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1 Prof. G. Mosconi. Corso di Storia Greca per laurea. Sparta si trovava al centro di una vasta regione pianeggiante del Peloponneso meridionale, la Laconia, compresa fra le due catene dei monti Parnone e Taigeto e irrigata dal fiume Eurota, che scorre da nord a sud. Sparta e Atene dalle origini alla fine dell arcaismo 1 Caso quasi eccezionale nel mondo greco, Sparta si trovava ad una notevole distanza dal mare (il porto di Gizio si trova 35 km a sud di Sparta): la distanza dal mare, e nello stesso tempo la posizione centrale nella fertile vallata della Laconia, spiegano in buona parte la successiva storia della città, in cui il possesso, la conquista e lo sfruttamento Prof. della G. terra Mosconi hanno Corso un ruolo determinante. 2 Il fiume è visibile in fondo a destra, coperto da piante acquatiche; sullo sfondo il Taigeto La fertile piana dell Eurota vista dal colle del Menelaion 3 4

2 Sparta, la disseminata A fondare la città erano stati gruppi, forse neppure troppo numerosi, di Dori, parte di quelle popolazioni doriche che scesero nel Peloponneso intorno al a.c. ca. I nuovi arrivati fondarono quattro villaggi su alcune colline lungo il corso dell Eurota, a breve distanza l uno dall altro: poi, forse nel X sec., i quattro villaggi pur rimanendo fisicamente distinti attuarono un sinecismo, cioè si unirono politicamente a creare una sola polis, Sparta. La struttura urbanistica primitiva di Sparta si mantenne anche nei secoli successivi: alla fine del V secolo, il grande storico ateniese Tucidide osservava che Sparta «non si raccoglie intorno ad un unico nucleo e non ha templi o edifici sontuosi, ma è abitata in villaggi sparsi, secondo l'antico modo dei Greci», per cui, «se la città dei Lacedemoni fosse devastata e si salvassero solo i templi e le fondamenta, i posteri difficilmente crederebbero che la potenza spartana fosse pari alla sua fama» (Tucidide, La guerra del Peloponneso 10, 2). Cartina della Laconia: il territorio degli spartiati, i 4+1 villaggi di Sparta, le città perieciche 5 6 Dimora micenea (di estensione minore che il tipico palazzo miceneo), la cui prima fase si colloca nel XV sec. a.c.; la terza e ultima fase risale al XIII sec. a.c. Va probabilmente interpretata come la residenza del wanax della Laconia. 7 8

3 La prima e seconda guerra messenica Con una prima guerra messenica, durata vent anni, la Messenia fu totalmente conquistata nella seconda metà dell VIII secolo (datazioni tradizionali: ; ): i Messeni di stirpe dorica come gli Spartani - furono soggetti a un duro sfruttamento, e obbligati a versare metà dei raccolti ai nuovi padroni. Lo ricorda il poeta Tirteo, il quale afferma che i Messeni sconfitti erano «come asini schiantati da pesante soma, che portano ai padroni necessità luttuosa la metà di tutto quanto la terra genera» (fr. 6 W.; tr. cit.). Attorno al 650 a.c. (datazioni tradizionale in Pausania: ; intorno al 640 nella Suda), i Messeni insorsero: questa seconda guerra messenica, durata più di un decennio, si concluse con la definitiva sottomissione dei Messeni, ridotti alla condizione di iloti. Per quattrocento anni, fino al 371 a.c. (battaglia di Leuttra), la Messenia rimarrà sotto il duro tallone spartano, nonostante tentativi di rivolta (come la III guerra messenica, nel V sec. a.c.). 9 Tirteo sulla conquista della Messenia: fr. 5 W. Al nostro re Teopompo, amato dagli dèi: Con lui prendemmo la vasta Messenia. Messenia: terra buona da arare, buona da semina Per lei fecero guerra diciannove anni, senza mai tregua; con tenace coraggio, i padri dei nostri padri, con la lancia in pugno. Al ventesimo anno, i Messeni lasciarono le fertili campagne, via dalle alte vette di Itome. 10 Mezzo millennio di stabilità L eccezionalità di Sparta sul piano militare che ne fa, fino agli inizi del V secolo, la polis più potente del suolo greco, poi affiancata da Atene è in realtà il riflesso di una eccezionale stabilità. Tucidide osservava che Sparta, dopo essere stata fondata dai Dori e aver avuto un lungo periodo di conflitti interni, «fin dall antichità ebbe una buona costituzione e non fu mai dominata dai tiranni: sono circa quattrocento anni o poco più [ ] che i Lacedemoni hanno la medesima costituzione e traggono da questo fatto la loro potenza che permette loro di sistemare gli affari anche nelle altre città» (Tucidide, La guerra del Peloponneso, 1, 18, 1; trad. C. Moreschini). Tale stabilità anche se con problemi sempre più evidenti nel corso del IV secolo - si sarebbe prolungata per almeno un altro secolo

