Verifica di possibili criteri di individuazione di soglie pluviometriche per situazioni di emergenza idrogeologiche

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1 Verifica di possibili criteri di individuazione di soglie pluviometriche per situazioni di emergenza idrogeologiche Codice IReR: 2006B009 Project Leader: Federico Rappelli Sintesi Milano, luglio 2007

2 La ricerca è stata affidata ad IReR nell ambito del Piano delle ricerche strategiche Responsabile di progetto: Federico Rappelli, IReR. Gruppo di lavoro tecnico: Alberto Biancardi, responsabile regionale della ricerca, Dirigente U.O. Protezione Civile, D.G. Protezione civile, prevenzione e polizia locale; Maurizio Molari, responsabile del Centro Funzionale Monitoraggio Rischi, U.O. Protezione Civile; Antonella Belloni, Architetto e Responsabile dello Sviluppo attività formative e progetti UE internazionali e comunitari, U.O. Protezione Civile; Claudia Zuliani, funzionario geologo U.O. Protezione Civile. Gruppo di ricerca: Fabio Luino, geologo, ricercatore del CNR-IRPI di Torino; Guido Nigrelli, naturalista del CNR-IRPI di Torino; Chiara Giorgia Cirio, geologo, assegnista di ricerca del CNR-IRPI di Torino; Marcella Biddoccu, ingegnere ambiente e territorio assegnista di ricerca del CNR-IRPI di Torino; Monica Missaglia, geologa. Si ringrazia per il contributo dato Paolo Fassi, geologo Coordinatore Servizio Tecnico per Lombardia Informatica della Sala Operativa regionale di Protezione Civile. 2

3 La ricerca La presente ricerca è stata commissionata all IRPI-CNR di Torino dalla U.O. Protezione Civile della Regione Lombardia con lo scopo di approfondire le conoscenze sull intensità e sul quantitativo totale delle piogge innescanti i fenomeni torrentizi di trasporto in massa e di conseguenza anche sui loro tempi di sviluppo, parametro fondamentale per l emanazione degli allerta della Protezione Civile solo nei casi veri, in modo da ridurre i falsi ed i mancati allerta, che allarmano inutilmente la popolazione, creando un senso di sfiducia verso gli Enti preposti alla tutela e vigilanza del territorio. L ambiente alpino lombardo, a causa della sua morfologia, è soggetto a movimenti gravitativi sui versanti, a fenomeni torrentizi lungo i ripidi impluvi e ad esondazioni dei corsi d acqua principali sul fondovalle. Tale ambiente, quindi, risulta essere un area particolarmente idonea per lo studio della previsione e prevenzione dei fenomeni naturali. La Regione Lombardia da alcuni anni sta sviluppando alcuni progetti per poter prevenire e prevedere questo genere di fenomeni e mitigarne il loro impatto sul territorio: proprio nell ambito di queste iniziative, si colloca la tematica che ha dato vita al presente lavoro di ricerca. La ricerca è di per sé molto complessa per le numerose variabili in gioco. Tale problema è già stato affrontato in passato all estero da numerosi gruppi di lavoro, in particolare americani e giapponesi e negli ultimi decenni anche in Italia. Mentre molto si conosce ora in letteratura internazionale circa le cause predisponenti, la dinamica e la reologia dei processi torrentizi, appare ancora abbastanza difficile la ricerca di una correlazione quantitativa fra le precipitazioni innescanti e le colate fangoso-detritiche torrentizie. Nell ambito della presente ricerca sono stati considerati alla stessa stregua sia le colate detritiche torrentizie (debris flow) propriamente dette, sia quelle fangose (mud flow), non distinguendo cioè la frazione solida, in quanto nella maggior parte dei casi, se non in presenza di specifiche descrizioni o di fotografie, è risultato particolarmente difficile distinguere con certezza le une dalle altre. È stato altresì osservato, soprattutto mediante l ausilio di sopralluoghi di campagna, che questo tipo di processo naturale s innesca sovente come effetto di temporanei sbarramenti in alveo, prodotti da accumuli di soil slip o da restringimenti artificiali dell alveo torrentizio, in breve tempo asportati ad opera 3

