Aedes albopictus in Italia: un problema sanitario sottovalutato

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1 Ann. Ist. Super. Sanità, vol. 37, n. 2 (2001), pp Aedes albopictus in Italia: un problema sanitario sottovalutato Roberto ROMI Laboratorio di Parassitologia, Istituto Superiore di Sanità, Roma Riassunto. - Dal 1990, Aedes albopictus si è diffusa in 9 regioni e 30 provincie del nostro paese. La zanzara è stata introdotta in Italia con carichi di copertoni usati provenienti dagli Stati Uniti. Nel nostro paese, Ae. albopictus è rapidamente divenuto l infestante di maggiore importanza sanitaria e, sebbene sia attualmente da considerarsi solo come un vettore potenziale di agenti patogeni per l uomo, potrebbe inserirsi nel ciclo di trasmissione di alcuni arbovirus di cui è stata riportata la presenza nel bacino del Mediterraneo. Questo lavoro vuole fornire un aggiornamento sulla distribuzione di Ae. albopictus in Italia e rinnovare l interesse su un problema spesso sottovalutato. Vengono anche discusse le implicazioni di natura sanitaria alla luce dell esperienza maturata in un decennio di presenza della specie in Italia. Parole chiave: Aedes albopictus, Italia, diffusione, copertoni usati, arbovirus. Summary (Aedes albopictus in Italy: an underestimated health problem). - Since 1990, Ae. albopictus has spread in 9 regions and 30 provinces of the country. This species was introduced in Italy in shipments of scrap tires form the USA. In Italy, Ae. albopictus is the major biting pest throughout much of its range and, although there is no evidence that this mosquito is the vector of human disease in the country, the species might be involved in the transmission of some arboviruses which have been reported in the Mediterranean Basin. Aim of this paper is to provide an update on the distribution of Ae. albopictus in Italy and to renew the interest in a problem frequently underestimated. Public health implications after a ten-year presence of the species are also discussed. Key words: Aedes albopictus, Italy, geographic spread, scrap tires, arboviruses. Introduzione Nel settembre del 1990 viene segnalata per la prima volta in Italia Aedes albopictus [1], la cosiddetta zanzara Tigre, una specie non indigena di origine asiatica. Al primo reperto di pochi adulti nella città di Genova segue, nell estate successiva, la scoperta di numerosi focolai larvali della specie in provincia di Padova [2]. Negli anni immediatamente seguenti fu subito chiaro che la zanzara era in grado di superare le rigide stagioni invernali dell Italia settentrionale e che numerose popolazioni dell insetto erano già fortemente radicate sul territorio di varie regioni [3]. L importazione di una specie esotica, potenzialmente pericolosa, e il suo rapido adattamento alle nostre latitudini destò subito notevole preoccupazione tra gli esperti del settore: Ae. albopictus è infatti conosciuta come vettore di dengue e di numerosi altri arbovirus [4]. Ma anche in assenza di serbatoi di infezione, la zanzara Tigre è comunque un formidabile ectoparassita che si sviluppa di preferenza in ambienti fortemente antropizzati, è attiva durante le ore diurne e punge preferenzialmente l uomo, con una aggressività fuori dal comune. Per questo, fin dal 1991, il Laboratorio di Parassitologia dell Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha lanciato un allarme nel tentativo di frenare la diffusione della specie sul territorio nazionale. Nello stesso anno, presso l ISS è stato istituito un centro che fornisce consulenza tecnico-scientifica su Ae. albopictus e coordina le segnalazioni a livello nazionale. Il centro ha coordinato un programma di sorveglianza della zanzara Tigre dal 1994 al 1996 e prodotto numerosi documenti tecnici sull argomento. Presso l ISS vengono inoltre formati annualmente operatori laureati del Servizio Sanitario Nazionale coinvolti nella attività di sorveglianza e controllo dell insetto. A questo impegno non è però seguita una risposta adeguata da parte delle autorità sanitarie, sia a livello centrale che locale, col risultato che, negli ultimi 10 anni, Ae. albopictus si è diffusa ampiamente in Italia e che, dovunque presente oggi è causa di allarme e preoccupazione. Questo lavoro vuole fornire un aggiornamento sulla presenza di Ae. albopictus in Italia, analizzando i fattori che ne hanno favorito il rapido adattamento e la diffusione, e fare il punto sulle problematiche sanitarie emerse in questo primo decennio di permanenza della specie nel nostro paese. Vuole inoltre fornire un ulteriore stimolo ad affrontare con rinnovato interesse un problema finora certamente sottovalutato.

