Conversando con le opere tra paesaggio ed architettura

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1 COLLEZIONE GIUSEPPE MERLINI Conversando con le opere tra paesaggio ed architettura La suggestiva esposizione allestita presso la Fortezza di San Leo dal 28 ottobre 2011, segna la seconda uscita delle opere della Collezione Merlini, e coincide nella data del 6 novembre 2011 con la chiusura della mostra di Venezia all Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti a Palazzo Loredan. Nella mostra veneziana Dalla Figura alla Figurazione nel 900 italiano, sono esposte ventisei opere che tracciano il percorso artistico dell arte italiana del 900, individuato dal curatore Stefano Cecchetto, partendo da Modigliani attraverso Paresce, Giorgio de Chirico, Filippo de Pisis, Campigli, Severini, Guttuso, Morandi, Sironi, Morlotti, Crippa, Baj, Fontana, Guccione, Adami, Parmiggiani, Maraniello e Galliani. A San Leo, la selezione attuata da Mariella Gnani curatrice/conservatrice della collezione, mostra le opere di alcuni autori già presenti a Venezia, Severini, Guttuso, Fontana e di altri, Chighine, Music, Strazza, Raciti solo compresi in catalogo. Sette opere che allestite nella Torre piccola della Fortezza, e poste in dialogo con il paesaggio attraverso l architettura, si accentuano di significati nell alternanza tra figurativo ed astratto sino a giungere ad un assoluto coinvolgimento emozionale. Apre la mostra Gino Severini, Natura morta con strumento musicale e caffettiera, ritmando da subito il contrappunto tra opera e paesaggio. Dalla finestra un primo scorcio di natura incantevole, che ci conduce alla materia astratta di Immagine briantea di Alfredo Chighine, che nell apertura seguente sul paesaggio si ricompone e diventa materia reale. Lasciamo il nostro sguardo sul reale naturale, e proviamo a percorrere, attraversare e sentire i nostri passi sul Paesaggio roccioso di Zoran Music, presentato da Giovanna Dal Bon curatrice del catalogo ragionato delle opere dell artista. Ancora un respiro sulle colline del Montefeltro, e un improvviso bagliore rosso finemente e silenziosamente attraversato da una striatura ci mostra Rosso con linea verde di Strazza; un po di aria e colore per affinare lo sguardo sulle brillanti e impalpabili Angurie di Renato Guttuso. Un attimo di sosta, guardando in lontananza, oltre la grata vediamo la lunga scia del fiume che come una Presenza/assenza di Mario Raciti scompare e riappare dal sottosuolo. Un ultima sosta con Nudo di schiena di Lucio Fontana. Alla fine del viaggio percepiremo che le opere si sono moltiplicate, quasi all infinito, attraverso la finestra aperta sul mondo. Far vivere le opere in un luogo in cui paesaggio ed architettura siano in armonia nel rispetto reciproco, corrisponde alla volontà precisa di veicolare tramite la collezione, un messaggio di bellezza e di tutela. Nell percorso espositivo della mostra veneziana è stata allestita una zona dedicata alla conservazione delle opere, intitolata Conservare per non restaurare. A San Leo vogliamo Osservare per conservare.

2 Gino Severini, Natura morta con strumento musicale e caffettiera, 1946 matita su carta (disegno per il dipinto a esposto a Venezia) Negli anni Quaranta figure e nature morte, talvolta con sintetici accenni di paesaggi sul fondo, perdono gran parte dei connotati naturalistici insieme alla rigidità metafisica di molti dipinti degli anni Trenta, in favore di una nuova fluidità di linea, di una semplificazione della forma condotta per piani schematici e per segni sinuosi e scattanti, in contesti sontuosi e fitti di particolari brillantemente dipinti (carte da parati, cornici di specchi, fruttiere, strumenti musicali) e con un colore polposo e vivo, assai sapientemente orchestrato negli equilibri tra toni alti e bassi (C. Vivaldi, Gli anni Quaranta, in D. Fonti, Gino Severini. Catalogo ragionato, cit., p. 473). Il decennio in cui si colloca l opera analizzata rappresenta nella ricerca dell artista un momento di riesame e riflessione critica, segnato dalla volontà didattica di un ritorno a temi e soggetti ampiamente trattati negli anni precedenti, dalla natura morta al ritratto e alla commedia dell arte (fronte sul quale risulta impegnato, tra la fine degli anni 30 e i primi anni 40, anche nella produzione di scenografie). La natura morta, come annota lo stesso artista nella presentazione dedicata ad Orfeo Tamburi, è occasione e pretesto formale per determinare, attraverso gli incastri di piani di colore e di forme, l organizzazione spaziale della visione: Così Arlecchini, Pulcinelli, fruttiere, strumenti, frutta, animali o vasi, purché portino il riflesso del nostro pensiero, possono essere prima forma geometrica che organizzano scompongono e ricompongono lo spazio, facilitando il pittore nel suo scopo, di dare una sua forma a una data materia, mettendovi una impronta intellegibile e sensibile insieme (G. Severini, Il pittore Orfeo Tamburi, Roma 1941). Gino Severini, Natura morta con strumento musicale e caffettiera, 1946 ca