4 della corrente. Per tale motivazione la presente ricerca ha preso in considerazione anche la possibile correlazione esistente fra precipitazioni e frane superficiali. Il fenomeno dei muddy-debris flow (MDF) attira l attenzione dei geomorfologi da oltre un secolo. Essi hanno modellato notevolmente il paesaggio alpino creando negli ultimi anni un elevatissimo numero di conoidi allo sbocco nelle vallate principali. Tali conoidi sovente, a causa della loro mole, hanno modificato la morfologia stessa del fondovalle. Sebbene numerose contromisure siano state inventate e predisposte, i MDF risultano essere ancora uno dei più pericolosi fenomeni naturali in diverse zone del pianeta: ogni anno a causa di tali processi si contano nel mondo alcune centinaia di vittime. I MDF si manifestano da migliaia di anni, eppure solamente negli ultimi decenni la comunità scientifica, le pubbliche amministrazioni e le popolazioni hanno mostrato un certo interesse. Ciò è dovuto soprattutto alla necessità di definire la pericolosità sul conoide. Tali processi naturali avvengono lungo i corsi d acqua dei bacini montani, dove gli effetti morfologici prodotti da nubifragi (soprattutto estivi), anche se localizzati, sono molto marcati e le conseguenze per le zone urbanizzate sui conoidi sono sovente molto gravi: per tale motivo i MDF risultano essere fra i più pericolosi processi geomorfologici naturali dell arco alpino. Essi sono molto diffusi, più di quanto non si creda, in quanto spesso, fino a qualche decennio fa, venivano classificate come frane. In realtà si possono considerare come fenomeni a metà fra i movimenti gravitativi e le piene torrentizie con ingente trasporto solido. La capacità distruttiva dei MDF è sovente sottovalutata in quanto essi si originano lungo torrenti alpini di modeste dimensioni, con aree di qualche chilometro quadrato, caratterizzati da portate ordinarie in più delle volte pari a qualche decina di litri/sec per la maggior parte dell anno. Le condizioni-chiave che si debbono presentare contemporaneamente affinché si manifesti il fenomeno sono essenzialmente: a) presenza di materiale detritico; b) adeguata pendenza del fondo; c) apporto di frazione liquida sufficiente per la mobilizzazione del materiale solido. Un ruolo preminente è assunto dalle ragguardevoli quantità di materiale solido mobilizzato dal torrente in piena. Si tratta di un trasporto in massa durante il quale vengono presi in carico i materiali alluvionali e detritici di ogni granulometria presenti in alveo, fino talvolta al completo svuotamento dell'asta torrentizia. Soprattutto nei bacini caratterizzati da estesi e diffusi movimenti gravitativi si possono rilevare imponenti accumuli pronti a giocare un importante ruolo nei processi torrentizi. Essi, infatti, rappresentano una cospicua fonte di alimentazione di sedimento, soprattutto se ubicati in prossimità dell asta torrentizia. Il distacco, anche se non improvviso, di una frana può provocare il temporaneo sbarramento del corso d acqua e la conseguente formazione di un invaso: la sua successiva erosione o tracimazione possono generare l improvviso collasso dello sbarramento e di conseguenza imponenti MDF. Più raramente, anche in presenza di aree glacializzate, vi è la possibilità che si manifestino colate fangoso-detritiche torrentizie, come diretta conseguenza di improvvisi 4

5 svuotamenti di laghetti proglaciali o di invasi nascosti all interno di apparati morenici frontali. La miscela solido-liquida che si muove lungo l impluvio ha una densità variabile da 1,4 ton/m³ sino a 2,5 ton/m³ e trascina spesso verso valle tronchi d'albero sradicati che ne aumentano il volume complessivo, raggiungendo in alveo altezze considerevoli, soprattutto nel settore frontale. I MDF sono in grado di trasportare massi di dimensioni ciclopiche (Figura 1). La miscela solido-liquida si muove come in un fluido viscoso: essa è composta per buona parte di acqua ed aria, mentre la parte solida può essere composta da materiale fine (argilla, limo, sabbia) che costituisce la matrice, sino a giungere a massi litoidi di grandi dimensioni, fino ad alcune centinaia di m³. Le velocità di traslazione della miscela sono comprese tra 1 m/s e 26 m/s. I tempi di sviluppo, a partire dall'inizio della precipitazione, possono dipendere dall'intensità di quest'ultima: con piogge brevi ed intense le probabilità di accadimento dei MDF aumentano considerevolmente. Durante violenti eventi idrometeorologici la risposta del bacino può essere molto rapida: superata una certa soglia pluviometrica, differente da zona a zona in funzione del clima e delle condizioni geomorfologiche (circa il 10% della precipitazione media annua della zona), i processi d instabilità sui versanti seguono una sequenza d innesco abbastanza precisa che vede originarsi rapidamente proprio i SS sui ripidi versanti e i MDF nei bacini di piccole dimensioni. Figura 1 - Comune di Novate Mezzola (SO), frazione Campo. Colata detritica torrentizia del T. Vallone di Campo, affluente del T. Mera, avvenuto nella notte fra il agosto Non vi furono vittime, ma ingenti danni (fotografia di Giacon Motta): si notino le dimensioni del masso sulla destra dell immagine 5

6 La Lombardia è una regione per buona parte montuosa e di conseguenza numerosissimi risultano essere i bacini e i sottobacini anche di piccole dimensioni. Una rapida analisi geomorfologica, condotta con l ausilio delle fotografie aeree o più semplicemente mediante la consultazione delle cartografie disponibili, può consentire facilmente d identificare con buona approssimazione i torrenti maggiormente soggetti a processi torrentizi in base alla dimensione e forma del bacino, alla pendenza dell asta torrentizia e alle dimensioni del proprio conoide alluvionale. Un altro tipo di approccio è quello storico. In base alle notizie storiche presenti nell archivio del CNR-IRPI di Torino oltre 600 bacini risultano soggetti a processi naturali che spaziano dalla piena torrentizia sino alla colata fangoso-detritica. Per alcuni di essi si dispone di una sola notizia storica relativa ad un processo che ha provocato danni (forse anche per l assenza di un centro abitato sul conoide); per altri, invece, si hanno numerose notizie e in base alla ricorrenza del fenomeno si può dedurre la pericolosità del torrente. Una ricerca condotta presso l IRPI di Torino nel 1997, riguardante i bacini soggetti a processi torrentizi nella sola provincia di Sondrio, ha messo in luce che in almeno 299 bacini si è manifestato almeno un fenomeno (piena torrentizia e MDF). Tale dato è certamente sottostimato in quanto è stato ottenuto solamente tramite un approfondita ricerca storica. Per questi 299 bacini sono state schedati ben 2025 eventi. Fra tutti i torrenti analizzati della provincia di Sondrio vale la pena citare il: - T. Tartano (Talamona), per il quale sono state ritrovate notizie storiche di almeno una settantina di eventi torrentizi (piene con ingente trasporto solido e MDF) a partire dal 1400: ciò significa un evento circa ogni 8 anni e mezzo. - T. Schiesone (Prata Camportaccio), una quarantina di eventi torrentizi (piene con ingente trasporto solido e MDF) dal 1755 ad oggi, vale a dire mediamente un evento circa ogni 6 anni. - T. Codera (Novate Mezzola), una cinquantina di eventi torrentizi (piene con ingente trasporto solido e MDF) dal 1811 ad oggi, vale a dire mediamente un evento circa ogni 4 anni. A causa della stretta connessione con i MDF, in questo lavoro sono stati presi in considerazione anche i SS, vale a dire le frane per saturazione e fluidificazione della coltre superficiale di copertura del substrato roccioso. Sono fenomeni d instabilità che si originano sia nel periodo estivo per precipitazioni di breve durata ed elevata intensità, sia nei periodi primaverile/autunnale a causa di precipitazioni prolungate: tali movimenti gravitativi assumono un interesse particolare per la diffusione areale e la loro imprevedibilità. Si tratta in genere di frane di piccole dimensioni e di modesto spessore (fra 30 cm e 1-2 m), che si generano tuttavia in numero anche molto elevato, corrispondentemente a zone prative o comunque prive di un'efficiente copertura forestale con pendenze solitamente comprese fra i 16 e i 45. I tempi di sviluppo di tali fenomeni, a partire dall'inizio della pioggia, sono molto brevi ed unico 6

