locali e nazionali della GDO per entrare in questo canale distributivo

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1 Le principali strategie di approccio che le Pmi possono sviluppare nei confronti della GDO Uno dei principali problemi delle piccole e medie imprese (Pmi) produttrici di beni di largo consumo (vale a dire, sostanzialmente, gli alimenti freschi ed a lunga conservazione, i prodotti per la casa e per l igiene personale) è la loro difficoltà ad entrare e, di conseguenza, a vendere i propri prodotti nel canale distributivo più moderno e innovativo ed, in proiezione futura, sempre più importante soprattutto come percentuale del totale delle vendite di essi, vale a dire la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) che nel 2005 è giunta a sviluppare il 25,5% delle vendite totali di tutto il commercio italiano al dettaglio 1 di Gianfranco Visconti - Consulente di Direzione Questo articolo si propone di fornire, non solo agli studiosi del problema ma soprattutto agli operatori economici ed ai loro consulenti, un quadro sintetico ma sufficientemente completo e chiaro delle principali strategie di approccio che le Pmi produttrici di beni di largo consumo, soprattutto alimentari, possono sviluppare nei confronti delle catene locali e nazionali della GDO per entrare in questo canale distributivo o per migliorare la propria posizione in esso. Infatti, le difficoltà che le Pmi incontrano nei rapporti con la GDO non dipendono soltanto da gap strutturali (piccola dimensione dell impresa, rete commerciale poco sviluppata, ecc.), ma anche da un insufficiente conoscenza TAVOLA 1 - FATTORI CRITICI DI SUCCESSO NEL RAPPORTO FRA AZIENDE PRODUTTRICI DI BENI DI LARGO CONSUMO E GDO FATTORI CRITICI DI SUCCESSO VALORE PER LA GDO Qualità del prodotto 5 Gamma del prodotto 2,5 Packaging (confezione) 3 Prezzo 4,5 Investimenti pubblicitari 2 Investimenti promozionali 5 Assistenza al merchandising della GDO sul/i prodotto/i 2 Immagine di marca 4 Efficienza logistica 3 delle «regole del gioco» su cui si basano questi rapporti. Le considerazioni strategiche sui tipi di rapporti possibili fra una Pmi e la catena della GDO trovano la loro base concreta in una ricerca di mercato condotta nel 2004 dall autore che ha intervistato 12 buyers (responsabili acquisti) di prodotti alimentari di altrettante catene della GDO italiana e 12 direttori commerciali di medie aziende meridionali produttrici di alimenti (pasta, olio, vino, latte e formaggi, salumi). Tali interviste avevano come obbiettivo rilevare i fattori critici di successo nel rapporto fra Pmi e GDO, vale a dire le variabili aziendali su cui le prime devono puntare per instaurare un corretto e proficuo rapporto con la seconda e da ciò dedurre le scelte possibili riguardo ai vari tipi di approccio alla Grande Distribuzione Organizzata. Analisi e fattori critici di successo Prima di analizzare le attuali politiche di assortimento della GDO, esaminiamo nella Tavola 1 i Fattori Critici di Successo (FCS) nel rapporto fra aziende produttrici di beni di largo consumo e catene della GDO che sono emersi dalle interviste industriali effettuate a 12 buyers delle catene distributive e ad altrettanti responsabili commerciali di aziende produttrici. In questo lavoro non sono stati, ov- 1 Dato dell Osservatorio Nazionale del Commercio del Ministero delle Attività Produttive, reperibili su: indice_economici.htm. 18 PMI n. 9/2008

2 viamente, analizzati i Fattori Critici di Successo dei prodotti di largo consumo per i clienti finali per la rilevazione dei quali sarebbe occorsa una ricerca motivazionale o quantitativa apposita su questi ultimi. Il valore del singolo Fattore Critico di Successo varia in un intervallo da 1 (valore minimo) a 5 (valore massimo). Dalla Tavola 1 si evince che i Fattori Critici di Successo fondamentali nel rapporto fra un azienda produttrice e la GDO sono: qualità, prezzo (e quindi il loro rapporto) ed investimenti promozionali. Si tenga presente che gli investimenti promozionali per i prodotti di largo consumo si fanno oggi nella maggioranza dei casi con strumenti quali il 3 3 2, il taglio prezzo o gli sconti quantità (solo fino al fino