3 Alfredo Chighine, Immagine briantea, 1957 olio su tavola Artista importante della scena milanese del secondo Novecento, scomparso prematuramente nel 1974, Chigine frequenta i corsi di Manzù a Brera e partecipa nel 1948 sia alla Biennale di Venezia (con due sculture) che alla mostra bolognese dell Alleanza della cultura. Abbandona quindi l arte plastica per dedicarsi alla pittura, in particolare di paesaggi al limite dell astrazione, con esiti molto simili a quelli dell amico Ennio Morlotti. Immagine briantea, quadro emblematico che esplicita l adesione di Chighine al movimento informale, viene realizzato applicando i colori direttamente dal tubetto sulla tavola. I toni dominanti sono quelli acidi dell arancione e del verde con pennellate verticali e orizzontali di colore blu e rosso che vanno a graffiare la superficie dipinta. L artista, che espone ripetutamente alla Galleria Il Milione di Milano, nel 1958 torna alla Biennale con cinque opere e sempre a Venezia l anno successivo gli verrà dedicata un intera sala personale. Zoran Music, Paesaggio roccioso, 1980 Dopo la drammatica serie Non siamo gli ultimi l artista goriziano abbandona temporaneamente la rappresentazione della figura umana con il ciclo dei Paesaggi rocciosi. In queste immagini di piccole dimensioni, dipinte sulle Dolomiti fra il 1977 e il 1980, Music si sofferma sui dettagli delle rocce e dei sassi isolandoli dal contesto paesistico: questi cumuli di materiale dai toni terrosi del grigio, dell ocra e del marrone, si stagliano su un ambiente indefinito dove non c è prospettiva e l orizzonte non è riempito dalla mole delle montagne ma è spazio vuoto. Il Paesaggio roccioso quindi non è la raffigurazione precisa di un luogo ma sono molto luoghi, dal Carso alla Dalmazia, dalle Dolomiti alle Crete senesi, come spiega lo stesso artista: In fondo ciò che è davanti a me non è una cosa nuova, è simile, se non identico a quello che ho portato con me, quello che è con me da sempre, forse fin dall infanzia e che però ogni tanto sbiadisce, minaccia di andarsene e in quel

4 momento ho bisogno di un nuovo impulso, di un aiuto, di un nuovo vedere per farlo uscire rinforzato e fresco (Z. Music, in Music: opere , a cura di F. Scotton, catalogo della mostra, Venezia 1985, p. 166). Guido Strazza, Rosso con linea verde, 1994 tempera su tela L artista toscano inizia il suo percorso sulla scia del secondo Futurismo, esponendo alla Biennale di Venezia del Laureatosi in ingegneria, si trasferisce a Roma e nel 1948 parte per il Perù dove maturerà il suo stile pittorico partecipando anche alla Biennale di San Paolo del Nel 1957 ritorna in Italia e a Venezia frequenta Vedova, Tancredi e Bacci, cominciando a sperimentare una pittura segnica su rotoli di grandi dimensioni; si tratta di ricerche che l artista porta avanti anche a Milano, caratterizzate da linee simili a graffi lasciati emergere su tele chiare. Dopo aver appreso a Roma, a partire dal 1964, le tecniche incisorie alla Calcografia Nazionale, Strazza espone alle Biennali di Venezia del 1964, del 1968 e del Tutta la sua pittura ormai è basata sull idea del gesto creativo, una sorta di traccia lasciata dall artista sull opera, come nel quadro della Collezione Merlini, in cui la superficie rossa è interrotta in alto da una linea verde. Renato Guttuso, Angurie, 1984

5 Mario Raciti, Presenze assenze, 1976 Milanese, laureatosi in giurisprudenza, si avvicina all arte da autodidatta, dipingendo ghirigori e segni che per la loro libertà creativa sembrano uscire dall immaginazione di un bambino. Le serie successive, come quella degli Spiritelli, presentano invece cieli composti di stelle, lune e aerei che risentono degli esempi di Mirò e Licini. Alla fine degli anni Sessanta la tela si libera dei segni e le pennellate si assottigliano: Dal 1969 i miei quadri s intitolano: Presenze Assenze. Non vuol dire che ci sono cose che si vedono appena e non si vedono. Ma è piuttosto come se <cose> non presenti nel quadro mandassero da altrove i loro messaggi, di forme per noi insolite (Mario Raciti, in Mario Raciti, Galleria Bergamini, Milano 1980, s.p.). Opere indubbiamente misteriose e sensibili, realizzate con toni tenui che variano dall azzurro al grigio, al bianco, come nel caso di quella della collezione Merlini, in cui le forme possono ricordare dei drappeggi piegati o delle tele bucate. Nel 1986 l artista, invitato alla Biennale di Venezia nella sezione Aperto 86, espone nove quadri del ciclo Mitologia. Lucio Fontana, Nudo, 1956 biro su carta