Capitolo 5 INTEGRALI DOPPI

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1 Capitolo 5 INTEGRALI DOPPI Ci proponiamo di estendere alle funzioni reali di due variabili la nozione di integrale di Riemann nel caso dei domini normali. Vedremo che, in opportune ipotesi, il calcolo di tali integrali si riconduce al calcolo successivo di due integrali di funzioni di una variabile. Per tale motivo gli integrali delle funzioni di due variabili si chiamano integrali doppi. DOMINI NORMALI Definizione 1 Siano α(x) e β(x) due funzioni reali continue nell intervallo compatto [a,b] e tali che α(x) β (x) x [a,b]. Il sottoinsieme di R 2 D = { (x,y) [a,b] x R : α (x) y β (x) } si chiama dominio normale (rispetto) all asse x definito dalle limitazioni (*) a x b α(x) y β(x) Osservazione 1 Si noti dalla teoria dell integrale di Riemann che un dominio D normale all asse x è un insieme dotato di area (insieme misurabile) e la sua area che denoteremo col simbolo m(d) è espressa dall intergale definito (vedi figura) Osservazione 2 m(d) = β(x)dx α(x)dx = (β(x) α(x))dx Si noti che un dominio D normale all asse x è effettivamente un dominio e cioè la chiusura di un aperto solo quando risulta α(x) < β(x) x [a,b]. Se α(x) = β(x) in un sottoinsieme di [a,b], D non è un dominio. Tuttavia si conviene di utilizzare il termine dominio normale all asse x per l insieme D anche quando D non è un dominio perché ciò non è una differenza nella teoria dell integrale doppio. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 1 di 16

2 Osservazione 3 Si noti che il dominio D normale rispetto all asse x definito dalle limitazioni (*) gode della seguente proprietà. Ogni retta perpendicolare all asse x e passante per un punto dell intervallo [a,b] intercetta su D un segmento che può anche ridursi ad un punto (segmento degenere). ****************** In maniera del tutto analoga si definiscono i domini normali all asse y: Definizione 2 Siano γ(y) e δ(y) due funzioni reali continue nell intervallo compatto [c, d] e tali che γ(y) δ(y) y [c,d]. Il sottoinsieme di R 2 D = { (x, y) [c, d] x R : γ(y) x δ(y) } si chiama il dominio normale (rispetto) all asse y definito dalle limitazioni: c y d ; γ(y) x δ(y) Osservazione 4 Per i domini normali all asse y valgono, con le ovvie modifiche, le considerazioni fatte nelle osservazioni 1, 2 e 3. Definizione 3 Un dominio normale all asse x (all asse y) si dice un dominio regolare normale all asse x (all asse y) quando la sua frontiera è una curva semplice chiusa regolare a tratti. Osservazione 5 Si noti che D dominio normale all asse x definito dalle limitazioni (*) è dominio regolare normale all asse x se e solo se le funzioni α(x) e β(x) sono di classe C (1) in [a, b]. Analogamente per i domini normali all asse y. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 2 di 16

3 INTEGRALI DOPPI SU DOMINI NORMALI Premettiamo una definizione Definizione 1 Sia D R 2 un dominio limitato (non necessariamente dominio normale) e D 1, D 2,, D n (n > 1), i domini contenuti in D. Si dice che i domini D 1, D 2, D n costituiscono una partizione o anche una decomposizione di D quando risulta: 1) D 1, D 2,, D n sono due a due domini privi di punti interni comuni. 2) D 1 D 2 D n = D. Una partizione del dominio D negli n domini D 1, D 2, D n si denota col simbolo { D 1, D 2, D n } e i domini D 1, D 2, D n si chiamano gli elementi della partizione. Osservazione 1 Si noti che in se D è un dominio decomponibile in un numero finito di domini misurabili (cioè dotati di area) i quali costituiscono una partizione di D, per la proprietà additiva della misura, risulta che D è a sua volta misurabile e m(d) = m(d 1 ) + m(d 2 ) + + m(d n ) Definizione 2 (di integrale doppio) Sia ƒ(p) = ƒ(x, y) una funzione reale limitata in D in R 2 dominio normale (all asse x, all asse y, oppure anche normale ad entrambi gli assi x, y). Per ogni partizione P = {D 1, D 2,, D n } di D in domini normali porremo: m i = inf ƒ(p); M i = sup ƒ(p) D i e considereremo le due somme integrali D i i {1,2,..n} s(p ) = Σ m i m(d i ) ; S(P ) = Σ M i m(d i ) dove m(d i ) denota la misura o anche l area del dominio normale D i i = 1,2, n. Al variare della partizione P di D in domini normali, tali somme integrali descrivono due insiemi numerici Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 3 di 16

