IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE PER I CAMPI ELETTROMAGNETICI: GIUSTIFICAZIONE ED EFFICACIA

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1 IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE PER I CAMPI ELETTROMAGNETICI: GIUSTIFICAZIONE ED EFFICACIA Paolo Vecchia Dipartimento Tecnologie e Salute Istituto Superiore di Sanità, Roma Per pochi agenti, sostanze o tecnologie il principio di precauzione viene invocato tanto frequentemente e con tanta insistenza quanto per i campi elettromagnetici. Ma l adozione di questo principio è realmente giustificata? E le misure che in nome del principio vengono proposte (o quelle che, in particolare in Italia, sono già state adottate) sono realmente efficaci? Alla prima domanda sono in molti, nella comunità scientifica, ad aver risposto in modo negativo. Particolarmente significativa ed esplicita è la posizione dell Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), secondo la quale una politica cautelativa per i campi elettromagnetici dovrebbe essere adottata solo con grande attenzione e consapevolezza. I requisiti per tale politica [ ] non sembrano soddisfatti né nel caso dei campi elettromagnetici a frequenza industriale, né in quello dei campi a radiofrequenza [1]. Per comprendere le motivazioni di questo giudizio, occorre riflettere su quando, e come, il principio di precauzione debba essere applicato. A questo scopo, sono particolarmente utili due documenti emanati dalla Commissione Europea (CE) [2-3], ai quali l OMS fa esplicito riferimento. Un primo criterio, che la Commissione considera come una vera e propria condizione pregiudiziale, stabilisce che affinché il principio di precauzione venga invocato, prima ancora che applicato, un rischio potenzialmente grave sia stato identificato e scientificamente valutato. Nei casi in cui questa condizione sia verificata, e si decida quindi di adottare delle misure precauzionali, gli ulteriori criteri stabiliscono che le misure stesse siano proporzionate ai rischi che si intende prevenire, coerenti con altre misure già adottate in casi analoghi, non discriminatorie nella loro applicazione, basate su un analisi di costi e benefici e a carattere temporaneo. I campi magnetici a bassa frequenza, che sono generati dalle linee elettriche ad alta tensione ma anche dai normali circuiti domestici e da qualunque dispositivo a funzionamento elettrico, sono stati recentemente classificati dall Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) come forse cancerogeni per l uomo (gruppo 2B della classificazione IARC) [4] sulla base di alcune osservazioni epidemiologiche di aumenti dell incidenza di leucemia. La presenza di altri studi con risultati opposti, le indicazioni pressoché unanimemente negative di effetti cancerogeni negli animali da esperimento, la mancanza di dati a supporto da parte degli studi biologici in vivo e l impossibilità fino ad oggi di individuare un plausibile meccanismo di interazione giustifica il fatto che i campi magnetici non siano stati classificati come certamente cancerogeni (gruppo 1) o come probabilmente cancerogeni (gruppo 2A). Comunque, per questo tipo di campi un rischio sanitario, indubbiamene grave nella sua natura, è stato chiaramente identificato. Per quanto riguarda invece i campi elettromagnetici ad alta frequenza (o a radiofrequenza, nella terminologia tecnica), come quelli propri dei sistemi di telecomunicazione, un altro documento dell OMS sottolinea che una rassegna della letteratura ha concluso che non esiste

