Lingua e lingua latina. Che cos è una lingua?
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- Teodora Rocchi
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1 Lingua e lingua latina scheda II - ITA ITA & [03] Che cos è una lingua? 1. la parola denominazione di strutturalismo. Attualmente sono circa le lingue in tutto il mondo. La lingua (detta anche favella, idioma, parlata; dal latino lingua; probabilmente dalla radice indoeuropea *dang-va) è il modo concreto e determinato storicamente in cui si manifesta la capacità del linguaggio umano dal quale si distingue in senso proprio. I tratti comuni che individuano una lingua sono il vocabolario, il sistema fonematico comune, la grammatica e la sintassi, lo stile e la pragmatica; nel caso vi siano sia una versione scritta che una orale, anche un sistema di segni comune. La linguistica è la disciplina che studia la lingua, intesa come potenziale innato dell'uomo di produrre il linguaggio. Ferdinand de Saussure è stato il primo studioso a rendere la linguistica una scienza certa, grazie alle sue teorie raccolte sotto la 2. convenzione o natura? 3. naturali o no? Le lingue del mondo, esito ciascuna di uno sviluppo storico in una data regione del mondo, si chiamano lingue storico-naturali. Storiche perché hanno una storia nella quale sono protagonisti i parlanti di tali lingue, naturali per contrapporle alle lingue artificiali rispetto alle quali esse solitamente hanno maggiore complessità (esistono tuttavia delle lingue artificiali ben più complesse di alcune lingue storico-naturali). In questi ultimi anni gli studi sul linguaggio, inteso come facoltà umana di comunicare per mezzo di sistemi verbali, e sulla lingua, manifestazione concreta con cui le potenzialità verbali di un individuo (o di un gruppo) si realizzano in un certo contesto storico, geografico, sociale, si sono moltiplicati: studiosi con interessi scientifici molto diversi hanno esaminato il problema del linguaggio da punti di vista differenti, a volte opposti. Si parla di linguaggio verbale e di linguaggi alternativi, di linguaggio e di lingua, di linguaggio e di comunicazione in senso ampio. Si può dire che esiste comunicazione ogni qual volta esista un passaggio di informazioni da un'emittente a un destinatario, in modo tale che il messaggio, così come è stato concepito, coincida con l'informazione decodificata dal ricevente. (1)
2 L'uomo non è l'unico ad usare segnali convenzionali; negli animali esistono forme di scambio di informazioni, ma non forme di pensiero verbale in cui parola ed azione interagiscono vicendevolmente. La lingua è pertanto lo strumento più raffinato e potente di rappresentazione simbolica, cioè di quella capacità che è alla base di tutte le funzioni concettuali. Essa è inoltre il mezzo più economico, diversificato ed appropriato che l'individuo ha a disposizione per partecipare alla vita della sua comunità, diventando un membro attivo, ricevendone il bagaglio culturale che può essere modificato secondo le proprie esigenze, in un interscambio profondo fra sé e il gruppo di appartenenza. Dal momento della sua comparsa e con la sua evoluzione il linguaggio è diventato il massimo organizzatore logico dell'esperienza e del pensiero. L'interesse per il linguaggio, specificità dell'uomo, è iniziato nell'antichità con Platone, Aristotele, Sant'Agostino, ma la linguistica come scienza è abbastanza recente. La sua nascita può essere fissata agli inizi del Novecento con Ferdinand de Saussure, in particolare con la pubblicazione nel 1916, da parte di due suoi allievi, delle lezioni tenute a Ginevra tra il 1906 ed il 1911, nel "Corso di linguistica generale". L'opera di Saussure ha il pregio di aver posto i fondamenti della linguistica, fondamenti a cui si sono riferiti, come accettazione o rifiuto, studiosi appartenenti ad indirizzi diversi di ricerca. 4. significato, significante e referente 5. alfabeti e lingue 6. lingue verbali e non (?) 7. linguaggi Il linguaggio è un sistema di comunicazione tra individui. Grazie al linguaggio si trasmettono informazioni, veicolate mediante un sistema di simboli finiti arbitrari combinati in accordo alle regole della grammatica. Le informazioni trasmesse sono solo una parte del prodotto terminale di un processo che elabora la percezione sensoriale, i concetti, i sentimenti e le emozioni, le idee e i pensieri, in un contenuto che implica la successione temporale. La capacità di linguaggio si è sviluppata nell'uomo a seguito di mutamenti strutturali della cavità orale. In particolare l'arretramento dell'ugola ha reso l'essere umano capace di esprimere una gamma sonora variegata, capace di garantire una non generica nomazione del mondo. 8. la lingua a. immobile? b. creazione c. sparizione (2)
