IL MEMORIAL IN ONORE DEGLI ITALIANI CADUTI NEI CAMPI DI STERMINIO NAZISTI. OSSERVAZIONI SINTETICHE Elisabetta Ruffini

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1 IL MEMORIAL IN ONORE DEGLI ITALIANI CADUTI NEI CAMPI DI STERMINIO NAZISTI OSSERVAZIONI SINTETICHE Elisabetta Ruffini STORIA Il Memorial è stato voluto e realizzato dall Associazione nazionale ex-deportati per far sentire in Auschwitz la voce della deportazione italiana nel suo intreccio di storie diverse. È stato realizzato nel blocco 21 del campo di Auschwitz 1 tra l estate e l autunno 1979 e inaugurato nel Il suo progetto è frutto della collaborazione di alcuni tra i grandi nomi della cultura italiana del 900: Lodovico Belgiojoso (per lo studio BBPR) ha curato la progettazione architettonica, Primo Levi è stato incaricato di dare voce all opera e ha redatto il testo che doveva servire sia per guidare Pupino Samonà nella realizzazione della parte figurativa sia per accompagnare il visitatore lungo il percorso del Memorial, Nelo Risi ha avuto un ruolo di coordinamento e di regia, suggerendo sia il nome di Samonà sia di chiedere a Luigi Nono l uso del suo pezzo Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz, pezzo di cui il compositore ha ceduto all opera l utilizzo permanente. L esecuzione del Memorial è stata opera della ditta Quattri che vi ha lavora tra la primavera del 1979 e l inverno del 1979, sia a Milano che in Auschwitz. Per la realizzazione dell opera è stata organizzata una raccolta fondi che ha coinvolto l Italia intera, da molti comuni alla comunità ebraica, da singoli cittadini a imprese private, banche, associazioni. Lo stato italiano non è intervenuto direttamente nella progettazione dell opera che non è nata come sua iniziativa, ma se ne è fatto garante fin da subito di fronte al Museo di Auschwitz: Giulio Andreotti, al tempo presidente del consiglio, è intervenuto direttamente con le autorità polacche che, da sempre, hanno considerato i padiglioni nazionali espressione ufficiale degli stati. DESCRIZIONE DELL OPERA Il Memorial è composto da un tunnel che si articola in due bracci principali e occupa il primo piano del blocco 21. Il tunnel è composto da una passerella lignea ricoperta da spirali in tessuto dipinto. Un impianto audio, che diffonde la musica di Nono ed oggi non più funzionante, è

2 posizionato sotto la passerella. L impianto luci è disposto all incrocio tra passerella e spirali. Un pieghevole (oggi non più distribuito) accoglieva e accompagnava il visitatore. L opera mira a coinvolgere completamente il visitatore a cui è richiesta una partecipazione attiva: il visitatore cammina nella spirale di Belgiojoso, ascolta la musica di Nono, legge il testo di Levi e guarda le tele di Samonà. Queste seguendo la traccia del testo di Levi: avvolgono il visitatore con la storia d Italia, dall avvento del fascismo fino alla Liberazione, e ne sottolineano l andamento con un gioco di ombra e di luce, di scuri e di chiari. All inizio del tunnel il nero del fascismo prevale, il Memorial è molto cupo e scuro, poi, man mano che si avanza, il rosso, colore che intende rimandare al movimento operaio, il bianco, colore che intende rimandare al movimento cattolico e il giallo, colore che intende rimandare agli Ebrei, prevalgono fino all ultima spirale che è solo l intreccio astratto di questi colori, che ormai liberati dal nero sprigionano tutta la loro brillantezza. Il visitatore vive un esperienza artistica totale ed è chiamato a meditare e interrogarsi sulla storia dell Italia e della Seconda guerra mondiale, considerata cornice indispensabile per leggere e capire la storia della deportazione. PUNTI DI FORZA 1) Il Memorial è opera innanzitutto di sopravvissuti che hanno scelto l arte per portare in Auschwitz testimonianza dell esperienza concentrazionaria. Belgiojoso, che ne pensa la struttura architettonica, e Primo Levi, che le dà voce, sono testimoni diretti e, da testimoni, mettono la loro esperienza a servizio della costruzione di una testimonianza corale, in cui le diverse storie di deportazione si intrecciano e si fondono radicandosi nella storia dell Italia e in quella d Europa, vale a dire nella storia di tutti in quanto cittadini di questo mondo. 2) Il Memorial non vuole essere una mostra documentaria, ma un luogo in cui la fantasia e l immaginazione (così diceva Levi illustrando l opera alle autorità polacche) del visitatore sono chiamate a risvegliare il bisogno di storia e a rendere viva la memoria del passato. Il Memorial non dà lezioni di storia, invita a studiare la storia perché non si perda la memoria di cui sollecita l esercizio attraverso l evocazione artistica. Per questo il Memorial richiede una partecipazione attiva del visitatore, che non può delegare al luogo lo sforzo di conoscenza e di studio necessario per decifrare la storia di cui il luogo stesso è portatore. Il Memorial suggerisce un rapporto maturo e consapevole con i cosiddetti luoghi di memoria. È appunto un memorial e in quanto tale