4 A = {s(p )} ; B = {S(P )}. Si dimostra che, analogamente al caso delle funzioni di una variabile, tali insiemi numerici sono separati. Conseguentemente A e B ammettono elementi separatori. Se A e B sono anche contigui l unico elemento separatore si chiama l integrale doppio di ƒ(p) = ƒ(x,y) esteso al dominio D e si denota con uno dei simboli: Osservazione 2 ƒ(p)dxdy ; ƒ(x, y)dxdy. Analogamente al caso delle funzioni di una variabile si dimostra che se ƒ(p) = ƒ(x,y) è continua in D, ƒ(p) = ƒ(x,y) è integrabile in D. L integrale doppio gode di tutte le proprietà dell integrale. In particolare valgono le seguenti proprietà: 1) Proprietà distributiva Se ƒ, g sono funzioni integrabili nel dominio normale D e c 1 e c 2 sono costanti reali, risulta: [c 1 ƒ(x, y) + c 2 g(x, y) ]dxdy = c 1 ƒ(x, y)dxdy + c 2 g(x, y)dxdy 2) Proprietà additiva Se { D 1, D 2,, D n } è una partizione del dominio normale D in domini normali e ƒ(x,y) è una funzione integrabile in D, risulta: ƒ(x, y)dxdy = ƒ(x, y)dxdy + ƒ(x, y)dxdy ƒ(x, y)dxdy SIGNIFICATO GEOMETRICO DELL INTEGRALE DOPPIO Premettiamo che se ƒ(x,y) è una funzione continua in un dominio connesso e limitato D (non necessariamente normale) il sottoinsieme di R 3 : S = { (x, y, z) R 3 : (x, y) D e z = ƒ(x, y) } è, come vedremo, una superficie che si chiama il diagramma della funzione ƒ(x,y). L equazione z = ƒ(x,y) si chiama l equazione cartesiana del diagramma di ƒ(x,y). Definizione Sia ƒ(x, y) una funzione reale di due variabili continua e non negativa in un dominio normale D. L insieme: C = { (x, y, z) R 3 : (x, y) D e 0 z ƒ(x,y) } si chiama cilindroide di base D relativo alla funzione ƒ(x, y). Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 4 di 16

5 Osservazione Il cilindroide C è un insieme compatto di R 3 che ha per frontiera la superficie diagramma z = ƒ(x,y), il dominio normale D e i segmenti paralleli all asse z passanti per i punti della frontiera D del dominio D. Se ƒ(x,y) = h > 0 ( cioè se ƒ è costante) il cilindroide si riduce al cilindro di base D e altezza h. Premesso tutto ciò, si dimostra che il cilindroide C di base D relativo alla funzione ƒ è un solido misurabile ( cioè dotato di volume) e risulta vol. C = ƒ(x,y)dxdy Conseguentemente: se ƒ è continua e non negativa nel dominio normale D l integrale doppio di ƒ esteso a D rappresenta il volume del cilindroide C di base D relativo alla funzione ƒ. FORMULE DI RIDUZIONE DEGLI INTEGRALI DOPPI È fondamentale per le applicazioni il seguente risultato che consente di calcolare un integrale doppio mediante il calcolo successivo di due integrali semplici e cioè integrali di funzioni di una sola variabile. Teorema ( che contiene le formule di riduzione) Sia ƒ(x,y) una funzione reale continua nel dominio normale D. Se il dominio D è definito dalle limitazioni: a x b ; α(x) y β(x) e cioè è un dominio normale all asse x, vale la formula di riduzione (*) ƒ(x,y) dxdy = dx ƒ(x,y) dy se, invece, D e definito dalle limitazioni: c y d ; γ(y) x δ(y) e cioè è un dominio normale all asse y, vale la formula di riduzione (**) ƒ(x,y) dxdy = dy ƒ(x,y) dx Rimandiamo, per motivi di brevità, alla dimostrazione di questo teorema. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 5 di 16