4 L ordinamento politico: i re Fin dalle origini Sparta come in origine altre poleis greche fu retta da re. Non si trattava però di una monarchia, ma di una diarchia. I re appartenevano a due distinte famiglie (gli Agiadi e gli Euripontidi) che si vantavano discendenti da una coppia di gemelli nata da uno degli Eraclidi. Prerogative dei re spartani secondo ErodotoVI (traduz. A. Izzo D Accinni) 56. Gli Spartiati han concesso ai re i seguenti privilegi: due sacerdozi, quello di Zeus Lacedemonio e quello di Zeus Uranio, e il diritto di portar guerra in qualunque territorio vogliano, e che nessuno degli Spartiati possa ostacolarli in questo, e in caso contrario sia colpito da maledizione. Nelle spedizioni militari i re vanno per primi, e per ultimi si ritirano; nelle guerre schiere di cento uomini scelti costituiscono la loro guardia del corpo; durante le spedizioni possono immolare quante vittime vogliono, e di tutte quelle immolate prendersi le pelli e le schiene Questi i privilegi che hanno in tempi di guerra, mentre altri sono stati fissati per loro in tempo di pace nella seguente maniera: se si fa qualche sacrificio ufficiale i re siedono al primo posto nel banchetto e da loro per primi si comincia a servire, distribuendo a ciascuno di loro tutte le vivande il doppio che agli altri commensali, ed essi hanno la precedenza nelle libazioni e ricevono le pelli degli animali serviti a tavola. Il primo giorno del mese e il settimo della prima decade di ogni mese viene dato a spese dello stato a ciascun re una vittima adulta da sacrificare ad Apollo ed un medimno di farina e un quarto laconico di vino, e in tutte le pubbliche gare vengono concessi loro posti d onore. E sta a loro nominare prosseni quelli che vogliono dei cittadini e scegliere ciascuno dei Pizii: i Pizii sono magistrati inviati a Delfi, mantenuti insieme con i re a spese dello stato. Quando i re non partecipano al pasto comune sono tenuti a mandar loro in casa due chenici di farina per ciascuno e una ciotola di vino; se invece sono presenti vien dato loro il doppio di ogni cosa, e nella stessa maniera vengono onorati anche quando sono invitati a pranzo da privati. I vaticini ricevuti essi li custodiscono, ma ne sono a conoscenza anche i Pizii. Essi rendono giustizia da soli soltanto nei casi seguenti: riguardo alla figlia unica ereditiera, a chi debba andar sposa se il padre non l abbia già promessa, e riguardo alle vie pubbliche. E, se qualcuno vuole adottare un figlio deve farlo dinanzi al re. Essi assistono i geronti quando tengono consiglio, e i geronti sono 28. Se i re non vanno, quelli dei geronti che sono loro più stretti parenti hanno le prerogative reali e depongono due voti, e come terzo il loro proprio. 58. Questi gli onori resi dallo stato degli Spartani ai re quando sono in vita, questi altri invece dopo morti: dei cavalieri vanno in giro annunziando l accaduto per tutta la Laconia, e per le città le donne aggirandosi di qua e di là percuotono lebeti. E dopo che questi riti si sono così svolti è assolutamente necessario che per ogni famiglia due persone di condizione libera, un uomo e una donna, si buttino in segno di lutto; per chi non lo fa, sono comminate gravi pene. Gli Spartani per la morte del re hanno le stesse usanze dei barbari d Asia: infatti la maggior parte dei barbari si attiene a questi stessi costumi per la morte dei re. Quando un re dei Lacedemoni sia morto, da tutta la Laconia sono tenuti ad andare al funerale, oltre gli Spartiati, un determinato numero di Perieci. E quando siano radunati in uno stesso luogo molte migliaia di costoro e di Iloti e degli stessi Spartiati, insieme con le loro donne si percuotono con violenza il volto e si abbandonano ad interminabili lamenti, dicendo ogni volta che l ultimo re scomparso, quello era veramente il migliore. Invece, di quello dei re che sia morto in guerra approntano un simulacro e lo seppelliscono in una bara ben adorna. Dopo aver compiuto la sepoltura non tengono nel mercato alcuna riunione per dieci giorni, né si raduna l assemblea per l elezione dei magistrati, ma durante questi giorni osservano il lutto