7 indizio per riconoscere potenziali instabilità di questo tipo è fornito talora dalla presenza di tracce di franamenti analoghi avvenuti in passato nella medesima area. I SS risultano molto diffusi in tutto il mondo, in quanto segnalati in differenti contesti geomorfologici, caratterizzati da climi anche molto diversi (mediterraneo, tropicale, continentale). L elemento predisponente fondamentale è la presenza di una coltre di copertura eluvio-colluviale poggiante su un substrato roccioso, indipendentemente dalle caratteristiche di quest ultimo (CAMPBELL, 1975; GOVI & SORZANA, 1980). Fattore importante è anche la presenza di una netta differenziazione dei valori di permeabilità e resistenza fra la coltre superficiale e il substrato. Fattori morfologici predisponenti risultano essere la presenza di concavità longitudinali e/o trasversali del versante, rotture del pendio ed avvallamenti. Un altro fattore importante è costituito dal regime delle pressioni neutre nelle fasi antecedenti quella parossistica, le cui caratteristiche a loro volta risultano strettamente connesse con quelle pluviometriche. Nel territorio alpino lombardo il campo di variazione relativo alla precipitazione cumulata media annua varia tra 700 e 2250 mm: ciò pone in evidenza la marcata variabilità delle condizioni idrauliche iniziali in grado di determinare l innesco dei SS. Molto variabili si dimostrano, a livello mondiale, i caratteri tipici degli eventi pluviometrici innescanti: nei casi esaminati la pioggia cumulata ha avuto un minimo di 45 mm sino ad un massimo di 416 mm. Anche l intensità media della precipitazione presenta un campo di variazione compreso fra 2 e 80 mm/h, con durate dell evento da 30 a 120 ore. Metodologia d indagine Ricerca delle notizie pregresse La raccolta dei dati relativi agli eventi pregressi di MDF avvenuti sul territorio lombardo è stata condotta seguendo la classica metodologia dell IRPI di Torino, già testata in passato durante altre ricerche, che consiste innanzitutto in una approfondita rassegna bibliografica. Proprio presso l IRPI di Torino è presente la più vasta biblioteca riguardante il dissesto idrogeologico nell Italia Settentrionale. La biblioteca contiene libri e riviste inerenti l area disciplinare Scienze della Terra e dell Ambiente. Nella sezione regionale sono presenti oltre 400 pubblicazioni trattanti il territorio lombardo. Interessanti notizie sono state tratte da alcuni degli oltre 900 lavori di geomorfologia e 600 volumi di Atti di Congressi (a partire dal 1960). Sono state considerate tutte le pubblicazioni aventi almeno un accenno ad un MDF o ad un SS avvenuto in Lombardia. Il presente lavoro è stato facilitato dalla presenza del volume di GOVI & TURITTO (1994) i quali avevano già condotto un approfondita indagine sui processi naturali avvenuti in Valtellina e Valchiavenna. Purtroppo molti degli eventi da loro citati non hanno una copertura 7