6 Osservazione 1 Le uguaglianze (*), (**) contenute in questo teorema si chiamano le formule di riduzione degli integrali doppi. Si noti che, se poniamo: g(x) = ƒ(x, y)dy x [a, b] allora il simbolo a secondo membro della formula (*) si interpreta nel seguente modo: dx ƒ(x,y)dy = ( ƒ(x,y)dy )dx = g(x)dx e cioè è un simbolo che compendia due integrazioni successive di funzioni di una sola variabile. La prima integrazione va eseguita rispetto ad y e conduce alla determinazione della funzione g(x), la seconda integrazione rispetto ad x della funzione g(x) conduce poi al calcolo dell integrale doppio. Un analogo ragionamento vale per la formula di riduzione (**). È evidente in conclusione, l utilità pratica delle formule di riduzione. INTEGRALI DOPPI SU DOMINI REGOLARI Premettiamo che, considerato nel piano cartesiano (O, x, y) un dominio limitato D, si dice che D è un dominio regolare quando risulta decomponibile in un numero finito D 1,D 2, D n di domini normali regolari a due a due privi di punti interni in comune. Ad esempio è un dominio regolare la corona circolare D di centro l origine O (0,0) e raggi r 1 e r 2 (vedi figura). Infatti mediante la retta di equazione x = r 1 e x = r 1, D si decompone nei quattro domini normali regolari D 1, D 2, D 3, D 4. Ciò posto, se ƒ(x,y) è una funzione continua nel dominio regolare D e se D è decomponibile nei domini normali regolari D 1, D 2,, D n, a due a due privi di punti interni in comune, si pone per definizione: ƒ(x,y)dxdy = ƒ(x,y)dxdy + ƒ(x,y)dxdy + + ƒ(x,y)dxdy Si dimostra che l integrale doppio a primo membro non dipende dalle partizioni { D 1, D 2,, D n } di D. Osservazione1 (notevole) Dalla definizione precedente si deduce che per calcolare l integrale doppio di una funzione continua in un dominio regolare D è necessario decomporre il dominio D in domini normali D 1, D 2,, D n ; calcolare con una formula di riduzione gli integrali doppi di ƒ estesi ai domini D 1, D 2,..., D n e infine sommare. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 6 di 16

7 Nella pratica, la necessità di decomporre il dominio D in domini normali si può presentare anche quando, pur essendo D un dominio normale, almeno una delle due curve frontiera non si può esprimere mediante un unica equazione cartesiana. Osservazione2 (notevole) Si noti che se D è il dominio normale all asse x definito dalle limitazioni a x b ; α(x) y β(x) risulta: 1 dxdy = dx 1 dy = [β(x) α(x)] dx = m(d) Analogamente se D è un dominio normale all asse y. È facile a questo punto concludere che ogni dominio regolare D è numerabile (cioè è un insieme dotato di area) e risulta: m(d) = dxdy FORMULE DI GAUSS E CONSEGUENZE Ci proponiamo di dimostrare un teorema molto importante che fornisce delle formule, dette di Gauss, le quali consentono di calcolare un integrale doppio mediante un integrale curvilineo e viceversa. Teorema Se ƒ(x, y) è una funzione di classe C (1) in un dominio regolare D, valgono le seguenti formule di Gauss: dxdy = ƒ dy ; dxdy = ƒ dx ƒ x ƒ y Dimostrazione Premettiamo che, essendo un dominio regolare unione di un numero finito di domini normali, basta dimostrare il teorema per i domini normali. Per ragioni di semplicità ci limitiamo a dimostrare la prima delle formule di Gauss nel caso che D sia un dominio normale rispetto all asse y definito dalle limitazioni : c y d ; γ(y) x δ(y) Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 7 di 16

8 Osserviamo innanzitutto che in tal caso, per la formula di riduzione, risulta: (*) ƒ dxdy = dy ƒ dx = [ƒ(x, y)] dy = [ ƒ(δ(y), y) ƒ(γ(y), y) ]dy x x D altra parte, se indichiamo con +Г 1, +Г 2, +Г 3, +Г 4, gli archi di curva semplici e regolari che compongono la frontiera D del domino D orientati nel verso che lascia alla sinistra i punti interni, risulta (vedi figura): ƒ(x,y)dy = ƒ(x,y)dy + ƒ(x,y)dy + ƒ(x,y)dy + ƒ(x,y)dy Il primo e il terzo degli integrali curvilinei a secondo membro di questa uguaglianza sono nulli perché sui segmenti Г 1, Г 3 l ordinata y è costante. D altra parte Г 2, Г 4 ammettono rispettivamente le rappresentazioni parametriche: x = δ(t) y = t t [c, d] ; x = γ(t) y = t t [c, d] ; per cui, tenuto anche conto dell orientamento di tali curve, si ha: (**) ƒ(x, y)dy = ƒ(δ(t), t)dt ƒ(γ(t), t)dt = [ ƒ(δ(t), t) ƒ(γ(t), t) ]dt Confrontando (**) con (*) si ha la tesi. Una conseguenza immediata di questo teorema è il seguente risultato che lega gli integrali doppi agli integrali curvilinei delle forme differenziali lineari. Teorema di Stokes Sia Xdx + Ydy una forma differenziale lineare di classe C (1) nel dominio regolare D R 2 In tale ipotesi risulta : Xdx + Ydy = (Y x X y )dxdy Dimostrazione Dalle formule di Gauss risulta Y dxdy = Ydy ; X dxdy = Xdx x y sottraendo membro a membro queste uguaglianze e applicando la proprietà distributiva dell integrale, si ha la tesi. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 8 di 16