5 59. Anche in quest ultimo uso concordano coi Persiani: quando, morto il re, un altro diventa re, questo che subentra libera dai debiti qualunque Spartiata sia debitore del re o dello stato. E anche fra i Persiani il re eletto condona a tutte le città il tributo in precedenza dovuto. 60. In quest altro uso i Lacedemoni concordano con gli Egiziani: i loro araldi e flautisti e cuochi ricevono in eredità il mestiere dal padre, e un flautista è figlio di un flautista e un cuoco di un cuoco e un araldo di un araldo: altri non danno loro l assalto con la loro voce squillante per escluderli dalla carica, ma gli araldi ereditari continuano, secondo la consuetudine tradizionale. Così stanno dunque questi fatti. la Grande Rhetra Per le sue riforme politiche, Licurgo si sarebbe fondato, secondo la leggenda, su un oracolo di Delfi, detto la Grande Rhetra (rhetra è parola, patto ). Vd. Plutarco, Vita di Licurgo 6 (trad. M. Lupi). A tal punto Licurgo si prese cura del consiglio degli anziani, da recare da Delfi un oracolo relativo ad esso, che chiamano rhetra.esso dice: Eretto un tempio a Zeus Sillanio ed Atena Sillania, organizzate le tribù e ordinate le obài, e istituito un consiglio degli anziani di trenta membri compresi gli archegétai, si tengano le apéllai ad intervalli stabiliti fra il Babica e il Cnacione; così si presentino le proposte e si tolgano le sedute, ed all assemblea del popolo vittoria e potere Tirteo sulla Grande Rhetra Nelle espressioni organizzare le tribù e ordinare le obài è insita l idea di suddividere e distribuire il popolo in gruppi, chiamati rispettivamente tribù e obài; i re sono detti archegétai, e tenere le apéllai significa tenere l assemblea, perché Licurgo attribuì al dio Pitico, Apollo, il principio e l origine della sua costituzione. [...] Essi persuasero la città che questo emendamento era stato prescritto dal dio, come ricorda Tirteo nei seguenti versi: Ascoltato Febo, portarono a casa da Pito oracoli e parole veritiere del dio: diano inizio al consiglio i re onorati dagli dèi, i quali hanno cura dell amabile città di Sparta, e gli anziani consiglieri, e poi gli uomini del popolo obbedendo alle giuste leggi [Tirteo fr. 3b D.; la citazione di Plutarco è incompleta; vd. appresso] 19 20

6 Testo completo di Tirteo fr. 4 W. (traduz. M. Cavalli) Ascoltarono Febo e da Pito riportarono in patria il responso del dio - voce infallibile: Reggano il consiglio i re augusti, responsabili di Sparta, città amata, e i consiglieri anziani, e poi quelli del popolo, e discutano secondo la retta legge, per deliberare il meglio e agire con giustizia, senza mai storture per la città. La meta è la forza e la vittoria del popolo. Così disse Febo per la nostra città. Senofonte, Costituzione degli Spartani 15, 6-7 (traduz. M. Lupi) Tutti si alzano dai seggi per far posto al re, ad eccezione degli efori che non lasciano gli scranni a loro riservati. Ed ogni mese si scambiano un giuramento, gli efori a nome della città, i re a titolo personale. Il re giura di regnare rispettando le leggi vigenti nella città, mentre la città si impegna a mantenere saldo il potere regale purché il re resti fedele al giuramento ARISTOTELE Politica 1313a (M. Lupi): limitazione del potere regio e sua durata Presso gli Spartani la regalità si è preservata per molto tempo sia perché sin da principio il potere è stato suddiviso in due parti, sia perché in seguito Teopompo, dopo averne limitato il potere in vari modi, le affiancò la magistratura degli efori; infatti, avendo sottratto alla regalità una parte del potere, ne accrebbe la persistenza nel tempo, cosicché in un certo senso non la rese più piccola, ma più grande. Come osserva l ateniese Senofonte, vissuto nel IV secolo e autore di uno scritto intitolato L ordinamento politico degli Spartani, «a Sparta, Licurgo ha proibito agli uomini liberi di dedicarsi a qualsiasi occupazione che persegua fini di lucro e ha prescritto loro di considerare uniche attività degne del loro rango quelle che assicurano la libertà alla città» (7; traduz. G.F. Gianotti). Ovviamente, le attività «che assicurano la libertà alla città» sono la partecipazione alla vita politica e prima di tutto, ancora una volta, la guerra! 23 24

