VIVERE IN DIALISI: ELEMENTI PER MIGLIORARE LA QUALITA DI VITA

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1 UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI VERONA FACOLTÁ DI MEDICINA E CHIRURGIA LAUREA IN INFERMIERISTICA VIVERE IN DIALISI: ELEMENTI PER MIGLIORARE LA QUALITA DI VITA Relatore: Inf. Maria Giovanna Grisenti Correlatore: Inf. Alessandro Fratton Laureando: Sinigaglia Giovanni ANNO ACCADEMICO

2 Questa è la vera gioia della vita: l essere utilizzato per uno scopo che riconosci come davvero importante, il darsi interamente invece dell essere usato e gettato, l essere una forza della natura invece di un febbricitante nugolo di malesseri e dispiaceri, che si lamenta perché il mondo non si dedica alla sua personale felicità. (George Bernard Shaw) Alla mia famiglia che mi ha supportato in questa mia scelta. Vorrei ringraziare l Inf. Alessando Fratton (Caposala di dialisi Trento) e tutte le persone che, ad ogni titolo e competenza, mi hanno aiutato. Infine, un grazie particolare alla relatrice Inf. Maria Giovanna Grisenti che mi ha guidato nella stesura.

3 Indice INTRODUZIONE 1 Capitolo 1: VIVERE IN DIALISI Definizione di Qualità di Vita di un paziente in emodialisi 4 Capitolo 2: COME MIGLIORARE LA QUALITA DI VITA? Presa in carico precoce dell Insufficienza Renale Cronica Il trattamento emodialitico Emodialisi Quotidiana Dialisi Lunga: 3 volte la settimana durata 8 ore La gestione dell accesso vascolare Importanza dell esercizio fisico Importanza dell apporto nutrizionale La gestione dei sintomi associati Percorso educativo nella realtà di Trento 25 Capitolo 3: Migliorare la Qualità di Vita dell utente emodializzato punto di vista dell utente e dell operatore Le aspettative reciproche I consigli per il cambiamento 31 Conclusioni 33 Bibliografia 37

4 INTRODUZIONE L Insufficienza Renale Cronica (I.R.C. da ora in avanti) è una malattia di grande impatto sulla sanità pubblica principalmente per due motivi: - Il numero dei pazienti è in costante aumento. - Il trattamento dialitico, è una terapia ad alto costo sociale ed economico (il paziente dializzato è costretto ad interrompere la propria attività a giorni alterni per 4-5 ore). Allo stato attuale, a livello nazionale, per la mancanza di un progetto di screening, si conosce solo la prevalenza e l incidenza dell I.R.C. in fase terminale. Nel 2004, il Registro Italiano di Dialisi e Trapianto, ha censito pazienti uremici in trattamento dialitico con una prevalenza di 760 persone per milione (pmp da ora in avanti). I nuovi pazienti per l anno 2004 erano 9312 con un tasso di incidenza di 161 pmp. Alla luce di questi dati l I.R.C. rappresenta oggi una patologia sempre più rilevante, sia dal punto di vista sociale che economico. È quindi d estrema importanza ogni intervento che può evitare o rallentare la progressione dell I.R.C. In letteratura risulta che negli ultimi anni i pazienti soggetti a nefropatie croniche hanno tratto sempre più giovamento dal trattamento sostitutivo di emodialisi. Tale trattamento permette, nella quasi totalità dei casi, una ripresa ed un mantenimento delle principali funzioni biologiche pur rimanendo la condizione uremica. Garantisce quindi i bisogni primari legati alla sopravvivenza ed alle condizioni di salute, tuttavia nei tirocini fatti ho incontrato spesso alcune persone emodializzate, per le quali a volte era molto difficile accettare di essere legati ad una macchina e mi sono posto alcune domande: Che cosa determina la Qualità di Vita dei pazienti dializzati? Com è la Qualità di Vita di una persona emodializzata? Quali elementi o indicazioni concrete possono servire alla persona dializzata per migliorare la propria vita? 1

5 Queste domande sono state la guida per questo elaborato, ho ricercato degli articoli in letteratura utilizzando i database di Medline, Pubmed e Cinahl e riviste scientifiche quali Journal of Nephrology, Nephrology Dialysis Trasplantation, Kidney International e Giornale Italiano di Nefrologia. Le parole chiave sono state: hemodialysis, quality of life, kidney failure chronic e health services needs and demand. Questo elaborato è cosi composto: Nel primo capitolo della tesi viene data una definizione di cosa vuol dire per un paziente vivere in dialisi. Il secondo capitolo, invece, presenta degli elementi o indicazioni emersi dalla ricerca bibliografica che portano ad un miglioramento della Qualità di Vita del paziente. Inoltre viene presentata l esperienza del reparto di Emodialisi dell Ospedale Santa Chiara di Trento. Infine nell ultimo capitolo viene presentato il punto di vista di due testimoni privilegiati: un utente dializzato e un infermiere, considerando le aspettative reciproche e alcuni consigli per il cambiamento. 2

6 Capitolo 1 VIVERE IN DIALISI Un passo importante per migliorare la nostra vita, potrebbe essere il coinvolgimento della famiglia, o di coloro che vivono congiuntamente con noi. Lo sconvolgimento della vita di un dializzato è evidente, ad esempio: le cose che facevo tre anni fa, non le posso più fare; quello della famiglia è ancora maggiore, soprattutto perché non riconosciuto. Noi dializzati abbiamo come riferimento la macchina, la famiglia non ha niente e si trova ad interagire da sola con una persona che ha mille necessità, come ad esempio: la dieta o i cambiamenti umorali. Da queste parole di un paziente dializzato risulta che le problematiche legate ad una terapia cronica che si ripete costantemente 3 volte a settimana, vincolano non solo il paziente ma tutto il nucleo familiare ed il contesto sociale in cui è inserito. La Qualità di Vita (Q.d.V. da ora in avanti) dei pazienti è legata alla loro funzione nelle attività di relazione quotidiana, alla loro psicologia ed alla capacità di mantenere delle adeguate dimensioni professionali e sociali. In questo ambito, nonostante tutti i progressi tecnologici e medici, esistono ancore notevoli problemi, tanto che una elevata percentuale di pazienti dializzati presentano sintomi psicologici cronici, una alterazione delle attività giornaliere e della funzione sociale ed una riabilitazione professionale incompleta. Paris e Ballerini (2003) affermano: Quando una persona perde la funzione dei propri reni la sua vita cambia: la dialisi è una terapia impegnativa e molte dimensioni della vita quotidiana sono coinvolte. In generale la vita del paziente cronico si svolge in un clima d incertezza e d ansia per il futuro, sul quale pende in continuazione la minaccia dell aggravamento della patologia, delle complicanze e della morte. La dialisi è una terapia in grado di sostituire in parte la funzione 3

