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1 UNIVERSIT A DEGLI STUDI DI ROMA "LA SAPIENZA" FACOLT A DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA NUCLEARE Studio di fotodiodi a valanga per il calorimetro CMS al LHC del \CERN" Relatore: Prof. Gilberto Rinaldi Tesi di Laurea di: Stefano Caruso Correlatori: Dott.ssa Stefania Baccaro Prof. Egidio Longo Matr Anno Accademico I

2 Indice Introduzione 4 1 L'esperimento Compact Muon Solenoid (CMS) L'acceleratore Large Hadron Collider (LHC) La ricerca del Bosone di Higgs LHC CMS Il magnete Il Rivelatore di vertice Il calorimetro elettromagnetico (ECAL) Risoluzione in massa invariante Risoluzione in energia Ambiente radiattivo Calorimetro adronico Rivelatori a muoni Studi teorici sui Fotodiodi a valanga (APD) Generalita sui fotorivelatori Dispositivi a vuoto. Il fotomoltiplicatore Fotorivelatori a semiconduttore Introduzione alla fotoconduzione Fotodiodi Diodi a giunzione Principio di funzionamento del fotodiodo II

3 Caratteristiche generali Diodi a giunzione p i n (PIN) Struttura base del PIN Ecienza quantica Corrente oscura Nuclear Counter Eect Fotodiodi a valanga (APD) Principio di funzionamento Metodi di costruzione Metodo della diusione Metodo della impiantazione ionica (Inculcazione) Metodo di crescita epitassiale Caratteristiche degli APD Guadagno Ecienza quantica " Q Nuclear Counter Eect Corrente oscura Capacita Problemi di rumore elettronico nell' APD Excess Noise Factor F Confronto tra i diversi tipi di fotorivelatori Applicazioni nella sica delle alte energie. Il rivelatore per l'esperimento a CMS Misure di APD Introduzione Apparato sperimentale Misura della corrente oscura I D Misura del guadagno M Misura dell'ecienza quantica " Q Misura dell'excess Noise Factor F III

4 3.3 Risultati delle misure Misure di corrente Guadagno Analisi della corrente oscura Stabilita di tensione Dipendenza del guadagno dalla temperatura Stabilita della corrente con la temperatura Ecienza quantica Studio del danneggiamento da radiazioni sugli APD Introduzione Eetti del danneggiamento da radiazioni nel Silicio Danneggiamento nel bulk Danneggiamento di supercie Eetti sulla corrente oscura Prove di irraggiamento Reattore veloce Tapiro Modalita di irraggiamento Risultati sperimentali Corrente oscura Guadagno Dipendenza tra corrente oscura e temperatura per APD irradiati Ecienza quantica Recupero dal danneggiamento da neutroni Teoria del recupero nel silicio Risultati sperimentali Accumulazione dei difetti Dipendenza del recupero dalla temperatura Comportamento a bassa temperatura Comportamento ad alta temperatura IV

5 5.3 Simulazione del danneggiamento in CMS e dinamica del recupero degli APD Conclusioni 108 V

6 Studio di fotodiodi a valanga per il calorimetro di CMS al LHC del "CERN" Il lavoro di tesi ha riguardato la caratterizzazione di particolari fotorivelatori, detti fotodiodi a valanga (APD, dall'inglese Avalanche Photodiodes), il cui utilizzo e previsto nell'apparato di CMS (Compact Muon Solenoid), un esperimento di sica delle alte energie che si svolgera presso il Centro Europeo di Ricerca Nucleare (Cern) di Ginevra, a partire dal 2005, presso il nuovo acceleratore protone-protone Large Hadron Collider (LHC). Scopo degli esperimenti che acquisiranno dati ad LHC e la ricerca di una particella, il Bosone di Higgs, la cui rivelazione consentirebbe di vericare le ipotesi del Modello Standard delle particelle elementari, che riproduce con grande accuratezza tutta la fenomenologia delle interazioni dei costituenti fondamentali della materia. L'esperimento CMS prevede la costruzione di un calorimetro elettromagnetico di grande precisione, ECAL, costituito da un sistema di scintillatori basati su cristalli di tungstato di piombo (PbWO 4 ), il cui segnale luminoso e poi rivelato dagli APD. Il lavoro sperimentale svolto in questa tesi si inserisce nel quadro di una collaborazione tra il gruppo di ricerca CMS di Roma, costituito dall'istituto Nazionale di Fisica Nucleare dell'universita di Roma La Sapienza ed il Dipartimento INN/TEC dell'enea al Centro di Ricerca La Casaccia di Roma, ed altri centri di ricerca europei. La stesura della tesi prevede una descrizione dell'esperimento CMS e cenni sulle problematiche associate alla ricerca del Bosone di Higgs, a cui segue una trattazione generale sui fotorivelatori, con particolare attenzione agli APD. Nella seconda parte e descritto il lavoro sperimentale sugli APD; sono riportate le misure sperimentali e la metodologia utilizzata nel conseguirle, allo scopo di caratterizzare le prestazioni di diversi fotodiodi a valanga, realizzati da due case di 1

7 produzione: la Hamamatsu (Giappone) e la EG&G (Canada). E stato misurato e studiato il comportamento dei parametri determinanti per il funzionamento dell'apd: corrente oscura, guadagno, ecienza quantica e rumore elettronico. Da tali misure si deduce che gli ultimi prototopi hanno delle prestazioni che rispondono ai requisiti del calorimetro: bassi valori di corrente oscura; guadagno stabile; buona ecienza quantica; rumore tracurabile. Inoltre le misure sulla dipendenza della corrente oscura dalla temperatura danno risultati in ottimo accordo con la teoria. Tra tutti i fotodiodi esaminati il miglior comportamento e stato riscontrato nel prototipo BA-N della Hamamatsu, costruito con una nestra di entrata antiriettente di nitruro di silicio, Si 3 N 4. E stata inoltre studiata la resistenza alla radiazione neutronica dell'apd; a questo proposito sono descritti gli irraggiamenti eettuati sugli APD al reattore veloce TAPIRO e all'impianto gamma CALLIOPE dell' ENEA-CASACCIA, e i risultati sperimentali relativi al danno subito in tali irraggiamenti. Sono stati misurati: l'aumento di corrente oscura, che risulta essere lineare con la dose, e di rumore; la perdita di ecienza quantica; la dipendenza della corrente e del guadagno dalla dose assorbita, dalla temperatura e dalle condizioni di alimentazione. Anche in questo caso si e notato, nei modelli di nuova generazione, un miglioramento della resistenza alle radiazioni, tale da consentirne un utilizzo in CMS. Inne e stato arontato lo studio del recupero del danno da radiazione; questo e stato determinato misurando l'andamento della corrente oscura nel tempo ed il suo recupero a diverse temperature. E stato, inoltre, dimostrato che a temperatura ambiente avviene un netto recupero di corrente, con un andamento esponenziale nel tempo che potrebbe risultare molto utile durante il funzionamento nel calorimetro di CMS. Lo studio del recupero in funzione del tempo ha fornito interessanti risultati: vi sono diverse costanti di tempo di recupero, tra le quali la componente veloce sembra avere lo stesso comportamento dei comuni diodi, mentre di questi, la componente lenta, presente negli APD, non mai e stata evidenziata 2