7 I sissizi A questo scopo, un importante strumento era rappresentato dai sissizi, i pasti collettivi: «tutti i cittadini dovevano radunarsi per consumare in comune le vivande prescritte dall ordinanza e lo stesso pane; vietato pranzare a casa distesi su coperte suntuose e con ricche tavole, facendosi ingrassare per mano di servi e cuochi» (Plutarco, Vita di Licurgo, 10, 1; traduz. C. Carena). Tale era l importanza dei pasti in comune nella definizione dell identità degli Spartiati che chi non era in grado di sostenere la modesta spesa per contribuire ai pasti comuni perdeva i diritti di cittadinanza. I pasti comuni erano organizzati in tavolate, e si poteva essere ammessi ad una tavolata solo se accettati dai membri della tavolata stessa. Strumento di coesione fra compagni di vita e d armi, il sissizio è anche un luogo di educazione: durante il sissizio vengono ricordate ed esaltate le imprese dei cittadini, proposte all ammirazione generale come modelli da imitare; durante il sissizio i più giovani ascoltano le vicende della città, imparano come ci si comporta fra Spartiati, e nello stesso tempo imparano anche a sopportare i rimproveri e le prese in giro dei più anziani. 25 Le tappe dell educazione: dalla nascita alla maggiore età Già alla nascita, lo spartiate necessariamente figlio di genitori entrambi spartiati veniva sottoposto ad esame da parte degli anziani della tribù di appartenenza: se il neonato appariva sano e robusto, era possibile allevarlo, e gli veniva assegnato, per il suo mantenimento, uno dei novemila lotti di terra; i neonati ritenuti inadatti, venivano gettati in una voragine sul monte Taigeto. I sopravvissuti alla selezione restavano affidati alla madre solo fino ai sette anni di età; poi è la città ad educarli, ad opera di un apposito magistrato (il paidonomos, amministratore dei bambini ): come spiega con ammirazione Senofonte, il paidonomos «ha l autorità di radunare i fanciulli, di sorvegliarli e di punirli severamente in caso di cattiva condotta» (Senofonte, L ordinamento politico degli Spartani, 2). 26 Le aghelai Tutti i ragazzi vengono suddivisi in squadre distinte per età, chiamate aghelai, greggi, e conducono vita comune sotto la sorveglianza e il comando di un ragazzo più grande. «Gli altri ragazzi facevano ciò che lui comandava e si sottomettevano alle sue punizioni, sì che l educazione si risolveva in un esercizio di obbedienza. Ai loro giochi assistevano gli anziani, che di solito provocavano delle finte battaglie e contese per scoprire senza incertezze, nella lotta, le possibilità che ciascuno aveva di diventare coraggioso e saldo sul campo di battaglia. A leggere e scrivere invece imparavano soltanto il minimo necessario. Il resto dell educazione era rivolto tutto a renderli pronti all ubbidienza, resistenti alla fatica e vittoriosi in guerra. Perciò col crescere dell età le prove aumentavano: venivano rasati a zero, abituati a camminare a piedi scalzi e a giocare insieme quasi sempre nudi. Dall età di dodici anni non portavano più la tunica e ricevevano un solo mantello all anno. [ ] Dormivano insieme, ognuno con la sua squadra e compagnia, su pagliericci che confezionavano essi stessi, spezzando con le sole mani, senza aiuto di coltello, le cime delle canne che crescono lungo l Eurota» (Plutarco, Vita di Licurgo, 16; trad. C. Carena). Scrive Plutarco che il capogruppo di ogni aghele, «un giovane sui vent anni, comanda nelle finte battaglie i suoi soggetti, si fa servire da loro i pasti in casa, manda i più robusti a cercare legna, e verdura i più piccoli. La trovano rubando: o entrano nei giardini o s insinuano nei pasti pubblici dei grandi con estrema scaltrezza e circospezione, perché se pescano uno, lo frustano a dovere, per essersi dimostrato un ladro malaccorto e incapace. Rubano anche qualsiasi altro cibo che possono, imparando ad assalire convenientemente chi dorme e non sta all erta. Se uno è preso, oltre alle percosse, per punizione rimane anche senza mangiare. Si dà loro del cibo insufficiente apposta perché si difendano da soli contro la fame e diventino per forza coraggiosi e furbi» (Plutarco, Vita di Licurgo, 17, 2 ss.; trad. cit.)

8 Ceramica laconica: Coppa del Pittore dei Cavalieri, a.c. ca. Londra, British Museum Pittore della caccia, coppa laconica a figure nere, 555 a.c. circa, Museo del Louvre anche le canzoni a Sparta contenevano un pungolo per l animo Eppure, anche nel caso della musica e della poesia, l aspetto militare prese il sopravvento, portando, nel V sec. a.c. allo spegnersi di questa tradizione artistica. Infatti, come osserva Plutarco «anche le canzoni a Sparta contenevano un pungolo per l animo [ ]. Lo stile era semplice e disadorno, i temi solenni d edificanti. Per lo più consistevano in lodi di coloro che erano morti per Sparta, e li dicevano felici; oppure in rimproveri per coloro che era fuggiti per viltà [ ], oppure in promesse e vanti di essere valorosi quanto conviene ad ogni età. Per dare un idea di queste ultime, non sarà male riportarne una. Nelle feste, dunque, si costituivano tre cori, corrispondenti alle tre età dell uomo; esordiva il coro dei vecchi, che cantava: Noi un tempo adesso è tardi fummo giovani gagliardi ; quindi il coro degli uomini rispondeva: Ora vince lo siam noi, come puoi veder, se vuoi ; da ultimo, il terzo, quello dei fanciulli, diceva: E noi lo saremo, assai, assai più, come vedrai» (Plutarco, Vita di Licurgo, 21). 31 La krypteia: l uso educativo del terrore Il coronamento di questa educazione alla resistenza fisica ed emotiva, alla sofferenza, al coraggio, era costituito dalla pratica della krypteia. Concluso il percorso dell agoghé intorno ai diciotto anni, i giovani più scaltri venivano mandati nel territorio, chi in una zona chi in un altra: «potevano portare con sé soltanto un pugnale, il necessario per mangiare e nulla più. I giovani durante il giorno si disperdevano in luoghi isolati, vi si nascondevano, e vi riposavano; di notte, scendevano sulle strade e, se gli sorprendevano qualche ilota, lo facevano fuori. Spesso facevano scorrerie per i campi e ammazzavano gli iloti più robusti e forti» (così Plutarco, Vita di Licurgo, 28). Una simile prova serviva a segnare l ingresso dei giovani spartiati nella comunità degli adulti guerrieri, attraverso un periodo di separazione dalla vita comune e una prova di coraggio: pratiche simili hanno luogo in molte culture tradizionali. 32

