CAPITOLO I: REVISIONE DELLA LETTERATURA

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1 INTRODUZIONE L insufficienza renale cronica è considerata un problema rilevante di salute pubblica. È atteso, inoltre, per i prossimi anni, il raddoppio dell incidenza dei pazienti nefropatici dovuto alla crescente incidenza di ipertensione arteriosa, diabete mellito e sindrome metabolica (De Nicola et al, 2011). L IRC costringe la persona colpita per un lungo periodo o anche per tutta la vita, ad un contatto diretto e continuo con la terapia e con il personale sanitario. Solo infatti, attraverso una terapia sostitutiva la persona può recuperare un possibile stato di equilibrio con l ambiente che lo circonda (Bruno et al, 2011). Il paziente in terapia sostitutiva emodialitica ha affrontato l esperienza di un cambiamento radicale della propria vita per la riduzione dell efficienza fisica, per le restrizioni alimentari, o di altro tipo, necessarie a preservare dal rischio di sintomatologie acute, per il legame indissolubile e assai rigido con la macchina di dialisi e il personale sanitario (Bruno et al, 2011). La sfida per l infermiere è quella di mettere il malato nella condizione di gestire autonomamente i cambiamenti imposti dalla dialisi, rendendoli compatibili con la definizione di salute. L interesse dell assistenza infermieristica deve considerare l uomo nel suo ambiente: lavorativo, famigliare, tempo libero, sfera affettiva e sessuale, trapianto (Bruno et al, 2011). Per raggiungere tale obiettivo è importante riconoscere cosa il paziente prova e percepisce durante la seduta emodialitica, in quanto tutte le conseguenze del trattamento si ripercuotono sul bagaglio emotivo che il paziente porta con sé; tutte le problematiche legate alla dialisi occupano la mente dei pazienti durante le ore di trattamento. La finalità dello studio è, pertanto, esplorare e descrivere il vissuto emotivo del paziente durante l emodialisi e far emergere le emozioni che percepisce nel corso del trattamento. 1

2 CAPITOLO I: REVISIONE DELLA LETTERATURA Epidemiologia dell insufficienza renale cronica La malattia renale cronica o insufficienza renale cronica (IRC) è considerata un problema rilevante di salute pubblica. I dati epidemiologici prodotti negli ultimi anni hanno suscitato l interesse nei confronti dell IRC da parte del mondo scientifico e delle autorità sanitarie. Circa il 13% della popolazione generale adulta negli Stati Uniti d America ha evidenze di IRC e rientra in uno dei 5 stadi identificati secondo la stadiazione di The National Kidney Foundation Disease Outcomes Quality Initiative (K/DOQI) (Tab.1). La prevalenza aumenta sino al 15-30% negli anziani e supera il 50% nei soggetti affetti da malattie cardiovascolari e metaboliche. È atteso, inoltre, per i prossimi anni, il raddoppio dell incidenza dei pazienti nefropatici dovuto alla crescente incidenza di ipertensione arteriosa, diabete mellito e sindrome metabolica (De Nicola et al, 2011). In Italia gli studi più consistenti sull epidemiologia dell IRC nella popolazione generale sono due, il GUBBIO e l INCIPE, ma entrambi sono stati eseguiti in aree limitate del nostro Paese. L epidemiologia a livello nazionale è attualmente in corso di valutazione mediante lo studio Cardiovascular risk in Renal patients of the Health Examination Survey (CARHES) della Società Italiana di Nefrologia. L analisi preliminare riguarda la distribuzione dell IRC per sesso e macro-area geografica in 11 regioni completate a Gennaio Sono state studiate 4077 persone su 9020 pari al 45% del campione previsto. Le persone per le quali è stato possibile applicare la definizione di IRC sono state 3559: la prevalenza è dell 8.1% negli uomini e del 7.8% nelle donne. Tali percentuali, se confermate al termine dello screening, suggerirebbero la presenza nel nostro Paese di milioni di soggetti con IRC (De Nicola et al, 2011). 2

3 1.1.2 Eziopatogenesi e fisiopatologia dell IRC Per insufficienza renale cronica si intende la riduzione permanente della funzione renale, la quale si instaura più spesso in modo subdolo come conseguenza di una malattia renale cronica ed è caratterizzata dalla progressività. Le fondamentali e molteplici funzioni omeostatiche renali avvengono entro un largo margine di riserva, per cui si ha IRC quando il complesso della massa renale è ridotta al di sotto di 1/3 della norma, con secondarie alterazioni della composizione del sangue (aumento dell urea, della creatinina, dell acido urico, dei fosfati e degli ioni idrogeno; calo dei bicarbonati e degli indici emopoietici). L IRC consegue ad un gruppo numeroso di nefropatie, che comportano, nel loro decorso, la progressiva distruzione del parenchima renale. La causa principale è rappresentata dalla glomerulonefrite (33%), seguita dalle nefriti interstiziali (21%), dalle nefropatie policistiche (9%), da malattie sistemiche e da nefroangiosclerosi (8%), da nefropatie da farmaci (3%); circa il 15% dei casi non ha una causa individuata. Al momento dell esordio dell IRC, le alterazioni cliniche e biologiche possono derivare dal tipo di nefropatia di base, ma tali differenze scompaiono con l evoluzione della nefropatia e quando la funzione renale è ridotta a meno del 30% compaiono manifestazioni umorali e cliniche univoche. Una volta instaurata la nefropatia cronica, la riduzione del numero di nefroni funzionanti è, all inizio, un processo subclinico ed asintomatico, svelato solo dagli esami ematochimici (aumento della clearance renale, azotemia normale e modesto aumento della creatininemia) (fase della diminuzione della riserva renale). Da questa fase si passa a quella dell insufficienza renale vera e propria (filtrato glomerulare inferiore al 30% del valore fisiologico) con iperazotemia, riduzione della capacità di concentrare le urine, iponatriemia ed ipercloremia, raramente iperkaliemia. Si configura allora la sindrome uremica, composta da una costellazione di caratteristici segni e sintomi che comprendono: gravi disturbi gastrointestinali con profonda inappetenza, nausea, vomito e diarrea, aggravanti una preesistente malnutrizione, neuropatia periferica, encefalopatia, prurito, severissima anemia, sindrome emorragica, spesso ipertensione, nicturia, in genere senza limitazione dell attività quotidiana (fase di IRC stazionaria). La progressiva riduzione del 3

4 numero di nefroni funzionanti determina: aggravamento dell anemia, incapacità di escrezione del carico idrico, comparsa di ipertensione arteriosa, iperfosfatemia, ipocalcemia, acidosi metabolica ed isostenuria (urine permanentemente isotoniche rispetto al plasma con perdita della capacità di concentrazione e diluizione), talvolta con insufficienza cardiaca e pericardite. Questo quadro è abbastanza raro, poiché il paziente viene inserito in trattamento sostitutivo dialitico prima che si instauri questo processo fisiopatologico. Dal punto di vista funzionale, l IRC si caratterizza per un parallelo ed equilibrato deterioramento sia del flusso ematico renale che del filtrato glomerulare. Di solito, quindi, il grado di riduzione funzionale viene stabilito sulla base della misura del filtrato glomerulare (GFR) (Montanari et al, 1989). Tabella 1: Stadiazione dell IRC secondo The National Kidney Foundation Disease Outcomes Quality Initiative (K/DOQI, 2002) Stadio Descrizione I GFR > 90 + albuminuria II GFR albuminuria III GFR IV GFR V GFR < Terapia dell IRC La terapia dell IRC è prima di tutto dietetico-conservativa. Fin dalle fasi precoci dell insufficienza renale è opportuna una restrizione dell apporto proteico e fosfatico, evitando però la sottonutrizione derivante sia da apporti proteici eccessivamente ristretti, sia da una riduzione dell apporto calorico, il quale, al contrario, deve essere spesso più ampio di quanto consigliabile in soggetti di pari età, sesso e peso corporeo (Montanari et al, 1989). 4

5 La malnutrizione proteico-calorica rappresenta un rischio frequente in corso di insufficienza renale. Lo stato nutrizionale è correlato con la funzione renale: al ridursi del filtrato glomerulare si osserva un peggioramento degli indici nutrizionali (Barsotti, 2003). Particolarmente importante è la qualità delle proteine somministrate: sono da preferire le proteine ad alto valore biologico di origine animale, invece che di origine vegetale (Montanari et al, 1989). Il controllo dell introito di proteine e fosfati permette: a) un controllo dell equilibrio acido-base, b) il mantenimento di uno stato nutrizionale soddisfacente, c) un possibile rallentamento della progressione dell insufficienza renale verso la fase terminale. La riduzione proteica si ottiene con una dieta che fornisca 0.7 g/kg (peso ideale, PI) ed almeno 35 Kcal/kgPI/die per i soggetti di età<60 anni (per età>60 anni: 30 Kcal/kgPI/die). L apporto calorico deve essere realizzato aumentando la percentuale di carboidrati e lipidi nella dieta. Tali percentuali non vanno sostanzialmente modificate nel paziente diabetico. L introito salino deve essere controllato (<100 meq/die) (Barsotti, 2003). La quantità di sale va rapportata alla presenza o meno di ipertensione arteriosa, tenendo conto che l eccessiva restrizione salina comporta una riduzione dei valori extracellulari e quindi un relativo più rapido peggioramento della funzione renale. In questo senso va accuratamente valutato l uso di farmaci diuretici nel trattamento dell ipertensione arteriosa: la deplezione idrosodica può essere una probabile complicanza di questo trattamento a cui va aggiunta anche la facilità con cui i diuretici possono determinare o aggravare una deplezione potassica già di per sé presente nell IRC. L impiego dei farmaci antipertensivi va limitato a quei farmaci che non riducano il flusso renale ematico. Il potassio non provoca importanti conseguenze nell IRC stazionaria con poliuria; l iperpotassiemia compare nelle oligurie della fase progressiva. Limitare il contenuto di fosforo nelle diete migliora il controllo dell acidosi e delle alterazioni di calcio e fosforo (Montanari et al, 1989). Il controllo dell ipertensione arteriosa rappresenta sicuramente uno dei principali interventi terapeutici nei pazienti con IRC. Tale trattamento non solo è importante 5

6 per prevenire gli eventi cardiovascolari, ma è in grado di rallentare la progressione delle nefropatie croniche. Questo effetto è in parte dipendente dalla riduzione della proteinuria, che a sua volta è secondaria alla riduzione dei valori pressori ed all effetto antiproteinurico che alcuni farmaci antipertensivi possiedono indipendentemente dall effetto pressorio. Il controllo stretto dei valori pressori durante il trattamento conservativo è, quindi, molto importante. È stato evidenziato, infatti, che le alterazioni cardiache che aumentano il rischio di morte sono favorite dalla presenza d ipertensione durante la fase conservativa (Barsotti, 2003) Terapia sostitutiva dell insufficienza renale cronica L insufficienza renale cronica terminale viene trattata con la terapia sostitutiva. Solo attraverso questo trattamento la persona colpita può recuperare un possibile stato di equilibrio con l ambiente che la circonda; è una situazione patologica che costringe la persona colpita per un lungo periodo o, in alcuni casi, anche per tutta la vita, ad un contatto diretto e continuo con la terapia e con il personale infermieristico-medico a questa deputato (Bruno et al, 2011). I pazienti con IRC allo stadio 4-5 spesso vengono seguiti dall ambulatorio di predialisi, che, oltre ad essere un ambulatorio medico per le problematiche cliniche, offre un informazione finalizzata alla scelta consapevole del trattamento sostitutivo. In realtà, l intento principale di questo percorso è quello di andare oltre la parte clinica e informativa, per arrivare a supportare la persona e la famiglia nella scelta e nella condivisione della responsabilità della cura. In genere viene avviato il percorso predialitico quando il GFR scende sotto i 15 ml/min (IRC di stadio 5). A questo punto, le visite vengono svolte ogni 4-6 settimane e accompagnano il paziente fino alla terapia sostitutiva (Alberghini et al, 2011). La terapia sostitutiva consiste nel sostituire almeno in parte la funzione renale; essa è rappresentata dal trattamento dialitico o dal trapianto renale. La dialisi può essere di due tipi: peritoneale od extracorporea (Paris, 1995). 6

7 La dialisi peritoneale La dialisi peritoneale (DP) sfrutta i principi fisici della diffusione e convezione: permette, attraverso la membrana peritoneale, il passaggio di sostanze dal sangue dei capillari mesenterici verso il liquido di dialisi che viene introdotto nel peritoneo per mezzo di un catetere che viene periodicamente sostituito. Gli elementi fondamentali per questo tipo di trattamento sono tre: il peritoneo, il catetere peritoneale e il liquido di dialisi. 1) Il peritoneo è una membrana porosa e riccamente vascolarizzata, che costituisce la membrana filtrante naturale; 2) il catetere peritoneale viene inserito nella cavità peritoneale (Cavo del Douglas) di solito all altezza della linea Alba e rimane costantemente in sede; 3) il liquido di dialisi è una soluzione osmotica, che può contenere diverse concentrazioni di glucosio; viene introdotto nella cavità peritoneale attraverso il catetere. In questo caso il trattamento può essere effettuato a domicilio, può essere facilmente gestito in modo autonomo dal paziente dopo un adeguato addestramento. Le fasi che caratterizzano questo tipo di trattamento sono tre: 1) fase di carico : attraverso il catetere il liquido raggiunge la cavità peritoneale; 2) fase di sosta : è la fase effettiva di depurazione. Attraverso la membrana peritoneale le sostanze tossiche passano dal sangue al liquido di dialisi che cede al sangue sostanze utili. 3) Fase di scarico : il liquido di dialisi, in cui si sono accumulate le sostanze tossiche, viene drenato all esterno (Bruno et al, 2011; Paris, 1995). Le metodiche più diffuse sono: - Dialisi peritoneale ambulatoriale continua (CAPD): il paziente si sottopone, al proprio domicilio, quotidianamente a 3-4 sedute dialitiche, della durata di circa 30 minuti. Negli intervalli fra gli scambi, cioè per circa 4 ore, il paziente ha 1 addome pieno di liquido di dialisi, ma è libero di muoversi e di svolgere le proprie attività (Bruno et al, 2011). - Dialisi peritoneale automatizzata (APD): si avvale di una macchina che consente di praticare automaticamente la DP durante la notte; il paziente durante il giorno 7

8 può dedicarsi liberamente alle proprie attività. Su precise indicazioni mediche viene programmata la macchina per un certo numero di scambi durante le 9-10 ore del trattamento (Bruno et al, 2011; Paris, 1995). Il trapianto renale Il trapianto renale viene effettuato solo quando esistono le condizioni cliniche opportune. Il trapianto renale rimane la forma più completa di terapia sostitutiva dell IRC. Attraverso l intervento chirurgico, un rene prelevato da cadavere o da un donatore vivente viene trapiantato nel corpo del paziente affetto da IRC. Il rene trapiantato viene inserito nella fossa iliaca, vicino alla vescica. L intervento, in anestesia generale, dura circa 3 ore. Per essere idoneo il paziente si deve sottoporre ad una serie di esami per escludere la presenza di eventuali malattie che sconsiglino l intervento e la terapia antirigetto. Una volta entrati in lista d attesa, il trapianto viene effettuato nel momento in cui è disponibile un rene che sia compatibile con i tessuti del ricevente (Paris, 1995). Da tempo ormai il trapianto renale è divenuto una pratica terapeutica collaudata e diffusa, attualmente costituisce la modalità preferenziale di trattamento dell IRC per molte migliaia di pazienti in tutto il mondo. Il numero di pazienti portatori di rene trapiantato in Italia cresce progressivamente, sia per l aumento dell aspettativa di vita dei pazienti raggiunta in questi ultimi anni, sia per il progressivo aumento del numero degli interventi (Bruno et al, 2011) Dialisi extracorporea La dialisi extracorporea, o emodialisi, invece, permette di rimuovere le sostanze tossiche che si accumulano nell organismo attraverso il lavaggio e il filtraggio del sangue mediante una membrana semipermeabile esterna: il rene artificiale (Paris, 1995). La tecnica dell emodialisi si basa sull assemblaggio di 2 circuiti : il circuito ematico extracorporeo ed il circuito del dialisato. Il circuito ematico extracorporeo 8