2 2 nessuna chiara evidenza che l esposizione a campi a radiofrequenza abbrevi la durata della vita umana, né che induca o favorisca il cancro [5]. Riassumendo, il principio di precauzione può quindi essere invocato per i campi magnetici a frequenza industriale, ma non per i campi elettromagnetici ad alta frequenza. Ma quali misure potrebbero essere adottate nel primo caso? Una normativa proposta qualche anno fa in Italia prevedeva un limite cautelativo di esposizione ai campi magnetici pari a 0,5 µt (microtesla), nonché interventi sugli elettrodotti esistenti per ricondurre le esposizioni all interno di abitazioni, scuole, ospedali ed altri siti sensibili al di sotto di tale valore. Secondo stime sull entità della popolazione esposta effettuate dall Istituto Superiore di Sanità [6], tali misure avrebbero comportato per il Paese, nell ipotesi che i campi magnetici siano effettivamente cancerogeni, la prevenzione di un nuovo caso incidente di leucemia infantile ogni due anni e di un caso di morte ogni cinque anni circa. A queste azioni corrispondevano costi, stimati all epoca in lire, di oltre miliardi [7]. Considerata la vita media degli impianti, ciò equivale ad un costo dell ordine di 2-3 miliardi di euro per vita umana ipoteticamente salvata, un valore da molti giudicato inaccettabile per la società, o quanto meno sproporzionato a quanto si è disposti a spendere per altri rischi meglio accertati e più gravi. Tra i sostenitori di questa tesi figurava il Ministro della Sanità che si oppose all approvazione della norma a cui si è sopra accennato. Il ricorso al principio di precauzione, almeno così come definito e raccomandato dalla Commissione Europea, è dunque ingiustificato. Ciò nonostante, in Italia esso è ancora continuamente invocato ed in suo nome sono state adottate tutta una serie di misure, che vanno dall emanazione di norme di protezione particolarmente restrittive a prescrizioni per l allontanamento di antenne e linee elettriche dalle abitazioni, se non al loro smantellamento. Tutte queste misure hanno dei costi, sia in termini strettamente economici, sia di sviluppo tecnologico e di qualità del servizio, che dovrebbero essere largamente compensati dal beneficio sanitario. Ma questo beneficio esiste davvero? Siamo cioè certi che le misure cautelative comportino, a prescindere da ogni altra considerazione, un beneficio per la salute? Una serie di esempi sembra dimostrare il contrario. In vari casi è stato proposto, o imposto, lo spostamento di un tratto di elettrodotto per allontanarlo da qualche abitazione o altro luogo sensibile dove si riteneva che i livelli di esposizione fossero inaccettabili. Per valutare razionalmente l efficacia di tale operazione occorre tenere presente che gli eventuali effetti a lungo termine di campi magnetici sono di natura stocastica e che in assenza di qualunque indicazione sui sottostanti meccanismi di azione è corretto (e prudenziale) assumere che l entità degli effetti sia legata a quella dell esposizione, riducendosi a zero soltanto quando l esposizione si riduce a zero. L allontanamento di una linea elettrica da alcuni edifici provoca inevitabilmente l avvicinamento ad altri dal lato opposto. In un paese densamente popolato come l Italia questo effetto dovrebbe essere significativo e non si può escludere che il numero di abitazioni che verrebbero avvicinate alla linea sia molto maggiore di quelle che se ne allontanano. Non è quindi scontato a priori che, in termini di esposizione collettiva, la soluzione finale sia migliore di quella di partenza, anche nel caso in cui le distanze in gioco fossero molto diverse. Ancora più eclatante è il caso delle stazioni radio base per telefonia cellulare. In nome del principio di precauzione, molte amministrazioni hanno imposto l allontanamento delle antenne dai centri abitati. Questa soluzione in genere aumenta l intensità media del campo elettromagnetico, che nell abitato deve comunque mantenersi a un livello sufficiente per il servizio, mentre è molto più alta in prossimità dell antenna che deve necessariamente emettere una potenza maggiore.

