Università degli Studi di Napoli Federico II. Dosimetria per la tomografia del seno a contrasto di fase con luce di sincrotrone

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1 Università degli Studi di Napoli Federico II Scuola Politecnica e delle Scienze di Base Area Didattica di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica Laurea Magistrale in Fisica TESI DI LAUREA SPERIMENTALE IN FISICA MEDICA Dosimetria per la tomografia del seno a contrasto di fase con luce di sincrotrone Relatori: Prof. Paolo Russo Dott. Giovanni Mettivier Candidata: Francesca Emiro Matricola N94/130 Anno Accademico 2013/2014

2 Prima fra le doti, acquista la sapienza; a costo di tutto ciò che possiedi acquista l intelligenza. Stimala ed essa ti esalterà, sarà la tua gloria, se l abbraccerai. Una corona di grazia porrà sul tuo capo, con un diadema di gloria ti cingerà. Proverbi 4, 7:8

3 INDICE INTRODUZIONE i 1. TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA DEDICATA ALLA MAMMELLA Lo screening mammografico e la necessità dell imaging 3D Imaging tomografico della mammella Cone-beam breast CT: gli studi dell Università della California a Davis Cone-beam breast CT e scanner ad elevata risoluzione: gli studi dell Università di Napoli Altri esempi di scanner per l imaging tomografico della mammella Imaging in contrasto di fase Il contrasto nell imaging dei tessuti molli Interferometria con cristallo Interferometria con reticolo Imaging basato sull analizzatore (Analyzer-Based Imaging/ Diffraction Enhanced Imaging, ABI/DEI) Imaging basato sulla propagazione (Propagation-Based Imaging/ Refraction Enhanced Imaging, PBI/REI) Imaging della mammella con luce di sincrotrone Mammografia in contrasto di fase Tomografia IL PROGETTO SYRMA-CT 2.1. Presentazione del progetto La beamline SYRMEP (SYnchrotron Radiation for Medical Physics) Adeguamento della strumentazione all esecuzione di un esame tomografico Il rivelatore del progetto SYRMA-CT Il primo test di imaging presso la linea SYRMEP Adeguamento del rivelatore alla tomografia del seno con luce di sincrotrone 34

4 2.3. Dosimetria Dose ghiandolare media Indice di dose in tomografia computerizzata (CTDI) Distribuzione di dose RISULTATI DELLE MISURE DOSIMETRICHE 3.1. Misure dell indice di dose in tomografia computerizzata (CTDI) Analisi della risposta in energia dei dosimetri a termoluminescenza LiF:Mg,Cu,P Calibrazione con radiazione ϒ da 60 Co Risposta alla radiazione di sincrotrone con energia nel range kev Distribuzione della dose depositata durante una scansione tomografica 54 CONCLUSIONI 59 BIBLIOGRAFIA 60

