Parrocchia di San Lorenzo

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1 Ente Parrocchia di San Lorenzo [1184] - Luoghi Sarnonico (TN) Altre Forme autorizzate del nome Pieve di San Lorenzo Pieve di Sarnonico Archivi prodotti Ufficio parrocchiale di San Lorenzo in Sarnonico, [1184] - Storia La parrocchia di San Lorenzo di Sarnonico è una delle più antiche della valle di Non, esiste "ab immemorabili" (1). Essa fu una delle prime entità ecclesiali in valle e il suo territorio si estendeva, oltre al villaggio di Sarnonico, anche alle ville di Cavareno, Malosco, Ruffrè, Ronzone, Seio e Vasio: ogni ritualità religiosa e festiva, dal battesimo all'eucarestia e al matrimonio, doveva svolgersi nella chiesa della pieve. La chiesa di San Lorenzo è matrice anche della chiesa di Senale e si ritiene che in origine anche quella di Fondo abbia avuto dipendenza dalla pieve di Sarnonico (2).<br>E' convinzione diffusa che l'origine della pieve di San Lorenzo sia antichissima, anche in virtù della dedicazione della chiesa al martire romano.<br>la prima attestazione documentaria risale al 1184 (o 1185) ed è riferita alla bolla papale che sancì l'indipendenza della chiesa di Santa Maria di Senale dalla pieve di Sarnonico (3).<br>Nel XIII secolo la pieve di San Lorenzo si trova citata in diversi documenti, prevalentemente in senso territoriale. La prima notizia relativa ad un pievano si ha nel 1272: il vescovo Egnone lodò il pievano di Sarnonico, Federico, per lo zelo nella cura della sua pieve e per essersi distinto facendo "continuam residenciam". Non sempre infatti i sacerdoti nominati dimoravano assiduamente nel luogo della loro residenza e curavano gli interessi spirituali dei parrocchiani; quando si constatava quindi particolare dedizione e speciale zelo apostolico, il sacerdote veniva elogiato e premiato. Il vescovo Egnone premiò infatti il pievano Federico concedendogli la facoltà di avere "duas prebendas sive fraternitates". Questi chierici avrebbero avuto l'obbligo di residenza e sarebbero stati impegnati negli offici divini e in ausilio al parroco nella cura d'anime. <br>la pieve di Sarnonico insieme a quelle di Dambel, Arsio, Castelfondo, Cloz, Coredo, Fondo, Romeno, Sanzeno e Smarano costituiva il cosiddetto archipresbiterato d'anaunia (4), le cui chiese dovevano contribuire annualmente, a titolo di beneficio, una determinata somma al vescovo di Trento e al Capitolo della Cattedrale. Dall'elenco delle parrocchie commissionato nel 1309 dal Capitolo di Trento allo scopo di individuare i redditi dei benefici ecclesiastici sottoposti al controllo vescovile, la pieve di Sarnonico risultava discretamente dotata rispetto alle altre pievi della zona (5).<br>Data l'estensione territoriale, l'esercizio della cura d'anime era per il pievano alquanto impegnativa e spesso nei villaggi si lamentava la mancanza di una guida spirituale. <br>con l'andare del tempo in ogni villa della pieve furono attivate cappellanie gestite da sacerdoti che potevano celebrare la messa in particolari feste o solennità. <br>l'abitato di Cavareno fu il primo ad ottenere che nella propria cappella, dedicata a Santa Maria Maddalena, venisse celebrata nei giorni stabiliti la messa. Il desiderio di avere un sacerdote che risiedesse stabilmente nel paese e che potesse assicurare un conveniente servizio religioso portò gli abitanti a richiedere formalmente al pievano tale concessione, adducendo come motivo anche la difficoltà incontrata, soprattutto nei mesi invernali, di raggiungere la chiesa parrocchiale per assistere alle funzioni ecclesiastiche importanti e per la somministrazione dei sacramenti. La preghiera degli abitanti di Cavareno fu accolta dal parroco che nel 1621 permise l'erezione di una cappellania esposta; agli abitanti venne concesso il diritto di scegliere il sacerdote che poteva risiedere in paese e che aveva l'onere di celebrare una messa giornaliera. Per le festività permaneva comunque l'obbligo di recarsi alla chiesa parrocchiale di San Lorenzo (6). Il pievano, coadiuvato da altri sacerdoti, si occupava quindi della cura di ogni 1 /5