7 renale. Nell emodialisi è utilizzata una macchina artificiale per la depurazione del sangue, solitamente è effettuata in ospedale e il paziente è sottoposto al trattamento per circa 4 ore, tre volte la settimana. Dalla breve descrizione si può intuire come, la dialisi rappresenta una terapia particolare, richieda molto tempo ed è ripetitiva. E proprio questa caratteristica che rende la malattia renale una condizione particolare: una vita scandita da ritmi legati al trattamento. Paris e Ballerini (2003) riportano che gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da importanti progressi della medicina e hanno aumentato il numero delle persone che possono continuare a vivere nonostante la presenza di malattie agli organi vitali come il cuore, fegato, rene. Questo allungamento della vita spesso è pagato con menomazioni di diversa gravità e con ricorso di terapie continue e complesse non prive di effetti collaterali, le quali modificano profondamente la vita di tutti i giorni del malato e della famiglia. 1.1 Definizione di Qualità di Vita di un paziente in emodialisi Labbrozzi (1994) afferma che una definizione moderna della Q.d.V. legata alla salute deve incorporare il punto di vista soggettivo del paziente; deve essere multidisciplinare e tenere quindi conto degli ambiti fisico, psicologico e sociale. La qualità di vita è un concetto complesso, non facilmente definibile e misurabile. L indagine conoscitiva del Registro Italiano di Dialisi e Trapianto (2004), identifica gli aspetti chiave, di cui è necessario tener conto nell impostare l assistenza: - L autonomia funzionale-lavorativa. Attualmente dal 50% al 75% dei pazienti dializzati italiani è inabile al lavoro. - La situazione psicologica. In circa metà dei pazienti in dialisi è presente una sindrome ansiosa e/o depressiva. La malattia 4

8 costringe il malato e la sua famiglia ad uno sforzo e ad una tensione continua che è difficile riuscire sempre a sostenere, anche nei malati ben adattati non bisogna stupirsi se presentano improvvisamente crisi depressive e/o comportamenti aggressivi. Una serie di fonti di stress condiziona pesantemente la situazione psicologica: la modificazione dell immagine corporea dovuta alla presenza di fistole; le restrizioni dietetiche e idriche non sempre facili da osservare; la perdita o il cambiamento del ruolo sociale; le disfunzioni sessuali (2/3 degli uomini in dialisi sono totalmente o parzialmente impotenti). - Le relazioni sociale ed interpersonali. L indagine conoscitiva del Registro Italiano di Dialisi e Trapianto (2004) svolta nei centri dialisi italiani evidenzia che i soggetti dializzati impiegano il loro tempo libero in famiglia (94%) e con gli amici (76%) dedicandosi ad attività non impegnative come vedere la TV o ascoltare la radio (99,3%), leggere (75,7%). Meno frequenti sono le attività esterne alla famiglia. I pazienti dedicano in prevalenza il tempo a fare passeggiate (51,7%) e si recano al cinema, al teatro o a concerti (40%). Per quasi tutte le attività, in particolare per quelle che richiedono un impegno fisico, è evidente la differenza tra le attività svolte e quelle che i pazienti desiderano svolgere. La ricerca ha mostrato che nei pazienti c è una forte sensazione di limitazione delle attività di svago e d impegno del tempo libero (79,8%) escluso lo stare con la famiglia e gli amici, a causa della terapia dialitica. - I disturbi somatici. La gravità della malattia e i sintomi presenti condizionano pesantemente la Q.d.V. delle persone. Il trattamento sostitutivo della funzione renale nonostante i progressi tecnologici raggiunti negli ultimi anni, non è in grado di funzionare come il rene umano pertanto alcuni disturbi organici rimangono insoluti generando sintomi fastidiosi. A tal proposito l indagine riferisce la presenza di sintomatologie legate al trattamento e alla malattia che colpiscono i pazienti dializzati quasi ogni giorno. È stato rilevato che 5

9 circa il 60% dei dializzati lamenta ogni giorno sintomi come: stanchezza, cefalea, difficoltà alla deambulazione, dolori alle ossa, insonnia, sete intensa, prurito diffuso, ecc 6

10 Capitolo 2 COME MIGLIORARE LA QUALITA DI VITA? Le evidenze attuali suggeriscono che per avere un miglioramento significativo della Q.d.V. dei pazienti bisogna trattare precocemente il problema ed eseguire l emodialisi quotidianamente oppure con sedute più lunghe. Inoltre gli studi danno molta importanza alla gestione dell accesso vascolare, all esercizio fisico e all apporto nutrizionale. Sfortunatamente la malattia renale è sotto diagnosticata e sotto trattata, anche per mancanza di accordo sulla definizione e classificazione dei suoi stadi di progressione. Dalla letteratura emergono le Linee Guida del National Kidney Foundation K/DOQI (2001) che forniscono delle indicazioni per migliorare la dialisi e di riflesso anche la Q.d.V. ; esse associano il livello di funzione renale a complicazioni della malattia renale cronica e stratificano il pericolo per la perdita della funzione renale e lo sviluppo della malattia renale cardiovascolare. Le raccomandazioni includono l identificazione delle persone a maggior pericolo (diabetici, ipertesi, ecc ) rilevando il danno renale con la misurazione del rapporto albumina-creatinina in campioni di urina e stimando il tasso di filtrazione glomerulare della creatinina sierica utilizzando equazioni di predizione. Le Linee Guida K/DOQI (2001) si concentrano sulla scelta di alcuni indicatori per la qualità in dialisi presentati nella tabella 1. 7

11 Indicatore Valore Pressione Sistolica < 140 mmhg Durata della seduta 4 ore Dose di dialisi (spkt/v) 1,3 Protein Catabolic Rate Normalized (NCPR) 1,2 g/kg/die Emoglobina (Hb) 11 g/dl Calcemia (Ca) 8,4 9,5 mg/dl Fosforemia (P) 3,5 5,5 mg/dl Ca * P 55 mg 2 /dl 2 Bicarbonatemia (HCO3) 20 mmol/l Potassiemia (K) 3,5-6,0 mmol/l Tab. 1 Indicatori di Qualità in Dialisi tratti dalle linee guida K/DOQI (2001) Il confronto dei risultati con quelli consigliati permette di omologare i trattamenti con conseguente maggiore beneficio e sicurezza per il singolo paziente. Le Linee Guida K/DOQI (2001) raccomandano di eseguire un controllo mensile su tutti i pazienti del centro che non raggiungono il target dei vari indicatori, associando anche la verifica dell avvenuta variazione terapeutica. Inoltre richiamano l attenzione, sul fatto che non basta una buona dialisi per migliorare la Q.d.V., ma l operatore deve considerare anche tutti gli aspetti che riguardano il punto di vista soggettivo del paziente. 2.1 Presa in carico precoce dell Insufficienza Renale Cronica Sono numerose le segnalazioni in letteratura riguardanti i benefici clinici ottenuti dalla presa in carico precoce del paziente affetto da I.R.C. Buccianti, Baragetti, Alberghini, Furiani e Musacchio (2005) attraverso uno studio osservazionale hanno riscontrato che una precoce 8

