INTERVENTO DELLA CGIL NAZIONALE E DELLA FILCTEM CGIL NAZIONALE ALL'AUDIZIONE DELL'AUTORITÀ PER L'ENERGIA ELETTRICA ED IL GAS DEL 20 SETTEMBRE 2011

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1 INTERVENTO DELLA CGIL NAZIONALE E DELLA FILCTEM CGIL NAZIONALE ALL'AUDIZIONE DELL'AUTORITÀ PER L'ENERGIA ELETTRICA ED IL GAS DEL 20 SETTEMBRE 2011 Il 12 e 13 giugno gli elettori si sono espressi con chiarezza sul destino del nucleare rendendo impraticabile questa soluzione che non potrà essere riproposta al paese, almeno con l'attuale tecnologia. Del resto, ben prima di Fukushima noi avevamo considerato molto negativa la scelta del Governo di ritornare al nucleare, sia per la insufficiente sicurezza della tecnologia, che per i suoi costi ma anche per l'accettabilità sociale della proposta e le procedure decisionali previste per le localizzazioni. Il referendum ha indirettamente definito l'area di intervento per la scelta del mix energetico nazionale necessario alla soluzione dei problemi di sicurezza di approvvigionamento. Dalla crisi libica e del disastro di Fukushima, si conferma la necessità per il nostro Paese di una diversa politica energetica, che affronti i problemi della riduzione delle emissioni previste dagli impegni comunitari per la lotta ai cambiamenti climatici e della compatibilità dei costi dell'energia. Nel quadro della definizione di una strategia energetica di transizione verso una economia a basso contenuto di carbonio la via da percorrere è, a nostro avviso, quella dell'efficienza e del risparmio energetico, dell'uso sempre più esteso delle rinnovabili, della diversificazione delle fonti e dei fornitori, è indispensabile dunque approvare il nuovo Piano Energetico Nazionale. Il Governo e il Parlamento al più presto devono operare in questa direzione. Molti Paesi avanzati hanno posto nella loro agenda politica il problema della fuoriuscita e del ridimensionamento del nucleare orientandosi con rinnovata attenzione verso l'efficienza e le rinnovabili, ma anche verso un utilizzo accorto delle fonti fossili. L'Italia non avendo, fortunatamente, l'incombenza di gestire l'uscita dal nucleare, può utilizzare questo vantaggio e le risorse economiche nella fase di profonde trasformazioni che investirà il settore dell'energia nei prossimi anni che saranno caratterizzati dalla ricerca di una efficienza sempre più spinta, da un uso massiccio delle rinnovabili e dallo sviluppo di reti energetiche interattive. Il recente riacutizzarsi della crisi economica, che negli ultimi mesi ha colpito con particolare durezza il nostro come altri paesi europei, sta provocando un riduzione ulteriore della 1

2 produzione industriale nazionale mettendo a rischio circa posti di lavoro in settori già seriamente in difficoltà. In questo quadro si accentuano i fenomeni di delocalizzazione all'estero di importanti attività produttive e si evidenziano gli effetti negativi, sui consumi energetici ed elettrici rendendo più lunghi i tempi di recupero della domanda e mettendo a rischio il futuro degli investimenti già programmati nel settore energetico. Un rischio che occorre scongiurare per un settore già interessato direttamente dagli alti costi di produzione dell'energia. Tale rischio trova riscontro negli incontri sindacali con le nostre controparti del settore energetico che con frequenza allarmante ci comunicano la cancellazione di investimenti già previsti per impianti e installazioni energetiche. Peraltro, le aziende industriali e manifatturiere sottolineano con forza l'eccessivo costo dell'energia che grava sulla produzione industriale. L'introduzione della Robin Tax con la manovra economica del governo che ha colpito anche le fonti rinnovabili avrà effetti diretti sui costi delle imprese energetiche che non potranno essere scaricati sui consumatori e dovranno necessariamente ridurre i propri utili. Noi vediamo con preoccupazione la possibilità che ciò possa determinare una riduzione degli investimenti già decisi e il conseguente taglio di posti di lavoro. Ci sembra che senza un controllo efficace sui bilanci e le attività delle imprese che deve essere esercitato dall'autorità anche con potere sanzionatorio, si possano manifestare entrambi gli effetti negativi con l'aumento dei costi finali e la riduzione degli investimenti. Per questo chiediamo che l'autorità possa vigilare per impedire il verificarsi di questa eventualità. Le previsioni al 2030 che prevedevano a partire dal 2025 un apporto dell'energia nucleare per circa 30 twh, dovranno necessariamente essere riconsiderate valutando diversamente sia l'apporto delle singole fonti che la domanda energetica conseguibile, ciò in relazione allo sforzo maggiore da indirizzare verso l'efficienza energetica, uno sforzo che è necessario per consolidare lo stesso apporto delle rinnovabili, fissato dall'europa al 17% nel I risultati di efficienza energetica raggiunti per quella data consentiranno all'italia di ridurre del 14% le emissioni di C02 rispetto al In tal senso resta prioritario attuare il Piano di Azione Nazionale che stima in 22 Mtep al 2020 l'apporto delle rinnovabili ai consumi energetici nazionali, considerando un consumo finale di energia primaria di 133 Mtep al