2 242 Origine e diffusione di Ae. albopictus Ae. albopictus (Skuse, 1897) è una zanzara che origina dalle foreste tropicali del sud-est asiatico. La specie è diffusa in tutta l Asia sud-orientale, dall India al Giappone, e nella maggior parte delle isole dell Oceano Indiano, dal Madagascar ad ovest, fino alla Nuova Guinea ad est. Il limite settentrionale del suo areale asiatico sfiora il 40 parallelo nord nel settentrione del Giappone, mentre il limite meridionale corre lungo il 10 parallelo sud [5]. Nell ultimo cinquantennio l areale di Ae. albopictus si è ampliato verso est, fino alle isole Hawaii e alle isole del Pacifico del sud [5]. Dal 1986 la specie è presente negli Stati Uniti, dove ha rapidamente colonizzato tutti gli stati ad est delle Montagne Rocciose [6]. La colonizzazione del continente nord-americano ha trovato il limite settentrionale nello stato dell Illinois, in prossimità del 42 parallelo [7]. Dopo il 1986, aree infestate da Ae. albopictus sono state segnalate in almeno 8 stati del Brasile, in Messico, in Centramerica, Bolivia, Colombia, varie isole caraibiche, tra cui Cuba, e in Nigeria [8]. Recentemente la specie è stata segnalata anche in Argentina [9]. La prima segnalazione in Europa è venuta dall Albania, dove la specie è probabilmente arrivata dalla Cina [10], seguita dall Italia e, molto recentemente, dalla Francia, dove l infestazione sembra essere ancora localizzata a pochi siti lungo la costa atlantica [11]. Ae. albopictus si è diffusa in tutto il mondo attraverso il commercio di copertoni usati [8]. La femmina gravida depone le uova all interno dei copertoni stoccati all aperto contenenti anche quantità minime d acqua, in genere di origine piovana. Le uova vengono deposte poco sopra il livello dell acqua e sono in grado di resistere anche a lunghi periodi di disseccamento. All interno di containers i copertoni viaggiano in tutto il mondo per essere rigenerati e, una volta giunti a destinazione, vengono nuovamente accatastati all aperto, dove la prima pioggia permetterà la schiusura della uova adese al loro interno, dando vita ad una nuova colonia della specie. In Italia, siamo stati in grado di dimostrare che uova della zanzara Tigre sono arrivate attraverso il commercio di copertoni usati importati dagli USA [12], ma ragionevolmente le infestazioni sono il risultato di molteplici introduzioni, forse anche con merci diverse da aree diverse. Anche la rapida diffusione interna in Italia è stata legata, perlomeno in un primo momento, al commercio interno di copertoni usati che le grandi aziende importatrici, prevalentemente localizzate in Veneto ed Emilia-Romagna, rivendono ad imprese minori che li rigenerano [13]. Meccanismi di sopravvivenza della specie e caratteristiche delle popolazioni italiane Le popolazioni di Ae. albopictus che hanno colonizzato gli Stati Uniti e stanno colonizzando l Europa sono dotate della capacità di superare stagioni invernali anche molto rigide. Studi condotti sulla capacità di effettuare una diapausa invernale allo stadio di uovo hanno dimostrato che le popolazioni nord-americane di Ae. albopictus originano dalla parte più settentrionale del continente asiatico, con buona probabilità da zone a clima temperato del Giappone [14]. Come già detto, l eccezionale capacità diffusiva di Ae. albopictus è dovuta al trasporto passivo delle sue uova. Queste, come tutte le uova del genere Aedes, sono dotate di una struttura particolare che permette loro di resistere al disseccamento