9 comprende: l accesso vascolare del paziente, la linea ematica arteriosa che trasporta il sangue all apparecchiatura di dialisi (Monitor), il filtro di dialisi o dializzatore, la linea ematica venosa che consente il rientro del sangue depurato al paziente. La quantità di sangue prelevato dal paziente è di solito compresa tra 200 e 400 ml/minuto, con variazioni dettate dalle condizioni cliniche del paziente o dalle necessità peculiari della metodica dialitica utilizzata. Il sangue procede all interno della linea ematica arteriosa grazie ad una pompa peristaltica, regolabile anch essa in base alle necessità del trattamento, che realizza una pressione negativa che aspira il sangue sino al dializzatore. Questo è costituito da una matassa di migliaia di capillari cavi, assemblati all interno di un contenitore cilindrico. Il sangue percorre il lume del capillare mentre la parete del capillare costituisce la membrana semipermeabile, tramite la quale avviene il passaggio dell acqua plasmatica e dei soluti in essa presenti, condizionato dalle dimensioni dei pori della membrana medesima (cut-off di membrana). Il circuito a valle del filtro è costituito dalla linea venosa di rientro del sangue al paziente, dotata di appositi pozzetti per il controllo emodinamico della circolazione extracorporea. Nella linea venosa è presente una pressione positiva determinata ovviamente dalle resistenze periferiche create dal rientro del sangue nell ago venoso posizionato nell accesso vascolare del paziente. Il circuito del dialisato è costituito: da una linea esterna che raggiunge il monitor fornendo acqua demonizzata, da una seconda linea interna al monitor e dal collegamento di quest ultima con lo scarico a parete o a terra. All interno del monitor avviene la miscelazione dell acqua deionizzata con la soluzione concentrata, contenuta in sacche o taniche, sino al raggiungimento della composizione elettrolitica prestabilita della soluzione di dialisi, denominata per l appunto dialisato. Il dialisato fluisce all interno del dializzatore con direzione controcorrente al sangue presente all interno dei capillari grazie ad una pressione negativa realizzata da un apposita pompa del monitor. Scorrendo all esterno dei capillari, la soluzione di dialisi riceve tutti i soluti che attraversano la membrana dei capillari e li trasporta all uscita del dializzatore nella linea di drenaggio verso lo scarico con l esterno. Il flusso del dialisato varia di solito da 500 a 800 ml/minuto (Jungers et al, 1984). 9

10 L accesso vascolare può essere temporaneo o permanente: il primo si ottiene incannulando un vaso giugulare, succlavio o anche femorale, è utilizzato nelle dialisi di urgenza; il secondo, invece, la fistola arterovenosa, è preparata attraverso un piccolo intervento chirurgico, che consiste nel collegare permanentemente (anastomosi) un arteria ed una vena degli arti superiori; normalmente viene preferito il braccio o l avambraccio. Si otterrà così in circa giorni l ingrandimento e l irrobustimento della vena tanto da permettere il passaggio di alti flussi di sangue e l inserimento dei due aghi indispensabili per eseguire l emodialisi; la fistola arterovenosa rappresenta per il dializzato la vena della vita, deve essere trattata con la massima cura al fine di preservarla il più a lungo possibile. Per preservare la fistola, il paziente deve osservare alcuni accorgimenti: - non indossare indumenti stretti, orologi, bracciali che possano arrestare o solo rallentare la circolazione sanguigna dell arto; - evitare un decubito laterale sull arto in questione; - evitare fasciature compressive di lunga durata (massimo 12 ore), che possano ridurre l afflusso di sangue nell anastomosi. Durante la fasciatura ed il tamponamento a fine dialisi è bene controllare sempre il suo funzionamento; - non usare l arto della fistola per la rilevazione della pressione arteriosa e per effettuare i prelievi ematochimici di routine; - non utilizzare la fistola per la somministrazione della terapia endovenosa; - nel caso in cui la persona non rilevi più al proprio arto la pulsazione del flusso ematico deve rivolgersi immediatamente alla struttura ospedaliera di riferimento (Bruno et al, 2011). Durante la seduta dialitica, il sangue viene prelevato di continuo dal corpo, viene spinto nel filtro dialisi per essere depurato e, infine, viene restituito dializzato (Caselli, 2012). In una seduta di 5 ore vengono filtrati circa 75 litri di sangue; si può dunque calcolare che il volume del sangue del paziente, durante la seduta, attraversa il dializzatore circa 15 volte. Questo lavaggio si svolge in modo visibile al di fuori del corpo (Schoenweiss, 1992). 10

11 Si potrebbe pensare che basterebbero meno ore per depurare il sangue, dal momento che ogni persona ne possiede circa 5 litri. Il calcolo dal punto di vista biologico non è valido: oltre al sangue, vi è un altro compartimento di liquido che avvolge le cellule ed è il compartimento extra-cellulare che deve essere anch esso depurato. Vi è, inoltre, il compartimento intra-cellulare, costituito dal liquido contenuto nelle infinite cellule dell organismo. Man mano che il compartimento del sangue si depura, dal compartimento extra-cellulare provengono altre sostanze in eccesso ed in esso si riversano dal compartimento intra-cellulare quelle contenute all interno delle cellule. In altri termini i tre compartimenti cercano un equilibrio. Non è possibile depurarli tutti e tre senza danneggiare l organismo: 24 ore continuate di dialisi arrecherebbero danni gravissimi, invece 24 ore di dialisi, distribuite in sette o dieci giorni, danno il tempo ai tre compartimenti di equilibrarsi disintossicandosi progressivamente, evitando fastidiose e pericolose ripercussioni (Legnani et al, 1974). I risultati della dialisi di lunga durata hanno dimostrato come questo trattamento si associ ad un buon controllo pressorio e ad una buona sopravvivenza, al contrario di un trattamento emodialitico breve che può influenzare negativamente il controllo della volemia, della pressione arteriosa ed in ultima analisi dell outcome dei pazienti emodializzati (Jungers et al, 1984). Il motivo per cui la dialisi viene effettuata 3 volte a settimana deriva dalla combinazione di diversi elementi: esperimenti fisiologici, accertamenti riguardo l accettazione del paziente, la fattibilità, la logistica e i costi. Sedute emodialitiche frequenti sono correlate a benefici significativi, tra cui, oltre al miglior controllo della pressione arteriosa, anche al miglioramento dei valori di fosfato. La frequenza ottimale di sedute dialitiche resta ancora dubbia. Da un trial clinico del 2010 condotto nel Nord America su 125 pazienti adulti in emodialisi 6 volte a settimana e 120 pazienti in dialisi 3 volte a settimana, emerge che una maggior frequenza ha risultati favorevoli riguardo la salute fisica ed il rischio di morte, ma richiede interventi più frequenti all accesso vascolare (FHN Trial Group, 2010). 11

12 Epidemiologia della terapia sostitutiva Negli Stati Uniti, nel 2009, persone erano in terapia dialitica sostitutiva, di cui il 93% in emodialisi e pazienti trapiantati (Ver Halen et al, 2012). Per quanto riguarda i pazienti in terapia dialitica sostitutiva in Italia, i dati sono disponibili al 31/12/2009: l incidenza era di 8940 pazienti in emodialisi e 1107 in dialisi peritoneale; la prevalenza era di pazienti in emodialisi e 4128 in dialisi peritoneale (RIDT, 2010). In Friuli Venezia Giulia, al 31/12/2010, vi erano 1436 pazienti in terapia renale sostitutiva, di cui il 61% in emodialisi, il 6.4% in dialisi peritoneale e 32.6% pazienti trapiantati (RIDT, 2010). Sulla base dei dati di ingresso in dialisi rilevati dal Registro Europeo Dialisi e Trapianti, i numeri europei sono sovrapponibili a quelli italiani (Van de Luijgaarden et al, 2012) L adherence del paziente in emodialisi Il trattamento dialitico è considerato dal 50% dei pazienti come un imposizione di limitazioni (Krespi et al, 2009). I pazienti emodializzati sono costretti a limitare l introito di liquidi e ad evitare alcuni alimenti, devono convivere con sintomi quali mancanza di energia e prurito, stress psicologici come perdita di autostima e del concetto di sé, sentimenti di incertezza riguardo il futuro, sensi di colpa verso i famigliari e problemi in ambito sociale (Paraskevi, 2012). L adherence al trattamento dei pazienti in dialisi consiste in quattro componenti: la frequenza delle sedute dialitiche, le terapia farmacologica, le restrizione idriche e dietetiche (Kim et al, 2010). Da uno studio qualitativo americano condotto tra il 2008 e il 2009 su 151 pazienti adulti in emodialisi da almeno 3 mesi, emerge che alcuni pazienti hanno difficoltà nell assunzione della terapia; molti hanno difficoltà nel rispettare la quantità di 12

13 liquidi assunti e la principale causa di non adherence è il difficile controllo della sete. Più della metà dei pazienti ha difficoltà a seguire le prescrizioni dietetiche e la principale causa è il fatto di non resistere di fronte agli alimenti preferiti (Kim et al, 2010). Il paziente candidato alla terapia dialitica extracorporea, per tutta la vita, o perlomeno fino al trapianto renale, deve accedere al Servizio di Dialisi circa 3 volte a settimana ed ogni seduta dura circa 3-4 ore (Paris, 1995). Terapia farmacologia Le cure che controllano le varie complicanze della dialisi sono: farmaci antipertensivi, eritropoietina e ferro per correggere l anemia, farmaci ipolipemizzanti per mantenere valori di colesterolo e trigliceridi vicino alla norma, supplementi di calcio e chelanti del fosforo per regolare il bilancio calcio-fosforo e contrastare l iperfosfatemia che è uno dei più importanti fattori di rischio. Utile è, inoltre, la vitamina D per gli effetti benefici sull osso e sul cuore (Cozzolino, 2008). In quasi tutti i pazienti con IRC caratterizzata da un aumento dei livelli di creatinina si sviluppa un anemia. I principali sintomi di anemia sono: astenia (spossatezza), vertigini, dispnea (Dall Olmo et al, 2005). L anemia secondaria ad insufficienza renale è dovuta alla ridotta produzione renale di eritropoietina (EPO) con minore stimolazione dell eritropoiesi midollare e alla più breve vita media eritrocitaria per la presenza di tossine uremiche circolanti (Bernabini et al, 2010). In numerosi studi, la correzione parziale dell anemia con eritropoietina si accompagna a maggiore tolleranza all esercizio fisico, miglioramento delle funzioni cerebrali e della funzione cardiaca, migliore qualità di vita ed attività sessuale, ridotta ospedalizzazione e mortalità. Viene considerata ottimale la correzione dell anemia secondaria ad IRC mantenendo i valori di emoglobina (Hb) nell intervallo g/dl (Ht = 33-36%) (Brancaccio et al, 1999). Gli antipertensivi abbassano la pressione arteriosa che, se non curata, può provocare danni ai vasi sanguigni di vari organi, compresi i reni. I chelanti del fosforo e la vitamina D, invece, sono farmaci necessari a prevenire le malattie dello scheletro 13

14 spesso presenti in questa popolazione di pazienti. La vitamina D è un ormone prodotto dal rene, è un fissatore, che si riduce in maniera importante in corso di IRC, il quale se associato all indebolimento delle ossa dovuto ad iperfosforemia, favorisce le patologie scheletriche (Cozzolino, 2008). Restrizione idrica Il controllo dell assunzione dei liquidi si rende necessario perché i reni non sono più in grado di eliminare l acqua introdotta e le perdite dei liquidi nelle sedute dialitiche sono limitate. Occorre tener conto che la ritenzione di liquidi è dannosa per i polmoni, per il cuore e determina un aumento della pressione arteriosa (Bruno et al, 2011). È importante che la persona in trattamento dialitico impari come controllare i liquidi assunti, sia sotto forma di bevanda e sia quelli contenuti negli alimenti (frutta, verdura etc). L aumento ottimale di peso tra una seduta e la successiva è di circa un chilogrammo e mezzo e comunque non superiore al 3-4% del proprio peso corporeo. La quantità ottimale di acqua giornaliera permessa è di ml più l equivalente di acqua che si elimina con le urine (nel caso in cui vi fosse la presenza di diuresi residua). È buona abitudine utilizzare per il consumo dell acqua ed altre bevande bicchieri graduati, o ancora meglio una bottiglia contenente la quantità di acqua permessa giornalmente. Inoltre si può consigliare di far sciogliere in bocca lentamente cubetti di ghiaccio; in alcuni casi, in presenza di forte arsura, si consiglia l uso di palline termiche preventivamente conservate nel freezer. Un altro valido accorgimento è quello di non consumare cibi ricchi di sale o molto saporiti in quanto più facilmente stimolano la sete (Bruno et al, 2011). Alimentazione Molti studi hanno dimostrato che il 40% dei pazienti in emodialisi presenta segni di malnutrizione e che il 5-15% è gravemente malnutrito. L uremia è in parte responsabile di queste alterazioni, ma anche le abitudini alimentari errate sono un fattore di rischio (Dall Olmo et al, 2005). 14

15 I cardini della dieta sono: alto apporto di proteine, controllo nell assunzione dei liquidi, controllo dell assunzione di alcuni sali (sodio, potassio, fosforo), evitare un eccesso di calorie. Durante la terapia dialitica, oltre a perdere sostanze tossiche, si perdono numerosi nutrienti come proteine ed aminoacidi. Queste perdite devono assolutamente essere rimpiazzate per evitare l indebolimento generale dell organismo (anemia, astenia, facilità alle infezioni etc); inoltre bisogna introdurre le proteine necessarie all organismo per poter vivere. Il controllo nell assunzione di alcuni sali come sodio, potassio e fosforo è necessario in quanto bisogna tener presente che, a differenza del soggetto sano, le uscite e l eventuale diuresi residua con la dialisi sono limitate e quindi bisogna dosare anche le entrate. Il potassio gioca un ruolo importante soprattutto per i disturbi cardiaci. Il fosforo e il calcio sono importanti nel controllo del metabolismo dell osso e mantenerli a valori consigliati previene la formazione di calcificazioni vascolari e parenchimali, cioè l invecchiamento accelerato dei propri vasi e organi. Il paziente dializzato deve seguire una dieta normocalorica (Bruno et al,2011). L alimentazione deve far riferimento ad una dieta così suddivisa: - 50% carboidrati - 30% lipidi - 15% proteine. È bene suddividere i pasti in: colazione, pranzo, cena e 1 o 2 spuntini. Per il controllo della sete e della pressione arteriosa è necessario evitare: dadi ed estratti di carne, salse (maionese, senape, salsa di soia), salumi ed insaccati, alimenti sotto sale, cibi in scatola, pesce conservato ed essiccato. L assunzione massima di potassio consentita per il paziente in emodialisi è 2000 mg al giorno. Per il controllo del livello di potassio, bisogna evitare: legumi, banane, castagne, frutta secca, cioccolato, cacao, funghi, spinaci, trota, sarde, sgombro; mentre per il controllo del livello di colesterolo si devono limitare: burro, strutto, panna, pancetta, lardo, salumi ed insaccati, carni grasse e frattaglie, formaggi (Dall Olmo et al, 2005). In circostanze normali, i reni rimuovono il 70% circa del fosforo assorbito in eccesso. A causa delle condizioni del paziente in emodialisi, il fosforo derivato dagli alimenti si accumula nell organismo fino a livelli pericolosi per la salute 15

