La dialisi. fra passato, presente e futuro NEFROLOGIA

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1 A cura di Michele Giannattasio * NEFROLOGIA La dialisi fra passato, presente e futuro a dialisi è diventata una modalità di terapia regolare e diffusa di trattamento del paziente affetto da Insufficienza Renale Cronica a partire dagli anni '60. In precedenza vi erano stati impieghi sporadici prevalentemente in pazienti con insufficienza renale acuta. Nel campo dell emodialisi extra-corporea (HD), solo l'introduzione nella pratica clinica dello shunt arterovenoso esterno e, successivamente, della fistola arterovenosa interna (FAV), nonché l'impiego dell'acetato come sostanza tampone del dialisato, ha consentito di iniziare regolari programmi di HD. La dialisi peritoneale (DP) è stata una tecnica quasi totalmente desueta fino alla fine degli anni '60, quando venne introdotto il catetere peritoneale a permanenza di Tenckhoff. Nella seconda metà degli anni '70 vi fu l'inizio dell'era della CAPD, con l'ulteriore miglioramento dato dall'uso del set ad Y. Accanto all'evoluzione tecnica, vi è stata, nel corso dei decenni, una importante modificazione delle caratteristiche della popolazione che aveva bisogno del trattamento. in trattamento al 31 dicembre p.m.a., era di 900 circa. Accanto a ciò si è evidenziata una stabilità della percentuale di uscita dal trattamento per decesso o trapianto renale. Pertanto, la popolazione uremica in dialisi tende ad aumentare progressivamente di numero, sia per l aumento dei nuovi ingressi che per la maggiore permanenza in trattamento. L età anagrafica e dialitica tendono ad essere più elevate, così come più alta è la percentuale (oltre il 50%) dei soggetti con uno o più fattori di rischio, quali malattie cardiovascolari, dismetaboliche, neoplastiche, La popolazione uremica I Registri italiani e internazionali hanno mostrato un progressivo aumento dell incidenza e della prevalenza annua dei pazienti in dialisi, con aumento totale dei soggetti in trattamento dialitico. Gli ultimi dati disponibili del Registro Italiano di Dialisi e Trapianto mostrano che nel 2003 l incidenza, cioè il numero dei pazienti che ogni anno entrano in dialisi per milione di abitanti (p.m.a.), era di circa 150, mentre la prevalenza, cioè il numero di pazienti pugliasalute - trentaquattro - marzo 2006

2 neurologiche, etc. Un dato particolarmente significativo è quello dell aumento dei pazienti diabetici in trattamento dialitico. Considerando la gravità delle complicanze, specie vascolari, che questa malattia ha, si comprende come essa abbia una severo influsso negativo sugli aspetti clinici e socio-organizzativi della dialisi. Oggi non esistono in pratica motivazioni cliniche tali da controindicare la dialisi e quindi la richiesta di trattamento è destinata inevitabilmente a salire. In Italia nel 2003 sono stati censiti circa pazienti in dialisi, mentre solo nella Regione Puglia sono oltre 3500 i pazienti abbisognevoli di trattamento dialitico per Insufficienza Renale Cronica terminale. Nel corso degli anni si è assistito ad un fenomeno di reciprocità tra il modificarsi delle caratteristiche della popolazione uremica e l evoluzione tecnica e organizzativa della pratica dialitica. Infatti il miglioramento tecnologico ha consentito e consente di trattare una popolazione sempre più complessa. Di converso la necessità di ampliare l indicazione alla dialisi anche a fasce di popolazione con più numerosi e severi fattori di rischio ha stimolato la ricerca per migliorare l efficacia e la tollerabilità del trattamento. Ne esistono due tipi la HD e la DP Quanti tipi di dialisi esistono e quanto tempo sottraggono alla vita quotidiana? Nel nuovo millennio il paziente con Insufficienza Renale Cronica può avvalersi di varie possibilità di trattamento depurativo. Esistono, infatti, due tipi principali di dialisi: la HD e la DP. La prima si pratica generalmente in Ospedale mediante l uso di un monitor che preleva il sangue di solito da una vena dell avambraccio resa più grossa da un piccolo intervento chirurgico di FAV. Il sangue così prelevato circola in un filtro che consente la eliminazione delle sostanze tossiche e dei liquidi che nelle persone con reni funzionanti sono eliminati con le urine. Il paziente che fa dialisi non urina o urina poco. La HD si effettua di solito per tre volte a settimana; è quindi un trattamento intermittente di depurazione del sangue. La durata del trattamento è in media 4 ore, per cui considerando il trasferimento da e per il Centro emodialisi il paziente è impegnato per almeno 15 ore alla settimana. Anche la DP richiede