12 presa in carico del paziente dà come esito un minor rischio cardiovascolare all inizio del trattamento dialitico e quindi migliora la Q.d.V. e l aspettativa di vita. Lo studio rileva che l elevato numero di soggetti a rischio e la diversità delle patologie non consentono più il tradizionale approccio nefrologo-paziente che si limitava a constatare i danni cercando di ridurre le conseguenze. La malattia richiede un approccio multidisciplinare integrato ai vari livelli di compromissione degli organi coinvolti. In tal modo il segnale di una patologia d organo che conduce irreversibilmente al declino della funzione, consentirebbe invece di attivare tutte quelle energie e risorse volte a ridurre l impatto della malattia sul paziente, a migliorare la conoscenza della storia naturale della malattia e a razionalizzare le risorse. Nel corso del suo cammino verso la cronicità ogni paziente va incontro a esigenze cliniche diverse che sono comunque parte di un unico processo di cura e che vanno dalla gestione della quotidianità affidata al medico di medicina generale alla gestione di eventi acuti che richiedono interventi clinici ad alta specificità effettuati generalmente in regime di ricovero. Per gestire i diversi livelli assistenziali (territorio, presa in carico precoce e ospedale) è necessaria la sinergia coordinata delle diverse figure professionali. La presa in carico precoce del paziente costituisce il perno su cui si articolano i vari livelli di cura e si avvale di tre strumenti: Il primo è l educazione terapeutica che comprende la sensibilizzazione, l informazione, l addestramento, l accettazione e l integrazione della malattia nel progetto di vita del paziente. Il secondo è la formazione del team-building o teammanagement nel quale gli operatori sanitari acquisiscono la capacità di costruire e operare in squadra e di coordinare e gestire percorsi di cura. L acquisizione di questi due livelli consente infine la progettazione del disease management cioè di quella metodologia basata su un approccio integrato alla malattia che deve consentire un miglioramento 9

13 continuo delle prestazioni rese, della Q.d.V. del paziente e dell impiego delle risorse economiche, consentendo una risposta organica alla frammentazione delle cure. 2.2 Il trattamento emodialitico Dal Registro Italiano di Dialisi e Trapianto, risulta che stanno aumentando sempre di più i pazienti emodializzati con età superiore a 75 anni. L assenza di studi sistematici rende questa categoria di pazienti pressoché indifferenziata rispetto alle altre, mentre la loro peculiarità è evidente; infatti dallo studio descrittivo di Panzetta, Grignetti, Sceusa e Toigo (2004) risulta che in questa fascia d età è atteso che almeno il 30-40% dei soggetti sia dipendente per le attività di vita quotidiana da altri. La loro cura pone problemi socio-assistenziali complessi, che ormai si dimostrano in grado di alterare gli assetti organizzativi dei Reparti di Nefrologia e Dialisi. I ricoveri ripetuti di questi pazienti stanno, infatti, saturando le strutture nefrologiche, mentre la gestione dialitica e soprattutto quella extraospedaliera richiedono un dispendio di mezzi e un impiego di personale maggiore di quello previsto per i pazienti dializzati più giovani. Risulta inoltre che più del 50% dei pazienti dializzati italiani ha attualmente un età superiore ai 65 anni. Dall indagine conoscitiva del Registro Italiano di Dialisi e Trapianto (2004) risulta inoltre che il 90% circa dei pazienti utilizza i trattamenti extracorporei, mentre il rimanente 10% è trattato con le diverse metodiche di dialisi peritoneale. Tuttavia, si riscontra una distribuzione non omogenea delle tipologie di trattamento a livello territoriale, con il prevalere dei trattamenti extracorporei soprattutto al sud (il 94,7% in emodialisi) e la diffusione della peritoneale soprattutto al nord dove i pazienti che utilizzano questa metodica rappresentano il 15,3% (a fronte del 5,3% del sud e delle isole). La situazione italiana differisce da quella europea dove la diffusione 10

14 media dell emodialisi è intorno all 87%, con una media di circa il 75% nei paesi del Nord-Europa ed una percentuale pari al 62,5% nel Regno Unito. Partendo da queste considerazioni e analizzando la letteratura, emerge che per migliorare la Q.d.V. dei pazienti l emodialisi può essere fatta in due modalità diverse da quella fatta normalmente. Queste modalità sono: l emodialisi quotidiana e quella lunga della durata di 8 ore Emodialisi Quotidiana Buoncristiani (1999) afferma che i trattamenti dialitici extracorporei attuali sono ben lontani dal sostituire in modo soddisfacente la complessa funzione del rene nativo anche se effettuati con le tecniche di dialisi più sofisticate ed avanzate. Tali tecniche non solo non sostituiscono le molteplici funzioni ormonali ed enzimatiche del rene, ma sono anche largamente insufficienti a sostituire la funzione strettamente depurativa e di controllo dell equilibrio idrico-elettrolitico ed acido-basico. Ne consegue la persistenza di una situazione notevolmente lontana da quella fisiologica. Il raggiungimento del peso secco reale è possibile solo in una parte dei pazienti e solo a fine seduta; pertanto i pazienti rimangono costantemente o quasi in uno stato di iper-idratazione ed espansione del volume ematico che, con i suoi effetti negativi (ipertensione arteriosa e sovraccarico, ipertrofia, insufficienza cardiaca), influenza negativamente in modo considerevole le condizioni cliniche e la stessa sopravvivenza dei pazienti. La dialisi viene fatta in modo discontinuo e quindi con grandi oscillazioni dei livelli pre-post dialitici delle tossine, elettroliti, acqua e bicarbonato, con la generazione di squilibri osmolari ed elettrolitici, di variazioni brusche del volume plasmatico e conseguenti crisi ipotensive intradialitiche, di picchi di alcalosi post-dialitici. Quindi i trattamenti dialitici extracorporei sono non solo insufficienti quantitativamente ma anche largamente non fisiologici. Buoncristiani (1999) definisce dialisi quotidiana solo quella che 11

