La violenza nel mondo giovanile

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1 da: Quaderni del Lionismo n pag. 66 Osvaldo de Tullio La violenza nel mondo giovanile In tema di violenza, soprattutto per i suoi effetti nei confronti dei giovani e giovanissimi, i mass media hanno una duplice responsabilità. In primo luogo quella di farsi pericoloso megafono amplificatore degli atti di violenza che con troppa frequenza la vita quotidiana ci offre. Non minore responsabilità è quella derivante da un altro aspetto del modo di essere della stampa - cartacea, radiofonica e televisiva - contemporanea. In materia sono arrivato a conclusioni scoraggianti, gravi, che ora proverò a dirvi, nella segreta speranza che ci sia qualcuno dei lettori che possa dimostrarmi che mi sono sbagliato, che esistono e sono diffusi il concetto e la pratica della neutralità e che dunque la forma più sottile, sofisticata, perversa e più pericolosa di violenza su cui mi sono soffermato è opera della mia fantasia, che non ce ne dobbiamo preoccupare più di tanto e che il rimedio c è. Io vi anticipo che non l ho visto. Anzi, nemmeno intravisto! Avrete capito che io non mi riferisco alla violenza materiale che è cruenta, ma manifesta ed evidente e quindi forse meno pericolosa. Ne resta colpito il destinatario e basta li. A parte naturalmente le conseguenze negative dell esempio. Violenza morale Parlo, invece, della violenza morale, quella che il diritto romano definiva vis coacta, vis compulsiva e che è dovuta al fatto che non esiste più l informazione neutrale ed obiettiva. Tutti leggiamo i giornali e sappiamo e vediamo quotidianamente che le cose stanno diversamente a seconda che se ne occupino, ad esempio, le colonne dell Espresso o Repubblica o invece quelle del Giornale. Ma soprattutto non stanno allo stesso modo per quella ricca congerie di mezzi di

2 informazione più diretti ed immediati sommari, superficiali e che non favoriscono la riflessione - ma comunque potentissimi che sono le televisioni per alcune delle quali il reprobo dell uno diventa l eroe dell altro. E non venite a dirmi che tanto lo sappiamo che alcune voci sono partigiane e ci ammaniscono le loro verità. Prima perché il cittadino semplice queste cose non sempre le sa. E poi perché - e soprattutto per questo motivo - c è violenza in ambedue. Qui non stiamo cercando da quale parte sia la verità, cosa che in questa sede non interessa. Il nostro intento è solo quello di esaminare se si faccia violenza sulle coscienze quando si fanno apparire per vere ed indiscutibili verità quelli che sono soltanto punti di vista. La pubblicità Una forma subdola di violenza è anche quella del pubblicitario che vi convince della bontà del prodotto spogliando sempre più le donne che ve lo presentano che, fra l altro, sono sempre stupendi esemplari del femminino che non ci è dato incontrare di frequente nel quotidiano e che non riusciamo sempre a capire quale relazione abbiano con i cuscinetti a sfere che propagandano. Voi comprate quel detersivo che vi è rimasto impresso indelebilmente e piacevolmente come quella creatura di sogno che ve lo ha presentato. E vi accorgete che il detersivo è diverso dalla creatura di sogno. E qui che sta la violenza: nella suggestione creata, nel filo diretto con il vostro inconscio che è nato nel primo caso da una pretesa di verità, nel secondo caso da una immagine irreale e provocatoria del vostro senso estetico. Si può fare qualcosa e che cosa per eliminare queste forme di violenza? Io, devo confessare, una risposta semplice e convincente non l ho trovata e vi dico questo con preoccupazione oltre che con la segreta speranza che esperti più esperti di me in tema di antropologia e di scienze sociali possano trovarla. Perché questa sfiducia? La cultura mediatica e la pratica giornalistica britannica conoscono la fondamentale distinzione fra fatto e commento del fatto e là si dice: questo è il fatto, che si cerca di esporre con la massima obiettività possibile. Segue il