un piccolo intervento chirurgico: l impianto di un tubicino (catetere peritoneale) nell addome. La membrana dializzante, che nell HD è rappresentata da un filtro artificiale, in tale tecnica è costituita dalla membrana che riveste tutti i visceri presenti nell addome (membrana peritoneale). La soluzione dializzante, che consentirà la depurazione del sangue, è introdotta nella cavità peritoneale attraverso il catetere peritoneale; essa viene lasciata nella cavità peritoneale il tempo necessario al passaggio dal sangue ad essa delle sostanze tossiche e dei liquidi in eccesso da eliminare per mancanza di funzionalità dei reni. Esistono due tipi di DP: quella manuale (CAPD) che prevede la presenza per tutta la giornata della soluzione dializzante in addome, e specificatamente nella cavità peritoneale, venendo sostituita 4 volte al dì e quella con apparecchiatura (APD), che viene praticata di notte consentendo di giorno la totale libertà del paziente. L impegno per il paziente è nel caso della CAPD di 30 minuti per ciascuno scambio (2 ore al dì), e per la APD di 8 ore che generalmente coincidono con il riposo notturno. La DP, quindi, impegna di meno il paziente o il partner del paziente non autosufficiente, malgrado si pratichi ogni giorno. Trattasi di tecnica che consente una depurazione più continua del sangue rispetto all HD; la depurazione del sangue avviene per l intero arco delle 24 ore, mimando meglio della HD la funzione di un rene normale. L Emodialisi Negli anni si è quindi avuto lo sviluppo di tecniche altamente sofisticate con ricerca di materiali maggiormente biocompatibili. Un dato fondamentale del progresso è stato l uso, al posto del tradizionale acetato, del bicarbonato come tampone impiegato nella soluzione dializzante. Ciò è stato possibile grazie alla risoluzione di alcuni aspetti tecnici che hanno quindi consentito di utilizzare un tampone pugliasalute - trentacinque - marzo 2006

3 certamente più fisiologico. Nel corso degli anni, accanto alla tecnica esclusivamente diffusiva (HD Standard), ne sono state proposte altre di tipo convettivo (Emofiltrazione) o convettivo e diffusivo associati (Emodiafiltrazione), nel tentativo di migliorare la depurazione e per facilitare l impiego del trattamento anche in soggetti con grave instabilità cardiocircolatoria e che mal sopportavano una dialisi basata esclusivamente sulla diffusione. Queste tecniche innovative hanno un costo economico decisamente superiore rispetto a quelle più tradizionali e ciò ha portato ad una progressiva dilatazione della spesa sanitaria dialitica. Il problema forse oggi più rilevante, e che in qualche misura può limitare l uso dell HD, è quello dell accesso vascolare. Le caratteristiche della popolazione uremica che maggiormente condizionano tale aspetto sono la larga diffusione della vasculopatia e la più lunga vita dialitica dei soggetti trattati. Queste condizioni portano ad una minore disponibilità vascolare, specie arteriosa, e ad un esaurimento del letto vascolare, sia venoso che arterioso. Per fronteggiare tale situazione, sono state introdotte nella pratica clinica particolari tecnologie che prevedono l uso di protesi artificiali di varia natura, che collegassero arterie con vene profonde. Inoltre sono impiegati, come accesso permanente, dei grossi vasi nei quali sono posti a dimora permanente cateteri attraverso i quali fare la dialisi. Tutte queste tecniche innovative hanno certo consentito di migliorare le possibilità di trattamento per più ampie fasce di pazienti, ma hanno anche indotto una maggiore specifica morbilità, specie infettiva e trombotica, con conseguente aggravio clinico per il paziente ed economico per il sistema sanitario. La Dialisi Peritoneale Notevole evoluzione vi è stata nel corso degli anni anche nel campo della DP. I miglioramenti hanno interessato essenzialmente la metodologia e le soluzioni impiegate. La metodologia principe è stata, ed in buona misura è ancora, quella denominata CAPD, nella sua definizione standard di quattro scambi giornalieri con due litri ciascuno. Gli aggiustamenti hanno riguardato, in base alle necessità depurative ed alla massa corporea del paziente, il numero degli scambi (cinque o più al dì) e il volume di ognuno di essi (2,5-3 litri). Queste variazioni hanno portato ad accentuare le problematiche già rilevate nella metodologia standard: l intolleranza da parte del paziente per la ritualità che i ripetuti scambi comportano e le complicanze legate alla presenza di grandi volumi di soluzione in addome (ernie, leakage, rachialgie, modifica dell immagine corporea ecc.). Questo ha portato allo sviluppo