Linee guida per il rilascio di pareri riguardanti le emissioni in atmosfera prodotte dagli impianti di depurazione

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1 Linee guida per il rilascio di pareri riguardanti le emissioni in atmosfera prodotte dagli impianti di depurazione Revisioni Redatto Approvato Rev_0 del 17/12/2014 Dott. Ing. Adriana Maria Lotito (capitoli 1-6, Dott. Roberto Giua, Dott. Gianluigi capitolo 8), Dott.ssa Magda Brattoli (capitoli 7-8) De Gennaro

2 INDICE 1. PREMESSA IMPIANTI DI TRATTAMENTO DI ACQUE REFLUE Pre-trattamenti Trattamento primario Trattamento secondario Trattamenti terziari Linea fanghi EMISSIONI IN ATMOSFERA DAGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE: ODORI E GAS SERRA Pre-trattamenti Trattamento primario Trattamento secondario Trattamenti terziari Linea fanghi LA GESTIONE DEL BIOGAS PRODOTTO NELLA DIGESTIONE ANAEROBICA METODI DI CONTROLLO DEGLI ODORI Buone pratiche gestionali Sistemi di trattamento delle emissioni AUTORIZZAZIONE ALLE EMISSIONI IN ATMOSFERA Convogliamento e trattamento Valori limite di emissione Gestione del biogas prodotto dagli impianti di digestione anaerobica Letti di essiccamento Obblighi di comunicazione INDICAZIONI PER LA REDAZIONE DEL PIANO DI MONITORAGGIO E CONTROLLO DELLE EMISSIONI ODORIGENE Premessa Obiettivo Piano di monitoraggio e controllo: contenuti minimi e prescrizioni Studio previsionale Piano di monitoraggio e controllo Criteri decisionali riguardanti le prescrizioni sul monitoraggio delle emissioni odorigene Classificazione degli impianti nelle tre categorie Considerazioni finali CHECKLIST PER LA VERIFICA DOCUMENTALE E LA VALUTAZIONE DEI PROGETTI Verifica della documentazione presentata Verifica del progetto di convogliamento e trattamento Verifica delle prescrizioni relative ai limiti di emissione Verifica dello studio modellistico e del piano di monitoraggio e controllo... 39

3 ALLEGATO 1: REQUISITI DEGLI STUDI DI IMPATTO OLFATTIVO MEDIANTE MODELLI DI DISPERSIONE 40 ALLEGATO 2: CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE IN RELAZIONE ALL IMPATTO ODORIGENO ATTESO SUI RECETTORI..56 ALLEGATO 3: CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE NELLE TRE CATEGORIE DI MONITORAGGIO 58 ALLEGATO 4: MAPPATURA DEGLI IMPIANTI NELLE TRE CATEGORIE DI MONITORAGGIO.62 RIFERIMENTI...63

4 1. PREMESSA Gli impianti di depurazione dei reflui civili costituiscono una fonte di notevoli emissioni odorigene e sono spesso causa di proteste da parte della popolazione residente in prossimità degli impianti. Tuttavia, fino a questo momento tale problematica è stata parzialmente trascurata, poiché ritenuta secondaria rispetto agli aspetti impiantistici e gestionali relativi alle acque e ai fanghi originati dal trattamento. Nella sua formulazione originaria, infatti, il D.Lgs. 152/2006 inseriva tale tipologia di impianto tra quelle scarsamente rilevanti agli effetti dell inquinamento atmosferico (art. 272, Impianti in deroga). La modifica introdotta nell allegato IV alla parte V del D.Lgs. 152/2006 con il D.Lgs. 128/2010 ha riportato l attenzione su tale fonte di emissioni, escludendo dalla deroga le linee di trattamento dei fanghi. Tale modifica ha portato alla necessità per gli impianti di depurazione di dotarsi di autorizzazione alle emissioni in atmosfera ai sensi dell art. 269 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. La deroga, infatti, riguarda (allegato IV alla parte V del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., a seguito della modifica introdotta con DM Ambiente 15/01/2014): p) Impianti di trattamento delle acque, escluse le linee di trattamento dei fanghi, fatto salvo quanto previsto dalla lettera p-bis); p-bis) Linee di trattamento dei fanghi che operano nell ambito di impianti di trattamento delle acque reflue con potenzialità inferiore a abitanti equivalenti per trattamenti di tipo biologico e inferiore a 10 m 3 /h di acque trattate per trattamenti di tipo chimico/fisico; in caso di impianti che prevedono sia un trattamento biologico, sia un trattamento chimico/fisico, devono essere rispettati entrambi i requisiti. La valutazione delle emissioni in atmosfera dagli impianti di depurazione è necessaria anche per le valutazioni di impatto ambientale e per le autorizzazioni integrate ambientali, per le quali è prevista la valutazione degli effetti su tutti i comparti ambientali. Ai sensi della L.R. 11/2001 e s.m.i. in materia di procedura di valutazione di impatto ambientale sono: soggetti a VIA di competenza provinciale i progetti per la realizzazione di interventi e opere riguardanti gli impianti di depurazione delle acque con potenzialità maggiore di abitanti equivalenti e gli impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a abitanti equivalenti la cui ubicazione o il cui recapito è difforme dalle indicazioni del piano di risanamento delle acque della Regione Puglia o che ricadono anche parzialmente all interno di aree naturali protette o di siti della Rete Natura 2000 di cui alle direttive 79/409/CEE e 93/43/CEE, soggetti a verifica di assoggettabilità a VIA di competenza provinciale i progetti riguardanti gli impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a abitanti equivalenti e le modifiche relative agli impianti soggetti a VIA o a verifica di assoggettabilità a VIA, tenendo presente che le soglie dimensionali sono ridotte del 50% qualora i progetti di interventi o di opere ricadano all interno di aree naturali protette e del 30% nelle aree dichiarate ad elevato rischio di crisi ambientale (anche in aggiunta alla riduzione precedente). 1

5 Per ciò che riguarda la valutazione di impatto ambientale, la normativa italiana (art. 22 D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.) prevede uno studio di impatto ambientale contenente una descrizione delle misure previste per evitare, ridurre e possibilmente compensare gli impatti negativi rilevanti e i dati necessari per individuare e valutare i principali impatti sull ambiente e sul patrimonio culturale che il progetto può produrre. L autorizzazione integrata ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell inquinamento proveniente dalle attività di cui all allegato VIII alla parte II del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. e prevede misure intese ad evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell aria, nell acqua e nel suolo, comprese le misure relative ai rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell ambiente. Prima delle modifiche introdotte con il D.Lgs. 46/2014, erano soggetti ad AIA gli impianti per l eliminazione o il recupero di rifiuti pericolosi, della lista di cui all art. 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE quali definiti negli allegati II A e II B (operazioni R 1, R 5, R 6, R 8 e R 9) della direttiva 75/442/CEE e nella direttiva 75/439/CEE, con capacità di oltre 10 tonnellate al giorno e gli impianti per l eliminazione dei rifiuti non pericolosi quali definiti nell allegato II A della direttiva 75/442/CEE ai punti D8 (trattamento biologico non specificato altrove nello stesso allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12) e D9 (trattamento fisico-chimico non specificato altrove nello stesso allegato che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D12), con capacità superiore a 50 tonnellate al giorno. La possibilità di smaltimento di rifiuti presso gli impianti di depurazione è regolata dall art. 110 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. Tale articolo prevede che l autorità competente, d intesa con l Autorità d ambito, in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire nell impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente alle tipologie compatibili con il processo di depurazione e che il gestore del servizio idrico integrato, previa comunicazione all autorità competente ai sensi dell'articolo 124, è comunque autorizzato ad accettare in impianti con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i valori limite di cui all articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali, purché provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati: a) rifiuti costituiti da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in fognatura; b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai sensi dell articolo 100, comma 3 (n.d.r. sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati per insediamenti, installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche); c) materiali derivanti dalla manutenzione ordinaria della rete fognaria nonché quelli derivanti da altri impianti di trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l ulteriore trattamento dei medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente. Tra i rifiuti non pericolosi che possono essere trattati presso gli impianti di depurazione si possono includere, a titolo di esempio, i fanghi delle fosse settiche (CER ) e i rifiuti della pulizia delle fognature (CER ). 2

6 Il D.Lgs. 46/2014 ha modificato l allegato VIII alla parte II del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., introducendo una deroga per le attività di trattamento delle acque reflue urbane. Sono infatti soggetti ad AIA: 5.1. Lo smaltimento o il recupero di rifiuti pericolosi, con capacità di oltre 10 Mg al giorno, che comporti il ricorso ad una o più delle seguenti attività: a) trattamento biologico; b) trattamento fisico-chimico; c) dosaggio o miscelatura prima di una delle altre attività di cui ai punti 5.1 e 5.2; d) ricondizionamento prima di una delle altre attività di cui ai punti 5.1 e 5.2; e) rigenerazione/recupero dei solventi; f) rigenerazione/recupero di sostanze inorganiche diverse dai metalli o dai composti metallici; g) rigenerazione degli acidi o delle basi; h) recupero dei prodotti che servono a captare le sostanze inquinanti; i) recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori; j) rigenerazione o altri reimpieghi degli oli; k) lagunaggio. [ ] 5.3. a) Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 50 Mg al giorno, che comporta il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell allegato 5 alla Parte terza [ ] b) Il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 75 Mg al giorno, che comportano il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell allegato 5 alla Parte terza [ ]. Si fa presente che ai sensi dell art. 74 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. si definiscono acque reflue urbane le acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali ovvero meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato, dove con acque reflue domestiche si intendono le acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche, mentre con acque reflue industriali si individuano le acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento. La necessità di elaborare delle linee guida per il rilascio dei pareri ARPA sulle emissioni dagli impianti di depurazione, con particolare attenzione verso le emissioni odorigene, deriva dalla mancanza a livello nazionale di strumenti atti a disciplinare la materia (salvo il riferimento all art. 844 del codice civile in merito ai limiti della normale tollerabilità delle immissioni di fumo, calore, rumori e all art. 674 del codice penale in merito al getto pericoloso di cose). 3

7 Le presenti linee guida hanno, pertanto, anche la funzione di fornire eventuali indicazioni utili alle province per il rilascio delle autorizzazioni alle emissioni in atmosfera ex art. 269 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. e per il rilascio di pareri per le valutazioni di impatto ambientale e per le verifiche di assoggettabilità. 4

8 2. IMPIANTI DI TRATTAMENTO DI ACQUE REFLUE Per quanto riguarda la linea acque, un tipico impianto di depurazione è costituito da una successione di unità di trattamento che si possono riferire a quattro macrocategorie principali: 1. Pre-trattamenti; 2. Trattamento primario; 3. Trattamento secondario; 4. Trattamenti terziari. I trattamenti possono anche essere classificati in relazione alla tipologia in meccanici, biologici, chimici e fisici. Oltre alla linea acque, gli impianti di depurazione sono dotati di una linea fanghi per il trattamento dei fanghi prodotti durante la depurazione delle acque. Di seguito si riporta una breve descrizione delle diverse unità di trattamento (Figura 1). Occorre tenere presente che non tutte le unità o non tutte le macrocategorie sono presenti in tutti gli impianti di depurazione, poiché lo schema di impianto adottato dipende dalla potenzialità dell impianto e dalle caratteristiche qualiquantitative del refluo in ingresso. 2.1 Pre-trattamenti La prima stazione normalmente presente in un impianto di depurazione è quella del sollevamento iniziale, per consentire l ingresso del refluo dal collettore principale alle unità di trattamento dell impianto. In alcuni impianti di depurazione, in cui è previsto il conferimento di reflui da piccoli insediamenti mediante autobotti o il trattamento di rifiuti liquidi (bottini), è presente la sezione di scarico bottini e autobotti. La prima vera fase di trattamento è in genere costituita dalla grigliatura, che consente la rimozione del materiale grossolano (pezzi di plastica, legno, sassi, carta ecc.). Può essere distinta in grigliatura grossolana e grigliatura fine a seconda dell apertura delle maglie. Il grigliato viene smaltito come rifiuto. Un altro pre-trattamento è costituito dalla dissabbiatura e disoleatura: le sabbie sedimentano, mentre oli e grassi risalgono in superficie per flottazione favorita mediante insufflazione di aria. A monte dei successivi trattamenti può essere prevista una vasca di equalizzazione che consente di ottenere un refluo in ingresso con portata costante e composizione più o meno omogenea in maniera da migliorare l efficacia del processo successivo. Spesso tali vasche vengono aerate o comunque tenute in sufficiente agitazione. 2.2 Trattamento primario Il trattamento primario consiste in una fase di sedimentazione, detta appunto sedimentazione primaria, che consente la separazione per gravità dei solidi sedimentabili. I fanghi accumulati sul fondo vengono sospinti 5

9 dalla lama di fondo del carroponte raschiatore nelle tramogge di raccolta e prelevati per essere inviati ai trattamenti successivi. In alcuni schemi di processo tale fase viene eliminata nella convinzione, non ancora scientificamente comprovata, dell efficacia di un maggior apporto organico solido alle fasi di predenitrificazione. Figura 1 Schema tipo di un impianto di depurazione convenzionale: 0) rete di collettamento; 1) sollevamento iniziale; 2) grigliatura; 3) dissabbiatura e disoleatura; 4) sedimentazione primaria; 5) denitrificazione; 6) vasca di aerazione; 7) sedimentazione secondaria; 8) scarico dell effluente depurato; 9) ricircolo fanghi; 10) preispessimento; 11) digestore anaerobico; 12) post-ispessimento; 13) disidratazione fanghi; 14-15) stoccaggio e trasporto fanghi; 16-19) gasometro e recupero energetico dai fanghi ( 2.3 Trattamento secondario Il trattamento secondario è generalmente costituito da un processo biologico a fanghi attivi. Nel caso l impianto effettui la rimozione biologica dell azoto, la prima unità di trattamento è costituita da una vasca di denitrificazione. 6

10 Il cuore del trattamento secondario avviene nella vasca di aerazione, in cui vengono rimosse alcune sostanze disciolte grazie all azione metabolica di microrganismi. Per garantire il corretto svolgimento del processo è necessario assicurare una sufficiente presenza di ossigeno, in genere mediante insufflazione di aria dal fondo. Se i tempi di residenza sono sufficienti si ha anche ossidazione dell ammoniaca a nitrato. I fiocchi costituiti da colonie di batteri generatisi nella vasca di ossidazione vengono separati per sedimentazione nei sedimentatori secondari. Una parte del fango attivo viene ricircolata nella vasca di aerazione, mentre la parte in eccesso (fango di supero) viene inviata alla linea fanghi. Tali unità costituiscono la sezione di trattamento secondario in un impianto di depurazione convenzionale. Il trattamento biologico può essere effettuato anche mediante altre tecnologie come biofiltri, reattori a membrana (MBR, membrane bioreactor), reattori sequenziali (SBR, sequencing batch reactor), impianti ad aerazione prolungata, ecc. 2.4 Trattamenti terziari In tale classe rientrano una serie di possibili trattamenti per la rimozione di specifici inquinanti o per migliorare ulteriormente la qualità dell effluente, quali chiariflocculazione, filtrazione su sabbia, ozonizzazione, trattamenti di disinfezione, ecc. 2.5 Linea fanghi Generalmente i fanghi dalla sedimentazione primaria e secondaria vengono concentrati in un pre-ispessitore, in maniera da ridurne il volume. Il fango deve essere poi stabilizzato, tipicamente mediante un processo di digestione anaerobica (batteri specializzati metabolizzano parte della sostanza organica producendo biogas ad alto contenuto di metano) o di stabilizzazione aerobica (secondo principi simili all ossidazione in linea acque ma con elevata idrolisi dei solidi). Nel caso di digestione anaerobica, il biogas prodotto, se non sprecato in smaltimenti in torcia, viene accumulato nel gasometro ed utilizzato come fonte energetica per il riscaldamento del digestore stesso e per la produzione di energia elettrica. La concentrazione del fango digerito viene ulteriormente incrementata in un eventuale post-ispessitore e mediante disidratazione meccanica (nastropressa, centrifuga, filtropressa). Il fango disidratato presenta una consistenza semisolida, detta palabile, che ne consente un agevole utilizzo/riutilizzo (agricoltura, compostaggio, ecc.) o smaltimento/trattamento in impianti dedicati. Per igienizzare e per ridurre il volume di fanghi da smaltire è possibile adottare l essiccamento termico, da solo o in combinazione con l incenerimento dei fanghi. In entrambi i casi è utilizzato un fluido, in genere a contatto indiretto con i fanghi da essiccare, che deve essere riscaldato o utilizzando un combustibile (ad esempio biogas o metano) o, nel caso di incenerimento, recuperando calore dai fumi della combustione. 7

11 3. EMISSIONI IN ATMOSFERA DAGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE: ODORI E GAS SERRA La problematica emissiva prevalente per gli impianti di depurazione di acque reflue civili è legata ai composti odorigeni. Tali emissioni possono aver luogo in tutte le fasi di trattamento e specialmente nelle stazioni iniziali e in quelle caratterizzate da un maggior grado di turbolenza. Maggiori emissioni si verificano quando l impianto non è gestito correttamente. La produzione di odori molesti nei sistemi di trattamento dei reflui può essere dovuta a sorgenti esterne (riconducibili alla presenza di composti maleodoranti già nel liquame in ingresso all impianto) o a sorgenti interne all impianto (sviluppo in alcuni punti delle linee di trattamento). La presenza di cattivi odori in una fognatura urbana è dovuta essenzialmente a due cause distinte: lo scarico di sostanze maleodoranti nel sistema di collettamento, di solito dovuto a specifiche lavorazioni industriali o a smaltimenti abusivi; la formazione di sostanze maleodoranti lungo la rete di fognatura per l innesco di processi anaerobici. Lo sviluppo delle sostanze maleodoranti all interno di impianti di trattamento per reflui urbani è quasi sempre da imputarsi alla possibilità che si creino condizioni di anossia/anaerobiosi nelle fasi di trattamento, ovvero una riduzione del potenziale redox del mix: tale eventualità può essere una caratteristica intrinseca del processo o derivare da problemi di progettazione e conduzione dell impianto. Generalmente le emissioni più rilevanti si verificano nei punti di raccolta e stoccaggio di materiali a forte carico organico (grigliatura, pozzetti di estrazione dei fanghi), nelle fasi caratterizzate da tempi di permanenza prolungati (ispessitori di fanghi freschi, digestori), nelle unità di processo nelle quali sono facilitati i fenomeni di volatilizzazione (pre-aerazione, disidratazione e trattamenti termici dei fanghi). I principali gruppi di sostanze sono (Sorlini, 1990): composti solforati: sono i composti osmogeni che si riscontrano più frequentemente; tra questi prevale il solfuro di idrogeno che può essere utilizzato come tracciante dell inquinamento osmogeno degli impianti di depurazione; altri composti sono i mercaptani ed i solfuri metilati; composti azotati: essenzialmente ammoniaca; spesso sono presenti scatolo, indolo e ammine dall odore nauseabondo (pesce marcio); acidi organici ed aldeidi, chetoni ed alcoli: si formano dalla fermentazione degli zuccheri e dei grassi in condizioni di anossia o anaerobiosi. Nonostante le quantità emesse siano più basse rispetto a quelle delle altre molecole, i composti ridotti dello zolfo sono quelli con maggior grado di percezione a causa della più bassa soglia olfattiva. La Tabella 1 riporta i valori medi e gli intervalli di concentrazione di odore caratteristici per le principali fasi di trattamento (Capelli et al., 2009). Nell ultima colonna sono riportati i fattori di emissione dell odore (OEF 8

