Droga: il 60% dei detenuti ne fa uso

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1 Droga: il 60% dei detenuti ne fa uso Si è concluso a Cagliari il Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (SIMSPe) per la tutela delle condizioni di salute dei detenuti italiani. SIMSPe/SIMIT- Droghe nelle carceri: in Italia circa il 60% dei detenuti ne fa uso, il 33% cannabis, il 40% cocaina. i numeri in europa e il problema in Italia. Oggi c è ancora una elevata percentuale di persone che muore di overdose nelle prime settimane successive all uscita dal carcere, oltre a persone che nel primo anno rientrano in carcere perché compiono nuovamente dei reati. Secondo i dati del Centro Europeo per il Monitoraggio sulle Droghe e le Dipendenze (EMCDDA), quando un utente arriva in carcere con un incriminazione o una sentenza relativa all uso ed allo spaccio di droghe, è soprattutto la cannabis la sostanza incriminata, per il 73,7% delle persone. Ma la dipendenza colpisce ed affligge anche all interno delle mura carcerarie: in Italia circa il 60% dei detenuti fa uso di droghe, il 33% cannabis, il 40% cocaina e circa il 5% anfetamine. Tra i Paesi che vedono il maggior uso in carcere di droghe, l Olanda raggiunge quota 80%, soprattutto per quanto riguarda la cannabis. Questi ed altri dati sono emersi durante l incontro annuale della neonata Federazione Europea per la Salute Penitenziaria Health Without Barriers/HWBs (lett.salute Senza Barriere) che si è riunita il 3 giugno a Cagliari nella cornice dell Agorà Penitenziaria. La Federazione Europea, composta da esperti e società scientifiche nazionali indipendenti come la SIMSPe-Onlus, la SESP (Spagna), l APSEP (Francia), il NAPDUK (Regno Unito), il DIJ (Olanda), si adopera per la promozione della salute e i diritti umani nelle carceri europee, per il beneficio della popolazione nella sua collettività. IL CONGRESSO Si è concluso a Cagliari il XVI Congresso Nazionale SIMSPe- Onlus/L Agorà Penitenziaria 2015: Se il Paziente è anche Detenuto. L appuntamento, che ha visto presenti 250 specialisti, italiani ed europei, è organizzato e presieduto da Sergio Babudieri, Professore di Malattie Infettive all Università di Sassari nonché Presidente della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (SIMSPe). Il titolo Se il Paziente è anche Detenuto è già eloquente spiega

2 il Prof. Sergio Babudieri, Coordinatore Scientifico del Congresso e Presidente della SIMSPe Si tratta di un richiamo per tutta la nostra categoria di medici, ma anche per infermieri, operatori sanitari, agenti di polizia penitenziaria che operano all interno dei 199 istituti penitenziari italiani, che deve ricordare che stiamo parlando di pazienti. Sono detenuti, ma in primo luogo sono dei pazienti. La peculiarità della medicina penitenziaria è che anche le persone che sono sane ricadono sotta la giurisdizione del magistrato di sorveglianza che ha la responsabilità della loro salute; peraltro, per sapere che una persona non è malata è necessario comunque un atto medico. La SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali dichiara Massimo Andreoni, Professore di Malattie Infettive, Università di Roma Tor Vergata e Presidente SIMIT è molto interessata al prossimo convegno nazionale di medicina penitenziaria in quanto ritiene che le istituzioni nel mondo carcerario rappresentano una priorità. Recenti studi condotti in merito, infatti, dimostrano come la percentuale di detenuti con infezioni da virus epatitici, dal virus dell AIDS e da tubercolosi sia rilevante. La sanità penitenziaria appartiene alla medicina sociale aggiunge il Prof. Luciano Lucanìa, attuale vice-presidente SIMSPe il carcere non è un luogo di cura o di ricovero, ma una residenza, ospitando coattivamente delle persone che altrimenti sarebbero altrove. Ciò che avviene nelle carceri ha dunque una valenza socio-sanitaria, in quanto il carcere resta una parentesi transitoria nella vita di un individuo: la questione sociale è dunque una componente del problema. DROGHE NELLE CARCERI Sono due milioni in Europa i detenuti ospitati nelle strutture penitenziarie, con un tasso di occupazione media del 104%. Il Paese con il maggior tasso di sovraffollamento, rispetto alla capienza massima tollerabile, è la Grecia, con il 133,9%, mentre 680mila sono gli utenti delle prigioni russe. Numeri alti, che aiutano a fotografare un ambiente che ha bisogno di un forte cambiamento, soprattutto a causa di un sistema penitenziario che non riesce a controllare adeguatamente la popolazione presente. Lo scambio di Buone Pratiche in ambito Sanitario Penitenziario è stato il tema dell incontro, nel quale sono emersi dati che riportano però ad una realtà europea penitenziaria allarmante: la popolazione europea che è transitata durante un anno in carcere si aggira a 6 milioni. Molto spesso per reati legati alle droghe le cause principali della detenzione in carcere, ma la problematica non si ferma all esterno delle mura penitenziarie, ma colpisce anche il loro interno. Secondo i dati del Centro