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6 Il latino e il suo alfabeto 1. dall orale allo scritto: problemi? 2. leggere: grandi problemi mentali Chiarita la natura di codice delle scritture, dovremmo poter tracciare una mappa dei tipi possibili di codifica usati nel linguaggio scritto. Nella classificazione proposta da Geoffrey Sampson (studioso che abbiamo già avuto occasione di menzionare), che qui riproponiamo nella tavola seguente, l'elemento discriminante è COSA viene ricodificato dalla LO alla LS (stante che la ricodifica è sempre, per definizione, semplificata e quindi parziale). Alfabeto (da alfa e beta, le prime due lettere dell alfabeto greco), sistema di segni grafici, rappresentanti ciascuno uno o più suoni, che possono essere variamente combinati per formare tutte le parole di una lingua. Un alfabeto tende idealmente a indicare ogni singolo suono con un simbolo diverso, anche se difficilmente ciò è possibile (l unico che risponda a queste esigenze è l alfabeto coreano). Gli alfabeti sono distinti dai sillabari, cioè gli insiemi di quei segni grafici propri dei sistemi di scrittura sillabici, e dai sistemi pittografici e ideografici. Un sillabario rappresenta con un unico simbolo ogni sillaba, composta da uno a quattro suoni sentiti come unitari; un esempio di sillabario è quello giapponese. Un sistema pittografico rappresenta gli oggetti attraverso disegni, al posto delle parole corrispondenti. Un sistema ideografico combina vari pittogrammi per esprimere concetti astratti. In cinese, ad esempio, la parola est è rappresentata dalla combinazione dei pittogrammi indicanti sole e albero. Uno dei più importanti alfabeti indiani, la devanagari, utilizzata dal sanscrito e dalle lingue indiane moderne, combina ingegnosamente il sistema sillabico e quello alfabetico puro. Dalla fonte dell alfabeto devanagari sembrano essere derivati anche gli alfabeti bengalese, tamil, telugu, cingalese, burmese e siamese, o thai. La maggior parte degli alfabeti ha tra i venti e i trenta segni; l alfabeto più esiguo è il rotokas delle isole Salomone (11 segni), il più esteso è il khmer (74 segni). I più antichi sistemi di scrittura sono di tipo pittografico-ideografico; fra questi il cuneiforme degli assiro-babilonesi, i geroglifici egizi, gli attuali segni grafici del cinese e del giapponese e la scrittura pittorica dei maya (vedi Lingue indiane d America). L evoluzione del sistema di scrittura in alfabeto o sillabario avviene quando un pittogramma o un ideogramma giunge a rappresentare non più un oggetto o un idea, (6)
7 ma un suono, generalmente quello iniziale della parola indicata in origine. Perciò nelle antiche lingue semitiche un pittogramma che rappresentava una casa (beth) finì col rappresentare il suono b e, dopo una serie di passaggi, diventò la B dell alfabeto latino. Si ritiene che il primo alfabeto conosciuto, noto come semitico settentrionale, sia nato tra Palestina e Siria, fra il 1700 e 1500 a.c., dalla combinazione di caratteri cuneiformi e geroglifici, con la probabile aggiunta di segni derivati dagli alfabeti cretese e ittita. L alfabeto aveva solo 22 consonanti e il lettore o il parlante doveva aggiungere alle parole le vocali. Ebraico, arabo e fenicio si basavano su questo alfabeto e ancora oggi gli alfabeti ebraico e arabo possiedono solo consonanti (22 l uno, 28 l altro), mentre la scrittura scorre da destra a sinistra. Nello scritto le vocali possono essere eventualmente indicate da puntini o lineette usati come segni diacritici e posti sotto, sopra o accanto alla consonante. Alcuni segni consonantici vengono usati per indicare le vocali lunghe. Verso il I millennio a.c. dall alfabeto semitico originario si svilupparono il semitico meridionale, il canaanita, l aramaico e il greco (ma, secondo alcuni studiosi, il semitico meridionale si sviluppò indipendentemente dal semitico settentrionale, ed entrambi derivarono da un antenato comune). Il ramo semitico meridionale fu l antenato di alfabeti di lingue estinte usate nella penisola