9 Siamo ora in grado di dimostrare la condizione sufficiente affinché una forma differenziale lineare di classe C (1) in un aperto A ivi chiusa, sia esatta. Teorema Sia Xdx + Ydy una forma differenziale lineare di classe C (1) in un aperto A semplicemente connesso. Vale la seguente implicazione (Xdx + Ydy chiusa in A) ( Xdx + Ydy esatta in A ) Dimostrazione Sia Г una curva semplice chiusa regolare a tratti contenuta in A e D A il dominio regolare avente per frontiera la curva Г. Per il teorema di Stokes risulta Xdx + Ydy = (Y x X y )dxdy Ne segue, essendo X y = Y x in D, in forza dell ipotesi, Xdx + Ydy = 0 Dal teorema che caratterizza le forme differenziali lineari esatte mediante una proprietà dell integrale curvilineo, segue l asserto. CALCOLO DI UN INTEGRALE DOPPIO MEDIANTE LE COORDINATE POLARI Premettiamo che, se P = (x, y) è un punto del piano cartesiano (O, x, y) diverso dall origine O = (0,0), il numero ρ = distanza di P da O e il numero θ misura in radianti dell angolo formato dal segmento OP col semiasse positivo delle x (vedi figura) si chiamano le coordinate polari del punto P. Il legame tra le coordinate cartesiane (x, y) di P e le coordinate polari (ρ, θ) è espresso dalle uguaglianze x = ρ cosθ y = ρ senθ le quali si chiamano le formule del passaggio dalle coordinate polari alle coordinate cartesiane. Le formule di passaggio dalle coordinate polari alle coordinate cartesiane consentono di trasformare insiemi del piano cartesiano (O, ρ, θ) (cioè di origine O e assi ρ Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 9 di 16

10 e θ) in insiemi del piano cartesiano (O, x, y). Per tale motivo si dice che le (*) costituiscono una trasformazione di equazioni x = ρ cosθ, y = ρ senθ. Definizione Siano φ(θ) e ψ(θ) funzioni reali di classe C (1) nell intervallo [α, β] con β α 2π tali che 0 φ(θ) ψ(θ) per ogni θ [α, β]. L insieme D dei punti (x, y) le cui coordinate polari (ρ, θ) verificano le limitazioni (**) α θ β ; 0 ρ ψ(θ) si chiama il dominio polarmente normale definito (mediante le coordinate polari) dalle limitazioni (**). In particolare l insieme D dei punti (x, y) le cui coordinate polari verificano le limitazioni si chiama il vettore di equazione polare Osservazione1 α θ β ; 0 ρ ψ(θ) ρ = ψ(θ) ; θ [α, β]. Il motivo per cui il dominio D è detto polarmente normale è che ogni semiretta uscente dall origine la quale formi con l asse x un angolo θ [α, β] intercetta su D un segmento. Ciò comporta che, mediante le formule (*) D è il trasformato di un dominio T del piano (O, ρ, θ) normale rispetto all asse θ, verificante le limitazioni (**) (vedi figura). Ciò premesso, vale il seguente risultato che fornisce una formula di cambiamento delle variabili per gli integrali doppi. Teorema Sia D il dominio polarmente normale definito dalle limitazioni α θ β ; φ(θ) ρ ψ(θ) dove β α 2π e 0 φ(θ) ψ(θ) sono funzioni di classe C (1) in [α, β]. Se ƒ(x, y) è una funzione reale continua in D e se T è il dominio del piano (O, θ, ρ) di cui D è il trasformato mediante le formule (*) risulta Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 10 di 16

