1. LA RAPPRESENTANZA FISCALE E L IDENTIFICAZIONE DIRETTA AI FINI IVA

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1 1. LA RAPPRESENTANZA FISCALE E L IDENTIFICAZIONE DIRETTA AI FINI IVA Nel disegno normativo comunitario (cfr. art. 21, par. 1, lett. A) secondo periodo della Direttiva 388/77 ( ora trasfuso nell art. 193 della Direttiva 2006/112/CE), e del conseguente ordinamento nazionale (art. 17, secondo comma, del DPR 633/72, appresso decreto Iva, ed art. 44, comma 3, D.L. 331/93), il rappresentante fiscale ai fini IVA svolge un ruolo essenziale ai fini dell assolvimento degli obblighi di soggetti residenti all estero, per le operazioni effettuate in Italia, in assenza di stabile organizzazione. Il rapporto di rappresentanza deve risultare da atto pubblico, da scrittura privata registrata, da lettera annotata in apposito registro presso l Ufficio Iva competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante o del rappresentato, ovvero da comunicazione effettuata all ufficio Iva con le modalità previste dall articolo 35 del decreto Iva ( articolo 1, comma 4, del D.P.R. 10 novembre 1997, n. 441 ). La rappresentanza può essere : - piena ( o pesante ) ed, in tal caso, il rappresentante è tenuto ad osservare ogni adempimento previsto del decreto Iva, potendo egli porre in essere anche operazioni da assoggettare all imposta ( imponibili ); - semplificata ( o leggera ), contenuta, cioè, nei limiti di cui all art. 44, terzo comma, secondo periodo, del D.L. 331/93. Tale ultima norma prevede che: se sono effettuate solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o, comunque, senza obbligo di pagamento dell imposta, la rappresentanza può essere limitata all esecuzione degli obblighi relativi alla fatturazione delle operazioni intracomunitarie di cui all articolo 46, nonché alla compilazione, ancorché le operazioni in tal caso non siano soggette all obbligo di registrazione, degli elenchi di cui all articolo 50, comma 6.Si tratta, appunto, di quella che è comunemente conosciuta come rappresentanza fiscale leggera, il cui sostanziale vantaggio rispetto alla rappresentanza fiscale piena (o pesante), consiste nell essere sgravati dall obbligo di tenere i libri e presentare la dichiarazione IVA. Permane solo l obbligo di rispettare le norme inerenti l Iva comunitaria dettate col DL 331/93, le quali, diverse da quelle relative all Iva interna, di cui al decreto Iva, sono quelle della fatturazione delle cessioni

2 intracomunitarie e della presentazione in dogana degli elenchi intrastat. aventi la funzione di seguire la merce nei vari Paesi della Comunità, ciascuno dei quali adotta proprie, diverse, aliquote Iva.. Nella sostanza, l articolo 44, comma 3, secondo periodo, consente al rappresentante fiscale leggero.: di porre in essere operazioni non imponibili, esenti, non soggette o, comunque, senza l obbligo di pagamento dell imposta, senza alcun obbligo di fatturazione, di conservazione e/o registrazione dei documenti, né di presentazione della dichiarazione annuale Iva: Sarà il contenuto del mandato, avente natura privatistica, a fissarne altri, diversi, eventuali obblighi; qualora ponga in essere cessioni intracomunitarie, di provvedere alla loro fatturazione e alla presentazione dei relativi elenchi Intrastat. E ciò per i motivi sopra rappresentati. Al compimento di operazioni imponibili, il rappresentante leggero assumerà la figura di rappresentante fiscale pesante e su di esso graveranno tutti gli obblighi imposti dal Decreto IVA in ordine alla tenuta della relativa contabilità e a quelli di dichiarazione. Diversamente del rappresentante fiscale ai fini delle imposte dirette, quello ai fini iva, assume nella sua sfera di competenza solo le operazioni veicolate per il suo tramite.. Al fine di dare attuazione alla delega prevista dall allegato A della legge 39/2002 (Comunitaria 2001) ed alla Direttiva Comunitaria n. 2000/65/CEE, è stato emanato il decreto legislativo 19 giugno 2002, n. 191, che ha apportato le seguenti importanti innovazioni in ordine alla normativa Iva, sia interna che comunitaria - ha modificato il disposto dell articolo 17 del decreto Iva e vi ha introdotto l articolo 35 ter; - ha modificato gli articoli 44 e 50bis del DL 331/93. In particolare, con l art. 35-ter del decreto Iva è stato introdotto il nuovo istituto dell identificazione diretta, che consente al soggetto non residente, ma appartenente ad un altro Stato membro ovvero ad un Paese