8 le costanti di tempo non dipendono dalla dose di radiazioni assorbita; forte diminuzione del recupero a bassa temperatura e, viceversa, un aumento per temperature anche di poco superiori alla temperatura ambiente; recupero analogo con e senza alimentazione. Alla luce del lavoro svolto si e stabilito che i fotorivelatori esaminati rispettano egregiamente i requisiti richiesti dall'esperimento, e sulla base delle necessarie ottimizzazioni che sarnno apportate dalla societa produttrice, possono considerarsi degli ottimi e competitivi strumenti nel campo della fotorivelazione. 3

9 Introduzione Nell'anno 2005, al Centro Europeo di Ricerca Nucleare (CERN ) di Ginevra, sara completata la costruzione di un nuovo acceleratore per protoni, Large Hadron Collider (LHC). Scopo degli esperimenti che prenderanno dati ad LHC e la ricerca di una particella, il Bosone di Higgs, la cui rivelazione permetterebbe di vericare le ipotesi del Modello Standard delle particelle elementari, che riproduce con grande accuratezza tutta la fenomenologia delle interazioni dei costituenti fondamentali della materia. Gli esperimenti che avranno luogo all' LHC devono soddisfare caratteristiche di velocita di risposta, precisione, resistenza alle radiazioni, operativita in ambiente con alto campo magnetico, tutto ad un costo contenuto. Questa tesi riguarda uno dei due esperimenti disegnati per LHC: il Compact Muon Solenoid (CMS), esperimento per il quale e previsto un calorimetro elettromagnetico di grande precisione (ECAL). ECAL sara formato da un sistema di scintillatori costituiti da cristalli di tungstato di piombo, (PbWO 4 ). I fotorivelatori per questi scintillatori devono avere le seguenti caratteristiche: Elevata ecienza quantica nell'intervallo nm. Suciente amplicazione interna per sopperire alla bassa produzione di luce del cristallo. Estrema rapidita di risposta Resistenza alla radiazione per ussi neutronici superiori a ncm,2 in dieci anni. Non devono essere sensibili ad un campo magnetico di 4T, essendo questo presente durante il funzionamento dell'esperimento. I requisiti richiesti hanno orientato la scelta verso i fotodiodi a valanga (APD). La proposta di utilizzare gli APD nell'esperimento CMS ha reso necessario sviluppo 4

10 di questi dispositivi in collaborazione con due ditte di produzione, Hamamatsu (Giappone) e EG&G (Canada), allo scopo di realizzare fotodiodi ecienti e resistenti alle radiazioni. Il gruppo di ricerca CMS di Roma, costituito da una collaborazione tra l'istituto Nazionale di Fisica Nucleare dell'universita di Roma La Sapienza ed il Dipartimento INN/TEC dell'enea al Centro di Ricerca La Casaccia di Roma, ha intrapreso uno studio atto a caratterizzare i cristalli scintillanti di tungstato di piombo e gli APD. La collaborazione e inoltre estesa a numerosi centri di ricerca europei. Il lavoro descritto nella presente tesi e incentrato sulla caratterizzazione degli APD. Nel primo capitolo viene illustrato il problema della ricerca sperimentale del Bosone di Higgs, ed e descritto brevemente il progetto della costruzione dell'acceleratore Large Hadron Collider (LHC) al CERN ; viene inoltre descritto l'esperimento Compact Muon Solenoid (CMS). Particolare attenzione e rivolta alla struttura del calorimetro elettromagnetico (ECAL), dove verranno impiegati gli APD. Nel secondo capitolo e trattato il problema della fotorivelazione. Dopo una trattazione generale sui fotorivelatori, vengono descritte in particolare la struttura degli APD e le caratteristiche che hanno portato la collaborazione CMS a questa scelta. Dal terzo capitolo ha inizio la parte sperimentale: sono riportate le misurazioni sperimentali, e la metodologia utilizzata nel conseguirle, al ne di caratterizzare le prestazioni di diversi fotodiodi a valanga. E stato inoltre misurato e studiato il comportamento dei parametri determinanti dell'apd: corrente oscura, guadagno, ecienza quantica e rumore elettronico. Nel quarto capitolo e stata studiata la resistenza dell'apd alla radiazione neutronica; sono descritti gli irraggiamenti eettuati sugli APD al reattore TAPIRO dell' ENEA- CASACCIA, e sono riportati i risultati sperimentali relativi al danno ricevuto in tali irraggiamenti; e stato misurato l'aumento della corrente oscura e di rumore, la perdita di ecienza quantica e la dipendenza della corrente e del guadagno dalla temperatura, dalla dose impartita e dalle condizioni di alimentazione. Nel quinto capitolo e arontato lo studio del recupero del danno da radiazione; e stato misurato l'andamento della corrente oscura nel tempo, ed e stato studiato l'andamento del recupero a diverse temperature. Nell'ultimo capitolo si trovano riassunte le conclusioni a cui le prove eettuate sugli APD, hanno condotto. In particolare vengono analizzate le prestazioni degli APD, ed in base ai risultati conseguiti, viene discussa la possibilita di utilizzarli nell'esperimento CMS. 5

