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1 Civile Sent. Sez. 5 Num Anno 2016 Presidente: CIRILLO ETTORE Relatore: TRICOMI LAURA Data pubblicazione: 15/04/2016 SENTENZA sul ricorso proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'avvocatura GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende; - ricorrente contro GIOVAN BATTISTA MANCINI DITTA SRL IN LIQUIDAZIONE FALL /01 del TRIBUNALE DI ROMA in persona del Liquidatore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA AZUNI 9, presso lo studio dell'avvocato PAOLO DE CAMELIS, che 1o rappresenta e difende giusta delega a

2 margine; - con troricorrente - avverso la sentenza n. 20/2009 della COMM.TRIB.REG. di ROMA, depositata il 29/01/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/03/2016 dal Consigliere Dott. LAURA TRICOMI; udito per il ricorrente l'avvocato FIORENTINO che ha chiesto l'accoglimento; udito per il controricorrente l'avvocato DE CAMELIS che si riporta agli atti; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

3 3 RITENUTO IN FATTO 1. La Commissione Tributaria Regionale del Lazio, con sentenza n. 20/03/09, depositata il e non notificata, confermava la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla Ditta Giovan Battista Mancini SRL in liquidazione avverso l'avviso di accertamento per IVA, relativa all'anno di imposta 1998, non corrisposta dalla contribuente ai sensi dell'art.58 del DL n.331/1993, conv. in L n.427/1993 per vendita dei beni presso uno Stato comunitario. La Ditta aveva fornito alla società G.E.B. a RL prodotti cartacei, previo rilascio da parte della stessa della dichiarazione di cui all'art.1 lett. c) del DL n.746/1983, conv. in L n. 17/1984, intendendo avvalersi della facoltà di acquisto senza applicazione dell'iva per merce da consegnare presso uno Stato comunitario. L'Agenzia aveva fondato il rilievo sulla mancanza di prova della consegna della merce presso uno Stato comunitario. 2. Il giudice di appello ha sostenuto che costituiva condizione all'esenzione la sola presentazione della dichiarazione da parte dell'acquirente intermediario, soggetto che assumeva su di sé la responsabilità del corretto svolgimento della procedura di trasferimento del bene e che la emissione della fattura senza IVA era legittima in quanto accompagnata dalla dichiarazione. Affermava inoltre che la pretesa tributaria nei confronti della contribuente non era fondata, perché quest'ultima avevar subito una truffa consistita nel mancato pagamento del prezzo. 3. La Agenzia propone ricorso per cassazione articolato su due motivi e la contribuente replica con controricorso e memoria ex art.378 cpc. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Preliminarmente va respinta l'eccezione di tardività della notifica del ricorso per cassazione, avvenuta tempestivamente entro l'ultimo giorno il Con il primo motivo è stata denunciata la violazione degli artt.41 e 58 del DL n.331/1993, conv. in L n.427/1993, 8 e 21, comma 2, del DPR n.633/1972, 1 dei DL n.746/1983, conv. in L n.17/1984, 5 e 28 quater della Dir. CEE n. 77/388/CE, 14 e 20 della Dir CEE n. 2006/112/CE (art.360, comma 1, n.3, cpc) per aver erroneamente ritenuto la CTR assolte le condizioni per la non imponibilità IVA sulla scorta della annotazione in fattura, senza che fosse stato reperito alcun documento attestante la Cons. est. Laura Tricorni