3 terzo con cui l Italia abbia stipulato degli accordi che consentono una cooperazione amministrativa, di assolvere in proprio gli obblighi, ed esercitare i diritti, in materia di Iva. Sul punto l Agenzia delle Entrate, con risoluzione n..220/e del 5 dicembre 2003,. ha fatto conoscere che, al momento, nessun accordo, avente tale finalità, risulta concluso tra l Italia e Paesi Terzi e che, pertanto, possono utilizzare il nuovo istituto soltanto soggetti appartenenti ad altro Stato UE. La nomina del rappresentante fiscale, nonostante l introduzione del nuovo istituto, rimane sempre consentita al soggetto estero: Essa, per i soggetti comunitari, è divenuta, quindi, alternativa alla loro diretta identificazione ai fini Iva in Italia. I soggetti cosiddetti terzi, invece, potranno continuare ad utilizzare soltanto il preesistente istituto della rappresentanza fiscale. Ciò premesso corre l obbligo di porre l accento, qui di seguito, sulle differenze esistenti tra i due istituti della rappresentanza fiscale e dell identificazione diretta, in ordine sia alla responsabilità dell imposta di fronte all amministrazione finanziaria, sia ai rapporti intercorrenti tra i due istituti, ovvero, tra essi e quello della stabile organizzazione.: 1.1 sulla responsabilità del rappresentante fiscale Il rappresentante fiscale risponde in solido con il rappresentato relativamente agli obblighi derivanti dall applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto ( articolo 17, secondo comma, secondo periodo, del decreto Iva) Con la risoluzione n 66/E del 4 marzo 2002, l Agenzia delle Entrate ha affermato che il rappresentate fiscale Iva, a prescindere dai vincoli contrattuali, è direttamente responsabile nei confronti del fisco, solo per le operazioni per le quali, in base al combinato disposto degli articoli 7 e 17 del decreto Iva, è considerato debitore d imposta. Da questo discende che il rappresentante fiscale rimane comunque responsabile direttamente, nei confronti del fisco, per l Iva dovuta in conseguenza dell operazione posta in essere dal rappresentato per il

4 suo tramite, relativamente, però, agli obblighi derivanti dall applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto. In definitiva al rappresentante Iva viene attribuita una soggettività passiva parziale, limitata alle sole operazioni che il mandante estero pone in essere per il suo tramite ( v: Corte Cassazione, Sezione Tributaria, del 12/7/2001, n..9449, nonché Manuale dell Iva Europea V edizione Paolo Centore, pag. 284 ). In ogni caso la sua responsabilità resta limitata ai soli aspetti connessi con la normativa IVA, mentre per tutti gli altri, di diversa natura, resta responsabile il mandante. 1.2 Sulla responsabilità del soggetto comunitario che si identifichi direttamente Nel caso in cui un soggetto comunitario si identifichi direttamente ai fini Iva in Italia, in base al disposto dell articolo 35-ter del decreto Iva, resta l unico responsabile dell imposta sul valore aggiunto, dovuta a seguito delle attività che ha posto in essere sul territorio dello Stato. Egli, in quanto soggetto comunitario, può assumere la figura di dichiarante in dogana ai sensi del già citato articolo 64, paragrafo 2, del CDC, senza dover, a tal fine, essere rappresentato da chicchessia. 1.3 Il rapporto fra i due istituti e tra essi e quello della stabile organizzazione Occorre innanzi tutto osservare che le disposizioni fiscali nazionali e comunitarie non definiscono il concetto di stabile organizzazione ai fini dell imposta sul valore aggiunto. Esso è, secondo i criteri della Common Law, definito dall articolo 5 del Modello di Convenzione approvata dall OCSE, come una sede fissa d affari in cui l impresa esercita tutta, o parte, della sua attività. E, tuttavia, necessario ricordare che il concetto di stabile organizzazione è stato oggetto di una profonda interpretazione della Corte di Cassazione che, con sentenza n del 25 luglio 2002, in sintonia con la VI direttiva UE, n. 77/388/Cee, ha chiarito che la stabile organizzazione richiede la sussistenza di un centro di

5 attività stabile, con impiego di risorse, anche umane, in misura tale da assumere, ai fini dell imposta sul valore aggiunto, piena autonomia rispetto alla casa madre. In tal senso anche la risoluzione n. 4/E del Il 4 comma dell articolo 17 del decreto IVA non consente che uno stesso soggetto estero nomini un proprio rappresentante fiscale in Italia, laddove egli già vi abbia istituito una stabile organizzazione. Così come non è consentito che uno stesso soggetto nomini due, diversi, rappresentanti fiscali in Italia. Tale ultimo concetto è stato fissato, in via definitiva, dall Agenzia delle Entrate con la citata risoluzione n. 66/E del 2002, risolvendo così un dubbio che, da anni, assillava studiosi ed operatori e della quale se ne riporta uno stralcio: Al riguardo occorre premettere che la citata sentenza va correttamente interpretata alla luce di quanto stabilito dall articolo 17, secondo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che prevede la possibilità per il soggetto non residente e senza stabile organizzazione in Italia di potere adempiere i propri obblighi e far valere i propri diritti derivanti dall applicazione delle disposizioni concernenti l imposta sul valore aggiunto tramite la nomina di un rappresentante fiscale. Tale nomina rende il rappresentante fiscale solidalmente obbligato con il rappresentato per tutte le operazioni territorialmente rilevanti nello Stato, con esclusione, perciò, di tutte quelle poste in essere direttamente dal soggetto non residente che non risultano effettuate in Italia, ai sensi dell art. 7 del citato D.P.R. n. 633 del Dal carattere onnicomprensivo della disposizione del predetto art.17 si ricava anche l impossibilità che uno stesso soggetto possa nominare più rappresentanti fiscali in Italia. Si anticipa che l impossibilità di nominare in Italia più di un rappresentante fiscale assume rilievo determinante allo scopo di interpretare correttamente la disposizione contenuta nel comma 7 dell articolo 50 bis del D.L. 331/93, che consente al gestore di un Deposito IVA, ai fini di semplificazione, di assumere, attraverso l utilizzo di un unico numero di partita IVA, la rappresentanza fiscale di tutti i soggetti esteri ai fini degli adempimenti degli obblighi tributari afferenti l istituto del deposito IVA.