5 INTRODUZIONE Il cancro alla mammella rappresenta la malattia oncologica più diffusa nella popolazione femminile. Esso risulta maggiormente diffuso nelle donne appartenenti alla fascia di età compresa tra i 45 e i 64 anni. La diagnosi precoce si è rivelata uno strumento efficace per la riduzione della mortalità ed è inscindibilmente legata alle potenzialità degli strumenti diagnostici. La mammografia a raggi X rappresenta, ad oggi, la metodologia diagnostica più valida per la rivelazione di anomalie del tessuto mammario e, per questo, nei protocolli diagnostici di screening ne è consigliata l esecuzione con cadenza annuale alle donne di età superiore ai anni. Negli ultimi anni, la tecnica mammografica ha compiuto notevoli progressi che hanno portato, ad esempio, allo sviluppo di rivelatori digitali dedicati, tramite i quali è possibile ottenere immagini di qualità superiore rispetto alle convenzionali lastre radiografiche, aumentando l efficacia della metodologia. Tuttavia, la mammografia presenta delle limitazioni particolarmente significative nel caso di mammelle dense in quanto la prevalenza di tessuto fibroghiandolare può impedire la rivelazione di eventuali lesioni a basso contrasto. Il problema risiede principalmente nella geometria di acquisizione poiché la compressione della mammella e la produzione di immagini bidimensionali di una struttura tridimensionale amplificano l effetto della sovrapposizione delle strutture anatomiche. Con la tomografia computerizzata a raggi X, che è una tecnica di imaging tridimensionale, è possibile ottenere una mappa 3D delle strutture della mammella. Tuttavia, in tal caso non è possibile utilizzare gli scanner TAC convenzionali a causa dell eccesivo rilascio di dose di radiazione ai tessuti non direttamente interessati dall indagine diagnostica. E, quindi, necessario sviluppare sistemi di scansione TAC dedicati alla mammella. Nei laboratori di ricerca sono stati realizzati alcuni prototipi di scanner CT dedicati, a tutt oggi in fase di caratterizzazione e implementazione. Ulteriori vantaggi nella rivelazione di lesioni piccole o a basso contrasto si possono ottenere utilizzando tecniche di imaging a raggi X a contrasto di fase. Tali tecniche si basano sulla rivelazione della figura di interferenza che si origina dalla sovrapposizione di onde elettromagnetiche che subiscono un cambiamento di fase nell attraversare mezzi di diverso indice di rifrazione all interno di un campione. Il contrasto di fase, rispetto alle convenzionali tecniche basate sull assorbimento della radiazione da parte dei tessuti, migliora la visibilità di strutture di i

6 piccole dimensioni, come le microcalcificazioni, o con proprietà di assorbimento simili al mezzo circostante, come i noduli. La radiazione di sincrotrone, grazie alle sue caratteristiche di monocromaticità, coerenza spaziale e grande intensità permette la rivelazione simultanea di effetti di fase e di assorbimento e risulta, pertanto, un potente mezzo per lo sviluppo di tecniche innovative di diagnostica della mammella. SYRMA-CT (Synchrotron Radiation for Mammography Computed Tomography) è un progetto dell Istituto Nazionale di Fisica Nucleare che si avvale della collaborazione di diversi gruppi di ricerca italiani e che ha l obiettivo di indagare le potenzialità diagnostiche della tomografia della mammella a contrasto di fase con luce di sincrotrone e promuoverne la sperimentazione clinica. Il progetto, avviato nel gennaio 2014, viene condotto principalmente presso la linea di fascio SYRMEP (linea di fascio dedicata ad applicazioni mediche) della facility di luce di sincrotrone ELETTRA, a Trieste. Il confronto con le tecniche diagnostiche esistenti si basa sulla valutazione della dose di radiazione somministrata alla paziente, oltre che sulla qualità delle immagini. E importante sottolineare che l impiego di una data tecnica radiologica dipende inevitabilmente dal compromesso tra efficacia diagnostica e rischio radioindotto e, per questo motivo, la dosimetria rappresenta un aspetto fondamentale nello sviluppo e nell applicabilità clinica della tomografia della mammella proposta da SYRMA-CT. Il lavoro presentato in questa tesi di laurea magistrale è stato svolto nell ambito del progetto SYRMA-CT e ne ha affrontato prevalentemente le problematiche di carattere dosimetrico, facendo riferimento ai protocolli utilizzati in mammografia e in tomografia. Particolare attenzione è stata dedicata alla caratterizzazione di dosimetri a termoluminescenza (TLD) in termini di risposta al fascio di luce di sincrotrone al variare dell energia. Tali misure hanno permesso, in questa fase preliminare dell esperimento, di valutare la distribuzione di dose in un fantoccio semi-ellissoidale simulante la mammella, ma sono state motivate principalmente dall applicabilità dei TLD alla dosimetria in vivo. L elaborato presenta, nella sua parte iniziale, una panoramica sui più recenti sviluppi tecnologici nell ambito dell imaging diagnostico dedicato alla mammella. In particolare vengono descritte le tecniche di tomografia dedicata, le potenzialità dell imaging a contrasto di fase e le applicazioni con luce di sincrotrone. Nella seconda parte ii