3 Limitatamente al settore elettrico, con la domanda attesa tra i 375 e i 360 Twh al 2020, potrà essere coperta con Twh di energia rinnovabile e con un apporto decisivo del gas naturale, con una quota programmata di carbone e un apporto della importazione elettrica. Per il 2030 è possibile una domanda elettrica compresa tra i 410 Twh e 375 Twh, se avranno successo gli interventi di efficienza energetica, mentre le rinnovabili potrebbero fornire 130 Twh, ma alla luce dei cambiamenti intervenuti sia il ruolo del gas che quello del carbone assumono un peso maggiore di quello ipotizzato nelle previsioni di inizio anno. In tal senso noi riteniamo che le possibilità di un utilizzo del carbone deve essere necessariamente condizionata all'adozione del CCS (Carbon Capture Sequestration) tecnologia impiegabile anche per la riduzione delle emissioni di CO2 da impianti alimentati a gas. Sarà per questo necessario acquisire i risultati dell'applicazione di queste tecnologie su scala industriale e valutare i benefici ambientali ed economici che ne deriveranno. Tale scelta richiede però un coerente impegno di investimenti nei progetti di ricerca e nel loro sviluppo industriale per realizzare una capacità tecnologica nazionale nella filiera del carbone a basso impatto ambientale e nelle tecnologie collegate (gassificazione e idrogenizzazione dei combustibili). In tal senso appare necessario un programma di sostituzione dei vecchi impianti termoelettrici che concluderanno il loro ciclo di esercizio nei prossimi 15 anni che con l'impiego delle migliori tecnologie disponibili porterebbero ad una significativa riduzione delle emissioni di CO2. Il metano si conferma come combustibile primario nella generazione elettrica, ma bisognerà superare le attuali criticità del sistema logistico rendendolo più flessibile con gassificatori di GNL per ridurre il grado di dipendenze da alcuni fornitori politicamente instabili ed essere meno vincolati dal sistema dei prezzi delle forniture Take or Pay. La chiusura più o meno positiva della crisi libica non rende meno urgente questa necessità, anzi rappresenta una occasione per introdurre cambiamenti nel sistema di approvvigionamento. Lo sviluppo di un sistema di GNL è necessario anche per usufruire delle opportunità aperte dal gas di scisto (lo shale gas) che ha già determinato ribassi del prezzo esercitando un effetto di calmieramento anche in questa fase difficile. Nel settore elettrico il gas dovrebbe continuare a svilupparsi con centrali a ciclo combinato più piccole di quelle attuali che si integrano meglio con le necessità di bilanciamento della produzione rinnovabile in relazione allo sviluppo della produzione diffusa e all'estendersi della rete smart grid. 3

4 Indispensabile per questa prospettiva risulta la continuità di una più seria politica di incentivi per le rinnovabili che deve essere estesa anche all'efficienza energetica che a parità di investimento rende molto di più in termini energetici. Per evitare la corsa alla costruzione degli impianti da FV per ragioni puramente finanziarie e speculative è utile mantenere un Décalage più marcato rispetto ai precedenti sistemi incentivanti. Resta peraltro in noi forte la preoccupazione per una produzione nazionale che ancora non è in grado di soddisfare la domanda di tecnologia in alcuni settori delle rinnovabili, in modo specifico nel F.V. che importa l'85% dei moduli installati. Ciò sta provocando anche la penetrazione di operatori esteri persino tra gli installatori e tra le imprese costruttrici che realizzano i supporti e le parti a basso contenuto tecnologico dei sistemi. Bisogna poi tener conto che i forti finanziamenti verso il F.V. Hanno registrare ritardi nello sviluppo di altri settori rinnovabili, come la produzione di calore da biomasse, da geotermia o da solare termico. Tutte fonti legate agli obiettivi di riduzione dei consumi energetici che sono più difficili da conseguire. Anche se il panorama delle rinnovabili è su questo aspetto vario (nelle biomasse la nostra tecnologia è molto valida), resta nel complesso una pericolosa tendenza alla dipendenza estera che bisogna correggere superando lo svantaggio attuale puntando sulle innovazioni: la tecnologia a film sottile nel F.V. la cui domanda è destinata a crescere; nel Solare termodinamico, con tecnologia a sali fusi elaborata dall'enea, che può interessare in modo particolare Paesi del Nord Africa favorendo lo scambio tra tecnologia ed energia, in particolare ai paesi interessati al progetto DESERTEC e al Piano Solare Mediterraneo verso i quali è necessario il rafforzamento delle infrastrutture di trasporto con l'europa: non solo gasdotti e rigassificatori, ma anche linee elettriche in Alta Tensione. Lo sviluppo infrastrutturale richiede in prospettiva soluzioni sinergiche nella gestione delle reti energetiche (elettricità e gas) per avere adeguati strumenti di politica industriale capaci di supportare un nuovo assetto della produzione energetica basato sullo sviluppo delle produzioni diffuse che richiedono una maggiore integrazione funzionale dei settori. In tema di insufficiente apertura al mercato nel settore gas non c'è dubbio che questa sia stata favorita dalla frammentazione della distribuzione su cui si è intervenuto con ben 5 decreti legislativi. Ma ad oggi si registrano ulteriori ritardi che impediscono lo svolgimento regolare delle gare, mentre l'intervento legislativo non ha ridotto a sufficienza il numero degli ambiti territoriali, che avrebbero favorito la qualificazione degli operatori. Ma in modo 4

