Aspetto macroscopico di un fegato affetto da epatite virale acuta

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1 E P A T I T I VIRALI ACUTE Sono malattie nelle quali vi è unʼinfiammazione di tutto il fegato, provocata dallʼinfezione virale e dalla risposta immunitaria dellʼorganismo verso tale infezione. Sono malattie sistemiche, che colpiscono prevalentemente il fegato. Aspetto macroscopico di un fegato affetto da epatite virale acuta Quasi tutti i casi di epatite virale acuta sono causati da uno dei 5 agenti virali (dellʼepatite A, B, C, D,E). Sono tutti RNA virus*, tranne quello dellʼepatite B (che è un DNA virus). Di recente, sono stati scoperti altri virus epatotropi (G, TT, SEN), ma il loro ruolo come agenti causali di epatite è tuttora in fase di studio e nel caso dei virus G e TT appare molto dubbio. Esistono poi altri virus -detti minori- che, accanto alla malattia di base, possono causare una epatite di varia gravità (citomegalovirus, Epstein-Barr, Coxsackie ed herpesvirus)

2 * Virus: sono microrganismi con caratteristiche di parassita obbligato (non disponendo di tutte le strutture biochimiche e biosintetiche necessarie per riprodursi, reperiscono tali strutture nella cellula ospite in cui penetrano). Sono mediamente circa 100 volte più piccoli di una cellula e consistono di alcune strutture fondamentali: Tutti posseggono un piccolo genoma (=lʼinformazione ereditabile di un organismo, contenuta nel DNA o, per alcuni virus, nellʼrna) costituito da DNA o RNA, che trasporta lʼinformazione ereditaria. Tutti posseggono, quando allʼesterno della cellula ospite, una copertura proteica (capside) che protegge il genoma. Alcuni posseggono un ulteriore rivestimento (pericapside), di natura lipoproteica. Alcuni posseggono strutture molecolari specializzate ad iniettare il genoma virale nella cellula ospite. I genomi dei virus possono essere formati da una o più molecole di DNA o RNA, lineari o circolari, a singola o doppia elica.

3 Per quanto questi agenti virali possano essere distinti lʼun lʼaltro per le loro caratteristiche molecolari e per le loro proprietà antigeniche, tutti i tipi producono quadri clinici similari. Sono, da una parte, comuni infezioni che possono variare dallʼasintomatica e silente alla fatale e fulminante; dallʼaltro i virus B, C e D più facilmente provocano infezioni croniche a rapida evoluzione verso la cirrosi o anche il carcinoma. Prima che fossero disponibili i tests sierologici per lʼidentificazione dei virus dellʼepatite, tutte le epatiti erano etichettate come ʻviraliʼ. Le modalità di trasmissione si sovrappongono ed i criteri epidemiologici o clinici non possono essere sufficienti. A puro titolo informativo, il grafico successivo dà unʼidea delle proporzioni di diffusione dei principali virus in Italia.

4 EPATITE A Lʼepatite virale acuta A (alimentare o infettiva) è sostenuta da un virus RNA; presenta incubazione più breve (15-60 giorni) rispetto allʼepatite virale B, contagiosità elevata e trasmissione fecale-orale. Eʼ più diffusa nelle popolazioni a basso livello igienico. La via di contagio è generalmente orale, attraverso cibi contaminati (acqua, latte, frutti di mare ecc.). La prevenzione si attua con il rispetto di norme igieniche elementari (per esempio, il virus viene inattivato con la bollitura in acqua per 10 minuti). Il sintomo classico è rappresentato dallʼittero, che però compare in una piccola percentuale di casi, per cui molte forme passano inosservate: la malattia guarisce spontaneamente nella stragrande maggioranza dei casi; in questo caso compaiono gli anticorpi anti-virus A (IgG), che conferiscono protezione per tutta la vita, e non ne conseguono forme croniche. La profilassi con gammaglobuline è indicata per le persone a contatto stretto con i malati di epatite virale acuta A. Eʼ invece generalmente superflua nel contatto occasionale (scolastico o lavorativo). La vaccinazione pre-esposizione è oggi disponibile ed è indicata prima dei viaggi in zone ad alto rischio (aree tropicali e paesi in via di sviluppo).