3 non intende essere un surrogato della storia: in Auschwitz non pretende di riassumere la storia il cui studio è affidato al visitatore, ma chiede al visitatore di immergersi in un esercizio di memoria che richiede intelligenza e fantasia per compiersi. 3) Il Memorial è un documento della storia dell arte per la memoria che la cultura italiana ha espresso. Non è un caso che sia un progetto dello studio BBPR che, fin dall immediato dopoguerra, con l opera a ricordo della deportazione per il Cimitero monumentale di Milano si sono impegnati nella costruzione di opere per la memoria (si ricordi solo il Museo Monumento al deportato di Carpi). La cultura artistica e la sensibilità di cui è espressione lo integrano totalmente nel luogo per cui è nato e rilevano la sfida di portare in Auschwitz testimonianza attraverso l arte, ponendo la questione della rappresentazione di quanto è stato nel cuore stesso dell inimmaginabile. Il Memorial apre in Auschwitz una riflessione sulle implicazioni della testimonianza e sulla possibilità della rappresentazione di quanto è stato. 4) Il Memorial è l unica opera in cui il testimone italiano per eccellenza, Primo Levi, è coinvolto in una progettazione architettonica e artistica in grado di creare un luogo in cui la testimonianza diventa non solo parola, ma anche spazio, suono, luce, colori. PUNTI DEBOLI 1) Il Memorial versa in pessime condizioni: manca la musica, la povere è padrona, le pareti della baracca sono scrostate, l impianto delle luci è danneggiato, le finestre sono chiuse. E le finestre sono parte integrante del progetto: Belgiojoso aveva previsto che lo sguardo del visitatore fosse avvolto dalla storia dipinta nel tunnel e non trovasse via di fuga guardando fuori dalle finestre, anzi alla visione delle baracche fuori dalle finestre è lasciato il compito di amplificare l atmosfera ossessiva di incubo creata dalla spirale. 2) Il Memorial richiede una partecipazione attiva, non spiega, non racconta scolasticamente: il Memorial non è il bigino che tutti amerebbero trovare arrivando ad Auschwitz. È un opera difficile e che suscita l emozione per farne strumento di conoscenza: in altri tempi questo sarebbe un punto di forza, nel nostro sembra di no.