12 Odour Emission Factor) calcolati per ciascuna fase ed espressi in unità odorimetriche per metro cubo di refluo trattato (ou E/(m 3 di refluo)). Tabella 1. Valori medi, range di concentrazione di odore e fattori di emissione di odore per ciascuna fase di trattamento di un impianto di depurazione Fasi del processo Valore medio di cod (ou E /m 3 Range di cod ) (ou E /m 3 OEF medio ) (ou E /(m 3 di refluo)) Arrivo reflui Pre-trattamenti Sedimentazione primaria Denitrificazione Nitrificazione Ossidazione Sedimentazione secondaria Trattamenti chimico-fisici Ispessimento fanghi Stoccaggio fanghi Un altra classe di composti emessi dagli impianti di depurazione è quella dei gas serra, in particolare metano (soprattutto negli impianti con digestione anaerobica) e protossido di azoto (a causa del suo elevato potenziale, la letteratura scientifica si è concentrata negli ultimi anni su questo argomento, producendo numerosi studi che analizzano l effetto di diversi parametri di processo e configurazioni impiantistiche sulle quantità di N 2O emesse). Di seguito si analizzano le diverse fasi di trattamento, con indicazione delle principali criticità. Tali indicazioni hanno carattere generale e sono normalmente riferite a un impianto funzionante correttamente. In caso di impianti gestiti male, si possono avere emissioni elevate anche dalle fasi di trattamento normalmente caratterizzate da emissioni minori. 3.1 Pre-trattamenti Sollevamento iniziale: nella sezione di sollevamento iniziale sono spesso utilizzati sistemi (come ad esempio le coclee) con elevata turbolenza; tale sezione costituisce dunque un punto critico di rilascio di composti organici volatili (COV); se i collettori verso l impianto di depurazione sono caratterizzati da lunghi tempi di percorrenza e scarsi tassi di aerazione è possibile che durante il trasporto si verifichino condizioni di anossia, con produzione di H 2S, ammoniaca e altri composti derivanti dalla degradazione anossica o anaerobica. Scarico bottini e autobotti: tale sezione costituisce un punto critico di rilascio di COV, H 2S, ammoniaca e altri composti derivanti dalla degradazione anossica o anaerobica. Grigliatura: trattandosi di un refluo non ancora stabilizzato si possono avere elevate emissioni di COV. Dissabbiatura: trattandosi di un refluo non ancora stabilizzato si possono avere elevate emissioni di COV. 9

13 Equalizzazione: in caso di vasca di equalizzazione aerata, le problematiche odorigene sono limitate, sebbene l insufflaggio di aria possa determinare lo strippaggio dei composti contenuti nel refluo; in caso di vasca non aerata, in funzione dei tempi di residenza, vi è il rischio di sviluppo di condizioni anossiche con produzione di H 2S, ammoniaca e altri composti. 3.2 Trattamento primario Sedimentazione primaria: trattandosi di un refluo non ancora stabilizzato, con presenza di elevate masse organiche, e di bacini con superficie libera ampia, sebbene scarsamente movimentati, si possono avere elevate emissioni di COV. 3.3 Trattamento secondario Vasca a fanghi attivi: se l impianto è correttamente gestito, le emissioni olfattive sono ridotte; l emissione non è comunque completamente trascurabile, sia per le elevate superfici libere dei bacini sia per lo strippaggio dei composti presenti nel refluo in ingresso per effetto dell aerazione; tale sezione è, inoltre, la maggiore responsabile di emissioni di N 2O, poiché vi avvengono i processi di rimozione biologica dell azoto. Sedimentazione secondaria: trattandosi di un refluo già stabilizzato e di bacini scarsamente movimentati, nonostante la superficie libera sia ampia, le emissioni dovrebbero essere ridotte. 3.4 Trattamenti terziari Esistono vari tipi di trattamento terziario, ma in linea di massima in tali sezioni non si dovrebbero avere grandi problematiche; emissioni olfattive potrebbero essere legate a un sovradosaggio di composti per la disinfezione (ad es. cloro). 3.5 Linea fanghi Ispessimento: il fango prodotto nei trattamenti della linea acque viene concentrato negli ispessitori; le emissioni di COV sono notevoli soprattutto nel caso di pre-ispessimento perché il fango contiene una significativa porzione di fango non stabilizzato (soprattutto primario). Digestione anaerobica: con tale processo si producono CH 4, ammoniaca e H 2S; i reattori sono chiusi e le emissioni dovrebbero essere ridotte se l impianto dispone di un adeguato sistema di raccolta e convogliamento del biogas prodotto, che dovrebbe essere depurato e riutilizzato per recupero energetico; poiché spesso tale gas viene semplicemente sfiatato e bruciato in torce, il contributo emissivo può essere rilevante (composti odorigeni e gas serra). Digestione aerobica: tale processo dovrebbe determinare una minore produzione di composti odorigeni rispetto alla digestione anaerobica se l aerazione è sufficiente. Disidratazione: il processo riguarda fango già stabilizzato se la fase di digestione funziona correttamente; tuttavia il fango contiene residui dei composti odorigeni della digestione e la movimentazione (ad es. in centrifughe) è responsabile di emissioni elevate di COV. 10

14 Essiccamento termico: insieme al vapore acqueo, si sviluppano sostanze organiche volatili che si concentrano nel condensatore delle fumane e ne vengono estratte sotto forma di incondensabili; tali sostanze devono essere sottoposte a trattamento di combustione; i fumi di combustione vanno controllati e trattati seguendo la normativa specifica. 11

15 4. LA GESTIONE DEL BIOGAS PRODOTTO NELLA DIGESTIONE ANAEROBICA Il processo di digestione anaerobica consiste nella degradazione delle sostanze complesse ad opera di specifici batteri in composti via via più semplici, fino a generare un biogas composto da metano (65-70% in volume), CO 2 (25-35%) e altri composti gassosi (N 2, H 2, H 2S, vapore acqueo e altri gas in tracce). Visto l elevato contenuto di metano, il biogas risulta caratterizzato da un discreto potere calorifico: pertanto, negli impianti con sufficiente produzione di biogas, è possibile utilizzarlo come combustibile per caldaie e motori a combustione interna, principalmente per usi interni all impianto. È possibile utilizzare l acqua calda prodotta da caldaie e scambiatori dei motori per il riscaldamento del fango in ingresso al digestore e degli edifici dell impianto. È anche possibile utilizzare il biogas in sistemi di cogenerazione (produzione combinata di energia elettrica e vapore o acqua calda). Prima del riutilizzo, può essere necessario sottoporre il biogas a trattamenti di depurazione per rimuovere le sostanze in traccia, utilizzando ad esempio scrubber a secco o a umido. L utilizzo di una torcia per bruciare il biogas in eccesso deve essere previsto solo in caso di emergenza. 12

16 5. METODI DI CONTROLLO DEGLI ODORI I metodi di controllo degli odori possono essere di tre tipi (Sorlini, 1990): Metodi preventivi: si basano su sistemi per impedire l instaurarsi di processi di degradazione anaerobica, mediante immissione di ossigeno o sostanze ossidanti sia nella rete fognaria che nelle unità di trattamento dell impianto; comprendono anche la corretta progettazione della rete fognaria in caso di nuovi insediamenti per garantire un adeguata ossigenazione del refluo, anche attraverso una pendenza sufficiente, per evitare eccessive turbolenze nel flusso del liquame e per confinare in ambienti chiusi le fonti maggiori di odori; appartengono a questa classe anche gli interventi progettuali e gestionali riconducibili alle buone pratiche. Metodi curativi: si basano sul contenimento e captazione della fonte e sull abbattimento degli odori mediante assorbimento (rimozione dei composti maleodoranti mediante trasferimento in fase liquida), adsorbimento (processo chimico-fisico che realizza l accumulo di una sostanza dispersa in fase gassosa su una superficie solida), ossidazione termica (combustione a C) e catalitica (combustione a C con impiego di catalizzatori quali platino, palladio e rodio), ossidazione biologica (trasferimento del composto indesiderato dalla fase gassosa ad un solido mantenuto umido su cui si sviluppano i microrganismi responsabili della degradazione), ossidazione chimica. Metodi palliativi: utilizzano sostanze che mascherano gli odori. Il miglior approccio da perseguire è sempre quello del ricorso a metodi preventivi, e cioè a una corretta gestione dell impianto, utilizzando i sistemi di captazione e abbattimento degli odori per le unità più critiche. Occorre però ricordare che gli impianti sono caratterizzati da una estrema variabilità in termini di fasi di trattamento previste, carico trattato, intensità dei controlli, presenza di personale, disponibilità di strumentazione di misura ed eventuale monitoraggio e/o controllo da remoto, ubicazione rispetto ai centri abitati, condizioni di funzionamento (sovraccarico, sottocarico, carico stabile, larga variazione ad esempio stagionale), tipo di refluo in ingresso (reflui prevalentemente di origine civile o contributo industriale o di rifiuti liquidi preponderante): per questi motivi, le azioni ottimali per contenere le emissioni odorigene devono essere contestualizzate con riferimento allo specifico impianto in esame (Bertanza e Papa, 2012). 5.1 Buone pratiche gestionali In Tabella 2 si riportano alcune indicazioni gestionali per la riduzione delle emissioni odorigene dagli impianti di depurazione, principalmente tratte da Bertanza e Papa (2012). 13

17 Tabella 2: Interventi gestionali per ridurre le emissioni di odori Fase di trattamento Intervento Intero impianto Effettuare un monitoraggio periodico, ad esempio con tecnica olfattometrica, al perimetro dell impianto ed in prossimità di ogni trattamento per avere un quadro descrittivo della situazione e delle eventuali variazioni nel tempo. Possibilmente effettuare interventi di manutenzione programmata (a rischio emissioni odorigene) in condizioni ottimali (orari selezionati in funzione della valutazione dei dati meteo: temperature dell aria, direzione e intensità vento, regime barico, previsione attesa). Sollevamento In caso di reflui che provengono da zone lontane dal depuratore e che subiscono diversi sollevamenti e/o rilanci intermedi, intervenire sulla modalità (frequenza) di funzionamento delle pompe, in modo da minimizzare i tempi di ristagno. Grigliatura Lavare con frequenza le macchine deputate alla grigliatura (griglie, rotostacci, ) con acqua contenente una minima quantità di cloro attivo. Raccogliere il grigliato/vaglio all interno di appositi sacchi che presentano una struttura porosa, in modo da consentire il deflusso e la raccolta dell acqua percolante evitando la diffusione di aria odorosa. Assicurare la chiusura dei cassonetti di raccolta del grigliato tra un carico e il successivo. Allontanare il materiale con la massima frequenza. Dissabbiatura/ Allontanare il materiale con la massima frequenza. disoleatura Equalizzazione Mantenere il refluo in condizioni aerobiche assicurando un aerazione sufficiente. Sedimentazione Garantire l efficienza del sistema di raccolta ed eliminazione del materiale galleggiante. primaria Garantire la pulizia della canaletta di raccolta dell effluente. Estrarre il fango regolarmente per limitare i tempi di permanenza ed evitare lo sviluppo di condizioni anaerobiche. Ossidazione biologica Assicurare una sufficiente aerazione, utilizzando sistemi di controllo tali da garantire che la concentrazione di ossigeno disciolto sia sempre > 1 mg/l. Ispessimento a gravità Regolare la frequenza di estrazione del fango in modo che la concentrazione dei solidi non sia al di sotto del valore di progetto (indicativamente 3-4%). Ispessimento meccanico Effettuare il lavaggio della macchina con acqua al termine dell utilizzo giornaliero. Stabilizzazione aerobica Stabilizzazione anaerobica Disidratazione meccanica Assicurare le condizioni di processo (età del fango, ossigeno disciolto) che garantiscano un rapporto SV/ST < 0,65 (valore indicativo). Mantenere una concentrazione minima di ossigeno disciolto pari a 1 mg/l. Assicurare le condizioni di processo (età del fango, temperatura, ph, alcalinità, ecc.) che garantiscano un rapporto SV/ST < 0,65 (valore indicativo), accompagnato da una idonea produzione di biogas. Effettuare il lavaggio della macchina con acqua al termine dell utilizzo giornaliero. Ridurre al minimo i tempi di disidratazione e concentrare gli interventi se effettuati con dispositivo mobile. Ridurre al minimo i tempi di permanenza in impianto del cassone di raccolta (max 2 giorni, possibilmente evacuazione giornaliera), coprendo il medesimo con un telo. Eventualmente, dosare insieme al polielettrolita un prodotto per ridurre la formazione di esalazioni maleodoranti (mercaptani). 14

18 5.2 Sistemi di trattamento delle emissioni Qualora l adozione di misure preventive tecnico-gestionali non sia sufficiente ad assicurare la conformità delle emissioni aeriformi ad assegnati limiti inerenti l impatto odorigeno è necessario utilizzare tecnologie di trattamento end of pipe, da individuare tra quelle più idonee contemplate dalle Best Available Technologies (BAT) (Tordini, 2012). I Documenti di riferimento (BREF) dell Ufficio europeo per l IPPC non ne comprendono uno specifico dedicato agli impianti di depurazione acque e rifiuti liquidi, in quanto tale attività è considerata fase terminale di processo, comune a molti comparti produttivi. A riguardo si possono consultare i documenti: Common Waste Water and Waste Gas Treatment/Management Systems in the Chemical Sector Waste Treatments Industries Large Volume Organic Chemical Industry. Le tecniche potenzialmente applicabili, singolarmente o in combinazione, sono numerose. Nella loro scelta, secondo quanto riporta il BREF, occorre valutare numerosi fattori, quali: la portata del flusso odorigeno; la concentrazione degli inquinanti odorigeni; le proprietà fisiche e chimiche delle sostanze odorigene (solubilità in acqua, acidità, basicità, polarità, adsorbibilità, biodegradabilità); l efficienza di abbattimento degli inquinanti odorigeni prioritari e variabilità nel tempo della stessa (specie quando si impiegano catalizzatori); la formazione di inquinanti secondari; i consumi energetici; i limiti tecnici d impiego di tali tecniche (temperatura, massima concentrazione degli inquinanti in ingresso, contenuto di umidità); la necessità di spazio; le esigenze di conduzione e manutenzione; i costi. Di seguito si riporta una breve descrizione delle principali tecniche di trattamento delle emissioni gassose tratta dal BREF (European Commission, 2011): Adsorbimento: Le molecole di gas vengono trattenute da una superficie solida o liquida (adsorbente) selettiva. Giunti a saturazione, è necessario procedere alla rigenerazione dell adsorbente. I principali sistemi di adsorbimento sono: adsorbimento a letto fisso (il gas è alimentato dal basso e si purifica attraversando il letto), adsorbimento a letto fluido (l adsorbente è mantenuto allo stato fluido grazie alla velocità del gas), adsorbimento a letto mobile continuo (l adsorbente è caricato in continuo dall alto in controcorrente rispetto al flusso di gas) e pressure swing adsorption (adsorbimento ad alta pressione, depressurizzazione e spurgo a bassa pressione o sotto vuoto). Gli adsorbenti comunemente impiegati sono carbone attivo granulare, zeoliti, particelle macroporose di polimeri, silicati di sodio e alluminio, gel di silice. La rigenerazione dell adsorbente esausto può avvenire mediante trattamenti termici o con sistemi sotto vuoto. Assorbimento: L assorbimento consiste nel trasferimento di massa tra un gas solubile e un solvente (in genere acqua) posti tra loro a contatto. Possono essere impiegati diversi tipi di scrubber, il cui tipo più comune è costituito da torri di lavaggio (il flusso di gas attraversa la torre in controcorrente, mentre il solvente viene spruzzato dall alto). Biofiltrazione: Il flusso gassoso viene convogliato in un letto di materiale organico (torba, compost, legna, ) o materiale inerte (argilla, carbone attivo, poliuretano, ) e viene ossidato biologicamente da 15