11 ƒ(x, y)dxdy = ƒ(ρcosθ, ρsenθ) dove il determinante (x, y) (ρ, θ) dρdθ (x, y) (ρ, θ) x x cosθ -ρsenθ = ρ θ = = ρ y y senθ ρcosθ ρ θ si chiama lo jacobiano della trasformazione di equazioni (*). Conseguentemente la formula di cambiamento delle variabili anzidetta si riscrive Osservazione ƒ(x, y)dxdy = ƒ(ρcosθ, ρsenθ) ρ dρdθ Poiché T è un dominio normale rispetto all asse θ, applicando la formula di riduzione degli integrali doppi, si ha: ƒ(x, y)dxdy = ƒ(ρcosθ, ρsenθ) ρ dρdθ = dθ ƒ(ρcosθ, ρsenθ)ρ dρ Conseguentemente le formule del passaggio alle coordinate polari sono particolarmente utili quando D è un dominio polarmente normale. In particolare se D è il vettore di equazione polare ρ = φ(θ) ; θ [α, β], si ha (***) m(d) = 1 dxdy = dθ ρ dρ = ½ φ 2 (θ)dθ e questa è la formula che fornisce l area del vettore polarmente normale. LA FORMULA DI CAMBIAMENTO DELLE VARIABILI PER GLI INTEGRALI DOPPI Il calcolo di un integrale doppio mediante il passaggio alle coordinate polari e cioè mediante la trasformazione di equazioni x = ρcosθ y = ρsenθ Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 11 di 16

12 è soltanto un caso particolare di una formula generale detta di cambiamento delle variabili per gli integrali doppi. Diamo un accenno a questa questione per non uscire dai limiti imposti dal corso compatto. Sia T un dominio regolare del piano cartesiano (O, u, v) e consideriamo la funzione vettoriale di classe C (1) in T: Φ(u,v) = ( x(u,v), y(u,v) ) (u,v) T. osserviamo che questa funzione vettoriale ad ogni punto (u,v) T fa corrispondere il punto (x,y) D con D = Φ(T), tali che (*) x = x(u,v) y = y(u,v) Per tale motivo la funzione Φ si chiama una trasformazione del dominio regolare T del piano (O, u, v) nell insieme D del piano (O, x, y). Le equazioni (*) si chiamano le equazioni della trasformazione, l insieme D = Φ(T) si chiama il trasformato del dominio T mediante la trasformazione Φ. Il determinante (x, y) x u x v (u, v) = = x u y v x v y u y u si chiama lo jacobiano della trasformazione Φ di equazioni (*). Premesso tutto ciò si dà la seguente Definizione y v Una trasformazione Φ del dominio regolare T nell insieme D di equazioni (*) si dice una trasformazione regolare quando accade che: 1. La funzione Φ : T D è biunivoca e cioè Φ è invertibile in T e inoltre ogni elemento di D è immagine mediante Φ di un unico elemento di T (x, y) 2. 0 (u, v) T (u, v) Si può dimostrare che se Φ è una trasformazione regolare di T in D allora l insieme trasformato D = Φ(T) è a sua volta un dominio regolare. Conseguentemente Φ trasforma domini regolari del piano (O, u, v) in domini regolari del piano (O, x, y). Una volta data questa definizione si dimostra il seguente Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 12 di 16

13 Teorema di cambiamento della variabile per gli integrali doppi Sia Φ la trasformazione regolare del dominio T nel dominio D, di equazioni x = x(u,v) (u, v) T y = y(u,v) e ƒ(x, y) una funzione reale continua nel dominio D. In tali ipotesi risulta: (x, y) (*) ƒ(x, y)dxdy = ƒ(x(u,v), y(u,v) ) dudv. (u, v) Osservazione La formula (*) si chiama formula di cambiamento delle variabili per gli integrali doppi e fornisce una regola di calcolo degli integrali doppi che è analoga alla regola di sostituzione per gli integrali semplici. Si dimostra che tale formula è applicabile anche quando la trasformazione Φ non è biunivoca sulla frontiera dei domini T e D (non è biunivoca tra T o e D o ) e anche quando lo jacobiano si annulla nei punti di D. Ciò può accadere, ad esempio, quando, si usano le formule di passaggio alle coordinate polari. DOMINI NORMALI DI R 3 Definizione Siano φ(x,y), ψ (x,y) due funzioni reali continue nel dominio D del piano (O, x, y) normale rispetto ad uno degli assi cartesiani x, y e tali che φ(x, y) ψ (x, y) (x, y) D. Il sottoinsieme di R 3 E = { (x, y, z) DxR : φ(x, y) z ψ(x, y) } si chiama dominio normale rispetto al piano (O, x, y) definito dalle limitazioni (*) (x, y) D ; φ(x, y) z ψ(x, y). Analogamente è possibile definire i domini di R 3 normali rispetto ai piani(o,y,z) e (O,x,z). Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 13 di 16

