allo stesso livello di produttività». E punta il dito contro l assenteismo. «Il 14% di media con punte estive del 17% quando gli operai vanno al mare». Un accusa che brucia. Come l avver- Il fallimento dello scalo calabrese significherebbe il crollo del 50% del Pil privato di tutta la regione. MARZO 2011 hp 27

5 PORTI TRANSHIPMENT 40 MILIONI DI EURO ALL ANNO. METTENDO COSÌ I NOSTRI SCALI ALLO STESSO LIVELLO DI QUELLI SPAGNOLI E DEL NORD AFRICA» timento finale: o si produce di più o «l alternativa non c è, salvo quella di chiudere e mandare tutti i casa». Prevedibili e scontate le reazioni dei sindacati i quali, salvo sfumature a seconda della sigla di appartenenza, sostengono che i lavoratori non hanno alcuna colpa. E se le navi non sono apparse al largo di Gioia Tauro è perché c è una lotta sotterranea fra il terminalista, cioè lady shipping, e l armatore Aponte. E ancora: Medcenter opera con mezzi ormai obsoleti e fatiscenti e ha ridotto il terminal calabrese a «SE LA CONCORRENZA rapportarsi con un solo cliente. Infine: il porto è attivo 363 SI GIOCA giorni all anno (chiude solo le notti di Natale e di Capodanno), una nave madre viene la- SULLA MANODOPERA, vorata non in 36 ore come sostiene il patron di Msc, ma al BASTEREBBE massimo in 12 ore, mentre per DEFISCALIZZARE quanto riguarda l assenteismo «è un vero giallo» perché, no- GLI ONERI SOCIALI PER nostante i sindacati abbiano più volte chiesto i numeri a lady shipping, questa si è sempre rifiutata di fornirli. Contship avrebbe tratto, invece, dei lauti favori da Gioia Tauro: la parlamentare Angela Napoli, di Futuro e Libertà, ha presentato infatti un interpellanza al premier Silvio Berlusconi, ai ministri Giulio Tremonti (Economia e Finanze), Altero Matteoli (Infrastrutture e Trasporti) e Maurizio Sacconi (Lavoro e Politiche sociali), per sapere «a quanto ammonta la perdita per il demanio che a partire dal 1995 ha concesso a Medcenter 1 milione e mezzo di metri cubi per circa 1 miliardo di vecchie lire all anno, prezzo politico e assolutamente fuori mercato». Non solo Contship, ma anche Aponte ha goduto di agevolazioni a Gioia Tauro, hanno sottolineato i sindacati: infatti, grazie allo sconto praticato dall Autorità portuale sulla tassa di ancoraggio, «la sola Msc, a fronte di un costo previsto di euro, ha pagato soltanto euro, con un risparmio pari a oltre 4 milioni». Insomma, diventa sempre più complesso trovare un filo logico in questo puzzle composto da accuse, colpe, trame, intrighi, giochi misteriosi. Ma c è una prospettiva tragica da non sottovalutare: se dovesse cadere Gioia Tauro, crollerebbe il 50% del Pil privato in Calabria. Ed è per questo che su un fatto tutti sono certi in questa regione, dagli amministratori pubblici ai politici, dalle associazioni di categoria all Autorità portuale, dal terminalista ai sindacati: deve intervenire il governo, perché per lavorare almeno alla pari con i porti del Nord Africa bisogna ridurre all osso la tassa di ancoraggio, eliminare le accise sul gasolio utilizzato per far lavorare le gru e defiscalizzare gli oneri sociali. Una soluzione «di tipo industriale» e non la «solita pezza» che Francesco Nerli, presidente di Assoporti, aveva ri- 28 hp MARZO 2011

6 lanciato proprio da Hp Trasporti, due anni fa. Aveva spiegato, infatti: «Che una singola Autorità portuale decida da sola di ridurre la tassa di ancoraggio è una risposta sbagliata a un problema reale. Se la questione, infatti, è il costo del lavoro che in Africa è irrisorio, le proposte le avevamo presentate al governo: abbiamo chiesto la defiscalizzazione degli oneri sociali, per esempio. E l abolizione delle tasse sulle accise del gasolio che si usa per movimentare le gru. Si può immaginare anche qualche altro provvedimento, ma non è certo pensabile che oggi uno entri in un porto italiano, utilizzi delle banchine pubbliche, non paghi niente e se ne vada bah». Nerli riscriverebbe le stesse parole oggi: «Ci sono dati oggettivi che non sono interpretabili. E sono due», spiega. «In uno scalo di transhipment il