della tecnica automatizzata APD, consistente nell uso di una macchina che fa gli scambi durante la notte e lascia poi l addome pieno o vuoto durante il giorno, a seconda delle necessità. Questa tecnica ha consentito di superare le problematiche della CAPD a cui si accennava prima. In effetti, l APD sta avendo una forte diffusione a scapito dell altra tecnica. Riguardo alle soluzioni dializzanti impiegate, il massimo dello sforzo si è fatto per modificare il tampone lattato e la sostanza osmoticamente attiva. Per quanto riguarda il primo aspetto, si è riusciti a passare al tampone bicarbonato che è certamente più fisiologico e tollerato da parte del peritoneo e del paziente in generale. Per la sostanza con alta osmolarità, al momento si lavorando intorno ai polimeri del glucosio. La novità in questo senso è l Icodestrina, una sostanza che viene adoperata non più di una volta al dì ed ha bisogno di sostare in peritoneo per almeno 8-10 ore. In realtà, si ottengono risultati soddisfacenti lasciando la soluzione durante lo scambio notturno, in caso di CAPD, o durante quello diurno, in caso di APD. L Emodialisi e la Dialisi Peritoneale sono intercambiabili? Vi è stato, e in parte vi è ancora, un consistente filone di ricerca clinica tendente ad equiparare il trattamento di HD con quello di DP. Molti studi giungono alla conclusione che in effetti i pazienti avessero uguale vantaggio clinico dai due tipi di dialisi. Negli ultimi anni si va facendo strada invece un nuovo concetto: le due tecniche hanno indicazioni cliniche e temporali molto precise e diverse, così come avviene per ogni tipo di terapia. La DP e l HD non sono trattamenti che possono essere prescritti indifferentemente uno al posto dell altro, ma occorre considerarle come due terapie complementari, con indicazioni cliniche ben definite. In tale prospettiva, la DP sta trovando una sua specifica collocazione in particolare nei soggetti che iniziano per la prima volta la dialisi e che hanno ancora una funzione renale residua discretamente elevata. In tali condizioni, l efficienza della membrana peritoneale è al massimo, garantendo così un elevato effetto depurativo, che bene si somma con il contributo dato in tal senso dalla quota di depurazione renale ancora presente. Nel corso degli anni, di solito 3-4, la membrana peritoneale potrebbe perdere la propria permeabilità e la funzione renale tenderà a scomparire del tutto: è questo il momento in cui bisognerà prendere in considerazione il passaggio del paziente alla HD, qualora non abbia già trapiantato. pugliasalute - trentasei - marzo 2006

4 Con questa modalità operativa si otterranno, accanto a quelli clinici, anche altri consistenti vantaggi: si impiegherà una forma domiciliare di trattamento, si salvaguarderà per un lungo periodo la funzione renale residua, si decongestioneranno i Centri di dialisi ospedalieri, si ridurranno i costi economici e sociali del trattamento dialitico. E stato anche ripetutamente osservato che i soggetti che erano stati trattati con DP avevano una ripresa funzionale del rene trapiantato più precoce rispetto a quelli che avevano fatto l HD. Le alternative all Emodialisi ospedaliera Un altro aspetto che ha subito significative variazioni nel corso degli anni e che ha notevoli influssi sugli aspetti organizzativi, sociali ed economici del trattamento dialitico è quello riguardante il luogo dove viene fatta in realtà la dialisi. La sua collocazione classica è quella ospedaliera. Questa scelta ha un limite nella difficoltà di reperire spazi ospedalieri sufficienti a corrispondere alle crescenti richieste di trattamento; nei costi elevati che ha la dialisi in ospedale; nella volontà di molti pazienti di essere quanto più possibile deospedalizzati. In questa prospettiva, negli anni 70 e 80, quando la modalità di trattamento quasi esclusiva era quella emodialitica, si diffuse l uso dell HD domiciliare e nei cosiddetti Centri ad Assistenza Limitata (CAL). La prima ebbe una discreta fortuna, specie in alcuni Centri, ma era limitata dalla necessità di avere un partner affidabile e in grado di farsi carico di un trattamento tutto sommato complesso e rischioso. Nettamente più ampia e distribuita fu la diffusione dei CAL, dove la dialisi veniva fatta solo dal personale infermieristico e con la presenza periodica del medico. Questa modalità ebbe un buon successo anche grazie al fatto che la popolazione dialitica era costituita in buona percentuale da soggetti con scarsi o addirittura senza fattori di rischio clinico extrauremico. Questi soggetti potevano essere affidati alle cure quasi esclusive, durante la seduta dialitica, del