16 (iperfosfatemia). Tre sono le misure da mettere in atto per controllare i livelli di fosforo: trattamento dialitico, restrizioni dietetiche e terapia farmacologica, tutte interconnesse e nessuna efficace senza l altra. Gli alimenti ad alto contenuto di fosforo sono: legumi secchi, latte, yogurt e formaggi, cacao, frutta secca, pesce spada, tuorlo d uovo, cibi con conservanti a base di fosforo (polifosfati) (Cozzolino, 2008). Alcuni consigli utili per i pazienti sono: pesare i cibi crudi, al netto degli scarti; la grammatura degli alimenti e le loro sostituzioni vanno rispettate; tutte le verdure da consumarsi cotte vanno bollite in abbondante acqua per diminuire il loro contenuto di sali minerali (potassio e fosforo); tutti i cibi vanno confezionati senza l aggiunta di sale comune o i suoi sostituti; il carattere insipido della dieta può essere migliorato con l ausilio di erbe aromatiche, come per esempio: basilico, origano e salvia; la quantità di liquidi permessa giornalmente va rigorosamente rispettata; le bevande consentite sono acqua, the, bibite; da limitare vino, birra, caffè (Bruno et al,2011) La qualità di vita dei pazienti emodializzati Molti studi riportano cambiamenti drastici nella qualità di vita dei pazienti che devono ridefinire la loro vita. I pazienti percepiscono trasformazioni del loro corpo e dell integrità corporea (Calvey et al, 2011). La vita dei pazienti in emodialisi è scandita da ritmi legati al trattamento. Questi ritmi richiedono al paziente e alla famiglia molte risorse fisiche, psicologiche e organizzative (Russo et al, 2010). Per il paziente questi sono ritmi che scandiscono la malattia e la sopravvivenza (Paris, 2004). Durante gli anni di trattamento viene compromessa la possibilità di mantenere un lavoro regolare o seguire in modo costante il programma scolastico, a causa delle giornate che si devono dedicare alla dialisi. Si modificano i ruoli sociali e le responsabilità familiari; i pazienti adulti in dialisi, a causa delle conseguenze del 16

17 trattamento, possono diventare dipendenti dai loro figli adolescenti o possono non essere in grado di vivere da soli (Porter et al, 2011). La dialisi ha seri effetti sulla qualità di vita (QdV) del paziente, influenzando negativamente il benessere sociale, economico e psicologico. A causa della frequenza delle sedute dialitiche, la malattia renale influenza maggiormente la QdV rispetto alla patologia cardiaca, al diabete mellito, alle patologie croniche e alle artriti. I pazienti in emodialisi hanno una scadente QdV in termini di salute fisica, psicologica e sociale (Anees et al, 2011). Spesso soffrono di patologie concomitanti che influiscono negativamente sulla loro QdV ed accorciano drammaticamente la loro aspettativa di vita (Paraskevi, 2012). È stato dimostrato che migliore è la QdV dei pazienti in dialisi minori sono le conseguenze e i sintomi manifestati e maggiore è l accettazione della malattia e del trattamento (Paraskevi, 2012). Il livello di QdV correlata allo stato di salute di questi pazienti è ancora molto basso rispetto alla popolazione generale. In uno studio qualitativo del 2008 condotto in Brasile su 223 pazienti adulti in emodialisi da almeno 3 mesi emerge che le dimensioni più critiche sono: il peso della malattia, la situazione lavorativa, la soddisfazione del paziente, la funzionalità fisica, il ruolo fisico e il benessere generale. La QdV è ridotta dal prolungamento temporale della seduta dialitica e dalle patologie concomitanti del paziente, in particolare se è affetto, oltre all IRC, da 3 o più malattie croniche. Altri fattori che ne causano una riduzione sono l età avanzata, il sesso femminile e il numero di ricoveri ospedalieri (Braga et al, 2011). Nonostante tutte le evoluzioni nell emodialisi, il tasso di mortalità è ancora alto se paragonato con la popolazione generale e la QdV correlata alla salute è peggiore. Le maggiori cause di mortalità sono: malattie cardiovascolari (42%), infezioni (10%), cancro (9.3%) e malattie cerebrovascolari (8.7%). Da uno studio di coorte prospettico condotto in Turchia su 511 pazienti adulti in emodialisi da almeno 6 mesi emerge che l alto rischio di mortalità è associato all età, alle comorbidità, ai trattamenti dialitici di durata inferiore alle 4 ore, alla malnutrizione e ad una scarsa funzionalità fisica (Guney et al, 2012). 17

18 1.3.1 La sfera emozionale del paziente emodializzato I pazienti in emodialisi hanno un rischio elevato di sviluppare disturbi riguardanti la sfera emozionale a causa della malattia, dei vincoli temporali, delle restrizioni dietetiche, delle limitazioni funzionali, delle modifiche nella percezione di sé e della paura di morire (Kojima, 2012). Una serie di fonti di stress quali, per esempio, modificazione dell immagine corporea, restrizioni dietetiche e idriche, disfunzioni sessuali (2/3 degli uomini in dialisi sono totalmente o parzialmente impotenti), influenza pesantemente la condizione psicologica (Paris, 2004). Il malato vive una continua ed indelebile condizione di stress, nella quale può essere difficile riuscire a mantenere a lungo reazioni positive e costruttive (Russo et al, 2010). La percezione dello stato di salute e di malattia è diversa da uomo ad uomo e dipende molto dalla cultura della persona. Comunque più frequentemente la malattia, specie quella cronica, non riesce ad essere vissuta dall uomo come un momento della vita; il sentimento della salute si acquista soltanto con la malattia, è questa che impone alla coscienza il corpo che, non più silenzioso, parla attraverso la voce del dolore (Bruno et al, 2011). Paradossalmente l uomo in questo momento della vita preferisce la morte, altri cercano di ricavare dei benefici pratici dalla malattia (Bruno et al, 2011). Ansia, preoccupazione, rifiuto, rabbia, paura, angoscia e disperazione sono alcune delle reazioni psicologiche che il paziente avverte. Spesso il paziente mette in atto meccanismi di difesa che lo portano a chiudersi sempre più in se stesso, solo nel suo dolore, nelle sue difficoltà, nella sua solitudine. La persona non riesce più ad abbandonarsi al riposo, l obbligo della dialisi è sempre presente (Rocco et al, 2011). Non si può dimenticare, non si può fare tardi perché si può addirittura compromettere la propria vita. È questo il pensiero che accompagna sempre l interessato anche quando gli sembra di non pensarci (Bruno et al, 2011). La cosa difficile d accettare inizialmente è quella di essere colpito da una patologia Cronica Terminale. La parola Terminale sconvolge la persona e la porta a pensare 18

19 alla fine della propria vita. La dialisi lascia il suo segno indelebile, di un qualcosa che ti consuma prima il cervello e poi piano piano il fisico (Bruno et al, 2011). La depressione è la comorbidità psichiatrica più frequente: colpisce circa il 25% dei pazienti con insufficienza renale (Ver Halen et al, 2012; Amira, 2011). Nella popolazione generale, invece, circa il 18-25% soffre di disordini depressivi (Feroze et al, 2012). È stato stimato che circa il 10% dei pazienti in emodialisi soffre di depressione maggiore e tale percentuale aumenta al 20-30% se si includono tutti i disordini depressivi classificati nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV). I sintomi depressivi di agitazione motoria o rallentamento, diminuzione dell appetito o cambiamenti di peso, disturbi del sonno e dolore sono spesso difficili da distinguere dai sintomi uremici di encefalopatia, anoressia, insonnia e neuropatia, che possono interferire con una diagnosi di depressione. L accertamento riguardante la sfera cognitiva del paziente, con particolare attenzione ai sentimenti di colpa, di inutilità e morte, può facilitare la differenziazione tra depressione ed uremia (Ver Halen et al, 2012). La depressione si manifesta sia come risposta alla diagnosi e al trattamento, sia come conseguenza all esperienza di perdita in termini di salute, stile di vita, stato sociale ed economico (Amira, 2011). C è un associazione tra umore depresso e disoccupazione: il 12% circa dei pazienti che continua a lavorare soffre di depressione contro il 33% dei pazienti che non lavorano più (Kutner et al, 2010). La depressione può modificare indirettamente gli outcome di salute del paziente, influenzando lo stato nutrizionale, l adherence al trattamento e l aspettativa di vita. La mancanza di appetito, infatti, può modificare la quantità e la qualità degli alimenti assunti causando così un deterioramento dello stato nutrizionale che può incidere significativamente sul decorso della malattia. I sintomi depressivi, quali la scarsa motivazione, la difficoltà di concentrazione e l apatia, possono interferire con l aderenza del paziente al trattamento. È stato inoltre dimostrato che la persistenza della depressione è un fattore di rischio di mortalità nei pazienti in emodialisi; non è, 19

20 invece, stato ancora dimostrato quanto influisca la severità dello stato depressivo (Ver Halen et al, 2012). Oltre alla depressione, anche l ansia è un disturbo frequente nei pazienti in emodialisi, infatti, la prevalenza è del 30-45%, mentre nella popolazione generale è di circa il 25%. In molti casi, l ansia è strettamente legata al trattamento, emerge prima e durante la seduta dialitica (Feroze et al, 2012). Da uno studio qualitativo americano condotto su 155 pazienti adulti in emodialisi da almeno 6 mesi emerge che circa la metà dei pazienti descrive uno stato ansioso di severità variabile mentre si reca all ospedale per il trattamento. L ansia emerge, inoltre, quando c è un nuovo operatore o un infermiere sconosciuto che lo collega al rene artificiale, quando la macchina di dialisi suona oppure quando ci sono dei medici in stanza (Feroze et al, 2012). È interessante notare come i pazienti con ansia cronica affrontino meglio i trattamenti rispetto a coloro che soffrono di attacchi di ansia acuta. Questo probabilmente accade perché l ansia cronica è legata ad una vulnerabilità biologicocognitiva e non è correlata a cambiamenti particolari, al contrario dell ansia acuta (Cukor et al, 2008). I pazienti considerano la non libertà di viaggiare come una delle restrizioni più difficili da sopportare; molti si trovano in difficoltà in ambito sociale a causa delle restrizioni alimentari. Molte persone sentono la responsabilità di mostrarsi positivi piuttosto che preoccupare chi sta loro vicino; devono essere forti non solo per se stessi, ma anche per gli altri e supportare quindi la famiglia (Calvey et al, 2011). Molto spesso è la famiglia la prima a ricordare al paziente la malattia ed a trattarlo da ammalato. Tutto ciò produce solo un risultato, ovvero che la persona colpita è sempre più sola in un dolore che non riesce e non vuole dividere con nessuno. La famiglia ama il paziente, lo accoglie, lo protegge, per la precisione ama il padre, il marito, il maggiore produttore di reddito, la guida, il capo branco, l elemento forte del gruppo. Per questo la persona colpita ha in corso da sempre una lotta contro la malattia e contro il suo apparire. Ancora la famiglia può negare il bisogno di salute del paziente; adotta questo come meccanismo di difesa in quanto non pronta a gestire la situazione dolorosa, continuando così a pretendere che il partecipante mantenga le 20

21 abitudini del passato anche se non più in grado. Molto spesso il paziente viene anche colpevolizzato per essersi ammalato come se la malattia fosse qualcosa che si può scegliere o gestire, oppure la malattia può essere riconosciuta come la giusta punizione per una colpa commessa (Bruno et al, 2011). Un altro sentimento comune è, infatti, il senso di colpa. Per quanto riguarda la sfera psicologica, i sentimenti che prevalgono sono impotenza, inutilità e bassa fiducia in se stessi. Altri studi hanno dimostrato che un attitudine mentale positiva e un pensiero positivo sono fattori importanti di adattamento (Calvey et al, 2011). Le persone, quando si trovano di fronte alla malattia, creano i loro modelli e le loro rappresentazioni della malattia per dare un senso ed una risposta ai problemi che affrontano. La QdV e la salute psicologica, quindi, sono correlate alla rappresentazione di malattia e di trattamento del paziente (Paraskevi, 2012). L esperienza soggettiva di benessere e la percezione di malattia è, inoltre, fortemente associata agli outcome psicosociali e correlati alla salute (Chilcot, 2011). Per quanto riguarda le convinzioni sulla salute, i pazienti in emodialisi che credono di poter controllare la propria salute hanno un rischio minore di sviluppare disordini depressivi. Un locus of control interno è significativamente e positivamente correlato alla funzionalità fisica e sociale, al dolore fisico, alla percezione di salute; è associato, inoltre, ad una comprensione migliore della malattia renale. Nella maggior parte dei pazienti emodializzati prevale la dimensione interna, focalizzata sulla loro capacità di controllare e regolare la loro condizione di salute. Questo potrebbe riflettere la necessità di questi pazienti di controbilanciare le imposizioni dipendenti dalle procedure dialitiche e il restrittivo regime dietetico esercitando il controllo sulla loro malattia. Ciò può aiutarli ad affrontare i problemi correlati alla patologia ed a considerare positivamente la loro vita e il loro stato di salute (Paraskevi, 2012). La soppressione delle emozioni è associata alla minor espressione di sentimenti positivi, allo scarso utilizzo di supporto sociale, alla convinzione di non essere sostenuti da famiglia e amici e ad alti livelli di ansia, depressione, somatizzazione ed insoddisfazione (Gillanders et al, 2008). Numerosi studi hanno dimostrato l associazione tra percezione di malattia e qualità di vita. La percezione di malattia è, inoltre, correlata all adherence: la percezione di 21

22 malattia è collegata al trattamento, che riguarda le convinzioni sui medicinali in termini di necessità, per cui una scarsa percezione di malattia avrà come risultato la non-adherence (Chilcot, 2011) Vissuto emotivo ed aspettative del paziente in emodialisi L accesso vascolare, sia la fistola arterovenosa che il catetere centrale ad alto flusso (CVC), viene percepito come un alterazione del loro corpo che crea difficoltà nel riconoscere quel corpo come proprio. L accesso è considerato come una deturpazione ed è spesso visto come un oggetto medico piuttosto che una parte del corpo. La sofferenza è intesa in termini di mancanza di libertà, di dipendenza dai caregiver e dalla macchina di dialisi come linea di vita. Il tempo è costantemente richiesto, la dipendenza continua dal trattamento crea frustrazione; le restrizioni imposte riguardano la sessualità, lo stato coniugale, la sfera psicosociale, la situazione lavorativa e il tempo libero, oltre all aspetto economico. Oltre alle restrizioni in termini di viaggi ed alimentazione, i pazienti in emodialisi sono costantemente in attesa del loro turno di dialisi e sono dipendenti dagli altri. I cambiamenti di corpo, mente e spirito sono descritti come mancanza di forze e depressione (Calvey et al, 2011). Le ore trascorse connessi alla macchina di dialisi danno il tempo al paziente di riflettere riguardo la sua malattia, le speranze e le aspettative per il futuro (Hagren et al, 2001). I pazienti in dialisi riportano diverse emozioni: alcuni provano rabbia o alienazione verso ciò che li circonda; alcuni sentono di essere diventati più forti nei confronti della vita oppure più egoisti; altri, invece, percepiscono un effetto positivo della malattia sul loro carattere e sulle loro vite, come ad esempio essere maggiormente considerati, avere più comprensione dagli altri ed essere più legati alle altre persone. L effetto positivo sottolinea il bisogno di cercare il lato positivo della malattia nonostante il deterioramento emozionale (Krespi et al, 2009). 22