19 microorganismi in CO 2, acqua, sali inorganici e biomassa. Un biofiltro aperto consiste di un letto filtrante sotto cui è collocata una rete di condotte per convogliare il gas da trattare. È il sistema più diffuso, grazie ai costi ridotti rispetto a un biofiltro chiuso. Tuttavia, i sistemi chiusi sono preferibili perché assicurano un efficienza di rimozione più elevata. L altezza del materiale filtrante è in genere compresa tra 0.5 e 1.5 m, in un massimo di due o tre strati. È possibile trattare circa Nm 3 /h per m 2 di superficie filtrante adottando tempi di residenza di minimo s. La capacità di rimozione dipende da parametri come ph (valori ottimali 7-8), contenuto di umidità ( 95%) e temperatura del gas. Per taluni composti, come H 2S e mercaptani, può essere necessario combinare torri di lavaggio e biofiltri per aumentare l efficienza di rimozione. Il materiale che costituisce il letto deve essere rimosso periodicamente (ogni anni) a seconda del tipo di materiale e della composizione del gas. Bioscrubbing: Con tale sistema si combinano assorbimento e biodegradazione, poiché si utilizza acqua contenente una popolazione di microorganismi in grado di ossidare i composti biodegradabili presenti nel flusso gassoso (ammoniaca, ammine, H 2S, idrocarburi e composti odorosi). Il tempo si residenza dei gas è di circa 1 s, mentre il tempo di residenza dell acqua che assicura le migliori prestazioni è compreso tra 20 e 40 giorni. Biotrickling: Il sistema di funzionamento è simile a quello di un bioscrubber, ma a differenza di questo i microorganismi si sviluppano su elementi di supporto (letto di materiale inerte). Per assicurare le massime prestazioni occorre massimizzare la superficie bagnata, distribuendo uniformemente la fase liquida sulla superficie del biofilm. Ossidazione termica: La miscela di gas viene riscaldata al di sopra del punto di autocombustione in una camera di combustione e viene mantenuta ad alta temperatura per un tempo sufficiente a consentire la completa combustione con produzione di CO 2 e acqua. Dopo la combustione, si produce un residuo solido (ceneri). I parametri di processo principali sono il tempo di combustione, la temperatura ( C al di sopra della temperatura di autocombustione), la turbolenza e la disponibilità di ossigeno. Ossidazione catalitica: L ossidazione catalitica è simile all ossidazione termica, ma grazie al passaggio del gas in un letto catalitico (letto fisso o letto fluido) è possibile aumentare il tasso di reazione, riducendo la temperatura richiesta per la conversione e permettendo di ridurre il volume dell ossidatore. I catalizzatori utilizzati per la rimozione dei COV sono metalli preziosi (platino, palladio e rodio) su materiale ceramico o altri metalli su carrier come ossidi di rame, cromo, manganese, nichel, cobalto, ecc. La vita utile di un catalizzatore è di due o più anni, al termine della quale il catalizzatore deve essere rigenerato o smaltito. Ionizzazione: Il gas da trattare è iniettato in una camera di reazione dove è sottoposto a un campo elettrico molto forte (20-30 kv), provocando la formazione di ioni, elettroni liberi, radicali e altre particelle fortemente reattive, che causano la decomposizione e parziale ossidazione degli inquinanti presenti nel gas. 16

20 Foto-ossidazione: Il flusso gassoso da trattare è condotto in una camera di reazione ed è irradiato con raggi UV, provocando la decomposizione dei composti da rimuovere per fotolisi diretta e per ossidazione mediata dai radicali reattivi dell ossigeno. In Tabella 3 sono riportati i principali vantaggi e svantaggi dei diversi sistemi di trattamento, mentre in Tabella 4 sono indicate le prestazioni ottenibili per quanto riguarda la rimozione di COV, odori e H 2S. Tabella 3: Vantaggi e svantaggi dei principali sistemi di trattamento delle emissioni gassose (European Commission, 2011) Sistema di trattamento Vantaggi Svantaggi Adsorbimento Assorbimento Biofiltrazione Bioscrubbing Biotrickling elevata efficienza di rimozione dei COV tecnologia semplice e robusta installazione e manutenzione semplice elevata efficienza di rimozione tecnologia semplice e robusta installazione e manutenzione semplice possibilità di utilizzo di configurazione modulare bassi costi di investimento e operativi alta efficienza per i composti biodegradabili basse quantità di percolato e materiale di rifiuto da trattare migliore controllo dei picchi di concentrazione rispetto a un biofiltro elevata rimozione dei composti facilmente degradabili biodegradazione dei composti adsorbiti basse perdite di carico costi di costruzione e operativi medi basso consumo energetico maggiore affidabilità rispetto a un bioflitro compattezza 17 rischio di rapida saturazione dell adsorbente necessità di utilizzare acqua o prodotti chimici diluiti per sostituire l acqua persa per spurgo o evaporazione trattamento dell acqua di spurgo rischio di corrosione rischio di incremento delle emissioni odorigene a causa del ricircolo del solvente rischio di effetti tossici sulla biomassa variabilità dell efficienza in relazione alle fluttuazioni delle caratteristiche del flusso in ingresso necessità di controllo del ph necessità di spurgo della biomassa ridotta rimozione dei composti scarsamente solubili variabilità dell efficienza in relazione alle fluttuazioni delle caratteristiche del flusso in ingresso trattamento del percolato variabilità dell efficienza in relazione alle fluttuazioni delle caratteristiche del flusso in ingresso difficile rimozione dei composti scarsamente solubili possibile intasamento del materiale di riempimento per sviluppo della biomassa produzione di un refluo da trattare

21 Sistema di trattamento Ossidazione termica Ossidazione catalitica Ionizzazione Foto-ossidazione Vantaggi efficienza elevata e costante affidabilità elevata efficienza termica (basso consumo di combustibile aggiuntivo) maggiore compattezza rispetto all ossidazione termica minore consumo di combustibile aggiuntivo rispetto a ossidazione termica abbattimento simultaneo del CO prodotto performance elevata e costante basso consumo energetico rispetto all ossidazione termica elevata compattezza operazione semplice insensitività a variazioni nella composizione del gas sistema compatto e modulare basse temperature operative basso consumo energetico Svantaggi emissioni di CO e ossidi di azoto rischio di formazione di diossine necessità di trattamento per la rimozione dei COV dai fumi maggiori costi di investimento rispetto all ossidazione termica efficienza variabile in relazione al contenuto energetico del gas sensitività del catalizzatore ad agenti che producono avvelenamento e intasamento smaltimento dei catalizzatori non rigenerabili rischio di formazione di diossine rischio di radiazioni elettromagnetiche non adatto per concentrazioni elevate di inquinanti Tabella 4: Prestazioni ottenibili mediante i principali sistemi di trattamento delle emissioni gassose (European Commission, 2011) Sistema di trattamento Composto Efficienza di rimozione [%] Livello di emissione [mg/nm 3 ] Adsorbimento COV con GAC Odori H 2S > 95 Assorbimento COV 99 Odori 99 con zeolite con polimeri con acqua con soluzione alcalina con GAC con polimeri H 2S 80->99 < 10 con soluzione alcalina Biofiltrazione COV Odori < 1000 ou E/Nm 3 H 2S > 75 Bioscrubbing COV Odori ou E/Nm 3

22 Sistema di trattamento Composto Efficienza di rimozione [%] Livello di emissione [mg/nm 3 ] Biotrickling COV Odori H 2S Ossidazione termica COV 98->99.9 < 1-20 Odori H 2S Ossidazione catalitica COV < 1-20 Odori H 2S Ionizzazione COV 88->99.9 Odori ou E/Nm 3 H 2S Foto-ossidazione COV Odori H 2S < 98 Tra le nuove tecnologie che si possono adottare si può annoverare la activated sludge diffusion (AS diffusion), che consiste nell insufflare direttamente in vasca di ossidazione le emissioni gassose delle altre sezioni di impianto a seguito di preventiva copertura e convogliamento: in tal modo è possibile dissolvere e biodegradare i composti osmogeni. Tale processo è vantaggioso dal punto di vista economico e gestionale, in quanto utilizza vasche già presenti nell impianto; il suo uso risulta oggetto di ricerca per ciò che riguarda gli effetti sul processo di depurazione, l efficacia reale nella rimozione degli odori (dimostrata per l abbattimento dei solfuri, da verificare su altre classi di composti osmogeni) e le effettive conseguenze sui processi biodegradativi e sulle biomasse (Blonda et al., 2007). I sistemi di trattamento presuppongono la realizzazione di adeguati presidi di contenimento per le sorgenti odorigene (Tordini, 2012). Nel caso di locali accessibili al personale (come ad esempio i locali dei pretrattamenti o quelli di disidratazione dei fanghi), il contenimento degli odori viene ottenuto mantenendo l ambiente in aspirazione ed assicurando un sufficiente ricambio dell aria come richiesto dagli standard di igiene industriale. Nel caso di vasche coperte è lo spazio di testa ad essere posto sotto aspirazione; non essendoci presenza di operatori, l entità del flusso di lavaggio dello spazio di testa deve essere determinato assegnando un valore minimo di velocità di immissione dell aria esterna. In Tabella 5 sono riportate alcune prescrizioni riguardanti i metodi curativi da adottare per l abbattimento delle emissioni dagli impianti di depurazione, principalmente tratte dalle linee guida elaborate dalla Regione Lombardia. Per le aree per le quali sono previsti la captazione e il trattamento delle emissioni, si suggerisce sempre il ricorso a sistemi chiusi con un unico punto di emissione convogliata, dotato di un punto per il campionamento facilmente accessibile. Studi di modellistica dispersionale hanno infatti dimostrato che 19

23 emissioni di 500 ou/m 3 da una superficie libera possono determinare maggiori fastidi per i recettori rispetto a emissioni di 1000 ou/m 3 da una fonte puntuale collocata a m di altezza: pertanto, la pratica corrente raccomanda il ricorso a punti di emissione convogliata ad altezza di almeno 10 m per aumentare la dispersione degli odori e minimizzare gli impatti sui recettori (Estrada et al., 2011). I punti di prelievo devono essere collocati in tratti rettilinei di condotto a sezione regolare, preferibilmente verticali, lontani da ostacoli, curve e altre discontinuità che possono influenzare il flusso. Per garantire la condizione di stazionarietà, la collocazione del punto di prelievo deve rispettare le condizioni imposte dalle normative UNI di riferimento (almeno 5 diametri idraulici a valle e 2 diametri idraulici a monte di qualsiasi discontinuità). I punti di prelievo devono essere collocati a circa m di altezza rispetto al piano di calpestio della postazione di lavoro. La zona dei bocchelli deve essere libera da ostacoli che potrebbero rendere difficoltosa l introduzione e l estrazione delle sonde di campionamento. Tabella 5: Metodi curativi da adottare per le diverse fasi di trattamento di un impianto di depurazione Fase di trattamento Intervento Sollevamento Nel caso di scarico da autobotti devono essere evitati salti dal tubo di scarico al pelo libero del refluo oppure lo scarico deve avvenire in circuito chiuso. Scarico bottini e autobotti Nel sollevamento dagli arrivi dai condotti fognari le zone di discontinuità devono essere compartimentate. L apertura e lo scarico dei bottini deve avvenire in un ambiente confinato e dotato di aspirazione e convogliamento dell emissione in atmosfera. Grigliatura Dissabbiatura/ disoleatura Si dovrà valutare la necessità di un confinamento ed eventuale convogliamento di tale zona sulla base della capacità di trattamento dell impianto: - per impianti con capacità < AE i pretrattamenti potranno essere condotti all aperto; - per impianti con capacità di trattamento compresa fra AE e AE l opportunità di confinamento sarà valutata sulla base di una stima delle portate di odore emesse e della distanza dei potenziali ricettori; - per impianti con capacità di trattamento > AE i pretrattamenti dovranno essere condotti in ambiente confinato e prevedendo il convogliamento e il trattamento delle emissioni. Valutare l opportunità di chiudere la vasca e convogliare le emissioni di odore sulla base delle dimensioni dell impianto e della distanza dei potenziali ricettori. Sedimentazione primaria Denitrificazione Se la vasca di denitrificazione è a monte dell ossidazione, valutare l opportunità di chiudere la vasca e convogliare le emissioni di odore sulla base delle dimensioni dell impianto e della distanza dei potenziali ricettori. Sedimentazione Generalmente non è necessario alcun tipo di intervento. secondaria Valutare l opportunità di confinare le vasche di sedimentazione secondaria sulla base delle dimensioni dell impianto, della tipologia dei reflui in ingresso e della distanza dei potenziali ricettori. Ispessimento Gli ispessitori devono essere chiusi, dotati di aspirazione e trattamento degli effluenti. Stabilizzazione anaerobica Gli impianti di digestione anaerobica devono essere realizzati in modo da impedire emissioni diffuse ed evitare le emissioni fuggitive attraverso un piano di controllo. Il biogas prodotto deve essere sempre destinato al recupero energetico. L impianto deve essere dotato di una torcia da utilizzarsi esclusivamente in caso di disservizio dell impianto di recupero energetico. 20

24 Fase di trattamento Intervento Disidratazione La movimentazione e lo stoccaggio dei fanghi deve essere eseguita in ambiente confinato. meccanica Trattamenti termici L effluente aeriforme delle apparecchiature di trattamento termico dei fanghi (ad esempio: essiccamento) deve essere trattato prima dell espulsione in atmosfera. La movimentazione e lo stoccaggio dei fanghi deve essere eseguita in ambiente confinato. Aree di trasferimento e di stoccaggio dei fanghi Devono essere previsti il contenimento, l aspirazione e il trattamento dell emissione. Nella scelta del sistema di trattamento occorre valutare la performance ambientale, i costi di processo e l impatto sociale (Estrada et al., 2011). Utilizzando il metodo IChemE Sustainability Metrics per la scelta del trattamento ottimale degli odori dagli impianti di depurazione, si è osservato che le tecnologie fisicochimiche assicurano un ottima rimozione dei composti odorigeni, ma possono essere responsabili di emissioni di CO 2, SO x e NO x (incenerimento). Inoltre, tali tecnologie presentano i più alti impatti ambientali in termini di consumo di energia, materiali e reagenti e di produzione di residui da smaltire e sono caratterizzate da maggiori rischi per gli operatori. Dal punto di vista economico, le tecnologie con i maggiori costi di investimento (biofiltrazione e biotrickling) presentano generalmente costi di gestione minori. L analisi globale dei vari fattori condotta nello studio indicato suggerisce come tecnologia più promettente quella basata sulla combinazione di biotrickling e trattamento a carboni attivi. 21

25 6. AUTORIZZAZIONE ALLE EMISSIONI IN ATMOSFERA 6.1 Convogliamento e trattamento Ai sensi dell art. 270, comma 1 del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. In sede di autorizzazione, l autorità competente verifica se le emissioni diffuse di ciascun impianto e di ciascuna attività sono tecnicamente convogliabili sulla base delle migliori tecniche disponibili e sulla base delle pertinenti prescrizioni dell Allegato I alla parte quinta dei presente decreto e, in tal caso, ne dispone la captazione ed il convogliamento. Si ritiene, pertanto, attesa la convogliabilità tecnica di tutte le emissioni delle diverse fasi di trattamento della linea fanghi, che si debba disporre la captazione completa delle emissioni. Al comma 4 dello stesso articolo è previsto che Se più impianti con caratteristiche tecniche e costruttive simili, aventi emissioni con caratteristiche chimico-fisiche omogenee e localizzati nello stesso stabilimento sono destinati a specifiche attività tra loro identiche, l autorità competente, tenendo conto delle condizioni tecniche ed economiche, può considerare gli stessi come un unico impianto disponendo il convogliamento ad un solo punto di emissione. L autorità competente deve, in qualsiasi caso, considerare tali impianti come un unico impianto ai fini della determinazione dei valori limite di emissione. Seguendo le indicazioni di tale comma, è possibile prevedere un unico punto di emissione nel caso di unità di trattamento analoghe per impianti operanti su più linee di trattamento. Inoltre, ai sensi del comma 7 Ove opportuno, l autorità competente, tenuto conto delle condizioni tecniche ed economiche, può consentire il convogliamento delle emissioni di più impianti in uno o più punti di emissione comuni, purché le emissioni di tutti gli impianti presentino caratteristiche chimico-fisiche omogenee. In tal caso a ciascun punto di emissione comune si applica il più restrittivo dei valori limite di emissione espressi come concentrazione previsti per i singoli impianti e, se del caso, si prevede un tenore di ossigeno di riferimento coerente con i flussi inviati a tale punto. L autorizzazione stabilisce apposite prescrizioni volte a limitare la diluizione delle emissioni ai sensi dell articolo 269, comma 4, lettera b). È pertanto possibile utilizzare un solo punto di emissione comune per tutte le fasi di trattamento previste nella linea fanghi, visto che la composizione chimica delle emissioni si può ritenere simile. Tuttavia, nel caso l impianto disponga di stabilizzazione aerobica, tale unità dovrebbe essere convogliata a un punto di emissione diverso in maniera da evitare la diluizione dovuta all aria di processo. L eventuale trattamento delle emissioni è legato al loro carico inquinante e alla necessità di rispettare i valori limite di emissione previsti nell autorizzazione. Per ciò che concerne altre fonti di emissione, quali impianti termici, inceneritori, ecc., trovano applicazione le specifiche prescrizioni normative. 6.2 Valori limite di emissione Occorre assicurare il rispetto dei valori di emissione indicati nell allegato I alla parte V del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. In Tabella 6 si riporta un estratto indicativo e non esaustivo dei limiti previsti dal decreto con 22

26 riferimento ad alcuni composti e sostanze di interesse per un impianto di depurazione (sono riportati in grassetto i composti maggiormente rilevanti). Il rispetto dei limiti fissati in autorizzazione deve essere verificato con misure periodiche, effettuate simultaneamente alle misure per la valutazione della portata di odore indicate nel paragrafo 7.3. Tabella 6: Valori limite di emissione fissati ai sensi del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. Soglia di rilevanza Valore di emissione Composti (espressa come (espresso come flusso di massa) concentrazione) [g/h] [mg/nm 3 ] Composti organici sotto forma di gas, vapori o polveri Classe I (butilmercaptano, 25 5 Ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione: - in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità devono essere sommate; - in caso di presenza di più sostanze di classi diverse alla quantità di sostanze di ogni classe devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi inferiori. Al fine del rispetto del limite di concentrazione in caso di presenza di più sostanze di classi diverse la concentrazione totale non deve superare il limite della classe più elevata. Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di gas o vapore etilmercaptano) Classe II (etilammina, dimetilammina, trietilammina, piridina, acetaldeide) Classe III (acido acetico, n-esano, etilbenzene) Classe IV (toluene, xilene) Classe V (acetone) Classe II (idrogeno solforato, cloro) Classe III (composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapore, esclusi cloro cianuro e fosgene, espressi come acido cloridrico) Classe IV (ammoniaca) Classe V (ossidi di azoto, ossidi di zolfo) Ai sensi della L.R. 7/99 Disciplina delle emissioni odorifere delle aziende. Emissioni derivanti da sansifici. Emissioni nelle aree a elevato rischio di crisi ambientale le emissioni nelle aree dichiarate a elevato rischio di crisi ambientale devono rispettare limiti ridotti del 20% rispetto a quelli previsti in normativa: Nelle aree dichiarate a elevato rischio di crisi ambientale ai sensi dell art.7 della legge 8 luglio 1986, n. 349, modificata dalla successiva del 28 agosto 1989, n. 305, [ ] qualsiasi impianto ivi ubicato che procuri emissioni in atmosfera è tenuto a far rientrare le stesse in limiti più bassi del 20 per cento di quelli autorizzati o previsti in normativa. [ ] Le limitazioni delle emissioni operano anche nell ipotesi di intervenuta cessazione della validità della dichiarazione medesima per trascorso quinquennio, senza che