9 Il lato oscuro del kosmos La krypteia, con la sua ferocia elevata a modello educativo, è anche il segno di una comunità che vive non solo per la guerra, ma costantemente in guerra con gran parte della popolazione che vive nel suo stesso territorio: e infatti sappiamo che ogni anno, «appena gli efori entravano in carica, per prima cosa dichiaravano guerra agli Iloti, di modo che chiunque potesse ucciderli senza commettere sacrilegio. Anche sotto altri aspetti il comportamento degli Spartani verso gli iloti era duro e crudele. Ad esempio li costringevano a bere grandi quantità di vino puro [cioè non diluito con acqua, come erano soliti fare i Greci] e poi li spingevano dentro i sissizi per mostrare ai giovani lo spettacolo degradante di un ubriaco; oppure imponevano loro di cantare canzoni e danzare danze ignobili e ridicole» (Plutarco, Vita di Licurgo 28). Il cammino di Atene è opposto a quello di Sparta: a Sparta l ordine politico e sociale si va cristallizzando, Atene vive una continua evoluzione sociale e sperimenta soluzioni politiche sempre nuove; Sparta è una polis creata da un gruppo ristretto di invasori che si impone sulla popolazione preesistente, gli Ateniesi si vantavano di essere autoctoni, di essere cioè la popolazione originaria del luogo; la storia spartana è segnata dal contrasto fra il nucleo degli Spartiati residenti a Sparta e la popolazione asservita della campagna, al contrario quella di Atene è caratterizzata dall eguaglianza di diritti fra abitanti della città e abitanti dei villaggi, e dalla fusione di centro urbano e campagna in una unica realtà politica; La geografia dell Attica Sparta risolve il conflitto politico solo imponendo l uguaglianza totale dei cittadini, Atene invece saprà coniugare eguaglianza di diritti politici e diseguaglianze economiche. Sparta finisce per incarnare l ideale dell oligarchia (il dominio dei pochi sui molti: da olìgos poco e arché, comando ), ad Atene si imporrà infine quelle che gli stessi Ateniesi definiranno isonomia, la parità di diritti di tutti di fronte alla legge e democrazia, cioè il regime fondato sul potere del popolo. Una parte di tale differente cammino ha le sue radici nella geografia. Diversamente dalla vallata di Laconia, l Attica è una penisola, come tale in stretto rapporto col mare e quindi aperta al commercio e ai contatti con l esterno; la stessa Atene, suo centro principale, sorge a pochi chilometri dalla costa, dove si svilupperà poi il comodo porto del Pireo. L interno è in buona parte montuoso, il che riduce l importanza dell agricoltura e spiega l orientamento alle attività artigianali e commerciali: nello stesso tempo, non mancano varie pianure costiere, fra cui la più ampia è quella in cui sorge la stessa Atene

10 Così la popolazione attica comprende nello stesso tempo ricchi proprietari terrieri, contadini di media condizione, ma anche piccoli coltivatori di modestissima condizione, artigiani e marinai che non vivono di agricoltura. Questa compresenza di aree costiere, montagnose e pianeggianti avrà un ruolo importante nelle vicende politiche di Atene, e come anche la scarsità delle terre costituirà, ad un certo punto, un elemento di crisi ma anche di corrispondente evoluzione per la polis L Atene delle origini mitiche La tradizione sui re-arconti ateniesi Al contrario della Laconia, l Attica rimase estranea, forse proprio per la povertà del proprio territorio, alla penetrazione dorica (vd. al riguardo Tucidide 1, 2, 5-6). Anche l Attica, secondo la tradizione leggendaria, era stata sede di un regno miceneo. All epoca micenea (XIII-XI secolo a.c.) risalgono varie figure mitiche di re ricordati dalla tradizione leggendaria (Cecrope, Erittonio, Pandione, Egeo) fra cui spicca Teseo: a questo eroe del mito si attribuisce il sinecismo dell Attica, con centro politico ad Atene, «sebbene ciascuno abitasse le proprie terre come prima» (così Tucidide, Storie, 2, 15, 2). Ma nota bene: ammesso che vi sia stato un sinecismo, esso potrebbe essere avvenuto a tappe: aree periferiche, come Eleusi, erano ancora indipendenti all inizio del VII secolo (vd. l Inno a Demetra); anche l area di Maratona, o del Sunio, possono essrsi aggregate in età posteriore a Teseo. 39 La tradizione ricorda, prima del re Teseo (che la tradizione presenta come civilizzatore dei territori fra Attica e Peloponneso e responsabile del sinecismo dell'attica), i nomi di quattro re (Cecrope, Erittonio, Pandione, Egeo) e poi, dopo Teseo, almeno altri sette re fino a Medonte ( a.c.) o Acasto ( a.c.): ( ) con Medonte inizia la dinastia dei Medontidi, indicati nella tradizione come arconti a vita o re : segno, comunque, che questi basileis, ove sano storici, sono a tal punto integrati nell'aristocrazia da poter essere ricordati come arconti (D. Musti, Storia greca, p. 150). ( ) Al periodo degli arconti a vita sarebbe seguito quello dei sette arconti decennali (dekaeteîs): i primi quattro ancora scelti fra i Medontidi, gli altri tre di varie famiglie. A partire dal 683, con l arconte Creonte, inizia la lista degli arconti annuali, eponimi. 40