6 Qualora, infatti, un soggetto estero nomini il gestore del deposito IVA proprio rappresentante fiscale in Italia, non potrà più nominarne altri, se non previa revoca del mandato a suo tempo conferito. al primo. Per quanto attiene, invece, l ipotesi di identificazione diretta di soggetto comunitario, si rappresenta: che essa è alternativa all istituto del rappresentante fiscale, nel senso che il soggetto non residente non potrà, contestualmente, possedere due posizioni ai fini IVA delle quali, una, con l apertura diretta del numero di partita Iva in Italia, e l altra, ottenuta attraverso la nomina di un rappresentante fiscale. La nuova normativa stabilisce, perciò, che chi ha già nominato in Italia un proprio rappresentante fiscale deve provvedere, ancor prima di richiedere l identificazione diretta, alla cancellazione della sua precedente posizione Iva. Valgano, anche in questa ipotesi, le considerazioni fatte in ordine al gestore del deposito Iva che, in quanto tale, potrà assumere la rappresentanza fiscale di un soggetto comunitario, già identificato direttamente ai fini Iva, soltanto dopo che questi abbia cancellato la sua precedente posizione ai fini Iva; che essa, sebbene alternativa alla rappresentanza fiscale, è applicabile anche in presenza di stabile organizzazione in Italia del soggetto estero. E ciò, sia in virtù del disposto della citata sentenza della Suprema Corte n del 25 luglio 2002, che ha sancito l autonomia rispetto alla casa madre della stabile organizzazione, sia per assenza di preclusioni dell art. 17 del decreto Iva. 2. LA RAPPRESENTANZA FISCALE ATTRIBUITA AL TITOLARE DEL DEPOSITO IVA Si premette innanzitutto che il titolare di deposito IVA, può assumere la veste di rappresentante fiscale di soggetti non residenti, nei limiti di cui all art. 44 comma 3 secondo periodo del D.L. 331/93, ai fini dell adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni concernenti i beni introdotti nei depositi stessi. E ciò richiedendo l attribuzione di un numero di partita IVA unico per tutti i soggetti passivi non residenti da essa rappresentati (art. 50 bis, comma 7 D.L. 331/93). Le modifiche apportate al comma 7 dell art. 50 bis del D.L. 331/93, dall art. 2, comma 1, lett. b) del D.lgs , n. 191, entrato in vigore il , hanno finito col riscrivere del tutto la norma.

7 Si espone, pertanto, qui di seguito il regime vigente prima e dopo l entrata in vigore del nuovo testo del comma 7 in commento. 2.1 Il testo del comma 7 dell articolo 50 bis in vigore fino al 31/08/2002. Fino al 31/08/2008 il testo del comma 7 dell art. 50 bis era il seguente : Nei limiti di cui all articolo 44, comma 3, secondo periodo, i gestori dei depositi IVA assumono, qualora non sia stato già nominato un rappresentante fiscale, la veste di rappresentanti fiscali dei soggetti passivi di imposta identificati in altro Stato membro ai fini dell adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni intracomunitarie concernenti i beni introdotti nei suddetti depositi. L art. 50 bis, nella veste indicata, consentiva al titolare del deposito IVA di assumere la rappresentanza fiscale leggera di soggetti comunitari ai soli fini degli adempimenti afferenti le operazioni intracomunitarie di cui agli artt. 37 e seguenti del D.L. 331/93. Le operazioni, cioè, che il rappresentante fiscale poteva compiere, in nome e per conto del rappresentato, vigente la precedente normativa, erano le seguenti: a) gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in deposito IVA (art. 50 bis comma 4 lett. a); b) le cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA con spedizione in un altro stato membro della Comunità Economica Europea (art. 50 bis comma 4 lett. f). Nel primo caso l acquisto intracomunitario, realizzato dal titolare del Deposito IVA, nella sua qualità di rappresentante fiscale, si caratterizza per il fatto che i beni, provenienti da un altro stato membro, giunti in Italia sono introdotti in un deposito IVA. La procedura è la seguente: 1) il rappresentante fiscale, titolare del deposito IVA, deve integrare la fattura di acquisto emessa da parte del cedente comunitario indicando direttamente sul documento estero, con l indicazione che l operazione è effettuata senza pagamento dell imposta ai sensi dell art. 50 bis, comma 4, lett. a) D.L. 331/933; 2) egli deve presentare l elenco riepilogativo degli acquisti intracomunitari (modello Intra 2 e 2 bis);