27 siano divenuti operativi gli interventi di risanamento di cui al piano previsto dal già citato art. 7 della L 349/ Inoltre, la stessa legge regionale disciplina le emissioni odorifere 1 dalle aziende, stabilendo che: L emissione in atmosfera di sostanze odorifere con livello olfattivo molto basso (< 1 ppm) dovrà osservare i seguenti limiti: A) EMISSIONI PUNTUALI 1. sostanze con livello olfattivo minore o uguale a 0,001 ppm: VLE 5 ppm 2. sostanze con livello olfattivo minore o uguale a 0,010 ppm: VLE 20 ppm Qualora alcune di dette sostanze odorifere fossero comprese nell allegato I del decreto ministeriale del 12 luglio 1990 con valori limiti di emissione più bassi, occorre adottare i limiti inferiori. Il dimensionamento del camino (altezza e sezione di sblocco) deve essere determinato tenendo conto della peggiore situazione metereologica verificatasi negli ultimi dieci anni, in modo tale che la concentrazione massima al suolo degli inquinanti abbia una diluizione minima di 1:16000 rispetto alle concentrazioni misurate al camino stesso. Qualora l emissione contenga due o più sostanze ciascuna in concentrazione inferiore alla corrispondente concentrazione limite (CL) o valore guida (VG), si dovrà calcolare la sommatoria dei rapporti tra concentrazione effettiva e la rispettiva CL o VG per verificare che la suddetta sommatoria sia inferiore a 1. Comunque, in caso di emissioni in atmosfera che diano luogo a percezione di odori molesti, l azienda è tenuta a ricercare tecnologie idonee ad eliminare ogni inconveniente alla popolazione. L azienda è tenuta a comunicare alla Regione, anche dopo l ottenimento di autorizzazione, la quantità e la qualità dei costituenti l emissione stessa. B) EMISSIONI DIFFUSE Per le attività lavorative poste a meno di duemila metri dal perimetro urbano è vietata l emissione diretta in atmosfera di sostanze inquinanti e/o a basso livello olfattivo (< 0,010 ppm) derivanti da vasche, serbatoi aperti, stoccaggi in cumuli, ecc. I valori di TOC (Threshold Odor Concentration) per le sostanze potranno essere desunti dai dati di letteratura scientificamente riconosciuti così come determinati con apposita deliberazione della Giunta regionale, su conforme parere del Comitato regionale per l inquinamento atmosferico per la Puglia (CRIAP) di cui alla legge regionale 16 maggio 1985, n. 31. Nel caso in cui, a seguito delle verifiche operate dalle autorità di controllo ambientale, sia accertata l emissione diffusa diretta in atmosfera di sostanze inquinanti e/o a basso livello olfattivo, come definita al comma 1, derivante da vasche, serbatoi e stoccaggi non confinati in ambienti chiusi, la stessa autorità di 1 Va detto che l applicazione della L.R. 7/1999 risulta problematica per la difficoltà di individuare tutti i composti odorigeni a bassa soglia olfattiva che possono essere emessi da un impianto di depurazione nonché gli stessi valori di soglia olfattiva e per il numero notevole di analisi che occorrerebbe effettuare. Per tale motivo, la suddetta normativa è in fase di revisione a livello regionale. 24

28 controllo può disporre il confinamento in ambiente chiuso, o comunque condizionato, delle medesime strutture di deposito e/o stoccaggio, le cui successive emissioni convogliate sono soggette ad autorizzazione ai sensi dell'articolo 269, comma 8, del D.Lgs. n. 152/2006. È opportuno fare riferimento anche alle linee guida del CRIAP (Comitato Regionale per l Inquinamento Atmosferico per la Puglia) riguardanti le emissioni in atmosfera da specifiche tipologie impiantistiche ( Linee guida emissioni in atmosfera specifiche tipologie nuovi impianti ). Tali linee guida indicano i valori limite di emissione da rispettare nelle operazioni di scarico, conservazione e movimentazione (Tabella 7) e quelli nelle fasi di disidratazione/essiccazione dei fanghi di depurazione (Tabella 8). Tabella 7: Limiti di emissione relativi a scarico, conservazione e movimentazione dei fanghi di depurazione Inquinante concentrazione [mg m -3 ] impianto di abbattimento polvere 10 non termico ammine 5 ammoniaca 2 composti solforati come 5 H 2S carbonio organico totale 10 sostanze odorigene in linea con il criterio della migliore tecnologia impianto di abbattimento a combustore termico disponibile polveri 50 ossidi di azoto 100 ossidi di zolfo 200 tenore di ossigeno nei fumi misurato all uscita della camera 11% in volume velocità media dei gas misurata nella sezione d uscita della camera 10 m s -1 tempo di contatto 2s temperatura dei fumi 1173 K Tabella 8: Limiti di emissione relativi a disidratazione/essiccazione dei fanghi di depurazione Inquinante concentrazione [mg m -3 ] polveri 20 ossidi di azoto 100 ossidi di zolfo 100 ammoniaca 2 silice libera cristallina 5 piombo + cromo e i suoi composti 5 cloruro di idrogeno HCl 5 floruro di idrogeno HFl 5 idrogeno solforato 5* sostanze odorigene in linea con il criterio della migliore tecnologia disponibile carbonio organico totale 50 25

29 6.3 Gestione del biogas prodotto dagli impianti di digestione anaerobica Per quanto riguarda gli impianti con digestione anaerobica, questi dovranno essere sempre dotati di un sistema di recupero e riutilizzo del biogas e prevedere l impiego della torcia solo in situazioni di emergenza. La torcia deve essere dotata di: sistema di accensione automatica; sistema di controllo per presenza fiamma con allarme per mancanza di fiamma; protezione antivento; pannello di controllo per funzionamento automatico; dispositivo automatico di riaccensione in caso di spegnimento della fiamma, e quindi in caso di mancata riaccensione, dispositivo di blocco con allarme. La torcia dovrà essere dimensionata in modo tale da poter smaltire completamente l intera produzione oraria di biogas con un rendimento minimo di combustione del 90% e dovrà essere mantenuta in efficiente stato di funzionamento con interventi di regolare manutenzione. Il sistema dovrà essere dotato di contatori e misuratori di portata e i periodi di funzionamento della torcia dovranno essere riportati in apposito registro. Il gestore deve registrare tutti gli eventi emergenziali di utilizzo della torcia e inviare alle autorità competenti e ad ARPA apposite relazioni trimestrali/semestrali su tali eventi, indicando i dati caratteristici di ciascun evento. Ai sensi dell allegato IV alla parte V del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. non sono sottoposti ad autorizzazione alle emissioni in atmosfera gli impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, ubicati all interno di impianti di smaltimento dei rifiuti, alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l attività di recupero è soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate e gli impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, alimentati a biogas di cui all allegato X alla parte V del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., di potenza termica nominale inferiore o uguale a 3 MW. Nella sezione 6 dell allegato X (Disciplina dei combustibili) alla parte V del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. è specificato che Il biogas derivante dai rifiuti può essere utilizzato con le modalità e alle condizioni previste dalla normativa sui rifiuti. Occorre pertanto fare riferimento alla parte IV del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. In particolare, possono trovare applicazione l art. 208 (Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti) e gli articoli 214 e 216 per quanto riguarda la procedura semplificata. Alle attività soggette a procedura semplificata si applicano le disposizioni del DM ambiente 05/02/1998. Secondo l art. 4 (Recupero energetico) del DM 05/02/1998 le attività di recupero energetico individuate nell allegato 2 devono garantire, al netto degli autoconsumi dell impianto di recupero, la produzione di una quota / trasformazione del potere calorifico del rifiuto in energia termica pari al 75% su base annua oppure la produzione di una quota minima percentuale di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia elettrica determinata su base annua secondo la seguente formula: 26

30 Tale formula non si applica quando la quota minima di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia elettrica assicurata dall impianto di recupero è superiore al 27% su base annua. Qualora la quota minima percentuale di trasformazione del potere calorifico dei rifiuti in energia elettrica non sia raggiunta, l utilizzo di rifiuti in schemi cogenerativi per la produzione combinata di energia elettrica e calore deve garantire una quota di trasformazione complessiva del potere calorifico del rifiuto, in energia termica ed in energia elettrica, non inferiore al 65% su base annua. L allegato 2 suballegato 1 reca Norme tecniche per l utilizzazione dei rifiuti non pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre energia. I punti di interesse per il recupero energetico dai fanghi di depurazione sono il punto 2 (Biogas) e il punto 10 (Fanghi essiccati di depurazione di acque reflue). Tale suballegato riporta sia prescrizioni tecnico-impiantistiche che valori limite di emissione. L allegato 2 suballegato 2 riporta ulteriori valori limite e prescrizioni per le emissioni in atmosfera delle attività di recupero di energia dai rifiuti non pericolosi. Nell allegato 4 suballegato 2 sono contenute le quantità massime di rifiuti non pericolosi di cui all allegato 2 suballegato 1 che possono essere recuperate adottando la procedura semplificata: in particolare i valori massimi sono t/a per Biogas [190699] (impianti dedicati o impianti industriali) e t/a per Fanghi essiccati di depurazione di acque reflue [190805]. 6.4 Letti di essiccamento Si ritiene che, per ragioni igienico-sanitarie e ambientali, l utilizzo dei letti di essiccamento non possa più essere consentito, neanche in situazioni di emergenza. Per fronteggiare casi di malfunzionamento/manutenzione delle unità di disidratazione meccanica o eventuali difficoltà di allontanamento dei fanghi verso la destinazione finale (conferimento in agricoltura, compostaggio, discarica), il gestore dovrà prevedere forme di gestione diverse: a titolo di esempio, l utilizzo di macchine di disidratazione mobili, di silos, ecc. 6.5 Obblighi di comunicazione Presso la sede dell impianto devono essere conservati per almeno cinque anni, insieme con il provvedimento di autorizzazione, gli originali dei certificati di analisi firmati da professionista abilitato. Tale documentazione è a disposizione degli Organi di controllo competenti. Si ricorda, inoltre, che ai sensi della D.G.R. n.180 del 19 febbraio 2014 vigono l obbligo di compilazione del CET (Catasto delle emissioni territoriali) e l obbligo di comunicazione al Referente del CET (individuato da ARPA) di ogni variazione amministrativa dell azienda, nonché ogni variazione tecnica (accidentale/programmata), così come definito e disciplinato dalle linee guida, dalle autorizzazioni e dalle norme ambientali. 27

31 7. INDICAZIONI PER LA REDAZIONE DEL PIANO DI MONITORAGGIO E CONTROLLO DELLE EMISSIONI ODORIGENE 7.1 Premessa Allo stato attuale, non è presente una normativa nazionale in materia di emissioni odorigene. In attesa del completamento dell iter di revisione della L.R. 7/99 Disciplina delle emissioni odorifere delle aziende. Emissioni derivanti da sansifici. Emissioni nelle aree a elevato rischio di crisi ambientale, si riporta l approccio metodologico che si ritiene opportuno per l applicazione di prescrizioni inerenti il piano di monitoraggio e controllo delle emissioni odorigene per impianti di depurazione. 7.2 Obiettivo Il presente documento intende fornire indicazioni relative ad idonee procedure di controllo degli impatti odorigeni prodotti dalle diverse fasi di trattamento e alla redazione di un opportuno piano di monitoraggio e controllo. In generale, si precisa che, in linea con quanto previsto dalle normative internazionali (S.I. No. 787/2005), un impianto di trattamento delle acque reflue deve essere progettato, costruito e gestito in modo tale da evitare di causare molestia olfattiva ai recettori. Per recettore sensibile si intende: qualsiasi edificio pubblico o privato adibito ad ambiente abitativo, a degenza o cura, a formazione e studio o ad attività lavorativa o ricreativa (comprese le relative aree esterne di pertinenza); parchi pubblici e aree esterne destinate ad attività ricreative e allo svolgimento della vita sociale della collettività; aree territoriali edificabili già individuate dai vigenti strumenti urbanistici e loro varianti. Tenuto conto dell assunzione generale, in una prima redazione della presente linea guida non si è ritenuto opportuno indicare limiti prescrittivi da valutare ai recettori, al momento difficili da individuare in assenza di misure reali continuative degli impatti delle sorgenti su di essi. Tali limiti potranno essere indicati in sede di conferenze di servizi, qualora emergano particolari criticità dell impianto, dovute alla ridotta distanza dai recettori e alla destinazione d uso dell area interessata. Saranno invece fornite indicazioni circa valori di emissione, in termini di portata di odore, riferiti a sorgenti convogliate e valori di concentrazione di odore in aria ambiente, da verificare al confine dell impianto. Si precisa che i limiti alle emissioni e alle immissioni, riportati nel presente documento, sono prescritti con l obiettivo di tenere sotto controllo i processi che generano le emissioni odorigene, attraverso misurazioni che accertino la presenza di un odore rilevante, al fine di evidenziare cattivi funzionamenti degli impianti o fenomeni fuori controllo, e che pertanto il loro rispetto non garantisce l assenza di un impatto osmogeno oggettivamente percettibile da parte della popolazione esposta. Il piano di monitoraggio e controllo dovrà quindi essere utilizzato per consentire: 28

32 al gestore, un più attento controllo sulle emissioni odorigene prodotte dal processo depurativo, evitando di causare molestie alla popolazione esposta a dette emissioni; all ente autorizzatore/all organo di controllo di avvalersi dei risultati ottenuti, in caso di segnalazioni di molestia da parte della popolazione esposta, per individuare la responsabilità degli impianti autorizzati ed eventualmente il loro contributo alla molestia. Gli impianti di trattamento acque reflue soggetti a VIA, a verifica di assoggettabilità a VIA e ad AIA, nonché gli impianti per i quali viene presentata richiesta di autorizzazione alle emissioni in atmosfera, dovranno inoltre redigere una valutazione previsionale degli impatti derivanti dalle emissioni odorigene prodotte, attraverso l utilizzo di modelli di dispersione, per stimare l entità dell impatto olfattivo. Nell autorizzazione rilasciata, tenuto conto delle assunzioni progettuali, l autorità competente indicherà le emissioni che dovranno essere confinate ai fini del trattamento, quelle che dovranno essere convogliate e quelle che potranno rimanere diffuse in mancanza di modalità tecnicamente realizzabili di convogliamento e che non comportino costi sproporzionati. Saranno indicate, nell autorizzazione, le prescrizioni, sia gestionali sia tecniche, che il gestore dovrà attuare per eliminare o ridurre le emissioni olfattive, le attività di monitoraggio e le modalità dello stesso. 7.3 Piano di monitoraggio e controllo: contenuti minimi e prescrizioni Studio previsionale Gli impianti soggetti a procedure di autorizzazione nell ambito delle istruttorie di VIA, verifica di assoggettabilità a VIA e AIA, nonché gli impianti per i quali viene presentata richiesta di autorizzazione alle emissioni in atmosfera, sono tenuti a redigere una valutazione previsionale degli impatti derivanti dalle emissioni odorigene prodotte, attraverso l utilizzo di modelli di dispersione, per stimare l entità dell impatto olfattivo. L applicazione del modello deve prevedere la preventiva caratterizzazione di tutte le fasi del processo depurativo che danno origine ad emissioni odorigene, associando ad esse un valore di portata di odore (ou E/s). In particolare, nello scenario emissivo devono essere considerate tutte le emissioni dell impianto oggetto dello studio (convogliate, diffuse o fuggitive). 2 Sono da considerare fra le emissioni diffuse: le emissioni dei materiali potenzialmente odorigeni che siano stoccati o depositati temporaneamente (per periodi di almeno 6 ore consecutive e per almeno l 1% delle ore l anno) in ambienti non confinati, ivi inclusi i piazzali coperti; le emissioni delle vasche di stoccaggio o trattamento reflui prive di copertura e di sistema di aspirazione dell aria, ivi incluse le eventuali canalizzazioni scoperte. Sono comunque da considerare fra le emissioni fuggitive anche le seguenti: 2 Si veda l allegato 1 Requisiti degli studi di impatto olfattivo mediante modelli di dispersione, mutuato dalle linee guida emanate dalla Regione Lombardia ( Linee guida per la caratterizzazione, l analisi e l autorizzazione delle emissioni gassose in atmosfera delle attività ad alto impatto odorigeno, DGR IX/3018, 15/02/2012) 29

