La ricchezza delle famiglie in tempi di crisi

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1 La ricchezza delle famiglie in tempi di crisi Eugenia Scabini I puntini che sono presenti nel titolo danno il senso di un accostamento azzardato e provocatorio. Ha un significato assai diverso infatti parlare di ricchezza in tempi di affluenza, cosa che suggerisce l idea di risorse illimitate, e in tempi di crisi, una crisi come quella odierna che non è certamente contingente ma strutturale e che richiede e richiederà una radicale trasformazione degli stili di vita personali e sociali. Nel tempo dell affluenza si può facilmente ricorrere alla soluzione a pioggia, in cui ciascuna parte riceve non certo un uguale quantità di beni ma comunque ciascuna parte riceve almeno qualcosa non inferiore a quello ricevuto in precedenza, magari un po aumentato, il che dà l idea di un possibile progresso. Cosa succede in tempi di crisi? La crisi indica una situazione instabile, appunto critica nella quale chi è in situazione di debolezza può finire ai margini. E curioso constatare i duplici significati che sono nell etimologia della parola crisi. La radice greca indica decisione e scelta il che implica un giudizio rischioso, come quando si è a un bivio, o, se si vuole fare riferimento a un termine che compare ancora oggi nella lingua italiana su un crinale, di qua o di là. Nell ideogramma cinese, una lingua assai lontana dalla nostra, crisi indica sia pericolo che opportunità. Nei momenti di crisi ciascuno, e specialmente chi è in posizione di responsabilità, è chiamato a operare scelte chiare e coraggiose e perciò non può evitare di porsi domande importanti quali: che cosa fa ricchezza nella vita della società, quale ricchezza vogliamo e di quale ricchezza parliamo? Da questo punto di vista la condizione di crisi è una condizione sì drammatica ma anche profetica di nuovi modi di pensare come ci ricorda Benedetto XVI nella Caritas in Veritate (n. 21) quando dice che la crisi può diventare occasione di discernimento e di nuova progettualità. La condizione di crisi ci obbliga a puntare dritto all essenziale e a lasciar perdere l accessorio. Allora la crisi ci obbliga a pensare in termini nuovi la ricchezza. 1

2 Richiamando il noto testo di Adam Smith, La Ricchezza delle Nazioni, abbiamo dato come titolo al nostro volume, La Ricchezza delle Famiglie con un analogia azzardata ma non fuori luogo. La ricchezza cui intendiamo riferirci non è tanto il possesso di beni materiali ma fa riferimento a un tipo di beni diverso, spesso chiamati immateriali, definiti per contrasto da quelli materiali, il che indica la nostra difficoltà ad afferrarli (ma come vedremo non per questo meno potenti). Vediamo di chiarire. Nelle situazioni di crisi si capisce di più che la ricchezza è una risorsa nel senso che non è qualcosa di dato come può essere un lingotto d oro o anche un bel capo di vestiario che possiedi e che puoi conservare o consumare ma qualcosa che si produce, si genera nelle relazioni e si incrementa, o meglio si può incrementare, se queste relazioni sono valorizzate e supportate. Vogliamo dar loro un nome? Fiducia, affidabilità, capacità e costanza nell affrontare le prove, resilienza 1. Questi beni relazionali sono la ricchezza delle famiglie, il loro tesoro. Si usa chiamarli anche capitale umano. Sono beni relazionali nel senso che sono prodotti dalle relazioni familiari e a loro volta producono nuove capacità relazionali che arricchiscono la nostra vita sociale. Non sono beni di consumo, deperibili e richiedono capacità di personalizzazione e investimenti a lungo termine. E a dire possono essere prodotti solo nei contesti che hanno a cuore e come fine la realizzazione dell identità personale. E stato importante per noi il testo di James Heckmann e la sua tesi che compare all inizio del volume perché dimostra, da economista, quanto sia vera l idea che questi beni relazionali prodotti dalle famiglie siano decisivi per il benessere della società, per la sua prosperità o ricchezza. La voglio richiamare brevemente e ricordare come questo autore è arrivato a questa conclusione perché l itinerario è forse più interessante della stessa tesi. 1 Quest ultima parola infatti sempre di più viene vista in psicologia niente affatto come l equivalente di invulnerabilità ma piuttosto come capacità relazionale. Froma Walsh la definisce un atteggiamento di apertura verso le esperienze e di interdipendenza nei rapporti con gli altri (La Resilienza Familiare, Cortina, Milano, 2008). 2