8 3) all atto dell introduzione in deposito il depositario dovrà registrare la fattura di acquisto, integrata secondo le indicate modalità, sul registro di cui al D.M. 419/97 (registro di magazzino del deposito IVA). Nel caso prospettato il depositario resta rappresentante fiscale leggero, in quanto l operazione posta in essere non ha comportato alcun debito di imposta, così come richiesto dall art comma 2 periodo del D.L. 331/93. Nel secondo caso, la cessione intracomunitaria comporta l estrazione dal deposito IVA a cura del rappresentante fiscale, titolare del deposito IVA che, per conto del suo mandante comunitario cede i beni ad un soggetto identificato in altro stato membro della Comunità. Il rappresentante fiscale dovrà rispettare la seguente procedura: a) emissione di una fattura intracomunitaria, ai sensi dell art. 46 del D.L. 331/93, contenente, quale motivo di non imponibilità, il riferimento all art. 41 del D.L. 331/93; b) predisposizione e presentazione in dogana dell elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie (modello intra 1 e 1 bis). 2.2 Il testo del comma 7 dell articolo 50 bis in vigore dal 31/08/2002. Dal 31/08/2002 l art. 2 del DLgs. n. 191/2002 ha così modificato, l art. 50 bis, comma 7 del D.L. 331/93 Nei limiti di cui all articolo 44, comma 3, secondo periodo, i gestori dei depositi IVA assumono la veste di rappresentanti fiscali ai fini dell adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni concernenti i beni introdotti negli stessi depositi, qualora i soggetti non residenti, parti di operazioni di cui al comma 4, non abbiano già nominato un rappresentante fiscale ovvero non abbiano provveduto ad identificarsi direttamente ai sensi dell articolo 35 ter del DPR 26 ottobre 1972, n In relazione alle operazioni di cui al presente comma, i gestori dei depositi possono richiedere l attribuzione di un numero di partita IVA unico per tutti i soggetti passivi d imposta non residenti da essi rappresentati. La nuova versione del comma 7 dell art. 50 bis, attribuisce al gestore del deposito IVA la facoltà di assumere la rappresentanza fiscale anche di soggetti residenti in paesi terzi, essendo stato soppresso il riferimento ai soggetti comunitari di cui alla precedente versione.

9 Va, sulla interpretazione del disposto dell articolo 50 bis, così come modificato dall articolo 2 delle legge 191/2000, subito evidenziato.: che, diversamente dalla precedente versione il riferimento all articolo 44, comma 3, secondo periodo, non è fatto al solo scopo di consentire al depositario di assumere la rappresentanza fiscale leggera ai fini dell adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni intracomunitarie concernenti i beni introdotti nei suddetti depositi, ma il nuovo testo del comma 7 dell articolo 50 bis concede al depositario di porre in essere, restando, però, sempre rappresentante leggero, tutte le operazioni elencate al comma 4; che se sono effettuate solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o, comunque, senza obbligo di pagamento dell imposta, la rappresentanza può essere limitata all esecuzione degli obblighi relativi alla fatturazione delle operazioni intracomunitarie di cui all articolo 46, nonché alla compilazione, ancorché le operazioni in tal caso non siano soggette all obbligo di registrazione, degli elenchi di cui all articolo 50, comma 6. che il nuovo comma 7 dell articolo 50 bis non pone alcuna limitazione alla rappresentanza, ma solo l obbligo, qualora siano poste in essere operazioni intracomunitarie, di fatturazione e di compilazione degli elenchi intrastat: che gli obblighi di fatturazione delle operazioni intracomunitarie e di compilazione dei modelli intrastat non devono far ritenere, come pure l Amministrazione in qualche occasione ha sostenuto, che le operazioni intracomunitarie siano le uniche che il gestore del deposito Iva, rappresentante fiscale, possa porre in essere. Ritenendo, così, di fatto, che l espressione, posta al comma 3, secondo periodo, dell articolo 44 obblighi relativi alla fatturazione delle operazioni intracomunitarie identificasse nelle operazioni intracomunitarie le uniche consentite. Egli invece, si ribadisce, può porre in essere tutte le operazioni indicate al comma 4 dell articolo 50 bis, senza alcun obbligo di natura contabile amministrativa, se non quello di fatturare le cessioni intracomunitarie e di presentare gli elenchi intrastat. E ciò in quanto sono proprio quegli adempimenti a perfezionarle fino a definire quelle operazioni, appunto, intracomunitarie. Senza dire che il voler considerare eseguibili le sole o operazioni intracomunitarie, equivarrebbe a disconoscere, di fatto, la validità e l importanza del riferimento al comma 4 dell articolo 50 bis. La norma ribadisce, che possono essere effettuate solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell imposta,.., così come disposto dall art comma secondo

10 periodo - del D.L. 331/93. La nuova formulazione del comma 7 dell art. 50 bis, consente al titolare del deposito IVA, richiedendo l attribuzione di un numero di partita Iva unico per tutti i soggetti passivi d imposta non residenti rappresentati, di assumere la rappresentanza fiscale ai fini dell adempimento degli obblighi tributari afferenti tutte le operazioni indicate al comma 4 dell art. 50 bis, che sono. a) acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito IVA; b) immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA; c) cessioni di beni, nei confronti di soggetti identificati in altro Stato membro della Comunità europea, eseguite mediante introduzione in un deposito IVA; d) cessioni di beni custoditi in un deposito IVA; e) cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA con spedizione in un altro Stato membro della Comunità europea, salvo che si tratti di cessioni intracomunitarie soggette ad imposta nel territorio dello Stato; f)le cessioni di beni estratti da un deposito IVA con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità europea; g) trasferimento dei beni in altro deposito IVA. Qui di seguito si espongono le modalità di effettuazione delle operazioni elencate. Punto sub a) acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito IVA. Le modalità di effettuazione di tale operazione è stata già descritta al precedente paragrafo 3.1 Punto sub b) immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito IVA. L immissione in libera pratica di merce destinata all introduzione in deposito IVA è un operazione, specificamente disciplinata e prevista dal comma 4 dell art. 50 bis del DL 331/93. La definizione di immissione in libera pratica deriva dal combinato disposto dell art. 79 del CDC e dell art. 249 del TULD. Essa: a) attribuisce la posizione doganale di merce comunitaria ad una merce non comunitaria;