23 La dipendenza dalla macchina li fa entrare in un tunnel, è lei che permette loro di rimanere aggrappati a quello che resta della loro esistenza (Bruno et al, 2011). Da uno studio qualitativo condotto nel 2011 su 7 pazienti adulti in trattamento dialitico emerge che la prospettiva di vita dipendente dall emodialisi causa nei pazienti una sensazione di incertezza nel futuro, riportando sentimenti quali shock e paura. Dall altro lato, però, sentono che è proprio grazie alla dialisi che possono avere un futuro e la macchina è considerata il filo della vita che permette loro di essere ancora vivi, ma è proprio quel filo che separa la vita dalla morte. C è la consapevolezza che la vita è fragile e può essere persa da un momento all altro (Calvey et al, 2011). I pazienti in emodialisi non possono scegliere di vivere la loro vita come vorrebbero, né impiegare il tempo come vorrebbero e questo è dovuto all imposizione della macchina di dialisi che allontana la morte, ma restringe la libertà. La macchina è vista come quel qualcosa che porta via il tempo (Hagren et al, 2001). Il rapporto con la macchina di dialisi è complesso ed è un rapporto in cui confluiscono molti sentimenti, sensazioni ed emozioni che spesso non vengono espressi a parole e comunicati ad altri. Il senso di costrizione, di non scelta, di obbligo e alcune volte di rassegnazione, è quasi sempre presente nelle persone dializzate (Perri, 2005). Senso di colpa, ambivalenza ed ostilità si verificano in quei pazienti che nella macchina vedono un miracolo o un mostro. Possono sentirsi grati e nello stesso tempo risentiti verso quelle persone dalle quali dipendono e possono essere ambivalenti riguardo alla voglia di vivere (Porter et al, 2011). Spesso, di fronte a pazienti anziani con insufficienza renale, i nefrologi credono che l opzione migliore sia la dialisi. Ci sono evidenze che la dialisi nei grandi anziani con multiple comorbidità non è un vantaggio in termini di sopravvivenza ed il risultato è che questi pazienti rimangono in dialisi sentendosi incapaci di smettere (Stringer et al, 2011). Un altro sentimento comune è la percezione di perdita di pianificazione del futuro; questo causa tristezza, rabbia e risentimento. La speranza nel futuro è presente nella 23

24 prospettiva di ricevere un giorno un trapianto di rene e ritornare così alla vita normale (Calvey et al, 2011). Il trapianto renale è percepito dal paziente come l unica vera forma di guarigione dell insufficienza renale cronica terminale ed intorno a tale evento ruotano sentimenti diversi: paura di qualcosa che non si conosce, di condividere l organo di un altro, che possa nuovamente riammalarsi, paura del fantasma del rigetto il quale può sopraggiungere in qualsiasi momento e ricondurre il paziente in dialisi; speranza di ritornare ad essere quelli di un tempo, di recuperare così la libertà, di disporre del proprio tempo, della propria vita, di poter rompere il legame di dipendenza con la macchina; ansia per l attesa che sovente si presenta lunga e facilmente può essere disattesa. La paura può essere talmente forte che alcuni non lo desiderano. Per questi, per coloro che devono attendere per molti anni e per quelli destinati a non riceverlo mai, l unica forma di guarigione è rappresentata dalla terapia sostitutiva (Bruno et al, 2011). Aspettando il trapianto i pazienti vivono nella speranza, ma più trascorre il tempo, più la loro speranza si trasforma in incertezza. Le informazioni date ai pazienti dai medici riguardo la durata dell attesa per il trapianto, porta i pazienti a credere che riceveranno un rene entro un determinato periodo di tempo; questo li porta a focalizzarsi sul trascorrere del tempo e ad accettare la dialisi fino a quel momento, dopo il quale la loro speranza diventa incertezza (Moran A, 2010). Molti, però, pensano al trapianto con sentimenti contrastanti: gratitudine verso il donatore ma anche senso di colpa, la donazione è un regalo, ma per farlo qualcuno deve perdere la vita (Calvey et al, 2011). All inizio del trattamento dialitico molti pazienti hanno aspettative non realistiche riguardo la terapia sostitutiva. Lo studio prospettico osservazionale qualitativo di Stringer et al, è stato condotto tra settembre del 2006 e settembre del 2007 su 16 pazienti anziani nel Regno Unito con lo scopo di descrivere le aspettative, i sintomi e le opinioni riguardo il trattamento. Le interviste sono state effettuate durante le ore di trattamento al primo mese e dopo il sesto mese di dialisi, riproponendo le stesse domande. Per questo studio è stato utilizzato, inoltre, un questionario riguardo i sintomi e delle dichiarazioni relative alla dialisi in cui i pazienti dovevano esprimere 24

25 il loro accordo o disaccordo. Dallo studio emerge che, dopo un mese dall inizio della dialisi, la maggior parte dei pazienti è ottimista riguardo al trattamento: il 96% è convinto che la dialisi migliorerà lo stato di salute, il 75% pensa che la dialisi sarà facilmente tollerabile e l 88% si aspetta il risultato di vivere più a lungo. Il 92% pensa che la dialisi possa renderlo più indipendente, riducendo i ricoveri ospedalieri. Al sesto mese di dialisi, però, le loro convinzioni cambiano: solo il 45% tollera facilmente il trattamento e l 80% pensa ancora che la dialisi lo renda più indipendente. Il 17% dei pazienti che pensavano che la dialisi potesse aiutarli a vivere più a lungo, è deceduto prima del sesto mese. Durante l intervista effettuata all inizio del trattamento dialitico, alla domanda riguardante il perché hanno deciso di entrare in dialisi, molti pazienti hanno risposto che sentivano di non aver altra scelta; a loro era stata illustrata l alternativa conservativa, ma sentivano che la loro decisione consisteva nel scegliere o no il trattamento e che la morte sarebbe stata più rapida senza la dialisi. Solo una piccola parte di pazienti, conoscendo le alternative, considerava la dialisi la migliore opzione. All inizio del trattamento era stata posta anche una domanda riguardante la rianimazione in caso di arresto cardiocircolatorio: il 65% in caso di arresto voleva essere rianimato. Dopo sei mesi di dialisi solo il 40% voleva ancora essere rianimato. L articolo di Stringer et al è l unico studio della letteratura le cui interviste sono state effettuate durante il trattamento emodialitico, mentre gli altri sono stati condotti al di fuori della stanza di dialisi e riguardano prevalentemente la qualità di vita del paziente o comunque emozioni e sentimenti percepiti non dipendenti dal trattamento, ma relativi all impatto della dialisi sulla quotidianità. 25

26 CAPITOLO II: IL VISSUTO EMOTIVO DEL PAZIENTE IN EMODIALISI: STUDIO FENOMENOLOGICO 2.1 Obiettivo dello studio: Lo scopo dello studio era: a) identificare e descrivere le emozioni che il paziente percepisce durante la seduta emodialitica; b) descrivere il vissuto emotivo dei pazienti al sesto mese di dialisi. 2.2 Disegno di studio: Per raggiungere gli obiettivi preposti è stato adottato il disegno di studio fenomenologico. 2.3 Procedura di raccolta dati La raccolta dati è stata effettuata mediante intervista semi-strutturata ai pazienti al sesto mese di dialisi consentendo, attraverso domande aperte mirate, la libera espressione. Per l intervista è stato utilizzato un elenco di domande guida (Allegato 3). Per favorire la descrizione delle emozioni provate durante il trattamento, l intervista è stata effettuata durante la seduta emodialitica. L intervista è stata audio-registrata al fine di poter raccogliere e trascrivere fedelmente ciò che il paziente ha esplicitato. 26

27 Per ciascun partecipante è stata raccolta una scheda generale riguardo alle seguenti variabili: età, sesso, nazionalità, da quanti anni è affetto dalla malattia, quando ha iniziato la dialisi, modalità di accesso in dialisi (urgenza o percorso predialitico ed eventuale durata), se è già inserito in lista per il trapianto (se sì, da quanto tempo oppure se ha iniziato il percorso per entrare in lista), accesso vascolare (fistola arterovenosa o catetere centrale ad alto flusso), frequenza della dialisi, eventuali problematiche durante e dopo le sedute precedenti, presenza del caregiver a domicilio (Allegato 2). Per esplorare il vissuto dei partecipanti e dare spazio all espressione di pensieri e sentimenti, è stata realizzata un intervista semi-strutturata. Sono state poste ulteriori domande all intervistato per aiutarlo ad esprimere le sue emozioni, il suo stato d animo e per approfondire l argomento trattato. Sono state utilizzate tecniche di comunicazione verbale e non verbale per facilitare l espressione: ascolto attivo, empatia, rispetto del silenzio, chiarificazione, riformulazione, focalizzazione, gestione delle emozioni etc. Per la conduzione dell intervista, il ricercatore ha utilizzato un elenco di domande guida al fine di facilitare la descrizione del vissuto emotivo del paziente. L ordine delle domande è stato modificato nel corso delle interviste in relazione alle risposte del paziente. Le interviste sono proseguite fino a saturazione dei dati. Il protocollo di ricerca prevedeva l intervista ai pazienti al sesto mese di dialisi extracorporea che avessero espresso il consenso al trattamento dei dati. È stato utilizzato un campione di tipo propositivo costituito da pazienti che rispondevano ai seguenti criteri di inclusione: - pazienti maggiorenni; - che parlano e comprendono la lingua italiana; - che esprimono il consenso per l intervista, per la registrazione del colloquio e per il trattamento dei dati; - al sesto mese di dialisi extracorporea. Sono stati esclusi dallo studio: - pazienti che precedentemente erano in terapia dialitica peritoneale; 27

28 - sottoposti a dialisi extracorporea dopo rigetto del trapianto renale; - non in grado di rispondere alle domande. Sono stati arruolati tutti i pazienti al sesto mese di trattamento che accedono ai servizi di dialisi delle Aziende per i Servizi Sanitari della provincia di Udine (ASS n. 3 Alto Friuli, ASS n. 4 Medio Friuli, ASS n. 5 Bassa Friulana e A.O.U S. Maria della Misericordia) a partire da agosto 2012; la raccolta dati è terminata il 26 ottobre Sono stati intervistati quindi i pazienti che hanno iniziato la dialisi nell arco di tempo compreso tra il 3 marzo 2012 e il 16 maggio Sono stati realizzati complessivamente 465 minuti di interviste. 2.4 Aspetti etici Prima di procedere con le interviste, è stata chiesta l autorizzazione per la raccolta dati alle SOC di dialisi delle Aziende per i Servizi Sanitari della provincia di Udine. È stato chiesto ad ogni paziente il consenso al trattamento dei dati e alla registrazione del colloquio, garantendo l anonimato e la massima riservatezza dei dati raccolti. L intervistatore, dopo aver spiegato verbalmente le motivazioni e le finalità dello studio, è stato a disposizione per rispondere a qualunque domanda inerente allo studio. I partecipanti allo studio sono stati liberi di revocare il consenso in qualsiasi momento. In allegato il modulo per il consenso informato (Allegato 1). Per il raggiungimento degli obiettivi e per non impegnare ulteriormente il paziente, le interviste sono state effettuate durante la seduta dialitica, dopo la prima ora di trattamento, ai pazienti al sesto mese di dialisi. Per garantire la maggior privacy possibile sono stati utilizzati dei paraventi e l intervistatore si è seduto vicino al paziente per cercare di evitare che gli altri pazienti ascoltassero l intervista. 28

29 2.5 Analisi dei dati Prima di procedere alle interviste e all analisi dei dati, il ricercatore ha cercato di sospendere tutti i giudizi e le idee rispetto al fenomeno studiato. Durante l intervista, il ricercatore annotava le proprie osservazioni e riflessioni, che sono state in seguito prese in considerazione per l analisi. Le interviste sono state riascoltate più volte e trascritte integralmente, lette e rilette e successivamente categorizzate in base agli obiettivi dello studio ed ai temi emersi. Sono state individuate le tematiche ricorrenti e maggiormente significative e per ognuna è stato dato un titolo. 2.6 Descrizione del campione I pazienti, afferenti ai servizi di dialisi delle Aziende per i Servizi Sanitari della provincia di Udine, eleggibili allo studio nel periodo preso in considerazione erano 18; 1 paziente non ha dato il consenso all intervista durante la seduta dialitica e 1 paziente è deceduto prima dell intervista; il campione era costituito da 16 pazienti. I pazienti erano tutti di nazionalità italiana; 10/16 (62.5%) erano di sesso maschile e 6/16 (37.5%) di sesso femminile. L età media del campione era di 69.1 anni (range anni), la diagnosi di malattia renale cronica è avvenuta mediamente circa 5.5 anni prima dell inizio della dialisi (range 0 23 anni). Sei pazienti (37.5%) sono entrati in trattamento emodialitico in regime d urgenza e 10/16 (62.5%) hanno effettuato il percorso predialitico che è durato in media 11.5 mesi (range 2 72 mesi). Solo un paziente al momento dell intervista era iscritto alla lista per il trapianto e due erano in attesa di effettuare gli ultimi accertamenti per l inserimento in lista. Sul campione, 12/16 (75%) pazienti avevano confezionato la fistola arterovenosa, 3 (18.7%) avevano un catetere centrale ad alto flusso (CVC) ed 1 paziente (6.2%) utilizzava sia la fistola arterovenosa, sia il CVC; la durata media di trattamento dialitico era di 11.2 ore a settimana (range ore). 29

30 Sul campione di 16 pazienti, 12 (75%) avevano il supporto di un caregiver, dei rimanenti, 3 (18.7%) vivevano da soli ma avevano i figli che abitavano vicino a loro, uno (6.2%) era completamente solo. Undici pazienti (68.7%) hanno riportato che i disturbi fisici più frequenti durante la seduta dialitica sono: crampi, nausea e vomito, dolori, capogiri, freddo, stanchezza, ipotensione, svenimenti, malessere generale, debolezza, cefalea e febbre; 5/16 (31.2%) pazienti hanno dichiarato di non aver mai avuto problemi durante il trattamento. La stanchezza, riferita da 10 pazienti (62.5%), risulta essere la problematica maggiore dopo il trattamento dialitico, seguita da malessere generale, crampi, ipotensione, debolezza, svenimenti, dolori, capogiri, inappetenza, insonnia, perdita di interesse, nausea e vomito, cefalea e freddo. 30

31 CAPITOLO III: RISULTATI Il paziente emodializzato ha un vissuto complesso, composto da numerosi aspetti che sconvolgono la sua esistenza e che influiscono sul suo stato psicologico. I principali temi emersi dalle interviste con i pazienti sono stati stratificati in 4 macro-aree: le emozioni percepite durante il trattamento ed il vissuto emotivo al sesto mese di dialisi, ostacolo alla libertà, gli altri, non mi interesserebbe morire, ma bisogna vedere come. 3.1 Le emozioni percepite durante il trattamento ed il vissuto emotivo al sesto mese di dialisi Nel corso dei sei mesi di dialisi i sentimenti e le emozioni che il paziente prova cambiano. Si possono distinguere diversi momenti: il primo riguarda l inizio della dialisi, la percezione di non aver altra scelta, le aspettative e le motivazioni per cui si accetta il trattamento; il secondo è relativo alla vita in dialisi nei primi mesi; il terzo riguarda la vita in dialisi al sesto mese; il quarto comprende le sensazioni provate durante il trattamento emodialitico Motivazioni ed aspettative: Non avevo altra scelta l ho fatto per loro Il pensiero comune di molti pazienti in dialisi è la sensazione di perdita di controllo sulla propria vita. Molti dichiarano che aderire al trattamento non è stata un opportunità di scelta, ma una costrizione, un obbligo, una scelta forzata. Decidere 31