7 è stato dettagliatamente descritto il progetto SYRMA-CT, con particolare attenzione agli aspetti tecnici che riguardano la linea di fascio e il rivelatore. Sono state poi illustrate le principali quantità dosimetriche di interesse tra cui la dose ghiandolare media, che rappresenta la quantità di riferimento in mammografia, e il CTDI che è un indice di dose utilizzato in tomografia computerizzata. Infine, vengono presentati i risultati preliminari delle misure effettuate presso la linea di fascio SYRMEP. iii

8 1. TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA DEDICATA ALLA MAMMELLA 1.1 LO SCREENING MAMMOGRAFICO E LA NECESSITÀ DELL IMAGING 3D Il tumore al seno è la neoplasia più frequente nelle donne. Secondo i dati dell Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM), esso rappresenta il 29.5% di tutte le diagnosi tumorali femminili ed è causa del 17% delle morti per malattia oncologica. Figura 1.1: dati sull incidenza (a) e sulla mortalità (b) di tumori distinti per sede. Dati dell AIRTUM riferiti alla popolazione femminile e relativi all anno 2009, raccolti dai 38 registri tumori presenti sul territorio nazionale. [1] La diagnosi precoce del cancro al seno è di primaria importanza poiché il trattamento di tumori di piccole dimensioni consente interventi chirurgici conservativi (ovvero senza asportazione totale della mammella) e riduce la mortalità. Osservando i trend temporali di incidenza e mortalità per tumore al seno si vede come, a partire dai primi anni Novanta, a un aumento dell incidenza non corrisponde un aumento della mortalità. L aumento dell incidenza non è rappresentativo di una reale maggiore diffusione della malattia, ma si pensa sia il risultato di una sempre crescente espansione dell attività di screening che consente la diagnosi della malattia anche agli stadi iniziali che, a sua volta, garantisce una migliore prognosi grazie all applicazione tempestiva dei protocolli terapeutici. 1

9 tassi grezzi Incidenza Mortalità Anno Figura 1.2: Tassi grezzi di incidenza e mortalità per il cancro alla mammella, per abitanti. Valori calcolati per donne residenti in Italia appartenenti a tutte le fasce di età (0 99 anni). [2] Attualmente la mammografia rappresenta l esame diagnostico più efficace per la diagnosi del tumore alla mammella nelle pazienti asintomatiche, essendo, tra l altro, in grado di rivelare la presenza di cluster di microcalcificazioni che talora possono essere espressione di lesioni tumorali o preneoplastiche. Inoltre, l impiego di rivelatori digitali, in sostituzione delle lastre radiografiche, ha apportato numerosi vantaggi rispetto alla tecnica convenzionale in termini di qualità dell immagine e di dose di radiazione somministrata alla paziente. Tuttavia il valore predittivo positivo della mammografia, ovvero il rapporto tra il numero di veri positivi e il numero totale di positivi (veri e falsi) tra i soggetti che si sono sottoposti al test, è ancora molto basso aumentando gli effetti psicologici negativi sulle pazienti e il numero approfondimenti invasivi (prelievi e biopsie che consentano di avere tessuti da sottoporre all esame istopatologico) con conseguente aumento dei costi complessivi della procedura. Dal rapporto I programmi di screening in Italia, 2013 dell Osservatorio Nazionale Screening emerge, infatti, che nel biennio il 5 6% delle donne che hanno effettuato una mammografia sono state richiamate per approfondimenti (solitamente una seconda mammografia, un ecografia e una visita clinica) dai quali, solo nell 8% circa dei casi, risulta una diagnosi di carcinoma mammario. Uno dei fattori che influenza il valore predittivo positivo è la densità della mammella. In particolare, nelle donne giovani e in quelle in pre-menopausa la componente ghiandolare 2