11 La collina dell Areopago vista dall Acropoli E ovvio che questa tradizione, con la sua regolarità e progressività, presenta un carattere molto artificioso, ma riflette almeno l idea che vi sia stata un indebolimento graduale del potere monarchico e una sua trasformazione in magistratura, con progressiva distribuzione delle attribuzioni del re fra più figure. Così Atene si trovò ad essere ormai governata da un collegio di tre magistrati, ognuno con uno specifico ambito di competenza. Questo processo dové compiersi dopo il 683 a.c. e prima della fine del VII secolo Solone si vantava d essersi posto «fra le due fazioni come pietra di confine» (fr. 37 W.) «al popolo ho fatto questo dono: ciò che gli basta, senza togliere o aggiungere privilegi. E quelli che avevano il potere e per ricchezza erano illustri provvidi che non subissero nulla di scorretto. Saldo, con forte scudo, li protessi entrambi [poveri e ricchi], ma non permisi a nessuno di prevalere con vittoria ingiusta» (fr. 5 W., trad. M. Cavalli). Il Cavaliere Rampin Nell Atene del VII-VI sec. numerosi aristocratici commissionavano statue dei propri familiari per le tombe oppure dedicate alle divinità nei santuari, anche con l obiettivo di celebrare la ricchezza e la raffinatezza della famiglia. Nella statua qui riprodotta, il Cavaliere Rampin (560 a.c. ca.), un giovane aristocratico, dai lineamenti raffinati e dalla capigliatura curata, viene raffigurato a cavallo, tipico attributo aristocratico. [cfr. Arist. Ath. Resp. 7, 4] La corona di foglie di quercia sul capo lo identifica come un vincitore di giochi atletici in cui il premio consisteva in una corona: le competizioni sportive erano tipico svago e vanto aristocratico

12 Verso la fine del VI secolo le monete attiche in argento (dette dracme: la dracma è una misura di peso) assunsero quegli emblemi che poi restarono stabili per gran parte della successiva storia cittadina (la testa della dea Atena e l immagine della civetta, uccello sacro alla dea). Qui vediamo un esemplare di dracma ateniese in argento risalente al 450 a.c. ca. Ekklesia, Heliaia, Boulé Aspetti democratici della riforma costituzionale soloniana. 1)Tutti i cittadini, compresi quindi i teti, potevano partecipare all ekklesìa, l assemblea generale della cittadinanza, che poi nel V sec. a.c. sarebbe divenuta il supremo organo statale. 2) Solone istituì un tribunale popolare (detto Elièa) alle cui giurie potevano partecipare tutti i cittadini: in tal modo l amministrazione della giustizia era sottratta in gran parte agli arconti e all Areopago (e quindi agli aristocratici e ai ricchi) e veniva gestita dal popolo, compresi dunque i teti: come osservava secoli dopo Plutarco, «quest ultimo privilegio inizialmente parve trascurabile, ma in seguito si rivelò di grandissima importanza, perché la maggior parte dei contrasti finiva per cadere nelle mani dei giurati» (Vita di Solone, 18) La politica come strumento di risoluzione intelligente e collettiva dei conflitti sociali La riforma soloniana, dunque, non intervenne sulle disuguaglianze economiche (non vi fu la redistribuzione della terra) ma evitò che le disuguaglianze economiche portassero ad una spaccatura irrimediabile della cittadinanza, e cercò di aprire anche ai più poveri uno spazio di partecipazione alla vita politica. Sui provvedimenti più democratici di Solone, vd. il giudizio di Aristotele Ath. Resp. 9. Anzi, tale era l importanza della partecipazione politica nella visione di Solone che una delle leggi da lui introdotte fissava come pena la perdita della cittadinanza per chi, durante una situazione di conflitti interno (stasis) non parteggiava per nessuna delle due parti. (vd. Arist. Ath. Resp.8, 5] Le tre tirannidi di Pisistrato e la difficoltà di una tirannide ad Atene Ma Atene era una polis troppo sviluppata perché l ascesa al potere tirannico fosse facile e lineare, e fondato sul banale uso della forza: Pisistrato due volte prese il potere e due volte ne fu cacciato. La prima volta (nel 561 a.c.) ottenne il potere fingendosi vittima di un attentato e ricevendo perciò dalla polis il permesso di usare una guardia del corpo di trecento sostenitori, che però usò per imporre il proprio potere; cacciato da Atene dopo cinque anni, vi rientrò grazie all appoggio della fazione dei paralioi con cui si era accordato, e rimase al potere per altri cinque anni ( ) ma fu poi cacciato quando tale accordo venne meno. Dopo altri anni di preparativi in esilio, solo nel 534 prese il potere definitivamente, stavolta con la forza militare, e lo tenne fino alla morte avvenuta nel 528/