Europeo per il Monitoraggio sulle Droghe e le Dipendenze (EMCDDA) presentati nello stesso incontro, quando un utente arriva in carcere con un incriminazione o una sentenza relativa all uso ed allo spaccio di droghe, è soprattutto la cannabis la sostanza incriminata, per il 73,7% delle persone. Di questa percentuale, l 84,9% arriva in carcere per uso, il 12,6% per spaccio. A seguire, le altre sostanze stupefacenti sono la cocaina (8,4%), anfetamine (5,7%), altre sostanze (5,3%), eroina (4,7%), ecstasy (1,2%). DIPENDENZA NELLE CARCERI Ma la dipendenza colpisce ed affligge anche all interno delle mura carcerarie: in Italia circa il 60% dei detenuti fa uso di droghe, il 33% cannabis, il 40% cocaina e circa il 5% anfetamine. Tra i Paesi che vedono il maggior uso in carcere di droghe, l Olanda raggiunge quota 80%, soprattutto per quanto riguarda la cannabis. Anche in Spagna si consuma principalmente la stessa sostanza, circa il 58% dei detenuti, ma percentualmente l Olanda ed il Regno Unito (70%) sono i Paesi con maggior consumo di cannabis in Europa. Sempre nelle carceri degli stessi due Paesi il 79% della popolazione penitenziaria usa sostanze stupefacenti. Una situazione che preoccupa anche le strutture italiane: nella classifica il nostro è al 7 posto, su 17 Paesi monitorati. I detenuti che registrano un minor consumo di stupefacenti sono invece in Slovenia, Romania e Croazia. OVERDOSE Oggi c è ancora una elevata percentuale di persone che muore di

3 overdose nelle prime settimane successive all uscita dal carcere, oltre a persone che nel primo anno rientrano in carcere perché compiono nuovamente dei reati. Lasciare a se stessi questi pazienti chiosa il Prof. Monarca espone loro stessi a elevati rischi per la loro salute e la società stessa per la recidività dei reati. Studi americani confermano che nei primi 5 anni dalla liberazione, circa il 75% rientra in carcere; il 43% solo nel primo anno. In Italia non abbiamo percentuali così elevate, ma nel primo anno siamo comunque intorno al 30%. Questi sono dati che vengono dal Dipartimento dell Amministrazione Penitenziaria, dove esiste una capacità di monitoraggio di queste situazioni molto precisa. SIMSPe: raddoppiati i malati HIV nelle carceri Si è aperto ieri a Cagliari, sino a domani 5 giugno, il Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (SIMSPe) per la tutela delle condizioni di salute dei detenuti italiani. SIMSPE/SIMIT: raddoppiati in 10 anni i malati HIV nelle carceri in cura (80%), mentre il 30% dei detenuti torna nelle carceri dopo poche settimane dall uscita. Oggi c è ancora una elevata percentuale di persone che muore di overdose nelle prime settimane successive all uscita dal carcere, oltre a persone che nel primo anno rientrano in carcere perché compiono nuovamente dei reati. Più dell 80% della popolazione detenuta HIV positiva è sotto trattamento antivirale con una buona efficacia. Oltre il 73% dei detenuti trattati infatti dimostra una massima efficacia antivirale: considerato l ambiente, è un ottimo risultato, specie se lo confrontiamo ad esempio con quello della popolazione americana, in cui la percentuale dei pazienti con virus negativo nel sangue è inferiore al 45%, livelli che in Italia si registravano all inizio degli anni Duemila. IL CONGRESSO Se n è parlato a Cagliari durante la prima giornata del XVI Congresso Nazionale SIMSPe-Onlus/L Agorà Penitenziaria 2015: Se il Paziente è anche Detenuto. L appuntamento, che prevede la presenza di 250 specialisti, italiani ed europei, e che proseguirà sino a venerdì 5 giugno, è organizzato e presieduto da Sergio Babudieri, Professore di Malattie Infettive all Università di Sassari nonché Presidente della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (SIMSPe). Molti gli argomenti previsti: si parlerà di emergenze cardiologiche e di Sex Offender, tra punizione e risocializzazione, nonché di rischio clinico e responsabilità degli operatori sanitari penitenziari, di gestione dello stress e del malessere organizzativo in carcere. Il titolo Se il Paziente è anche Detenuto è già eloquente spiega il Prof. Sergio Babudieri, Coordinatore Scientifico del Congresso e Presidente della SIMSPe Si tratta di un richiamo per tutta la nostra categoria di medici, ma anche per infermieri, operatori sanitari, agenti di polizia penitenziaria che operano all interno dei 199 istituti penitenziari italiani, che deve ricordare che stiamo parlando di pazienti. Sono detenuti, ma in primo luogo sono dei pazienti. La peculiarità della medicina penitenziaria è che anche le persone che sono sane ricadono sotta la giurisdizione del magistrato di sorveglianza che ha la responsabilità della loro salute; peraltro, per sapere che una persona non è malata è necessario comunque un atto medico. Quindi stiamo parlando di 60mila persone giornalmente in carcere e di circa mila che sono transitate nel sistema penitenziario italiano nel corso di ogni anno: una popolazione simile ad una media città italiana che ha una serie di forti esigenze in tema di salute.