5 particolare ha condizionato lo sviluppo della concorrenza la mancata definizione delle condizioni di neutralità del sistema di trasporto del gas. La separazione funzionale che il Governo legittimamente ha scelto, essendo contemplata nelle soluzioni prospettate in sede comunitaria, lascia la proprietà della rete nazionale all'eni, nell'ottica dell'operatore integrato verticalmente, mentre affronta il problema della terzietà con l'introduzione di norme e vincoli regolatori più stringenti a carico del gestore. In questo quadro ci sembra che il ruolo della regolazione è essenziale per avere risultati in linea con le esigenze di neutralità della rete che consentano lo sviluppo del mercato in questo settore. A nostro parere, nella opzione del Governo è però implicita una limitazione al processo di liberalizzazione del gas, che elude la questione della separazione proprietaria di Snam Rete Gas da Eni, che avrebbe consentito la costituzione di un soggetto con una forte presenza pubblica unificando in una sola società, sia il sistema dei metanodotti nazionali che la funzione di bilanciamento e le strutture di stoccaggio della STOGIT. Questa soluzione, da noi sostenuta, che ricalca quella già adottata per Terna nel settore elettrico, determinerebbe un nuovo assetto della rete nazionale dei metanodotti e dello stoccaggio garantendo meglio la neutralità della funzione del trasporto rispetto agli altri operatori del gas, migliorando le condizioni per lo sviluppo della concorrenza. In tal modo si limiterebbe il peso dell'operatore dominante salvaguardando l'interesse nazionale legato alla proprietà della rete, e nel contempo si porrebbero le condizioni per il superamento dei ritardi infrastrutturali nel settore del gas, in particolare dei rigassificatori e l'assetto monopolistico del settore è una delle cause. In questo quadro riteniamo utile l'apertura di un serio confronto sull'ipotesi da molti avanzata che traguardi l'unificazione delle reti energetiche in un solo soggetto industriale sottoposto al controllo pubblico. Le tematiche esposte richiederebbero l'apertura di un serio confronto tra tutti i soggetti deputati nella sede naturale quale sarebbe la conferenza nazionale dell'energia che il Governo si è impegnato a svolgere entro la prossima primavera ma che ad oggi nulla si è fatto. Infine, si segnala la necessità di fare una valutazione sulla effettiva diffusione delle tariffe sociali sia per l'energia elettrica che per il gas. Si tratta di verificare il grado di diffusione territoriale e gli eventuali problemi emersi tra grandi, medie e piccole realtà, al fine di programmare nuove iniziative di carattere 5

6 promozionale, eventualmente diversificate. Occorre anche valutare il grado di diffusione delle doppie attivazioni, al fine di programmare iniziative mirate a consolidare, ove possibile, una procedura unificata in sede di rinnovo delle richieste già attivate. Infine, riteniamo che sia necessario un confronto nel merito dell'ipotesi di ridefinire le soglie ISEE di accesso alle tariffe sociali, in termini di elevazione della soglia oppure di introduzione di un secondo scaglione con sconto ridotto; questo confronto è necessario per una successiva apertura di un tavolo di trattativa in sede di Ministero dello sviluppo economico, competente per la definizione di un nuovo decreto. Antonio Filippi Giacomo Berni Dipartimento Reti Energia Segretario Nazionale Cgil Nazionale Filctem Cgil Nazionale 6

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