2 villaggio e il suo zelo veniva spesso messo in rilievo dalle autorità, come fu fatto per esempio in occasione della visita del 1710 dove egli venne lodato per la sollecitudine nella "cura d'anime in questa parochiale e come bene proveduto all'altre terre, anco alla più lontana dalla medema, in che habbiamo molto a lodare il zello del venerabile arciprete che si adopra da buon pastore nell'intrapreso governo del gregge suo" (7). <br>la parrocchia come detto era molto estesa: nel 1751 i suoi confini territoriali arrivavano alle parrocchie di Caldaro, Romeno, Dambel e Arsio e Fondo (8). <br>nel corso del XVIII secolo tutti i suoi villaggi ottennero l'erezione dell'espositura: alle comunità spettava il diritto di patronato, mentre il diritto di nomina dei cappellani esposti veniva esercitato dal parroco di Sarnonico. Oltre all'obbligo di celebrare la messa, ai cappellani era richiesto di assistere alle funzioni parrocchiali, tenere la dottrina cristiana, spiegare il catechismo agli scolari.<br>l'autonomia sacramentale nelle espositure della parrocchia di Sarnonico fu raggiunta solo intorno alla metà del XIX secolo: nel 1855 Cavareno ottenne il fonte battesimale, mentre nel 1866 fu concesso a Ronzone di battezzare i neonati solo nei mesi invernali (nel 1883 in tutte le stagioni); anche Malosco e Ruffré avevano licenza di battezzare.<br>la licenza di poter erigere il fonte nella chiesa di Cavareno fu subordinata alle prescrizioni dell'ordinariato che esigeva prima di tutto la garanzia di provvedere al necessario per l'amministrazione del sacramento; il cappellano non avrebbe potuto trattenere pubblici registri di nati e battezzati "ma solo un privato elenco a proprio uso privato" (9), non avrebbe potuto rilasciare attestazioni di nascita e battesimo, doveva trasmettere al parroco al più presto tutte le informazioni occorrenti per l'iscrizione nel rispettivo registro parrocchiale, doveva ricevere dal parroco l'acqua battesimale per la quale doveva corrispondere un importo annuo. La mancata osservanza delle prescrizioni prevedeva l'annullamento della concessione. Il tutto era naturalmente subordinato al fatto "che restino illesi i diritti del parroco, come pure il nesso e la dipendenza della stazione di Cavareno verso la parrocchia" (10) <br>le concessioni alle espositure erano quindi limitate e come precisato dal parroco in occasione della visita del 1885 "i curatori d'anime non hanno né diritto di stola, né di fonte, né di matrimonio: viene data l'acqua battesimale tranne a Seio, vengono singolarmente delegati pei matrimoni a volontà del paroco; vengono in caso di impedimento delegati alla sepoltura" (11). Il parroco aveva quindi l'obbligo di fornire l'acqua battesimale e gli oli santi alle espositure dalle quali percepiva in occasione della consegna una tassa in riconoscimento delle relazioni esistenti fra la parrocchia e le stazioni soggette; il diritto di stola spettava esclusivamente al parroco e alle espositure non era concessa la tenuta delle matricole: fino al 1919 i registri della parrocchia di San Lorenzo contengono infatti le annotazioni per tutta la pieve. <br>le prime ad essere elevate in parrocchia furono Cavareno, Ruffré e Malosco (12), mentre Ronzone, Seio e Vasio rimasero per qualche anno ancora dipendenti dalla parrocchia di Sarnonico.