11 b) implica l applicazione delle misure di politica commerciale, l espletamento delle altre formalità previste per l importazione di una merce, nonché l applicazione dei dazi legalmente dovuti. Ai fini dell assolvimento degli obblighi Iva nel territorio dello Stato, il soggetto estero, comunitario o terzo, per poter porre in essere l operazione in commento, deve nominare un proprio rappresentante fiscale, ovvero, ricorrendone le condizioni, identificarsi direttamente Immessa in libera pratica e svincolata la merce, la dogana non deve riscuotere l imposta sul valore aggiunto, ma prendere tutte le misure necessarie ad evitare che la merce, prima di raggiungere il deposito, possa essere immessa in consumo nel territorio nazionale. Al riguardo, la circolare n del 03/04/1997, dispone che la dogana dovrà assumere idonea garanzia, da svincolare soltanto al ricevimento della comunicazione del depositario di aver preso in carico la merce, divenendo, così, egli stesso responsabile dell imposta dovuta all estrazione dal deposito L operazione d immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in deposito IVA costituisce un operazione espressamente prevista alla lettera b) del comma 4 dell art. 50 bis. che la circolare 16/D del 28 aprile 2006 della Centrale Area Gestione e Tributi dell Agenzia delle Dogane, ha precisato che l operazione di immissione in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti in un deposito IVA si conclude, dunque con la dimostrazione dell avvenuta introduzione fisica dei beni in questione nel deposito IVA, a cui deve fare esplicito riferimento l attestazione che il depositario deve sottoscrivere sul relativo documento doganale. Al fine di porla correttamente in essere, il titolare del deposito Iva, rappresentante fiscale, dovrà. a) qualificarsi come rappresentante fiscale del dichiarante, facendone menzione nella casella 8 della dichiarazione d immissione in libera pratica, con un indicazione del tipo..l, quale rappresentante fiscale ai fini Iva del soggetto estero.., in virtù del disposto del comma 7 dell art. 50 bis del D.L. 331/93 p.iva n, all uopo attribuitale dall Ufficio b) giunta la merce presso il deposito Iva, prenderla in carico sull apposito registro di magazzino; c) restituire alla dogana un esemplare della bolletta d immissione in libera pratica, debitamente annotato degli estremi della presa in carico sul registro di cui al punto sub b).da quel momento, la responsabilità del debito d imposta si trasferisce in capo al depositario, il quale ne risponderà in caso di mancata o irregolare

12 applicazione dell imposta relativa all estrazione, qualora non risultino osservate le prescrizioni relative alle modalità di tenuta e conservazione del registro di cui al D.M. 419/97. Introdotta in deposito Iva la merce potrà, poi, essere destinata: all immissione in consumo nel territorio nazionale, nel qual caso sconterà l imposta con emissione diautofattura, o fattura integrata, registrate, entrambe, col sistema del reverse charge, che costituisce, per espressa previsione della norma, pagamento dell imposta ( comma 6 dell art.50 bis). Nel primo caso emissione di autofattura provvede all estrazione delle merci, divenendo così debitore dell imposta, lo stesso soggetto che l ha introdotta, che è lo stesso depositario rappresentante fiscale, che dovrà esporre l imposta nell autofattura, divenendo così, di fatto, rappresentante pesante : Nel secondo, invece, ove i beni hanno formato oggetto di una o più cessioni durante la permanenza in deposito, provvede all estrazione l ultimo cessionario., con la conseguenza che il gestore del deposito resta rappresentante fiscale leggero avendo egli potuto acquisire, in tali cessioni, la figura del cedente o quella del primo cessionario- secondo cedente. Tutte operazioni, queste ultime, poste in essere senza esposizione dell imposta ai sensi del 4 comma, lettera e) dell art. 50 bis; - all esportazione verso paesi terzi; ove, nella bolletta d esportazione, si qualificherà rappresentante fiscale, secondo le modalità indicate al punto sub a) - ai mercati comunitari (cessione intracomunitaria),.provvedendo ad emettere fattura in nome e per conto del mandante. Punto sub c) cessioni di beni, nei confronti di soggetti identificati in altro Stato membro della Comunità europea, eseguite mediante introduzione in un deposito IVA. Il titolare del deposito IVA, nella qualità di rappresentante fiscale di soggetto non residente, può effettuare una cessione di beni nei confronti di un soggetto identificato in un altro Stato membro, senza inviargli materialmente i beni in quello Stato, ma introducendoli nel deposito IVA (vedi nota prot /2002 del 31/07/2007 della Direzione Regionale per la Campania dell Agenzia delle Entrate) In tal caso:

13 - non si tratta di cessione intracomunitaria non imponibile, bensì di un operazione effettuata senza pagamento dell IVA ai sensi dell art. 50 bis, comma 4 lett. c) del D.L. 331/93 ; - la cessione non deve essere inclusa nel modello intra 1 quale cessione intracomunitaria; -alla successiva estrazione occorrerà verificare il regime applicabile secondo la destinazione dei beni. Al riguardo la citata n. 66/E del 2001 ha precisato che la condizione sine qua non, per l applicazione del regime del deposito IVA, è la mancanza di una posizione IVA in Italia del cessionario, e la presenza, invece, di un codice identificativo in altro stato membro. Le destinazioni successive non possono che essere senza applicazione dell imposta, dovendo il rappresentante fiscale restare necessariamente leggero, per rispettare la condizione posta all art comma 2 periodo del D.L. 331/93. Pertanto sarà possibile: 1) cedere la merce giacente in deposito ad altro soggetto (vendite a catena), che, se del caso, provvederà alla sua successiva estrazione; 2) esportare la merce, in regime di non imponibilità ai sensi dell art. 8 del D.P.R. 633/72 (Decreto IVA); 3) cederla a un soggetto identificato in altro stato membro della Comunità (cessione intracomunitaria). Punto sub d) cessioni di beni custoditi in un deposito IVA; Il titolare del deposito IVA, nella qualità di rappresentante fiscale di un soggetto non residente, può cedere per suo conto merce giacente nel deposito IVA. Si tratta delle cosiddette vendite a catena. In tal caso il titolare del deposito provvederà ad emettere, per conto del suo mandante, fattura senza applicazione dell imposta ai sensi dell art. 50 bis 4 comma lett. e). L imposta sarà dovuta dal soggetto che provvederà all estrazione, secondo le modalità di cui al comma 6 dell art. 50 bis. Anche il tal caso la rappresentanza fiscale resta leggera. Punto sub e) cessioni intracomunitarie di beni estratti da un deposito IVA con spedizione in un altro Stato membro della Comunità europea Di tali operazioni già si è detto al precedente paragrafo 3.1

14 Punto sub f) cessioni di beni estratti da un deposito IVA con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità europea. Anche in tal caso, poiché i beni sono estratti dal deposito, è necessario che il soggetto estero nomini un proprio rappresentante fiscale, che potrà essere anche il titolare del deposito IVA. Il rappresentante fiscale dovrà emettere fattura in regime di non imponibilità, ex art. 8 del Decreto IVA e dovrà presentare la relativa dichiarazione doganale d esportazione, per conto del suo mandante. Punto g) trasferimento dei beni in altro deposito IVA Il depositario-rappresentante fiscale, dovrà emettere un documento di trasporto per il trasferimento de i beni ad altro deposito IVA, riportando la relativa annotazione di scarico sul registro di magazzino. Si rappresenta ancora che l indicazione contenuta nell articolo 50 bis che i gestori dei depositi Iva assumino la veste di rappresentanti fiscali, ma esclusivamente nei limiti di cui all art.44 c. 3 (operazioni intracomunitarie) ai fini dell adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni dei beni introdotti negli stessi depositi non può che essere intesa, sintatticamente, nel senso di moto a luogo e non di stato in luogo. Il riferimento è fatto alla merce da introdurre e non alla merce giacente in deposito. E, infatti, concettualmente e giuridicamente impossibile porre in essere le seguenti operazioni, per merce giacente in deposito Iva.: - gli acquisti intracomunitari di beni eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva, di cui al comma 4, lettera a); - le cessioni di beni, nei confronti di soggetti identificati in altro Stato membro della Comunità europea, eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva ( comma 4, lettera c)); - le operazioni di immissione in libera pratica di beni non comunitari destinati ad essere introdotti in un deposito Iva ( comma 4, lettera b)). Beni di provenienza comunitaria, consignment stock, altre operazioni L'introduzione di beni comunitari in un deposito fiscale ai fini Iva può essere effettuata o da un soggetto passivo nazionale che ha acquistato i suddetti beni da un Paese Ue oppure da un operatore comunitario il quale li introduce in un deposito Iva in attesa di una loro destinazione; in quest'ultimo caso, ai fini degli