11 Capitolo 1 L'esperimento Compact Muon Solenoid (CMS) 1.1 L'acceleratore Large Hadron Collider (LHC) Verso la ne degli anni `60 e l'inizio dei `70, lo studio della sica sub-atomica ebbe una fondamentale svolta con la formulazione di una nuova teoria in grado di spiegare la fenomenologia sperimentale delle interazioni elettrodeboli: il Modello Standard [1]. Questa teoria, basata sul concetto di simmetria locale e sul meccanismo di rottura spontanea della simmetria, unica coerentemente sotto un unico modello tre dei quattro tipi di interazioni fondamentali studiate in sica: interazioni elettromagnetiche, deboli e forti. Il Modello Standard riproduce con grande accuratezza tutta la fenomenologia delle interazioni dei costituenti fondamentali della materia: i leptoni e i quark. Un suo ingrediente fondamentale non e stato, pero, ancora osservato: il Bosone di Higgs, la cui presenza e necessaria per giusticare la massa non nulla delle suddette particelle [2]. Negli ultimi anni grandi sforzi sono stati fatti dai sici delle alte energie, volti alla determinazione sperimentale dell'esistenza di questo bosone, nonche alla determinazone della sua massa, della quale il modello non predice alcun valore. A tal ne verra costruito al Centro Europeo di Ricerca Nucleare (CERN ) di Ginevra l'acceleratore Large Hadron Collider (LHC), che sara ilpiu grande collider del mondo [3]. 6

12 1.1.1 La ricerca del Bosone di Higgs Nella sica delle particelle i fermioni 1, cioe i quark (up, down, charm, strange, top, beauty), ed i leptoni (elettroni, muoni, tau e i relativi neutrini) vengono considerati i costituenti fondamentali della materia. Dall' aggregazione dei quark si formano gli adroni (protoni, neutroni, pioni, ecc.). Il modello standard assegna ai bosoni 2 vettori (W, Z, ed il fotone), il ruolo di mediatori della forza debole ed elettromagnetica. Per rendere coerente la teoria e pero necessario introdurre un bosone ulteriore, detto bosone di Higgs, che si accoppia alle varie particelle con una forza proporzionale alle loro masse. L'esistenza di questa particella da una spiegazione delle masse delle varie particelle [?]. Il limite superiore per la massa dell' Higgs e ssato, per ragioni imposte dalla teoria, a circa 1TeV 3. Alla base del principio utilizzato per la rivelazione del bosone vi e l' ipotesi che in un urto tra due protoni esso sia prodotto, e che possa sopravvivere per un brevissimo tempo, dopo il quale decade in altre particelle; individuando l'energia e la direzione di queste particelle e possibile ricostruire la massa della particella originale. Sono gia stati condotti numerosi esperimenti al ne di individuare questo bosone [4]. L'acceleratore LEP (Large electron-positron collider) al CERN di Ginevra nora ha permesso di coprire un intervallo di energia no a 80 GeV, ssando cos, il limite inferiore alla massa dell' Higgs proprio a questo valore. Di conseguenza LHC e progettato per esplorare un intervallo di massa dell'higgs tra il limite di LEP e 1TeV. Per chiarire meglio il meccanismo di ricerca del bosone, possiamo dividere gli intervalli di massa in base ai possibili decadimenti: Higgs pesante: m H > 2m Z =290 GeV il canale di decadimento di piu facile identicazione e quello in una coppia di Z reali, che decadono in due coppie di leptoni, come e mostrato nella gura 1.1(a). Higgs intermedio: m H GeV il canale di decadimento di piu facile identicazione e quello in in uno Z reale e uno virtuale, che ancora decadono in due coppie di leptoni, come e mostrato nella gura 1.1(b). 1 Particelle di spin frazionario. 2 I bosoni vettori sono particelle di spin intero pari a una unita ~, la cui esistenza e stata dimostrata dal superprotosincrotone (SPS), che nel 1984 valse il premio Nobel a Carlo Rubbia e Simon Vander Meer. 3 Nel seguito si adotteranno le unita }=c=1, nelle quali la massa ha le stesse dimensioni dell'energia. In queste unita, per esempio, la massa del protone e di 0.9 GeV. 1TeV = 10 3 GeV. 7

13 Higgs leggero: m H GeV il bosone puo essere rivelato solo attraverso il decadimento H!, per il quale e necessario un calorimetro elettromagnetico della massima risoluzione possibile. + µ H Z Z - µ + µ a) - µ µ H Z Z * µ µ b) µ top γ H c) top γ Figura 1.1: Diagrammi di Feynman Il campo esplorativo inferiore ai 100 GeV sara interamente coperto dai tentativi di rivelazione di LEP. Le indicazioni provenienti dalle elaborazioni dei risultati sperimentali ottenuti con LEP, portano a pensare che il bosone abbia una massa nell'intervallo leggero o intermedio, e cio presuppone che il terzo canale di rivelazione (gura 1.1(c)), per quanto risulti il piu dicile, debba essere studiato molto attentamente. Questo canale e caratterizzato da un decadimento in due fotoni. Per individuare il bosone in questo intervallo energetico, e stata proposta la costruzione di un calorimetro elettromagnetico di prestazioni elevate, con grande attenzione alla risoluzione energetica. Per questo ne e stato scelto un calorimetro elettromagnetico omogeneo a cristalli di tungstato di piombo (PbWO 4 ), il quale dovra individuare il valore dell' angolo formato dalla direzione dei due fotoni emessi, e misurare la loro energia, per ricostruire il valore della massa invariante del bosone di partenza, secondo la formula: M H = p 2E 1 E 2 (1, cos 12 ) (1.1) dove E 1 e E 2 rappresentano l'energia dei due fotoni, e 12 l'angolo ivi compreso. 8