32 se sottoporsi al trattamento dialitico o meno significava scegliere tra la vita e la morte. Poi dici, o fai la dialisi o crepi, ecco, erano queste le soluzioni, le uniche Uno deve autoconvincersi, o così o nel loculo I pazienti riportano che la vita e la dialisi non si possono separare, non sono due entità distinte, indipendenti; una non può esistere senza l altra e quindi il trattamento dialitico è necessario, è un obbligo, è un qualcosa che si impone e non lascia alternative. I pazienti sono dipendenti dalla dialisi, si sentono quasi sottomessi. Il dovere è un tema che emerge in ogni intervista e l obbligo è presente nei pensieri di tutti i pazienti, che lottano con se stessi per accettare una condizione difficile da tollerare. La dialisi è spesso vista come una condanna e il paziente si sente imprigionato in questo trattamento difficile da accettare. La vita ruota intorno alla dialisi, che impegna le giornate dei pazienti, costringendoli ad essere presenti qualsiasi cosa succeda. È una costrizione inevitabile, devono convincersi che è un trattamento che devono fare e lo devono fare per tutta la vita. È la dialisi a comandare, a stabilire i ritmi che il paziente deve avere, ad imporre lo stile di vita. Qui hai l obbligo di venire 3 volte a settimana, devi essere succube Pensare che la vita che ti rimane, non so quanto, 1 anno o 2, non so quanto, però sei attaccata alla macchina un giorno sì e un giorno no. Succeda quel che succeda, devi essere presente I pazienti percepiscono la dialisi come un vicolo cieco, da cui non possono fare marcia indietro, è impossibile vedere una via d uscita. I pazienti si sentono obbligati ad accettare il trattamento e col tempo questo obbligo si trasforma in rassegnazione. All inizio è troppo difficile accettare anche solo l idea di dover trascorrere il resto della propria vita attaccati ad una macchina. Ad un certo punto si rendono conto che opporsi alla dialisi è una battaglia persa, smettono di lottare e lasciano che sia il 32

33 destino a decidere, si rassegnano e si adattano alla loro nuova vita, cercando di convincersi che è l unica soluzione per stare meglio. È inutile che mi ribello È inutile combattere coi mulini a vento Spesso il paziente viene informato sul peggioramento delle sue condizioni e gli viene detto che, vista la situazione estrema, deve entrare in dialisi. Non gli viene presentata la dialisi come un opzione che, volendo, potrebbe rifiutare. Questo è un ulteriore elemento che spinge i pazienti ad essere convinti di non avere altra scelta e per questo accettano passivamente le decisioni altrui. Il dottore mi ha detto che le cose si stavano aggravando e che la dovevo fare Una parte di pazienti accetta la dialisi per i propri famigliari. Affronta il trattamento quasi per far felice chi gli sta vicino o per non essere rimproverato da chi gli vuole bene. Diventa un gesto di altruismo verso la famiglia, come se la dialisi venisse fatta dal paziente non per il proprio benessere, ma per gli altri. L ho fatto più per mia madre che per me Ho dovuto per forza di cose perché mia figlia ha iniziato a sgridarmi perché io non volevo venire Un altra motivazione che permette al paziente di accettare la dialisi è il fatto di vedere che molte persone stanno peggio, che ci sono altri pazienti molto più sfortunati, che non tutti hanno la fortuna di essere ancora autosufficienti. Questo porta il paziente a vedere il lato positivo della dialisi, a mettere in secondo piano l aspetto negativo e ad essere più sereno nell affrontare la situazione. Se vedo qui, sono l unico che è intero. Ad un certo punto dico, nel male, sono fortunato perché quando finisco mi alzo dal letto e vado via con le mie gambe. Per fortuna non ho la glicemia e non sono diabetico, gli altri sono tanti anni che fanno e hanno perso un pezzo alla 33

34 volta, per cui sono anche fortunato, quindi è un motivo di tranquillità, di rilassamento Molti pazienti, entrando in dialisi, non hanno grosse aspettative, sono informati riguardo ciò che accade, sulle conseguenze e sul futuro. Nonostante l informazione e l educazione iniziale, c è qualcuno che ha l aspettativa di poter andare in dialisi per un periodo limitato, fino a quando non si rimette in forze, finché le analisi non rientrano nella normalità. C è la speranza che il trattamento non sia necessario per tutta la vita, ma che sia un qualcosa per la fase acuta che poi, una volta passata, non serva più. Parlando poi con altri pazienti che sono in dialisi da molti anni, si rendono conto che, purtroppo, il trattamento durerà per sempre. Solo chi può ricevere un trapianto di rene può sperare che prima o poi uscirà dalla dialisi; per gli altri, invece, vita e dialisi sono un binomio che non può dividersi. Le aspettative riguardano anche il benessere del trattamento, come se entrati in dialisi, miracolosamente potessero riappropriarsi della salute che hanno perduto. Per questo molti pazienti si illudono e soffrono vedendo che la salute di un tempo non torna La vita in dialisi nei primi mesi La dialisi sconvolge l esistenza dell individuo, per questo molti pazienti sono investiti dallo sconforto e spesso identificano la dialisi come la fine della propria vita. I pazienti riferiscono che i primi mesi sono forse i più difficili da affrontare perché si trovano a dover riorganizzare la propria vita. Si avviliscono, si disperano e piangono perché si trovano ad affrontare un qualcosa che comunque non si aspettavano, che credono di non riuscire a sostenere. Avevo un malumore dentro, un magone, un nodo in gola che avevo solo voglia di piangere Sapevo che con la dialisi sarebbe tutto finito 34

35 Anche se molti pazienti effettuano un percorso di preparazione, non sono mai pronti abbastanza per affrontare il cambiamento e riferiscono che i primi mesi di dialisi sono i più duri: da un giorno all altro la vita cambia, bisogna riorganizzarsi. Si trovano a confrontarsi con un nuovo trattamento, un nuovo ambiente, nuovi ritmi, nuove regole di vita e nuove persone. Non accettano il trattamento e si recano in ospedale accompagnati da malumore, angoscia, paura e ansia. All inizio l avevo presa male Mi dispiaceva perché non ero abituato a certe cose Dalle interviste emergono numerosi sentimenti ed emozioni che hanno accompagnato i pazienti in dialisi durante i primi mesi. Molti avevano paura, erano spaventati perché non sapevano cosa sarebbe accaduto, nonostante le informazioni fornite dal personale sanitario. Avevo paura, sai, quando non sai com è La paura è spesso rivolta anche alla procedura in sé, in particolare agli aghi. I pazienti riferiscono di non essere abituati ad aghi di così grosso calibro e al dolore che può provocare la bucata. Le prime volte c hai un po di paura degli aghi. Ormai adesso ho fatto l abitudine Un altro fattore che nella prima settimana destabilizza i pazienti è il fatto di essere assistiti da persone che non conoscono e che cambiano anche nell arco della settimana. Oltre a dover accettare un trattamento a cui sono stati praticamente obbligati, devono affidare la loro salute a persone che vedono per la prima volta. Quando inizi ad aver confidenza con un infermiere e cominci a fidarti, ecco che il personale cambia, il tuo infermiere non c è, forse è a casa o forse sta assistendo qualcun altro in un altra stanza. Questo fatto destabilizza il paziente e gli fa perdere quel po di certezza che aveva acquisito. Il paziente vede ruotare attorno a sé molte persone sconosciute, ogni volta c è una persona nuova che lo assiste per cui è molto difficile fidarsi e mettersi nelle mani di chi non conosce. 35

36 All inizio hai una rotazione di personale che un po ti disorienta, dopo che hai avuto un infermiere per 3-4 volte, che ti conosce e hai confidenza, dici: Adesso uno nuovo! Il vissuto negativo dei primi mesi è alle volte legato a ciò che accade durante le ore di dialisi: crampi, nausea e vomito, malessere, capogiri e cefalea sono solo alcuni dei sintomi che il paziente è costretto a sopportare durante il trattamento. I disturbi fisici rendono ancora più difficile accettare la situazione, poiché, oltre a non vedere alcun miglioramento, ci si sente peggio di prima. All inizio era un momento brutto per i disturbi fisici che avevo Solo una piccola parte di pazienti accetta da subito la dialisi perché si sente preparato ad affrontarla e perché spera che la situazione sia temporanea, o perché crede che il trattamento possa essere fatto per un breve periodo o perché spera nel trapianto. All inizio l avevo presa molto bene, ero già preparata Ho detto, intanto cominciamo, poi vedremo come va La vita in dialisi al sesto mese Nell arco dei primi sei mesi di dialisi le cose cambiano, i pazienti hanno avuto il tempo per pensare, riflettere e trarre le proprie conclusioni sulla terapia. Ci sono pazienti che accettano consapevolmente la dialisi, alcuni che accettano forzatamente la situazione ed altri che a distanza di sei mesi ancora la rifiutano. Frequentemente il paziente adotta un atteggiamento passivo di fronte alla dialisi. Dalla maggior parte delle interviste emerge l accettazione forzata, la rassegnazione ed ancora una volta l obbligo del trattamento. Anche chi all inizio affrontava positivamente la situazione, col passare del tempo inizia a riflettere ed a capire che la dialisi non è così facile da sopportare ed anzi, la tollera solo perché deve. Diventa un qualcosa che il paziente fa per inerzia, senza porsi troppe domande. È passivo davanti al destino che non si può cambiare ed anche il trattamento lo affronta come 36

37 qualsiasi altra cosa, come una routine: uno arriva, si mette qui, lo bucano e sta fermo per 3 ore 4, quello che deve stare e poi ritorna a casa ; dopo ho iniziato a ponderare la cosa, a capire che non è per me. la mattina ti alzi, come un automa, fai quello che devi fare. Diventa routine anche il tempo trascorso fuori dalla dialisi: le azioni sono ripetitive, una volta usciti dall ospedale tutto si replica sempre allo stesso modo, quasi seguendo un copione, le giornate trascorrono identiche a quelle precedenti e intanto la vita va avanti. Vado a casa, mi metto in poltrona e la vita continua. Domani resta uguale e dopodomani anche Superata la fase iniziale di adattamento alcuni pazienti si rendono conto che è proprio grazie alla dialisi che stanno meglio; ciò li porta ad accettare con più facilità il trattamento. Questo è forse legato anche al fatto che qualcuno riesce a vivere la quotidianità come prima di iniziare la dialisi, tranne che nelle giornate di trattamento. Dal momento che vedo che sto meglio, allora dico che è giusto farla Spesso il paziente è costretto ad accettare la dialisi perché è consapevole che le conseguenze senza il trattamento sarebbero troppo estreme. Gli aspetti negativi della dialisi saranno sempre migliori di ciò che potrebbe accadere se si rifiutasse di farla. Sono molti i momenti in cui si scoraggia e in cui pensa di voler mollare, quando sente di essere arrivato al limite e crede di non farcela ad andare avanti con il trattamento ed è in questi momenti che il paziente riflette sulle alternative possibili: la dialisi o la morte. Sa che le possibilità sono solo due ed anzi, in un certo senso, la possibilità è unica. Ancora una volta sente di non avere altra scelta e di essere costretto ad accettare la dialisi. Sai cosa metto davanti quando mi vengono i momenti di sconforto, metto davanti la morte o la dialisi, cosa scelgo? Il male minore che sarebbe la dialisi. Allora da lì ho cominciato ad entrare in questo, non so 37

38 come definirlo, se tunnel se, non so come definirlo, con più serenità, con più serenità e vado avanti così Anche al sesto mese di dialisi molti pazienti hanno difficoltà ad accettare ciò che sta loro accadendo. Di questi alcuni sono convinti che la dialisi non sia la cura giusta per loro perché li fa sentire peggio, in quanto perdono l appetito, le forze, il sonno, perdono l autonomia diventando così dipendenti dagli altri, non sono più autosufficienti, ma necessitano di qualcuno che li aiuti. C è qualcuno che è convinto che la cura sia proprio sbagliata, che forse dovrebbe andare da un altro medico per avere un ulteriore parere. Questi credono di essere stati illusi dal personale sanitario, pensano che a loro sono state raccontate delle bugie e quindi perdono la fiducia in chi li assiste. Non vedo nessun miglioramento. Non mangio, non dormo, non posso uscire, non sono più autosufficiente Gli occhi spalancati. Mangiare poco, dormire niente Mi hanno raccontato solo bugie, solo bugie. Mi hanno raccontato solo bugie e adesso io non credo più a niente di quello che mi dicono, infatti ho indovinato tante volte Per me questa cura mi pare non sia adatta, è troppo forte Molti pensano che non è questa la vita che si aspettavano, credevano di poter invecchiare con più serenità, invece il destino ha giocato loro un brutto scherzo. Il loro unico desiderio sarebbe quello di poter vivere gli ultimi anni della loro vita con più tranquillità e serenità, ma non possono scegliere, dipendono dalla dialisi e per tre volte alla settimana devono continuare ad essere presenti. Non avrei mai pensato di arrivare a 80 anni con una brutta vecchiaia Avrei voluto stare un po tranquilla e fare gli ultimi giorni della mia vita tranquilla 38

39 3.1.4 Durante la dialisi In questo momento non so neanch io spiegare cosa provo Alcuni pazienti, per descrivere come si sentono durante la dialisi, dicono di essere depressi, riferiscono che spesso hanno voglia di piangere senza saperne il motivo, che non hanno più voglia né interesse di fare nulla, affermano di sentirsi con le lacrime agli occhi. Molti, durante le interviste, si sono commossi, hanno pianto, si sono lasciati andare esprimendo il loro disagio interiore e hanno apprezzato il fatto che qualcuno si interessasse del loro vissuto, spiegando che c è il bisogno di raccontare ciò che si prova per ridurre il carico emotivo, per affrontare più serenamente possibile il trattamento e la cornice che c è attorno ad esso. Sono andata 50 volte sull orlo della depressione. Mi metto lì, piango senza sapere il motivo, come adesso Non mi interessa più niente di niente. Sono nauseata di tutto, sto in poltrona con gli occhi chiusi e passano le giornate Tristezza ed incredulità accompagnano il paziente durante la seduta emodialitica. Sono tristi perché non avrebbero mai pensato di dover vivere grazie ad una macchina, di essere legati e dipendenti dal trattamento e di dover limitare la loro libertà per poter sopravvivere. Oltre a ciò emerge anche l impossibilità di credere che quello sia il loro destino, non possono pensare di non essere più padroni della loro esistenza, ma devono sottostare ai ritmi dettati dalla dialisi. Non avrei mai immaginato, io ero viva La tristezza, la tristezza è una malattia, una brutta malattia I pensieri dei pazienti sono spesso occupati da paure e preoccupazioni. Un timore frequente riguarda il funzionamento della fistola arterovenosa, il paziente è sempre preoccupato che ci sia qualcosa che non va e se l accesso non funziona, le conseguenze sono notevoli. La fistola è di vitale importanza per il paziente in dialisi perché è grazie ad essa che il trattamento può essere fatto ed è il suo corretto funzionamento che permette al paziente di vivere. 39

40 Ho sempre paura che la fistola non funzioni In alcuni pazienti emerge anche la paura di soffrire. La loro vita è già stata stravolta, hanno dovuto sopportare il cambiamento dei ritmi, hanno dovuto cambiare le loro abitudini ed è stato estremamente difficile accettare la dialisi. Hanno sopportato tutto, sperano almeno di non dover affrontare ulteriore dolore e per questo temono di soffrire. Sopportare ulteriori sofferenze sarebbe troppo. Ho paura, ho paura di soffrire In generale sono fonte di preoccupazione tutte le restrizioni che il paziente è obbligato a seguire. In un certo senso questo porta il paziente a sentirsi diverso, in quanto i bisogni primari, mangiare e bere, sono soggetti a limitazioni. Questi limiti si devono osservare, perché la posta in gioco è troppo alta, le regole si devono seguire altrimenti le trasgressioni si ripercuotono sulla salute. Normalmente uno può bere, uno deve prendere il fosforo, il potassio, io per assurdo devo il contrario: non posso assumere alimenti con il fosforo, non posso assumere alimenti col potassio, non posso bere La paura che emerge maggiormente e che diventa un ossessione è il peso corporeo. C è il terrore di portare troppi chili in dialisi, di non essere stati sufficientemente attenti all assunzione dei liquidi. Il peso che si porta in dialisi diventa l incubo del paziente, che riaffiora ogni qualvolta si avvicina un bicchiere alla bocca. C è sempre il terrore di portare peso Al terrore di portare troppo peso in dialisi, si lega la preoccupazione più frequente dei pazienti: la restrizione idrica, perché sanno che più bevono, più peso dovranno togliere con la dialisi. È un grosso problema aver sete e non poter bere, mezzo litro d acqua deve bastare per tutto il giorno, ma in questo mezzo litro sono compresi: caffè, the, minestra, brodo, l acqua della frutta e della verdura. Molti pazienti affermano che appena uno si rende conto di cosa sta bevendo, la quantità concessa è già finita. È difficile anche quando sono insieme agli altri: è dura dire di no quando 40