al 1990 erano prevalenti le raccolte di punti per omaggi del produttore) che comportano tutti l uso della leva prezzo, cioè sono promozioni che abbassano il prezzo. Il produttore di alimentari che vuole entrare nella GDO deve presentare un prezzo e, pertanto, un margine di guadagno interessante per il trade e deve accettare in blocco il «pacchetto» di promozioni imposto dalla catena, i cui costi (nel senso di minori introiti) sono suddivisi con questa. La promozione assolutamente prevalente per i prodotti in esame è lo sconto sul prezzo, mentre negli anni novanta era molto rilevante anche l utilizzo del 3 x 2. Il numero di promozioni passò, negli anni dal 1992 al 1994, per poi restare fino ad oggi sempre più o meno tale, da 4-5 ad 8-10 all anno e questo ha aumentato strutturalmente, cioè in modo permanente, i costi degli investimenti promozionali. La centralità del rapporto qualità / prezzo è confermata dallo scarso peso attribuito dai buyers intervistati all assistenza al Merchandising della GDO da parte dell azienda produttrice: tutte le principali catene preferiscono curare da sole il merchandising (l esposizione) di tutti o quasi i prodotti presenti nei lineari (scaffali) dei loro punti vendita. Ulteriore conferma di quanto sopra viene poi dallo scarso peso attribuito agli investimenti pubblicitari ed alla gamma (cioè al numero di referenze, vale a dire di varianti o differenti pesi o formati) del prodotto che un azienda può offrire, in quanto molte referenze di esso occupano troppo spazio nei lineari e di queste solo2o3referenzedibasehanno una buona, cioè veloce, rotazione 2 : viene da sé, quindi, la necessità, per la GDO, di concentrarsi solo o principalmente su queste. Questo principio di buona gestione delle imprese distributive è, però, stato contraddetto nella pratica dal grande aumento del numero medio totale di referenze a scaffale nel periodo : esse sono aumentate del 24% negli ipermercati (passando da a ) e del 14% nei supermercati italiani (passando da a 6.924) (dati Nielsen). Questo fenomeno si spiega, quasi del tutto, come un tentativo delle catene della GDO di contrastare la stagnazione dei consumi del periodo considerato aumentando la varietà, sia come gamma di prodotto che come gamma di prezzo, della propria offerta. Importanza media viene poi attribuita alla bellezza / attrattività del packaging, perché comunque l elemento di scelta fondamentale rimane il rapporto qualità /prezzo, ed alla efficienza logistica (frequenza, velocità, puntualità delle consegne) dell azienda fornitrice. Ciò in quanto tutti i prodotti di largo consumo a lunga conservazione (ad eccezione quindi dei prodotti «freschi») sono relativamente «facili» da gestire come logistica in quanto, adottando quasi tutte le grandi catene della GDO il sistema del magazzino centralizzato, è sufficiente effettuare una (di solito grossa) consegna a settimana. Infine, una grande importanza, ma inferiore a quella del rapporto qualità / prezzo del prodotto, ce l ha l immagine di marca: la GDO vede ancora la grande marca come garanzia della qualità dei prodotti di largo consumo, in quanto trainata, sicuramente, dall identica percezione dei clienti - consumatori finali. È però molto significativo il fatto che l immagine di marca sia ormai nettamente sopravanzata da altri parametri di giudizio come la qualità ed il prezzo del prodotto. Le politiche di assortimento della GDO Veniamo ora al punto centrale dell analisi delle strategie di mercato attuali della GDO, cioè alle sue politiche di assortimento e quindi all evoluzione dei suoi rapporti con i fornitori. 2 La «rotazione» del prodotto sullo scaffale è il tempo in cui viene venduta la quantità, in termini di numero di confezioni, di un prodotto presente sullo scaffale. PMI n. 9/