14 1.1.2 LHC La costruzione del collider dovrebbe essere completata intorno all'anno 2004 presso il Centro Europeo di Ricerca Nucleare (CERN ) di Ginevra, grazie alla collaborazione iniziale di 12 paesi europei, a cui si stanno aggiungendo progressivamente anche paesi extraeuropei. LHC sara il piu grande collider protone-protone esistente al mondo. La sua costruzione verra eettuata sfruttando il tunnel che attualmente contiene l'acceleratore LEP, lungo quasi 27 km e situato a circa 100 metri di profondita, vicino Ginevra. Figura 1.2: Catena di accelerazione a LHC LEP e il grande acceleratore elettrone-positrone [4] che ha permesso, in tempi recenti, di confermare con le sue misure di elevata precisione, alcune delle previsioni del Modello Standard. LHC sara costituito da 8 zone rettilinee lunghe 528 metri, raccordate da 8 zone circolari di lunghezza circa 2456 metri; queste ultime saranno equipaggiate con 1232 magneti dipolari che forniranno il campo magnetico necessario a mantenere le particelle in traiettoria circolare denita. Le zone rettilinee saranno dotate di cavita a radiofrequenza superconduttrici, che avranno il compito di accelerare le particelle; il fascio di protoni che viene cos accelerato, dovra raggiungere una energia del centro di massa di 14 TeV ed una luminosita 4 di cm,2 s,1. La catena di accelerazione e costituita da LINAC - BOOSTER - PS - SPS, come e 4 La luminosita della sorgente di interazione e un parametro che dipende dalla intensita dei fasci in collisione, denito in modo che il numero di eventi aspettati per unita di tempo per un certo canale sia proporzionale 9

15 possibile vedere nella gura 1.2; la sequenza di riempimento consiste di 3 treni di 81 pacchetti, spaziati di 2.5 ns, iniettati nell'sps e accelerati successivamente no ad una energia di 450 GeV; inne i pacchetti sono iniettati in LHC (ogni treno e di circa protoni). La procedura e ripetuta 12 volte per anello di accumulazione, con un ciclo di 12.8 secondi. Quando entrambi gli anelli di accumulazione sono pieni, i protoni vengono accelerati in LHC per circa 20 minuti, no a raggiungere l'energia nominale di collisione di 7 TeV per fascio [5]. I protoni accelerati circolano su due anelli distanti tra loro circa 20 cm, che si incroceranno, per provocare le collisioni, in quattro punti stabiliti, detti punti di interazione (vedi gura 1.3). Intorno a questi punti saranno collocati gli esperimenti: CMS, ATLAS, ALICE e LHCB. La frequenza di ripetizione delle interazioni in LHC e di 40 MHz, per cui e necessario utilizzare rivelatori ad alta velocita; nel caso specico del calorimetro elettromagnetico dell'esperimento di CMS, saranno impiegati cristalli a scintillazione rapida. 1.2 CMS Verso la ne dell'anno 2004 dovrebbe essere conclusa la costruzione del rivelatore Compat Muon Solenoid (CMS) al CERN ;ilavori di costruzione dovrebbero cominciare dopo lo smantellamento di LEP, previsto dopo il L'esperimento CMS, assieme all'altro rivelatore ATLAS, mira alla rivelazione dell'esistenza del bosone di Higgs nell'intervallo di energia 100 GeV 1 TeV. L'apparato sara costituito da un insieme complesso di rivelatori, i quali hanno il compito di individuare le dierenti classi di particelle che saranno originate negli urti. Il progetto CMS [6] e stato nalizzato al conseguimento di particolari risultati secondo alcune priorita, elencate qui di seguito: Sistema di rivelazione di muoni molto buono. Il miglior calorimetro elettromagnetico (ECAL) possibile compatibile con le caratteristiche richieste. Un ottimo rivelatore di vertice. Costi contenuti entro le disponibilita globali della collaborazione. alla sezione d'urto del processo stesso moltiplicata per la luminosita istantanea: dn dt = L (1.2) 10

16 Figura 1.3: Gli esperimenti ad LHC In conseguenza di questi requisiti e stata decisa una dimensione ridotta per tutta la struttura e, quindi, la scelta di adottare un intenso campo magnetico. La richiesta di un campo magnetico estremamente alto ed uniforme, circa 4 Tesla, comporta l'utilizzo di un solenoide superconduttore. Il detector CMS avra una lunghezza di 21.6 metri, diametro di 14.6 m e un peso di t e nella gura 1.4 e possibile vedere uno spaccato del rivelatore. Verranno ora discusse in dettaglio le varie parti costituenti il rivelatore, ponendo particolare attenzione al calorimetro elettromagnetico. 11

17 Figura 1.4: L'esperimento CMS. 12

18 1.2.1 Il magnete La misura dell'impulso delle particelle prodotte nella collisione protoneprotone, richiede un campo magnetico allineato con l'asse dei fasci, che sara garantito da un grosso magnete solenoidale superconduttore, lungo circa 13 m, con raggio interno di circa 3 m, che ingloba al suo interno tutti i calorimetri e le camere centrali. Le particelle cariche prodotte nella collisione, sotto l'azione delle forze del campo magnetico, presenteranno delle traiettorie curve, con raggio di curvatura inversamente proporzionale all'impulso; da queste curvature nella traiettoria si puo, quindi, determinare l'impulso della particella. Nella gura 1.4 e possibile vedere la posizione del solenoide superconduttore nel rivelatore CMS; il usso magnetico al di fuori del solenoide si chiude attraverso tre strati di ferro magnetizzato dello spessore di 1.8 metri, intervallati da tre camere a li per i muoni. Il sistema e costituito da una struttura a 12 lati (vedi gura 1.5), ottimizzata per le dimensioni delle camere a muoni. Il raggiungimento di un campo magnetico di 4T con bobine convenzionali comporterebbe la produzione di un'enorme quantita di calore, ed e quindi necessario ricorrere a bobine superconduttrici ed utilizzare un sistema di rareddamento basato su elio liquido ad una temperatura di 44 K, in grado di provvedere allo smaltimento di grandi quantita di calore Il Rivelatore di vertice Il rivelatore di vertice e posizionato attorno al punto di interazione, ed e costituito da una serie di strati di rivelatori al silicio e a gas posti intorno all'asse dei fasci incidenti, con simmetria cilindrica. Per racchiudere ermeticamente la zona di interesse sono previsti dei rivelatori simili ai precedenti, disposti perpendicolarmente al cilindro. Poiche la produzione dell' Higgs e associata ad un certo numero di particelle cariche di alto momento trasverso, la camera tracciante permette di ricostruire il vertice delle particelle cariche; simulazioni eettuate con il metodo Montecarlo mostrano che il vertice cos ricostruito permette una buona stima dell'angolo di emissione dei due fotoni originati dal decadimento dell'higgs Il calorimetro elettromagnetico (ECAL) Il rivelatore di vertice e accoppiato ad un calorimetro elettromagnetico che lo racchiude completamente. Questo ha il compito principale di individuare l'higgs leggero attraverso la rivelazione della presenza di due di decadimento del processo H o,! e la misura della loro energia, che, associata all'angolo di produzione, permette di ricostruire la massa invariante del bosone. Il principio seguito e quello della 13