solo personale infermieristico. Questa modalità di trattamento ebbe il grosso merito di garantire la dialisi a tutti e di avvicinarla il più possibile al domicilio del paziente. In seguito, anche in concomitanza della diffusione della DP, che è una tipica forma di trattamento domiciliare, l HD a domicilio cominciò ad avere una rapida riduzione, fino alla pressoché totale scomparsa negli ultimi anni. Diverso è invece il discorso riguardante i CAL: man mano che la popolazione dialitica diventava clinicamente più complessa, ci si sarebbe aspettato una riduzione dell attività dei CAL. Tale fenomeno non si è invece realizzato, soprattutto in alcune regioni d Italia, perché le strutture ospedaliere non sarebbero state in grado di accogliere tutti i soggetti eventualmente rientranti dai CAL, la cui chiusura avrebbe anche determinato un allontanamento della sede della dialisi dal domicilio del paziente. Questa situazione comporta perciò il mantenimento dell attività dei CAL, ma esiste l inevitabile rischio di dover trattare in percentuale crescente pazienti a rischio, anche medio-alto, in strutture gestite solo da personale infermieristico e lontano dal Centro dialisi e dalle strutture ospedaliere. Occorrerà quindi rivedere la politica gestionale in questo settore. I costi economici e sociali della dialisi La determinazione dei costi dialitici è piuttosto ardua. Esistono differenze tra vari Centri anche di una stessa regione; diversi sono i servizi accessori forniti (dietista, assistente sociale, psicologo ecc.); grande incidenza ha il conteggio del personale dedicato in esclusiva o part-time e il rapporto tra personale sanitario e numero di posti tecnici e pazienti; rilevante è ancora la differente percentuale di utilizzo delle varie metodiche. La ricerca di Non va neppure dimenticata l importanza nuove della diagnosi e cura delle complicanze che soluzioni è una occorrono durante la vita dialitica, dovendo delle sfide dei però differenziare accuratamente tra le complicanze, e quindi le cure e i ricoveri, prossimi anni attribuibili alla dialisi e non piuttosto a cause extra-dialitiche o addirittura extra-uremiche. Altra questione di rilievo è il costo, per le tecniche domiciliari o in assistenza limitata, della frequenza delle visite fatte in tali strutture extra-ospedaliere. Altro elemento spesso sempre regolarmente trascurato è il costo privato e sociale del trattamento dialitico, intendendo ciò che il paziente affronta personalmente e il supporto che gli è necessario per poter effettuare la terapia dialitica nelle sue differenti forme e sedi, quale possa essere lo spazio di occupazione della dialisi nella vita del malato e sulla sua sfera lavorativa, quale sia la sua necessità di ricorrere all aiuto di terzi par fare dialisi o per lavorare. Considerando quindi questa difficoltà, è utile ricercare una tendenza comune in tutti gli studi fatti in proposito, per ricavarne utili indicazioni. I dati della letteratura concordano nel ritenere la HD domiciliare e la CAPD le tecniche meno costose. Intermedio è il costo dell APD e notevole quello delle tecniche cosiddette alternative. Alla luce di questi dati, al fine di ridurre i costi, sia finanziari che sociali, bisogna sviluppare essenzialmente programmi di trattamento peritoneale e, comunque, in sedi extra-ospedaliere. pugliasalute - trentasette - marzo 2006

5 Attivato il Centro Emodialisi presso l Ospedale Florenzo Jaia di Conversano a Direzione Generale della Azienda USL Bari 5 ha attivato dall 1 febbraio 2006 l Unità Emodialitica presso l Ospedale Florenzo Jaia di Conversano come previsto dal Piano Sanitario Regionale. La Unità, facente parte della Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi, diretta dal Dott Michele Giannattasio, è stata realizzata in soli 6 mesi con la formula del Service Onnicomprensivo dalla Ditta BAXTER Spa Renal Division. Essa rappresenta, strutturalmente e tecnologicamente, quanto di più avanzato nel campo dell emodialisi extracorporea. É dotata di 6 posti-rene con predisposizione per altri 4 e 2 posti di riserva, che permettono una recettività adeguata al bacino di utenza. La presenza di una Unità Emodialitica nell Ospedale di Conversano ha detto il Direttore Generale della Azienda USL Bari 5 Dott Nicola Pansini - deve rappresentare una prima significativa tappa nella rivalutazione e razionalizzazione dell attività ospedaliera. L attivazione di altre attività assistenziali ed il miglioramento delle attuali non solo in termini di potenziamento strutturale e di risorse, ma soprattutto di capacità di integrazione con il territorio nell ambito di definizione di