e quindi di ritardare la schiusura anche di parecchi mesi. Durante il periodo estivo, quello più favorevole allo sviluppo, gran parte delle uova deposte schiudono appena sommerse dall acqua, mentre quelle deposte dalle femmine delle ultime generazioni stagionali sono in grado di ibernare attraverso una diapausa embrionale indotta dal breve fotoperiodo, sopravvivendo così anche a temperature di parecchi gradi sotto lo zero. Secondo quanto riportato in letteratura le femmine di Ae. albopictus appartenenti a popolazioni di aree temperate sarebbero indotte a produrre uova diapusanti da un fotoperiodo inferiore alle ore di luce e si riattiverebbero solo in presenza dello stesso numeo di ore di luce [14]. D altra parte sappiamo che anche la temperatura gioca un ruolo importante nell induzione della diapausa [14]. Da nostre osservazioni dirette, condotte a Roma (42 di latitudine nord) tra il 1998 e il 2000 [15], sappiamo che il ciclo biologico della specie si riattiva anche in presenza di sole 11,5-12 ore di luce, con temperature medie superiori ai 10 C (periodo che corrisponde solitamente al mese di marzo, più o meno inoltrato). Sebbene la deposizione di un certo numero di uova a schiusura ritardata avvenga anche durante l estate (come meccanismo di sicurezza per la sopravvivenza della specie in condizioni ambientali difficili), la deposizione di un numero cospicuo di uova invernali (> 50%) comincia gradualmente quando il fotoperiodo diminuisce ancora intorno alle 11 ore e mezzo di luce, all inizio di ottobre, anche con temperature medie ancora superiori ai 15 C. A metà novembre la quasi totalità delle uova deposte è ormai destinata a svernare. I focolai larvali di Ae. albopictus cessano dunque di essere produttivi tra la fine di ottobre e metà novembre, mentre adulti pienamente attivi dell insetto sono stati rinvenuti fino a dicembre inoltrato (con temperature medie inferiori ai 10 C) [15]. Alle latitudini più settentrionali del nostro paese (44-46 nord), dove le temperature sono mediamente più basse, il periodo favorevole allo sviluppo della specie è più breve, con la schiusura delle uova invernali ritardata di alcune settimane (aprile-maggio) e la sopravvivenza di pochi adulti limitata al mese di novembre. A latitudini più meridionali invece, le condizioni ambientali determinate dalle temperature medie più elevate e dalla scarsità di precipitazioni durante i mesi estivi, rendono l ambiente meno favorevole alla colonizzazione da parte di Ae. albopictus o comunque limitano il suo sviluppo massivo [16].

3 243 I potenziali focolai larvali Ae. albopictus origina dalle foreste tropicali del sudest asiatico dove i focolai larvali tipici sono rappresentati da cavità nel tronco degli alberi, dagli incavi delle ascelle foliari di grosse piante, dalle cavità dei bambù spezzati e da piccole pozze tra le rocce. La grande capacità di adattamento ad ambienti diversi ha consentito a questa zanzara di estendersi nel tempo prima agli insediamenti umani confinanti con la foresta, poi ad ambienti suburbani ed urbani. In particolare, l elemento determinante per la sua diffusione è la capacità di poter utilizzare per la deposizione delle uova una grande varietà di micro e macro contenitori derivanti dall attività umana. A seconda delle condizioni ambientali, ogni manufatto in grado di contenere piccole raccolte d acqua dolce, non importa di quale materiale sia costituito, può diventare un potenziale focolaio larvale. In ambiente industriale/commerciale