4 4 destinazione comunitaria della merce e nonostante l'intestatario delle fatture fosse un'impresa italiana, ritenendo invece sufficiente la mera presentazione da parte del cessionario italiano di una dichiarazione di intento Con il secondo motivo è stata denunciata la violazione degli artt.6 del DPR n.633/1972 e 654 cpp (art.360, comma 1, n.3, cpc), per avere erroneamente ritenuto la CTR che la circostanza che la contribuente avesse subito una truffa fosse idonea a sottrarla all'obbligo tributario connesso alle operazioni commerciali concluse I motivi sono fondati e possono essere trattati congiuntamente L'articolo 41, comma 1 lett. a), del DL n. 331 del 1993 prevede che costituiscono cessioni non imponibili " a) le cessioni a titolo oneroso di beni, trasportati o spediti nel territorio di altro Stato membro, dal cedente o dall'acquirente, o da terzi per loro conto, nei confronti di cessionari soggetti di imposta o di enti, associazioni ed altre organizzazioni indicate nell'art.4, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n.633, non soggetti passivi di imposta Quindi l'art.58 del citato DL prevede anche una fattispecie di triangolazione cd. nazionale, costituita dalla presenza di due operatori nazionali e uno comunitario: anche in questo caso l'operazione non è imponibile, ma a condizione che i beni siano trasportati o spediti in altro Stato membro a cura o a nome del cedente, anche per incarico dei propri cessionari o commissionari di questi. Ove ciò avvenga, le imposte sono corrisposte dal cessionario presso gli uffici finanziari dello Stato membro di destinazione Orbene, nel caso Teleos (C-409/04), la Corte di giustizia ha espresso, in via generale, l'esigenza «che la qualificazione di una cessione o di un acquisto intracomunitario venga effettuata in base ad elementi oggettivi, quali l'esistenza di un movimento fisico dei beni di cui trattasi tra Stati membri». Ne consegue che l'effettiva movimentazione del bene dall'italia ad un altro Stato membro rappresenta una tra le condizioni necessarie per l'applicazione del regime di non imponibilità di cui al citato articolo 41. Di recente la Corte di giustizia (C-273/11, punti 31 e 32) ha ribadito che, secondo una costante giurisprudenza, l'esenzione della cessione intraconnunitaria diviene applicabile solo quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all'acquirente e quando il venditore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione (v. sentenze Teleos e a., cit., punto 42; del 27 settembre 2007, Twoh International, C-184/05, Racc. pag , Cons. est. Laura Tricorni

5 5. punto 23; del 7 dicembre 2010, R., C-285/09, Racc. pag , punto 41, e del 16 dicembre 2010, Euro Tyre Holding, C-430/09, Racc. pag , punto 29). La Corte, con tale decisione (C-273/11), ha peraltro sottolineato che il trasferimento all'acquirente del diritto di disporre di un bene materiale come proprietario, costituisce una condizione relativa a qualsiasi cessione di beni, definita all'articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, e non consente, di per sé, di determinare il carattere intracomunitario.dell'operazione interessata, essendo a tal fine necessario che la merce abbia fisicamente lasciato il territorio dello Stato di cessione Fissato questo presupposto oggettivo, la Direttiva 2006/112/CE non fornisce indicazioni circa la prova della movimentazione del bene, che grava sul cedente, lasciando, invece, che siano gli Stati membri a definirla, nel momento in cui fissano le condizioni e i requisiti per l'applicazione del regime di non imponibilità. Stante la mancanza nell'ordinamento interno di una norma che stabilisca quali documenti siano idonei a dimostrare l'avvenuto trasferimento del bene dall'italia ad altro Stato membro, la prassi amministrativa ha fornito alcune indicazioni in merito (cfr. risoluzione n. 19/E del 2013 e 71/E del 2014). In particolare nella ipotesi in cui il cedente non abbia provveduto direttamente al trasporto e non sia in grado pertanto di reperire il documento relativo (ad esempio in caso di cessioni franco fabbrica), l'amministrazione ha stabilito il principio per cui la prova del trasferimento del bene "può essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato membro" (cfr. ris. n. 477/E del 2008) In considerazione delle disposizioni normative, dei principi di diritto eurounitario, delle indicazioni fornite dall'amministrazione finanziaria e del normale svolgimento delle transazioni commerciali, questa Corte con molteplici pronunce ha affermato, sotto il profilo probatorio, che in tema di I.V.A., ed in fattispecie di cessione intracomunitaria ex art. 41 del DL n.331/1993, convertito, con modificazioni, dalla L n.427/1993, grava sul cedente, ai sensi dell'art cc, l'onere di dimostrare, con mezzi adeguati, tali da non lasciare dubbi, i presupposti della deroga al normale regime impositivo e, cioè, non solo la consegna della merce al vettore, ma anche l'effettività dell'esportazione in altro Stato membro e la propria buona fede, potendo, quindi, essere negata, secondo la sentenza della Corte di Giustizia CE del 6 settembre 2012 (C-273/11), l'esenzione al contribuente ove risulti, in base ad elementi oggettivi, che egli, conoscendo o avendo dovuto conoscere che l'operazione effettuata rientrava in un'evasione posta in essere Cons. est. Laura Tricorni