procedure e L Unità dialitica dello Stabilimento Ospedaliero Florenzo Jaia di Conversano Il dott M. Giannattasio con i capisala (Sig.ra F. Carone e Sig. A. Casulli) ed i Tecnici di Dialisi (Sig. F. Natalizio e F. Campanella) della Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi della Azienda USL BA/5. percorsi assistenziali comuni, deve rappresentare l obiettivo a cui tendere e nel quale una attiva parte devono avere i Cittadini come fonte di informazione e suggerimenti. Abbiamo voluto attivare questa unità di Emodialisi per poter venire incontro alle giuste esigenze degli emodializzati di Conversano la cui vita è fortemente condizionata dal legame con la macchina per emodialisi, evitando loro lo spiacevole pendolarismo verso strutture dislocate fuori paese Lo scopo di tale Unità Emodialitica è quello di consentire il trattamento emodialitico ai pazienti non solo di Conversano, ma anche a quelli con residenza in altri Comuni viciniori che storicamente hanno considerato l Ospedale di Conversano proprio punto di riferimento per l assistenza sanitaria. Quale potrà essere la prevedibile evoluzione? Per affrontare lo scenario futuro, bisogna considerare la necessità di una risposta globale alla crescente richiesta dialitica, soprattutto per pazienti complessi, e avendo risorse strutturali ed economiche ridotte. La dialisi è oggi un trattamento che non ha significative controindicazioni generali e deve essere garantito a tutti i pazienti, ovviamente scegliendo la modalità più appropriata. La gestione precoce del paziente con Insufficienza Renale Cronica da parte del nefrologo è il primo passo verso una gestione adeguata: ciò consente la programmazione delle strutture necessarie a fronteggiare le richieste; permette una scelta delle tecniche dialitiche che meglio rispondono alle caratteristiche del paziente da trattare. Si possono così ridurre i costi e si può definire meglio la strategia di trapianto. Sarà anche indispensabile trovare tecniche e metodologie nuove da utilizzare prevalentemente, se non esclusivamente, in strutture extra-ospedaliere, in particolare a domicilio del paziente, con il coinvolgimento diretto al trattamento di partner familiari. Oggi esistono opportunità di controllo a distanza degli aspetti tecnici, la cosiddetta teledialisi, che sono in grado di gestire con sufficiente sicurezza il trattamento del paziente e le macchine che lo eseguono. Tutti gli obiettivi che abbiamo sommariamente indicato ed altri che ancora non riusciamo a vedere potranno essere raggiunti solo con l affinamento della ricerca clinica e tecnica. Non è perciò facile fare previsioni ragionevoli. Possiamo forse verosimilmente sperare che in campo emodialitico in futuro avrà spazio la dialisi domiciliare giornaliera e gli accessi vascolari resteranno uno dei campi di maggiore interesse e studio. La ricerca di membrane e materiale in genere maggiormente biocompatibile è un altro fondamentale aspetto da studiare nell immediato futuro. Infine la semplificazione delle tecniche, pur con controlli on-line di parametri vitali e metabolici, deve essere tenuto in grande considerazione. Nel campo della DP, gli aspetti che richiedono il massimo dell attenzione sono la ricerca di modalità dialitiche che aumentino l efficienza del trattamento sia in senso depurativo che riguardo all ultrafiltrazione. La ricerca quindi di nuove sostanze efficaci dal punto di vista osmotico è una delle sfide dei prossimi anni. Tutto questo però va ottenuto salvaguardando al massimo la membrana peritoneale dagli insulti chimici, fisici e infettivi, prolungandone il più possibile la sua vita come filtro dialitico. Sembra che, in base ai più recenti dati clinici, la DP dovrebbe essere la prima modalità terapeutica di scelta, specie per i soggetti che prevediamo di trapiantare in un periodo relativamente breve. Nel prosieguo della vita dialitica, il paziente potrà avere necessità di modificare il tipo di trattamento: porre il massimo di attenzione a questa esigenza e predisporre quanto necessario per consentire questo passaggio ad altra terapia, fa parte degli impegni primari del medico. In conclusione quindi possiamo dire che solo un uso integrato delle diverse tecniche dialitiche, impiegate senza pregiudizi, ma cercando di sfruttare al massimo le potenzialità di ciascuna di esse, può consentire i migliori risultati clinici, sociali ed economici, salvaguardando e migliorando la qualità della vita dei nostri pazienti. * Direttore Struttura Complessa di Nefrologia e Dialisi - AUSL BA/5 Putignano pugliasalute - trentotto - marzo 2006

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