10 è prevalente rispetto a quella adiposa (mammella densa) e, in questi casi, la densità di base del parenchima mammario può mascherare la presenza di piccoli tumori. Mediamente, la mammografia rivela tumori di mm di diametro [3] e si stima che, riducendo le dimensioni delle lesioni rivelabili a 5 mm, il tasso di sopravvivenza a 15 anni aumenterebbe dell 8 10% (figura 1.3) [4]. Figura 1.3: tasso di sopravvivenza a 15 anni in funzione della dimensione del tumore secondo il modello esponenziale proposto da Michaelson et al.. [4] La capacità di rivelare lesioni è principalmente limitata dalla combinazione di rumore quantico (non eliminabile) e rumore anatomico. Un importante fattore di riduzione della visibilità di eventuali lesioni è, infatti, rappresentato dalla sovrapposizione delle strutture anatomiche della mammella dovuta intrinsecamente alla tecnica mammografica, poiché essa fornisce immagini planari di una struttura tridimensionale. Una tecnica che riduce il problema della sovrapposizione dei tessuti è la tomosintesi digitale. Tale tecnica si basa sul movimento del tubo a raggi X lungo un arco attorno alla mammella compressa e, durante la rotazione, un rivelatore digitale su cui è poggiata la mammella, acquisisce immagini per diverse posizioni angolari del tubo (ad es. 11 immagini su un range angolare di 30 ). In questo modo, con una sorta di tomografia parziale, la tomosintesi consente la ricostruzione a strati della struttura interna della mammella migliorando la visibilità di eventuali masse e microcalcificazioni. Tuttavia, a causa della scarsa risoluzione spaziale delle immagini lungo la direzione ortogonale al piano del rivelatore (circa 1 mm, contro una risoluzione di 0.1 mm nel piano orizzontale), la tomosintesi digitale non può essere considerata una vera e propria modalità di imaging tridimensionale. Il problema della sovrapposizione dei tessuti 3

11 può essere risolto mediante imaging tomografico ed è in tale direzione che, sin dalla metà degli anni Settanta, vengono condotte ricerche che mirano a sviluppare una tecnica 3D che offra una maggiore efficienza diagnostica rispetto alla mammografia, con limiti di dose di radiazioni accettabili e costi tali da poter essere impiegata nelle campagne di screening. 1.2 L IMAGING TOMOGRAFICO DELLA MAMMELLA Il primo prototipo di scanner dedicato alla tomografia della mammella (Breast Computed Tomography, BCT) fu prodotto dalla General Electric nel La paziente veniva posizionata su un tavolo che aveva un apertura attraverso la quale la mammella pendula veniva inserita in un bagno d acqua riscaldata alla temperatura corporea. Il sistema operava in geometria fan-beam (letteralmente fascio a ventaglio ) e le immagini venivano acquisite tramite un array di 127 rivelatori allo xeno ad alta pressione. Lo studio clinico di Chang et al. (1978) [5] su tale prototipo, mostra che un reale miglioramento della visibilità delle lesioni si ottiene solo dopo l iniezione di un mezzo di contrasto a base di iodio che, fissandosi in corrispondenza delle masse tumorali, le rende rivelabili anche in caso di elevata densità della mammella. In più il sistema non consente una buona visualizzazione dei margini delle masse (che in molti casi permette una discriminazione tra lesioni benigne e maligne) e ciò fa in modo che la specificità, che esprime il rapporto tra i negativi classificati come tali e il numero totale di negativi (veri negativi più falsi positivi), si attesti su un insoddisfacente 70%. La necessità del mezzo di contrasto, l elevata dose di radiazione somministrata alla paziente e la scarsa risoluzione spaziale, unite agli elevati costi, sono i fattori che hanno determinato il ritiro dai trial clinici del prototipo della General Electric alla fine degli anni Settanta. Successivamente furono condotti studi di fattibilità sulla tomografia del seno mediante l utilizzo dei convenzionali scanner CT whole-body. L impiego di scanner ad elevata risoluzione migliorava la rivelazione di lesioni anche in caso di tessuto fibroghiandolare prevalente [6] e l utilizzo simultaneo di più array di rivelatori (MultiDetector Computed Tomography, MDCT) permetteva una buona visualizzazione dei margini delle masse [7]. Il problema principale di questa tecnica è rappresentato dagli elevati livelli di dose al seno: i valori riportati in letteratura vanno dai 19 mgy ai 25 mgy [7, 8, 9] laddove la dose tipica per la singola vista mammografica è di circa 2 mgy. Bisogna, inoltre, notare che, impiegando gli scanner whole-body viene esposto alla radiazione l intero torace con conseguente assorbimento di dose non necessaria da parte di tessuti 4