14 Osservazione Dalla teoria delle funzioni di due variabili si deduce che un dominio E di R 3 normale rispetto ad uno dei piani coordinati è un insieme dotato di volume (cioè misurabile). In particolare se E è il dominio normale definito dalle limitazioni (*) risulta: vol. E = [ψ(x,y) φ(x,y)] dxdy INTEGRALI TRIPLI La definizione di integrale triplo di una funzione ƒ(x, y, x) continua in E R 3 dominio normale rispetto ad uno dei piani coordinati (O, x, y), (O, y, z), (O, x, z) è del tutto analoga alla definizione di integrale doppio per cui non ce ne occupiamo. L integrale triplo di ƒ(x,y,z) esteso ad E si denota col simbolo ƒ(x,y,z)dxdydz Contrariamente a quanto avviene per gli integrali doppi, l integrale triplo non ha un significato geometrico interessante perché i sottoinsiemi di R 4 sono oggetti astratti. L unica eccezione è il caso ƒ(x,y,z) = 1 (x,y,z) E, in quanto, come vedremo in seguito, risulta analogamente al caso delle funzioni di due variabili vol E = 1dxdydz FORMULE DI RIDUZIONE Anche per gli integrali tripli si dimostrano le formule di riduzione. Per esempio sia E un dominio normale rispetto al piano (O, x, y) definito dalle limitazioni: (x,y) D; φ(x, y) z ψ(x,y) Considerata una funzione reale di tre variabili ƒ(x,y,z) continua nel dominio E si dimostra che vale la seguente formula di riduzione ƒ(x,y,z)dxdydz = dxdy ƒ(x,y,z)dz Ne segue che se D è, in particolare, un dominio normale rispetto all asse x definito dalle limitazioni a x b ; α(x) y β(x) per le formule di riduzione degli integrali doppi, risulta ancora ƒ(x,y,z)dxdydz = dx dy ƒ(x, y, z)dz e, in conclusione, il calcolo dell integrale triplo si riduce al calcolo successivo di tre integrali semplici. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 14 di 16

15 Analogamente, se D è un dominio normale rispetto all asse y definito dalle limitazioni: c y d ; γ(y) x δ(y) risulta ƒ(x,y,z)dxdydz = dy dx ƒ(x,y,z)dz CALCOLO DEL VOLUME DI UN SOLIDO DI ROTAZIONE Dalle formule di riduzione degli integrali tripli si deduce che se E R 3 è il dominio normale rispetto al piano (O, x, y) definito dalle limitazioni : (x, y) D; φ(x, y) z ψ(x, y) Risulta: 1 dxdydz = dxdy dz = [ψ(x,y) φ(x,y)]dxdy = vol E Conseguentemente, in generale, il calcolo del volume di un solido il quale risulti essere un dominio normale di R 3 o, più in generale,decomponibile in un numero finito di domini normali di R 3 due a due privi di punti interni comuni, è un problema che riguarda la teoria degli integrali tripli. Tuttavia è possibile dimostrare, ma su ciò non possiamo soffermarci, che se E è un dominio di R 3 verificante le seguenti ipotesi: 1. E si proietta ortogonalmente sull asse x in un intervallo [a,b] ; 2. x [a,b] la sezione S(x) di E col piano perpendicolare all asse x e passante per il punto (x,0,0) è un insieme misurabile (cioè dotato di area); 3. La funzione areas(x) è continua in [a,b] ; allora risulta : vol E = [areas(x)]dx In altri termini per calcolare il volume di E basta integrare tra a e b l area della sezione piana S(x). Un caso particolare notevole di applicazione di questo risultato è quello dei solidi di rotazione. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 15 di 16

16 Più precisamente supponiamo che E R 3 sia il solido ottenuto ruotando intorno all asse x di un angolo giro il rettangoloide del piano (O, x, y) di base l intervallo [a, b] relativo alla funzione ƒ(x) continua e non negativa in [a,b]. È facile convincersi che E è un solido di rotazione che verifica le seguenti ipotesi. 1. Si proietta ortogonalmente sull asse x in [a,b] ; 2. la sezione S(x) è il cerchio di raggio ƒ(x) la cui area è π (ƒ(x))²; 3. la funzione π (ƒ(x))² è continua in [a, b] per le ipotesi poste su ƒ. Ne segue allora che vol E = π (ƒ(x))²dx Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 16 di 16