risultano particolarmente soggette all infestazione le aree dove siano stoccati potenziali contenitori, quali ad esempio i depositi di copertoni, di rottamazione auto e i vivai; in ambiente peridomestico prevalgono i contenitori adibiti alla conservazione dell acqua per usi diversi, bidoni, bacinelle, sottovasi, vasche senza ricambio d acqua, ecc. In Italia Ae. albopictus ha trovato focolai larvali ideali anche nelle caditoie dei chiusini per la raccolta e lo smaltimento delle acque di superficie. Queste caditoie sono di dimensioni diverse, con volumi che variano da pochi litri a diverse decine. Buona parte del volume della caditoia è spesso occupato da terriccio e materiale organico in disfacimento (foglie, ecc.). Il corpo d acqua è generalmente ridotto e ricco di nutrienti: un focolaio di sviluppo ideale per le larve di Ae. albopictus. Nel nostro paese, i chiusini possono costituire la quasi totalità dei focolai larvali presenti sul suolo pubblico dei centri abitati, ma la loro produttività varia nello spazio e nel tempo, in relazioni al clima e alle precipitazioni. Infatti mentre i chiusini posti in fondi privati possono essere riforniti d acqua con continuità da attività diverse (quali l innaffiatura, il lavaggio d auto, ecc.), per i chiusini posti sul suolo pubblico, l unica fonte d acqua è quella meteorica. Così i lunghi periodi di siccità, e/o le temperature molto elevate, che si registrano in piena estate soprattutto nelle regioni centro-meridionali del nostro paese, possono rendere improduttivi focolai invece molto attivi in primavera e tarda estate. Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna, Lazio, Campania e Toscana), 30 provincie (Fig. 1) e 190 comuni. Segnalazioni sporadiche, non confermate col rinvenimento di focolai larvali, sono pervenute anche dalla Puglia. Focolai precoci della specie sono stati apparentemente eradicati in provincia di Trento e di Cagliari. Oltre il 90% delle aree infestate è concentrato nella porzione nord-occidentale del paese, dove evidentemente la zanzara Tigre ha trovato le condizioni climatiche e ambientali più favorevoli alla sopravvivenza e alla riproduzione; basta ricordare che nella parte sud-orientale della Pianura Padana vengono riportati tra 600 e 1000 mm di pioggia annui, con minimi estivi nel mese di luglio compresi tra 100 e 200 mm [16]. I focolai situati nelle regioni centro-meridionali non hanno invece dato luogo a colonie di rilevante importanza, o che comunque progrediscono con maggiore lentezza, proprio grazie alla relativamente scarsa quantità di precipitazioni e ai conseguenti bassi tenori di umidità relativa (nelle regioni del nostro meridione vengono riportati mediamente meno di 600 mm di pioggia annui, con minimi estivi nel mese di luglio inferiori a 50 mm sul continente e inferiori a 10 mm nelle isole) [16]. Fa eccezione l area urbana di Roma, dove la zanzara è presente dal 1997 e dove ha trovato condizioni particolarmente favorevoli alla rapida diffusione sul territorio cittadino, con propaggini extraurbane lungo le strade consolari e in molti comuni limitrofi [15]. Provincia infestata Focolai eradicati Distribuzione in Italia Secondo le segnalazioni pervenute al centro di coordinamento dell ISS a tutto dicembre 2000, focolai attivi di Ae. albopictus sono presenti in maniera discontinua sul territorio di 9 regioni (Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Fig Distribuzione di Aedes albopictus in Italia per provincie nel 2000.