3 3 Ma l effetto più vistoso è quello che si manifesta sui telefonini. Questi sono dotati di un dispositivo, detto controllo adattativo della potenza, che consente di ridurre la potenza emessa dall antenna al minimo necessario per una buona comunicazione con la stazione radio base. Il potenziale di riduzione è molto elevato: il livello di potenza più basso previsto dallo standard GSM è infatti circa 1000 volte inferiore al valore massimo. Un funzionamento del telefono a bassa potenza avrebbe dei vantaggi per l autonomia della batteria (è questa la ragione principale per cui il dispositivo è stato realizzato), ma anche per l esposizione dell utente perché a ogni riduzione della potenza emessa corrisponde una riduzione proporzionale dell energia elettromagnetica assorbita nella testa. Per comprendere appieno quest ultimo vantaggio occorre tenere presente che l esposizione dovuta ai telefonini è di ordini di grandezza (tipicamente volte) maggiore di quella dovuta a una stazione radio base, anche nelle situazioni più sfavorevoli. Naturalmente, perché si abbia una buona comunicazione - e quindi un apprezzabile riduzione della potenza - occorre che la stazione radio base sia vicina all utente, il più possibile libera da ostacoli e disponibile per il servizio (in caso contrario, il collegamento viene stabilito con un altra antenna, che può essere anche molto più lontana e schermata da edifici e altre bariere). Misure come l allontanamento delle antenne, o la riduzione del loro numero, adottate al fine di diminuire precauzionalmente di una piccola frazione percentuale i livelli di inquinamento ambientale, non solo non raggiungono questo obiettivo, ma aumentano drasticamente quelle esposizioni che, già in partenza, sono le più elevate. E significativo che, a fronte di un potenziale di riduzione quale quello già citato, in Italia i telefoni cellulari funzionino, in media, a potenze superiori al 50% della massima [8]. Un aspetto peculiare delle politiche cautelative è la speciale attenzione per i siti sensibili, primi tra tutti scuole e ospedali, motivata più dalle reazioni emotive dei cittadini che da una reale consapevolezza dei problemi e da adeguate valutazioni tecnico-scientifiche. Il problema non è soltanto italiano, anche se nel nostro paese si presenta in modo assai più evidente che altrove. Un rapporto parlamentare francese cita ciò che è avvenuto a Marsiglia: una scuola, che aveva ottenuto lo smantellamento di un antenna installata sul tetto del suo edificio, ha constatato che il livello di radiazioni nel cortile era aumentato in seguito a questa esposizione. In effetti, le reti di telefonia mobile aggiustano la potenza emessa dalle stazioni radio base in modo da assicurare una buona copertura del territorio. Eliminando l emittente situata sulla scuola, si era provocato l aumento delle antenne vicine. Ciò nonostante, residenti ed associazioni continuano a reclamare l allontanamento o lo smantellamento delle stazioni radio base [9]. In realtà, scuole, asili nido e altri luoghi deputati all infanzia costituiscono nel nostro paese un tabù, e la proibizione di installare antenne nelle loro vicinanze costituisce un dogma. Lo stesso vale per ospedali e case di cura, dove abbondano proibizioni e restrizioni per tutto ciò che riguarda, ad esempio, la telefonia mobile. Non è raro incontrare segnali di divieto dell uso del telefono cellulare in ambienti come corsie, sale di aspetto, sale gessi o locali di fisioterapia, quando il divieto non sia addirittura esteso all intero complesso ospedaliero. Per quanto riguarda le stazioni radio base, la loro installazione all interno di una struttura sanitaria o nelle sue immediate vicinanze è probabilmente inconcepibile per il cittadino comune e di fatto vietata da molte amministrazioni. L uso dei telefoni cellulari in ospedale presenta invece notevoli vantaggi, sia per i pazienti in termini di conforto psicologico, sia per i medici in termini di reperibilità e di rapido scambio di informazioni. E significativo che dagli stessi medici giungano, anche attraverso riviste autorevoli, appelli per agevolarlo [10]. Per contro, i problemi che i telefoni pongono sono limitati, ben compresi e, come tali, del tutto prevenibili con azioni adeguate.