3 La necessità di un analisi di questo tipo nasce, in sostanza, dalla constatazione del fatto che la Grande Distribuzione Organizzata è oggi in grado di esprimere obiettivi di mercato propri che interferiscono con quelli dei suoi fornitori, diventando così un cliente ed un mercato intermedio che necessita di essere conquistato dalle imprese di produzione tanto quanto quello dei clienti - consumatori finali, con una pianificazione dell uso delle leve di marketing (il c.d. marketing - mix) specifica e distinta da quella utilizzata per conquistare il mercato dei clienti finali. Attualmente l assortimento della GDO, cioè l insieme dei prodotti che essa compra per rivendere, può essere suddiviso nelle fasce riportate nella Tavola 2. Questa segmentazione dell assortimento della GDO rispecchia anche le fasce di prezzo dei prodotti: prima fascia - prezzi alti; seconda fascia - prezzi medi; terza fascia - prezzi bassi. Il fenomeno principale che sta caratterizzando le politiche assortimentali della GDO da alcuni anni, dall inizio dell attuale fase di stagnazione o recessione dei consumi 3 (dal 2002) è l espansione delle marche di primo prezzo e delle marche commerciali a scapito delle marche intermedie. TAVOLA 2 - FASCE ASSORTIMENTALI ATTUALI DELLA GDO In questo periodo sono le marche intermedie a subire i maggiori contraccolpi della recessione in quanto vengono attaccate da un lato dalle marche leader (nazionali o locali come, per esempio, in Puglia sono Divella, Quarta Caffé, Granoro, ecc.) che cercano di aumentare la propria quota di mercato facendo leva sulla loro maggiore disponibilità di risorse da investire in pubblicità e promozione e sull uso aggressivo della leva prezzo (abbassandolo al livello o quasi di quello delle marche intermedie) e dall altro dalle marche di primo prezzo (con l uso estremamente aggressivo della sola leva prezzo). Questa situazione favorisce l entrata, nella fascia assortimentale delle marche (e dei prezzi) intermedie dei prodotti «private label» od a marchio commerciale delle catene della GDO che puntano, di solito, su un rapporto qualità /prezzoestremamentefavorevole per il cliente per la qualità almeno media del prodotto a fronte di un prezzo più contenuto di quello delle marche intermedie, anche se non di fascia bassa (per non squalificare il prodotto e, quindi, l immagine della catena con un prezzo troppo basso). La fascia dei prodotti di primo prezzo e quella delle marche commerciali costituisce la parte del mercato più strettamente MARCHE LEADER (O GRANDI MARCHE) NAZIONALI E LOCALI + PRODOTTI DISTINTIVI DI NICCHIA MARCHE INTERMEDIE (O FOLLOWER) CHE SONO SEMPRE PIÙ MARCHE COMMERCIALI (O PRIVATE LABELS, CIOÈ MARCHE DI PROPRIETÀ DELLE CATENE DELLA GDO) MARCHE DI PRIMO PREZZO O DI CONVENIENZA (CHE IN SCARSA MISURA SONO MARCHE COMMERCIALI) controllata dalla GDO, che, a questa maniera, tende a rovesciare a suo favore il rapporto con la grande industria produttrice dei prodotti c.d. di «grande marca» (da cui dipendeva fino agli inizi degli anni novanta) e mira a «fidelizzare in proprio» il consumatore che non sceglie più tanto una marca di prodotto, ma un sistema di offerta degli acquisti costruito dalla GDO in primo luogo attraverso il diverso dosaggio della presenza nei punti vendita dei vari tipi di marche dei prodotti. Avviene quindi un cambiamento dell orientamento del consumatore che passa da «brand loyalty», fedeltà alla marca, a «store loyalty», fedeltà al tipo di punto vendita, vale a dire alla struttura della sua offerta, alla composizione del suo assortimento. Vediamo ora come questi fenomeni si verificano quantitativamente. In Italia la diffusione della marca commerciale è ancora molto contenuta: nel 2004 la quota di mercato dei prodotti a marchio commerciale è stata pari al 12,5% del fatturato totale delle catene della GDO, mentre in altri paesi (dove la GDO è molto più sviluppata) tale quota raggiunge valori tra il 38 ed il 21% come riportato nella Tavola 3. Da questi dati si intuisce facilmente la distanza che separa l Italia in questo campo dai principali paesi europei (o meglio della loro GDO) e la grande potenzialità di espansione che avranno nei prossimi anni le marche commerciali delle catene della GDO. 3 Come successe anche nel periodo della stagnazione - recessione economica fra il 1992 ed il PMI n. 9/2008