5 EPATITE B Lʼepatite virale acuta B è sostenuta da un virus DNA; ha un tempo di incubazione di giorni, minore contagiosità rispetto alla A e trasmissione quasi esclusivamente parenterale (= tutte le vie tranne che la gastro-enterica). Eʼ caratterizzata dalla presenza nel sangue dellʼantigene Australia, o HBsAg, che è una componente della particella virale. Lʼinoculazione percutanea è stata a lungo considerata come la maggior via di trasmissione dellʼepatite B (da cui anche la dizione di epatite da siero), ma oggi questo non è più sostenibile. La maggior parte delle epatiti da trasfusione non sono da virus B, così come, in almeno 2/3 di pazienti sicuramente affetti da epatite B, non vi è storia di una identificabile esposizione percutanea. Oggi si ritiene che la maggior parte dei casi di epatite B sia conseguenza di modalità di trasmissione diverse dalla percutanea (a sua volta comunque possibile). LʼHBsAg è stato riconosciuto in quasi tutte le secrezioni corporee delle persone affette ed almeno due di queste secrezioni -liquido seminale e saliva- sono infettanti, per quanto meno del siero (somministrato per via percutanea o non negli animali da esperimento). Le due modalità non-percutanee di maggiore impatto nella trasmissione del virus sono rappresentate da contatto sessuale e trasmissione perinatale. Il contagio avviene con trasfusioni di sangue o emoderivati infetti (attualmente di frequenza molto ridotta per il controllo accurato del sangue dei donatori); con inoculazione accidentale di piccole quantità di sangue infetto mediante siringhe, aghi, strumenti ed apparecchiature sanitarie non sterilizzate adeguatamente (per esempio, agopuntura, tatuaggi, cure dentarie, manicure ecc.) o con uso di spazzolini da denti, rasoi, forbici di soggetti infetti; per contatto sessuale, per trasmissione del virus contenuto nel liquido seminale e nel secreto vaginale; per passaggio da madre infetta al neonato al momento del parto. I sintomi della malattia sono aspecifici e somigliano a quelli delle epatiti di altra origine: anche lʼittero è presente solo in una parte dei casi. Lʼinfezione, quindi, può passare inosservata. La malattia guarisce nella maggior parte dei casi e compaiono nel siero gli anticorpi contro lʼhbsag (IgG anti-hbsag).

6 In una variabile percentuale di pazienti (a seconda della loro età, del modo di trasmissione del virus e della competenza immunitaria dellʼospite), la malattia tende a cronicizzare, presentando vari quadri che vanno dallʼepatite cronica alla cirrosi, con persistenza del componente HBsAg della particella virale nel sangue. Alcuni soggetti, invece, dopo il contatto con il virus, non lo eliminano dallʼorganismo e diventano portatori cronici e potenzialmente infettivi, pur non presentando alcuna epatopatia (portatori sani dellʼhbsag). In Italia questi soggetti corrispondono al 3% della popolazione, pari a 2 milioni di portatori del virus. La prevenzione dellʼepatite B si attua con il rispetto di opportune misure igieniche. Eʼ da sottolineare che la trasmissione ai conviventi è relativamente rara; in ogni caso, ai portatori di HBsAg si consiglia lʼuso strettamente personale di spazzolini da denti, rasoi, pettini, forbici ecc., e lʼuso di profilattici nei rapporti sessuali. Eʼ necessario che questi soggetti segnalino il loro stato in occasione di cure mediche o dentistiche, in modo da consentire lʼattuazione di opportune misure di sterilizzazione. Per quanto riguarda la profilassi con gammaglobuline, risultano efficaci solo quelle specifiche per lʼepatite B, da eseguirsi entro 48 ore dal contagio (particolarmente in soggetti con esposizione accidentale a sangue infetto). Eʼ inoltre possibile effettuare la vaccinazione contro lʼepatite B: essa è efficace, priva di effetti collaterali di rilievo, dura sufficientemente a lungo (fino a 8 anni, al termine dei quali un richiamo vaccinale la prolunga altri 8 anni) ed è indicata nei soggetti ad alto rischio di infezione (medici e paramedici, neonati di madre positiva per lʼhbsag, congiunti a stretto contato, tossicodipendenti, partner, persone che si prostituiscono, emodializzati, politrasfusi, residenti in istituti a regime di vita comunitario, viaggiatori in aree dove lʼepatite virale è più diffusa).