13 I tre diversi colpi di Stato di Pisistrato. I modi con cui Pisistrato per tre volte si impadronì della tirannide ad Atene meritano di essere visti da vicino, perché sono piccoli capolavori di abilità politica e di propaganda: segno di come già allora Atene fosse un vero e proprio laboratorio politico anche sul piano delle forme della lotta politica. La prima volta Pisistrato si impose approfittando del clima di scontri che regnava in città: procurandosi delle ferite, inscenò di essere rimasto vittima di un attentato ad opera dei suoi avversari politici. Sull onda dell emozione e dell indignazione collettiva, ottenne di scegliersi, fra i cittadini, trecento guardie del corpo personale (i cosiddetti mazzieri, perché armate di mazze); poco dopo, Pisistrato, con i suoi trecento fedelissimi, occupò l Acropoli e impose il proprio potere. Erodoto 1, 59 sull ascesa di Pisistrato La seconda ascesa al potere Nonostante la moderazione mostrata nell esercizio del potere, egli restò in sella solo per cinque anni ( a.c.): contro di lui, infatti, si coalizzarono i capi dei pediakoi e quelli dei paralioi, che riuscirono così a cacciare Pisistrato. Bastarono però pochi anni perché riemergessero i contrasti fra le due fazioni. Ancora una volta ne approfittò Pisistrato, che si accordò con Megacle, della famiglia degli Alcemonidi e capo dei paralioi, per ritornare in patria al potere ( ). Hdt. 1, 60 sulla seconda ascesa al potere di Pisistrato Da abile politico, elabora una messinscena per trasformare il suo ritorno in un occasione per presentarsi come la guida indicata dagli dei per la tormentata Atene. Una donna di bell aspetto e alta statura viene fatta abbigliare come la dea Atena, con lancia, elmo e scudo, e viene fatta salire su un carro: su questo carro fa il suo ingresso in città, preceduto da araldi che annunciano «ciò che era stato loro ordinato, così dicendo: Ateniesi, accogliete benevolmente Pisistrato, che la dea Atena in persona ha onorato sopra tutti gli uomini e riconduce nella sua acropoli. Essi andando qua e là dicevano tali parole» (Erodoto, Storie, 1, 59, 4-5)

14 La seconda tirannide e il secondo esilio di Pisistrato in Hdt. 1, La terza ascesa al potere L alleanza politica tra Pisistrato e i paralioi, tuttavia, non resse a lungo: Pisistrato dovette lasciare Atene una seconda volta. Rimase in esilio solo per i pochi anni necessari ad organizzare, nel 534, il suo terzo ritorno, che ebbe ora le forme di un vero e proprio colpo di stato militare: raccolto un esercito di mercenari e alleati da altre città, prima sbarcò a Maratona nella zona cioè di cui era originario; poi, raccogliendo sostenitori dalla città e dalle campagne, marciò su Atene, sconfisse le disorganizzate truppe cittadine e occupò la città, mandò in esilio gli Alcmeonidi, e ritornò saldamente al potere, stavolta definitivamente, fino alla morte La terza presa del potere in Hdt. 1, segue Hdt. 1,

15 La tirannide illuminata di Pisistrato Ciò che permise a Pisistrato di recuperare ogni volta con facilità il potere, imponendosi per ben tre volte sui suoi oppositori, fu il fatto che egli in realtà seppe esercitare il suo potere senza inutili violenze e prevaricazioni: come ci informano gli autori antichi, Pisistrato non sconvolse le cariche esistenti né abolì le leggi, ma si limitò a governare la città piazzando uomini di fiducia nei posti di potere: Erodoto afferma che Pisistrato «governò la città sulla base delle istituzioni vigenti, amministrandola bene e saggiamente» (Storie, 1, 59, 6); Aristotele, nel IV secolo, nella sua Costituzione degli Ateniesi scrive che Pisistrato governò «con equilibrio, più da cittadino che da tiranno» (16,3). Il grande tempio a Zeus Olympios (l Olympieion) nella città bassa di Atene Ca. 430 a.c. Questo gruppo statuario in marmo, detto Gruppo dei tirannicidi, è la copia romana di una statua in bronzo eretta attorno al 470 a.c. nell agorà di Atene per celebrare Armodio e Aristogitone, i due congiurati che uccisero Ipparco e tentarono di eliminare Ippia nella congiura del 514 a.c. L uno è giovane (Armodio), l altro più anziano: la tradizione aristocratica attribuiva grande importanza al legame affettivo fra un aristocratico adulto e un più giovane allievo, che imparava dall esperienza del più grande; i due avanzano brandendo le spade con cui si avventarono su Ipparco. Una prima coppia di statue fu realizzata già nel 509 a.c., ma fu poi portata via da Atene al tempo dell invasione persiana di Serse nel 480 a.c., e fu quindi fatta questa seconda versione