8 pluviometrica temporale, essendo avvenuti antecedentemente al 1917, anno nel quale sono iniziate le misurazioni delle piogge con una certa uniformità sul territorio lombardo. Il primo archivio preso in considerazione è stato l Archivio storico dell IRPI di Torino, ove sono contenuti oltre documenti inediti, riguardanti eventi franosi, di piena e torrentizi avvenuti nell Italia Settentrionale dal 1800 ad oggi. Questi documenti sono in larga parte costituiti da relazioni descrittive a seguito di sopralluoghi, dichiarazioni di pubblica calamità, delibere comunali, segnalazioni di dissesti e di danni, rapporti d'evento, richieste di sussidio, atti pubblici e privati. Molte informazioni sugli argomenti di interesse sono conservate anche in progetti corredati di planimetrie, relazioni di testimonianze dirette, interviste, telegrammi e fotografie in bianco e nero o colore. La creazione di questo patrimonio documentale è stata possibile grazie ad un lungo lavoro di ricerca e di raccolta svolto presso numerosi archivi: quelli comunali, provinciali e regionali, gli Archivi di Stato, dell ex Ministero LL.PP., degli Ispettorati Provinciali della Agricoltura, dell'ispettorato Ripartimentale delle Foreste, delle Prefetture, dei Provveditorati Regionali alle Opere Pubbliche, degli Uffici del Genio Civile, dell'azienda Nazionale Autonoma Strade Statali e altri di tipo privato. Nell archivio storico dell IRPI sono stati passati in rassegna i documenti presenti nelle cartelle di ogni singolo centro abitato montano lombardo, con particolare riguardo per quelli ubicati su conoide. Le numerose notizie sono state selezionate e validate, prima di essere inserite nel database. Anche in questo caso, come in quello precedentemente citato, moltissimi eventi essendo avvenuti prima del 1917 sono stati così raccolti, ma non utilizzati per la fase di analisi. La ricerca di documenti relativi ed eventi pregressi è proseguita presso gli archivi dell ARPA della Regione Lombardia (archivi dell ex Servizio Geologico). Le relazioni tecniche, correlate da cartografie e talora da fotografie riferite agli eventi descritti sono disseminate in diversi archivi che negli ultimi anni hanno subito almeno due traslochi. Non esiste a tutt oggi un elenco aggiornato di tutti gli archivi regionali e del loro specifico contenuto: il personale non è in grado d indicare con certezza l ubicazione di diversa documentazione archiviata. Presso il terzo piano dello stabile di Via Sassetti sono stati consultati tutti i faldoni delle province di Sondrio, Bergamo, Brescia, Como, Lecco e Varese. In ogni faldone sono solitamente contenuti una decina di cartelle, ognuna delle quali contiene documenti riguardanti i dissesti pregressi di uno specifico territorio comunale. Sono stati ritrovati alcune decine di relazioni descriventi MDF e SS, soprattutto coinvolgenti centri abitati, ma purtroppo pochi riferimenti agli orari d innesco. Sempre nello stesso stabile sono stati consultati i faldoni relativi alla Legge 267/98 (studi per perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico molto elevato e progetti per la messa in sicurezza di tali aree). Anche in questo caso, i documenti utili per la presente ricerca non sono stati molti. Di rilevante importanza ai fini dello studio è stata la visita effettuata in 7 archivi comunali di altrettanti centri abitati scelti fra quelli maggiormente interessati in passato da MDF. Sono stati quindi visionati gli archivi dei comuni di: Bormio, Sondalo, Chiesa Valmalenco, Lanzada, Torre Santa Maria, Novate 8

9 Mezzola e Prata Camportaccio. Tutti sono risultati ben ordinati e di facile accesso. In tutti i Comuni vi è stata grande disponibilità da parte del personale tecnico che ha fornito indicazioni utili e talvolta ha accompagnato il gruppo di lavoro in sopralluoghi lungo l asta dei torrenti, mostrando le situazioni idrauliche più critiche. Il materiale ritrovato è stato numeroso e di ottima qualità a partire dal 1820 circa sino ai giorni nostri. Le relazioni inedite descrivono gli eventi in maniera accurata e talvolta sono accompagnate da indicazioni sulle aree colpite, cartografie, valori quali volumetrie e spessori e persino fotografie. Purtroppo solamente una ventina di documenti descriventi MDF e SS sono stati correlati alle precipitazioni orarie, essendo avvenuti posteriormente all inizio delle registrazioni. Un ulteriore incremento di dati si è ottenuto con la consultazione degli Archivi del Corpo Forestale dello Stato. Sono stati visitati l Archivio del Coordinamento provinciale di Sondrio e l Archivio del Coordinamento Regionale a Milano, in Via Vitruvio 43. Il Corpo Forestale, a partire dagli anni 70 del secolo scorso, ogni qual volta avveniva un dissesto che interessava zone di sua competenza, effettuava un sopralluogo, compilando una scheda di sintesi. Tale scheda, contenente informazioni sull ubicazione (cartografia IGM), la data ed eventualmente l ora di accadimento, le caratteristiche geometriche, le caratteristiche geologiche, le cause probabili, i danni, ecc. è risultata di grande utilità. Sono state raccolte un ottantina di documenti prodotti dalla fine degli anni 60 del secolo scorso, sino al novembre Tramite l Ordine dei Geologi della Regione Lombardia è stata richiesta la collaborazione dei geologi liberi professionisti regionali. A quelli delle province di Sondrio, Bergamo, Brescia, Como, Lecco e Varese è stata inoltrata una scheda tipo, di rapida e semplice compilazione, con particolari indicazioni sulla tipologia del fenomeno, l ubicazione, la data e l orario di accadimento. Su 62 professionisti contattati due hanno risposto, inviando 15 schede in tutto. Nel corso della ricerca sono state complessivamente raccolte informazioni relative a 1126 fenomeni di instabilità, che è stato possibile classificare, secondo le descrizioni contenute nei documenti, come MDF o SS. In particolare, presso gli archivi storici dell IRPI CNR di Torino e comunali, è stata rinvenuta documentazione relativa a 327 processi di questo tipo avvenuti a partire dalla fine del XVI secolo fino al Per tali eventi non si può ovviamente disporre di misure pluviometriche, sebbene spesso nei documenti siano contenute indicazioni qualitative relative alle condizioni meteorologiche corrispondenti all accadimento del fenomeno. Relativamente ai fenomeni avvenuti tra il 1917 ed il 2006, si nota che 222 sono tratti da documenti conservati presso l Archivio dell IRPI di Torino (copie, pubblicazioni, stampa locale, ecc.) mentre i restanti 577 sono stati estratti da documenti consultati presso gli archivi della Direzione Generale Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia, del Corpo Forestale dello Stato, comunali 9