4 4 I segnali emessi da un telefono cellulare possono interferire con apparati elettromedicali, introducendo segnali spuri in strumenti diagnostici come elettrocardiografi ed elettroencefalografi, o causando malfunzionamenti di vario genere. Per prevenire questi effetti e garantire la cosiddetta compatibilità elettromagnetica esistono però delle norme tecniche, che stabiliscono dei livelli minimi di campo elettrico o magnetico ai quali i dispositivi elettromedicali devono essere immuni. Alle frequenze proprie della telefonia cellulare questo livello, in termini di campo elettrico, è di 3 V/m (volt al metro), un valore che il campo prodotto da un telefonino che funzioni al massimo della potenza può superare entro un raggio di circa 3 metri [11]. Sarebbe quindi sufficiente raccomandare questa distanza di sicurezza per prevenire qualunque inconveniente; per maggior sicurezza, e per semplicità di applicazione, si potrebbe comunque proibire l uso dei telefoni cellulari in ambienti ben precisi come sale operatorie, di rianimazione e di terapia intensiva, o vicino ad apparecchiature particolari. Raccomandazioni in questo senso vengono sia dagli esperti tecnici [12], sia dalla comunità protezionistica [13]. Le stesse fonti fanno anche notare che, come già discusso in queste note, la potenza emessa dal telefono, e conseguentemente la probabilità e la gravità delle interferenze, è tanto più bassa quanto più la stazione radio base è vicina; pertanto non solo non si proibisce, ma addirittura si raccomanda l installazione di antenne all interno degli ospedali, una prassi effettivamente diffusa in molti paesi diversi dal nostro. Le misure pratiche adottate a titolo precauzionale possono quindi, in molte circostanze, aggravare oggettivamente la situazione, aumentando i livelli di esposizione e conseguentemente i rischi, sia quelli ipotetici di effetti diretti sulla salute, sia quelli reali di effetti indiretti connessi a malfunzionamenti degli apparati medicali. Ma le implicazioni di una politica ispirata al principio di precauzione vanno molto al di là dell efficacia delle misure di riduzione del presunto inquinamento ed interessano la salute umana sotto altri profili. A questo proposito, è opportuno chiedersi se la domanda di politiche cautelative sia motivata da rischi che sono stati effettivamente indicati dalla ricerca scientifica o, piuttosto, dalla percezione che degli stessi rischi i cittadini maturano per effetto delle informazioni che ricevono. La già citata OMS raccomanda infatti di adottare misure diverse nei due casi: nei confronti di effetti sulla salute che siano stati accertati e scientificamente valutati è opportuno agire con norme coercitive (come l imposizione di limiti di esposizione), mentre per fronteggiare le preoccupazioni del pubblico si può considerare, accanto ad una corretta informazione, anche l opportunità di misure di precauzione su base volontaria. Siccome gli obiettivi sono diversi, anche l efficacia delle misure adottate deve essere valutata in modo diverso: nel primo caso si deve considerare quanto esse possano ridurre i casi sanitari documentati, nel secondo quanto possano ridurre le preoccupazioi dei cittadini e le tensioni sociali. Si possono esaminare in quest ottica le recenti normative italiane che prevedono, come è noto, sia limiti di esposizione inferiori a quelli accettati internazionalmente (chiamati valori di attenzione), sia la minimizzazione delle esposizioni mediante il perseguimento di obiettivi di qualità. Appaiono significative in proposito le considerazioni di un comitato internazionale di esperti, incaricato dal Governo italiano di esprimere un giudizio sulle nostre normative nazionali [14]. Per quanto riguarda i valori di attenzione il comitato rileva che la scelta di limiti di esposizione impossibili da giustificare, sia scientificamente, sia logicamente, ha già creato una certa sfiducia nella scienza, e nelle autorità. In questa critica concorda con l OMS, la quale fa notare che un requisito di principio è che [le politiche cautelative] siano adottate solo a condizione che valutazioni di rischio e limiti di esposizione fondati su basi scientifiche