15 adempimenti relativi all'introduzione, basta nominare un rappresentante fiscale cosiddetto "leggero" ossia con obblighi ridotti (obbligo di fatturazione e presentazione dei modelli Intrastat). Operazioni di introduzione di beni comunitari...da parte di soggetto passivo nazionale Il quarto comma, lettera a), dell'articolo 50-bis del decreto legge 331/93, dispone che gli acquisti intracomunitari di beni, eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva, sono effettuati senza il pagamento dell'imposta. Ciò significa che quando l'operatore italiano riceve dal proprio fornitore comunitario la relativa fattura, questa si dovrà integrare richiamando, quale titolo di non assoggettamento, l'articolo 50-bis, dopodiché la stessa andrà annotata nel registro Iva acquisti senza applicazione dell'imposta. Inoltre, si dovrà presentare il modello Intra 2 bis sia agli effetti fiscali che statistici. Per introdurre i beni oggetto di acquisto intracomunitario nel deposito Iva, infine, si dovrà consegnare al depositario copia della fattura appositamente integrata in modo che la stessa sia annotata sul registro di carico delle merci da parte dello stesso depositario....da parte di soggetto passivo comunitario Il soggetto comunitario deve nominare un proprio rappresentante fiscale che può essere anche lo stesso depositario o altro operatore; ovviamente, il depositario potrà solo assumere la veste di rappresentante "leggero", così come previsto al comma 7 dello stesso articolo 50-bis.I beni dunque vengono introdotti nel deposito con fattura intestata al rappresentante italiano dell'operatore comunitario. Lo stesso rappresentante dovrà compilare il modello Intra 2 bis sia per la parte fiscale che per quella statistica....in base a contratto di consignment stock Il contratto di consignment stock, ampiamente diffuso nel commercio internazionale, prevede, per il venditore, il trasferimento della merce presso un deposito del cliente (che ha l'esclusiva dell'acquisto), il quale diventa proprietario della merce solo nel momento e per le quantità che preleva periodicamente. La fornitura dei beni ha effetti reali differiti e di conseguenza il fornitore mantiene il diritto di proprietà dei beni stessi fino a quando si verifichi, in via del tutto eventuale, la condizione sospensiva rappresentata dal prelievo operato dal depositario in forza dell'accennata clausola contrattuale di esclusiva per l'acquisto. In relazione all'ipotesi di consignment stock, lo stesso articolo 50-bis, comma 2, ultimo periodo, riconosce una particolare tipologia di deposito Iva in cui il destinatario finale dei beni si identifica con lo stesso depositario. La risoluzione n. 44/E del 10/4/2000 precisa, inoltre, che l'introduzione di beni in un deposito fiscale realizza il contratto di consignment stock solo ed esclusivamente se il deposito è intestato al medesimo acquirente ossia vi deve essere identificazione tra titolare del deposito Iva e soggetto (acquirente finale) che procede all'estrazione dei beni. L'acquirente nazionale, dunque, che intende istituire un deposito fiscale "in proprio", deve chiedere l'autorizzazione alla direzione regionale delle Entrate (si veda la prima puntata). Al momento dell'arrivo della merce, che sarà accompagnata da un documento di consegna emesso dal fornitore comunitario, il depositario-acquirente la prenderà in carico sul registro di cui al comma 3 dell'articolo 50-bis, senza compilare il modello Intra 2 bis. Operazioni di estrazione di beni di provenienza comunitaria Se l'estrazione dei beni dal deposito fiscale avviene da parte dello stesso soggetto che li aveva precedentemente introdotti a seguito di acquisto intracomunitario, non si dovrà emettere autofattura, bensì integrare, entro 15 giorni dall'estrazione, la fattura originaria con l'iva dovuta, annotandola sia nel registro Iva vendite che il quello degli acquisti. L'integrazione della fattura è prevista anche nel caso di estrazione di beni oggetto di precedente acquisto, anche intracomunitario, all'interno del deposito (acquisto effettuato senza pagamento dell'imposta) da parte del soggetto che procede all'estrazione (comma 6, ultima parte, dell'articolo 50-bis).Come chiarito dalla risoluzione n. 113/E del 22/5/2003, "in altri termini il soggetto che acquista beni giacenti in un deposito Iva da un altro soggetto comunitario, all'atto di tale acquisto dovrà procedere alla annotazione nel registro Iva degli acquisti della fattura ricevuta dal proprio fornitore senza applicazione dell'imposta".entro quindici giorni dall'estrazione, il soggetto interessato dovrà integrare con l'indicazione dell'imposta dovuta la fattura di cui sopra e annotare la relativa imposta, quale variazione in aumento, nel registro di cui all'articolo 23 del Dpr 633/72 (registro