<br>La loro dipendenza era però più formale che sostanziale, tanto che il parroco Soraruf rispondendo alle domande del questionario per la visita pastorale del 1925 dichiarava che "le curazie dipendenti Ronzone, Seio e Vasio (specialmente Ronzone), non riconoscono la parrocchia; perciò la parrocchia non si cura delle espositure. E' tutto indifferente. Il parroco vi va soltanto per gli obiti degli adulti: da qualche anno non si invita neppure per gli obitini" (13). Gli abitanti di Ronzone avevano già avanzato la richiesta di elevare la cura a parrocchia, richiesta che aveva peraltro riscontrato parere favorevole da parte dell'ordinariato, e a tal fine il decano aveva precisato che per ottenere il riconoscimento del governo, al cappellano esposto si sarebbe dovuto riconoscere il diritto di stola agli obiti. Ciò fu concesso, ma il parroco riscontrò che "là non si fa nulla per la parrocchia ed è una cosa che non va", ma che comunque "non ci sono ostacoli per l'erezione delle espositure a parrocchia" (14). Dal 1925 alle curazie di Ronzone, Seio e Vasio fu concessa la tenuta dei registri delle matricole; Ronzone dovette attendere fino al 1953 per l'elevazione in parrocchia, mentre Seio e Vasio non furono mai elevate al rango parrocchiale (15). <br>il 7 aprile 1930 la chiesa di San Lorenzo fu innalzata ad arcipretura, "considerando la vetustà della parrocchia di Sarnonico ed il fatto che essa era matrice di parecchie parrocchie successivamente staccate nel decorso dei tempi " (16); tale conferimento stabiliva inoltre che il parroco pro tempore potesse fregiarsi del titolo di arciprete.<br>la dipendenza delle curazie di Ronzone, Seio e Vasio dalla parrocchia di Sarnonico si limitava ormai a ben poco; nel 1937 il parroco don Urbano Depeder dichiarava con un po' d'amarezza che "il parroco viene invitato ai funerali a Ronzone, Seio e Vasio. A Seio e Vasio gli viene riconosciuto il diritto di stola, a Ronzone invece il parroco assiste ai funerali quale semplice sacerdote, e il curato della espositura, o curazia, mette lui la stola e officia lui. Il parroco benedice l'acqua battesimale anche per Ronzone, Seio e Vasio e distribuisce a dette curazie gli olii santi. I reverendi curati di Ronzone, Seio (a Vasio manca il curato), sono tenuti ad assistere il parroco nelle funzioni della Settimana Santa e alla messa e processione del Corpus Domini" (17).<br>Nel 1948 don Lino Piazzola confermava che tra la parrocchia e le curazie "non ci sono più obblighi specifici e vicendevoli come in antico (...) Il parroco assume gli sponsali e fa l'esame di religione a tutti i curaziani. Per gli obiti il parroco viene invitato come assistente e non come celebrante" (18). <br>sul questionario per la visita del 1958 il parroco Luigi Franzoi scrisse: "Vi sono due frazioni dipendenti dalla parrocchia: le curazie di Seio e Vasio, alle quali provvede un curato" (19). Ronzone era stata infatti elevata a parrocchia nel 1953; essa definisce il confine orientale della parrocchia di Sarnonico che comprende attualmente solo l'ex curazia di Seio.<br>La parrocchia di San Lorenzo rientrava nella circoscrizione del decanato di Cles; in seguito ad una divisione dei decanati dal 1823 venne compresa in quella di 2 /5