15 viene effettuata tutti i giorni della settimana, 7 giorni su 7 o almeno 6 giorni su 7, nel caso venga effettuato un giorno di riposo domenicale. Risulta quindi che non può essere considerata, come dialisi quotidiana quella effettuata con altri ritmi più frequenti di quello standard tri-settimanale, come i ritmi tetra o penta settimanali. I reni nativi lavorano 24 ore su 24 per 7 giorni a settimana, con una permeabilità elevata e selettiva, realizzando clearance settimanali elevatissime sia per tossine a piccolo che a medio-alto peso molecolare. Emerge inoltre che nella dialisi extracorporea (3 volte alla settimana per 4 ore, in altre parole solo 12 ore rispetto alle 168 di una settimana) si è cercato un compromesso tra le esigenze contrastanti di: - Ottenere la depurazione più efficace - Avere una minore interferenza con la vita del paziente (tempo speso tra sedute e viaggi) - Un occupazione più breve possibile del posto dialisi Questo tentativo di compromesso basato esclusivamente sulla ricerca dell aumento della clearance nell unità di tempo, mantenendo invariate durata ed intermittenza delle sedute, ha prodotto scarsi risultati in termini depurativi e ha aumentato la non fisiologicità dovuta da squilibri osmolari, elettrolitici, volemici, acido-basici. Fig. 1 Estrazione di Urea vs livelli ematici durante una sessione dialitica di 4 ore. 12

16 Fig. 2 Aumento prevalente della rimozione percentuale di urea durante le prime ore della seduta, con l aumento delle clearances. Dalle figure 1 e 2 tratte dallo studio di Buoncristiani (1999) risulta che l aumento della clearance induce inizialmente una più rapida riduzione delle concentrazioni plasmatiche dei soluti mentre crolla con il prolungarsi della seduta. In pratica se si aumenta sensibilmente la clearance, il vantaggio iniziale in termini di rimozione dei soluti verrà in gran parte perso nella seconda metà di una seduta di 4 ore. Il che significa che il miglior modo di sfruttare le clearance elevate è quello di effettuare dialisi brevi e più frequenti. Pertanto lo studio conclude che l unica via per raggiungere l obiettivo di aumentare la rimozione di tossine uremiche e di farlo in modo più fisiologico è l aumento della frequenza delle sedute dialitiche fino a farle diventare quotidiane. Buoncristiani (1999) evidenzia inoltre che l emodialisi quotidiana garantisce una depurazione quantitativamente e qualitativamente migliore rispetto allo schema standard trisettimanale. Nella emodialisi quotidiana si ha quindi: - Miglior controllo dell ipertensione arteriosa - Riduzione dell ipotensione intradialitica - Riduzione dell ipertrofia cardiaca - Correzione dell anemia 13

17 - Miglioramento della funzione cognitiva - Miglioramento dello stato nutrizionale - Miglioramento del metabolismo glucidico Dallo studio di Buoncristiani (1999) emerge che sebbene con l emodialisi quotidiana si ha un miglioramento della Q.d.V., perché viene ridotto il rischio di complicanze, non sempre è accettata favorevolmente dal paziente, perché impone obblighi e riduce il tempo libero. A volte perché la Q.d.V. sia veramente di qualità bisogna raggiungere un compromesso fra ciò che il paziente può permettersi di fare e ciò che non può Dialisi Lunga: 3 volte la settimana durata 8 ore Nell articolo di Charra et al. (2003) è stato osservato per 35 anni un centro di Dialisi che faceva emodialisi lunga 8 ore. Dallo studio osservazionale è emerso che l emodialisi può essere eseguita durante il giorno oppure durante la notte con indubbi vantaggi per le persone che lavorano. Con l emodialisi lunga la morbosità e la mortalità sono inferiori rispetto ai trattamenti tradizionali. La sopravvivenza relativamente buona è causata principalmente da una mortalità cardiovascolare inferiore rispetto a quella solitamente riferita ai pazienti dializzati. L emodialisi lunga favorisce un buon controllo della pressione del sangue incluso il controllo di ipertensione senza l utilizzo di farmaci e una incidenza bassa di ipotensione intradialitica. Charra et al. (2003) riferiscono che probabilmente il controllo della pressione arteriosa è il risultato della normalizzazione del volume extracellulare (peso asciutto), benché non si possa escludere l effetto di altri fattori quali il buon controllo del fosforo nel siero. L alta dose di piccole e medie molecole è un altra virtù essenziale della dialisi lunga. Insegnare una buona nutrizione, correggere l anemia, il controllo del fosfato e potassio nel sangue con dosi basse di medicazioni 14

18 forniscono un trattamento molto vantaggioso. La dialisi notturna è il modo più logico di realizzare una emodialisi lunga con l ostacolo più basso possibile sulla vita del paziente. Lo studio di Charra et al. (2003) rileva però che a fronte dei vantaggi risulta più difficoltosa l educazione del paziente che si sente più libero di non rispettare le prescrizioni e che i pazienti disposti a sottoporsi alla dialisi notturna sono pochi. 2.3 La gestione dell accesso vascolare Per fare l emodialisi è necessario avere un accesso vascolare dove vengono inseriti gli aghi che servono ad estrarre il sangue dal corpo e rimetterlo dopo che è stato filtrato. Attualmente esistono tre tipi di accessi: La Fistola Artero Venosa (F.A.V. da ora in avanti), gli Innesti Artero Venosi (Protesi) e il Catetere Venoso Centrale (C.V.C.). Secondo lo studio quasi-sperimentale di Pisoni et al. (2002) la F.A.V. con vasi nativi è il tipo di accesso vascolare privilegiato perché consente flussi ematici più elevati, riduce al minimo il rischio infettivo e ha la sopravvivenza maggiore. Safa, Valji e Roberts (1996) dichiarano che nonostante i notevoli progressi tecnologici nello studio e nella gestione dell accesso vascolare, resta fondamentale l esame clinico che dovrebbe cominciare ancora prima del confezionamento. I polsi brachiale, radiale e ulnare devono essere validi e idonei a fornire un flusso di sangue adeguato, senza compromettere il rifornimento dei vasi della mano. Di solito per il primo accesso si preferisce il braccio non dominante, per facilitare le attività abituali, ma deve essere privilegiata la scelta dei vasi più idonei. Konner, Nonnast-Daniel e Ritz (2003) raccomandano l effettuazione di un esame obiettivo e accurato tramite ispezione, auscultazione e palpazione della fistola almeno ogni 4-6 settimane, per evidenziare la comparsa di stenosi e prevenire l eventuale trombosi. L accesso vascolare 15