arabica e delle moderne lingue dell Etiopia. Il canaanita era suddiviso in antico ebraico e fenicio; l importantissimo ramo aramaico divenne la base delle scritture semitiche e non semitiche dell Asia occidentale. Nell ebraico, la cosiddetta scrittura quadrata si sostituì a quella antica, divenendo il modello sul quale si sviluppò la scrittura ebraica moderna. Non è accertato se i vari alfabeti dell India e dell Asia sudorientale siano evoluzioni indipendenti o derivazioni dell antico semitico. Alfabeti greco e latino Verso il X-IX secolo a.c. i greci adottarono la variante fenicia dell alfabeto semitico, portando a 24 (o più in alcuni dialetti) i 22 segni consonantici e dando ad alcuni di essi valore vocalico e non più consonantico. Dopo il V secolo a.c. il greco venne regolarmente scritto da sinistra a destra. L alfabeto greco si diffuse nel bacino del Mediterraneo e originò altri alfabeti, fra cui l etrusco, l osco, l umbro e il latino (vedi Lingue italiche). L espansione dell impero romano e la diffusione della lingua latina fecero poi sì che l alfabeto latino venisse utilizzato per tutte le lingue dell Europa occidentale. Alfabeto cirillico Nel IX secolo d.c. missionari greci provenienti da Costantinopoli convertirono gli slavi al cristianesimo e tradussero per loro alcuni libri della Bibbia. I santi Cirillo e Metodio, apostoli degli slavi meridionali, utilizzarono a questo scopo un alfabeto detto glagolitico. A san Cirillo è attribuita l invenzione di un alfabeto imparentato con quello glagolitico, e che da lui fu detto cirillico. L alfabeto cirillico, come quello romano, deriva dal greco, basandosi sulla scrittura onciale greca del IX secolo, cui furono aggiunti nuovi caratteri per suoni assenti in greco. In forme diverse l alfabeto cirillico è attualmente usato per le lingue russa, ucraina, serba e bulgara, mentre altre lingue slave quali polacco, croato, ceco e slovacco sono scritte con alfabeti latini adattati. Alfabeti artificiali Esistono anche alfabeti creati artificiosamente per popoli precedentemente privi di produzione scritta (come avvenne per l alfabeto cirillico) o per culture che usavano alfabeti stranieri. Interessanti esempi sono l armeno, inventato da san Mesrobio nel 405 e ancora in uso, e la scrittura mongolica hp ags-pa (scritta dall alto in basso), inventata in Cina nel XIII secolo. Adattamenti dell alfabeto Nell adottare un tipo di scrittura, in ogni lingua si verificano aggiustamenti per rappresentare peculiarità fonetiche assenti o differenti nella lingua da cui l alfabeto viene mutuato. Talvolta questi consistono in modifiche del segno, come per i caratteri å, ø delle lingue dell Europa settentrionale, ß del tedesco, č o š delle lingue slave, ı del turco o ñ dello spagnolo. Non sempre, inoltre, a una medesima lettera corrisponde lo stesso suono in tutte le lingue; ad esempio, la lettera v dell italiano vela in tedesco ha un suono f e in spagnolo ha un suono b. Inoltre, non tutte le lingue usano gli stessi caratteri e gli stessi segni diacritici. La ç, ad esempio, compare regolarmente solo in portoghese, francese e turco; nelle prime due lingue rappresenta il suono s di suono ; in turco il suono c di ciliegia. Anche se gli alfabeti tendono a far corrispondere un simbolo a ogni suono, questo non sempre accade: ad esempio, la c italiana indica sia il suono duro di casa, sia il suono dolce di città, mentre la e indica tanto il suono aperto di ècco, quanto il suono chiuso di ésso. In molte lingue, inoltre (tipici esempi sono l inglese e il francese), ci sono grandi divergenze tra la forma scritta e quella parlata, perché si mantengono grafie che riflettono antiche forme di pronuncia. Per questo motivo in molti paesi vengono avanzate proposte di riforme ortografiche. 1. suoni e segni (7)
8 2. lingue, alfabeti: corrispondenza biunivoca? 3. passaggi e trasformazioni: perché? 4. com è nato? 5. alfabeti a. alfabeti europei latino Greco Cirillico Armeno georgiano (8)
9 b. alfabeti africani: alfabeto ge'ez c. alfabeti asiatici i. alfabeto avestico ii. alfabeto arabo iii. devanagari iv. alfabeto aramaico v. Hangul vi. Jawi vii. alfabeto tibetano viii. alfabeto turco ottomano ix. Cinese e giapponese x. alfabeto mandaico xi. mongolo latino xii. alfabeto ugaritico xiii. alfabeto persiano xiv. Bengali xv. Coreano xvi. Thai 6. Alfabeti speciali 7. Alfabeti fonetici a. Alfabeto fonetico NATO o Alfabeto marittimo b. Alfabeto fonetico internazionale 8. Braille 9. Alfabeto Morse 10. Alfabeto manuale 11. Nova Help-Alfabeto 12. Alfabeti artificiali 13. Aurebesh 14. Alfabeto Mandaloriano 15. Esperanto 16. Lingua Čantäreski (9)