3 Fondo.<br>Con D.M. Del 30 dicembre 1986 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 gennaio 1987 la parrocchia di Sarnonico è stata dichiarata Persona Giuridica Privata (Tribunale di Trento, Registro Persone Giuridiche n. 514).<br><br>ELENCO DEI PIEVANI E PARROCI DI SARNONICO (20 )<br><br> Federico<br>1336 Pietro<br>fino 1376 Nicolò di Roccabruna, canonico di Trento<br>dal 1376 Udalrico da Caldaro<br>1423 Berengario di Melango (?)<br>1428 anonimorettore della parrocchia di Niremberg (diocesi di Costanza)<br>1472 Raffaele di Birago (diocesi di Milano)<br> Baldassare Egidio della Marca di Treviso<br> Giacomo da Cavareno<br>1483 Paoloda Fondo<br>1507 (?) Giovanni Ripper, canonico di Trento<br>1519 Gasparode Prettis di Romeno<br>ante 1528 Sebastiano Stamler, prevosto di Bressanone<br> Stefano Harder, canonico di Trento<br>1600 ValerioBusetti<br> SimoneTringa<br> GiovanniLucca (de Luchi)<br> (+) Giovanni Nicolò Rossi<br> (+) Gaspare Baldassare Bertolini<br> (+) Gaspare Ghezzi<br> Giambattista Marzani<br> Pietro Carlo Antonio de Campi de Monte Santo <br> Giuseppe Maria Franzoi<br> Giovanni Antonio Bertagnolli<br> Alberto Sardagna de Hohenstein<br> Luigi Cipriano Zuech<br> Domenico Giuliani<br> Francesco Largaiolli<br> (+) Francesco Valentinotti<br> Michele Soraruf<br> Urbano Depeder<br> Lino Piazzola<br> Luigi Franzoi<br> Marino Cavada<br> Giovanni Raffaelli<br> Marcello Giuliani<br> Giuseppe Betta<br>2008- Mauro Leonardelli Condizione giuridica Ente ecclesiastico civilmente riconosciuto Funzioni, occupazioni e attività Le chiese esistenti sul territorio con origini più antiche vengono denominate pievi ("pluif" in celtico, "plou" in bretone, "plêf" in ladino-friulano, "plaif" in engadinese, "ploâh" in ladino della Val di Non). L'origine del termine, lungi dall'essere stato studiato nella sua complessità, è però molto difficile da definire. L'esigenza di garantire al popolo cristiano e in special modo a coloro che vivevano lontano dalle sedi vescovili quell'insieme di servizi sacramentali e pastorali che va sotto il termine generico di "cura d'anime" rese presto necessario l'invio di ecclesiastici nella campagne per annunciare il Vangelo anche lontano dalle mura cittadine (21). In Occidente ciò accadde a partire dalla seconda metà del IV secolo. Buona parte della storiografia chiama "pievi" i centri di cura d'anime sorti nel territorio extraurbano fin dal IV-V secolo ma è solo a partire dall'viii secolo che il termine "plebs" cominciò a significare non solo la comunità cristiana ma anche il territorio in cui tale comunità risiedeva e l'edificio sacro al quale essa faceva riferimento. A una stabile suddivisione territoriale delle diocesi in circoscrizioni minori si giunse con la legislazione carolingia all'inizio del IX secolo. Questa estese anche all'italia centro-settentrionale le norme che rendevano obbligatorio il pagamento della decima e precisò che gli introiti provenienti da tale pagamento dovevano essere destinati solo alle chiese battesimali. "Nacque in questo modo il "sistema" pievano, nel quale la realtà vivente (l'insieme del clero e del "popolo di Dio"), la realtà di pietra (il complesso degli edifici) e la realtà giurisdizionale (l'ambito territoriale di esercizio della giurisdizione spirituale, dal quale l'ente otteneva anche il suo sostentamento) assumevano significativamente lo stesso nome: plebs, pieve" (22). Da questo momento si viene a creare una completa ripartizione del territorio diocesano in distretti ecclesiastici minori, che riproducevano strutture civili preesistenti o rispettavano determinati confini naturali. In seguito i mutamenti demografici spinsero alla formazione di nuove pievi, ma il "sistema pievano" non fu per questo scardinato mantenendosi stabile fino alla fine del XIII secolo. Non è possibile attestare, dall'esame dei documenti pervenuti, se nel territorio trentino prima del 1000 il termine pieve fosse utilizzato nell'accezione sopra descritta (cioè indicante la triplice realtà istituzionale, edilizia e territoriale), per questo è necessario rivolgersi a fonti del XII secolo. Se ci si limita a prendere in considerazione le 68 circoscrizioni pievane della diocesi di Trento esistenti alla fine del XIII secolo si scopre che ben 33 di esse sono attestate prima del 1200 e altre 25 compaiono nella prima metà del XIII secolo (23).