17 Capitolo 1 FUNZIONI REALI DI PIÙ VARIABILI Ci proponiamo di studiare le funzioni reali di più variabili reali e cioè le funzioni ƒ : R k R con k > 1. Per motivi di semplicità ci riferiremo esclusivamente alle funzioni di due variabili estendendo poi i risultati ottenuti, quando è necessario alle funzioni di tre o più variabili. A tale scopo è opportuno premettere le principali proprietà topologiche dell insieme R² {(x,y) : x R e y R² }e cioè dell insieme R² visto come oggetto geometrico. È noto che R² si rappresenta geometricamente sul piano mediante un sistema di assi cartesiani ortogonali. PROPRIETÀ TOPOLOGICHE DI R² Definizione 1 Distanza: Siano P 0 = (x 0, y 0 ) e P 1 = (x 1, y 1 ) due elementi di R 2 o anche due punti di R 2. Si chiama distanza di P 1 = (x 1, y 1 ) da P 0 = (x 0, y 0 ) il numero reale non negativo: δ = La distanza fra due punti è uguale alla lunghezza del segmento di estremi P 0 e P 1. Definizione 2 Intorno: Sia P 0 = (x 0,y 0 ) un punto di R 2 e δ un numero reale positivo. Si chiama intorno (circolare) di centro P 0 = (x 0, y 0 ) e raggio δ >0 l insieme I δ (P 0 ) = I δ (x 0, y 0 ) = { (x,y) R 2 : < δ } e cioè l insieme dei punti P = (x,y) R 2 che appartengono al cerchio di centro P 0 = (x 0,y 0 ) e raggio δ privato della circonferenza (cerchio aperto). Definizione 3 Punto interno e interno di un insieme: Sia A R 2. Si dice che il punto P 0 = (x 0, y 0 ) A è interno ad A se esiste un intorno I δ (P 0 ) di centro P 0 e raggio δ tutto contenuto in A. Si chiama interno di A e si denota con il simbolo Å l insieme dei punti interni ad A. Definizione 4 Punto esterno: Sia A R 2. Si dice che il punto P 0 = (x 0, y 0 ) A è esterno ad A se esiste un intorno I δ (P 0 ) che non contiene punti di A e cioè tale che I δ (P 0 ) A =. Evidentemente P 0 è esterno ad A se è interno al complementare di A rispetto a R 2 e cioè se è interno all insieme R 2 A. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 1 di 20

18 Definizione 5 Punto frontiera e di frontiera: Sia A R 2. Si dice che il punto P 0 = (x 0,y 0 ) R 2 è un punto frontiera di A se non è nè interno nè esterno ad A. Conseguentemente in ogni intorno di P 0 cadono sia punti di A sia punti che non appartengono ad A. L insieme dei punti frontiera si chiama frontiera di A e si denota con il simbolo A. Osservazione 1 Si noti che un punto frontiera non è tenuto ad appartenere all insieme A. Ad esempio il cerchio di centro il punto P 0 = (x 0, y 0 ) e raggio r e lo stesso cerchio privato della circonferenza (cerchio aperto) hanno entrambi per frontiera la circonferenza di centro P 0 e raggio r. Nel primo caso la frontiera appartiene al cerchio, nel secondo caso non appartiene. Definizione 6 Punto di accumulazione e insieme derivato: Sia A R 2 e P 0 = (x 0, y 0 ) R 2. Si dice che P 0 è un punto di accumulazione di A se in ogni intorno I(P 0 ) = I(x 0, y 0 ) di centro P 0 cadono infiniti punti di A diversi da P 0. L insieme dei punti di accumulazione di A si chiama il derivato di A. Definizione 7 Insieme limitato e non limitato: Un insieme A R 2 si dice limitato se è contenuto in un intorno I δ (O) di centro l origine O = (0,0). Si dice non limitato se ciò non accade. Definizione 8 Insieme aperto e chiuso: Un insieme A R 2 si dice aperto se A = Å e cioè se ogni punto di A è un punto interno ad A; si dice chiuso se il suo complementare rispetto a R 2 e cioè l insieme R 2 A è aperto. Osservazione 2 Si noti che un insieme aperto non contiene punti frontiera, mentre un insieme chiuso contiene tutti i punti frontiera. Si noti ancora che un insieme A R 2 che non sia aperto non è tenuto ad essere chiuso. Ad esempio l insieme: A = {(x,y) : x [1,2[ e y [2,3[} non è né aperto né chiuso. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 2 di 20