41 qualcuno offre loro qualcosa da bere ed è doloroso vedere chi sta loro vicino bere a volontà. Io praticamente posso bere mezzo litro di acqua al giorno compreso il the, se mangio la minestra. Io è da maggio che non mangio la minestra perché aumenterei i liquidi Oggi sono arrivato quasi a 4 chili, ma cosa ho bevuto ieri?. Poi non ti rendi conto che magari mangi un po d uva, che hai bevuto un due caffè di più Oltre al peso corporeo, il timore riguarda anche l assunzione di potassio, in quanto non ci sono campanelli d allarme che ne indichino un valore preoccupante. Se vi è una quantità elevata, il potassio non ti avvisa e la paura è, convinti di non aver esagerato, di essere colpiti da un infarto. Di conseguenza si temono anche gli esami di routine e finché non arrivano le risposte non sono tranquilli. Il potassio oltretutto se va a valori preoccupanti non è che ti dice di stare attento, ti viene l infarto e ci vediamo all altro mondo. Per cui quello è il terrore, gli esami per esempio del mese, come sono, finché non te li danno non sei tranquillo Una preoccupazione riguarda la dieta: non possono più mangiare quello che vogliono. Questa restrizione si ripercuote anche su chi sta attorno: la famiglia è costretta a mangiare secondo le esigenze del paziente oppure deve cucinare diversamente. Il fatto di non poter mangiare quello che vuoi perché devi stare attento al fosforo. Anche per la famiglia, perché deve fare da mangiare in maniera diversa per me Difficile da accettare è anche la perdita progressiva della diuresi. È un altro bisogno di cui normalmente non ci si rende neanche conto; finché una persona ha lo stimolo e può urinare non ci pensa, quando, invece, questa funzione viene progressivamente 41

42 persa, si accorge di un qualcosa che fino al giorno prima sembrava normalissimo e comprende il valore che aveva. La cosa più difficile da accettare è perdita progressiva della diuresi. Perdi una funzione che ti pare scontato di avere e non ce l hai più La maggior parte dei pazienti durante le 3-4 ore di dialisi cerca di distrarsi, di impiegare il tempo in qualche modo: guardano la tv, parlano con gli altri, fanno attività fisica a letto (bicicletta). Spesso si organizzano per fare delle attività in struttura: leggere libri o giornali, usare il computer o il tablet, ascoltare la radio o il lettore cd. Le ore da trascorrere in dialisi sono tante e sarebbero eterne se dovessero passarle guardando il soffitto, per cui i pazienti cercano di impiegare il tempo affinché non siano ore perse. Il tempo, inoltre, passa più velocemente e si annoiano meno tenendosi occupati in qualche modo. Sapendo che devo stare fermo 3-4 ore mi sono organizzato, ho un tablet, mi faccio scaricare film da mia figlia, mi dispiace che non ci sia un collegamento ad internet, mi porto dei libri o dei documenti di lavoro, altro non è possibile perché con un braccio fermo... Almeno guardo film, leggo libri e ogni tanto mi appisolo Qualcuno cerca di riposare e di dormire. Approfittano del tempo in dialisi per rilassarsi e riposare. Soprattutto nel turno pomeridiano qualche paziente si appisola come è solito fare a casa dopo pranzato quindi anziché a domicilio, dorme in dialisi. Cerco solo di dormire. È così calmo qui, allora dormo Quattro ore distesi su un letto sono lunghe, spesso interminabili e il paziente ha tutto il tempo per pensare. I pensieri spesso sono pensieri belli e positivi: la famiglia, il programma della giornata, i lavori che si possono fare il giorno dopo. Sono soprattutto i nipoti il motivo per cui i pazienti hanno ancora la forza per andare avanti, per affrontare tutto ciò che sta accadendo; sopportano le ore per poi poter andare a casa a giocare con loro. Il più delle volte, però, i pensieri sono brutti e quello più frequente è il rimpianto del passato, quando erano liberi e potevano 42

43 decidere della loro vita, perché erano in salute, in forze ed è un tempo che non tornerà più. Pensando al tempo passato, si confrontano col presente ed è la nostalgia a prendere il sopravvento, perché si rendono conto di quanto le cose siano cambiate. È la malinconia ad occupare i pensieri più frequentemente. Penso a mio nipote. Non vedo l ora di arrivare a casa per giocare con lui Sono nei miei pensieri, qualche volta ti vengono i belli, ma il più delle volte ti vengono i brutti Penso al tempo passato che non tornerà mai più Molti pazienti cercano di non pensare alla dialisi, perché, se pensano, si innervosiscono, si deprimono, stanno male. Cercano di non darne troppo peso, di minimizzare il problema senza farne un dramma, di non focalizzarsi sulle limitazioni per non rovinarsi il resto della loro vita. Qualcuno pensa che, nonostante il sacrificio, la dialisi fa bene, fa stare meglio e permette di vivere più a lungo. Cerco di non pensarci perché se ci pensi stai male, forse è un illusione non pensando Se comincio a focalizzarmi sulla mia limitazione mi rovino anche quello che mi resta Cerco di non darle tanto peso, anche se comunque è un bel peso Le ore trascorse in dialisi sono tante e molti pazienti hanno la percezione che questo sia del tempo rubato alla loro vita. Sono ore che devono passare distesi su un letto, non hanno scelta, hanno l obbligo di essere presenti per cui non possono decidere di impiegare quel tempo come vorrebbero. Qualcuno afferma che è come se andasse a lavorare, perché deve arrivare puntuale ad una determinata ora e fino alla fine del turno non può andare via. I pazienti devono riorganizzare la loro vita: tutti gli impegni devono essere incastrati in base al turno di dialisi. Tutto ruota intorno al trattamento dialitico, anche la quotidianità: la spesa e le commissioni si possono fare solo in certi giorni. Per chi lavora questo obbligo è ancora più problematico perché con meno tempo deve comunque terminare il lavoro: se prima aveva a disposizione 43

44 una giornata intera per concluderlo, ora deve svolgerlo in mezza giornata perché l altra metà è occupata dalla dialisi. Inoltre, il tempo non è costituito solo dalle 3-4 ore di trattamento, ma anche dalla durata del percorso da casa all ospedale. Qualcuno ha la fortuna di abitare vicino all ospedale, altri, invece, devono percorrere molti chilometri e queste sono ore in più che la dialisi li costringe a perdere. Comunque devo fare quello che facevo prima, il mio è un lavoro a scadenza, quello che potevo fare in un giorno, ora devo farlo in mezza giornata L assenza del tempo che mi porta via la dialisi Sono 4 ore qua, ma sono 6 in tutto: 1 ora andata e 1 ora ritorno La difficile relazione con la procedura Per quanto riguarda la procedura, il problema principale che emerge sono gli aghi. La bucata è fonte di preoccupazione per molti, perché sono aghi particolarmente grossi e spesso è dolorosa. La maggior parte dei pazienti non guarda mentre l infermiere inserisce gli aghi e capita spesso che questo sia un momento di grande ansia. L ansia è dovuta sia al dolore provocato, sia alla paura che, inseriti gli aghi, non esca sangue. Qualcuno definisce terribile il dolore prodotto, specialmente all inizio, poi, col tempo, diminuisce, sia perché si abitua, sia perché la fistola diventa meno sensibile alla puntura. Molti pazienti riferiscono che il dolore dipende anche dall infermiere: c è qualcuno più delicato e qualcuno che, invece, ha la mano più pesante. Non sono aghi, sono pali della luce Quando mi bucano io non guardo mai, mi giro dall altra parte. Occhio non vede, cuore non duole L unico problema è che quando ti bucano vada tutto bene, che può essere che quando ti bucano, dalla vena o dall arteria non esca sangue e allora ti mette agitazione 44

45 La macchina: un rapporto di amore e odio Superata l ansia della bucata e del funzionamento della fistola, i pazienti spostano il pensiero sulla macchina di dialisi. Gli aghi sono stati inseriti, il sangue esce correttamente e si rilassano, ma sono sempre in allerta per paura che la macchina suoni. Quando suona si preoccupano perché non conoscono il motivo, potrebbe essere un qualcosa di insignificante, ma potrebbe essere qualcosa di grave. Quando suona d istinto si voltano verso la macchina per controllare se è la loro a suonare. Se la luce non si accende, allora si possono rilassare nuovamente, ma se la luce si accende, l ansia non si attenua finché l infermiere non verifica il problema. La paura è anche di aver fatto qualcosa di sbagliato, di aver inavvertitamente mosso il braccio e quindi di essere responsabili dell allarme. Il rapporto è d amore e d odio. Uno è tranquillo, sereno, però ha sempre l orecchio in allerta. Il braccio deve restare fermo, come ti muovi fischia, allora hai sempre paura di aver fatto qualcosa che non va o che avvenga qualcosa che non va Quando senti una, guardi sempre se è la tua Qualcuno scherza e ironizza dicendo che la macchina è una rompiscatole perché suona sempre, ma, allo stesso tempo, le è riconoscente perché espleta la funzione dei propri reni che non sono più in grado di lavorare. È una rompiscatole, suona ogni due secondi. Se ti muovi 2 cm: bip bip basta! Poi per fortuna che esistono, però è un po strana, a volte la guardo, cerco di capirla. Alla fine è il mio rene. Ce li ho 2, ma è come se non ce li avessi Alcuni la osservano, la studiano, cercano di capirla, controllano il suo funzionamento, altri, invece, preferiscono non guardarla, la cosa importante è che funzioni. La macchina di dialisi è il loro rene; è il rene artificiale che permette loro di continuare a vivere, per questo il rapporto, oltre che di odio verso quel qualcosa che 45

46 stravolge la vita, è anche di amore perché è grazie a lei che sono ancora vivi. È un filo che permette di restare in vita, i pazienti sono attaccati alla vita come sono attaccati alla macchina. Grazie a ciò si rendono conto di quanto l esistenza sia fragile, proprio come un filo, se non si legano alla macchina, questo filo si rompe e possono oltrepassare il confine tra la vita e la morte. La vita è appesa alla macchina, per questo provano gratitudine perché sono consapevoli che esistono ancora grazie ad essa. Il mio rapporto con la macchina è bello perché mi dà la possibilità di continuare nella vita. Quando mi vengono i momenti morte/dialisi, la vedo bene, un elisir di vita perché se non ci fosse Il viaggio del sangue Durante la seduta dialitica il sangue percorre il suo viaggio: esce dal corpo del paziente, attraversa la macchina e rientra nel corpo. È un percorso a senso unico che il sangue esegue durante tutte le 4 ore di dialisi; continua ad entrare ed uscire affinché possa depurarsi dalle sostanze tossiche. A molti pazienti il fatto di vedere il proprio sangue fuori dal proprio corpo non fa alcun effetto, non se ne preoccupano, non ci fanno caso oppure la vedono come un fatto meccanico. Per altri, invece, è una sensazione strana, indescrivibile ed è difficile credere che quel liquido rosso che percorre la macchina è il proprio sangue. Alcuni pazienti affermano che è come se ti togliessero una parte di te e poi te la restituissero modificata. Inoltre, le linee in cui scorre il sangue sono calde al tatto e questa è un altra sensazione indescrivibile che il paziente prova, è il calore del proprio corpo, del proprio sangue che abbandona, anche se per poco tempo, il corpo. È una brutta e bella sensazione. Sapere che il tuo sangue entra, esce e rientra, se poi tocchi questi fili qua e sono caldi. All inizio mi venivano i brividi perché praticamente è come se ti aprissero e ti tirassero fuori qualcosa. Anche lì è meglio non guardare 46

47 3.2 Ostacolo alla libertà Affrontare la malattia è sempre difficile, i pazienti devono modificare molti aspetti della loro vita: abitudini, alimentazione, lavoro, attività fisica. In generale devono modificare il loro stile di vita ed in più devono ricordarsi di prendere i farmaci correttamente. La dialisi, oltre a ciò, si impone nella vita del paziente impegnando parecchie ore alla settimana. È questo fatto che la contraddistingue dalle altre patologie ed è questo che la rende così difficile da accettare. Il tempo che i pazienti sono costretti a dedicare alla dialisi rappresenta un limite alla loro libertà. Sanno che 3 giorni a settimana sono impegnati dal trattamento, per cui tutto ciò che desiderano fare deve essere fatto negli altri 4 giorni, che però non sono giornate consecutive, ma sono liberi a giorni alterni. Questo porta i pazienti a non poter più organizzare delle vacanze, possono fare solo delle gite in giornata o al massimo di due giorni se si organizzano nell intervallo interdialitico lungo. Niente più ferie, quindi, a meno che non trovino un posto dove i turisti possono fare la dialisi. Anche in questo caso la possibilità di scelta è parziale, poiché i luoghi dove è presente un centro di dialisi sono limitati ed in più devono accertarsi che ci sia un turno libero. Se andavo via un 3 giorni, non posso più andare via 3 giorni, devo andare via una giornata. Devo andare in ferie dove fanno la dialisi L ostacolo alla libertà non riguarda solo i viaggi di piacere, ma anche gli spostamenti per andare a trovare dei famigliari che abitano lontano. Se riescono, vanno in giornata, se no sono costretti a non vederli. Se un parente che abita distante ha bisogno di loro, non possono esserci, non possono stargli vicino, non possono aiutarlo perché la dialisi ha la precedenza. Sono costretti a cambiare l ordine delle priorità nella loro vita. Questo è motivo di sofferenza per il paziente, è un angoscia che gli fa compagnia per tutto il tempo in dialisi perché nella testa è impresso il pensiero della famiglia; è in dialisi, ma con il cuore vorrebbe essere da un altra parte. 47

48 Sto attraversando un brutto periodo, ho mia sorella che sta per allora capisci, è dura perché vorrei essere presente da lei, le è venuto questo male da un momento all altro e precipita e vorrei essere presente e non posso Non possono prendere impegni nelle 3 giornate di dialisi, ma nemmeno alla mattina, quando si svegliano, possono decidere cosa fare perché ad una determinata ora devono essere in dialisi, non possono ritardare. Non possono neppure continuare con la routine che avevano in passato: nei giorni di dialisi anche il caffè con gli amici salta. Nella giornata libera, in teoria, potrebbero organizzarsi come vogliono, ma il problema è la terapia farmacologica: se decidono di stare fuori casa tutto il giorno, devono ricordarsi di portare con sé tutti i farmaci necessari. Se, invece, non hanno i farmaci perché non avevano previsto di stare via l intera giornata, ecco che vengono investiti dal panico perché a quell ora devono prendere quel farmaco che non hanno e la preoccupazione delle conseguenze ha il sopravvento. Non è che puoi alzarti alla mattina e dire: faccio quello, vado là Ero sempre in giro, andavo in bar da mio genero, prendevo il caffè, leggevo il giornale, mentre quando devo venire qua non lo posso fare Tra l altro sono legato ad una pastiglia che arriva dall America, quella della ghiandola del surrene che devo prendere 2 volte al giorno. Domenica non era previsto di star fuori e panico! Poi è una pastiglia che deve star in frigo Impatto sui progetti futuri Rendendosi conto che il trattamento deve durare per sempre, i pazienti si accorgono che per forza la vita deve cambiare, il futuro che avevano immaginato deve subire 48