<br><br>Il termine "parrocchia" (24) deriva dal greco e indica, dal punto di vista etimologico, una qualsiasi circoscrizione territoriale. Nei primi secoli della cristianità fino al basso medioevo il termine venne adottato per indicare le ripartizioni dei territori diocesani in circoscrizioni minori, fenomeno nato in conseguenza del moltiplicarsi nelle diocesi di nuove chiese sotto la spinta delle crescenti esigenze dei fedeli. La consacrazione definitiva del "sistema parrocchiale" si ebbe con il Concilio di Trento che, sulla base della precedente normativa pontificia e conciliare, dettò una nuova e completa disciplina della struttura della Chiesa. I legislatori del Concilio prescrissero che, per la più efficace tutela della cura delle anime affidate ai vescovi, il "populus fidelium" si dovesse distinguere in parrocchie proprie con confini determinati e che a ciascuna di esse venisse assegnato un sacerdote che vi risiedesse, soltanto dal quale i fedeli potevano ricevere i Sacramenti (Sess. XXIV, cap. 13). Si ordinò così che venissero erette parrocchie in tutti i luoghi in cui 3 /5

4 esse non esistevano e si stabilirono delle norme per assicurare ai parroci un reddito minimo. Il parroco si impegnava a risiedere nel luogo assegnatogli, ad approfondire la conoscenza della comunità dei fedeli attraverso la compilazione e l'accurata custodia dei libri parrocchiali e a partecipare alle adunanze vicariali. I principi enunciati dal Concilio di Trento e successivamente ribaditi nella normativa pontificia sono stati accolti e sintetizzati nel testo del Codice di diritto canonico del Il can dispone che il territorio di ogni diocesi debba essere diviso in "distinctas partes territoriales", a ciascuna delle quali "sua peculiaris ecclesia cum populo determinato est assignanda suusque peculiaris rector, tamquam proprius eiusdem pastor, est praeficiendus pro necessaria animarum cura". L'istituzione parrocchiale dunque risulta costituita, oltre che dall'elemento territoriale, da altri tre elementi: un determinato "popolo", una peculiare "chiesa" e un "pastor". Il Codice di diritto canonico del 1983 ha riconosciuto la personalità giuridica della parrocchia espressamente concepita come "Communitas Christifidelium" (CIC 1983, can ). Tale riforma è stata recepita sia nell'accordo tra Stato e Chiesa (legge 121/1985) sia nelle disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici (legge 222/1985); le diocesi e le parrocchie acquistano la personalità giuridica civile dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministero dell'interno che conferisce loro la qualifica di "ente ecclesiastico civilmente riconosciuto". Fonti normative Codice di diritto canonico (1983) Decreto Ministeriale 30 dicembre 1986, Conferimento della qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto all'istituto per il sostentamento del clero nella diocesi di Trento ed alle quattrocentocinquantasei parrocchie costituite nella stessa diocesi. Perdita della personalità giuridica civile da parte di millecentonovantuno enti beneficiali e di quattrocentoquarantadue chiese parrocchiali, tutti della sopraddetta diocesi di Trento Legge 20 maggio 1985, n. 222, "Disposizioni sugli enti ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi" Fonti archivistiche e bibliografia ADT, Parrocchie e curazie<br>adt, Atti visitali Note (1) Cfr. CURZEL E., Le pievi trentine. Trasformazioni e continuità nell'organizzazione territoriale della cura d'anime dalle origini fino al XIII secolo, Bologna, 1999, cui si farà riferimento per le notizie fino al XIII secolo.