4 3) Il testo di Levi che dovrebbe accompagnare il visitatore è introvabile per chi arriva al blocco 21. La forma cartacea propria del volantino che era stato pensato al momento della progettazione è una forma superata dai tempi. INSUFFICIENZE IMPUTATE AL MEMORIAL E REPPLICHE 1) Il Memorial non racconta la storia della deportazione dall Italia ad Auschwitz che è essenzialmente ebraica: il Memorial non testimonia della Shoah. Il titolo dato al Memorial è molto chiaro: Memorial in onere degli italiani caduti nei campi di sterminio nazisti. Il Memorial non intende testimoniare solo della deportazione dall Italia ad Auschwitz, non intende testimoniare solo della Shoah. È un partito preso del Memorial: è una scelta che opera un testimone come Primo Levi che con il suo testo invita a considerare la storia della deportazione ad Auschwitz, la storia della deportazione ebraica all interno di quella del nostro paese e più in generale della Seconda guerra mondiale o, per usare le sue parole, della storia delle tirannidi fasciste in Europa. È un importante insegnamento e avvertimento storico che un testimone come Levi ci dà: rifiutare la focalizzazione sulla Shoah non significa negarla, ma opporsi alla sua riduzione a una storia di famiglia, a una storia di biografie illustri e inserirla nel contesto storico che l ha resa possibile. Se è vero che il colore giallo nel Memorial arriva solo all altezza delle tele che rinviano al 1943 e quindi solleva l Italia del ricordo delle legge razziali, è vero che qui si esprime una sensibilità propria dell epoca, che persino il processo Eichmann aveva fatto propria, e che, in un ottica didattica, fa riflettere sulla lentezza e incertezza dei processi di elaborazione della memoria e degli inevitabili rimossi collettivi. 2) Il Memorial non ha un impostazione didattica, ma è un opera d arte. Tale vuole essere il Memorial: nei verbali delle riunioni del Comitato esecutivo, nella presentazione alle autorità polacche, gli autori sono chiari non si è mai voluto fare una mostra documentaria ma portare testimonianza attraverso l arte, coinvolgendo il visitatore nell opera di testimonianza. Come ogni grande opera d arte tuttavia il Memorial è didattico, nel senso più alto del termine: al punto 1 abbiamo visto come in lui sia implicito un insegnamento storiografico che oggi tendiamo a dimenticare preferendo affettare la storia sulla misura dei singoli testimoni

5 resistenza, deportazione politica, deportazione razziale, internamento politico e dimenticando gli intrecci delle esperienze diverse (si pensi solo a Primo Levi catturato perché partigiano deportato perché ebreo). Si aggiunga poi l impianto narrativo che gli autori hanno voluto comunque creare per lo svolgimento della spirale: evocata certo, non narrata didascalicamente c è nel Memorial tutta la storia del nostro paese dall avvento del fascismo fino alla liberazione. Il Memorial ha implicita un alta concezione della funzione didattica della testimonianza: non si tratta di ridurla a riassunto storico, ma di considerarla invito lasciato al visitatore a crearsi una propria cultura storica, non in Auschwitz, ma nella sua esistenza di uomo e cittadino. 3) Il Memorial non risponde ai criteri dati dal Museo per l istallazione delle esposizioni nazionali. Tali criteri si riducono a qualche punto (cfr. numero monografico di Studi e ricerche, appendice 1), del resto molto vago, rispetto a cui il Memorial non sembra porre particolare problema. Anzi, non va dimenticato che il Memorial è stato installato in un totale rispetto del luogo: appoggia solo alle pareti della baracca e non ne intacca la struttura, proprio come previsto dalle norme introdotte dal dipartimento di conservazione del Museo a fronte dell impegno europeo per la salvaguardia del sito 4) Il Memorial non è un opera adeguata ad accogliere il pubblico che arriva ad Auschwitz e che ormai è fatto per la maggior parte da scolaresche e in numeri molto alti. Ritornando a meditare sul punto 3 e sulla questione didattica e la soluzione più opportuna non sembra la sua rimozione, ma al limite la ricerca di un integrazione didattica che sappia esplicitare, ad uso di visitatori immemori o poco consapevoli della storia, le vicende evocate dal Memorial. Come ogni grande opera d arte, anche il Memorial può avere un proprio commento, una propria glossa: un apparato da crearsi all interno del Memorial, sfruttando le nuove tecnologie e la sapienza installativa del presente. Si tratterebbe di una bella sfida per il presente e il suo sapere storico e artistico trovare le forme per interagire con la voce del Memorial, vale a dire dei testimoni. Di più, l integrazione didattica potrebbe essere pensata in modo da prevedere fin dall inizio un suo aggiornamento rispetto all evoluzione della ricerca storica. 5) Il Memorial è un opera che non rappresenta la Shoah e quindi in cui la comunità ebraica, vittima di Auschiwtz, non si riconosce.