4 244 In Fig. 2 è riportata la dinamica delle infestazioni di Ae. albopictus in Italia. La quasi totalità dei focolai evidenziati in Italia tra il 1990 e il 1994 è originata in corrispondenza di depositi di copertoni. Nel triennio seguente c è stato un marcato incremento del numero di provincie e comuni infestati, dovuto non tanto a nuove colonizzazioni quanto all attivazione di un sistema di sorveglianza a livello nazionale che ha rilevato quelle già esistenti. Dopo un biennio di sostanziale stabilità ( ), con un lieve incremento solo nel numero di comuni interessati dal problema, nel 1999, e ancora di più nel 2000, grazie a due stagioni climaticamente molto favorevoli (piovosità e temperature medie elevate), la diffusione della specie ha avuto un nuovo incremento, con l interessamento di nuove provincie e comuni. Rimane invece stabile ormai da anni il numero delle regioni infestate, a conferma che nel sud del paese Ae. albopictus non trova condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo. Implicazioni di ordine sanitario Regioni Provincie Comuni Fig Numero di regioni, provincie e comuni italiani nei quali sono stati segnalati focolai di Aedes albopictus dal 1990 al L introduzione di un nuovo, potenziale vettore di patogeni in Italia e in Europa costituisce di per sé motivo di preoccupazione [17, 18]. Numerosi studi di laboratorio hanno dimostrato che Ae. albopictus è capace di trasmettere verticalmente e orizzontalmente il virus della dengue e altri importanti arbovirus agenti di malattie umane [4, 19]. Meno si sa sul ruolo che la specie può realmente ricoprire sul campo: nel continente di origine è vettore provato del virus della dengue e quasi certamente gioca un ruolo anche nella trasmissione di quello dell encefalite giapponese [4, 20]. Negli Stati Uniti, dove la specie è presente dal 1986, sono stati isolati esemplari naturalmente infetti coi virus Potosi, Cache Valley e Estern Equine Encephalitis [21-23]. Alle nostre latitudini potrebbe inserirsi nel ciclo di trasmissione di almeno 7 arbovirus trasmessi da zanzare [18] di cui è stata riportata attività nel bacino del Mediterraneo [24]. Questi includono i virus Sindbis (SIN) e Chikungunya (CHIK) per la famiglia Togaviridae; West Nile (WN) e Menigoencefalite Turco-Israeliana (ITM) tra i Flaviviridae; Thahyna (TAH), Rift Fever Valley (RFV) e Batai (BAT) tra i Bunyaviridae. La competenza di Ae. albopictus a trasmettere alcuni di questi arbovirus (SIN, CHIK, WN e RFV) è stata dimostrata sperimentalmente [4]. Per quanto riguarda l Italia in particolare, la circolazione potrebbe essere ristretta a virus del gruppo SIN [18], TAH [25] e WN [26]. Peraltro è stato recentemente dimostrato che popolazioni di Ae. albopictus provenienti dall Albania [27] e dall Italia (nostri dati non pubblicati) possono infettarsi in laboratorio col virus dengue tipo II. Va anche ricordato che Ae. albopictus è stata infettata sperimentalmente con ceppi italiani di Dirofilaria repens e D. immitis [28]. A tutt oggi non ci sono però evidenze che la specie sia coinvolta nella trasmissione di agenti patogeni responsabili di malattie nell uomo, né negli Stati Uniti né in Europa. Dunque il rischio che la zanzara Tigre possa trasmettere arbovirus in Italia è solo teorico e comunque legato alla importazione accidentale di serbatoi d infezione. Va però sottolineato ad esempio, che il numero di casi di dengue d importazione è in costante aumento, essendo passato dai complessivi 23 casi confermati dall ISS nel quinquennio , agli 80 del quinquennio (Ciufolini comunicazione personale e [25]). Ma, al di là della potenzialità come vettore, Ae. albopictus è causa di grandi problemi dovuti alla semplice attività ectoparassitaria. L intensità degli attacchi è spesso tale da costringere le vittime ad abbandonare attività condotte all aperto per rifugiarsi al coperto. Peraltro Ae. albopictus punge comunemente anche al chiuso, specialmente nei piani più bassi dei fabbricati. La reazione alle punture è costituita da pomfi dolorosi, sovente edematosi o emorragici. Elevate densità della specie sono causa di vere e proprie emergenze sanitarie, perché l elevato numero di punture contemporanee che si riceve nell unità di tempo, principalmente concentrate sugli arti inferiori, può essere origine di risposte allergiche localizzate, soprattutto in persone particolarmente sensibili. Questi effetti sono particolarmente visibili su bambini e anziani e spesso richiedono un intervento medico: una realtà che stagionalmente interessa migliaia di persone. Rischio di infestazione e fattori favorenti lo sviluppo della specie La probabilità che si formino nuove colonie di Ae. albopictus è funzione del numero di uova importate [14]. Generalmente sono pochi individui a dare origine ad una nuova popolazione, qualora questi trovino condizioni