19 Figura 1.5: L'esperimento CMS; vista trasversale. 14

20 individuazione di uno sciame elettromagnetico con il meccanismo della scintillazione, e per questo motivo verranno usati cristalli di tungstato di piombo, PbWO 4. Questo cristallo emette luce al passaggio della particella da rivelare, mantenendo un rapporto di proporzionalita tra la luce emessa e l'energia della particella incidente. Il cristallo viene accoppiato, poi, con un fotodiodo a valanga (APD) in grado di convertire la luce proveniente dallo scintillatore in carica elettrica, che moltiplicata dalla valanga, rende in uscita un segnale elettronico utile per la registrazione. I cristalli utilizzati come scintillatori saranno fabbricati con forma troncopiramidale, di lunghezza 23 cm circa e facce rispettivamente di cm 2 e cm 2, situati in modo che la faccia anteriore sia rivolta verso il centro dell'interazione. Si prevede che i cristalli saranno inseriti in una struttura alveolare in bra di vetro a gruppi di 12, con gli alveoli montati in un cestello, costituito da una struttura di supporto molto rigida e leggera allo stesso tempo. Il cristallo e stato scelto dopo una attenta ricerca, basata sulle seguenti caratteristiche [7]: Scintillazione rapida dell'ordine dei nanosecondi, per far fronte alla frequenza delle interazioni tra i fasci. Densita elevata per contenere lo spazio utilizzato. Buona resistenza alla radiazione. Stabilita della risposta. Costo ragionevole Risoluzione in massa invariante Se con E 1 e E 2 indichiamo l'energia dei due fotoni oggetto della nostra ricerca, e con 12 la loro separazione angolare espressa in radianti, in base alla formula 1.1 si ottiene la seguenta espressione per la risoluzione in massa invariante M del calorimetro: M = 1 E1 1 E2 1 M 2 E 1 2 E 2 2 cotg (1.3) 2 dove i seguenti simboli esprimono: M, la risoluzione in massa dei due fotoni E1 e E2, la risoluzione energetica dei relativi fotoni, la risoluzione angolare. 15

21 la somma in quadratura tra le risoluzioni La larghezza intrinseca del bosone nella regione di massa di nostro interesse e estremamente piccola, 10 MeV, e quindi, il rapporto segnale rumore e completamente determinato dalla risoluzione di energia del calorimetro Risoluzione in energia La risoluzione in energia e espressa dalla seguente espressione: E = c E a p E b (1.4) c: rappresenta il rumore elettronico, la cui importanza diminuisce rapidamente al crescere dell'energia. a : e il termine stocastico. b : e un termine costante dovuto principalmente alla stabilita della risposta del calorimetro. Per raggiungere la necessaria risoluzione in energia e necessario costruire un calorimetro omogeneo, con il quale e possibile arrivare a valori di a=0.03 e b= Ambiente radiattivo A regime LHC dovrebbe raggiungere una luminosita di cm,2 s,1, che corrisponde a circa 10 9 eventi anelastici protone-protone al secondo; questi eventi producono un continuo usso di radiazione (fotoni e neutroni) di bassa energia che raggiunge i rivelatori. Facendo un calcolo relativo a dieci anni di funzionamento, avremo nella zona al massimo dello sciame elettromagnetico nei cristalli, una dose di fotoni di poco inferiore ai 5 kgray, con uenze neutroniche no n cm,2 [8]. Da una prima considerazione dei valori di radioattivita in gioco nell'acceleratore, risulta che l'esperimento avverra in un ambiente particolarmente ostile, ed e quindi indispensabile eseguire numerosi test sui materiali impiegati per studiare la loro adabilita, nonche migliorarne la qualita prima che questi siano impiegati nell'esperimento. 16

22 1.2.4 Calorimetro adronico Il calorimetro adronico e collocato all'esterno del calorimetro elettromagnetico, ed e composto da strati di rame intervallati da strati di scintillatore. Questo rivelatore ha il compito di assorbire e misurare l'energia di tutte le particelle adroniche provenienti dall'interazione e che non sono state fermate dagli altri sistemi di rivelazione Rivelatori a muoni All'esterno del calorimetro adronico e della bobina superconduttrice, verra costruito un rivelatore con lo scopo di individuare i muoni che attraversano gli altri rivelatori senza essere assorbiti. Il rivelatore e costituito da quattro strati di camere a gas, intervallati da strati di ferro, che servono ad evitare le dispersioni del campo magnetico prodotto dalla bobina e contemporaneamente a guidarne le linee di forza; in questo modo anche la parte della traiettoria dei muoni, che si trova all'esterno del magnete, e inuenzata dalla presenza del campo permettendo la misura dell'impulso [9]. 17

23 Capitolo 2 Studi teorici sui Fotodiodi a valanga (APD) 2.1 Generalita sui fotorivelatori I fotorivelatori sono dispositivi in grado di trasformare un segnale di luce in entrata, in un segnale di natura elettrica in uscita. Il processo di conversione della luce e suddiviso in tre fasi principali: 1. I fotoni di luce incidono sul fotorivelatore; questi generano delle cariche (coppie elettrone-lacuna o elettroni prodotti per eetto fotoelettrico). 2. La carica prodotta e raccolta e, nel caso sia presente un meccanismo di moltiplicazione amplicata. 3. La corrente cos prodotta interagisce con il circuito esterno, emettendo un segnale di uscita. Nell' ambito della rivelazione delle radiazioni, questi dispositivi sono usati come naturale complemento degli scintillatori: infatti lo scintillatore, al passaggio di una qualche radiazione, emette un segnale luminoso che viene raccolto dal fotorivelatore. Spesso la luce incidente e di bassa intensita, e quindi il segnale di uscita presenta un'ampiezza molto bassa. E pertanto necessario ricorrere ad un processo di amplicazione del segnale elettrico. Questo comporta che i fotorivelatori utilizzati in complemento allo scintillatore possono funzionare sia come trasduttori che come moltiplicatori di carica. I dispositivi disponibili sul mercato sono principalmente di due tipi: 18