10 oppure ricavati da pubblicazioni scientifiche o da schede compilate dai liberi professionisti. Tra i casi utilizzabili ai fini della ricerca ricadono tutti i fenomeni per i quali, oltre al giorno di accadimento, è stato possibile ricavare informazioni relative all orario d innesco. Talvolta le informazioni non sono state ottenute da un unico documento, ma ricavate dall unione di notizie provenienti da diverse fonti. In alcuni casi è nota l ora esatta in cui il fenomeno è avvenuto o una fascia oraria ristretta, in altri l indicazione temporale è più generica (mattina, pomeriggio, sera, notte) e di conseguenza meno precisa anche per la sua soggettività (Figura 2). Figura 2 - Fenomeni di instabilità (MDF e SS) avvenuti in Lombardia per i quali sono state rintracciate informazioni nel corso della ricerca. I fenomeni avvenuti nel periodo sono stati suddivisi a seconda della massima precisione con cui è indicato nei documenti l accadimento: A= informazioni relative al solo anno di accadimento (2,5%); M= mese o periodo dell anno di accadimento (13,4%); G= giorno di accadimento (35,9%); T= momento della giornata di accadimento (31,8%); O= ora di accadimento (16,4%) T 31,8% O 16,4% G 35,9 % M 13,4 % A 2,5% Per quanto riguarda i 799 processi avvenuti tra il 1917 ed il 2006, si può osservare che: - nel 2,5 % dei casi si conosce solo l anno di accadimento; - per il 13,4 % è noto il mese o il periodo dell anno (ad esempio la stagione) di accadimento; - nel 35,9 % è noto il giorno di accadimento; - nel 31,8 % è noto il momento della giornata in cui è avvenuto il fenomeno; - soltanto per il 16,4 % dei fenomeni si conosce l ora di accadimento. Sono 385 i processi naturali avvenuti tra il 1917 ed il 2006 dei quali è noto almeno il momento della giornata un cui è avvenuto l innesco: per 259 di essi è 10

11 stato possibile avere a disposizione dati pluviometrici (giornalieri o orari) relativi agli eventi che li hanno generati: questi fenomeni costituiscono la banca dati sulla quale sono state poi effettuate le successive analisi nel corso della ricerca. Si tratta dei fenomeni avvenuti nel settore pre-alpino ed alpino della Regione Lombardia, per i quali sono noti, oltre alla localizzazione: - data esatta e orario (più o meno preciso) di accadimento; - dati pluviometrici registrati da strumenti posti a distanza inferiore a circa 5 km dal luogo di accadimento del fenomeno. Si rimanda al paragrafo successivo per le considerazioni relative al tipo ed alla qualità di dati pluviometrici acquisiti. Le segnalazioni sono state ricavate da comunicazioni degli enti locali, da relazioni tecniche redatte da tecnici comunali o geologi del Servizio Regionale o da liberi professionisti, da schede compilate dal personale del Corpo Forestale, da notizie di giornale, da pubblicazioni scientifiche, da indicazioni dei liberi professionisti operanti in Regione Lombardia. I fenomeni censiti sono avvenuti nel periodo compreso tra il 1927 ed il 2006 (Figura 3), nel territorio ricadente nelle attuali province di Brescia, Como, Lecco, Sondrio. La maggior parte dei fenomeni di instabilità risultano essere avvenuti in provincia di Sondrio (79%), seguita dalla provincia di Brescia (14%). Figura 3 - Suddivisione per province dei fenomeni di instabilità avvenuti nel territorio lombardo tra il 1917 e il 2006 (per cui sono disponibili dati pluviometrici ed è noto il momento della giornata o l orario di accadimento) SO 79% LC 1% CO 1% BS 14% BG VA 3% 2% Ricerca dei dati pluviometrici Lo studio della correlazione tra fenomeni di instabilità e precipitazioni presuppone la disponibilità di dati pluviometrici relativi agli eventi oggetto di studio. 11

12 Nel corso della presente ricerca è stato quindi necessario acquisire il maggior numero di dati pluviometrici relativi agli eventi nel corso dei quali è stato registrato l innesco di movimenti di massa. La ricerca dei dati pluviometrici si è svolta attraverso fasi successive: 1. censimento delle reti di misura pluviometrica in Regione Lombardia; 2. verifica dell ubicazione delle stazioni pluviometriche e della disponibilità dei dati; 3. acquisizione dei dati relativi agli eventi selezionati. Nell effettuare la ricerca storica relativa ai fenomeni di instabilità avvenuti sul territorio lombardo sono stati selezionati, in prima approssimazione, gli eventi successivi al 1917, anno in cui fu costituito il Servizio Idrografico Mareografico Nazionale (SIMN). Dopo aver effettuato l ubicazione del fenomeno considerato e la georeferenziazione del punto d innesco relativo in GIS, si è reso necessario verificare la disponibilità di dati pluviometrici relativi all evento meteorologico connesso all innesco dell instabilità, registrati da stazioni di misura poste possibilmente all interno del sottobacino in cui si è verificato il fenomeno o, comunque situate ad una distanza massima di circa 5 km rispetto all ubicazione dello stesso (Figura 4). Figura 4 - Fenomeni di instabilità censiti avvenuti a partire dal 1564, con indicazione della disponibilità di dati pluviometrici e di informazioni più o meno precise relative all orario d innesco Eventi periodo Eventi periodo Eventi periodo privi di dati pluviometrici Eventi periodo con dati pluviometrici e senza indicazione oraria di accadimento Eventi periodo con dati pluvio con orario e indicazione ora di accadimento generica Eventi periodo con dati pluvio con orario e indicazione ora di accadimento precisa La fase di analisi dei dati pluviometrici è stata attuata sui fenomeni per i quali si hanno a disposizione, oltre all ora d innesco, dati pluviometrici su base oraria o semioraria, a seconda che tali dati provengano da pluviografi tradizionali 12