5 5 non siano minati dall adozione di approcci cautelativi arbitrari. Ciò si verificherebbe, ad esempio, se i valori limite venissero abbassati fino a livelli tali da non avere alcuna relazione con i rischi accertati, o se fossero modificati in modo improprio ed arbitrario per tener conto delle incertezze scientifiche. La minimizzazione corrisponde invece al criterio di ridurre le esposizioni causate da una determinata tecnologia al livello minimo compatibile con la qualità del servizio. Questo livello minimo corrisponde, nella legge quadro italiana per la protezione dai campi elettromagnetici, all obiettivo di qualità. Prescindendo dalle difficoltà e dalle possibili arbitrarietà nella valutazione della bontà del servizio, anche questo criterio non può essere sostenuto senza solide conoscenze e giustificazioni. Il comitato internazionale nota in proposito che in assenza di un criterio costo-beneficio e di una spiegazione delle considerazioni di ordine sociale e politico, minimizzare l esposizione non ha senso, poiché se ulteriori riduzioni sono (quasi) sempre possibili, esse però, verosimilmente, avranno effetti nulli o discutibili per la salute. Anche la qualità del servizio ha comunque una sua importanza non solo dal punto di vista pratico come è ovvio ma anche da quello sanitario. Negli Stati Uniti si stima che se il telefono cellulare venisse usato solo per il 10% delle chiamate di emergenza e il suo uso riducesse solo del 10% i tempi di intervento, si salverebbero nel paese circa 100 vite umane all anno [15]. Una rete telefonica in cui le antenne fossero ridotte al minimo o posizionate in modo non ottimale, eventualmente per motivi precauzionali, causerebbe inevitabilmente mancati collegamenti e cadute di linea. Non sono disponibili dati su questi disservizi in Italia (anche per comprensibili ragioni commerciali), ma non è irragionevole ipotizzare un numero significativo di mancati o ritardati interventi di emergenza. Alcuni casi, particolarmente drammatici, sono stati peraltro riportati anche dai mezzi di informazione. Tornando alle valutazioni del comitato internazionale, quest ultimo ritiene che l adozione di limiti di esposizione ai campi elettromagnetici restrittivi ed arbitrari da parte di singoli paesi tende ad accrescere la preoccupazione del pubblico, piuttosto che a ridurre le perplessità e le controversie. Questa osservazione è fondamentale, e può essere estesa dalle norme di legge alle azioni cautelative in genere: qualunque misura adottata in nome del principio di precauzione, anche se a costo zero o minimo, viene facilmente interpretata dal pubblico come la prova dell effettiva esistenza di un rischio. Una prova spesso più convincente di qualunque dato scientifico. Esemplare in questo senso è l esperienza della Francia. Un rapporto dell Agenzia Francese per la Sicurezza Sanitaria Ambientale [16] discute ampiamente, in relazione alla presenza di stazioni radio base, il caso dei siti sensibili, come scuole, ospedali e asili nido. Per questi, un precedente documento aveva raccomandato che, nel caso di distanze dall antenna inferiori a 100 metri, il fascio di irradiazione non investisse direttamente gli edifici. Una raccomandazione molto più blanda delle prescrizioni italiane, ma che aveva comunque come principale obiettivo di cercare di attenuare alcune apprensioni del pubblico, che tuttora permangono senza giustificazione sanitaria. A distanza di soli due anni, l AFSSE, mentre ribadisce che non sembravano esistere giustificazioni sanitarie per questa specificità dei siti sensibili, essendo la sensibilità legata alla percezione del rischio e non a un rischio sanitario identificato constata che la raccomandazione del rapporto del 2001, che mirava a rassicurare, ha sortito l effetto opposto. Il gruppo di esperti non sostiene quindi più la necessità di questa nozione di sito sensibile in relazione alle stazioni radio base. Questa conclusione si applica in modo particolare alle scuole, per le quali la percezione del rischio è stata la più acuta.