24 Dispositivi a vuoto Dispositivi a semiconduttore Nel paragrafo 2.2 si verranno brevemente descritti i dispositivi a vuoto, ed in particolar modo il tubo fotomoltiplicatore; i dispositivi a semiconduttore saranno descritti nel paragrafo Dispositivi a vuoto. Il fotomoltiplicatore Sono modelli in uso da molto tempo e di fatto i piu utilizzati sul mercato: il piu comune tra questi e il tubo fotomoltiplicatore. Esso e costituito da un fotocatodo, responsabile del processo di conversione della luce in carica elettrica, e da un sistema di dinodi responsabile della successiva fase di amplicazione. Il funzionamento e il seguente: il fotocatodo, che e un elettrodo rivestito da un materiale fotoemettitore realizzato a partire da un supporto trasparente, e colpito dalla radiazione luminosa proveniente dallo scintillatore, per cui emette, per eetto fotoelettrico, elettroni di energia bassa ma suciente per superare il lavoro di estrazione dell'ordine di ev. La carica cos prodotta e convogliata verso un anodo a cui e applicato un potenziale di polarizzazione positivo rispetto al catodo. Il risultato e la circolazione di una corrente nel circuito anodico. Gli elettroni generati in questa fase sono deniti elettroni primari, e andranno a colpire l'anodo. Utilizzando un appropriato materiale per la costruzione dell'anodo, e possibile che questi elettroni primari provochino un'emissione di carica elettrica nell'impatto con l'anodo (produzione di elettroni secondari). Per fare cio gli elettroni primari devono avere una energia superiore al lavoro di estrazione proprio del materiale scelto per il catodo; a tale scopo si fornisce dall'esterno la dierenza di potenziale suciente per il vericarsi di una copiosa emissione secondaria. Questo processo e sviluppato in piu stadi, al ne di generare una suciente corrente elettronica. Ogni stadio e costituito da una coppia di elettrodi, dinodi, che hanno una doppia funzione: anodo-catodo. Sono anodi per gli elettroni emessi dal dinodo precedente, e catodi per l'emissione secondaria. Essi sono sistemati in successione ed alimentati con tensioni crescenti. L'anodo nale non ha capacita di emissione secondaria, poiche deve raccogliere la carica ultima che determina la corrente di uscita. L'intero sistema di fotorivelazione e moltiplicazione di carica e tenuto sotto vuoto in un recipiente di forma tipicamente cilindrica, e la sua struttura e determinata da condizioni di ottica elettronica (vedi gura 2.1). Infatti la forma e la disposizione degli elettrodi deve essere tale da conseguire una distribuzione ottimale del campo elettrico. Non si 19

25 deve vericare disturbo ad opera della formazione della carica spaziale o per eventuali interferenze tra i dinodi, cosicche gli elettroni secondari emessi da un dinodo giungono regolarmente al successivo, senza scavalcarlo. Una discussione dettagliata del funzionamento del fotomoltiplicatore si trova in [10]. Il fattore di moltiplicazione allo stadio n e dato dalla seguente formula: M= N (2.1) dove e il fattore di moltiplicazione del singolo stadio. N e in numero degli stadi di moltiplicazione. e un fattore inferiore all'unita, che tiene conto del fatto che non tutti gli elettroni sono raccolti all'anodo. Il coeciente M e chiamato guadagno di corrente del fotomoltiplicatore, e puo raggiungere un valore dell'ordine di 10 8, con una tensione di alimentazione V bias =2500 V. Le prestazioni del fotomoltipicatore sono inuenzate dalla presenza di campi magnetici, anche deboli come ad esempio, il campo magnetico terrestre. Un fotomoltiplicatore, sottoposto ad una densita di usso trasversale di alcune decine di millitesla, subisce una riduzione del guadagno del 50%. Per ridurre la sensibilita al campo magnetico e possibile aumentare la tensione di alimentazione del fotomoltiplicatore, ed anche provvedere allo schermaggio del dispositivo; in quest'ultimo caso con uno schermo di metallo si elimina l'inuenza del campo magnetico terrestre, ma per densita di usso magnetico superiore la schermatura e via via piu dicile. Per tali ragioni, l'utilizzazione del fotomoltiplicatore in presenza di forti campi magnetici viene scartata a priori. 2.3 Fotorivelatori a semiconduttore Introduzione alla fotoconduzione La struttura base del fotorivelatore a semiconduttore consiste in uno strato, un lm sottile, di materiale semiconduttore e di contatti ohmici posizionati sulle facce opposte. Quando la luce incidente raggiunge la supercie del fotoconduttore (Fig 2.2), 20

26 Fotoni Incidenti FOTOCATODO SEMITRASPARENTE Zona di Conversione fotoni-elettroni Zona di Moltiplicazione CONTENITORE A VUOTO Figura 2.1: Disposizione degli elettrodi in un fotomoltiplicatore. (1) Anodo. (2-11) Dinodi. (12) Elettrodi focalizzanti. 21

27 h ν Figura 2.2: Il fotoconduttore. si provocano transizioni tra la banda di valenza e la banda di conduzione (transizioni intrinseche) o transizioni attraverso livelli energetici proibiti presenti nella banda proibita, bandgap (transizioni estrinseche), come mostrato nella gura 2.3. Queste transizioni corrispondono ad una generazione di cariche, ovvero ad un incremento della conducibilita. Per un fotorivelatore intrinseco, la conducibilita e data da [11]: Ec E g Ev Transizione Transizioni Intrinseca Estrinseche Figura 2.3: Transizioni tra i livelli energetici in un semiconduttore =q( n n+ p p) (2.2) dove: q e la carica p ed n sono le concentrazioni, rispettivamente, del materiale di tipo p (lacune) e di tipo n (elettroni) p e n sono rispettivamente la mobilita dip e di n. 22