13 (strumenti dell ex SIMN) oppure da strumenti di misura automatici appartenenti alla rete di monitoraggio pluviometrica dell ARPA Lombardia. I fenomeni considerati sono stati classificati, in base alla loro dinamica, in tre categorie: i fenomeni classificati come MDF risultano essere 171, i SS 75 e i SS evoluti in MDF 13 (Figura 5). Figura 5 - Fenomeni d instabilità considerati nella fase di analisi dei dati, suddivisi a seconda della tipologia SS 75 SS/MDF 13 MDF 171 Database georefenziato per la catalogazione dei fenomeni Per una veloce ed agevole consultazione e gestione dei dati raccolti, i fenomeni, di cui è stato possibile reperire informazioni sull orario di accadimento e dati di pioggia con campionamento orario o semiorario, sono stati schedati ed inseriti in un database strutturato in forma tabellare (Tabella 1), contenente informazioni esaustive sulle caratteristiche temporali, spaziali e dinamiche del processo naturale. Per ogni evento, il punto di innesco del dissesto è stato georiferito, mediante l utilizzo di applicazioni GIS, nel sistema regionale della Lombardia (coordinate Gauss Boaga), utilizzando come base cartografica di riferimento la Carta Tecnica Regionale alla scala 1: È stato ottenuto, quindi, un database georeferenziato, che consente un immediata localizzazione spaziale dei fenomeni. Questo passaggio è risultato essenziale per poter visualizzare il database in ambiente GIS e confrontare l ubicazione dei fenomeni con quella delle stazioni pluviometriche presenti nel territorio regionale, allo scopo di individuare gli strumenti di misura più vicini e più rappresentativi per l analisi delle piogge correlate. 13

14 Tabella 1 - Stralcio della tabella dei movimenti di massa catalogati nel database, ordinati in modo crescente secondo il campo codice fenomeno CODICE FENOMENO BACINO GENERALE BACINO DI ORDINE SUPERIORE ASTA TORRENTIZIA COIVOLTA 1LUGIA Ticino (F.) Lugano (L.) Giarone (Riale) CO PROV COMUNE LOCALITÀ ANNO MESE GIORNO ORE TIPOLOGIA Campione d'italia Val Cottima - Via Totone MDF STAZIONI AUTOMATICHE STAZIONI MECCANICHE San Fedele Intelvi UBICAZIONE CLASSE ARCHIVIO GA 2 Territorio- Lombardia 3ADARL Adda (F.) Adda (F.) Arlate (T.) SO Grosotto Grosotto * M MDF Fusino Valgrosina GA 2 CNR-IRPI Torino 3ADCAM Adda (F.) Adda (F.) Campello (T.) SO Bormio Bormio MDF Bormio GA 1 CNR-IRPI Torino 3ADCAM Adda (F.) Adda (F.) Campello (T.) SO Bormio Val Campello MDF Presa d'adda; Presa Frodolfo Bormio GA 1 Comune di Bormio 3ADCAM Adda (F.) Adda (F.) Campello (T.) SO Bormio Val Campello MDF Presa d'adda; Presa Frodolfo Bormio GA 1 Comune di Bormio + Territorio- Lombardia 3ADCAM Adda (F.) Adda (F.) Campello (T.) SO Bormio Val Campello MDF Presa d'adda; Presa Frodolfo Bormio GA 1 Comune di Bormio 3ADCAM Adda (F.) Adda (F.) Campello (T.) SO Bormio Val Campello P MDF Presa d'adda; Presa Frodolfo Bormio GA 1 Comune di Bormio 3ADCAN Adda (F.) Adda (F.) Canale (T.) SO Tirano Conoide del T. Canale S MDF Tirano GA 2 CNR-IRPI Torino 3ADFIN Adda (F.) Adda (F.) Fine (T. di Valle) SO Val di Sotto Ponte del Diavolo MDF Le Prese GA 2 CNR-IRPI Torino 3ADFRO Adda (F.) Adda (F.) Frodolfo (T.) SO Valfurva S. Caterina N MDF 3ADIMP Adda (F.) 3ADLAV Adda (F.) Adda (F.) Adda (F.) Impluvi Versante SO Costiera del Reit La Vallaccia (R. ) 3ADMAL Adda (F.) Adda (F.) Mallero (T.) SO SO Bormio Versante SO Costiera del Reit- SS. Stelvio-Bagni Vecchi MDF SO Val di Sotto Cepina N MDF Chiesa Valmalenco Costi MDF Presa Frodolfo; Santa Caterina Presa d'adda; Presa Frodolfo Curlo; Funivie Bernina; Laghi Chiesa; Ganda di Lanzada; Piazzo Cavalli Forni GA 1 Bormio P 2 Bormio; Le Prese GA 2 Lanzada P 1 CNR-IRPI Torino Comune di Bormio + Territorio- Lombardia CNR-IRPI Torino Territorio- Lombardia