16 delle fatture emesse). Nel registro di cui all'articolo 25 del Dpr 633/72 (registro degli acquisti) sarà annotata la variazione corrispondente pari all'importo di detta imposta. Il risultato contabile delle descritte registrazioni conduce all'evidenziazione dell'imposta dovuta, assicurando, nel contempo, la neutralità fiscale dell'operazione per il soggetto acquirente. Peraltro, se nel periodo intercorrente tra l'acquisto e l'estrazione i beni sono stati oggetto di lavorazione (in sostanza è stato aggiunto valore ai medesimi), il soggetto che procede all'estrazione dovrà annotare la corrispondente variazione in aumento sia nel registro di cui all'articolo 23 che nel registro di cui all'articolo 25 del Dpr 633/72, in analogia a quanto precisato nella risoluzione n. 198/2000 (si veda la prima puntata).per quanto riguarda il contratto di consignment stock, l'acquisto intracomunitario si realizza all'atto dell'estrazione dei beni dal deposito Iva, coincidente col prelievo periodico effettuato dal depositario-acquirente, e comporta, per quest'ultimo, l'obbligo di comunicare al fornitore la quantità dei beni prelevati e di integrare la fattura ricevuta per assoggettare a imposta l'acquisto intracomunitario. Ovviamente, la fattura si dovrà annotare secondo le disposizioni degli articoli 46 e seguenti del decreto legge 331/1993, e si dovrà compilare il modello Intra 2 bis sia ai fini fiscali che statistici (che non si era compilato al momento dell'introduzione dei beni nel deposito). Cessione intracomunitaria di beni con introduzione in depositi Iva Ai sensi della lettera c), comma 4, articolo 50-bis, del decreto legge 331/93, le cessioni di beni, eseguite nei confronti di soggetti passivi Ue, con introduzione in un deposito Iva, sono effettuate senza il pagamento dell'imposta. In pratica, i beni venduti al cessionario comunitario ma non inviati in altro Stato membro, bensì introdotti in un deposito Iva, non realizzano una cessione intracomunitaria non imponibile. Pertanto, per tale cessione non deve essere compilato il modello Intra 1 bis. Al momento dell'estrazione dal deposito, effettuato dal rappresentante fiscale del cessionario comunitario, si applicherà il regime Iva in relazione alla destinazione dei beni. La risoluzione n. 66/E del 15/5/2001 ha precisato che, se la cessione dei beni mediante introduzione viene effettuata nei confronti del rappresentante fiscale dell'acquirente comunitario, non si può far ricorso alla disposizione agevolativa prevista dalla lettera c) del citato articolo 50-bis, in quanto verrebbe a mancare il rapporto diretto tra cedente nazionale e acquirente comunitario. La cessione effettuata nei confronti di un rappresentante fiscale di un operatore comunitario, infatti, realizza una cessione interna che, in quanto tale, per godere del non assoggettamento a Iva al momento dell'introduzione, deve riguardare i beni compresi nella tabella A-bis allegata al decreto legge 331/93, beni trattati normalmente in apposite borse merci (lettera d), comma 4, articolo 50-bis, decreto legge 331/93). Cessioni di beni senza estrazione Le cessioni di beni custoditi in un deposito Iva, cioè senza che gli stessi vengano estratti, sono effettuate senza pagamento dell'imposta (lettera e), comma 4, articolo 50-bis, decreto legge 331/93).Tale disposizione non è soggetta ad alcuna limitazione, per cui non rileva se i cedenti o i cessionari siano soggetti nazionali, comunitari o extracomunitari. Il cedente nazionale emetterà fattura indicando il titolo di non assoggettamento a Iva (articolo 50-bis, comma 4, lettera e), decreto legge 331/93); ovviamente, tale cessione incrementa il volume d'affari ma non crea plafond. L'acquirente nazionale che acquista beni da soggetto estero che non si sia identificato direttamente né abbia nominato un rappresentate fiscale, deve emettere autofattura ai sensi dell'articolo 17, comma 3, Dpr 633/72, senza applicazione dell'imposta, ma indicando il titolo di esclusione dall'iva (lettera e), comma 4, articolo 50-bis citato).non vige alcun obbligo per le operazioni intercorrenti tra soggetti esteri, senza rappresentante fiscale in Italia, anche se le stesse devono essere comunque comunicate, tramite documentazione, al depositario. Quest'ultimo, infatti, deve essere sempre in grado di poter seguire le transazioni intervenute, conservando copia delle fatture italiane o dei documenti esteri già annotati nel registro di cui all'articolo 50-bis comma 3. Cessioni di beni estratti da deposito Iva con spedizione all'estero Alle lettere f) e g) del comma 4 dell'articolo 50-bis del decreto legge 331/93 sono richiamate le operazioni di cessione intracomunitaria e all'esportazione di beni estratti da un deposito Iva. Entrambe le cessioni risultano non imponibili (ai sensi dell'articolo 41 del decreto legge 331/93, se intracomunitarie, ovvero ai sensi dell'articolo 8 del Dpr 633/72, se cessioni all'esportazione) e, di conseguenza, le stesse concorrono

17 alla formazione del plafond per gli esportatori abituali. Tali operazioni di estrazione possono essere adempiute anche da un rappresentante "leggero".ovviamente, se si tratta di cessione intracomunitaria, andrà compilato il modello Intra 1 bis. Prestazioni di servizi su beni custoditi in depositi Iva Tutte le prestazioni di servizi, comprese quelle di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in depositi Iva, si considerano non assoggettate a Iva (lettera h), comma 4, articolo 50-bis, decreto legge 331/93).Tale agevolazione non è soggetta ad alcun limite, anzi, le stesse prestazioni possono essere eseguite, su disposizione della medesima norma, anche in "locali limitrofi", purché di durata non superiore ai sessanta giorni. Per "locali limitrofi", il ministero delle Finanze, intervenendo sull'argomento con la risoluzione n. 149/E del 2/10/2000, intende "i locali che pur non costituendo parte integrante del deposito sono a questi funzionalmente e logisticamente collegati in un rapporto di contiguità e comunque rientranti nel complesso aziendale del depositario, qualunque sia il titolo di detenzione, con esclusione, in ogni caso, di locali gestiti da soggetto diverso dal depositario". Trasferimento di beni da un deposito Iva all'altro La lettera i), comma 4, dell'articolo 50-bis, decreto legge 331/93, dispone che beneficiano del regime di non applicazione dell'iva i passaggi di beni da un deposito Iva ad altro deposito Iva. Tale disposizione si spiega col fatto che non si è in presenza di una vera e propria estrazione e, pertanto, occorre solo un documento di passaggio, che andrà annotato dai due gestori nei registri di cui al comma 3 dell'articolo 50-bis citato.

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