4 TAVOLA 3 - QUOTA DI MERCATO A VALORE DEI PRODOTTI A MARCHIO COMMERCIALE NEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI NEL 2004 Paesi Quota di mercato Gran Bretagna 31% Germania 27% Svizzera 38% Spagna 23% Francia 21% ITALIA 12,5% Fonte: Elaborazione dell autore su dati Nielsen. Si tenga presente poi che per alcuni prodotti (soprattutto caseari e salumieri), la marca commerciale in Italia incide poco, ma in futuro dovrebbe recuperare queste posizioni. La quota sulle vendite totali dei prodotti a marca commerciale varia poi molto da catena a catena, essenzialmente in rapporto alle loro politiche di alto livello d immagine connesse necessariamente ad un alto livello di garanzia della qualità dei prodotti presenti presso di loro: si va dal 18% di Esselunga e dal 16,5% di Coop al 12% di Conad ed al 10% Standa, al 9% di Pam, GS e CRAI, al 8% di Rinascente e Despar fino al 6,5% di A&O Selex (fonte: Nielsen). Altro dato importante è che, mentre nei paesi europei più avanzati e negli Stati Uniti le fasce dei prodotti controllati dalla GDO (marche di primo prezzo e commerciali) coprono il 60% circa dell assortimento, in Italia esse variano da catena a catena, oscillando tra il 25 ed il 35% dell assortimento. Più precisamente, in Italia, il 40% dell assortimento è formato da prodotti di marche leader (nazionali, locali, o di nicchia), il 35% di marche intermedie (di cui un 10% di marche commerciali 4 ) ed il 25% di marche di primo prezzo (con una quota tra il 2 ed il 3% di marche commerciali), mentre in Europa l espansione delle marche commerciali ha portato a pochi punti percentuali la quota di mercato 5 delle marche intermedie indipendenti (in media, il 10%) ed a circa il 30% quella delle grandi marche. Le marche commerciali hanno poi il non marginale effetto di trasferire al distributore informazioni sulla reale struttura dei costi di produzione dei beni, informazioni che vengono poi usate nella contrattazione per tenere bassi i prezzi di acquisto da parte degli operatori commerciali (grossisti, centrali di acquisto o singole catene). Questo riequilibrio dei rapporti di forza fra industria e distribuzione (per cui oggi si può dire che il vero concorrente dell industria è proprio la distribuzione) sta provocando, unitamente alla fase di recessione attraversata dall economia, degli effetti estremamente importanti, specialmente per quelle imprese che intendano instaurare ex novo un rapporto con la GDO. In primo luogo, in questo periodo, anche sotto la spinta dei discount (che offrono prodotti di media e medio bassa qualità con marchi sconosciuti a prezzi molto bassi) le grandi catene della GDO introducono nuove marche solo se sono di primo prezzo. In secondo luogo, proprio in forza del riequilibrio del rapporto di forza con l industria fornitrice e per porre rimedio alla caduta dei loro margini dovuto all alto numero di promozioni sui prezzi con cui hanno contrastato il calo dei consumi, le catene della GDO respingono e respingeranno sempre di più in futuro l aumento del numero di referenze di un prodotto per concentrarsi su quelle poche (2 o 3 di solito), che garantiscono una buona rotazione e, quindi, un buon fatturato e margini interessanti. Questo mentre l inserimento di nuovi prodotti innovativi e di livello qualitativo almeno medio o medio - alto è sempre possibile perché le catene della GDO cercano di servire tutte le nicchie di consumatori possibili, sempre per contrastare la generale contrazione dei consumi (Tavola 4). Tende, infine, in linea generale, a diminuire il peso che sulle scelte assortimentali della GDO (vedi predecentemente sui fattori critici di successo nel rapporto con il trade) hanno gli investimenti pubblicitari, mentre diventano fondamentali la qualità (o meglio il rapporto qualità/prezzo) del prodotto e gli investimenti promozionali per portarlo e mantenerlo all attenzione dei clienti. In parallelo a questi fenomeni, con la crescita della quota di mercato delle marche commerciali delle singole catene, è prevedibile l ulteriore sviluppo della produzione conto terzi (cioè per le catene della GDO) di questi prodotti. 4 Questo dato va inteso come il 10% del 100%, non del solo 35% delle marche intermedie. 5 Calcolata sempre sul valore totale delle vendite della GDO. PMI n. 9/