4 La SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali dichiara Massimo Andreoni, Professore di Malattie Infettive, Università di Roma Tor Vergata e Presidente SIMIT è molto interessata al prossimo convegno nazionale di medicina penitenziaria in quanto ritiene che le istituzioni nel mondo carcerario rappresentano una priorità. Recenti studi condotti in merito, infatti, dimostrano come la percentuale di detenuti con infezioni da virus epatitici, dal virus dell AIDS e da tubercolosi sia rilevante. Inoltre, il periodo di detenzione può rappresentare un momento fondamentale sia per l eventuale diagnosi di infezioni non riconosciute sia per avviare cicli di terapia che permettano, come nel caso dell epatite C, di guarire dall infezione. In tal senso, il periodo di detenzione, che rappresenta un momento drammatico per la vita del detenuto, sotto il profilo sanitario può essere funzionale sia a fini diagnostici che terapeutici per le malattie infettive in atto. HIV NELLE CARCERI Un recente studio fatto con la SIMIT, Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali spiega il Prof. Roberto Monarca. Presidente SIMSPe-onlus dimostra che i pazienti affetti da infezioni da HIV sono trattati abbastanza bene all interno delle carceri: c è una elevata accessibilità ai trattamenti, c è una buona capacità di monitoraggio di questi pazienti perché in quasi tutti gli istituti praticamente è possibile eseguire sia una carica virale che il monitoraggio delle funzioni immunitarie. Più dell 80% della popolazione detenuta HIV positiva è sotto trattamento antivirale con una buona efficacia; oltre il 73% dei detenuti trattati infatti dimostra una carica virale sotto le 50 copie: considerato l ambiente, è un ottimo risultato, specie se lo confrontiamo ad esempio con quello della popolazione americana, in cui la percentuale dei pazienti sotto le 50 copie è inferiore al 45%. Uno dei problemi che stiamo studiando è la carenza di terapie innovative nei pazienti detenuti affetti da HIV, ossia vengono spesso utilizzate per i detenuti delle terapie che sono un po datate. I nuovi farmaci, quelli più costosi, ma anche le terapie di semplificazione, hanno ancora una scarsa applicazione in ambito penitenziario e lì dobbiamo lavorare, affinché i nostri detenuti abbiano le terapie più efficaci. L utilizzazione di solo uno o due farmaci al giorno potrebbe semplificare di molto l organizzazione e la qualità della vita dei detenuti. Numerosi studi, sia americani che europei, dimostrano che le persone che vengono prese in carico dalle strutture esterne aggiunge il Prof. Monarca una volta rilasciate dal carcere hanno una minore recidività, sia dal punto di vista clinico che da quello delinquenziale; in altri termini, in questi casi più difficilmente rientrano in carcere. Quindi per interrompere quello che in gergo è definito come il ciclo di carcerazione-uscitareincarcerazione, bisogna intervenire proprio garantendo la continuità terapeutica per il detenuto tornato in libertà. OVERDOSE Oggi c è ancora una elevata percentuale di persone che muore di overdose nelle prime settimane successive all uscita dal carcere, oltre a persone che nel primo anno rientrano in carcere perché compiono nuovamente dei reati. Lasciare a se stessi questi pazienti chiosa il Prof. Monarca espone loro stessi a elevati rischi per la loro salute e la società stessa per la recidività dei reati. Studi americani confermano che nei primi 5 anni dalla liberazione, circa il 75% rientra in carcere; il 43% solo nel primo anno. In Italia non abbiamo percentuali così elevate, ma nel primo anno siamo comunque intorno al 30%. Questi sono dati che vengono dal Dipartimento dell Amministrazione Penitenziaria, dove esiste una capacità di monitoraggio di queste situazioni molto precisa. SINTESI COMUNICATO PRECEDENTE LE CARCERI IN ITALIA La popolazione detenuta in Italia è cresciuta negli ultimi dieci anni dell 80%. La maggior parte delle carceri hanno dei tratti