33 le emissioni dei locali (anche confinati ma privi di sistema di aspirazione dell aria) ove siano stoccati materiali potenzialmente odorigeni o siano eseguite lavorazioni o trattamenti potenzialmente odorigeni; le emissioni delle vasche di stoccaggio o trattamento reflui interrate, ivi incluse le eventuali canalizzazioni; le emissioni degli sfiati dei serbatoi. Per gli impianti esistenti, i valori di portata di odore da utilizzare come dati di input per le simulazioni modellistiche dovranno essere ottenuti a seguito di misurazioni condotte mediante olfattometria dinamica (UNI EN 13725/2004); per nuovi impianti e per nuove sezioni di trattamento in impianti esistenti, tali valori potranno essere ricavati dalle specifiche tecniche delle tecnologie, dai dati di bibliografia, da esperienze consolidate o da indagini mirate allo scopo. Il progetto dovrà essere corredato dalle indicazioni tecniche e gestionali inerenti l efficienza dei sistemi di abbattimento, la frequenza delle manutenzioni e gli strumenti atti a verificare il corretto funzionamento del processo e degli impianti di abbattimento. Dovranno essere redatte mappe di impatto che riportino valori di concentrazione orarie di picco di odore al 98 percentile su base annuale, così come risultati della simulazione effettuata con i dati meteorologici dei due anni precedenti (a 1, 2, 3, ou E/m 3 ). Dovranno inoltre essere forniti scenari modellistici relativi a worst cases, con lo scopo di evidenziare l entità dell impatto odorigeno in corrispondenza di scenari meteorologici che identificano le peggiori condizioni di dispersione di odore, verificatisi nei due anni precedenti. In particolare, dovranno essere considerati scenari corrispondenti al 99,9 percentile (equivalente a 9 scenari orari in un anno) e l elaborazione dovrà essere effettuata in relazione alla presenza di recettori sensibili. La valutazione di accettabilità avverrà sulla base della tipologia di uso del territorio in cui è ubicato l impianto e della presenza di potenziali recettori sensibili, considerando che 1 ou E/m 3 rappresenta la concentrazione alla quale il 50% della popolazione percepisce l odore. Le dimensioni del dominio spaziale di simulazione (griglia di recettori di calcolo) devono essere fissate nel rispetto dei seguenti requisiti: devono esservi inclusi tutti i ricettori presso cui sia da valutare il definito criterio di valutazione dell impatto; devono esservi inclusi (almeno parzialmente) i centri abitati presso cui il 98 percentile delle concentrazioni orarie di picco di odore simulate sia maggiore di 1 ou E/m 3. Il passo della griglia di recettori di calcolo deve essere scelto in modo tale che, per i ricettori sensibili, la distanza fra il ricettore e il punto più prossimo del confine di pertinenza dell impianto sia maggiore o uguale al passo della griglia. Nella relazione di presentazione dello studio devono essere presentate: una tabella che riporti, per ciascuno dei recettori sensibili individuati sul territorio, il 98 percentile delle concentrazioni orarie di picco di odore simulate; 30

34 una tabella che riporti, per ciascuno dei ricettori sensibili individuati sul territorio, il massimo globale (ossia sull intero dominio temporale di simulazione) delle concentrazioni orarie di picco di odore simulate Piano di monitoraggio e controllo Emissioni convogliate Gli impianti soggetti al D.Lgs. 152/2006 per i quali è richiesta l autorizzazione alle emissioni in atmosfera della linea di trattamento fanghi dovranno procedere al convogliamento delle arie odorigene da essa prodotte e prevedere un loro successivo trattamento. Il sistema di trattamento dell aria esausta deve essere individuato tra quelli contemplati nel documento delle BAT di settore (come indicato nel paragrafo 5.2), prevedendo eventualmente anche una combinazione di varie tipologie di trattamento al fine di assicurare un efficienza di rimozione dell odore conforme ai requisiti richiesti. Si ritiene che si possa indicare un valore limite di portata di odore, valutata in condizioni normali (20 C e 101,3 kpa), non superiore a 1000 uo E/s (3600*10 3 uo E/h), da misurarsi presso una sorgente convogliata di altezza pari a 5 metri dal suolo. Sorgenti convogliate di altezze differenti da 5 metri potranno essere autorizzate per valori diversi di portate di odore, previo accordo con l autorità competente. A titolo indicativo, per l autorizzazione dei valori di portata di odore, si può far riferimento alla seguente tabella: Altezza del punto di emissione (m) Portate di odore (oue/h) * * * * 10 3 La relazione tra altezza del punto di emissione convogliata e portata di odore è infatti dimostrata da studi di modellistica dispersionale che hanno evidenziato come, ad esempio, emissioni di 500 ou E/m 3 da una superficie libera possano determinare maggiori fastidi per i recettori rispetto a emissioni di 1000 ou E/m 3 da una fonte puntuale collocata a m di altezza (Estrada et al., 2011). Inoltre, l autorizzazione di portate di odore incrementali rispetto all altezza dei punti di emissione convogliate è in linea con indicazioni riportate in altre normative internazionali (Circulaire du 17/12/98, Arrêté ministériel du 2 février 1998, Francia; BAAQMD, Regulation 7 California, 2001). Qualora alla medesima sorgente convogliata afferiscano più linee di trattamento, il valore indicato di 1000 ou E/s potrà essere incrementato di una quantità pari a: 31

35 dove: ( uo s) OER TOT n = A1 valle i= 2 ( uo / s) OER + OER ( 1 η ) E Aimonte OERTOT E / = portata di odore complessiva al punto di emissione convogliata OER 1 = portata di odore massima a valle della prima linea di trattamento convogliata A valle OER Aimonte = portata di odore misurata a monte di ogni ulteriore sistema di abbattimento afferente alla prima linea η od = efficienza di abbattimento Ad esempio, qualora, ad un punto di emissione convogliata, si volesse far confluire una seconda linea di trattamento con portata di odore a monte di 6000 ou E/s ed un sistema di abbattimento con efficienza pari al 95%, la portata di odore misurabile al punto di emissione dovrebbe essere al massimo pari a: OER ( uo / s) = ( ) = = 1300uo s TOT E E / Inoltre, si specifica che la portata di odore massima complessiva emessa dalle sorgenti convogliate dell impianto non dovrà superare il valore di 5000 ou E/s. La verifica dei valori di portata di odore dovrà essere condotta mediante olfattometria dinamica, ai sensi della UNI EN 13725/2004. La definizione e l ubicazione dei punti di prelievo deve fare riferimento alla norma UNI EN ISO :2013. od Concentrazioni di odore al confine dell impianto Il piano di monitoraggio e controllo dovrà prevedere un monitoraggio al confine dell impianto in almeno due punti individuati lungo la direzione prevalente dei venti (uno a monte ed uno a valle) al fine di valutarne la concentrazione odorimetrica in ou/m 3. Un valore di concentrazione pari a 100 ou E/m 3 non dovrà mai essere superato al confine dell impianto. Tale limite dovrà essere verificato operando misurazioni aria ambiente con olfattometria dinamica (UNI EN 13725/2004), avendo cura di valutare i valori di odore del fondo ambientale. Potranno essere previste riduzioni del suddetto valore nei casi in cui il primo recettore sensibile sia ubicato a distanza inferiore a 150 metri dal confine dell impianto o qualora il punto di massima ricaduta della somma delle emissioni prodotte ricada all esterno del perimetro dell impianto. La definizione della suddetta distanza è stata operata sulla base delle indicazioni riportate in provvedimenti normativi internazionali, relativi all individuazione di minime distanze di separazione tra impianti industriali e recettori sensibili (Ontario, 1996; South Australia, 2000; RWDI, Air Inc., 2005). Per quanto concerne la verifica del valore indicato, sistemi di campionamento olfattometrici, attivabili automaticamente o manualmente, simultaneamente o in sequenza, singolarmente, parzialmente o totalmente, dovranno essere opportunamente posizionati sul confine dell impianto e, in caso di conclamati episodi di 32

36 molestia, anche presso i recettori sensibili più prossimi, al fine di una corretta attribuzione dell eventuale impatto osmogeno. I sistemi di campionamento potranno essere attivati, su esplicita richiesta dell autorità competente/ente di controllo, in relazione alle segnalazioni della popolazione ed entro 15 minuti da essa. Inoltre, si dovrà procedere all attivazione del campionamento anche in corrispondenza di situazioni di transitorio del sito legate ad operazioni di manutenzione con fermata e successivo riavvio degli impianti nonché di situazioni di particolari criticità. I dati di monitoraggio dovranno essere trasmessi all Autorità competente che, se necessario, potrà richiedere, sulla base dei dati ricevuti, un approfondimento modellistico e/o pervenire ad una eventuale proposta di adeguamento strutturale dell impianto allo scopo di contenere i livelli di concentrazioni delle unità odorigene registrate. Sistemi di monitoraggio in continuo La scelta dei sistemi di monitoraggio dovrà tener conto delle specificità delle emissioni degli impianti ed essere in grado di surrogare la misura di concentrazione di odore. Saranno considerati idonei i sistemi di misura in grado di restituire, per la specifica attività, un segnale correlabile con le misure ottenute mediante olfattometria dinamica (UNI EN 13725/2004). Tale relazione dovrà essere supportata da uno specifico studio di comparazione, a cura del gestore. Il sistema potrà essere costituito anche da diverse tipologie di analizzatori in continuo e dovrà essere in grado di realizzare un opportuno controllo di processo alla sorgente (a camino o a confine dell impianto) e di quantificare gli impatti e le loro variazioni presso il recettore almeno quando percettibili. Esso potrà misurare singole sostanze chimiche considerate traccianti, più sostanze chimiche singolarmente o cumulativamente, o parametri surrogati (altri composti chimici non odorigeni) relazionati con la concentrazione di odore. Di seguito è presentato un elenco non esaustivo di sistemi di monitoraggio in continuo, che possono essere utilizzati per seguire l andamento delle concentrazioni di odore anche considerando alcune indicazioni riportate nel documento H4 Odour Management Environment Agency UK, 2011 : a) Strumenti non specifici (rivelatori a ionizzazione di fiamma [FID] o a fotoionizzazione [PID], per la determinazione dei composti organici totali o degli NMHC) b) Gold foil instruments per la determinazione H 2S c) Analizzatori di NH 3 d) Gas cromatografi da campo per la determinazione di mercaptani e) Sistemi integrati di rivelatori elettrochimici (nasi elettronici) f) Sistemi di monitoraggio long path-length (es. LIDAR). Ricorso alla caratterizzazione chimica dei campioni odorigeni In casi particolarmente complessi o di copresenza sul territorio di impianti multipli che danno luogo ad emissioni odorigene, è opportuno che venga effettuata una caratterizzazione chimica delle stesse, allo scopo 33

37 di individuare molecole traccianti delle emissioni per l identificazione delle sorgenti responsabili di inquinamento olfattivo. I metodi utilizzati per le indagini chimiche devono far riferimento a norme tecniche standardizzate. 7.4 Criteri decisionali riguardanti le prescrizioni sul monitoraggio delle emissioni odorigene In linea con gli approcci metodologici indicati nei paragrafi precedenti, il presente paragrafo intende fornire indicazioni circa le prescrizioni, in termini di monitoraggio e controllo, da stabilire nell ambito della redazione dei pareri, per l impianto soggetto a procedure di autorizzazione. Tali prescrizioni dovranno essere proposte in considerazione della categoria di appartenenza dell impianto considerato, valutata in base a parametri che identificano la potenzialità di impianto e la criticità ambientale. Si propone quindi una classificazione degli impianti in tre categorie: - I categoria: livello minimo di prescrizioni - II categoria: livello intermedio di prescrizioni - III categoria: livello massimo di prescrizioni Il modello previsionale, qualora non presentato dal proponente, deve essere richiesto a tutti gli impianti come documentazione integrativa, a prescindere dalla categoria di appartenenza. La frequenza di campionamento richiesta per la verifica delle portate di odore per le sorgenti convogliate, il numero di punti di campionamento per il monitoraggio al confine attraverso olfattometria dinamica e l installazione di sistemi di monitoraggio in continuo sono stabiliti in accordo con la categoria di appartenenza dell impianto, come riportato nella seguente tabella. I CATEGORIA II CATEGORIA III CATEGORIA MODELLO DI DISPERSIONE FREQUENZA DEI CAMPIONAMENTI (sorgenti convogliate) MONITORAGGIO AL CONFINE (olfattometria dinamica) MONITORAGGIO CON SISTEMI IN CONTINUO SI 1 anno 2 punti NO SI 6 mesi minimo 2 punti SI 3 mesi 4 punti 2 (1 sorgente* 1 confine lungo la direzione di criticità) 5 (2 sorgente* 2 confine lungo la direzione di criticità 1 recettore) * La scelta della localizzazione del sistema di monitoraggio in continuo deve essere effettuata con riferimento alle sorgenti più critiche Al fine di effettuare una classificazione degli impianti all interno delle tre categorie su citate, sono stati considerati due parametri: 34

38 potenzialità attuale dell impianto (in termini di abitanti equivalenti): sulla base delle potenzialità attuali di impianto, sono stati stabiliti tre indici di valutazione POTENZIALITÀ DI IMPIANTO INDICE DI VALUTAZIONE (ABITANTI EQUIVALENTI) > ALTO (classe 3) < A.E. < MEDIO (classe 2) < BASSO (classe 1) esposizione dei recettori: l allegato 2 descrive l approccio metodologico adottato per la valutazione del parametro legato all esposizione dei recettori, pesato sulla tipologia dei recettori presenti nell intorno dell impianto e sulla loro distanza da esso. Le elaborazioni condotte hanno permesso di individuare tre indici di valutazione: alto (classe 3), medio (classe 2), basso (classe 1) Classificazione degli impianti nelle tre categorie In allegato 3 è riportata la tabella che fornisce le indicazioni sulla categoria di appartenenza relativa a ciascun impianto. Si evidenzia che la classificazione presentata si riferisce ai dati acquisiti rispetto alla situazione attuale e che essa potrebbe essere rimodulata, in considerazione di eventuali modifiche rispetto al parametro relativo alla potenzialità dell impianto. Di seguito, sono mostrati i criteri adottati per la classificazione nelle tre categorie individuate: III CATEGORIA: ricadono all interno della III categoria: tutti gli impianti con abitanti equivalenti > (indice di valutazione alto); gli impianti con abitanti equivalenti compresi tra e (indice di valutazione medio) per i quali il parametro legato all esposizione dei recettori rivela un indice di valutazione alto. II CATEGORIA: ricadono all interno della II categoria: tutti gli impianti con abitanti equivalenti compresi tra e (indice di valutazione medio), ad eccezione di quelli ricadenti nella categoria III; gli impianti con abitanti equivalenti < (indice di valutazione basso) per i quali il parametro legato all esposizione dei recettori rivela un indice di valutazione alto. I CATEGORIA: ricadono all interno della I categoria: tutti gli impianti con abitanti equivalenti < (indice di valutazione basso), ad eccezione di quelli ricadenti nella categoria II. Si riporta di seguito una tabella riassuntiva. 35

39 INDICE DI VALUTAZIONE POTENZIALITÀ ATTUALE DELL IMPIANTO (AE) III CATEGORIA alto (> AE) qualsiasi medio ( AE) II CATEGORIA medio ( AE) medio e basso basso (< AE) I CATEGORIA basso (< AE) medio e basso INDICE DI VALUTAZIONE ESPOSIZIONE DEI RECETTORI alto alto In aggiunta ai parametri su esposti, che hanno determinato la definizione delle categorie di appartenenza degli impianti, saranno considerati altri criteri, la cui valutazione potrà concorrere all eventuale rimodulazione della categoria di appartenenza così come mostrata nell allegato 3. I risultati delle simulazioni modellistiche potranno costituire un parametro aggiuntivo per la valutazione; qualora gli scenari worst cases (corrispondenti al 99,9 percentile, equivalente a 9 scenari orari in un anno) e quelli relativi alla simulazione annuale (concentrazione orarie di picco di odore al 98 percentile su base annuale) mostrino evidenti criticità in termini di impatto sul territorio, la categoria di appartenenza potrà subire una variazione peggiorativa al livello di prescrizioni superiore rispetto a quello iniziale. Inoltre, la conoscenza di segnalazioni e lamentele generate dall impianto sulla popolazione residente potrà essere considerata come ulteriore elemento di valutazione per una rimodulazione in senso peggiorativo della categoria di appartenenza. 7.5 Considerazioni finali Il presente documento ha carattere di linea guida e, come tale, deve essere applicato tenendo conto della specificità degli impianti e del contesto territoriale in cui sono insediati. 36

40 8. CHECKLIST PER LA VERIFICA DOCUMENTALE E LA VALUTAZIONE DEI PROGETTI 8.1 Verifica della documentazione presentata In caso di assenza di uno dei documenti seguenti occorre richiedere una integrazione della documentazione presentata. Verificare che tutte le fasi del processo depurativo siano adeguatamente descritte nelle relazioni tecniche. Verificare che vi sia una chiara presentazione della problematica emissiva per quanto riguarda la matrice aria, che comprenda una descrizione delle diverse sorgenti emissive (sorgenti areali, diffuse e convogliate, con i relativi punti di emissione, nello stato attuale e a seguito degli interventi progettuali previsti) e i risultati di adeguate misure di caratterizzazione delle stesse (che consentano di valutare l emissione prevista da ciascuna sorgente), conformemente alle indicazioni riportate nelle linee guida. Verificare che sia presente un progetto del sistema di convogliamento e trattamento. Verificare che vi sia una chiara individuazione e descrizione dei sistemi di convogliamento e trattamento eventualmente già presenti sull impianto, con indicazione del loro dimensionamento e delle capacità di trattamento (tipologia di trattamento, portate trattate, valori di emissione garantiti, ecc.). Verificare che siano stati presentati i risultati di un modello di dispersione per stimare l impatto olfattivo, predisposto conformemente alle indicazioni riportate nelle linee guida. Verificare che sia presente una proposta di piano di monitoraggio e controllo delle emissioni predisposto conformemente alle indicazioni riportate nelle linee guida (metodologia, numero di punti di campionamento, loro ubicazione, ecc.). In caso di assenza di una delle seguenti informazioni richiedere una integrazione: Verificare che sia indicata la potenzialità dell impianto attuale e a seguito di adeguamenti. Verificare che siano indicati i recettori sensibili presenti in un intorno dell impianto di almeno 2 km e fornita un adeguata rappresentazione cartografica, distinguendo le varie tipologie di recettore (N.B. considerare tutti i recettori sensibili come definiti nel capitolo 7). Verificare che per ciascuna fase depurativa siano presentate considerazioni sull opportunità di convogliamento e trattamento in relazione all emissione valutata tramite le misure di caratterizzazione delle sorgenti. Verificare che per ogni unità convogliata siano indicati: la portata d aria da trattare, il volume di aria in testa alla vasca o il volume dei locali sottoposti ad aspirazione, il numero di ricambi per locali accessibili al personale (capannone disidratazione, capannone pre-trattamenti, ecc.) e per vasche coperte (ispessitore, sedimentazione primaria, ecc.), la concentrazione degli inquinanti nell aria da trattare. 37