49 delle modifiche e non sono più liberi di fare progetti, sia a breve che lungo termine. Il più delle volte bisogna sacrificare il lavoro: non tutti i lavori possono essere continuati e non possono rischiare di intraprendere un lavoro troppo impegnativo a causa dell impegno e delle conseguenze del trattamento. Sono soprattutto i lavori manuali e faticosi a subirne gli effetti, dall oggi al domani non lavorano più: da lavoratore a pensionato. Chi è abituato ad essere sempre attivo, a svolgere mille lavori, soffre di questo riposo forzato. Ero una persona dinamica, una persona attiva, ora sono un vecchio pensionato, anziano come chiamano, è dura da digerire Avevo 3 passioni nella vita: la musica, la pittura e il legno. Facevo l imbianchino, il falegname e il musicista e dall oggi al domani mi sono trovato a non poter fare più niente Se non altro i clienti che avevo, ancora oggi qualcuno mi telefona e dico che non posso fare più niente, ogni volta è una botta Qualche volta la dialisi distrugge i sogni di una persona: si progetta il proprio futuro, si deve entrare in dialisi e si è costretti ad abbandonare ciò che si sognava di fare. Ancora una volta i sogni possono riguardare la carriera lavorativa oppure i viaggi, per i quali aspettavano il momento giusto. Il sogno lavorativo si infrange quando si rendono conto che un determinato lavoro, come l imprenditore, non possono affrontarlo da soli a causa dell obbligo della dialisi. Chi, invece, lavora da una vita, si programma i viaggi per quando andrà in pensione e sarà libero, ma neanche in pensione sarà libero: 3 volte a settimana dovrà andare in dialisi, per cui quello che gli rimarrà sarà la gita di un giorno, al massimo due. La dialisi non costringe a riorganizzare solo il presente, ma si impone anche sul futuro, che deve essere programmato in base al trattamento. Era il sogno della mia vita che ho dovuto abbandonare, per quello anche mi diventa pesante. È un impegno, non potevo fare tutto da sola se son qua 49

50 Quello che mi dà più fastidio è il fatto di dire potrei andare a Praga, ci sono stato per lavoro, vorrei andare da turista, ma in un giorno non penso di farcela. Avendo viaggiato molto per lavoro, avevo questa aspettativa che quando finisco di lavorare quello che mi rimane è un andata e ritorno a Roma Riguardo al futuro, un altro sentimento espresso dai pazienti è l incertezza, il fatto di non sapere come sarà dopo anni di trattamento e come ci si ridurrà. Si guardano attorno e vedono pazienti molto anziani, qualche volta dementi, che sono comunque costretti a fare la dialisi e si chiedono se un giorno diventeranno come loro. Anche se in questo momento sono ancora autosufficienti e indipendenti, come sarà in futuro? Per quanto ancora la dialisi permetterà loro di badare a se stessi? Sono domande di cui non si conoscono le risposte e questo è fonte di preoccupazione per i pazienti, ma nessuno può rassicurarli, nessuno può dar loro certezze, solo il tempo risponderà ai loro quesiti. Mi domando con l avanzare dell età come sarà Dopo stando qua, vedo quella là (in stanza con lei c è una signora con demenza) e quando sarò io come lei? Finché non frequentavo questo ambiente non pensavo. Non si pensa alla vecchiaia, a quando si avrà 80 anni 3.3 Gli altri La dialisi impone numerosi cambiamenti, tra cui anche il rapporto con le altre persone. Il paziente cambia con la famiglia, con gli amici, si sfoga con qualcuno e conosce molte altre persone. La paura prevalente riguarda l accettazione degli altri. Per questo motivo spesso i pazienti evitano il discorso con gli altri, quando vanno in dialisi si inventano delle bugie per giustificare la propria assenza e restano vaghi anche riguardo alla fistola. Non tutti sono in grado di capire, non tutti comprendono, ma soprattutto non tutti 50

51 accettano la loro malattia. Alle volte, anche chi sta loro vicino, non accetta il loro problema e, invece di aiutarli, scappa e li abbandona con le loro sofferenze. Per chi non ha esperienza anche la fistola è una stranezza di cui non conosce l importanza. Non a tutti può spiegare, non con tutti può sbilanciarsi e per questo il paziente cerca di evitare il discorso. Non è facile che ti accettino gli altri. Il mio ex, lui non accettava il mio problema, sono poche le persone che possono capire Mi hanno chiesto mille persone: perché hai il braccio così? non posso prender botte, punto. Non mi sono sbilanciata Parlarne o fingere con gli altri Il paziente in emodialisi soffre, ma molte volte questa sofferenza la nasconde. Finge di stare bene sia per non preoccupare chi gli sta vicino ma anche per non mostrarsi debole agli altri. I famigliari soffrono se vedono il paziente soffrire, hanno già troppe preoccupazioni per il familiare che deve combattere con la malattia e vorrebbero aiutarlo in ogni modo. Il paziente, però, percepisce la loro preoccupazione e la loro sofferenza, quindi finge per proteggerli da ulteriori dispiaceri. Si tiene tutto dentro, soffre in silenzio, alle volte si abbandona al pianto, ma in solitudine, perché non vuole che chi gli sta attorno stia male per causa sua. Cercavo di essere serena coi miei a casa, perché vedevo che soffrivano anche loro a vedere me soffrire. Ma quando ero sola, era dura, durante la notte Qualche volta faccio finta con i nipoti, faccio finta di niente, ma dentro Alle volte il paziente finge per non mostrare agli altri la sua parte vulnerabile. Questo accade soprattutto con gli amici, con i quali ironizza sulla dialisi descrivendola unicamente come una seccatura. La famiglia lo conosce bene, gli sta vicino e non lo 51

52 tradirà mai, mentre gli amici hanno un opinione di lui che non vuole smentire. C è quasi la paura che gli altri lo giudichino, credano che sia una vittima, perché non sempre riescono a comprendere la situazione. Ho un immagine di persona efficiente, che si è sempre data da fare, per cui Con gli altri la butto sempre sull ironico In dialisi, quindi, le problematiche non colpiscono solo l aspetto fisico, per cui anche la sfera psicologica non deve essere trascurata. Alcuni pazienti hanno bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarsi ed esprimere tutto ciò che provano per evitare che il peso che stanno sostenendo non diventi impossibile da sopportare. Non tutti, però, si confidano con gli altri. Qualcuno parla del proprio vissuto emotivo con i famigliari, altri, invece, preferiscono sfogarsi con chi non li conosce a fondo, ad esempio con uno psicologo. La famiglia, però, è il confidente principale, soprattutto la moglie e i figli. Chi può contare sull aiuto e sul supporto della famiglia si ritiene molto fortunato perché è sicuro che la famiglia ci sarà sempre e che il suo è un amore sincero. A casa sono stato supportato dalla moglie e dalla figlia soprattutto. È molto importante avere la famiglia, avere qualcuno che ti vuole bene e te lo dimostri. Credo sia più importante quello che qualsiasi altra cosa La figura dello psicologo provoca nei pazienti reazioni diverse: alcuni vorrebbero incontrarlo per un colloquio, altri,invece, non vogliono nemmeno sentirlo nominare. Questi ultimi sono forse legati ancora ad antiche credenze secondo le quali lo psicologo cura i matti ed è per questo che rifiutano di parlarci. Mi piacerebbe, però, parlare con uno psicologo, perché la parte emotiva è al pari di quella fisica, del male fisico Con lo psicologo no, con medici del genere no C è una tendenza, soprattutto nei pazienti di sesso maschile e di una certa età, a ritenere che non ci sia alcun bisogno di parlare con gli altri del proprio vissuto 52

53 emotivo. Forse ciò è dovuto alla convinzione che l uomo deve essere forte, deve sopportare le sofferenze e non deve mostrarsi debole agli altri. Infatti, da alcuni pazienti il termine provare viene associato istintivamente alla fisicità, al dolore fisico, mentre per alcuni riguarda automaticamente la sfera emotiva, che comprende sentimenti, emozioni e stati d animo. Il personale sanitario Con la dialisi i pazienti conoscono persone nuove, tra cui il personale sanitario. I rapporti che creano con infermieri e medici incidono molto sul loro vissuto, soprattutto sull accettazione del trattamento. Un ambiente sereno, in cui si trovano bene, dove si sentono a proprio agio e dove ci sono persone su cui possono contare e di cui si fidano, rende la dialisi più tollerabile. È importante che gli infermieri siano sempre gentili, disponibili, interessati alla salute del paziente e pronti ad ascoltarlo, cercando di farlo sentire in famiglia perché anche questo fa parte della terapia. Ciò permette al paziente di affrontare la dialisi con più serenità e favorisce il processo di accettazione. Per un ammalato, un sorriso, una parola, una pacca, è tanto, è una terapia validissima La vivo abbastanza bene anche per il rapporto che si ha qui, per l ambiente, perché aiuta anche quello Se il clima in dialisi è positivo, anche il paziente si sente meglio e ciò gli consente di trascorrere anche delle ore piacevoli, in compagnia del personale e degli altri pazienti, come una grande famiglia. Ti senti come in famiglia e questo è bellissimo 53

54 3.4 Non mi interesserebbe morire, ma bisogna vedere come Un tema che è emerso in alcune interviste riguarda la morte. Pochi pazienti ne hanno parlato, nonostante non ci fosse una domanda specifica. Qualcuno affronta l argomento serenamente, senza problemi, qualcuno ne parla esprimendo incertezza e paura, altri, invece, vorrebbero che le loro sofferenze finissero. Ogni tanto qualcuno esprime quasi dei desideri riguardo al modo in cui vorrebbe morire e spesso la maggior parte vorrebbe morire d infarto: non si soffre e non ci si accorge, ma non per tutti è così. L infarto può colpire in qualsiasi momento: nel sonno, mentre si mangia, mentre si fa attività, ma anche mentre si è per strada. È proprio la strada a turbare maggiormente, morire per strada non è piacevole, per cui qualcuno non vorrebbe essere colpito dall infarto, ma vorrebbe morire su un letto, magari a casa propria, con i famigliari accanto per poterli salutare per l ultima volta. La dialisi potrebbe esaudire questo desiderio. Io non avrei voglia di morire d infarto, vorrei morire su un letto, non per la strada o che, ma su un letto coi miei figli accanto in modo che prima di fare l ultimo respiro, di dare loro l ultima mia parola Per qualcuno non è la morte a spaventare, ma la paura di morire di sofferenze. Ha già sofferto abbastanza, per cui è la sofferenza la paura più grande. Non importa dove e perché, ma è il come ad avere importanza. Sarebbero troppo difficili da sopportare ulteriori sofferenze. Paura di soffrire. Di morire di sofferenze C è qualcuno, invece, che non riesce più a sopportare di vivere così. Vorrebbe morire ed anzi spesso ha pensato di togliersi la vita. Ad impedire il gesto estremo è la paura di non raggiungere il fine desiderato, perché sarebbe ancora peggio. Ci sono dei momenti di disperazione che prendono il sopravvento ed inducono il paziente a pensare di porre fine alle sofferenze. 54

55 Vorrei morire, dico sempre: mi ammazzo, mi ammazzo! Però dico se poi mi ammazzo e non muoio è ancora peggio A volte mi prende la pazzia, di aprirmi tutto e di morire 55

56 CAPITOLO IV DISCUSSIONE 4.1 Limitazioni dello studio Nello studio non è stata contemplata la possibilità di un esperienza indiretta del paziente con il trattamento, infatti non è stato chiesto se avesse mai avuto famigliari o conoscenti in terapia emodialitica, in quanto, anche se indiretta, questa esperienza avrebbe potuto influenzare il suo vissuto emotivo. Non è stato considerato, inoltre, se il paziente fosse affetto da altre malattie croniche, le quali avrebbero potuto influire in particolare sull accettazione, sulle aspettative, sui progetti futuri, sulla morte e sul rapporto con gli altri. Essendo uno studio fenomenologico, le pre-comprensioni del ricercatore possono aver influenzato l analisi. A tal fine, per garantire un maggior rigore, i risultati sono stati valutati e categorizzati insieme al docente di riferimento. 4.2 Il vissuto emotivo del paziente Dall ascolto attento delle interviste i temi più ricorrenti che sono emersi riguardano le motivazioni e le aspettative che hanno guidato la scelta del trattamento, la perdita della capacità e possibilità di gestire il tempo a proprio piacimento, l ostacolo della libertà. Rabbia, tristezza, impotenza, paura e preoccupazione sono solo alcuni stati d animo che emergono dalle interviste, oltre che sentimenti di speranza o stati di depressione. Il vissuto emotivo del paziente è in continua evoluzione, i primi mesi sono caratterizzati prevalentemente da sentimenti di sconforto e disperazione, paura dell ignoto, anche se il paziente segue un trattamento predialitico non riesce ad immaginare come e fino a che punto la sua vita cambierà; con il passare del tempo, la persona si sente impotente, incapace di decidere e di riappropriarsi della propria vita; 56

57 accetta che le regole siano dettate dal trattamento, che è indispensabile seguirle, non può infrangerle e deve accettare che la propria vita ormai è nelle mani della dialisi. Confrontando i risultati riportati nello studio di Stringer et al (2011) che ha condotto uno studio di tipo qualitativo osservazionale prospettico, i cui dati sono stati raccolti mediante intervista a sedici pazienti in trattamento emodialitico con l obiettivo di descrivere i sintomi, le aspettative e le opinioni dei pazienti riguardo il trattamento, emergono, come temi ricorrenti, la percezione del paziente di non aver scelta, il senso di costrizione, di obbligo e sentimenti di rassegnazione. Nel corso dei mesi di trattamento i pazienti hanno avuto il tempo di pensare, di riflettere e di trarre le proprie conclusioni relative a ciò che stanno vivendo. Si possono distinguere tre categorie di pazienti: la prima all inizio non accetta la dialisi, ma poi si rassegna; quello che resta ancora difficile da sopportare è, però, l obbligo delle sedute dialitiche, a cui qualcuno si adatta, mentre altri soffrono per quest ostacolo alla loro libertà. La seconda all inizio accetta serenamente il trattamento, ma poi si rende conto che è troppo difficile da sopportare; la terza, invece, continua a rifiutare l emodialisi; il paziente non riesce a rassegnarsi, ma continua il trattamento perché è costretto, perché non ha scelta, è un dovere se vuole vivere. C è anche chi lo fa per gli altri, per quelli che gli stanno vicino, se fosse per lui non andrebbe in dialisi, ma si rassegna e lo fa per far felice chi gli vuole bene, per non deluderlo, per non causargli ulteriori sofferenze. Diventa quasi un gesto di altruismo. Anche i risultati riportati da Stringer et al (2011), mettono in evidenza che l entusiasmo dei famigliari spesso influenza le scelte del paziente e lo spinge ad accettare il trattamento anche quando è riluttante. La rabbia si manifesta in quei pazienti che considerano la dialisi la causa di un qualcosa che non possono fare, la ragione per cui devono stravolgere la loro esistenza, che rovina e che distrugge la vita. Il trattamento è visto come il motivo che toglie la gioia di vivere, per cui pone fine alla vita. La speranza ha abbandonato molti pazienti, ma per alcuni è ancora presente, esiste e spesso è l unica ragione per cui affrontano la situazione. La speranza è presente soprattutto per coloro che sono in attesa di ricevere un trapianto oppure per coloro 57