5 TAVOLA 4 - COMPOSIZIONE DELL ASSORTIMENTO DELLA GDO ITALIANA NEL 2004 (IN PERCENTUALE SUL VALORE TOTALE DELLE VENDITE DELLA GDO) Fasce assortimentali della GDO Quota di mercato 2004 Marche Leader (o «Grandi Marche») 40,8% Marche Intermedie (o «Follower») 42% Marche Private (comprese nelle marche intermedie ma calcolate sul totale) 12,5% Marche di Primo Prezzo 17,2% Fonte: Elaborazione dell autore su dati Nielsen. Le regole base per offrire ad una catena della GDO un prodotto da vendere con il suo marchio commerciale, sono le seguenti: avere un livello di qualità superiore a quello di fascia media ad un prezzo (almeno) leggermente inferiore; che tale livello qualitativo sia costante nel tempo (i prodotti a marchio commerciale sono quelli più controllati dalla GDO che ha sviluppato nel tempo un alto livello di competenza sui controlli di qualità del prodotto fornito e dell organizzazione che lo fornisce); garantire un alto livello di servizio alla GDO, vale a dire avere una grande efficienza logistica (la GDO preferisce andare in rottura di stock 6 con una marca leader, mai con una commerciale propria) ed occorre poi capire e soddisfare perfettamente le esigenze di packaging (confezione), di tipo e dimensione dei pallets (per il magazzino), di merchandising (esposizione del prodotto nel punto vendita) della GDO (anche se, come abbiamo visto, la maggior parte dei prodotti di largo consumo sono abbastanza facili da gestire per questi aspetti). È molto interessante, infine, notare come per molti prodotti alimentari, ma anche di altro tipo, molte imprese che hanno cominciato a lavorare con la GDO come contoterziste per le marche commerciali delle catene hanno, in un secondo momento, lanciato i prodotti con il loro marchio (di solito nella fascia di primo prezzo, più raramente in quella intermedia o di nicchia qualitativa con prezzo medio - alto). Le scelte strategiche possibili Secondo i pareri degli operatori intervistati nella ricerca (non solo i 12 buyers della GDO, ma anche i responsabili commerciali delle 12 Pmi produttrici di beni alimentari di largo consumo, specialmente di alcune fra queste che vantano una lunga e consolidata presenza nella GDO almeno regionale) per entrare nella GDO tre sono le vie possibili o, meglio, i tipi di rapporto che una Pmi può instaurare con le catene distributive: agire sui consumatori finali creando una forte immagine di marca e quindi fare in modo che il prodotto sia richiesto al distributore dai consumatori, suscitando nel canale commerciale il cosiddetto «effetto pull» o «di tiro». Per far questo occorre investire molto in pubblicità, promozioni e/o sponsorizzazioni previa realizzazione di un packaging molto attrattivo. La «massa critica minima» di investimenti pubblicitari per ottenere risultati su tre o quattro regioni è oggi stimabile sui 2-3 milioni di Euro annui per almeno 3 anni (in un solo anno non si possono ottenere grossi risultati di notorietà e memorizzazione del marchio) ed è indicata sulla base della media degli investimenti pubblicitari effettuati dai principali competitors (concorrenti) di quel settore. Nel caso in cui l azienda committente non possa permettersi investimenti in comunicazione di questo ammontare e visto che spese inferiori non potrebbero dare i risultati voluti in termini di forte immagine di marca, ovviamente questa via è preclusa. La seconda via consiste invece nell agire sul trade essenzialmente attraverso il prezzo. Ciò significa spingere il prodotto (suscitando nel canale commerciale c.d. effetto «push» o «di spinta») facendo leva sul suo ottimo rapporto qualità / prezzo: prodotto di qualità media ad un prezzo molto vantaggioso per il trade (ricordiamo che in questa fase il cliente dell azienda produttrice è il trade, la GDO), 6 La «rottura di stock» si ha quando manca il prodotto sullo scaffale e nel magazzino del punto vendita non ci sono scorte con cui sostituirlo. La peggiore figura che possa capitare coi clienti che frequentano i punti vendita della GDO (supermercati, ipermercati, ecc.) per concentrare gli acquisti, cioè per farli in un solo punto vendita e non in più di uno. 22 PMI n. 9/2008