7 EPATITE C Lʼepatite virale acuta C è sostenuta da un virus DNA, contagioso come e quanto il virus B. Eʼ quella che, oggi, più facilmente viene riconosciuta nei soggetti politrasfusi ed in coloro che, in passato, si sono sottoposti ad interventi chirurgici o a trattamenti odontoiatrici, quando ancora non era stato identificato il virus e non erano quindi disponibili efficaci mezzi di prevenzione del contagio. Lo screening per lʼhbsag eseguito su tutti i donatori di sangue (e lʼeliminazione di tutto il sangue ʻcommercialeʼ per le donazioni) nei primi anni 70 ha ridotto la frequenza delle epatiti associate a trasfusioni, senza però eliminarle. In quegli anni, la possibilità di contrarre unʼepatite dopo aver ricevuto sangue da donatori volontari, HBsAg-negativi, era approssimativamente del 10% (il 90-95% di tali pazienti era classificato come non-a non-b ). Per pazienti che ricevevano preparati quali piastrine concentrate, il rischio era anche più alto (fino al 20-30%). Negli anni 80, lʼautoesclusione volontaria dei donatori rientranti nelle categorie a rischio per lʼaids e poi lʼintroduzione dei test per lʼhiv ridussero a meno del 5% il rischio di epatite post-trasfusionale. Negli ultimi anni 80 e nei primi 90, lʼuso di test volti alla ricerca di portatori non-a e non-b e, successivamente, la scoperta del virus C hanno abbattuto ulteriormente la frequenza delle epatiti post-trasfusionali. I livelli attuali di rischio sono pressochè impercettibili (1 su ). Le modalità di trasmissione ed i soggetti a rischio sono, in linea di massima, gli stessi dellʼepatite virale B. Il decorso è più frequentemente asintomatico. Lʼevoluzione verso una forma cronica sembra molto frequente e lʼesito in cirrosi appare qui proporzionalmente ancora più probabile di quanto avvenga per la forma da virus B. Eʼ segnalata anche una maggior tendenza a degenerazione neoplastica.

8 EPATITE D Lʼepatite virale acuta D (o delta) è sostenuta da un virus RNA difettivo (capace di replicarsi solo se è contemporaneamente presente il virus B, del cui rivestimento esterno necessita per attuare lʼinfezione): può dunque causare unʼepatite acuta (o cronica) solo negli individui con contemporanea o pregressa epatite B. Il virus D si trova spesso nei tossicodipendenti e nei politrasfusi. Causa unʼinfezione particolarmente aggressiva. Per questo motivo, è opportuno vaccinare contro il virus B i soggetti predisposti allʼepatite D. Le modalità di trasmissione del virus D concerne, nei paesi ove il virus è endemico (Africa settentrionale, medio oriente ed Europa meridionale) non la via percutanea, ma i contatti personali intimi. Laddove il virus non è endemico (USA e nord Europa), come abbiamo già detto, lʼinfezione è pressochè esclusivamente trasmessa da sangue e derivati. Da sottolineare come lʼinfezione da virus D possa essere introdotta in una popolazione da tossicodipendenti, ma anche dalla migrazione di persone da aree endemiche ad aree che non lo sono. Su scala mondiale, comunque, lʼincidenza delle infezioni da virus D è in declino: ciò in rapporto con i provvedimenti di tutela di salute pubblica progressivamente adottati nei vari paesi.

9 EPATITE E Lʼepatite virale acuta E è sostenuta da un virus RNA, in parte simile al virus A. Estremamente diffuso in India, Asia, Africa ed America Latina. La causa di più comune riscontro è la contaminazione dellʼacqua in occasione delle piogge monsoniche, pur esistendo anche casi sporadici. Caratteristicamente, il virus E si trasmette raramente da persona a persona. La sua trasmissione è fecale-orale. La clinica e la prognosi ripetono quanto già visto per lʼepatite A.