16 Le dieci tribù: come mescolare una popolazione divisa Clistene puntò in primo luogo a spezzare il legame fra fazioni nobiliari e le diverse aree geografiche dell Attica, espressione di interessi e gruppi sociali diversi: la tirannide di Pisistrato si era imposta proprio sfruttando le spaccature fra abitanti della costa, della pianura e dell interno. Per questo motivo, Clistene in primo luogo riorganizzò la divisione in tribù della cittadinanza ateniese, con il chiaro intento di «mescolarli, affinché partecipassero più numerosi al governo» (Aristotele, Costituzione degli Ateniesi 21, 3): abolì le quattro tribù tradizionali, alle quali si apparteneva per discendenza; divise invece l intera cittadinanza in dieci tribù territoriali: il che significava che membri del medesimo clan familiare (genos) potevano appartenere a tribù diverse, perdendo così la possibilità di agire come un gruppo compatto. Le trittie In secondo luogo ogni tribù doveva essere composta di tre parti (chiamate trittie) fisicamente separate e fra loro geograficamente diverse: un distretto della costa, uno della città, uno dell interno (esistevano dunque dieci trittie della città, dieci della costa, dieci dell interno). Ogni tribù era dunque composta da cittadini residenti in tutte e tre le aree geografiche (le trittie della città, infatti, corrispondevano all area della pianura, sede dei pediakoi nell età di Pisistrato) Mappa dell Attica modellata dalle riforme di Clistene; la linea spezzata indica i confini delle trittyes; i numeri nelle trittyes indicano a quale trinù appartengano; i punti indicano alcuni demi (da Christopoulos, G., Bastias, J., Istoria tou Ellinikou Ethnous, vol.3/1, Ekdotiki Athinon, Athens 1972, p. 83). La Pnice, sede dell ecclesia nel V sec. a.c.; al centro, la tribuna (bema) degli oratori 63 64

17 Due vedute della Pnice Il rapporto fra Boulé ed Ecclesìa Boulé ed Ecclesìa, insomma, operavano congiuntamente: all ecclesia spettava l approvazione finale delle decisioni, ma era la Boulé che permetteva alla volontà popolare di tradursi in scelte concrete e ponderate (e infatti le leggi ateniesi si aprono con la formula: Così ha deciso il demos [riunitosi in ecclesia] e la boulé ). Alla Boulé inoltre, poiché si riuniva tutti giorni, toccava di controllare l'operato dei magistrati e gestire gli affari quotidiani di Storia polis. Greca Laurea L organizzazione interna della Boulé Per rendere più efficaci i lavori, lo stesso Consiglio dei Cinquecento era organizzato dividendo i cinquecento buleuti in dieci gruppi di cinquanta, uno per tribù: ogni gruppo prendeva, a turno, la presidenza, aveva cioè il compito di preparare l ordine del giorno e di organizzare i lavori dell intera Boulé: tale incarico è detto pritanìa, e i cinquanta buleuti appartenenti alla stessa tribù che svolgevano erano detti prìtani (prytanis è presidente, primo ); ogni pritania restava in carica per un decimo dell anno, periodo definito anch esso pritania. Così ogni tribù, per un decimo dell anno, si trovava ad esercitare il governo in nome e per conto della polis intera. A loro volta ogni giorno i pritani sorteggiavano fra di loro un presidente (epitastes), che custodiva le chiavi degli edifici sacri, dei tesori pubblici e i sigilli statali; egli restava in carica un solo giorno, e così quasi tutti i buleuti, prima o poi, si trovavano ad essere, per un giorno, supremi custodi della 67 Partecipazione ed efficacia degli organi assembleari Si ammira anche sotto questo l abile fusione fra la volontà di assicurare una ampia partecipazione democratica (la boulè aveva comunque cinquecento membri) e l esigenza di rendere tale assemblea efficace, affidando ad una sua parte la preparazione e l organizzazione del lavoro di tutti gli altri buleuti, così come a sua volta l intera Boulé preparava il terreno per le decisioni dell ecclesia. Inoltre, siccome tutti i buleuti erano pritani per un decimo dell anno, e quasi tutti i pritani finivano per essere sorteggiati per essere presidenti per un giorno, ogni cittadino ateniese, fino al più modesto, aveva la forte probabilità di essere, un giorno nella vita, presidente. 68

18 Il principio del sorteggio e della rotazione Ma come si diveniva membri della Boulé? I buleuti venivano estratti a sorte, cinquanta per tribù, fra tutti i cittadini; nessuno poteva però diventare buleuta più di due volte nel corso della vita. Il divieto di essere sorteggiati come buleuti per più di due volte assicurava una continua rotazione dei membri della Boulé; il sorteggio apriva la partecipazione alla Boulé a tutti a cittadini, anche a quelli di condizione più modesta. Dal 487/486 a.c. il sistema del sorteggio fu usato anche per gli arconti (anche se il sorteggio avveniva entro una lista di nomi, cinquecento, proposti dalle tribù): così la carica tradizionalmente riservata agli aristocratici ateniesi perse importanza, in quanto svincolata dall effettivo peso politico di chi la otteneva Due ostraka: in alto, con il nome di Cimone figlio di Milziade ; in basso con il nome di Temistocle, figlio di Neocle del demo di Frearrio 71 72

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