19 deve essere esaminato al di fuori della seduta dialitica, perché la presenza di aghi e cerotti e la parziale immobilizzazione dell arto impediscono una corretta esplorazione dei vasi in corso di dialisi. Konner et al. (2003) consigliano anche modalità differenziate per un esame obiettivo degli accessi vascolari. - Esame della Fistola Artero Venosa con vasi nativi. Spesso è già possibile cogliere lo sviluppo di una stenosi con il solo esame obiettivo. All auscultazione una F.A.V. normale emette in sistole un soffio forte, che continua anche in diastole anche se meno intenso. Alla palpazione il fremito (thrill) è continuo e il polso è morbido, facilmente comprimibile. Al contrario, l auscultazione della fistola stenotica rileva un rumore aspro e sibilante in sistole e pressoché assente in diastole. La palpazione rileva un fremito ridotto e un vaso sotto tensione, con un battito di consistenza dura. Non appena il polso procede a valle della stenosi, si riduce drasticamente o addirittura scompare. - Esame della Protesi. La protesi normale ha un fremito continuo e un polso di consistenza morbida. Una stenosi sull anastomosi venosa provoca un battito a colpo d acqua, con un fremito più intenso, limitato alla sistole. Per localizzare la sede della stenosi può essere utile la palpazione. Anche l auscultazione può servire, in quanto il tono del soffio sale e diventa più acuto con il progredire della stenosi. Un soffio che si estende alla zona ascellare può essere associato a una portata della protesi più elevata e a una pervietà più duratura. Un segno clinico molto semplice per la diagnosi di stenosi, che vale anche per le F.A.V. native, è il sanguinamento prolungato dopo rimozione degli aghi. Le linee guida K/DOQI (2001), raccomandano che tutti i pazienti in emodialisi siano sottoposti a regolare programma di monitoraggio e sorveglianza, e identificano una sequenza ben precisa di procedure per la 16

20 valutazione degli accessi per dialisi. Innanzitutto il nefrologo deve sottoporre a esame obiettivo tutti i pazienti almeno ogni 4-6 settimane come anche consigliato da Konner et al. (2003). Inoltre il monitoraggio deve essere eseguito con le numerose tecniche disponibili, come il test del ricircolo dell urea, la misurazione della pressione venosa e del flusso ematico. Negli ultimi anni sono stati messi a punto vari metodi, quello della Diluizione a Ultrasuoni (UD), attualmente più utilizzato, si basa sulla variazione della velocità degli ultrasuoni dopo che il sangue è stato diluito con un bolo di fisiologica a linee ematiche invertite. Oltre alla diluizione degli ultrasuoni, sono state recentemente proposte altre tecniche per la misura del flusso ematico a linee invertite, cioè l ottico-diluizione dell ematocrito, la termodiluizione e la variazione di conducibilità. Tre altri metodi non richiedono l inversione delle linee: la misura del flusso ematico per via transcutanea (TQA), il test di infusione del glucosio (GPT) e il Doppler a flusso variabile. Infine, l ecodoppler può fornire una valutazione sia anatomica che funzionale dell accesso. Con un flusso < 600mL/min o < 1000mL/min, ma ridotto del 25% in 4 mesi, le linee guida K/DOQI (2001) suggeriscono di eseguire la flebografia e l eventuale correzione chirurgica o radiologica dell accesso. I problemi relativi all Accesso Vascolare sono numerosi: infezioni, trombosi, stenosi venose e semplici disfunzioni producono una dialisi inadeguata (sotto-dialisi) che influisce di conseguenza sulla Q.d.V. del paziente. 2.4 Importanza dell esercizio fisico Le Linee Guida K/DOQL (2001) raccomandano l esercizio fisico nei pazienti dializzati e dimostrano come l esercizio fisico possa contribuire positivamente nella vita del paziente dializzato. L attività fisica oltre ad essere una modalità terapeutica per la riabilitazione psico-fisica, agisce con effetti benefici su diversi aspetti 17

21 patologici, che di frequente sono presenti nel paziente dializzato: - Alterato metabolismo dei lipidi e dei carboidrati che concorrono ad aumentare il rischio cardiovascolare, dovuto in particolare ai bassi livelli di HDL. Con l esercizio fisico si ha una variazione del metabolismo dei lipidi dato dalla riduzione della produzione epatica di trigligeridi; inoltre l attività fisica agisce sul metabolismo glicemico riducendo i valori della glicemia a digiuno e portando ad un miglioramento del consumo di glucosio dopo un carico orale. - La crasi ematica: l anemia è una delle complicanze maggiori dell uremia che determina un fattore limitante per la capacità fisica e lavorativa. Nel paziente uremico è stato dimostrato che l esercizio fisico induce un incremento significativo dell ematocrito, dell emoglobina e dei globuli rossi senza apprezzabili modificazioni del volume plasmatico. Come ampiamente dimostrato l eritropoietina migliora significativamente i livelli di emoglobina, determinando quindi un miglioramento della potenza fisica con maggiore disponibilità di ossigeno a livello muscolare - La pressione sanguinea: l esercizio fisico determina sui pazienti una migliore funzionalità cardiovascolare. - Il metabolismo muscolare: l astenia e la debolezza sono sintomi frequentemente riscontrabili nei pazienti uremici. Un programma di riabilitazione fisica rappresenta un efficace modalità terapeutica per la miopatia uremica, aiutando i pazienti a portare la propria capacità lavorativa verso i livelli normali. - L efficienza dialitica: un livello minimo di attività fisica può rendere le tossine uremiche più disponibili alla rimozione per un aumentato flusso sanguineo ai muscoli e per effetto della vasodilatazione indotta dall attività muscolare. - Il sistema endocrino: l esercizio fisico determina un influenza positiva sulle alterazioni endocrine come ad esempio un minor incremento delle catecolamine in seguito ad uno sforzo, normalizzandone i valori. 18