10 S E G N I E S I N T O M I D I E P A T I T E 1. Fase prodromica (iniziale): i sintomi sono sistemici e variabili: inappetenza, nausea, vomito (spesso in associazione con alterazioni di gusto ed olfatto), debolezza, malessere, dolori articolari e muscolari, cefalea, faringite e tosse possono precedere anche di 1-2 settimane la comparsa dellʼittero. La febbre è di più frequente riscontro nelle epatiti A-E che nelle B.C. Urine scure e feci chiare (acoliche) vengono di solito notate dal paziente qualche giorno prima della comparsa dellʼittero. 2. Fase itterica: quando si manifesta lʼittero, di solito si attenuano i sintomi prodromici, mentre si registra un discreto calo di peso (2-5 Kg.). Il volume del fegato aumenta, con percezione di dolore o dolenzia in corrispondenza dei quadranti superiori destri dellʼaddome. Nel 10-20% dei casi, si ha splenomegalia (ingrossamento della milza) ed ingrossamento delle ghiandole cervicali. Da ricordare che una significativa quantità di pazienti con epatite virale non manifesta mai ittero. 3. Fase di guarigione: caratterizzata dalla scomparsa dei sintomi sistemici, pur permanendo un certo aumento delle dimensioni del fegato (epatomegalia) con qualche alterazione degli esami di funzionalità epatica. La durata della fase post-itterica varia da 2 a 12 settimane, essendo di solito più lunga nelle epatiti B e C. Si ritiene comunemente che la guarigione completa -clinica e biochimica- è attesa dopo 1-2 mesi (A-E) o dopo 3-4 mesi (B-C) dal manifestarsi dellʼittero.

11 I virus epatitici causano infezioni acute (cui si riferiscono i sintomi descritti nella pagina precedente) o croniche (nel caso di virus B, C e D). Sia lʼepatite acuta che la cronica sono determinate non solo dallʼinfezione, ma anche dalla situazione immunologica del soggetto nei confronti del virus. Ad esempio: nel caso del virus B, la malattia epatica è causata dal tentativo di eliminare il virus da parte del sistema immunitario mediante la necrosi delle cellule epatiche infettate. Se il tentativo è efficace, la malattia acuta guarisce; se è inefficace, la malattia cronicizza. I pazienti affetti da epatite cronica, in genere, non ricordano un episodio di malattia acuta (solo il 30% delle forme croniche fa seguito ad una forma acuta. Spesso insorge in modo insidioso). Se lʼinfezione cronicizza senza che il virus danneggi il fegato, il soggetto rimane infettato dal virus, ma non è malato: è il caso del portatore sano. Se lʼinfezione cronicizza, accompagnandosi a danno epatico persistente, si ha lʼepatite cronica. Lʼepatite virale cronica è caratterizzata dalla persistenza dellʼinfezione virale per più di 6 mesi. Si distinguono, fondamentalmente, due varietà di epatite virale cronica: Persistente: benigna. Attiva: più aggressiva, coinvolge più spesso il sistema immunitario, con innesco di reazioni autoimmuni che sostengono il danno epatico continuato. Sono variamente presenti, accanto ai sintomi da epatite, ascite e -come manifestazioni di tipo immunologico- artriti, nefriti, anemie emolitiche ecc. Lʼesito in cirrosi è assai probabile. La maggioranza delle cronicizzazioni tende a manifestarsi con alternanza di periodi di relativa quiescenza, in cui il paziente sta abbastanza bene ed il quadro clinico è modesto e periodi di riacutizzazione, caratterizzati da segni e sintomi di insufficienza epatica.