12 non mammari. Inoltre, il movimento respiratorio e quello cardiaco possono avere effetti negativi sulla qualità dell immagine. Un approccio alternativo è rappresentato dai nuovi prototipi di scanner CT dedicati al seno in cui il sistema di imaging lavora in geometria conebeam (letteralmente fascio a cono ) e le immagini vengono acquisite mediante rivelatori digitali flat-panel. Diversi gruppi di ricerca si dedicano allo sviluppo di tale tecnologia sin dalla pubblicazione, nel 2001, del primo studio di fattibilità [10] da parte del gruppo guidato dal prof. John Boone dell UC Davis (Università della California a Davis) Cone-beam breast CT: gli studi dell Università della California a Davis Lo studio di Boone et al. [10] sulle potenzialità della tecnica tomografica dedicata alla mammella, mirava a dimostrare che essa poteva rappresentare una valida alternativa alla mammografia (anche nelle campagne di screening) sia in termini di dose, sia in termini di qualità delle immagini. Le stime della dose venivano ottenute tramite simulazioni Monte Carlo precedentemente validate ed opportunamente modificate affinché emulassero la geometria di acquisizione di uno scanner CT dedicato al seno. Ne risultano valutazioni di dose ghiandolare media (Average Glandular Dose, AGD) per mammelle di diverse dimensioni e per diversi spettri prodotti dal tubo a raggi X, identificati dal valore di kvp. Il parametro costante in tutte le simulazioni è la fluenza di fotoni che incidono sul rivelatore, impostata su un valore che garantisce immagini con elevato rapporto segnale-rumore (Signal to Noise Ratio, SNR) e quindi di alta qualità. Un immagine simile si ottiene dalla CT addominale con i seguenti parametri operativi: 120 kvp, 300mAs, 5 mm di spessore della fetta tomografica. Simulando tali condizioni di irraggiamento su un fantoccio cilindrico di materiale acqua-equivalente e diametro pari a 32 cm, si può calcolare il numero di fotoni che incide sul rivelatore durante l acquisizione delle immagini. Il passo successivo alle simulazioni, compiuto dagli autori dello studio, è la valutazione sperimentale della dose e della qualità delle immagini mediante scansioni di un campione di mammella da cadavere, con un apparato CT convenzionale. I risultati sono incoraggianti: da un lato, le immagini tomografiche consentono di distinguere strutture invisibili nei mammogrammi (figura 1.4), dall altro, la dose necessaria alla loro acquisizione è confrontabile o addirittura inferiore a quella delle due viste mammografiche (figura 1.5) ed è uniformemente distribuita sul volume della mammella (figura 1.6). 5

13 Figura 1.4: A, mammogramma digitale (vista cranio-caudale) di un seno da cadavere. B, sezione trasversale del campione ottenuta dalla riformattazione di un immagine CT acquisita nel piano coronale. La dose alla mammella misurata nell acquisizione dell immagine A è pari a 5.06 mgy che diventano 10.1 mgy se vi si aggiunge la vista medio-laterale obliqua. La dose assorbita durante la CT è pari a 6.32 mgy. La freccia nell immagine A indica un artefatto dovuto alla compressione della mammella. In B è visibile la struttura duttale, non distinguibile in A. [10]. Figura 1.5: dose ghiandolare media in funzione dello spessore della mammella compressa. I dati di Wu [11] sono riferiti alla mammografia screen-film. Con UCD mammo sono indicate le dosi assorbite nel corso degli esami mammografici eseguiti al Davis Medical Center. Il grafico mostra che la dose in breast CT è inferiore a quella impiegata in mammografia per mammelle compresse di spessore superiore a 5 cm e di poco superiore per mammelle più piccole. [10]. Figura 1.6: distribuzione della dose ghiandolare in funzione della posizione, in breast CT e in mammografia. La distribuzione uniforme che si osserva in CT è dovuta alla rotazione della sorgente intorno alla mammella durante l acquisizione. In mammografia, invece, la combinazione delle due viste mammografiche comporta una distribuzione marcatamente non uniforme. [10]. 6