28 L'incremento sotto illuminazione di questa conducibilita e dovuto all' incremento nel numero di portatori di carica. Il limite superiore dell'intervallo di lunghezza d'onda osservabile dal fotorivelatore, per il caso intrinseco, e dato dalla seguente espressione: (c) = hc = 1:24 m (2.3) E g E g (ev) dove E g e l'ampiezza di banda. Ad esempio nel silicio (c) =1:1m. La luce incidente, se di lunghezza d'onda inferiore a c,e assorbita dal semiconduttore, con produzione di coppie elettrone-lacuna. Per i fotoconduttori estrinseci, la fotoeccitazione puo aver luogo tra l'altezza massima della banda ed il livello energetico presente all'interno della banda stessa. Nel caso suddetto la lunghezza d'onda e determinata dalla profondita del livello energetico della banda proibita. Ulteriori approfondimenti su questo argomento si trovano in bibliograa [12] Fotodiodi Diodi a giunzione L'utilizzazione di materiali semiconduttori di elevata purezza, opportunamente drogati, ha reso possibile la fabbricazione di diodi a giunzione. Drogare un materiale signica inserire in questo delle impurezze in modo tale da produrre, all'interno della struttura cristallina, opportuni legami ionici tra atomi del reticolo cristallino stesso e gli atomi del drogante. Nella struttura cristallina del mezzo semiconduttore si possono distingure due diverse forme di drogaggio: tipo p, con l'eetto di produrre lacune, che costituiscono, quindi, portatori maggioritari nelle zone di tipo p, e cariche ioniche negative sse nello spazio, e tipo n, caratterizzato da presenza di elettroni liberi (portatori maggioritari nelle zone di tipo n) ecariche ioniche positive sse. La struttura di un diodo consiste in un accoppiamento di due zone dello stesso materiale drogate con materiali diversi (giunzione p-n). Il risultato di questo accoppiamento e l'instaurarsi nel materiale di un moto di diusione dovuto all'agitazione termica combinata con la dierente densita dei mezzi drogati p ed n (non e un fenomeno di natura elettrica). Nei pressi della giunzione, a causa della diusione, si avra un forte ricongiungimento di lacune ed elettroni, con conseguente scomparsa di entrambi i portatori e la formazione di atomi neutri; questa zona e detta di svuotamento. In tale regione rimangono attivele sole cariche costituite da ioni ssi; abbiamo, cioe, una concentrazione di carica spaziale ssa, localizzata in prossimita della giunzione (ai suoi lati), che determina lo stabilirsi 23

29 di un potenziale elettrico con andamento crescente passando dalla regione p a quella n. Una volta raggiunto lo stato di equilibrio, il potenziale costituisce una barriera per il trasferimento delle cariche libere maggioritarie. Applicando tensione alla giunzione, collegando la polarita positiva con il materiale p (polarizzazione diretta), avremo un abbassamento del potenziale presente alla giunzione, con relativo aumento della conducibilita del diodo. Viceversa sottoponendo il diodo ad una tensione opposta alla precedente (polarizzazione inversa), il potenziale viene innalzato, rendendo il diodo non capace di condurre, e aumentando l'estensione della zona di svuotamento. Questa e proprio la condizione di funzionamento del diodo come fotorivelatore. Lo spessore della zona di svuotamento e anche funzione del drogaggio, essendo maggiore nei materiali poco drogati. Le sole cariche che possono attraversare la barriera in queste condizioni sono quelle minoritarie (ossia elettroni liberi nel materiale p e lacune in quello n), che danno origine ad una debole corrente, la corrente di polarizzazione inversa, che per i fotodiodi prende il nome di corrente oscura, (dark current) I D. Questa corrente varia da materiale a materiale [12] Principio di funzionamento del fotodiodo I fotodiodi sono di base costituiti da una giunzione p-n, e relativi contatti metallici. La struttura del diodo e caratterizzato da una zona centrale a drogaggio limitato n,, limitata agli estremi da due zone drogate pesantemente (n + e p + ) [13]. La regione di conversione della luce incidente e la zona p +, dove i fotoni, entrando, interagiscono con il mezzo e generano le coppie elettrone-lacuna; questa regione e rivestita da uno strato di materiale antiriettente che ha la funzione di limitare le perdite di luce. Nella regione di svuotamento le coppie elettrone-lacuna vengono separate grazie all'azione di un forte campo elettrico; questo campo trasporta le cariche verso i relativi elettrodi, che le raccolgono. La regione di svuotamento e di notevole estensione nel caso di zone a basso drogaggio; essa e determinante nella caratterizzazione del processo di fotorivelazione. La scelta di un suo appropriato spessore inuenza le prestazioni del diodo. Per il funzionamento del fotodiodo ad elevata frequenza di risposta, la regione di svuotamento deve essere tenuta abbastanza piccola, cos da ridurre il tempo di transito delle cariche generate dai fotoni. D'altra parte per incrementare l'ecienza quantica, denita come il numero medio di coppie elettrone-lacuna generate da un fotone incidente, la stessa regione deve essere abbastanza larga per assorbire una buona frazione di luce incidente. Inoltre una regione di elevato spessore diminuisce la capacita interna della giunzione, riducendo cos il rumore elettronico. La scelta dello spessore 24