22 Per dimostrare l importanza dell esercizio fisico lo studio quasisperimentale di Levendoglu et al. (2004) ha valutato gli effetti di un programma di esercizio di 12 settimane sulla capacità funzionale, sulla mobilità, sulla capacità di camminare, sulla qualità di vita e sulla depressione in pazienti emodializzati. Nello studio sono stati inclusi 20 pazienti dializzati e 16 di loro hanno completato lo studio. I pazienti sono passati attraverso un programma di 12 settimane di esercizi di 90 minuti al giorno per tre giorni alla settimana. La capacità di camminare, la mobilità funzionale, lo stato psicologico e la qualità di vita erano misurati pre e post trattamento. Nelle persone che hanno eseguito gli esercizi si sono riscontrati dei miglioramenti su: consumo massimo di ossigeno p=0,006, durata dell esercizio p=0,002 e carico di lavoro massimo p=0,002; altri miglioramenti si sono riscontrati con il test seduto-in piedi-seduto p=0,001 e nel test camminata per 6 minuti p=0,002; inoltre risulta una riduzione significativa della depressione (Depression Scale) p=0,001. Sia la scala (PCS) Componente Fisica che quella (MCS) Scala Componente Mentale del questionario sulla Q.d.V. della Malattia Renale Short-Form 36 (SF-36) mostrano significativi aumenti rispettivamente p=0,002 e p=0,004 Lo studio conclude che l applicazione di un programma appropriato di esercizio fisico migliorerebbe lo stato psicologico e la Q.d.V., come pure la capacità lavorativa. 2.5 Importanza dell apporto nutrizionale Dalla ricerca quantitativa di Locatelli et al. (2002) risulta che la malnutrizione è comune fra i pazienti emodializzati ed è usualmente associata con riduzione di peso corporeo, riduzione del tessuto adiposo e perdita di massa muscolare. Con l inizio del trattamento dialitico il paziente deve cambiare 19

23 talvolta le sue abitudini alimentari. A causa dell evoluzione della malattia si passa da un regime alimentare povero di proteine e ricco di liquidi (Terapia Conservativa) ad un regime alimentare povero di liquidi e ricco di proteine (Terapia Sostitutiva). I cardini della dieta di un paziente emodializzato sono: - Corretto apporto di proteine. - Controllo dell assunzione dei liquidi. - Controllo dell assunzione di Sodio, Potassio, Calcio e Fosforo. La malnutrizione è comune in dialisi e incide sulla morbilità e mortalità dei pazienti, un ruolo fondamentale nella pratica quotidiana è quello di identificare lo stato nutrizionale e gestirlo. Locatelli et al. (2002) affermano che ci sono 2 tipi di malnutrizione nei pazienti con insufficienza renale. Il primo tipo è caratterizzato da un assunzione di proteine bassa e bassi livelli di calorie. In questo caso la diminuzione nel sangue di albumina può essere ridotta e la malnutrizione può essere curata con un adeguata nutrizione e un supporto dialitico adeguato. Nel secondo tipo invece la malnutrizione rende il soggetto più sensibile alle infezioni e risulta più difficile curare con supporti nutrizionali e terapia dialitica. È stata notata una correlazione tra malnutrizione e infezioni nelle malattie cardiovascolari; in particolare nei pazienti con I.R.C. dove l infezione sistemica è caratterizzata da alti livelli di Proteina C Reattiva. Secondo Locatelli et al. (2002) l identificazione dello stato nutrizionale deve essere basato sulla situazione clinica (storie di peso basso, percentuale di peso standard, indice di massa corporea, massa muscolare, massa grassa) e parametri biochimici (albumina, creatinina, bicarbonato e colesterolo totale in combinazione con Proteina C Reattiva per la valutazione dell infezione). 20

24 Alcune indicazioni tratte dalle Linee Guida K/DOQL (2001) per gestire lo stato nutrizionale: - L assunzione di proteine dovrebbe essere minimo di 1,2 g al kg di peso corporeo. - Le calorie assunte dovrebbero essere di 35 Kcal/kg per pazienti di età inferiore ai 60 anni e 30 Kcal/kg in pazienti con età superiore a 60 anni. - È opinione degli esperti che il livello standard di Bicarbonato dovrebbe essere almeno 22 mmol/l. - Esiste una relazione tra malnutrizione e co-morbilità da una parte e tra malnutrizione e infezione dall altra. Se la Proteina C Reattiva nel sangue è > 10 mg/l è importante ricercare la causa. - La dose di dialisi deve essere adeguata spkt/v 1,3. - Non ci sono evidenze dell importanza della qualità del liquido di dialisi ma gli esperti consigliano che la qualità deve essere alta. - La rilevanza della bio-compatibilità delle membrane di dialisi non è ancora chiara. 2.6 La gestione dei sintomi associati Gozzini et al. (2001) nel loro libro riportano che durante la dialisi possono esserci variazioni osmotiche ed elettrolitiche che comportano un alterazione della concentrazione degli elettroliti. Questo può provocare delle complicanze come: ipo e ipertensione arteriosa, aritmie cardiache, ipopotassiemia, nausea, vomito, crampi muscolari, ecc Gli autori forniscono anche una sintesi sulla gestione dei principali problemi: - L embolia Gassosa è la complicanza più grave, anche se è rara grazie alla presenza di allarmi nella macchina di dialisi. Gli interventi infermieristici sono: - controllo dell ermeticità delle linee ematiche. - posizionare il paziente sul fianco sinistro con la testa bassa e 21

25 le gambe sollevate in modo che l aria presente nel circolo ematico esca dall atrio destro. - L ipotensione arteriosa è l inconveniente che si presenta più frequentemente, si manifesta con sbadigli ripetuti, ansia, pallore, nausea, vomito, tachicardia e sudorazione. Gli interventi infermieristici sono: posizionamento del paziente; infusioni di fisiologica, glucosata, emagel, ecc; controllo della temperatura e velocità del dialisato. Un consiglio rivolto dagli autori ai pazienti è quello di alimentarsi, entro la seconda ora di dialisi per evitare crisi ipotensive dovute al richiamo di sangue dalla periferia all apparato digerente. - L ipertensione arteriosa è solitamente dovuta ad un eccesso di liquidi. L intervento dell infermiere è di impostare la macchina di dialisi con i valori di filtrazione del Sodio e controllarli più volte durante la seduta dialitica adeguandoli alla situazione del paziente. Un altro intervento di estrema importanza è quello di somministrare farmaci per il controllo della pressione, se necessario, ovviamente sotto controllo medico. - Per l emorragia l intervento dell infermiere deve essere rapido e preciso nell identificare la causa: - nel caso di rotture o distacchi delle linee ematiche deve clampare immediatamente la linea ematica e sostituirla rispettando le norme di sicurezza e sterilità. - l eparina contribuisce al 90% dei casi, quindi l infermiere interviene sulla macchina riducendo il flusso e bloccando l infusione di eparina. Se necessario può essere somministrato solfato di protamina su ordine medico. - La formazione di Coaguli nel circuito può essere ridotta da: un attenta valutazione dell assetto coagulativo del paziente e da un attenzione nella somministrazione dell anticoagulante. L intervento infermieristico si distingue a seconda dei momenti e dei livelli di formazione del coagulo: 22