10 17. Origine e forma dell alfabeto latino a. creare o adattare? b. quale modello? c. mancano suoni i. creazioni ii. soppressioni d. senso di scrittura (10)
11 (11)
12 Sulla pronuncia del latino Le pronunce del latino e il lor albero genealogico *latina lingua urbanitas rusticitas barbare loqui peregrinitas Erasmo Chiesa pronuncia intellettuale pronuncia del Medioevo lingue volgari pronuncia restituta pronuncia scolastica pronunce nazionali testimonianze dirette testimonianze indirette trascrizioni e derivazioni /kàisar/ /cèsar/ Italia: /cèsar/ Germania: /kàesar/ Inghilterra: /sìser/ Francia: /sesàr/ Spagna: /cèssar/ (12)
13 Struttura e morfologia della lingua latina Le regole dell accentazione Accento: fenomeno soprasegmentale In latino ci sono sillabe lunghe e sillabe brevi. a) In generale: - una sillaba è breve se contiene una vocale breve: si riconosce da quel segno caratteristico, simile ad una piccola mezzaluna, tracciato sopra di essa nei vocabolari e nelle grammatiche (ĕ); - una sillaba è lunga se contiene una vocale lunga o un dittongo: una vocale lunga si riconosce da quel segno caratteristico, simile ad un trattino, tracciato sopra di essa nei vocabolari e nelle grammatiche (ē). b) In particolare: una vocale breve, quando è seguita da due o più consonanti, viene considerata lunga (si dice "lunga per posizione"). Questo vale anche per le consonanti "doppie", come la x (che si pronuncia cs e quindi conta per due) e anche se le due consonanti fanno parte della parola successiva. Per quantità di una vocale si intende la sua durata fonica. Nella lingua italiana il senso della quantità è un poco sfuggente, ma possiamo riflettere sulla durata delle vocali riferendoci a quelle accentate, sicuramente più lunghe di quelle che non portano l accento. E ovvia, ad esempio nella parola indivisìbili, la maggiore quantità-durata, della ì accentata rispetto alle restanti vocali. La vocale quindi si può dire breve ( col segno ) o lunga ( col segno ˉ ): la lunga ha durata doppia della breve. E da notare che la quantità delle vocali in latino incide sul significato stesso delle parole. Ad esempio vĕnit ( viene) e vēnit ( venne ). Similmente in italiano l accento ed il suono aperto o chiuso variano i significati: io càpito, ho capìto, egli capitò oppure la pèsca ( frutto) ed egli pesca Ci sono alcune leggi riguardo all'accento: 1) legge del trisillabismo: l'accento in una parola latina non cade mai più dietro della terzultima sillaba. Niente parole bisdrucciole o trisdrucciole quindi, come in italiano, con accento sulla prima o sulla seconda sillaba. 2) legge della baritonesi: l'accento non cade mai sull'ultima sillaba. Le parole infatti, anche di 2 sillabe, tipo homo, hanno l'accento sulla prima. (hòmo) 3) legge della penultima: l'accento su parole di tre o più sillabe cade sulla penultima se è lunga o sulla terzultima se essa è breve. Tipo: libértas, intérdum. 4) legge dell'enclisi: quando ad una parola si aggiunge un'enclitica tipo -que (in latino è frequente per fare congiunzione insieme a et) l'accento va sulla penultima anche se è breve (nonostante la legge precedente) in quanto abbiamo, una volta aggiunta l'enclitica, formato una nuova parola [prima ancora] quartultima terzultima penultima ultima MAI MAI SI SI, solo se MAI Non esistono parole così strutturate legge del legge della legge della trisillabismo: penultima: l'accento baritonesi: l'accento l'accento in una su parole di tre o più non cade mai parola latina non cade sillabe cade sulla sull'ultima sillaba mai più dietro della terzultima sillaba penultima se è lunga o sulla terzultima se essa è breve 1. struttura del lessico 2. epoca di diffusione della lingua a. da quando? b. fino a quando? (13)