58 che stanno per entrare in lista d attesa. Il trapianto viene visto come l unico modo per rimpossessarsi della propria vita. I pazienti in dialisi riportano diverse emozioni: alcuni provano rabbia o alienazione verso ciò che li circonda; alcuni sentono di essere diventati più forti nei confronti della vita oppure più egoisti; altri, invece, percepiscono un effetto positivo della malattia sul loro carattere e sulle loro vite, come ad esempio essere maggiormente considerati, avere più comprensione dagli altri ed essere più legati alle altre persone. Ver Halen et al scrive che la depressione maggiore colpisce il 10% dei pazienti in emodialisi e questo fattore emerge anche dallo studio condotto: alcuni pazienti affermano di sentirsi depressi oppure di aver rischiato di cadere spesso in depressione, mi metto lì, piango senza sapere il motivo, come adesso. Lo studio qualitativo condotto da Feroze et al (2012) su 155 pazienti adulti in emodialisi da almeno 6 mesi mette in evidenza che circa la metà dei pazienti descrive uno stato ansioso di severità variabile mentre si reca all ospedale per il trattamento. L ansia emerge, inoltre, quando c è un nuovo operatore od un infermiere sconosciuto che lo collega al rene artificiale, quando la macchina di dialisi suona oppure quando ci sono dei medici in stanza. Anche dallo studio condotto emerge come fattore destabilizzante la rotazione del personale, poiché il paziente vede ruotare attorno a sé molte persone sconosciute alle quali è costretto ad affidare la propria vita. Quando un nuovo infermiere lo collega alla macchina, il paziente perde quella minima certezza che aveva acquisito con l infermiere che aveva imparato a conoscere e di cui iniziava ad aver fiducia. Temi ricorrenti che caratterizzano il vissuto emotivo durante la seduta dialitica sono strettamente correlati alla procedura, al trattamento e all emodializzatore. Il rene artificiale, la macchina, viene visto come quel qualcosa che porta via il tempo, è fonte di preoccupazione perché spesso suona e quando accade il paziente teme che sia qualcosa di grave. Si instaura un rapporto di amore e odio, il paziente ama e odia la macchina per lo stesso motivo, perché obbliga il paziente a legarsi a lei, restringe la libertà, ma allo stesso tempo allontana la morte. 58

59 Il legame con il rene artificiale è come un filo, fragile, che può spezzarsi da un momento all altro, la dipendenza dalla macchina fa entrare il paziente in un tunnel, ma è lei che gli permette di rimanere aggrappato a quello che resta della sua esistenza, per cui è grato a quella macchina, è grazie a lei che esiste ancora, è un elisir di vita. Non è solo la macchina a preoccupare il paziente durante il trattamento, ma anche la fistola ed il percorso effettuato dal suo sangue. La fistola provoca paura: oltre al terrore della bucata, presente soprattutto nei primi periodi, c è il timore che la fistola non funzioni. Il fatto che il sangue esca dal corpo del paziente e percorra il suo viaggio prima di rientrare provoca delle sensazioni indescrivibili al paziente, perché vede una parte di sé al di fuori del proprio corpo ed è spesso difficile credere che quel liquido rosso che scorre nelle linee sia il proprio sangue. Il paziente percepisce una parte di sé che momentaneamente gli viene tolta; per questo molti pazienti preferiscono non guardare e non pensarci. Le preoccupazioni che accompagnano il paziente nei primi mesi di trattamento sono correlate a tutte le restrizioni che il paziente è obbligato a seguire, spesso i pazienti hanno paura di non aver rispettato le regole, di aver ecceduto con il cibo e l assunzione di liquidi. Il peso che si porta in dialisi diventa l incubo, l ossessione dei pazienti. Da uno studio qualitativo condotto da Calvey et al (2011) su 7 pazienti adulti in trattamento dialitico emerge che la prospettiva di vita dipendente dall emodialisi causa nei pazienti una sensazione di incertezza nel futuro, riportando sentimenti quali shock e paura. Dall altro lato, però, sentono che è proprio grazie alla dialisi che possono avere un futuro e la macchina è considerata il filo della vita che permette loro di essere ancora vivi, ma è proprio quel filo che separa la vita dalla morte. Anche dallo studio condotto emerge l incertezza del futuro: i pazienti non sanno come andranno le cose, non possono sapere quanto ancora la malattia permetterà loro di vivere e nessuno può dire come arriveranno e come si sentiranno tra un paio di anni. Oltre all incertezza, però, si rendono conto che il futuro che avevano immaginato deve subire delle modifiche, in quanto non sono più liberi di fare progetti a breve e lungo termine. La dialisi, infatti, influisce sul lavoro e sui viaggi 59

60 per cui costringe a riorganizzare non solo il presente, ma anche il futuro. Le ore trascorse in dialisi sono tante, spesso eterne, per cui il paziente cerca di distrarre corpo e mente per svagarsi e per cercare di non pensare alla dialisi. Le ore di dialisi, infatti, danno il tempo di pensare, di riflettere sulla malattia, sulle speranze e sulle aspettative per il futuro. C è anche la percezione che queste siano ore perse, che il paziente potrebbe impiegare in altro modo, potrebbe trascorrerle facendo ciò che desidera, invece questo obbligo lo costringe a perdere delle ore della propria vita che non gli verranno mai più restituite. Il lungo tempo dedicato al trattamento viene considerato tempo rubato al lavoro, ai famigliari, alla loro libertà, tempo che però permette di pensare molto ed i pensieri a volte sono positivi, i nipoti, la famiglia, i figli, ma purtroppo molto spesso sono negativi, quello più frequente è il rimpianto del passato. I pazienti, infatti, pensano al passato, alla salute che avevano un tempo e che non tornerà, alla dialisi vista come la fine di tutto, a come, dall oggi al domani, ogni cosa è cambiata. Dallo studio è emerso che la perdita progressiva della diuresi è un fattore difficile da accettare per il paziente, poiché il paziente perde una funzione che prima dava per scontata. Questa perdita inevitabilmente influisce sul suo vissuto emotivo. Nel momento in cui non urina più, il paziente riferisce di rendersi conto dell importanza di una funzione a cui non aveva mai pensato perché reputata una cosa normalissima. La dialisi impone numerosi cambiamenti, tra cui anche il rapporto con gli altri. Le relazioni cambiano, il paziente modifica il rapporto con la famiglia, con gli amici e conosce molte altre persone. Nello studio condotto emerge anche la tendenza di qualche paziente a fingere con gli altri, soprattutto con i famigliari e con chi gli sta accanto, questo perché non vuole preoccuparli ulteriormente, non vuole farli soffrire, ma finge anche con amici o conoscenti; tutto questo perché gli altri hanno un idea, un immagine del paziente che non vuole venga modificata dalla malattia. C è anche qualche paziente che finge per paura di non essere accettato dagli altri, perché non tutti riescono a comprendere la sua malattia. Capita anche che chi sta vicino al paziente non comprenda ciò che gli sta accadendo, per cui scappa e lo abbandona alle 60

61 sue sofferenze. La famiglia, però, resta il confidente principale del paziente, il supporto dei famigliari è un fattore importante, percepito quasi come una terapia. Dallo studio condotto emerge l importanza del rapporto che il paziente crea con chi lo assiste, in particolare con l infermiere. Questo rapporto gli permette di affrontare più serenamente la dialisi perché il paziente si sente in famiglia, sa che può contare sull infermiere, che può affidargli la propria vita perché è lì per lui ed è disponibile per qualsiasi cosa abbia bisogno. Nello studio di Stringer et al è stata posta esplicitamente una domanda sulla morte, veniva richiesto se avessero accettato la rianimazione cardiopolmonare in caso di arresto cardiocircolatorio: all inizio il 65% dei pazienti risponde affermativamente, la percentuale si riduce al 40% al sesto mese di dialisi. Anche dallo studio condotto emerge il tema della morte ed in particolare il desiderio di morire. La voglia di porre fine a tutto ciò che sta accadendo. Alcuni esprimono un desiderio che non riguarda il quando ma il come: su un letto con attorno i famigliari per salutarli per l ultima volta ; l importante è non morire di sofferenze perché hanno già sofferto abbastanza. 61

62 CAPITOLO IV CONCLUSIONI Il paziente in dialisi deve affrontare numerosi cambiamenti dovuti alla malattia: restrizioni dietetiche e idriche, vincoli temporali, modifiche nella percezione di sé, limitazioni funzionali e paura di morire. Il vissuto emotivo del paziente in emodialisi è molto complesso. I pazienti provano molteplici emozioni e sentimenti, che spesso coesistono e sono molto diversi tra loro, infatti alcuni pazienti dichiarano di non essere in grado di esprimere cosa sentono, non esistono parole per descrivere pienamente la loro emotività. I pazienti che si sottopongono al trattamento dialitico extracorporeo si scoprono in dialisi contro la loro volontà, infatti non è una terapia che hanno potuto scegliere, ma giunti ad una determinata fase della malattia, la dialisi si impone come l unico trattamento per poter continuare a vivere. La dialisi costringe a cambiare stile di vita ed impone al paziente i suoi ritmi. È un obbligo a cui non si può sottrarre. Tutto ciò si ripercuote sul vissuto emotivo dei pazienti dializzati e sull esperienza del trattamento, perché non solo la seduta dialitica, ma anche i cambiamenti che devono apportare alla loro vita influenzano i sentimenti e le emozioni percepite. Il vissuto emotivo del paziente emodializzato è molto diverso da coloro che soffrono di altre patologie croniche, perché la malattia renale terminale costringe al contatto costante con il centro di dialisi; si instaura un legame forzato e di dipendenza con l emodializzatore. Le altre patologie, infatti, non impongono una restrizione della libertà come accade per l IRC terminale ed è questo che la contraddistingue, la rende unica, ma anche così difficile da accettare. È importante permettere al paziente di esprimere le emozioni che percepisce, i sentimenti che prova, in modo da ridurre il carico emotivo e dargli la possibilità di affrontare il trattamento più serenamente, perché fa bene anche un po sfogarsi, parlare. Il rapporto che il personale sanitario stabilisce con il paziente influisce positivamente sul suo vissuto emotivo: lo aiuta ad affrontare la dialisi con più tranquillità, lo fa sentire parte di una grande famiglia e gli permette di trascorrere le ore di trattamento con minor sofferenza, perché per un ammalato, un sorriso, una 62

63 parola, una pacca, è tanto, è una terapia validissima. Il paziente in emodialisi è in costante contatto con il personale sanitario, per cui anche questo aspetto dovrebbe essere considerato parte della terapia, in modo tale da rendere questa imposizione meno difficile da sopportare. Il paziente, sentendosi in famiglia e sapendo di poter contare su chi lo assiste, affronta con più serenità il trattamento. L infermiere è, infatti, una figura importante per il paziente: è un amico, un confidente, è colui che lo collega al rene artificiale, è la persona che lo assiste ed è la prima che corre quando la macchina suona, è la persona a cui affida la propria vita, è il compagno di dialisi, è considerato come un familiare ed è lì per lui, qualsiasi cosa succeda l infermiere c è, è il supporto costante che permette al paziente, in un percorso in cui gioca la sua partita con la morte, di avere un alleato fidato al suo fianco. Ulteriori studi potrebbero essere condotti per indagare le eventuali differenze tra il vissuto emotivo dei pazienti che hanno effettuato un percorso predialitico rispetto a coloro che sono entrati in dialisi in regime d urgenza. Sarebbe interessante, inoltre, far emergere l esperienza dei pazienti che hanno confezionato la fistola arterovenosa rispetto a quelli portatori del catetere venoso centrale, poiché questi ultimi non sperimentano la bucata, che spesso provoca addirittura terrore a causa del dolore percepito. Questa paura, infatti, si ripercuote sul vissuto emotivo del paziente provocando ansia. Un altro elemento importante da esaminare in un prossimo studio riguarda il trapianto e quindi il modo diverso di affrontare la dialisi tra chi deve rimanere in dialisi per sempre e chi ha uno spiraglio di luce. 63

64 ALLEGATI Allegato 1: Modulo per il consenso UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Infermieristica aa 2011/2012 Tesi di Laurea IL VISSUTO EMOTIVO DEL PAZIENTE IN EMODIALISI: STUDIO FENOMENOLOGICO Relatore: Illarj Achil Laureando: Chiara Camuffo Mi chiamo Chiara Camuffo, sono una studente del Corso di Laurea in Infermieristica dell Università degli Studi di Udine. Nel predisporre il mio progetto di tesi su Il vissuto emotivo del paziente in emodialisi, ho formulato un intervista semistrutturata le cui domande hanno lo scopo di indagare il vissuto emotivo del paziente durante la seduta emodialitica. Per questo Le propongo di sottoporla alle domande dell intervista semi-strutturata da me guidata; per permettermi una migliore analisi della sua esperienza emotiva durante la dialisi, Le chiedo la sua disponibilità a farsi registrare esclusivamente tramite registratore vocale. È molto importante, per permettere una valutazione completa qualora Lei deciderà di rispondere alle domande proposte; questo richiederà alcuni minuti. Tenga presente che non è un esame e non ci sono risposte giuste o sbagliate. Firma del laureando.. 64

65 CONSENSO ALLA PARTECIPAZIONE ALLA RACCOLTA DATI ( mediante intervista con registrazione vocale) Io sottoscritto (Cognome e Nome). acconsento a partecipare alla raccolta dati attraverso l intervista che prevede la registrazione vocale, finalizzata alla tesi di laurea. Firma.. CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI Io sottoscritto (Cognome e Nome) dichiaro di aver ricevuto le informazioni di cui all art. 13 del D.Lgs 196/2003, in particolare riguardo ai diritti a me riconosciuti dalla legge ex art. 7 del D.Lgs 196/2003, acconsento al trattamento dei miei dati con le finalità e per le finalità indicate nell informativa stessa, comunque strettamente connesse e strumentali alla stesura di un elaborato finalizzato alla redazione della tesi dal titolo IL VISSUTO EMOTIVO DEL PAZIENTE IN EMODIALISI: STUDIO FENOMENOLOGICO. Firma.. 65

66 Allegato 2: Scheda generale UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Infermieristica sede di Udine a.a. 2011/2012 Relatore: Illarj Achil Studente: Chiara Camuffo Tesi di Laurea IL VISSUTO EMOTIVO DEL PAZIENTE IN EMODIALISI: STUDIO FENOMENOLOGICO INTERVISTA n Età anni Sesso M F Nazionalità Italiana Altro: Da quanti anni è affetto dalla malattia? Quando ha iniziato la dialisi? Modalità di accesso in dialisi Urgenza, motivazione Percorso pre-dialitico, durata Accesso vascolare: Catetere alto flusso Fistola artero-venosa Frequenza dialisi: È già inserito nella lista d attesa per il trapianto renale? Sì No Se sì, da quanto tempo? Se no, ha iniziato il percorso per l ingresso in lista? Sì No 66

67 Eventuali problematiche durante le sedute precedenti Sì No Se sì, quali? Eventuali problematiche dopo le sedute dialitiche precedenti Sì No Se sì, quali? Presenza del caregiver a domicilio Sì No 67

68 Allegato 3: Domande guida UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI UDINE Facoltà di Medicina e Chirurgia Corso di Laurea in Infermieristica sede di Udine a.a. 2011/2012 Relatore: Illarj Achil Studente: Chiara Camuffo Tesi di Laurea IL VISSUTO EMOTIVO DEL PAZIENTE IN EMODIALISI: STUDIO FENOMENOLOGICO DOMANDE PER L INTERVISTA SEMI-STRUTTURATA Mi descriva come si sente in questo momento Che cosa prova mentre fa la dialisi? Quali emozioni o sentimenti percepisce in questo momento? Qual è il sentimento o l emozione predominante? Cosa pensa durante la seduta dialitica? Che cosa è cambiato da quando ha iniziato la dialisi ad adesso? C è qualcos altro di cui vorrebbe parlarmi? C è qualcosa che La preoccupa in questo momento? Come trascorre le ore di trattamento? Come vive il fatto che il Suo sangue esce dal Suo corpo, passa nella macchina e poi Le rientra? 68

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