6 6 Le politiche precauzionali possono quindi facilmente far aumentare la percezione dei rischi, che a sua volta dà luogo ad una richiesta di maggior precauzione innescando così un circolo vizioso. In ogni caso, le preoccupazioni e le tensioni sociali che vengono a crearsi o ad esasperarsi costituiscono un danno oggettivo per la salute, intesa nel suo significato più ampio. La salute viene infatti definita dall OMS come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l assenza di malattie o infermità [17]. Qualunque politica sanitaria, comprese quelle ispirate alla precauzione, deve prestare uguale attenzione a tutte e tre queste componenti. In conclusione, il principio di precauzione sembra valere più come una linea di indirizzo che come uno strumento operativo. Di fronte agli sviluppi tecnologici e agli interrogativi che questi pongono è senz altro opportuno agire, per i campi elettromagnetici come per qualunque altro agente, all interno di un quadro di cautela, in cui tutti gli elementi scientifici e sociali siano tenuti in conto. La precauzione è però giustificata e doverosa nei limiti in cui contribuisce ad un effettiva riduzione dei rischi e ad un effettiva tutela della salute. L esperienza dimostra che misure precauzionali adottate senza adeguate basi scientifiche e competenze tecniche accrescono invece le preoccupazioni dei cittadini e possono talvolta addirittura aumentare, anziché diminuire, le esposizioni. Riferimenti [1] OMS (2000). Campi elettromagnetici e salute pubblica - Politiche cautelative. Promemoria Marzo [2] European Commission - DG XXIV (1998). Guidelines on the application of the precautionary principle. HB/hb d (98). 17/10/1998. [3] Commissione Europea (2000) Comunicazione della Commissione sul principio di precauzione COM(2000) 1 02/02/ [4] I criteri di classificazione dell Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, così come l elenco completo degli agenti classificati, sono disponibili sul sito della IARC: [5] OMS (1998). Campi elettromagnetici e salute pubblica. Effetti sanitari dei campi a radiofrequenza. Promemoria n [6] Petrini C., Polichetti A., Vecchia P., Lagorio S. (2001). Assessment of exposure to 50 Hz magnetic fields from power lines in Italy. In: Proceedings of the 5 th International Congress of the European Bioelectromagnetics Association (EBEA). Helsinki, 6-8 September 2001, pp [7] Curcuruto S., Elia L., Franchi A., Andreuccetti D., Vecchia P., Martuzzi M., D Amore M. (2001). Valutazione tecnico-economica degli interventi di risanamento ambientale delle linee elettriche del sistema nazionale. Rapporto 3/2001. ANPA, Roma [8] Ardoino L., Barbieri E., Vecchia P. (In press). Determinants of exposure to electromagnetic fields from mobile phones. Radiation Protection Dosimetry. [9] Lorrain J.J., Raoul D. (2002). Rapport sur l incidence éventuelle de la téléphonie mobile sur la santé. Assemblée National N. 346; Sénat N. 52.

7 7 [10] Myerson S.G., Mitchell A.R.J. (2003). Mobile phones in hospitals. Are not as hazardous as believed and should be allowed at least in non-clinical areas. British Medical Journal 326: (Editorial). [11] Sykes S. (Ed.) (1996). Electromagnetic compatibility for medical devices. Association for the Advancement of Medical Instrumentation (AAMI). Arlington, VA. [12] Morrisey J.J., Swicord M., Balzano Q. (2002). Characterization of electromagnetic interference of medical devices in the hospital due to cell phones. Health Physics 82: [13] Hietanen M., Sibakov V., Hällfors S., von Nandelstadh P. (2000). Safe use of mobile phones in hospitals. Health Physics 79 (Supplement 2):S77-S84. [14] ANPA (2002). Dichiarazione del Comitato internazionale di valutazione per l indagine sui rischi sanitari dell esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici (CEM). Agenzia Nazionale per la Protezione dell Ambiente, Roma. [15] Dati comunicati nel corso della Conference on mobile communications: Health, environment and society organizzata da Commissione Europea, GSM Europe e MMF. Bruxelles, gennaio [16] AFSSE (2003). Téléphonie mobile et santé. Rapport à l Agence Française de Securité Sanitaire Environmentale. 21/03/ [17] Dallo Statuto dell Organizzazione Mondiale della Sanità.

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