26 - vicini al termine della seduta dialitica, valutate le condizioni del dializzatore si può tentare di terminare il trattamento. - se il coagulo è localizzato nel pozzetto venoso ma non lo occlude completamente si può sostituire la linea venosa dopo aver restituito al paziente la maggior quantità di sangue possibile. - nel caso di completa coagulazione del circuito bisogna scollegare il paziente. - Premesso che una certa quota di emolisi da trauma nel trattamento dialitico è sempre presente, un emolisi massiva è molto rara e può essere causata da una reazione ad eventuale emotrasfusione, a dialisato non adeguato oppure ad una crisi allergica (residui di disinfettante nella macchina, materiale delle linee, ecc ). L intervento infermieristico consiste nella disconessione immediata del paziente senza restituzione di sangue e allertamento del medico che istituirà un trattamento idoneo. - L ipopotassiemia può essere rilevata tramite l emogasanalisi, il paziente può riferire stanchezza, difficoltà motoria, palpitazioni e bradicardia. L intervento dell infermiere è basato sulla consultazione del medico e sulla modificazione della concentrazione del potassio nel bagno di dialisi. - I disturbi del ritmo sono presenti durante la seduta dialitica per la variazione ematica degli elettroliti, bisogna prestare molta attenzione se il paziente è in trattamento con digitale perché il farmaco non viene eliminato in dialisi e tende ad accumularsi causando intossicazione digitalica. Spesso i disturbi del ritmo possono essere eliminati aumentando la concentrazione di potassio nel bagno dialitico. - Crampi muscolari sono localizzati generalmente agli arti inferiori, si manifestano con dolore violento della muscolatura. Generalmente sono dovuti al rallentamento della circolazione per aumento di viscosità del sangue, determinando ipossia muscolare. La loro 23

27 presenza è indice di ultrafiltrazione troppo rapida o di embolia gassosa. Gli interventi generici dell infermiere per alleviare il dolore consiste nel massaggio della zona interessata dai crampi, o decontrarre l arto interessato, è sconsigliato l uso del ghiaccio perché causa vasocostrizione e quindi ipossia. Interventi più specifici sono: - Nel caso di ultrafiltrazione eccessiva: iperestensione degli arti inferiori; reintegro per endovena dei Sali (Sodio e Cloro) persi in eccesso e reintegro con soluzione fisiologica per diminuire l emoconcentrazione. - Nel caso di embolia gassosa: posizionamento del paziente in decubito laterale; somministrare Ossigeno terapia e monitorare le funzioni vitali (Coscienza, Respiro e Circolo). - Il Prurito è un sintomo frequente e invalidante, soprattutto in fase avanzata e terminale. Colpisce oltre la metà dei pazienti in dialisi cronica, è intenso soltanto in una minoranza di pazienti, ma può essere insopportabile da incidere pesantemente sulla Q.d.V. Il prurito è causato in molti casi da un lento accumulo di sostanze tossiche nell organismo. Gli interventi consistono nel ottimizzare la dose dialitica ed il controllo del metabolismo del calcio e del fosforo. Oltre a questi interventi possono essere somministrati antistaminici, eritropoietina ed eventuali pomate. In ogni caso in assenza di evidenti fattori scatenanti, i risultati del trattamento sono spesso deludenti. - La cefalea solitamente è legata ad altre complicanze quali ipotensione o squilibrio elettrolitico; gli interventi infermieristici e medici consistono nell alleviare i sintomi. - Per ridurre il senso di sete, in letteratura, ci sono pochissimi studi che forniscono indicazioni precise e validate; tuttavia qui di seguito vengono riassunti alcuni consigli, forniti dall esperienza di alcuni pazienti: - succhiare caramelle dure oppure una fettina di limone. 24

28 - bere spesso piccole quantità di liquidi nel corso della giornata invece che bere grandi quantità in poche volte. - preferire bevande fredde. - masticare chewin-gum. 2.7 La realtà di Trento: Percorso Educativo Nella tabella 2 è riassunto il modello organizzativo dei Centri di Emodialisi nella Provincia Autonoma di Trento: Strutture Pubbliche Strutture Private 1 Struttura Nefrologica Presso l Ospedale S. Chiara di Trento 5 Centri Satellite 1 Struttura Nefrologica Centro Emodialisi Garda ad Arco (TN) Presso gli Ospedali di: Arco, Borgo Valsugana, Cavalese, Cles, Rovereto e Tione. Tab. 2 Modello Organizzativo dei Centri di Emodialisi della Provincia di Trento. Dalla tabella risulta quindi che il modello organizzativo della rete nefrologica pubblica è basato sulla presenza di un nodo centrale con una costellazione di Centri Satelliti. L attività nefrologica è centralizzata, mentre l attività dialitica è distribuita sul territorio. I trapianti sono effettuati presso altre regioni per l insufficienza del bacino d utenza. Il Centro Privato di Emodialisi Garda, è accreditato e convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale, offre un servizio di dialisi anche per i turisti nefropatici. In Trentino nei reparti di dialisi esiste un programma Gepadial 2000 che consente la gestione di tutti i pazienti dei centri di dialisi pubblici, alla 25

29 data 1 marzo 2007 risultano 263 pazienti in emodialisi di cui 46 sono in lista per trapianto renale. Dopo questa breve spiegazione sull organizzazione dei centri dialisi in provincia, viene riportato il progetto fatto dal personale del reparto di Emodialisi dell Ospedale Santa Chiara di Trento per migliorare la Q.d.V. dei pazienti. Si tratta di un Percorso Educativo rivolto ai pazienti, ai loro familiari e agli operatori sanitari con lo scopo di favorire la presa di coscienza della malattia riducendo nel contempo le complicanze fisiche e psicologiche. Il lavoro sostanzialmente conferma la letteratura esaminata e rileva l importanza di un assistenza mirata che risponda ad una vasta varietà di bisogni fisici, sociali e psicologici. Il paziente come individuo e come parte di un gruppo familiare, ha delle necessità multiple, che variano con le caratteristiche del paziente stesso, con lo stato di salute o di malattia e l ambiente in cui viene erogata l assistenza. Il progetto educativo è stato diviso in tre momenti: Il primo stadio consiste nella conoscenza da parte degli operatori delle fasi psicologiche affrontate da un paziente che inizia la dialisi. Il percorso educativo è stato sviluppato descrivendo il vissuto di una persona che inizia la terapia sostitutiva renale nelle sue fasi temporali: il primo giorno, la prima settimana, il primo mese, i primi sei mesi e il primo anno. Nella seconda fase sono stati scelti gli argomenti per istruire i pazienti: gestione e cura dell accesso vascolare, alimentazione ed equilibrio idrico ed elettrolitico, possibilità di mantenere il più possibile le abitudini di vita come lavoro, viaggi, sport, ecc.. Infine sono stati definiti gli obiettivi educativi minimi che i pazienti devono raggiungere. Con la costruzione delle schede di valutazione si riesce a misurare il livello educativo raggiunto, sia nelle conoscenze teoriche che nella compliance al trattamento. Per ognuna di queste fasi sono state descritte le probabili reazioni ed atteggiamenti dei pazienti e in seguito il comportamento che l operatore dovrebbe adottare. Il lavoro è stato suddiviso in due parti: 26