5 comuni: bagno e cucina nello stesso locale, cambio di lenzuola ogni 15 giorni, bagno alla turca o water separati gli uni dagli altri da un muretto alto appena un metro, strutture fatiscenti. Il personale è insufficiente, gli assistenti sociali sempre meno del necessario. L assistenza sanitaria, come si può facilmente intuire da questo quadro, può risultare spesso di pessima qualità. Sono 199 gli istituti aperti, con una capienza totale di , nonostante i detenuti presenti siano , per un sovraffollamento di 4.628, che equivale ad un +8,1%. I detenuti stranieri rappresentano il 32,6% del totale, pari a , mentre le donne sono 2.309, ossia il 4,3%, di cui sono straniere. (Dati Un dato, quello complessivo, in calo: al 31 dicembre 2013 risultavano detenute nelle carceri italiane persone, il 4,8% in meno rispetto al 2012 (-8% sul 2010). LE MALATTIE INFETTIVE NELLE CARCERI Secondo l indagine che sarà presentata durante il congresso dalla SIMSPe, almeno una patologia è presente nel 60-80% dei casi. Questo significa che almeno due persone su tre sono malate. Tra le malattie più frequenti, proprio quelle infettive, che interessano il 48% dei presenti. A seguire i disturbi psichiatrici (32%), le malattie osteoarticolari (17%), quelle cardiovascolari (16%), problemi metabolici (11%) e dermatologici (10%). Una situazione che, nonostante l appello di cui l associazione si è fatta portavoce negli ultimi anni, non ha sortito l effetto sperato. Gli ultimi dati sulle epatiti, infatti, hanno rilevato la presenza di un malato di questa patologia ogni tre persone residenti in carcere. In calo i sieropositivi per Hiv. Bisogna ricordare che il paziente detenuto di oggi, è il cittadino libero di domani chiosa il Prof. Babudieri Tutte le informazioni di tipo scientifico ed epidemiologico, sia in Italia che all estero, indicano sempre lo stesso punto, ossia che in carcere si concentrano persone che hanno comportamenti di vita che sono a rischio dell acquisizione di una serie di malattie non solo infettive, ma anche di tipo metabolico, come ad esempio obesità, fumo, alcolismo; da ciò si evince evidentemente che il carcere è un ambito in cui la sanità pubblica può più facilmente intercettare persone che, una volta invece diluite nella popolazione generale, è più difficile incontrare, anche perché per il loro stile di vita spesso non hanno il bene salute nei primi posti della loro scala dei valori. I CASI INCONSAPEVOLI SONO I PIU PERICOLOSI Secondo l indagine della SIMSPe, che ha studiato i singoli casi dei detenuti che si sono sottoposti a test e controlli (circa il 56%), il tasso di trasmissione stimato dalle persone HIV+ consapevoli si aggira tra l 1.7% e il 2.4%. Molto più alto, quasi 6 volte superiore, quello stimato dalle persone HIV+ inconsapevoli, che raggiunge anche il 10%. COS E LA SIMSPe ONLUS La SIMSPe è una onlus che si occupa proprio di tutelare la salute dei detenuti. La SIMSPe è una società scientifica a livello nazionale, in cui le varie regioni danno un contributo in diversa misura. La SIMSPe elabora studi e numeri su questo tema; si occupa inoltre della formazione di infermieri, psicologi, medici che operano nei 199 istituti penitenziari italiani. Si tratta dunque di attività formative e di coordinamento dell operatività medica in tale ambito; vengono, ad esempio, stese le linee guida per chi è affetto da HIV, da virus epatitici o da malattie sessualmente trasmissibili. Chi capisce bisogni dei singoli sono proprio medici e infermieri, seconda categoria con cui i detenuti sono in contatto dopo gli agenti, che, pertanto, vanno preparati in maniera specifica.

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