<br>(2) Ibidem, pp <br>(3) Il monastero-ospedale di Santa Maria di Senale era situato a più di 1300 metri di quota, in prossimità del passo Palade che permetteva il collegamento della valle di Non con la zona di Merano. Era un'importante meta di pellegrinaggio. A causa dell'eccessiva lontananza del monastero dalla pieve e per il fatto che per vari mesi dell'anno rimaneva quasi inaccessibile, l'abate di Senale aveva chiesto più volte al vescovo di Trento l'indipendenza dell'ospizio dalla pieve di Sarnonico. Il vescovo non aveva mai accolto la richiesta, perciò l'abate si rivolse direttamente al papa, che nel 1184 si trovava a Verona. Con una bolla particolare papa Lucio III dichiarò l'indipendenza della chiesa di Santa Maria in Senale dalla pieve di Sarnonico. Alcuni storici riportano come data della bolla il 1185.<br>(4) Nel XIII-XIV secolo con il nome di Anaunia veniva identificata l'area geografica che indicava le attuali valli di Non e Sole e che comprendeva l'intero bacino del fiume Noce. <br>(5) Cfr. INAMA V., Storia delle valli di Non e Sole nel Trentino dalle origini fino al secolo XVI, Trento, 1905, p. 243.<br>(6) Cfr. le notizie relative alla storia della curazia in: Parrocchia di Santa Maria Maddalena in Cavareno. Inventario dell'archivio storico ( ), a cura della Cooperativa Koinè, Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i Beni librari archivistici e archeologici.<br>(7) Cfr. Ufficio parrocchiale di San Lorenzo in Sarnonico, Carteggio e atti, fasc. 1, c. 19.<br>(8) Cfr. ADT, Atti Visitali, (1751), n. 61, c. 345.<br>(9) Cfr. Ufficio parrocchiale di San Lorenzo in Sarnonico, Carteggio e atti, fasc. 2, cc <br>(10) Ibidem.<br>(11) Ibidem, fasc. 1, c. 54.<br>(12) Il decreto vescovile di erezione della parrocchia di Cavareno data 7 settembre 1915, ma l'approvazione da parte dell'autorità politica arrivò solo tre anni dopo, probabilmente per motivi legati alle vicende belliche del periodo. Le curazie di Ruffré e Malosco furono elevate entrambe in parrocchia il primo agosto <br>(13) Cfr. Ufficio parrocchiale di San Lorenzo in Sarnonico, Carteggio e atti, fasc. 1, c. 58.<br>(14) Ibidem.<br>(15) La cura d'anime di Vasio venne estinta nel 1986 e i suoi beni assegnati all'ente parrocchia di San Martino di Fondo. Per notizie relative alla curazia di Vasio si veda: Inventario dell'archivio storico della parrocchia di Fondo ( ) e dell'ex curazia di Vasio ( ), a cura della Cooperativa 4 /5

5 Koiné, Provincia autonoma di Trento, Soprintendenza per i Beni librari archivistici e archeologici. La cura d'anime di Seio fu estinta nel 1986 e i suoi beni assegnati all'ente parrocchia di San Lorenzo di Sarnonico. Per notizie relative alla curazia di Seio si veda l'introduzione al soggetto. <br>(16) Cfr. ADT, Parrocchie e curazie, 67 C, n. 1.f. Nei secoli passati il pievano di Sarnonico veniva appellato impropriamente 'arciprete', ma il titolo non fu mai conferito prima. <br>(17) Cfr. Ufficio parrocchiale di San Lorenzo in Sarnonico, Carteggio e atti, fasc. 1, c. 66.<br>(18) Ibidem, c. 73.<br>(19) Ibidem, c. 83.<br>(20) Si riporta l'elenco stilato dal parroco Michele Soraruf, con le integrazioni successive. Cfr. Ufficio parrocchiale di San Lorenzo in Sarnonico, Registri degli sponsali, reg. 1.<br>(21) Cfr. CURZEL E., op. cit., p. 5 e segg. Si rimanda alla ricca bibliografia contenuta nel volume.<br>(22) Ibidem p. 7.<br>(23) Ibidem, p. 29 e tabelle riprodotte.<br>(24) Le presenti notizie informative sono da ritenersi generali e non esaustive. Per un approfondimento e una bibliografia articolata si rimanda alla voce corrispondente dell'"enciclopedia del diritto", Giuffré, Varese, /5

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