14 Il primo prototipo di scanner dedicato alla breast-ct, denominato Albion, realizzato dal gruppo di Boone [12] (figura 1.7) è simile a quello della General Electric del Figura 1.7: schema di base degli apparati per la CT dedicata al seno. [12, 13] La paziente si trova in posizione prona su un lettino provvisto di foro, attraverso il quale la mammella pendula può essere posizionata al centro del gantry di rotazione (isocentro). Al di sotto del lettino, il sistema rotante è composto dal tubo a raggi X e dal rivelatore flatpanel, in posizioni diametralmente opposte, che ruotano nel piano coronale intorno all organo. Lo scanner opera in geometria di half cone-beam (figura 1.8) risultante dal caratteristico posizionamento di tubo e rivelatore: per ottenere immagini complete della mammella entrambi devono trovarsi il più vicino possibile al lettino del paziente. In questo modo il raggio centrale del fascio colpisce il rivelatore nella sua parte superiore e realizza un mezzo cono di apertura di circa 18 gradi se la distanza sorgente rivelatore è pari a 900 mm e la dimensione verticale del rivelatore è pari a 300 mm. Per confronto si pensi che l angolo di apertura del fascio generato negli scanner CT convenzionali a 64 slice è di circa 2 gradi. Figura 1.8: geometria half cone-beam impiegata in breast-ct: vista laterale del sistema tubo radiogeno-rivelatore. [12] 7

15 Tale geometria permette di acquisire dati sufficienti alla ricostruzione dell intera mammella in un unica rotazione del gantry. E importante che la dose di radiazione al torace venga minimizzata, ma al contempo, è di interesse diagnostico avere immagini che comprendano regioni vicine alla parete toracica. Per questo motivo viene impiegato un tubo a raggi X con macchia focale che dista soli 47.5 mm dall estremità dell alloggiamento (figura 1.9) e il lettino del paziente è costituito da materiale schermante con un avvallamento in corrispondenza del foro (figura 1.10). Figura 1.9: tubo a raggi X prodotto dalla Comet mod.mxr-160/20. Figura 1.10: particolare del sistema tubo radiogenorivelatore. E visibile l avvallamento del lettino grazie al quale la parete toracica si avvicina all asse centrale del fascio. [10] Il tubo ha anodo stazionario in tungsteno raffreddato ad acqua, macchia focale di 0.4 mm ed opera in regime continuo con una tensione di 80 kv e filtrazione di 0.3 mm di rame. Il rivelatore è un flat-panel indiretto con scintillatore allo ioduro di cesio (CsI) accoppiato alla matrice attiva di transistor a film sottile (Thin Film Transistor, TFT). La matrice attiva è costituita da 2048 x 1536 elementi, ciascuno di x mm 2, per un area attiva totale di 400 x 300 mm 2. Il rivelatore ha un frame rate di 7.5 fps e risulta troppo lento per le acquisizioni in breast-ct in cui la paziente deve trattenere il respiro per evitare artefatti dovuti ai movimenti del torace. Il problema viene risolto con un binning 2 x 2 che, riducendo la matrice a 1024 x 768 pixel, ciascuno di dimensioni x mm 2, garantisce un frame rate di 30 fps, che si traduce in una durata totale della scansione di 16.6 s (500 è il numero tipico di frames acquisiti in una rotazione completa dello scanner intorno alla mammella). Lo scanner fu fabbricato nel 2001 e nel novembre 2004 ne fu approvata la sperimentazione clinica. Lo scanner fu utilizzato quasi esclusivamente a 80 kvp con carico (tube load in mas) 8