30 La prima rivolta agli operatori con lo scopo di unificare l approccio educativo e l inserimento del nuovo paziente in dialisi. In questa parte si è presa in considerazione anche l organizzazione di brevi sedute di esercizi fisici da compiersi nella mezz ora prima della dialisi, dedicato soprattutto ai pazienti che normalmente non eseguono attività fisica, allo scopo di stimolarli a mantenere una certa mobilità articolare e tonicità muscolare. Tutto questo ha un effetto positivo sull autostima del paziente, e permette inoltre una socializzazione con gli altri pazienti. La seconda parte costituisce la fase educativa dei pazienti. È costituita da una serie di schede consegnate ai pazienti nelle varie fasi della malattia e trattano i vari aspetti della dialisi in ordine di priorità. Le schede non sono specifiche per argomento, ma contengono piccole parti di più argomenti da trattare contemporaneamente. Ad esempio sulla scheda relativa ai primi 15 giorni si parla delle nozioni fondamentali degli accessi vascolari (principali complicanze, gestione e igiene) accennando anche l importanza dell alimentazione e dell equilibrio idro-elettrolitico (Bilancio idrico e l importanza del potassio nella dieta). Solo successivamente verranno date nozioni sull importanza della dieta iperproteica. Al termine di ogni fase educativa il personale sanitario completa una griglia che valuta l acquisizione da parte del paziente delle conoscenze teoriche e l effettiva messa in atto dei comportamenti corretti. Queste griglie valutative hanno lo scopo di aiutare l infermiere nella creazione di un percorso ad hoc per il paziente. A seguito dei primi risultati emersi da una valutazione in itinere del progetto, nel reparto di Emodialisi di Trento si è pensato per il 2007 un programma per organizzare l assistenza infermieristica che prevede la creazione del Coordinatore di Percorso: una nuova figura, inserita nell organico del reparto, che costruisca dei rapporti con gli altri Centri di Dialisi e che coordini l assistenza rendendola omogenea. 27

31 28

32 Capitolo 3 MIGLIORARE LA QUALITA DI VITA: IL PUNTO DI VISTA DELL UTENTE E DELL OPERATORE Per meglio contestualizzare la revisione della letteratura nella realtà, sono state rivolte alcune domande a due testimoni privilegiati: un infermiere ed un paziente emodializzato. Le interviste sono state precedute da un incontro di presentazione, che spiegava il tipo di lavoro svolto e le modalità del colloquio. Le domande fatte avevano lo scopo di indagare le aspettative reciproche del paziente e dell operatore e fornire dei consigli, dettati dall esperienza, per migliorare la Q.d.V. 3.1 Le aspettative reciproche Per il paziente è di estrema importanza avere un colloquio preparatorio riguardante la dialisi, il tipo di vita che andrà incontro, e le possibili conseguenze di patologie negative che possono essere causate dal prolungarsi della dialisi stessa. Durante il colloquio bisogna discutere anche del trapianto renale per quei pazienti che hanno questa possibilità. Le aspettative possono essere sintetizzate con una buona comunicazione e una seria interazione con lo staff curante; tutto questo comporta l essere accompagnato nell affrontare la malattia e il non trovarsi nella situazione di negatività e di incertezza del futuro. Dall intervista fatta al paziente risulta che per migliorare la Q.d.V. bisognerebbe puntare molto sul fattore tempo, dando la massima importanza alla presa in carico precoce della dialisi e soprattutto alle esigenze cliniche che un paziente va incontro nel corso della sua malattia. Per l infermiere, invece, ci si può aspettare un certo grado di collaborazione solo nel caso in cui si riesca ad instaurare un rapporto corretto e chiaro tra l organizzazione (a tutti i livelli) e i pazienti. 29

33 È importante attuare un progetto d inserimento e accoglienza del malato con lo scopo di aiutare lo staff curante ad approcciarsi in modo corretto al paziente e a far fronte in modo sistematico ai suoi effettivi bisogni. I familiari possono essere coinvolti in questo progetto allo stesso modo dei pazienti; infatti se informati bene dall inizio, sul percorso di malattia, possono diventare un punto di riferimento e un aiuto per trovare le risposte adatte specialmente per i malati non autosufficienti. A Trento in dialisi ci sono prevalentemente pazienti anziani e autonomi e il compito di coinvolgere i familiari a volte non è semplice, anche perché bisogna considerare la struttura familiare, come ad esempio se vanno d accordo oppure no. Attraverso l utilizzo delle teorie infermieristiche, delle diagnosi, ecc gli infermieri sono più aiutati a capire meglio il percorso affrontato dal paziente nella sua malattia ed intervenire di conseguenza. Un bisogno espresso dagli infermieri è quello di rendere un po più sistematico il collegamento con la persona di riferimento, specie per i pazienti che ne hanno necessità. Dall intervista emerge che gli operatori sanitari si stanno rendendo conto che si sta entrando in un capitolo nuovo dell assistenza, nel senso che si è in una fase di passaggio tra un assistenza infermieristica più mirata all aspetto tecnologico, ad una fase in cui si ha una visione olistica del malato. Il progetto educativo fatto a Trento ha fatto percepire agli infermieri l importanza dell approccio individualizzato al paziente, e il significato di cosa vuol dire parlare di formazione e di educazione. Per gli infermieri bisogna rafforzare la collaborazione tra le varie figure di reparto, facendo in modo di ridurre il più possibile la separazione dei ruoli, è controproducente per un assistenza olistica al malato che il medico si occupi della malattia solo da un punto di vista medico e l infermiere solo da un punto di vista infermieristico. Per quanto riguarda il rapporto con le Associazioni, il reparto di dialisi di Trento è in contatto con L A.N.E.D. (Associazione Nazionale Emo Dializzati) e con L Associazione Provinciale Amici della Nefrologia (A.P.A.N. da ora in avanti). 30

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