12 D A T I D I L A B O R A T O R I O Transaminasi (AST e ALT anche note come SGOT e SGPT): presentano un incremento variabile nella fase prodromica, precedendo lʼaumento della bilirubina. Raggiungono valori tra 400 e 4000 U.I. ed anche più, con un picco che coincide con la fase dellʼittero, per diminuire progressivamente poi. I valori delle transaminasi NON correlano con precisione con lʼentità del danno epatico. I dati clinici e lʼaumento delle AST consentono la diagnosi di epatite anitterica. Bilirubina: lʼittero diviene visibile (su sclere e cute) solitamente quando la bilirubina nel sangue supera i 2.5 mg/l. Nella fase itterica, può raggiungere valori tra 5 e 20 mg/l e può continuare a crescere anche quando le transaminasi diminuiscono. Nella maggior parte dei casi, lʼaumento della bilirubina totale è equamente ripartito tra diretta (coniugata) ed indiretta (non coniugata)*. Valori di bilirubina totale superiori a 20 e persistenti sono indicatori attendibili del danno epatico: quanto più alti sono i valori, tanto peggiore è la prognosi (con lʼeccezione delle anemie emolitiche**). Tempo di Protrombina (PT o Tempo di Quick): è il tempo impiegato, in secondi, per la formazione del coagulo, quando al sangue del paziente si aggiungono tromboplastina e calcio. Valori elevati possono esprimere un esteso danno delle cellule epatiche (cui compete la sintesi della protrombina). Elettroforesi siero-proteica (Protidogramma): caratteristico un certo aumento delle globuline gamma. In particolare, allʼimmunoelettroforesi risultano aumentate IgG ed IgM (soprattutto nellʼepatite A). Autoanticorpi: possono essere presenti, ma non sono specifici, potendo essere espressione di infezioni virali concomitanti. Markers sierologici (anticorpi virus-specifici). Ricordiamo i più importanti: anti HAV (per lʼepatite A), HBsAG (per lʼepatite B, con qualche possibile correlazione tra il titolo di questi anticorpi e la gravità di malattia). Sempre nellʼepatite B, lʼhbeag è indicatore di relativa infettività; lʼanti-hbc viene usato per definire acuta o cronica lʼinfezione. Anti-HCV (per lʼepatite C, sapendo che è presente soprattutto nelle forme croniche, mentre può non essere evidenziato nelle fasi acute, nel 5-10% dei casi). Non ci addentriamo volutamente nei complessi algoritmi da seguire nella marcatura sierologica dei diversi quadri di epatite virale.

13 * Bilirubina: riprendo in parte il contenuto di una nota delle pagine precedenti. La bilirubina si forma dalla degradazione dellʼemoglobina, che nel globulo rosso è deputata al trasporto dellʼossigeno. Al termine del loro ciclo vitale, i globuli rossi vengono rimossi dal sangue e distrutti nella milza. Lʼemoglobina viene riversata nel sangue in forma libera, legata alle proteine (albumine) del sangue ed inviata al fegato sotto forma di bilirubina indiretta. Per eliminare la bilirubina attraverso lʼintestino, il fegato deve prima coniugarla (ossia legarla) ad una sostanza che la rende solubile nella bile: lʼacido glicuronico trasforma la bilirubina indiretta (solubile nei grassi) in bilirubina diretta (idrosolubile). La bilirubina diretta (coniugata) è secreta dal fegato ed immessa nella cistifellea, per poter arrivare con la bile nellʼintestino, dove viene eliminata con le feci. Una piccola parte ritorna in circolo e viene eliminata con le urine. In generale, la presenza abnorme di bilirubina nel circolo sanguigno e la sua conseguente diffusione nei tessuti è la causa dellʼittero. Ittero: le cause possono essere unʼelevata distruzione di globuli rossi (ittero emolitico), disturbi del fegato (ittero epatocellulare) o un diminuito deflusso della bile (ittero ostruttivo) dovuto, per esempio, alla presenza di calcoli biliari. ** Anemie emolitiche: gruppo molto eterogeneo di anemie, tutte dovute ad aumentata distruzione di globuli rossi. La causa può essere intrinseca ai GR (cioè da ricercare allʼinterno del globulo rosso) - tutte ereditarie (talassemia, drepanocitosi, sferocitosi)- o estrinseca (cioè da ricercare in fattori esterni ai globuli rossi) - fattori biologici (autoanticorpi), chimici o fisici, che danneggiano i normali GR e ne favoriscono lʼeliminazione.

14 COMPLICANZE E SEQUELE DELLE EPATITI VIRALI ACUTE Epatite ricorrente: è quanto sperimentato da una piccola percentuale di pazienti con epatite A, che vedono ripresentarsi i sintomi di malattia dopo settimane ed anche mesi dalla presunta guarigione. Epatite colestatica: insolita variante sempre dellʼepatite A, caratterizzata dalla persistenza di ittero colestatico e di prurito. Entrambe queste complicanze, quando si manifestano, non modificano la prognosi dellʼepatite A (che rimane malattia che si autolimita e non evolve in forma cronica). Angioedema: nella fase prodromica dellʼepatite B, nel 5-10% dei pazienti, può svilupparsi una sindrome caratterizzata da dolori articolari, artrite, eruzioni cutanee, angioedema* e raramente ematuria e proteinuria. Questi sintomi portano spesso ad errati percorsi diagnostici in cerca di malattie reumatologiche (transaminasi ed HBsAG elevate sono la soluzione del dubbio). * Angioedema: è il rapido gonfiore della cute, della mucosa e dei tessuti sottomucosi. La cute del volto attorno alla bocca e della lingua può gonfiarsi -come in altre sedi (mani)- si gonfia in un periodo che va da pochi minuti ad ore.