15 Conclusioni La ricerca delle informazioni relative ai movimenti di massa che sono stati considerati per il presente lavoro e la successiva acquisizione dei dati degli eventi pluviometrici potenzialmente responsabili di detti movimenti, ha consentito di raccogliere complessivamente 142 casi. Di questi, solamente 46 riportano l ora certa dell avvenuto movimento (32% sul totale dei casi rilevati), mentre i restanti 96, contengono informazioni temporali indicative (es. mattina, pomeriggio, tarda sera). Al fine di poter trarre conclusioni di tipo applicativo circa le relazioni piogge-movimenti, è indispensabile poter focalizzare l attenzione sui casi in cui è segnalata l ora dell avvenuto movimento. I 46 fenomeni sono ordinati per tipologia di movimento: 34 si riferiscono a MDF e 12 a SS; di questi, gli ultimi due sono stati classificati come soil slip evoluti in colata (SS-MDF). Le colate fangoso-detritiche torrentizie sono processi naturali molto comuni nell ambiente alpino: le numerose vallate lombarde non risultano essere esenti da tali fenomenologie. I numerosi fenomeni che da diecimila anni a questa parte si sono susseguiti formando ampi conoidi sui fondivalle principali hanno causato danni a strutture e infrastrutture via via sempre più ingenti a causa dell aumentare della pressione antropica. Le rare volte in cui in passato vi sono state distruzioni e morti sono probabilmente da ascriversi all imprevedibilità delle colate detritiche torrentizie che talora possono manifestarsi con volumi superiori al passato o disalveare all apice del conoide dirigendosi verso aree mai colpite precedentemente. La natura imprevedibile del processo è condizionata, come ampiamente descritto nel primo capitolo, da moltissime variabili, prima fra tutte la pioggia. L estrema difficoltà nella previsione è legata al fatto che non sussista sempre una correlazione diretta fra precipitazione intensa e movimento di massa. Un analisi condotta, infatti, su tutti i diagrammi settimanali relativi a 7 stazioni pluviometriche (Bormio, Chiavenna, Codera, Fusino Valgrosina, Lanzada, Mese e Moledana Ratti) ha messo in luce la presenza di numerosissimi eventi pluviometrici caratterizzati da precipitazioni particolarmente intense che non hanno provocato alcun fenomeno documentato, pur avendo avuto un intensità oraria maggiore di alcuni eventi responsabili dell innesco di detti fenomeni. È il caso dello scroscio temporalesco registrato presso la stazione meteorologica di Codera il 9 agosto 1957, pari a 53,4 mm in poco più di 2 ore. In 15

16 tal caso non è stato ritrovato alcun documento che testimoni l accadimento di un MDF. Uno dei problemi maggiori è costituito dall assoluta mancanza di osservazioni dirette compiute in corso di evento, lacuna che si traduce nella difficoltà di ubicare correttamente i luoghi di innesco dei MDF e nella corretta comprensione dei loro meccanismi. Dall'analisi della distribuzione cronologica degli eventi emerge come questi processi possano ripetersi a intervalli di tempo considerevoli (nell'ordine delle decine di anni), sovente con carattere episodico se rapportato alla scala dell'esistenza umana, e con ricorrenze tali da attenuare il ricordo e quindi la sensibilità e la coscienza della situazione di pericolo. È necessario quindi che per la zona in esame si debba disporre di un adeguata banca dati, relativamente al tipo di processo naturale considerato: maggiore è il numero delle notizie pregresse, migliore sarà la definizione dello scenario. Nell affrontare uno studio volto all individuazione di soglie pluviometriche, in fase preliminare occorre: - definire l area in esame e di conseguenza il tipo di soglia: a seconda delle finalità della ricerca e della precisione che si vuole ottenere, è necessario stabilire se la soglia deve essere di tipo regionale o locale. Nel secondo caso sarà necessario infittire i dati relativi alle condizioni climatiche, geomorfologiche e litologiche, ai fenomeni di dissesto e agli eventi pluviometrici; - definire il tipo di processo naturale (MDF, SS, frana, piena, ecc.) al quale correlare la soglia pluviometrica. La scelta comporterà l analisi di differenti tipologie di eventi pluviometrici: estivi, brevi ed intensi nella maggior parte dei casi per i MDF e SS, primaverili/autunnali e di più giorni di durata per frane profonde e piene fluviali; - definire i parametri pluviometrici (durata, intensità oraria, PMA, ecc.) da utilizzare per la definizione delle soglie, a seconda del tipo di soglia empirica che si vuole ottenere. Per quanto riguarda i dati pluviometrici, è importante disporre di strumenti di riferimento adeguati nell area in esame, che rispondano a determinati criteri relativamente a: - localizzazione: le stazioni scelte devono essere rappresentative per l area in esame e poste a quote e distanze adeguate rispetto ai fenomeni considerati, possibilmente all interno del bacino idrografico considerato; - tipo di strumento: per poter effettuare uno studio finalizzato all individuazione di soglie pluviometriche è necessario disporre di strumenti in grado di registrare la pioggia oraria o meglio ancora semioraria; le registrazioni delle precipitazioni giornaliere (pluviometri) non sono purtroppo utilizzabili; - disponibilità di dati: è necessario che siano disponibili serie storiche di dati, relative agli strumenti di riferimento, tali da permettere una 16