3 La tesi è semplice e dice sostanzialmente che se si investe nelle risorse educative delle famiglie sostenendo lo sviluppo delle competenze cognitive e socio emotive dei bambini e degli adolescenti, la società nel lungo termine ne guadagnerà perché avrà cittadini più capaci, più produttivi che non pesano passivamente sul welfare ma che sono in grado di essere autonomi. Diciamo che prevenire e investire in una soluzione a monte, nelle fasi precoci dello sviluppo è meglio e più economico che porre rimedio a valle. Nello specifico Heckman dice che investire nello sviluppo dei bambini svantaggiati genera un tasso di ritorno annuale compreso tra il 9 e il 10 per cento grazie alla migliore istruzione raggiunta, e al contenimento di possibili comportamenti antisociali. La ricerca di Heckman è importante perché dimostra, dati alla mano, cosa vuol dire contare su famiglie che funzionano e cosa capita alla società se le famiglie non funzionano. Ma l interesse della sua ricerca sta, come ho detto, nell itinerario con cui è arrivato a queste conclusioni. Questo autore è arrivato a comprendere il ruolo di quei beni relazionali che egli chiama abilità non cognitive in base a un risultato inatteso. Ecco come sono andate le cose. Negli anni 60 del secolo scorso, come ci ricorda Vittorio Cigoli nel suo contributo, negli Stati Uniti vi è stato un grande investimento a favore degli interventi precoci per fronteggiare lo svantaggio e la disuguaglianza sociale. E all interno di questo contesto che si situa il Perry Preschool Program di cui parla Heckman che forniva per 2 anni a bambini svantaggiati di età compresa tra i 3 e i 5 anni una attenzione tutta speciale sia a scuola che in famiglia coinvolgendo in particolare le madri. Come per altri programmi simili, questo programma, centrato soprattutto sul potenziamento del versante cognitivo, dopo un iniziale fase positiva, non ha ottenuto i risultati sperati, perché quando i bambini hanno raggiunto i 10 anni di età tra il gruppo di bambini che hanno usufruito di questo programma e il gruppo di controllo non si era rilevata nessuna differenza. Il vantaggio era un bene deperibile. 3

4 Qual è stata il punto a favore di Heckman? Il fatto che egli ha misurato gli effetti a lungo termine; i bambini sono stati seguiti per circa 40 anni e i loro successi o fallimenti sono stati confrontati con quelli del gruppo di controllo. Nel lungo tempo Heckman ha dovuto constatare che il programma ha avuto un significativo tasso di ritorno annuo, pari circa al 6-10 per cento. Dato che il QI era sostanzialmente uguale nei 2 gruppi Heckman ha concluso che il motivo della differenza nell esito dei 2 gruppi risiedesse in qualcosa di diverso dalle abilità cognitive e cioè nelle abilità non-cognitive. Che cosa è quel qualcosa di più che è passato? Nei nostri termini possiamo dire che, attraverso programmi di sostegno ai bambini e alle famiglie che implicano una attenzione personalizzata ai loro itinerari di vita, si è ottenuto un beneficio sociorelazionale non programmato. Quei bambini hanno imparato il linguaggio delle relazioni, lo hanno sperimentato, sono diventati socialmente competenti. Hanno imparato ad avere fiducia invece che a diffidare (origine dell antisocialità), hanno imparato a chiedere aiuto, ad apprendere dall esperienza (invece che a ripetere errori), si sono portati a casa la voglia di imparare anche se non sono diventati particolarmente brillanti e ciò ha avuto effetti sulla costruzione della loro personalità. Ecco la ricchezza insostituibile che offrono le famiglie se ad esse - e non solo a quelle marginali e povere - si dà spazio e sostegno nel loro compito educativo. Urie Brofenbenner (Rendere umani gli esseri umani, Erikson, Trento, 2010) dice, con bella espressione la famiglia rende umani gli esseri umani e lo fa nei primi anni di vita ma anche nel corso di tutto lo sviluppo. Le famiglie sono il luogo della nascita e della rinascita (perché si è ricchi se si riesce a rinascere più volte nella vita), le famiglie sono il luogo del possibile rinnovamento, parola che preferisco a innovazione. Hanna Arendt (Vita Activa, Bompiani, Milano, 2001) ha parole indimenticabili sulla nascita che ella collega alla capacità umana di agire. Il miracolo che preserva il mondo, la sfera delle faccende umane, dalla sua normale naturale rovina è in definitiva il fatto della natalità, in cui è ontologicamente radicata la facoltà di agire 4

5 Il fatto che l uomo sia capace di azione significa che da lui ci si può attendere l inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile. E ciò è possibile perché ogni uomo è unico e con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa di nuovo nella sua unicità. Nel tempo della crisi siamo di fronte alla scelta se tamponare nel breve, lasciando alle nuove generazioni debiti e problemi o investire nel lungo termine su quel congegno delicatissimo che è la famiglia supportandola nell impagabile compito di creare la ricchezza del futuro cioè nuovi esseri umani, nuove generazioni, capaci a loro volta di generare rinnovamento. E questa impresa può essere fatta solo dalle famiglie ma non dalle famiglie sole, non dalle famiglie lasciate sole. Solo se le famiglie (e ciò è massimamente vero in un momento storico come quello attuale che vede dispersione e frammentazione) sono inserite in una rete cooperativa, in una caring society, possono produrre questi beni relazionali. Occorre perciò che questo tipo di ricchezza sia valorizzata da chi ha la responsabilità sociale e tradotta in azione e pratiche che esprimono nei fatti questo valore aggiunto nelle relazioni familiari. 5

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