41 8.2 Verifica del progetto di convogliamento e trattamento In caso di mancata osservanza di una delle prescrizioni seguenti occorre proporre una modifica del progetto del sistema di convogliamento e trattamento. Verificare che sia prevista la captazione completa di tutte le unità della linea fanghi. In caso di stabilizzazione aerobica, verificare che il punto di emissione di tale sezione sia distinto dal/dai punto/i di emissione delle altre fasi della linea fanghi. In caso di stabilizzazione anaerobica, verificare che sia previsto un sistema di recupero del biogas e che le torce siano destinate solo alle situazioni di emergenza. Verificare che sia prevista l installazione di contatori e misuratori di portata per le torce. Verificare che sia previsto il confinamento delle fasi di sollevamento e di scarico dei bottini. Per impianti con capacità di trattamento > AE, verificare che per i pretrattamenti (grigliatura, dissabbiatura) sia previsto il confinamento, il convogliamento e il trattamento delle emissioni. Per impianti con capacità di trattamento AE, verificare che per i pretrattamenti (grigliatura, dissabbiatura) sia previsto il confinamento, il convogliamento e il trattamento delle emissioni se l impianto ricade almeno in categoria 2 per l impatto sui recettori (vedere allegato 3). Verificare che siano previsti adeguati sistemi chiusi per l accumulo del materiale raccolto dalle fasi di grigliatura e dissabbiatura (cassoni di raccolta, sacchi, ecc ). Verificare che sia previsto il confinamento, il convogliamento e il trattamento delle emissioni per la vasca di equalizzazione per gli impianti in categoria di monitoraggio II e III e per quelli in categoria I se l impianto ricade almeno in categoria 2 per l impatto sui recettori (vedere allegato 3). Per la sedimentazione primaria, verificare che sia previsto il confinamento, il convogliamento e il trattamento delle emissioni per gli impianti in categoria di monitoraggio II e III e per quelli in categoria I se l impianto ricade almeno in categoria 2 per l impatto sui recettori (vedere allegato 3). Verificare che sia previsto il confinamento, il convogliamento e il trattamento delle emissioni per la denitrificazione in caso di impianti privi di sedimentazione primaria. Verificare che sia prevista la dismissione dei letti di essiccamento e indicato il metodo alternativo di gestione delle situazioni di emergenza (macchine di disidratazione mobili, silos, ecc.). Verificare che sia previsto il confinamento, il convogliamento e il trattamento delle emissioni dei silos di stoccaggio dei fanghi. Verificare che sia previsto il confinamento dinamico delle aree di caricamento fanghi per il trasporto. Verificare che siano indicati la portata da trattare, il volume di aria in testa alla vasca o il volume dei locali sottoposti ad aspirazione, il numero di ricambi per locali accessibili al personale (capannone disidratazione, capannone pre-trattamenti, ecc.) e per vasche coperte (ispessitore, sedimentazione primaria, ecc.), la concentrazione degli inquinanti nell aria da trattare. Per gli impianti di trattamento delle emissioni in atmosfera, verificare che siano previsti sistemi di trattamento chiusi e dotati di un punto di emissione unico e dotato di presa per il corretto campionamento. 38

42 Verificare che i sistemi di trattamento proposti rientrino tra le BAT. 8.3 Verifica delle prescrizioni relative ai limiti di emissione Verificare che sia previsto il rispetto sia del limite in concentrazione di massa previsto dal D.Lgs. 152/2006 (mg/mc) che del limite in concentrazione volumetrica per i composti a basso livello olfattivo previsto dalla L.R. 7/1999 (ppm) 3. Verificare che sia previsto il rispetto delle previsioni legislative sui limiti da rispettare in presenza di più sostanze. Verificare che nelle aree a elevato rischio di crisi ambientale siano previsti limiti ridotti del 20%. Verificare che sia previsto il rispetto dei limiti proposti nel paragrafo Segnalare l obbligo di compilazione del CET (Catasto delle emissioni territoriali) ai sensi della D.G.R. n.180 del 19/02/2014. Prevedere per impianti con digestione anaerobica che il gestore registri tutti gli eventi emergenziali di utilizzo della torcia e invii alle autorità competenti e ad ARPA apposite relazioni trimestrali/semestrali su tali eventi, indicando i dati caratteristici di ciascun evento (durata di accensione, quantità di biogas bruciato, ). Per il recupero energetico da biogas, verificare che il gestore stia procedendo secondo quanto previsto dalla disciplina rifiuti (parte IV D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.) 8.4 Verifica dello studio modellistico e del piano di monitoraggio e controllo Verificare che il modello sia stato predisposto secondo quanto previsto nel paragrafo e nell allegato 1. Verificare che il piano di monitoraggio e controllo redatto dal proponente sia conforme a quanto previsto nel paragrafo 7.3.2, nel paragrafo 7.4 e nell allegato 3. 3 Si fa presente che tra i principali composti di interesse per un impianto di depurazione si possono elencare i seguenti composti: mercaptani (butilmercaptano, etilmercaptano, ecc.), ammine (trietilammina, ecc.), idrogeno solforato, solfuri, ammoniaca. Si sottolinea, inoltre, che per i gruppi (come ad esempio mercaptani, ammine, solfuri, ) che risultano dalla somma di più composti non è possibile effettuare una conversione univoca tra concentrazione in massa e concentrazione volumetrica. 39

43 ALLEGATO 1: REQUISITI DEGLI STUDI DI IMPATTO OLFATTIVO MEDIANTE MODELLI DI DISPERSIONE 4 1. Scopi e campo di applicazione Il presente documento definisce un insieme di requisiti che devono essere considerati nella redazione dello studio di impatto olfattivo mediante simulazione di dispersione, nell ambito dei procedimenti amministrativi legati alle istanze di autorizzazione. Il presente documento si applica esclusivamente alle simulazioni di dispersione aventi le caratteristiche seguenti: l inquinante, di cui è simulata la dispersione e di cui quindi è interesse valutare l impatto sulla qualità dell aria ambiente, è l odore espresso in termini di concentrazione di odore, definita in conformità alla UNI EN 13725:2004; per le ipotesi e le limitazioni assunte nella UNI EN 13725:2004, l odore (in termini di concentrazione di odore) è assimilabile, nell ambito delle simulazioni di dispersione, ad un unica pseudo-specie che si disperde nell atmosfera in forma gassosa (quindi non particellare). Pertanto nelle simulazioni di dispersione oggetto del presente documento sono esclusi gli effetti di deposizione gravitazionale. 2. Riferimenti normativi UNI EN 13725:2004 Qualità dell aria. Determinazione della concentrazione di odore mediante olfattometria dinamica. UNI 10796:2000 Valutazione della dispersione in atmosfera di effluenti aeriformi. Guida ai criteri di selezione dei modelli matematici. UNI 10964:2001 Studi di impatto ambientale. Guida alla selezione dei modelli matematici per la previsione di impatto sulla qualità dell aria. 3. Dati di emissione 3.1 Criteri per l individuazione delle sorgenti da considerare nello scenario emissivo Nello scenario emissivo da impiegare nelle simulazioni per la stima dell impatto olfattivo devono essere considerate tutte le emissioni dell impianto oggetto dello studio (convogliate, diffuse o fuggitive) per le quali la portata di odore sia maggiore di 500 ou E/s, ad eccezione delle sorgenti per le quali, quale che sia la portata volumetrica emessa, la concentrazione di odore massima sia inferiore a 80 ou E/m 3. Sono da considerare fra le emissioni diffuse anche le seguenti: 4 Allegato mutuato dalle linee guida emanate dalla Regione Lombardia ( Linee guida per la caratterizzazione, l analisi e l autorizzazione delle emissioni gassose in atmosfera delle attività ad alto impatto odorigeno, DGR IX/3018, 15/02/2012) 40

44 le emissioni dei materiali potenzialmente odorigeni che siano stoccati o depositati temporaneamente (per periodi di almeno 6 ore consecutive e per almeno l 1% delle ore l anno) in ambienti non confinati, ivi inclusi i piazzali coperti; le emissioni delle vasche di stoccaggio o trattamento reflui prive di copertura e di sistema di aspirazione dell aria, ivi incluse le eventuali canalizzazioni scoperte. Sono da considerare fra le emissioni fuggitive anche le seguenti: le emissioni dei locali (anche confinati ma privi di sistema di aspirazione dell aria) ove siano stoccati materiali potenzialmente odorigeni o siano eseguite lavorazioni o trattamenti potenzialmente odorigeni; le emissioni delle vasche di stoccaggio o trattamento reflui interrate, ivi incluse le eventuali canalizzazioni; le emissioni degli sfiati dei serbatoi. Emissioni diffuse e fuggitive appartenenti alle tipologie sopra elencate possono essere escluse dallo scenario emissivo solo se la portata di odore e/o la concentrazione di odore dell emissione siano inferiori ai valori di soglia sopra specificati, purché siano dettagliate le ipotesi o le misurazioni o i dati tratti dalla letteratura scientifica che sono a fondamento dei valori di portata e/o concentrazione di odore adottati per giustificare l esclusione. 3.2 Criteri per la caratterizzazione delle sorgenti secondo la morfologia Sorgenti convogliate puntiformi Le informazioni necessarie alla caratterizzazione delle sorgenti puntiformi (es.: camini di espulsione) che devono essere riportate nella relazione di presentazione dello studio sono le seguenti: Portata volumetrica (espressa in Nm 3 /h e anche, come previsto in UNI EN 13725: , in m/s a 20 C). Concentrazione di odore (vedasi 3.3). Portata di odore (espressa in ou E/s e calcolata come previsto in UNI EN 13725: ). Qualora nelle simulazioni sia considerata una portata di odore variabile nel tempo ( 3.3), devono essere fornite le informazioni necessarie a ricostruire il valore della portata di odore per ogni ora del dominio temporale di simulazione. Coordinate geografiche (vedasi 5). Quota altimetrica del suolo alla base della sorgente. Altezza del punto di emissione (sezione di sbocco in atmosfera) rispetto al suolo. Area della sezione di sbocco. Velocità e temperatura dell effluente nella sezione di sbocco impiegate per il calcolo degli effetti di innalzamento del pennacchio, nonché eventuali correzioni o fattori di correzione applicati negli algoritmi di innalzamento del pennacchio (vedasi 3.6). 41

45 3.2.2 Sorgenti convogliate areali Le informazioni necessarie alla caratterizzazione delle sorgenti convogliate areali (es.: biofiltri) che devono essere riportate nella relazione di presentazione dello studio sono le seguenti: Portata volumetrica (espressa sia in Nm 3 /h e che in m/s a 20 C); si assuma come portata volumetrica dell effluente la portata volumetrica addotta alla sorgente areale (per esempio, per un biofiltro è la portata volumetrica a monte di questo). Concentrazione di odore (vedasi 3.3). Portata di odore (espressa in ou E/s e calcolata come previsto in UNI EN 13725: ). In merito alle variazioni nel tempo, si veda quanto specificato a proposito delle sorgenti convogliate puntiformi. Coordinate geografiche (vedasi 5), come introdotte nelle simulazioni. Ad esempio, se la sorgente convogliata areale è modellizzata come tale, devono essere fornite le coordinate dei vertici; se è modellizzata mediante la giustapposizione di un numero di sub-sorgenti puntiformi, devono essere fornite le coordinate e le dimensioni di ciascuna sub-sorgente. Quota altimetrica del suolo alla base della sorgente. Altezza del punto di emissione rispetto al suolo; per un biofiltro è il colmo della struttura di contenimento del letto biofiltrante, che è maggiore dell altezza della superficie superiore del letto biofiltrante. Area della sezione di sbocco. Velocità e temperatura dell effluente nella sezione di sbocco impiegate per il calcolo degli effetti di innalzamento del pennacchio, nonché eventuali correzioni o fattori di correzione applicati negli algoritmi di innalzamento del pennacchio (vedasi 3.6) Sorgenti diffuse (non convogliate) areali Le informazioni necessarie alla caratterizzazione delle sorgenti diffuse areali, nominate anche sorgenti areali passive o prive di flusso proprio (es.: vasche di trattamento reflui o cumuli di materiale), che devono essere riportate nella relazione di presentazione dello studio sono le seguenti: Flusso specifico di odore (portata superficiale di odore, SOER), espresso in ou E/(m 2 s). Circa la definizione del flusso specifico di odore sulla base dei risultati di monitoraggi olfattometrici, si applicano considerazioni analoghe a quelle valide per la concentrazione di odore (vedasi 3.3). Area della superficie emissiva esposta all atmosfera. Per le sorgenti liquide, essa è l area della superficie liquida. Per le sorgenti solide, è l area della superficie effettivamente esposta all atmosfera; per esempio, nel caso di cumuli di materiale l area esposta è maggiore dell area occupata dal cumulo in planimetria. Portata di odore (espressa in ou E/s e calcolata dalla SOER e dall area della superficie emissiva). In merito alle variazioni nel tempo, si veda quanto specificato a proposito delle sorgenti convogliate puntiformi. A questo si aggiunga che nel caso delle sorgenti diffuse areali è sistematica la dipendenza della portata di odore dalle condizioni atmosferiche (particolarmente dalla velocità del vento, vedasi 42

46 3.3 e 3.5). Per questo, ove si scelga di simulare l emissione mediante un valore di portata di odore unico costante su tutto il dominio temporale di simulazione, le condizioni ambientali nelle quali misurare o calcolare la portata di odore dovrebbero essere quelle relative ad una condizione ambientale sfavorevole sebbene non pessima: un valore costante per la portata di odore potrebbe cautelativamente essere definito nelle condizioni di vento corrispondenti al 95 percentile delle velocità del vento orarie. Coordinate geografiche (vedasi 5), come introdotte nelle simulazioni. Valgono in questo senso considerazioni analoghe a quelle rese a proposito delle sorgenti convogliate areali. Quota altimetrica del suolo alla base della sorgente. Altezza del punto di emissione rispetto al suolo; per una vasca è il colmo della struttura di contenimento del liquido, che è maggiore dell altezza del pelo libero del liquido stesso; per un cumulo essa è posta convenzionalmente pari alla metà dell altezza del colmo del cumulo stesso Sorgenti diffuse volumetriche Allo stato attuale dell arte, la caratterizzazione delle sorgenti volumetriche (es.: capannoni con portelloni o finestrature aperti) è problematica e non è possibile stabilire delle linee guida condivise. Ad ogni modo, quali che siano le scelte adottate dall esecutore dello studio di impatto, dovranno essere forniti nella relazione di presentazione dello studio, oltre ai criteri fondanti delle predette scelte, i dati e le informazioni che siano sufficienti all Autorità competente per ricostruire le simulazioni, quali per esempio: Volume interno del locale da cui l aeriforme odorigeno diffonde all esterno. Dimensioni del manufatto da cui l aeriforme odorigeno diffonde all esterno, se queste influenzano la portata di odore diffusa all esterno (per esempio modificando il campo di moto del vento tramite la conformazione aerodinamica del manufatto stesso). Portata di odore (espressa in ou E/s). In merito alle variazioni nel tempo, si veda quanto specificato a proposito delle sorgenti convogliate puntiformi. Coordinate geografiche (vedasi 5) della sorgente o del sistema di sorgenti che simula l emissione. Quota altimetrica del suolo alla base della sorgente. Altezza del punto di emissione rispetto al suolo; per sistemi complessi di sorgenti, si devono fornire le necessarie informazioni. 3.3 Definizione della concentrazione di odore di ciascuna emissione Quando l obiettivo dello studio di impatto olfattivo sia la simulazione dell impatto di un impianto e di emissioni esistenti (per esempio per confrontare l impatto simulato di un impianto con un insieme di segnalazioni di disturbo olfattivo pervenute dalla popolazione), la concentrazione di odore delle emissioni sarà scelta in modo da aderire quanto più possibile alla realtà, e quindi essa sarà definita sulla base di monitoraggi olfattometrici eseguiti in passato sullo stesso impianto, tenendo conto, ove disponibili, anche delle informazioni sulle variazioni del tempo della concentrazione stessa. 43

47 Quando invece l obiettivo dello studio sia dimostrare (in particolare nell ambito di un procedimento amministrativo di autorizzazione ambientale, sia di nuovo impianto che di modifica di un impianto esistente) che le emissioni di odore dell impianto in esame saranno compatibili con il territorio, sarà opportuno ipotizzare ed introdurre nelle simulazioni dei livelli di concentrazione di odore cautelativamente maggiori o uguali a quelli empiricamente riscontrabili mediante i monitoraggi olfattometrici eseguiti nel passato nel medesimo impianto (se esistente) o in impianti simili. In questi casi, inoltre, è opportuno introdurre nelle simulazioni dei valori di concentrazione di odore costanti nel tempo (si veda in proposito il 3.4), a prescindere dalle informazioni disponibili circa le variazioni nel tempo della concentrazione di odore, fatte salve le variazioni nel tempo regolari e dovute a scelte deliberate. Nel caso di studi di impatto previsionali riguardanti impianti nuovi, dati sperimentali in merito alla concentrazione di odore prevista in emissione dovrebbero essere tratti da monitoraggi eseguiti su impianti simili o da pubblicazioni scientifiche. In ogni caso, nella relazione di presentazione dello studio dovranno essere riportati: i dati di emissione (concentrazioni di odore e portate di odore, secondo la morfologia delle sorgenti di odore) ottenuti sperimentalmente o tratti da pubblicazioni scientifiche; se sono disponibili dati sperimentali del medesimo impianto in esame, dovranno essere allegati i relativi rapporti di prova; se sono disponibili dati sperimentali di impianti simili, dovrebbero allo stesso modo essere allegati i relativi rapporti di prova, celando eventualmente i dati personali o sensibili qualora i monitoraggi siano stati eseguiti su impianti non gestiti dal proponente; nei rapporti di prova allegati dovranno comunque essere indicati data e ora di campionamento, posizioni di campionamento ed eventuali informazioni relative al processo in corso durante il campionamento; se sono disponibili solo dati da pubblicazioni scientifiche, dovrà essere citata la fonte e possibilmente dovrà essere allegato un opportuno estratto del documento citato; le ipotesi e le elaborazioni eseguite per definire, sulla base dei risultati dei monitoraggi o di altre pertinenti evidenze sperimentali, le concentrazioni di odore impiegate nelle simulazioni; per esempio, se la concentrazione di odore impiegata nella simulazioni è la media delle concentrazioni di odore determinate sperimentalmente in passato, deve essere espressamente indicato che è stata eseguita la media ed il motivo della scelta. Quanto specificato nel presente paragrafo a proposito della concentrazione di odore si applica, con i dovuti adattamenti, anche alla portata di odore, ove la concentrazione di odore e la portata volumetrica siano concettualmente inscindibili, come nel caso delle sorgenti diffuse areali o volumetriche. 3.4 Variazioni nel tempo della portata di odore Variazioni nel tempo della portata di odore possono essere: regolari e dovute a scelte deliberate; indirettamente conseguenti a scelte deliberate (per esempio: variazione dell emissione a causa di variazioni delle condizioni di processo o dei reagenti impiegati); accidentali o non controllabili (per esempio: variazione delle caratteristiche del refluo da trattare); 44