5 245 favorevoli allo sviluppo. Il fastidio arrecato dalla zanzara è invece proporzionale alla densità dell insetto e, generalmente, quando la gente ne avverte la presenza, la colonia è già saldamente radicata sul territorio. L attecchimento di una popolazione di Ae. albopictus e la sua proliferazione massiva sono legate a diversi fattori, sia naturali che antropici. Il clima è certamente il fattore più importante, tanto più favorevole quanto più vicino a quello caldo umido dei tropici: le precipitazioni, oltre a fornire acqua ai focolai larvali, innalzano l umidita relativa ambientale necessaria per la sopravvivenza degli adulti e le temperature elevate consentono alla zanzara un numero elevato di generazioni nell arco della stagione favorevole, con relativa crescita esponenziale della popolazione. Nel periodo di massimo caldo in Italia, tra la metà di luglio e la metà di agosto, Ae. albopictus è in grado di effettuare un ciclo completo di sviluppo in 10 giorni. L altitudine sembra essere invece un fattore limitante: Ae. albopictus prospera in pianura e nelle aree collinari più basse. Recentemente abbiamo potuto stimare che l entità del rischio di infestazione in una data area del nostro paese è direttamente legato all abbondanza delle precipitazioni e alla temperatura ambientale; ne consegue che mentre tutte le zone pianeggianti dell Italia settentrionale sono ad alto rischio di infestazione, buona parte delle regioni centrali e la totalità di quelle meridionali-insulari risultano a bassissimo rischio [16]. Tra i fattori antropici ricordiamo la disponibilità di focolai larvali (quindi di contenitori) che è generalmente maggiore dove le aree industriali/commerciali si interfacciano con quelle prettamente residenziali, e la tipologia abitativa che costituisce, anche in aree non periferiche, un fattore determinante allo sviluppo massivo della specie. Quartieri dove siano predominanti case basse o villette, con orti e giardini, o condomini con spazi verdi interni e terrazzi costituiscono le aree più favorevoli alla colonizzazione da parte di Ae. albopictus, perché rendono disponibili in gran numero sia focolai per lo sviluppo larvale che rifugi per gli adulti. Ci sono poi fattori secondari, ma non meno importanti, in grado di contribuire in maniera determinante alla infestazione permanente di una certa area. Il primo è legato a una carenza della normativa vigente che non specifica chi debba realizzare materialmente gli interventi di controllo (leggi disinfestazione) e/o sostenerne i costi. La differente interpretazione del concetto di profilassi, così come riportato nell ultimo Piano Sanitario Nazionale, ha fatto si che le competenze sul controllo siano state ritenute ove di pertinenza ambientale, dunque a carico dei comuni, ove di pertinenza sanitaria, quindi a carico delle aziende sanitarie locali. Altro fattore è, come già detto, una diffusa sottostima dell entità del problema da parte delle autorità locali, fino a quando questo non si manifesti nella sua interezza. Come e perché va prevenuta l importazione di Ae. albopictus In Italia si importano annualmente di tonnellate di copertoni usati (dati ISTAT), di cui un numero tra il 3,3% (0,5 t) e il 6,6% (1 t) proviene da aree di endemia di Ae. albopictus (principalmente il sud degli Stati Uniti). In un recente lavoro, Reiter [8] specifica come l Italia abbia importato in più riprese tra il 1988 e il 1995 varie migliaia di copertoni usati da paesi a rischio ( dagli Stati Uniti, dal Giappone, 1550 da Taiwan). Questo significa che il nostro paese ha subito, e rischia di subire, la continua importazione di popolazioni diverse della specie. Sebbene Ae. albopictus sia ormai saldamente radicata in Italia, l importazione di nuove popolazioni va comunque prevenuta per limitare la variabilità genetica di quelle esistenti e per evitare l accidentale introduzione di virus esotici [29]. Nonostante l allarme lanciato da questo Istituto all inizio degli anni 90, a tutt oggi l importazione di copertoni usati in Italia