14 c. ha senso una periodizzazione? 3. La TIPOLOGIA LINGUISTICA a. La tipologia linguistica è una particolare tipologia che classifica le lingue a partire dalle loro caratteristiche. La tipologia linguistica include la tipologia morfologica, la tipologia sintattica (a volte chiamata morfosintassi) e la tipologia fonologica. b. Il posizionamento di S, V, O i. L ordine standard ii. L ordine variato: perché? 1. Una frase di questo genere è "le spine, hanno le rose" che in italiano (una lingua con sintassi prevalentemente Soggetto Verbo Oggetto) sarebbe più corretto tradurre con "le rose hanno le spine", questo perché in italiano non sono presenti marcatori per i casi, per cui il significato della frase si perde e diviene più arduo discernere il soggetto dal complemento oggetto (la frase "Mario odia Marco" non ha lo stesso significato logico di "Marco odia Mario").Tuttavia l'italiano e altre lingue SVO, come l'inglese, ricorrono spesso a frasi con sintassi OVS per esprimere la forma passiva del verbo. In questo caso "Sam ha mangiato le arance" diviene "le arance sono state mangiate da Sam". c. Il posizionamento del genitivo d. Il posizionamento del determinato e. Il posizionamento dell ausiliare 4. Come si possono descrivere le lingue dal punto di vista MORFOLOGICO a. agglutinanti i. Nelle lingue agglutinanti le parole (allo stato iniziale) sono costituite dalla sola radice, a cui vengono poi aggiunti prefissi o suffissi per esprimere categorie grammaticali diverse (ad esempio genere, numero, caso o tempo verbale) e i morfemi sono espressi da affissi (e non da cambiamenti interni della radice della parola, o cambiamenti in forza o tono). Inoltre, e cosa ancor più importante, in una lingua agglutinante gli affissi non vengono mai fusi con altri, e non cambiano forma in base alla presenza di altri. ii. I linguaggi agglutinanti tendono ad essere molto regolari e ad avere un alto numero di affissi/morfemi per parola. Ad esempio il giapponese possiede solo tre verbi irregolari (e non molto irregolari), il nahuatl solo due, e il turco solo uno. Le lingue sintetiche non agglutinanti sono invece dette lingue fusive poiché combinano insieme affissi da "compressione" (in inglese: squeezing), modificandoli drasticamente per giungere all'unione di parecchi significati in un solo affisso (per esempio in italiano, un solo breve suffisso verbale può indicare il "tempo passato, modo indicativo, prima persona singolare"). b. Isolanti i. Sono chiamate lingue isolanti quelle lingue che non possiedono declinazioni o flessioni, in cui quindi la morfologia sia poca o nulla. Indicando il morfema come la minima unità che definisca un significato (come prefissi e desinenze), ne consegue che nelle lingue isolanti le parole non sono scomponibili in unità morfologiche più piccole. Queste lingue non si esprimono tramite modificazione delle parole, ma attraverso la posizione che esse occupano all'interno della frase. ii. Prendiamo ad esempio l'inglese, lingua diventata, nel tempo, principalmente isolante: nei tempi verbali è indispensabile assegnare la persona a cui detti tempi si riferiscono, per indicare precisamente di cosa si sta parlando: I talk, I will talk (parlo, parlerò). In italiano, lingua flessiva, non è necessario, poiché le desinenze (modificazioni terminali delle parole) definiscono senz'altro il significato del verbo stesso. Per questo motivo (per la mancanza o la carenza di morfemi), generalmente le lingue isolanti presentano un gran numero di parole monosillabiche. Oltre all'inglese, una diffusa lingua isolante è il cinese. c. Flessive (14)
15 i. Le lingue flessive sono un tipo morfologico. Il tipo linguistico flessivo si caratterizza nell'esprimere le diverse relazioni grammaticali mediante un solo suffisso. L'italiano, come la maggior parte delle lingue indoeuropee appartiene a questo tipo morfologico. Esempio: gatte: la "e" è un suffisso che indica sia il genere (femminile) che il numero (plurale) dell'entità a cui si riferisce ii. Le lingue flessive possono anche operare la "flessione interna" (apofonia), cioè indicare le diverse categorie grammaticali variando la vocale della radice della parola (quindi in posizione interna, e non finale della parola). Questo è un fenomeno molto diffuso nelle lingue indoeuropee e semitiche, che non opera solo nei verbi ma è molto produttivo, ragione per cui spesso ci si riferisce a quelle lingue in cui è molto comune come "introflessive". 5. Articoli e preposizioni 6. Elementi della morfologia a. Radice b. Vocale tematica c. Tema d. Desinenza e. Elementi di variazione i. Pre-fissi ii. In-fissi iii. Suf-fissi 7. la questione dei casi a. quanti erano b. perché riduzione e fusione c. nelle lingue romanze 8. la questione (scolastica) delle declinazioni e delle coniugazioni (15)
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