48 dipendenti dalle condizioni atmosferiche (per esempio: variazione della volatilizzazione delle sostanze odorigene contenute in un refluo a contatto con l atmosfera in una vasca all aperto, per effetto di variazioni dell intensità della turbolenza atmosferica o della temperatura); a questo proposito si veda il 3.5. È opportuno studiare tali variazioni, in modo da definire, per ciascuna sorgente, il profilo di portata emissiva di odore (portata di odore in funzione del tempo, ora dopo ora e per tutto il dominio temporale di simulazione). Eventi emissivi o picchi di emissione di durata inferiore ad un ora devono essere considerati aventi durata di un intera ora. Se le variazioni della portata di odore nel tempo sono accidentali e se non è possibile definire un profilo di portata emissiva effettivo reale, devono essere avanzate delle ipotesi e queste devono essere cautelative, ossia tali da condurre ad una sovrastima piuttosto che a una sottostima dell impatto olfattivo delle emissioni sul territorio. Quando lo studio di impatto olfattivo abbia per obiettivo la stima previsionale dell impatto olfattivo nel contesto di un procedimento amministrativo di autorizzazione ambientale, è necessario ipotizzare che le emissioni di odore delle sorgenti convogliate (puntiformi o areali a flusso proprio) siano costanti per tutto il dominio temporale di simulazione e pari al valore massimo atteso dal proponente, affinché il valore limite di emissione in termini di concentrazione di odore o di portata di odore fissato dall Autorità competente sia sempre rispettato durante la normale conduzione dell impianto. A questo proposito si precisa che quale livello unico costante di concentrazione o portata di odore da impostare per una sorgente convogliata nelle simulazioni è ragionevole definire non tanto la concentrazione massima assoluta comprensiva anche di eventuali fenomeni emissivi eccezionali o molto rari, ma piuttosto la concentrazione massima attesa in condizioni di pieno carico (sempreché dell emissione in esame, oltre al potenziale disturbo olfattivo, non siano noti effetti negativi sulla salute). In tal senso si può assumere indicativamente che non siano rilevanti, ai fini della definizione della concentrazione o portata di odore, gli eventi durante i quali l emissione eccede il livello massimo previsto fino ad una durata complessiva di tali eventi eccezionali pari allo 0,6% delle ore totali di un anno (ossia pari a 52 ore: per esempio un ora a settimana). 3.5 Calcolo della portata di odore in funzione della velocità del vento per le sorgenti diffuse areali Il campionamento olfattometrico su sorgenti diffuse (passive) areali va eseguito mediante un sistema ( wind tunnel o analoghi) che permetta di inviare sulla superficie emissiva una portata di aria neutra in condizioni controllate (specialmente per quanto riguarda la velocità dell aria). Ma poiché la portata di odore (OER) ed il flusso specifico di odore (SOER) dipendono dalla velocità dell aria che lambisce la superficie, è opportuno che nelle simulazioni di dispersione si tenga conto della variazione della portata di odore (o in modo equivalente del flusso specifico di odore) in funzione della velocità del vento. In dettaglio, la portata di odore dovrà essere calcolata tramite la seguente equazione. OER S = OER R * ((v S/v R)^0,5) dove è: 45

49 OER S portata di odore alla velocità dell aria v S; OER R portata di odore alla velocità di riferimento v R (conosciuta durante il campionamento); v R velocità dell aria nella camera di ventilazione durante il campionamento olfattometrico (in generale diversa dalla velocità misurata nel condotto in ingresso o in uscita del sistema wind tunnel, ma proporzionale a questa); v S velocità dell aria vicino alla superficie emissiva (indicativamente, ad una quota pari a metà dell altezza della camera di ventilazione); tale velocità può essere calcolata dalla velocità del vento alla quota dell anemometro (v H) ricorrendo alle equazioni di potenza che ipotizzano un determinato profilo di velocità del vento. Sarà quindi necessario calcolare un valore di OER S in funzione della velocità del vento alla quota dell anemometro v H per ciascuna ora del dominio temporale di simulazione. Metodi diversi da quello qui descritto per il calcolo della portata di odore in funzione delle condizioni atmosferiche cui la sorgente è soggetta potranno essere adottati a seguito di evoluzioni delle conoscenze scientifiche o quando vi siano giustificati motivi per ritenere il presente metodo non adatto al caso specifico in esame. 3.6 Innalzamento del pennacchio (plume rise) Normalmente l aeriforme emesso in atmosfera attraverso camini di espulsione (emissioni puntiformi convogliate) con sbocco verticale diretto in atmosfera (ossia, per esempio, privi di cappelli esalatori) sono soggette al cosiddetto innalzamento del pennacchio (plume rise) o più precisamente alla sua componente meccanica (momentum rise), la cui entità dovrebbe quindi essere considerata nelle simulazioni per lo studio di impatto. Ove lo sbocco del camino non è diretto, ma presenta sistemi che deflettono o rallentano il flusso di aeriforme, alla quota di innalzamento del pennacchio dovuta alla spinta meccanica (momentum rise) sarà da applicare un fattore di riduzione, da specificare nella relazione di presentazione dello studio. Il momentum rise sarà pure da ridurre fino ad annullarlo nei casi in cui lo sbocco non è verticale. Nei casi di sorgenti areali o volumetriche il momentum rise è normalmente da considerare nullo, ed è quindi da disattivare nel modello di dispersione l algoritmo che calcola tale innalzamento; per esempio, per un biofiltro, benché vi sia addotta una portata volumetrica tramite un ventilatore, la velocità effettiva di espulsione sulla superficie superiore del letto biofiltrante è tanto piccola da rendere trascurabile il momentum rise (può invece essere significativo l innalzamento dovuto alla spinta di galleggiamento di origine termica, o buoyancy rise). In tutti i casi (attivazione con o senza applicazione di fattori di riduzione o disattivazione) nella relazione di presentazione dello studio devono essere specificati, per ciascuna sorgente: se nelle simulazioni è stato attivato l algoritmo per l innalzamento del pennacchio ed il motivo della decisione; qualora l innalzamento del pennacchio sia stato considerato, la velocità di efflusso impiegata per il calcolo dell innalzamento meccanico del pennacchio (momentum rise); si noti che in taluni casi la velocità di espulsione alla sezione di sbocco del camino che deve essere impiegata per il calcolo 46

50 dell innalzamento del pennacchio può non coincidere numericamente con la velocità di efflusso impiegata per il calcolo della portata volumetrica (per esempio perché la sezione ove è misurata la velocità ha diametro diverso dalla sezione di sbocco); qualora l innalzamento meccanico del pennacchio sia stato calcolato, l eventuale fattore di riduzione applicato; qualora l innalzamento termico (buoyancy rise) del pennacchio sia stato calcolato, la temperatura dell effluente impiegata. 4. Dati meteorologici 4.1 Numero di stazioni meteo delle quali impiegare i dati nelle simulazioni In linea generale i dati meteo da impiegare nelle simulazioni possono provenire da una sola stazione meteorologica superficiale. Per adempiere i requisiti previsti nel presente documento, può essere opportuno impiegare dati meteo provenienti da più stazioni meteorologiche (per esempio: dalla stazione più vicina si traggono i dati di velocità e direzione del vento e da una stazione più lontana si traggono gli altri parametri; oppure da una stazione a 5 km di distanza e con anemometro a 6 m si traggono i dati di direzione e velocità del vento e dalla stazione all interno dello stabilimento si traggono gli altri parametri). Se per uno o più parametri per una singola stazione non sono rispettati i requisiti in merito alle percentuali minime di dati validi ( 4.6) si dovrà verificare se sia possibile integrare i dati disponibili di questa stazione con quelli tratti da una seconda stazione meteo, valutando la compatibilità dei dati della seconda stazione con quelli registrati dalla prima; si consideri però che per velocità e direzione del vento devono necessariamente essere rispettati i requisiti del 4.2. Qualora si combinino dati provenienti da più stazioni, dovrebbe essere considerato uno stesso periodo temporale di acquisizione e dovrebbe essere comunque valutato se la combinazione dei dati provenienti da diverse stazioni rechi pregiudizio alla rappresentatività dei risultati delle simulazioni. 4.2 Posizione della stazione meteo rispetto al punto di emissione La stazione meteo di cui impiegare i dati deve rispettare i seguenti requisiti: Nei casi di terreno pianeggiante, la distanza della stazione meteo dal punto di emissione dovrebbe essere minore o uguale a 10 km. Nei casi di orografia complessa, la stazione deve giacere nella medesima valle ove è ubicato il punto di emissione o deve essere scelta in modo tale che sia rappresentativa delle condizioni anemologiche del sito ad esempio conducendo delle campagne di rilevamento integrative. A tali requisiti è ammessa deroga a fronte di adeguata giustificazione tecnica, eccetto che per i parametri di direzione e velocità del vento. Qualora non si disponga di una stazione vicina, e specialmente nei casi di orografia complessa, si dovrebbe ricostruire il campo di vento nel dominio spaziale di simulazione adoperando dati di più stazioni e ricorrendo ad un modello meteorologico diagnostico. 47

51 Nella relazione di presentazione dello studio devono essere indicati, per ciascuna stazione meteo: coordinate geografiche (vedasi 5); ente o organizzazione che gestisce la stazione meteorologica e che ha trasmesso i dati meteo grezzi; quota dell anemometro rispetto al suolo; distanza in pianta dai punti di emissione. 4.3 Quota dell anemometro rispetto al suolo La quota dell anemometro della stazione meteo da cui sono tratti i dati di velocità e direzione del vento dovrebbe essere maggiore o uguale a 5 m. A questo requisito si potrà derogare solo se non esistano stazioni meteo conformi ad esso, fermi restando gli altri requisiti posti nel presente documento a proposito della stazione meteorologica, e solo fornendo elementi che permettano di giudicare comunque validi i dati della stazione avente anemometro a quota non conforme. 4.4 Frequenza originaria di registrazione dei dati meteo La frequenza originaria di registrazione dei dati meteo deve essere oraria o maggiore (ad esempio ogni 30 minuti o 10 minuti). Nelle simulazioni di dispersione dovranno essere introdotti dati a scansione oraria. Qualora la frequenza originaria di registrazione dei dati meteo sia maggiore (ossia più frequente) di quella oraria, dovrà essere esposta nella relazione di presentazione dello studio la procedura per il calcolo dei dati meteo a scansione oraria. 4.5 Estensione minima del dominio temporale di simulazione Nelle simulazioni sono ammessi solo domini temporali di simulazione che siano multipli di 12 mesi (ossia due anni, tre anni, ecc.). 4.6 Dati invalidi Nella relazione di presentazione dello studio deve essere riportata la percentuale di dati meteorologici invalidi per ciascun mese e per ciascun parametro. Per ciascun parametro meteorologico, la percentuale di dati assenti/invalidi deve essere minore del 20% sul totale dei dati meteo impiegati nelle simulazioni e minore del 70% per ciascun mese. Deroghe a questo criterio, comunque da evidenziare nella relazione di presentazione dello studio, sono accettate solo quando i dati invalidi possano essere ricostruiti in modo tecnicamente fondato. In ogni caso una procedura di individuazione e ricostruzione dei dati invalidi deve essere prevista e deve essere esposta nella relazione di presentazione dello studio. 48

52 4.7 Campagne di rilevamento integrative È auspicabile eseguire campagne di rilevamento integrative tramite stazione meteorologica mobile presso il sito esame se si verifica uno dei casi seguenti: se per uno o più parametri non sono rispettati i requisiti in merito alle percentuali minime di dati validi ( 4.6), fatto salvo quanto previsto nel 4.1; se la stazione meteo disponibile non è dotata di uno o più dei sensori necessari e non sono disponibili altre stazioni che rispettino i requisiti minimi; se i requisiti circa la posizione della stazione meteo fissa ( 4.2) non sono soddisfatti (per esempio perché la stazione fissa disponibile è lontana dal sito in esame) ed è opportuno confermare che, nonostante queste difformità, i dati da essa registrati sono comunque rappresentativi per il sito in esame. La durata delle campagne di rilevamento integrative potrà essere inferiore alla durata del dominio temporale di simulazione, ma dovrà essere sufficiente a delineare andamenti dei parametri meteo ragionevolmente estrapolabili all intero dominio di simulazione. 4.8 Pre-processore meteorologico Nella relazione di presentazione dello studio dovrà essere fornita adeguata documentazione in merito al preprocessore meteorologico impiegato per ottenere i parametri micrometeorologici (ad esempio, altezza dello strato limite atmosferico) e di turbolenza (ad esempio, lunghezza di Monin-Obukhov e velocità di attrito superficiale). L impiego delle classi di stabilità (per esempio, le classi Pasquill-Gifford-Turner) in luogo dei parametri continui di turbolenza è sconsigliato e dovrà quindi essere adeguatamente giustificato. 4.9 Trasmissione dei dati meteo Dovranno essere integralmente trasmessi in formato digitale all Autorità competente, unitamente alla relazione di presentazione dello studio: l intero set di dati meteo grezzi registrati dalla stazione (a monte di qualunque elaborazione, quindi a monte anche dell eventuale calcolo dei dati a frequenza oraria e della ricostruzione dei dati invalidi); per ciascun parametro meteo dovrà essere indicata l unità di misura e dovrà essere fornita chiara descrizione (per esempio, per la direzione del vento dovrà essere indicato se si tratta di direzione prevalente o risultante e se è espressa come provenienza o come vettore; per la radianza solare dovrà essere specificato se è globale o netta); l intero set di dati di input impiegati nelle simulazioni di dispersione (a valle di tutte le elaborazioni eseguite, incluse le elaborazioni del pre-processore meteorologico). Alla relazione di presentazione dello studio dovranno inoltre essere allegate: le rose dei venti che siano necessarie a trovare ragione dell aspetto delle isoplete nella mappa di impatto; 49

53 la tabella o il grafico della distribuzione statistica delle velocità del vento (numero o percentuale di occorrenze in funzione della velocità del vento, aggregata per classi) nel set di dati meteo impiegato. Qualora per necessità siano combinati per uno stesso parametro dati di stazioni meteo diverse (vedasi 4.1 e 4.7), dovrà essere fornita evidenza (per esempio allegando opportuni grafici) della compatibilità dei dati provenienti dalle diverse stazioni. 5. Georeferenziazione Devono essere georeferenziati in coordinate geografiche (latitudine/longitudine) o nel sistema UTM- WGS84: le sorgenti di emissione; i ricettori sensibili; i recettori di calcolo (punti della griglia del dominio spaziale di simulazione); i vertici degli edifici per la simulazione del building downwash. 6. Dimensioni e passo della griglia di recettori di calcolo Le dimensioni del dominio spaziale di simulazione (griglia di recettori di calcolo) devono essere fissate nel rispetto dei seguenti requisiti: devono esservi inclusi tutti i ricettori presso cui sia da valutare il definito criterio di valutazione dell impatto; devono esservi inclusi (almeno parzialmente) i centri abitati presso cui il 98 percentile delle concentrazioni orarie di picco di odore simulate sia maggiore di 1 ou E/m 3. Il passo della griglia di recettori di calcolo deve essere scelto in modo tale che per i ricettori sensibili, la distanza fra il ricettore e il punto più prossimo del confine di pertinenza dell impianto, deve essere maggiore o uguale al passo della griglia. Di norma l elevazione (altezza) dei recettori rispetto al suolo deve essere impostata pari a 2 metri. Nella relazione di presentazione dello studio devono essere specificati: dimensioni del dominio spaziale di simulazione; coordinata geografica (vedasi 5) dell origine (vertice sudovest) del dominio spaziale di simulazione; passo della griglia di recettori di calcolo. 7. Definizione dei ricettori sensibili I ricettori sensibili (o bersagli) presso i quali simulare puntualmente l impatto delle emissioni saranno scelti considerando i seguenti criteri: 50

54 I ricettori dovrebbero essere disposti in modo che in ogni arco di circonferenza (della circonferenza centrata nell impianto) di 120 sia collocato almeno un ricettore sensibile. Fra i ricettori sensibili dovrebbe essere compresa l abitazione o il locale ad uso collettivo (scuola, ospedale, ecc.) più prossimo all impianto, anche se isolato. Almeno un ricettore sensibile dovrebbe essere posto presso ciascuno dei centri abitati (per la definizione di centro abitato si veda l art. 3 del Codice della Strada, d.lgs. n. 285 del 30/04/1992 e s.m.i.) ubicati entro 3 km dall impianto. Se sul territorio circostante all impianto vi sono aree ove il Piano di governo del territorio o analoghe disposizioni di governo applicabili prevedono future edificazioni e quindi nuovi potenziali ricettori sensibili, deve essere ipotizzato un ricettore sensibile virtuale nel punto dell area oggetto di futura edificazione più vicino al confine dell impianto. Tali ricettori virtuali dovranno essere considerati nello studio di impatto al pari degli altri ricettori individuabili se la loro posizione rispetto all impianto è potenzialmente critica secondo i criteri stabiliti nel presente paragrafo. 8. Orografia Se l orografia del territorio incluso nel dominio spaziale di simulazione è complessa, i suoi effetti devono essere considerati nelle simulazioni. In generale l orografia dovrebbe essere considerata complessa (non pianeggiante) quando la minore delle dimensioni lineari del dominio spaziale di simulazione è meno di 100 volte superiore alla differenza fra la quota massima e la quota minima dei recettori di calcolo inclusi nel dominio spaziale di simulazione. Deroghe a questo criterio devono essere motivate nella relazione di presentazione dello studio. Qualora l orografia sia considerata complessa, nella relazione di presentazione dello studio devono essere riportati: la quota del terreno per ciascuno dei recettori di calcolo; indicazioni circa l algoritmo impiegato nelle simulazioni per l orografia complessa, e gli eventuali parametri di controllo dell algoritmo. Si segnala, senza che ciò costituisca un requisito, che i dati altimetrici ottenuti anche per il territorio italiano tramite la Shuttle Radar Topography Mission (SRTM) possono essere scaricati via web dalla NASA o dall U.S. Geological Survey (USGS). 9. Effetto scia degli edifici quando siano sopravento al punto di emissione Un algoritmo per il calcolo dell effetto scia degli edifici quando questi siano sopravento al punto di emissione (building downwash) dovrebbe essere avviato nelle simulazioni se la minima delle altezze delle sorgenti di emissione rispetto al suolo è inferiore a 1,5 volte la massima delle altezze degli edifici dello stabilimento rispetto al suolo, ove per edificio si intende estensivamente qualunque manufatto o impianto 51