3 commento, che spesso è anche tipograficamente distinto, e che naturalmente risente di elementi soggettivi relativi all autore. Ma occorre riconoscere che già nel rilevamento del fatto si annida il problema della obiettività della informazione e dunque della violenza occulta. La soggettività dall operatore mass - mediatico si estrinseca fin dal primo momento nella stessa percezione del fatto che, in buona fede ed istintivamente, susciterà sensazioni ed emozioni diverse a seconda del proprio vissuto, esperienza, vicissitudini del momento e retroterra culturale ed ideologico. Quel che voglio dire è che il raccontatore del fatto è influenzato da fattori specifici e personali già nel momento del rilevamento sicchè non ha tutti i torti chi si azzarda a dire che la sola informazione oggettiva è quella fotografica (ed anche qui ci sono molti dubbi come gli esperti di fotogenia ben sanno). Quando dobbiamo dire se a San Giovanni, per quella manifestazione, erano in centomila o in un milione, se gli oratori sono stati più o meno violenti, se i disturbatori o quelli che vi si trovarono per caso furono uno o cento dobbiamo ammettere che purtroppo le personali inclinazioni ci fanno vedere diversamente le cose. E questo è un fatto fisiologico, naturalmente entro certi limiti. Se ho cultura industriale per me l unico modo per uscire dalla crisi della Fiat sta nel piano di ripresa che prevede purtroppo ottomila licenziamenti. Se la mia cultura è di segno diverso io potrei legittimamente auspicare che il grande azionista di controllo ci rimetta ora un po del guadagno conseguito al tempo della vacche grasse. Insomma diremo in conclusione che ci sono distorsioni fisiologiche e patologiche. Le prime sono dovute alla natura dell uomo, alla sua cultura. E non sono eliminabili. Le seconde sono dovute ad influenze mondane, alla mala fede, al desiderio di guadagno, al malcostume, al desiderio di ingraziarsi i potenti di turno, insomma alla disonestà molto diffusa oggi e che resta disonestà anche quando si ammanta dell attributo di intellettuale. Ci sono addirittura dubbi antropologici sul fatto che una verità ed una sola esista! Questa non è una cosa nuova: l hanno detta e ci hanno lavorato

4 su filosofi, sociologi nonché poeti e scrittori. E stata portata addirittura sulle scene teatrali con Pirandello. Allora? Dobbiamo subire il fenomeno senza poterlo modificare? Certo che no! Possiamo, anzi è doveroso intervenire per ridurre il fenomeno alle minime dimensioni possibili. Penso, ad esempio, che si debba prima di tutto invocare l istituzionale dovere di neutralità che, in ragione della delicatezza della funzione, incombe, per quanto possibile e con i limiti che abbiamo visto, su tutti gli operatori mass mediatici. In particolare su quelli che operano in aziende pubbliche pagate dai cittadini che hanno dunque diritto, per contratto sociale, al massimo sforzo di obiettività. Neutralità non significa mettere insieme uomini di parti diverse e contrarie, quasi che una ammucchiata di atteggiamenti contrastanti potesse produrre un organismo neutrale. Istruttivo in proposito è quello che succede in RAI, la cui legge istitutiva prevede che a reggerla siano chiamati uomini di notoria indipendenza. Invece vi si mandano uomini di tutte le parti politiche nella evidente supposizione che le influenze si bilancino fra loro. La conseguenza è la lottizzazione più feroce con l abominevole corollario della legalizzazione (?) della partigianeria. Altro che indipendenza! Ogni rete fa la propria politica di parte. Tanto, si ritiene, la sua bugia sarà controbilanciata dalla bugia dell altro! Ma il cittadino? Questo è il sistema per condannarlo definitivamente a sentire tante bugie e nessuna verità! Il fenomeno della soggettivizzazione dei fatti è vecchio quanto il mondo e non scopriamo niente dicendo che ci sono distorsioni fisiologiche e patologiche. Possiamo però e dobbiamo invocare e pretendere che sia eliminato il momento della disinformazione cosciente, voluta, preordinata, fatta per obbedire agli ordini del padrone, rivendicando la nobiltà della missione dell informatore, che in tanto è missione nobile e bella in quanto non sia in cosciente mala fede.

5 Il male è antico. Il danno è moderno. Quando l informazione era del tutto carente come nei secoli passati in cui non esistevano né giornali, né radio, né televisioni il problema non si poneva per carenza dei suoi logici presupposti. Difettava addirittura l informazione! Quindi essa non poteva essere né buona né cattiva. In un secondo tempo il numero dei lettori fu limitato alle classi colte che in qualche modo riuscivano a sfuggire alle insidie contenute nelle informazioni parziali o distorte. Oggi il problema è diventato grave, molto grave, un serio problema sociale e di rispetto umano, per l enorme numero dei mezzi di comunicazione, per la loro rapidità, per l intensità e la massa delle notizie e per la conclamata partigianeria, spesso senza pudori, degli informatori. Ognuno è libero di esprimere le proprie opinioni ma deve render chiaro che di opinioni si tratta e non di punti di vista partigiani e personali contrabbandati per verità. Ne va di mezzo non tanto la dignità di chi viene ingannato ed offeso quanto quella dell offensore, che a questo punto non esplica più la nobile, e necessaria in democrazia, funzione di informare ma quella per nulla nobile e non necessaria di ingannare.

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