30 di svuotamento risulta da una ottimizzazione di queste caratteristiche. Ogni tipo di fotodiodo e caratterizzato da una particolare sensibilita per un intervallo di lunghezza d'onda della luce incidente. Nell'intervallo del visibile e del vicino infrarosso, questi diodi sono alimentati con tensioni inverse relativamente ampie, tali da ridurre il tempo di transito dei portatori ed abbassare la capacita del diodo; per quanto ampie siano le tensioni, esse non devono, tuttavia, arrivare a produrre il fenomeno della rottura a valanga Caratteristiche generali Le caratteristiche generali di un fotodiodo sono: ecienza quantica, velocita di risposta e rumore [11]. EFFICIENZA QUANTICA " Q E il numero medio di coppie elettrone-lacuna generate per fotone incidente, e puo essere determinato sperimentalmente utilizzando la formula: " Q () = I q q P opt h (2.4) dove q e la carica, I q e la corrente fotogenerata dall'assorbimento di una potenza ottica incidente P opt ad una data e h e l'energia del fotone incidente. Uno dei parametri che determinano l'ecienza quantica e il coeciente di assorbimento, misurato in cm,1. Tale coeciente e una funzione decrescente di, e dipende dalla profondita dello spessore della zona di svuotamento. All'aumentare dello spessore aumenta l'assorbimento di luce. Il fotodiodo funziona per un particolare intervallo di lunghezza d'onda di radiazione, al di la del quale il fotodiodo non e sensibile. Il limite inferiore di questo intervallo di lunghezza d'onda edovuto al coeciente di assorbimento che, per piccole raggiunge valori troppo alti; infatti con tali valori, la radiazione incidente viene assorbita molto vicino alla supercie, ed il tempo di ricombinazione risulta troppo piccolo perche le fotocariche generate possano separarsi e raggiungere i relativi elettrodi. Il limite superiore dell'intervallo utile di lunghezza d'onda dipende invece dalla larghezza della banda di conduzione, che varia da materiale a materiale. Infatti la radiazione con eccessivamente grande non ha energia suciente a creare le coppie elettrone-lacuna; ha cioe un energia inferiore a quella del gap tra le bande di conduzione e di valenza. Considerando che non tutta la luce incidente penetra nel fotodiodo, essendoci sia una quantita r 1 di luce riessa dalla supercie, sia una perdita di carica per assorbimento 25

31 nello strato frontale d, si ottiene un'ecienza quantica con il seguente andamento: " Q =(1, r 1 )(1, e,x )e,d ; (2.5) dove e il coeciente di assorbimento e x lo spessore utile. Dall'esame di questa equazione si nota l'importanza di minimizzare la quantita di luce riessa; e utile, a questo scopo, impiegare sulla nestra di entrata della luce nel fotodiodo uno spessore con proprieta antiriettenti. Ad esempio i fotorivelatori di silicio, dotati di rivestimento antiriettente, possono raggiungere, nella zona del vicino infrarosso, un'ecienza quantica prossima a quella del 100 %. VELOCIT A DELLA RISPOSTA La velocita di risposta e limitata dalla combinazione di tre fattori: 1) Il tempo richiesto dalla diusione dei portatori al di fuori della regione di svuotamento. 2) Il tempo di deriva dei portatori durante il loro moto nella regione di svuotamento. 3) La capacita caratteristica della regione di svuotamento. Per migliorare le prestazioni della velocita di risposta di un fotodiodo e necessario valutare il contributo delle tre componenti citate; per prima cosa occorre minimizzare il tempo descritto nel punto uno; cio si puo ottenere posizionando la giunzione in prossimita della supercie esterna. Per quanto riguarda i punti 2) e 3), risulta che una grande regione di svuotamento limita la frequenza di risposta, ma contemporaneamente diminuisce il valore della capacita della giunzione; si tratta cioe di due risultati in antitesi. Infatti la capacita, se di valore eccessivo, comporterebbe una costante di tempo RC troppo grande (R e la resistenza di carico). Per un buon funzionamento il compromesso e quello di avere il tempo di trasporto uguale alla meta del periodo di modulazione. RUMORE Durante il processo di conversione, oltre al segnale ottico che si vuole rivelare, il fotodiodo puo raccogliere dei segnali spuri. In entrambi i casi il risultato e la produzione di una corrente sulla resistenza esterna. Seguendo l'analisi descritta in [11] la componente dovuta al segnale ottico e I p = q" QP opt : h (2.6) dove I p e la corrente dovuta al segnale di interesse, " Q e l'ecienza quantica del fotodiodo, q e la carica, P opt e la potenza ottica incidente ad una data e h e l'energia 26

32 del fotone incidente. Indicando con I bk la componente dovuta ai segnali spuri e con I D la corrente oscura originata dalla generazione termica di coppie elettrone-lacuna nella zona di svuotamento, il contributo al rumore (contributo di natura casuale) e il seguente: < i 2 s >= 2q (I p +I bk +I D )B (2.7) dove con B si indica l'ampiezza di banda. E opportuno considerare anche il rumore termico dovuto alle resistenze presenti nel diodo e nell'elettronica associata, che puo essere espressa attraverso la seguente formula: < i 2 T >= 4KT( 1 R eq )B (2.8) dove con T si indica la temperatura, K la costante di Boltzman e R eq la resistenza equivalente di tre resistenze: resistenza della giunzione, resistenza in serie di uscita e resistenza di carico. Il valore della varianza relativa al segnale di corrente del fotorivelatore sara funzione dell'elettronica associata al circuito esterno; tali dipendenze saranno discusse nei paragra successivi Diodi a giunzione p i n (PIN) Nel tentativo di migliorare le prestazioni dei fotorivelatori, nel caso specico massimizzare l'assorbimento della luce, e stato sviluppato un modello di fotodiodo, detto a giunzione PIN dove per aumentare l'assorbimento di luce nella regione di svuotamento e diminuire la capacita, si e reso minimo lo spazio x intercorrente tra la zona di entrata della luce e l'inizio della regione di svuotamento, e si e aumentato lo spessore della regione di svuotamento. Cio e possibile grazie all'inserimento di una regione caratterizzata da un materiale a scarso drogaggio, regione intrinseca i, interposta tra le zone p ed n, dacuiil nome PIN. Questa caratteristica dierenzia le giunzioni PIN dalle p-n; infatti nei diodi p-n la regione di svuotamento e inferiore ad 1 m, mentre nei PIN puo andare da qualche decina a qualche centinaio di m. I problemi di velocita per il dispositivo, provocati dall'ampia regione di svuotamento, sono compensati dall'uso di materiali intrinseci, poiche questi hanno un'alta mobilita, cioe alta velocita perle cariche separate dal campo. Il fotodiodo PIN ha sostituito la giunzione p-n sul mercato della fotorivelazione. In gura 2.4 e possibile osservare la distribuzione del campo elettrico sul diodo PIN, constatando come nella regione di svuotamento esso sia piu o meno costante e al di 27

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