55 (inclusi serbatoi, torri di lavaggio e apparecchiature in genere) all interno dello stabilimento oppure all esterno di esso entro un raggio di 200 m dai punti di emissione. Sia che nelle simulazioni sia avviato l algoritmo per il building downwash sia che l algoritmo non sia avviato in quanto non presente nel software utilizzato, nella relazione di presentazione dello studio dovranno essere riportati, per ciascuno degli edifici che generano effetto scia, le seguenti informazioni, affinché l Autorità competente possa utilizzarle nelle proprie eventuali simulazioni di verifica: le coordinate geografiche di ciascuno dei vertici in pianta dell edificio; l altezza dell edificio rispetto al suolo. 10. Scelta della tipologia di modello e del codice software Si richiede per la realizzazione dello studio di impatto olfattivo l impiego di un modello di dispersione che appartenga ad una delle seguenti tipologie: modelli non stazionari a puff o a segmenti (vedasi UNI 10796:2000, scheda 4, tipologia 2); modelli 3D lagrangiani (a puff o a particelle) (vedasi UNI 10796:2000, scheda 4, tipologia 3 o scheda 5, tipologia 1); modelli 3D euleriani (vedasi UNI 10796:2000, scheda 4, tipologia 3 o scheda 5, tipologia 1). 11. Trattamento delle calme di vento 11.1 Metodo per il trattamento delle calme di vento Il modello di dispersione impiegato deve disporre di un metodo per il trattamento delle calme di vento. Molti dei codici software disponibili prevedono per le calme di vento un algoritmo significativamente diverso da quello regolare (qui nel seguito denominato metodo speciale per le calme ), che è attivato automaticamente per tutte quelle ore del dominio temporale di simulazione in cui la velocità del vento è inferiore ad un certo definito valore soglia. Poiché nella generalità dei modelli disponibili i metodi speciali per le calme sono intrinsecamente meno accurati dell algoritmo principale, è evidentemente necessario, se il modello impiegato prevede un metodo speciale per le calme, che il numero percentuale di ore per le quali il modello ricorre al metodo speciale sia minimo, e possibilmente inferiore al 2%, poiché: il parametro di impatto olfattivo da esprimere come risultato finale delle simulazioni è in forma di 98 percentile (vedasi 14.2); in condizioni di calma di vento si ottiene spesso l impatto olfattivo massimo, poiché gli inquinanti sono meno efficacemente dispersi in atmosfera. A questo scopo nel 11.2 sono stabiliti criteri a proposito della velocità soglia delle calme in combinazione al modello di dispersione impiegato. 52

56 Quale metodo speciale per le calme non è consentita l eliminazione, dal set di dati meteo, dei record corrispondenti alle calme di vento, poiché eliminando le ore di calma di vento dal set di dati meteo si potrebbe sottostimare l impatto sull intero dominio di tempo di simulazione Velocità soglia delle calme Se il modello di dispersione adottato prevede un metodo speciale per le calme (come specificate dal 11.1), il valore di velocità del vento con frequenza massima (ossia la moda della distribuzione delle velocità del vento) deve essere maggiore del valore soglia di velocità del vento sotto cui è applicato tale metodo speciale (qui nel seguito denominato velocità soglia delle calme ). Questa condizione non può essere rispettata per esempio nei seguenti casi: Quando la moda della distribuzione di velocità è compresa fra zero ed il limite minimo della velocità soglia delle calme fissato o consigliato dal modello di dispersione utilizzato (ossia quando il software non permette o sconsiglia di impostare una velocità soglia delle calme inferiore alla moda delle distribuzione delle velocità), deve essere scelto un diverso software di dispersione. Quando la moda della distribuzione di velocità è in corrispondenza del valore zero di velocità del vento, deve essere ricercata una stazione meteo alternativa che risponda ai requisiti definiti nel 4, oppure deve essere eseguita una campagna di rilevamento integrativa ( 4.7), eventualmente a sostegno dei dati registrati da una stazione fissa non rispondente ai requisiti definiti nel Informazioni da riportare nella relazione di presentazione dello studio Nella relazione di presentazione dello studio, riguardo alle calme di vento, devono essere specificati: quale metodo è stato adottato per il trattamento delle calme di vento; se è stato adottato senza modifiche il metodo previsto da uno dei software validati consigliati al 10, è sufficiente richiamarne succintamente il principio di funzionamento; la velocità soglia delle calme utilizzata nelle simulazioni; la percentuale di ore con velocità inferiore alla velocità soglia delle calme e per le quali quindi è stato adottato il metodo per il trattamento delle calme; se tale percentuale è maggiore del 2%, devono essere esposte le valutazioni in merito alle conseguenze di questa potenziale anomalia sui risultati delle simulazioni condotte. 12. Deposizione secca e deposizione umida Nei casi oggetto del presente documento la deposizione secca e la deposizione umida hanno generalmente un effetto trascurabile sulla rimozione degli inquinanti odorigeni dall atmosfera, e quindi si consiglia, cautelativamente, di disattivare gli algoritmi di calcolo della deposizione secca ed umida. 53

57 Qualora invece si scelga di attivare tale algoritmo nel modello di dispersione, tutti i parametri di controllo di tali algoritmi (ad esempio: costante di Henry e scavenging coefficient) dovranno essere riportati nella relazione di presentazione dello studio. Naturalmente gli algoritmi di calcolo della deposizione umida dovranno essere disattivati qualora non siano disponibili dati di precipitazione nel set di dati meteo. 13. Post-elaborazione delle concentrazioni medie orarie Le concentrazioni orarie di picco di odore per ciascun punto della griglia contenuta nel dominio spaziale di simulazione e per ciascuna delle ore del dominio temporale di simulazione devono essere ottenute moltiplicando le concentrazioni medie orarie per un peak-to-mean ratio pari a 2,3. Benché nella letteratura scientifica non vi sia accordo unanime circa la definizione di un valore congruo per il peak-to-mean ratio, si consiglia qui un fattore unico uniforme allo scopo di depurare i risultati delle simulazioni, per quanto possibile, dagli aspetti connessi alla scelta dei parametri del modello più che alle specificità dello scenario emissivo di cui si deve simulare l impatto. 14. Presentazione dei risultati 14.1 Relazione Come richiesto puntualmente nel presente documento, deve essere prodotta una relazione di presentazione dello studio che contenga le informazioni necessarie affinché le simulazioni possano essere replicate a cura dell Autorità competente, impiegando il medesimo modello di dispersione usato dal proponente o un altro modello di dispersione Risultati di impatto presso i ricettori sensibili Nella relazione di presentazione dello studio o in un suo allegato devono essere presentate: una tabella che riporti, per ciascuno dei ricettori sensibili individuati sul territorio, il 98 percentile delle concentrazioni orarie di picco di odore simulate; se il software utilizzato non permettesse il calcolo del 98 percentile, tale tabella potrà essere omessa, ma il confronto fra l impatto delle emissioni ed i criteri di valutazione definiti dovrà essere eseguito considerando i massimi globali delle concentrazioni orarie di picco di odore simulate; una tabella che riporti, per ciascuno dei ricettori sensibili individuati sul territorio, il massimo globale (ossia sull intero dominio temporale di simulazione) delle concentrazioni orarie di picco di odore simulate Mappa di impatto Nella relazione di presentazione dello studio o in un suo allegato deve essere presentata una mappa di impatto, in cui siano visibili almeno: 54

58 il perimetro del dominio spaziale di simulazione; la corografia del territorio, fino a comprendere, oltre alle sorgenti di emissione, i ricettori sensibili e possibilmente il centro abitato più vicino; a questo scopo dovrebbero essere possibilmente impiegate le Carte Tecniche Regionali oppure ortofoto realizzate conformemente alle disposizioni normative; in ogni caso la corografia deve essere georeferenziata coerentemente (vedasi 5); è opportuno che il territorio di cui è visibile la corografia nella mappa sia più esteso del perimetro del dominio spaziale di simulazione; le sorgenti di emissione; il confine di pertinenza dell impianto, esclusi eventuali terreni non funzionali all impianto pur se di proprietà del gestore dell impianto; la posizione dei ricettori sensibili; l isopleta (curva di isoconcentrazione di odore) corrispondente ai valori di concentrazione pari ai criteri di valutazione definiti; l isopleta di concentrazione di odore corrispondente al valore di 1 ou E/m 3 ; l isopleta non completamente racchiusa nel confine dello stabilimento, cui corrisponda il massimo valore di concentrazione di odore. 55

59 ALLEGATO 2: CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE IN RELAZIONE ALL IMPATTO ODORIGENO ATTESO SUI RECETTORI (a cura di: Dott. Ing. Adriana Maria Lotito e Dott. Geol. Vito La Ghezza) Per la valutazione del potenziale impatto odorigeno degli impianti di depurazione sui recettori sensibili, così come definiti nelle linee guida, si è proceduto a verificare la presenza di tali recettori in intorni dell impianto posti a distanze crescenti dal confine dell impianto stesso. In particolare, riprendendo la definizione di recettore sensibile contenuta nel capitolo 7: qualsiasi edificio pubblico o privato adibito ad ambiente abitativo, a degenza o cura, a formazione e studio o ad attività lavorativa o ricreativa (comprese le relative aree esterne di pertinenza); parchi pubblici e aree esterne destinate ad attività ricreative e allo svolgimento della vita sociale della collettività; aree territoriali edificabili già individuate dai vigenti strumenti urbanistici e loro varianti si è proceduto a selezionare da dati cartografici in possesso dell Agenzia (carta tecnica regionale) gli elementi di interesse e a classificare i diversi recettori in quattro classi di sensitività (elevata E, alta A, media M, bassa B), come riportato nella tabella seguente. Nell analisi non sono state quindi considerate le aree territoriali edificabili. RECETTORE Aree ricreative Cimiteri Insediamenti industriali Insediamenti agricoli Insediamenti commerciali Ospedali Porti aeroporti Tessuto residenziale continuo Tessuto residenziale discontinuo Tessuto residenziale rado - nucleiforme Tessuto residenziale sparso CLASSI A A B B A E M E E A M Le fasce di distanza dal confine dell impianto per le quali è stata condotta l analisi sono: 0-50 m, m, m, m, m, m e m. Si è quindi effettuata l intersezione tra i multi-buffer prodotti nell intorno degli impianti e le diverse tipologie di recettore. 56

60 L approccio più corretto da adottare appare quello di una valutazione pesata, che tenga conto sia del tipo di recettore (classe di sensitività), che dell area interessata (che si può considerare come indicatore del numero di esposti), che della distanza dall impianto (aumentando la distanza, l impatto tende a diminuire). Tale analisi offre solo una valutazione qualitativa dell impatto perché non tiene conto né della quantità di odore emessa dall impianto né degli effetti di dispersione e trasporto legati alle condizioni del sito (ad esempio direzione dei venti prevalenti, ecc.), ma fornisce comunque informazioni utili a scala globale. Per tale analisi, si è quindi calcolata, per ciascun impianto, la superficie occupata da ciascuna tipologia di recettore in ciascuna fascia di distanza dall impianto analizzata. Per ciascun impianto k, si è calcolato il rischio r recettori,k con la seguente espressione: dove s i è il coefficiente di sensitività per il recettore di classe i (assunto pari a 1 per classe E, 0,8 per classe A, 0,6 per classe M, 0,4 per classe B), p j è il peso per le diverse classi di distanza (assunto pari a 1 per la classe 0-50 m, 0,99 per la classe m, 0,98 per la classe m, 0,95 per la classe m, 0,9 per la classe m, 0,8 per la classe m e 0,6 per la classe m), S ijk è la superficie occupata dal recettore di classe i nel buffer j per l impianto k [ha]. Una volta calcolato il rischio per ciascun impianto, si sono classificati gli impianti in 3 classi (R recettori,k), considerando range di valori di rischio 1-80 (classe 1), (classe 2), > 160 (classe 3). In figura è riportata la distribuzione degli impianti nelle tre classi. L ipotesi di classificare gli impianti in relazione alla distanza del primo recettore è stata scartata: fissando come soglie delle tre classi di rischio 100 m e 250 m di distanza, nella classe di rischio più elevata (primo recettore entro 100 m) rientra la quasi totalità degli impianti. 57

61 ALLEGATO 3: CLASSIFICAZIONE DEGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE NELLE TRE CATEGORIE DI MONITORAGGIO Si riporta di seguito la classificazione degli impianti in relazione alla potenzialità attuale. Eventuali potenziamenti potrebbero determinare una variazione della classificazione. III CATEGORIA INDICE DI VALUTAZIONE POTENZIALITÀ ATTUALE DELL IMPIANTO (AE) INDICE DI VALUTAZIONE ESPOSIZIONE DEI RECETTORI ANDRIA 3 2 BARI EST 3 2 BARI OVEST 3 3 BITONTO 2 3 CASARANO 2 3 CASTELLANETA MARINA 2 3 FOGGIA 3 1 LECCE 3 2 MAGLIE 2 3 TARANTO BELLAVISTA 3 3 TARANTO GENNARINI 3 3 TRANI 2 3 II CATEGORIA INDICE DI VALUTAZIONE POTENZIALITÀ ATTUALE DELL IMPIANTO (AE) INDICE DI VALUTAZIONE ESPOSIZIONE DEI RECETTORI ALTAMURA 2 1 ARADEO 1 3 BARLETTA 2 2 BISCEGLIE 2 2 BRINDISI FIUME GRANDE 2 2 CARMIANO 1 3 CAROVIGNO 1 3 CERIGNOLA 2 2 COPERTINO 2 1 CORATO 1 3 CRISPIANO 1 3 FRANCAVILLA FONTANA

62 GALATINA 1 3 GALATONE 1 3 GALLIPOLI 2 2 GINOSA MARINA 2 1 LUCERA A 1 3 MANDURIA VECCHIO 1 3 MANFREDONIA 2 1 MESAGNE 2 2 MOLFETTA 2 2 NARDO' 2 1 PULSANO VECCHIO 1 3 PUTIGNANO 1 3 RUVO DI PUGLIA 2 1 SAN CESARIO DI LECCE 1 3 SAN GIOVANNI ROTONDO 1 3 SAN PIETRO VERNOTICO 1 3 SAN SEVERO 2 1 VIESTE 2 2 TRICASE 1 3 I CATEGORIA INDICE DI VALUTAZIONE POTENZIALITÀ ATTUALE DELL IMPIANTO (AE) INDICE DI VALUTAZIONE ESPOSIZIONE DEI RECETTORI ACQUAVIVA DELLE FONTI 1 1 ALBEROBELLO 1 2 APRICENA 1 1 ASCOLI SATRIANO CANOSA CARPIGNANO SALENTINO 1 1 CASAMASSIMA VECCHIO 1 2 CASSANO MURGE 1 2 CASTELLANA GROTTE 1 2 CASTELLANETA 1 1 CASTRIGNANO DEL CAPO 1 2 CASTRO 1 2 CEGLIE MESSAPICA 1 2 CISTERNINO 1 2 CONVERSANO VADOLADRONE

63 CORSANO 1 1 FASANO FORCATELLE 1 1 GINOSA 1 1 GIOIA DEL COLLE 1 2 GIOVINAZZO 1 2 GRAVINA IN PUGLIA 1 1 LATERZA 1 2 LATIANO 1 2 LESINA 1 1 LIZZANELLO 1 2 LIZZANO 1 1 LUCERA B 1 2 MARGHERITA DI SAVOIA 1 1 MARINA DI LESINA 1 1 MARINA DI RODI 1 1 MARTINA FRANCA 1 2 MARUGGIO 1 2 MASSAFRA 1 1 MATTINATA 1 2 MELENDUGNO 1 1 MINERVINO MURGE 1 1 MOLA DI BARI 1 2 MONOPOLI 1 2 MONTE SANT'ANGELO A 1 1 MONTEIASI 1 1 MOTTOLA 1 2 NOCI NUOVO 1 1 NOVOLI 1 2 ORIA 1 2 ORTANOVA 1 2 OSTUNI 1 1 OTRANTO 1 2 PALAGIANELLO 1 1 PALAGIANO 1 2 PESCHICI 1 1 POLIGNANO A MARE 1 2 PRESICCE 1 1 RODI GARGANICO

64 SALICE SALENTINO 1 1 SAMMICHELE DI BARI 1 1 SAN FERDINANDO DI PUGLIA 1 1 SAN GIORGIO IONICO 1 2 SAN MARCO IN LAMIS NUOVO 1 1 SAN PANCRAZIO SALENTINO 1 1 SANNICANDRO GARGANICO 1 1 SANTERAMO IN COLLE 1 2 SQUINZANO 1 2 SUPERSANO 1 1 TAURISANO 1 1 TAVIANO 1 2 TORRE SANTA SUSANNA 1 1 TORRICELLA 1 2 TRINITAPOLI 1 1 TURI 1 1 UGENTO 1 1 UGGIANO LA CHIESA 1 1 VERNOLE 1 1 VICO DEL GARGANO

65 ALLEGATO 4: MAPPATURA DEGLI IMPIANTI NELLE TRE CATEGORIE DI MONITORAGGIO (a cura di: Dott. Ing. Adriana Maria Lotito e Dott. Geol. Vito La Ghezza) 62

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