17 ricostruzione degli eventi considerati ed, eventualmente, l analisi statistica dei dati. A seconda della quantità e della precisione dei dati su cui si basa lo studio, sarà possibile ottenere una soglia più o meno attendibile, la validità della quale potrà essere verificata in caso di avvenimento di nuovi eventi meteorici eccezionali che provochino processi d instabilità. Come detto nelle considerazioni preliminari, in Lombardia non esiste a tutt oggi alcun bacino sperimentale attrezzato nel quale poter condurre ricerche utili allo sviluppo delle conoscenze sulle correlazioni fra precipitazioni e MDF. Sulla base dei dati e delle informazioni raccolte per la presente ricerca, molti bacini risulterebbero essere sedi ottimali da un punto di vista sperimentale: si segnala in maniera particolare il bacino del Torrente Rezzalasco (Comune di Sondalo, Valtellina), che oltre a manifestare MDF con una frequenza quasi annuale, è stato sede di un attenzione particolare da parte dell Amministrazione comunale che ha impegnato recentemente ingenti quantità di denaro per ottenere un rilievo con laser-scanner e conseguentemente un DTM ad alta precisione. La capacità distruttiva delle colate è ampiamente dimostrata da documenti storici pregressi, testimonianze e fotografie. I tempi ridotti di preavviso e l elevata velocità delle colate detritiche rendono quanto mai difficile qualsiasi intervento di salvaguardia e di mitigazione del rischio. La prevenzione dei MDF consiste nella predisposizione di misure utili ad evitare danni, vale a dire difese passive o difese attive. Le prime limitano l uso delle aree esposte a rischio sia in maniera definitiva, sia in corso di evento, senza peraltro intervenire sul processo. Le seconde intervengono, invece, direttamente sul fenomeno e sui suoi possibili effetti. La previsione di tali fenomeni non è certamente facile: per poter prevedere esattamente quando e in che modo si manifesterà il processo non sono sufficienti né le notizie degli eventi pregressi (che danno un idea della ricorrenza temporale e della predisposizione del bacino a produrre MDF), né una precisa zonazione del conoide con differenti livelli di rischio. Tali conoscenze possono senz altro aiutare, ma senza dubbio la mitigazione del rischio può avvenire solamente grazie all utilizzo di tecnologie innovative. Sarebbe necessario quindi installare all interno di ogni bacino indagato un sistema di monitoraggio ed allarme in grado di allertare la popolazione esposta al rischio, in maniera tale da limitare il più possibile i danni producibili. È ovvio che la buona riuscita sia condizionata dal tipo di strumentazione che si posiziona all interno dal bacino soggetto a MDF: e ciò dipende da quanto si è disposti ad investire. È necessario valutare se il sistema di monitoraggio in tempo reale sia economicamente vantaggioso e cioè se la colata sia in grado di arrecare danni maggiori dei costi degli interventi. E tutto ciò senza tenere in considerazione le vite umane, che ovviamente non hanno prezzo. Un adeguata informazione sui rischi presenti su un determinato territorio è di fondamentale importanza in un ottica di prevenzione dell emergenza. Si legge nella nota di sintesi dell OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) in merito ai rischi emergenti nel XXI secolo che: Una risposta efficace all emergenza dipende non solo dalle azioni condotte 17

18 immediatamente prima, durante o subito dopo una catastrofe, ma anche e soprattutto, dai piani, strutture e accordi preesistenti per coordinare in modo ampio ed efficace gli interventi del governo, dei volontari e delle società private. Le azioni che si possono condurre in fase preventiva consistono nella valutazione dei rischi presenti nell ambiente e nel fornire una comunicazione efficace per giungere all attivazione di schemi di comportamento idonei. Molti fenomeni naturali, infatti, non possono essere evitati e sono sovente difficilmente prevedibili: è possibile far sì che essi non si trasformino in eventi calamitosi, operando per ridurre la vulnerabilità dei sistemi fisici ed umani esposti. Come si può arrivare a questo? Innanzitutto è necessario conoscere a fondo quali siano i processi naturali che possono generare il rischio per la popolazione in una data area. La conoscenza permetterà di poter creare un sistema di monitoraggio in continuo che consenta alla popolazione che vive in zone a rischio di poter avere un tempo sufficientemente ampio per potersi mettere in salvo. Ma fondamentale risulterà essere un approfondita formazione della popolazione stessa affinché si renda conto dei rischi ai quali è soggetta, legati all evoluzione che può avere il processo naturale durante la fase culminante, delle zone che potrebbero essere maggiormente colpite e di conseguenza sia a conoscenza delle vie preferenziali di fuga. La formazione e l informazione dovrebbe essere il primo passo per una corretta cultura ambientale, affinché la popolazione non commetta in futuro gli errori di pianificazione territoriale che sovente sono stati commessi in zone a rischio. Possiamo considerare, quindi, un duplice aspetto nella valutazione del rischio: da un lato avremo attività mirate a contenere la vulnerabilità del territorio tramite l uso di tecnologie nuove ed emergenti e la costituzione di un sistema di monitoraggio e di sorveglianza efficace, dall altra la formazione di una cultura del rischio che coinvolga i cittadini, ma anche i politici, gli amministratori comunali, i tecnici, i volontari, gli insegnanti, gli studenti e qualunque gruppo sociale. Ciò può avvenire tramite una comunicazione efficace, intesa sia come scambio di contenuti informativi, sia come capacità di relazionarsi con l altro. Comunicazione non come un processo a senso unico in cui gli esperti istruiscono la popolazione, bensì come un circuito interattivo e retroattivo in cui i ruoli siano intercambiabili e le informazioni fluiscano tra i diversi attori. Il messaggio va curato nella struttura e nel contenuto, va diffuso attraverso mezzi diversificati e riproposto attraverso molteplici canali. 18

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