da zone di endemia di Ae. albopictus non è ancora regolamentata a livello nazionale, sebbene iniziative isolate siano state prese a livello regionale. D altra parte l esperienza degli Stati Uniti, dove la materia è regolamentata con legge federale [8], ha dimostrato che una legge sull importazione non è da sola sufficiente, senza successivi controlli, né a prevenire completamente l ingresso di materiali potenziamente infestati [8], né, tantomeno, a frenare la diffusione interna dell infestazione [30]. Quindi se va imposta la disinfestazione a tutti i carichi di copertoni usati provenienti da Asia e America, è altrettanto necessario imporre lo stoccaggio al coperto e la disinfestazione periodica su tutto il territorio nazionale di detti materiali, ivi compresi quelli destinati all esportazione. Con buona probabilità infatti copertoni infestati da uova di Ae. albopictus sono stati e sono spediti dal nostro paese in tutto il mondo (nel solo periodo l Italia ha esportato circa tonnellate di copertoni usati in 77 paesi dei 5 continenti) [8]. Esiste infine il rischio di importare nuove specie di zanzare che si sviluppano nei copertoni. Carichi infestati provenienti dagli USA hanno causato, nel 1997 l importazione di una seconda specie, Aedes atropalpus [31] che però, grazie alla efficienza della rete di sorveglianza attivata nel frattempo, è stata circoscritta all area d ingresso (Treviso) e quindi eradicata [32]. Conclusioni I dati raccolti in un decennio di monitoraggio di Ae. albopictus in Italia ci confermano che la specie è ormai stabilmente radicata nel nostro paese, con focolai d infestazione presenti in modo discontinuo in molte delle regioni centro-settentrionali. A causa della loca-

6 246 lizzazione prevalentemente peridomestica dei focolai larvali, l attività ectoparassitaria della zanzara Tigre interessa annualmente centinaia di migliaia di persone durante la stagione estiva. Dove presente, Ae. albopictus è rapidamente divenuta la specie infestante di maggiore importanza, il cui controllo assorbe annualmente risorse economiche considerevoli. Purtroppo l entità dei problemi di natura igienico-sanitaria determinati dalla presenza di Ae. albopictus, viene spesso sottostimata dalle autorità competenti, col risultato che la specie può raggiungere localmente densità decisamente preoccupanti. Tutto questo contribuisce a determinare una situazione di rischio sanitario che non può essere ignorata. Infatti, se in Italia il rischio che la zanzara Tigre possa trasmettere arbovirus è attualmente solo teorico, non si può comunque del tutto escludere un evento accidentale legato alla temporanea importazione di serbatoi di infezione. Non va peraltro dimenticato che una importante epidemia di dengue emorragica è già occorsa nel passato in Europa, in Grecia nel , con circa un milione di casi e 1000 decessi [33]. Sebbene all epoca l insetto responsabile della trasmissione fosse stato Ae. aegypti, vettore certamente più efficace di Ae. albopictus, riteniamo che la potenziale pericolosità di quest ultima non vada comunque sottovalutata. Eventuali epidemie di dengue in paesi europei, oggi, potrebbero avere un impatto devastante, a causa dell elevata densità di popolazione delle aree urbane e della scarso uso che si fa nel nostro continente di aria condizionata, di zanzariere alle finestre e di altri mezzi di protezione contro gli insetti [34]. Ringraziamenti I dati sulla distribuzione di Ae. albopictus in Italia sono il risultato degli sforzi condotti da colleghi di aziende sanitarie locali, istituti zooprofilattici, università e istituzioni diverse, che inviano periodicamente le loro relazioni all Istituto Superiore di Sanità. A loro vanno i nostri più sentiti ringraziamenti. Ricevuto il 14 febbraio Accettato il 18 giugno BIBLIOGRAFIA 1. Sabatini A, Raineri V, Trovato G, Coluzzi M. Aedes albopictus in Italia e possibile diffusione della specie nell area mediterranea. Parassitologia 1990;32: Dalla Pozza G, Majori G. First record of Aedes albopictus establishment in Italy. J Am Mosq Control Assoc 1992;8: Romi R. History and updating of the spread of Aedes albopictus in Italy. Parassitologia 1995;37: Shroyer DA. Aedes albopictus and arboviruses: a concise review of the litterature. J Am Mosq Control Assoc 1986;2: Hawley WA. The biology of Aedes albopictus. J Am Mosq Control Assoc 1988;4(suppl.): Moore CG. 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