6 6 dall'acquirente, non aveva adottato misure ragionevoli per evitare di parteciparvi (Cass. sent. nn /2011, 7389/2012, 13457/2012, 4636/2014, 176/2015, 8643/2015, 15639/2015). Si è in tal modo dato continuità all'indirizzo in forza del quale la non imponibilità delle cessioni di beni asseritamente destinati all'esportazione, subordinata alla dichiarazione scritta di responsabilità del cessionario sulla destinazione del bene fuori del territorio comunitario e al possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla norma, viene meno qualora si accerti che i beni non siano stati effettivamente esportati e che tale dichiarazione sia ideologicamente falsa. In questo caso l'obbligo del cedente di assolvere successivamente - VIVA su tali beni può essere escluso solo nella misura in cui risulti provato che egli abbia adottato tutte le misure ragionevoli in suo potere, al fine di assicurarsi che la cessione effettuata non lo conducesse a partecipare alla frode In questo contesto, la CTR non ha fatto corretta applicazione della normativa in esame e dei principi fissati dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale in quanto ha ritenuto sufficiente per riconoscere la esenzione di imposta quanto riportato nelle fattura dalla parte privata (Es. art.41) sulla scorta della sola dichiarazione dell'intermediario, senza che alcun documento attestasse la destinazione comunitaria della merce, senza la prova del trasferimento all'estero della merce e dell'adozione da parte della ditta contribuente di tutte le misure ragionevoli in suo potere, al fine di assicurarsi che la cessione effettuata non la conducesse a partecipare alla frode fiscale Tale ultima considerazione conduce anche all'esame del secondo motivo In proposito, sulla scorta del quadro normativo e giurisprudenziale premesso, va escluso, contrarinnente a quanto ritenuto dalla Commissione, che la circostanza che la parte abbia subito una truffa sia rilevante e pertinente ai fini dell'applicazione dell'esenzione di imposta vantata Va infatti ribadito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla controricorrente, l'operazione in esame, per i motivi espressi da sub a sub , non può essere qualificata come cessione all'esportazione, ma deve essere qualificata come cessione interna, in quanto priva del presupposto oggettivo del trasferimento dei beni presso uno Stato membro, richiesto per l'applicazione del principio di non imponibilità e non essendo stata provata dalla contribuente nemmeno l'assenza di un proprio coinvolgimento nell'attività fraudolenta del cessionario verso il sistema dei tributi armonizzati. Cons. est. Laura Tricorni

7 La circostanza che la contribuente deduca di essere stato, a sua volta, vittima di una truffa da parte dei cessionario, infatti, non è sufficiente ad integrare la buona fede in capo alla cedente circa la sussistenza dei presupposti oggetti e soggettivi richiesti ai fini dell'applicazione del regime di esenzione dell'iva. Secondo i principi fissati dalla giurisprudenza comunitaria, è richiesto che l'operatore economico provi di non essere stato a conoscenza del fatto che in realtà non erano state soddisfatte le condizioni legali per l'applicazione del regime della non imponibilità, o di non essersene potuto rendere conto, pur facendo prova di tutta la diligenza di un commerciante avveduto (Corte giust. 21 febbraio 2008, causa C-271/06, Netto Supermarket Gmbh). Orbene nulla di tutto ciò si evince da quanto accertato in fatto, atteso che l'unico profilo della pretesa truffa valorizzato dalla CTR è stato il mancato pagamento del prezzo, circostanza che non attiene ai presupposti per l'applicazione del regime di esenzione intracomunitaria, ma configura solo l'inadempimento dell'obbligazione di pagamento da parte del cessionario ed è priva di rilevanza sul piano fiscale, se non confluisce in una variazione ai sensi dell'art. 26 del DPR n.633/ Ne consegue che l'operazione, che non può avvalersi del regime speciare, ricade sotto la disciplina ordinaria: ciò incide direttamente sul soggetto emittente la fattura, costituendolo debitore d'imposta sulla base dell'applicazione del solo principio dì cartolarità, secondo il quale l'imposta è dovuta ogniqualvolta la fattura sia emessa ai sensi dell'art.6, commi 4 e 5 del DPR n.633/1972, anche se per un'operazione non avvenuta o non avvenuta nei termini in essa descritti (cfr. Cass. n.12111/2015, 27141/2011) Conclusivamente il ricorso va accolto sui due motivi; la sentenza impugnata va cassata e, non essendo necessarie ulteriori valutazioni, la controversia può essere decisa nel merito con il rigetto dell'originario ricorso Le spese di giudizio della fase di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidate in dispositivo. Le spese di giudizio delle fasi di merito si compensano. P.Q.M. La Corte di cassazione, accoglie il ricorso su tutti i motivi; Cons. est. Laura Thcorni

8 8 cassa la sentenza impugnata e decide nel merito con il rigetto dell'originario ricorso; condanna la controricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di C.3.600,00, oltre spese prenotate a debito; compensa le spese di giudizio per le fasi di merito. Così deciso in Roma, camera di consiglio del 2 marzo 2016.

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