6 Non dobbiamo dimenticare che la comunità ebraica è stata solidale alla costruzione dell opera (cfr. Lettera di Cantoni) e oggi se parte della comunità non vi si riconosce e il Memorial non esprime la sensibilità dominante all interno della comunità ebraica italiana, tante sono state le voci del mondo ebraico che si sono levate in difesa del Memorial (a partire da quella di Sergio Luzzatto e Alberto Cavaglion, ma anche internazionali come quelle di Margaret Olin o Alain Goldschlager). QUESTIONI APERTE 1) Questione della proprietà: lo spazio dei padiglioni nazionali per il Museo di Auschwitz deve essere di competenza delle autorità degli stati rappresentati. Da sempre il blocco 21 è dato in gestione allo stato italiano il cui governo ne risponde di fronte al Museo; l opera invece è di proprietà dell Aned. Se fino ad oggi l Aned ne è riuscita ad assicurare la conservazione, da questo momento non può lo stato italiano prenderla in consegna e impegnarsi nella sua valorizzazione? È necessario dichiarare un opera bene culturale perché lo stato ne comprenda il valore e l importanza oppure le autorità e i funzionari possono capirne il significato storico e politico e spendersi per la sua tutela di fronte al Direttore di Auschwitz? Può il Direttore del Museo decidere per l Italia, senza che il governo italiano si batta per difendere un opera dall importanza non solo artistica, ma storica e testimoniale? 2) Questione dei finanziamenti: prevedere uno spostamento del Memorial non è impegnare l Italia in uno sforzo economico non congruo con i tempi che stiamo attraversando? Il restauro in loco del Memorial dovrebbe costare molto meno del suo spostamento, riallestimento e restauro. Non si dimentichi che i sindacati edili di CGIL, CISL e UIL che hanno sostenuto e reso possibile il progetto Cantiere Blocco 21 sono disponibili a aiutare la valorizzazione del Memoriale 3) Questione della conservazione: è possibile pensare di andare a intaccare l opera di testimoni come se fosse una qualsiasi mostra documentaria da aggiornare? L Italia ha in Auschwitz un unicum: solo l Italia ha nel suo blocco un opera che è stata realizzata da testimoni-artisti. Anche altre associazioni di sopravvissuti hanno sostenuto la realizzazioni delle mostre dei vari padiglioni, ma solo nel nostro c è una testimonianza diretta. È possibile dire

7 di rispettare i testimoni e menomarne la voce? Sarebbe possibile pensare, per esempio a Se questo è un uomo e decidere di eliminarne le prime pagine perché le scolaresche non sanno più cosa è GL o non studiano più la Resistenza e difficilmente capiscono i sottintesi che quelle pagine contengono oppure semplicemente perché la sensibilità collettiva non è più attenta ai temi legati alla Resistenza? 4) Questione dello spostamento: spostare l opera implica anche pensare cosa ci si mette al suo posto. Un osservazione: non oseremo richiamare nel nuovo padiglione da farsi la biografia di Primo Levi come biografia significativa e testimone importante, secondo i suggerimenti del Museo, dopo aver tappato a Levi la bocca come testimone che ha voluto parlare in Auschwitz. Non sarebbe un ipocrisia inaccettabile? Rispettare i testimone non significa in primis, ascoltarli anche quando la loro voce stride con la nostra sensibilità e ci chiede di riflettere diversamente? Non sarà arrivato il momento di non trattare i testimone come santini da esporre per i nostri usi di memoria? 5) Questione del contesto memoriale in cui viviamo: è chiaro che oggi assistiamo per dirla con lo storico Chaumon a una vera e propria concorrenza tra le vittime, che genera tristi tensioni di memoria, non è però forse compito di una collettività responsabile non acuire tale tensioni, ma cercare mediazioni mature. Il progetto glossa non è una soluzione già confezionata, ma il suggerimento di una proposta di dialogo. Per questo la forma da dargli è il compito di cercare all interno della nostra collettiva la costruzione di una memoria dialogante, viva perché ricca delle diverse esperienze.

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