costo è solo quello portuale: non ci sono, per esempio, altre spese di trasporto, di sdoganamento, di logistica: il container viene scaricato dalla nave madre e caricato sulla più piccola unità feeder. Tutto finisce lì». E, quindi? «I porti del Nord Africa sono in enorme anticipo perché da loro il lavoro costa molto meno». L altro dato assodato? «Non certo la produttività: la stragrande maggioranza dei porti fa 22/23 movimenti l ora. Il problema è l assenteismo». Nerli non va oltre. Perché il tasto è dolente. E delicato. Da indiscrezioni raccolte, sembra che, negli anni, almeno 250 persone siano state prese a lavorare nel porto anche se la loro assunzione non era prioritaria e vitale. Un tale esubero, ovviamente, va a pesare sulle spese del personale. Ma ritorniamo agli altri costi. «Dal 1998 non esiste più la tassa portuale sulle merci», avverte Nerli. «Quella di ancoraggio è ferma dal 1993 e a Gioia Tauro è stata addirittura versata quasi interamente dall Autorità portuale: è come se il Comune di Torino pagasse l Irpef alla Fiat; incredibile, ma è stato così. Sempre nello scalo calabrese il canone di concessione è ridottissimo rispetto agli altri porti d Italia. Possiamo azzerare le accise sui carburanti che movimentano i macchinari come già succede negli scali del Nord Europa». Siamo, cioè, ai non costi «Certo, è anche così che bisogna rendere competitivi i nostri porti. Ora, se la concorrenza è sulla manodopera, basterebbero 40 milioni all anno di defiscalizzazione degli oneri sociali per mettere i nostri scali allo stesso livello di quelli spagnoli e del Nord Africa. Non mi sembra una grande cifra, ma la partita possiamo almeno giocarcela ad armi pari». Ma qual è il compito dell Autorità portuale di Gioia Tauro per evitare il declino del porto? Lo spiega il presidente Giovanni Grimaldi: «Il quadro è questo: oggi abbiamo solo due clienti, Maersk e Msc. Il primo, però, sta diminuendo il suo impegno nel nostro porto perché preferisce operare con Port Said. Msc lo scorso anno, per merito anche della ridotta tassa di ancoraggio, ha movimentato il 20% di container in più nello scalo calabrese. Ed è, infatti, grazie ad Aponte che siamo riusciti a stare sugli stessi livelli di produzione del 2009 e ad assorbire 250 persone finite in cassa integrazione». Lei presidente, in una recente intervista, ha detto: «Il vero problema è che manca la concorrenza. L unico cliente rimasto è Msc». È così? «Non proprio. Anzi, ringrazio Msc che è rimasto con noi. Ho detto, invece: vorrei che Msc non rimanesse il solo cliente. Il senso, come vede, è diverso». E in questa lotta fra Cecilia Battistello e Gianluigi Aponte per il controllo di Gioia Tauro, che cosa può fare l Autorità portuale? «Niente. Può solo convincerli a riunirsi intorno al tavolo». Quali sono i problemi del porto, dunque? «Di strutturali non ne abbiamo: lo scalo ha due chilometri di banchine, gru di ultima generazione, fondali a 16/18 metri. Ci sono ancora 85 milioni da investire in strutture. Ora serve quanto la Calabria ha chiesto al governo per Gioia Tauro: defiscalizzare gli oneri sociali, eccetera, eccetera». Portuali calabresi assenteisti? «Sono poche decine di persone di fronte a migliaia di operai che sgobbano. Certo, ci vorrebbe anche una migliore organizzazione del lavoro per rendere il porto più produttivo». Non pensa presidente che il limite di Gioia Tauro sia proprio quello di essere solo uno scalo di transhipment? Basta, insomma, che una compagnia decida di spostare le merci da un porto a un altro per mettere in ginocchio un intera economia; se, quindi, nella zona del vostro retro-porto ci fossero attività logistiche e se venisse potenziata la ferrovia per portare velocemente la merce lavorata negli interporti del Nord? «Certo. Ma qui non siamo a Genova che ha alle spalle Lombardia, Piemonte e Veneto. E poi Gioia Tauro non può essere snaturato. È nato come porto di transhipment e solo così può restare». Su un fatto sono tutti d accordo: per salvare Gioia Tauro, deve intervenire il governo. MARZO 2011 hp 29