6 che, potendo operare un ricarico 7 maggiore sul prezzo di acquisto, avrà l interesse a favorire la vendita di quel prodotto, anche se ancora poco o per nulla noto. Ciò presenta diversi vantaggi, specialmente nella situazione economica generale attuale, e precisamente: si continua a sfruttare quella che è stata molto spesso finora la vocazione dell azienda, specie delle Pmi meridionali: prodotto di qualità media ad un prezzo conveniente; si possono concentrare tutte le risorse disponibili sul miglioramento qualitativo del prodotto e del suo packaging e sulle promozioni da offrire al trade ed ai consumatori; si sfrutta la sola possibilità di inserimento che vi è oggi per una marca nella GDO, vale a dire quella nella fascia dei primi prezzi; si possono contrastare le strategie di espansione nel canale della GDO dei concorrenti più «diretti» delle Pmi meridionali, vale a dire delle aziende più simili (per dimensione, gamma e livello qualitativo dei prodotti, ecc.), basate sull uso aggressivo della leva prezzo a fronte di un prodotto di buona qualità. La prevalente richiesta di marche di primo prezzo da parte della GDO deriva anche dalla richiesta dei consumatori, in un momento di recessione economica, di prodotti a prezzi molto contenuti e tutto lascia prevedere che ciò continuerà almeno fino alla ripresa dell economia italiana, che speriamo vicina. Si tenga poi presente che il miglioramento qualitativo del prodotto (sempre a prezzi contenuti) rafforza la competitività dell azienda e l attrattiva del suo prodotto per il trade, cioè la GDO. In alternativa o parallelamente a questo tipo di approccio con il trade, se ne può perseguire un altro, vale a dire produrre per le marche commerciali della GDO. Questo tipo di approccio avrà tante più probabilità di successo, quanto più si migliorerà la tecnologia produttiva e si potrà dimostrare alla GDO di poter produrre un prodotto di buona qualità ovviamente a prezzi contenuti. La GDO ha interesse ad introdurre marche commerciali in quanto è su queste che ottiene, quasi sempre, i margini di guadagno migliori e rilancia o consolida la propria immagine qualitativa, ma richiede ai produttori di queste: una qualità medio - superiore (sottoposta ai controlli più rigorosi rispetto a tutto il resto dell assortimento); un prezzo contenuto; una logistica molto efficiente (per evitare ad ogni costo le rotture di stock sui prodotti della propria marca). Inoltre, l entrata in una catena della GDO come produttore contoterzista per la sua marca commerciale permette molto spesso, in un secondo momento ed una volta consolidato il rapporto, di entrare con prodotti a proprio marchio nella fascia di primo prezzo e, successivamente, in quella intermedia (che, per le ragioni esposte precedentemente, comporta oggi molti rischi), se le condizioni generali del mercato lo permetteranno. L entrata dell azienda committente nel segmento di mercato delle marche commerciali dei beni di largo consumo servirà inoltre a contrastare l azione dei competitors che già vi operano ed a non essere tagliata fuori nel caso di una forte affermazione di questi ultimi. Un ultima annotazione sull entrata nell assortimento della GDO con prodotti a marchio proprio nella fascia del primo prezzo è relativa al fatto che questo non ostacola, in un periodo successivo all affermazione della marca nella fascia di entrata, un riposizionamento in una fascia di prezzo più alto. Sarebbe però consigliabile, a tal proposito e nella maggioranza dei casi, creare un secondo marchio ed investire sulla sua immagine per posizionarlo su una fascia di medio - alta qualità / medio - alto prezzo. La seconda e la terza scelte strategiche possibili (che non si escludono a vicenda e possono essere perseguite anche contemporaneamente) permettono all azienda committente di continuare a perfezionare la propria specializzazione produttiva, anzi tale specializzazione risulterà essere una leva competitiva tanto più importante, quanto più consentirà di migliorare la qualità del prodotto contenendone i costi. 7 Il «ricarico» o «mark up» o «margine commerciale» è la differenza fra il prezzo finale di vendita del prodotto al cliente finale praticato dalla distribuzione ed il prezzo a cui quest ultima ha acquistato il bene dal produttore. PMI n. 9/

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