15 * Epatite fulminante: è la più temuta delle complicazioni, ma fortunatamente anche rara. Interessate soprattutto le epatiti B (50%) -in particolare nelle forme associate ad epatite D o a epatite cronica C- e quelle E (1-2% del totale, fino al 20% dei casi in donne gravide). I pazienti presentano solitamente gravi quadri di encefalopatia, che portano rapidamente al coma; il fegato è piccolo, il tempo di protrombina abnormemente lungo, comune lʼedema cerebrale. La mortalità supera lʼ80%, ma va detto che chi sopravvive può riguadagnare lʼintegrità anatomica e funzionale del proprio fegato. Epatite cronica: vedi pagina precedente. Complicanze rare: pancreatiti, miocarditi, polmoniti atipiche, anemia aplastica, polinevriti, mieliti. Epatocarcinoma: ne sono a rischio le persone affette da epatite B (specie quelle infettate nellʼinfanzia e con positività dellʼhbeag) e da epatite C (quasi esclusivamente nei pazienti con cirrosi e quasi sempre dopo almeno 3 decadi di malattia). Sezione di fegato con carcinoma

16 T E R A P I A delle epatiti virali in fase acuta Antivirali Lʼepatite B, in individui adulti in precedenza sani, anche nelle forme più severe, non rappresenta indicazione a terapia antivirale: la guarigione spontanea è del 99% e nessuno studio clinico dimostra che ne possano essere influenzate probabilità o tempi dalla terapia. Lʼepatite C, invece, in cui la guarigione è rara e la progressione verso unʼepatite cronica è la regola, la terapia antivirale con Interferone-alfa è opportuna perché vantaggiosa (riduce significativamente il rischio di cronicizzazione). La terapia combinata con Interferone-alfa e ribavirina* si è dimostrata di ancor maggiore efficacia. Altri provvedimenti Il riposo a letto forzato e prolungato non è indispensabile, anche se molti pazienti si sentno meglio limitando la loro attività fisica. Una dieta ipercalorica è auspicabile: stante la nausea frequente verso sera, il maggior apporto alimentare andrebbe concentrato nelle ore mattutine (la somministrazione endovenosa può rendersi necessaria nei casi in cui nausea e vomito non consentano unʼalimentazione orale). I farmaci con metabolismo epatico dovrebbero essere evitati, cortisonici inclusi (il cui uso può addirittura essere controproducente). Lʼisolamento del paziente è raramente necessario, fatti salvi i casi di incontinenza fecale in pazienti con epatiti A-E o di emorragie incontrollate in quelli con epatite C. Nellʼepatite fulminante, lo scopo della terapia è quello di mantenere il bilancio idrico e salino, sostenere circolazione e respiro, correggere lʼipoglicemia e trattare ogni altra complicanza, per dare tempo al fegato di rigenerare (o di organizzare un trapianto).

17 P R O F I L A S S I Essendo, come abbiamo visto, limitato il campo di applicazione della terapia antivirale nelle epatiti acute ed efficace solo in una bassa percentuale di casi nelle epatiti croniche, si è posta giusta enfasi sulla prevenzione con immunizzazione. Lʼapproccio profilattico è differente per ogni tipo di epatite e, mentre in passato si usavano solo immunoglobuline con anticorpi specifici, oggi sono disponibili, per le epatiti A e B, efficaci vaccini. In assenza di efficaci strumenti di immunizzazione attiva (vaccino) o passiva (immunoglobuline) per lʼepatite C, la prevenzione passa attraverso cambiamenti dei comportamenti individuali e precauzioni volte a limitare i contatti con persone infette (soprattutto se non note come tali).

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