19 Definizione 9 Chiusura di un insieme: Sia A R 2. Si chiama chiusura di A e si denota con il simbolo Ā, l insieme unione di A e della frontiera di A. In simboli: Ā = A U A. La chiusura Ā di A è un insieme chiuso perché contiene tutti i punti frontiera. Definizione 10 Dominio: Si chiama dominio ogni sottinsieme di R 2 che risulti essere la chiusura di un insieme aperto, e cioè anche l unione di un insieme aperto e della sua frontiera. Ad esempio un cerchio chiuso, un angolo chiuso sono domini. L insieme ottenuto come unione di un cerchio chiuso e di un segmento non è un dominio. LA DEFINIZIONE DI LIMITE La definizione di limite, già nota per le funzioni di una variabile, si estende facilmente alle funzioni di due variabili. Sia ƒ(x,y) una funzione reale definita nell insieme A R 2 e P 0 = (x 0, y 0 ) un punto di accumulazione per A. Si dice che ƒ ha limite l R in P 0 e si scrive lim ƒ (x, y) = l oppure anche lim ƒ(p) = l (x, y) (x 0,y 0 ) P P 0 quando vale la seguente proprietà detta definizione di limite. J ε (l) I δ (P 0 ) : P A I δ (P 0 ) {P 0 } f(p) J ε (l) la quale essendo J ε (l) un intervallo aperto di centro l e raggio ε e cioè J ε (l)=] l ε; l +ε [ e I δ (P 0 ) un cerchio aperto di centro P 0 e raggio δ e cioè I δ(p 0 ) = { (x,y) R 2 : ε > 0 δ > 0 : (x,y) A e 0 < < δ }, si esprime in maniera equivalente: < δ ƒ(x,y) l < ε I due casi l = + e l = - si trattano in maniera analoga. Ad esempio lim ƒ(p) = + significa che vale la proprietà: P P 0 J(+ ) I δ (P 0 ): x A I(P 0 ) {P 0 } ƒ(p) J(+ ) e cioè se: J(+ ) = ]M, + [ con M > 0. Μ > 0 δ > 0 : (x,y) A e 0 < < δ ƒ(p) > Μ. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 3 di 20

20 Definizione di funzione continua Sia f : A R 2 R e P 0 = (x 0, y 0 ) A. Si dice che ƒ è continua in P 0 = (x 0, y 0 ) quando risulta lim ƒ (x, y) = l oppure anche lim ƒ(p) = l. (x, y) (x 0,y 0 ) P P 0 Si dice che ƒ è continua nell insieme A quando è continua in ogni punto di A. A proposito delle funzioni continue, si estende il teorema di Weiestrass nella maniera seguente. Teorema di Weiestrass Se ƒ(x,y) è una funzione continua in un insieme A chiuso e limitato (cioè compatto) allora ƒ assume in A il minimo ed il massimo e cioè esistono in A due punti (x, y) e (x, y) tali che ƒ(x, y) ƒ(x, y) ƒ(x, y) (x, y) A. Osservazione La definizione di limite, la continuità e il teorema di Weiestrass si estendono facilmente alle funzioni reali di k variabili con k > 2. Di ciò la cura al lettore. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 4 di 20

21 DERIVATE PARZIALI Sia ƒ(x,y) una funzione reale definita in un insieme A e P 0 = (x 0, y 0 ) un punto interno ad A. In tali ipotesi esiste un intorno I r (P 0 ) di centro P 0 e raggio r tutto contenuto in A ed ha senso considerare la funzione della sola variabile x: (*) ƒ(x, y 0 ) ƒ(x 0, y 0 ) x x 0 con x ] x 0 r, x 0 + r [ {x 0 } Si chiama derivata parziale di ƒ rispetto a x nel punto P 0 e si denota con uno dei simboli ƒ x (P 0 ), ƒ(p 0 ) il limite in x 0 della funzione (*) sempre che tale limite esista e sia x finito. Riassumendo: ƒ x (P 0 ) = ƒ x (x 0, y 0 ) = ƒ(p 0 ) x lim x x 0 ƒ(x, y 0 ) ƒ(x 0, y 0 ) x x 0 Analogamente si chiama derivata parziale di ƒ rispetto a y nel punto P 0 e si denota con uno dei simboli ƒ y (P 0 ), ƒ(p 0 ) il limite in y 0 della funzione y ƒ(x 0, y) ƒ(x 0, y 0 ) y y 0 con y ] y 0 r, y 0 + r [ {y 0 } quando tale limite esiste ed è finito. In simboli: ƒ y (P 0 ) = ƒ y (x 0, y 0 ) = ƒ(p 0 ) y lim y y 0 ƒ(x 0, y) ƒ(x 0, y 0 ) y y 0 Si dice che ƒ(x,y) è derivabile nel punto P 0 =(x 0, y 0 ) quando esistono finite in P 0 entrambe le derivate parziali. Se A = Å e cioè se A è un aperto e se ƒ(x,y) è derivabile in ogni punto di A si dice che ƒ è derivabile nell insieme A. Appunti corso Analisi Matematica II prof. Giuga Pagina 5 di 20

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