16 variabile da 50 a 120 mas a seconda della dimensione della mammella. Tali parametri rispondono alla necessità di un compromesso tra dose al paziente e rumore quantico nell immagine e vengono calcolati in modo da dare alla mammella la stessa dose ghiandolare media che avrebbe ricevuto eseguendo un esame mammografico completo (due viste: cranio-caudale e medio-laterale obliqua): 2.5 mgy per la mammella piccola (12 cm di diametro alla parete toracica), 6.0 mgy per la mammella media (14 cm di diametro alla parete toracica), 10.3 mgy per la mammella grande (16 cm di diametro alla parete toracica). I primi risultati dei test indicano una maggiore visibilità delle masse nelle immagini CT rispetto ai mammogrammi e, al contempo, una scarsa efficienza nella rivelazione delle microcalcificazioni [14]. Dopo Albion, all UC Davis sono stati sviluppati altri 3 prototipi: 2º prototipo (Bodega): consente l imaging ibrido PET/CT grazie all installazione di un sistema di rivelatori per PET e presenta un grado di libertà in più nel movimento del sistema tubo-rivelatore che può essere spostato anche in direzione verticale; 3º prototipo (Cambria): il tubo lavora in regime impulsato con 60 kv di tensione applicata con filtrazione di 0.3 mm di rame ed ha una macchia focale più piccola (0.300 mm). Il funzionamento a impulsi permette di ridurre i tempi della scansione con conseguente riduzione degli artefatti dovuti al movimento e della dose al paziente; 4º prototipo (Doheny): le caratteristiche del tubo sono le stesse di Cambria ma il rivelatore ha dimensioni ridotte (290 x 230 mm 2 ) ed è costituito da una matrice di chip CMOS più piccoli (0.075 x mm 2 ) dei TFT utilizzati nei precedenti prototipi Cone-beam breast CT e scanner ad elevata risoluzione: gli studi dell Università di Napoli Le microcalcificazioni sono il risultato del deposito di sali di calcio all'interno dei dotti della mammella e in alcuni casi possono essere indice di alterazioni di un'area della ghiandola mammaria. Una condizione favorevole alla rivelazione dei cluster di microcalcificazioni è una risoluzione spaziale del sistema di imaging CT dell ordine di 2 3 mm -1 in ciascuna delle tre dimensioni. Ciò richiede l impiego di un rivelatore ad elevata risoluzione e di un tubo a raggi X la cui macchia focale abbia dimensioni inferiori a 100 µm (microfuoco). Il gruppo di 9

17 fisica medica dell Università di Napoli Federico II ha sviluppato un prototipo di scanner CT dedicato alla mammella con tali caratteristiche. Il sistema è composto da un gantry rotante dotato di due bracci su cui vengono disposti rivelatore e tubo a raggi X. Figura 1.11: prototipo di scanner tomografico dedicato al seno sviluppato all Università di Napoli; (1) tubo a raggi X; (2) rivelatore flat panel; (3) gantry rotante; (4) fantoccio mammografico in PMMA sospeso da un pannello dello stesso materiale di 10 mm di spessore, al fine di simulare la scansione della mammella pendula. Il massimo raggio di rotazione è di 50 cm ma la struttura meccanica è tale da consentire di regolare la distanza tubo-rivelatore in base al fattore di ingrandimento con cui si vuole acquisire le immagini. Inoltre, è possibile introdurre un fattore di tilt del rivelatore e gestire la posizione verticale di tubo e rivelatore, per un totale di 8 gradi di libertà. Il tubo a raggi X ha anodo fisso in tungsteno, macchia focale con dimensioni variabili da 5 a 50 µm e tensione tra 40 e 150 kvp con corrente del tubo da 0.01 a 0.50 ma, in base alla scelta della dimensione della macchia focale. Il rivelatore è un flat panel indiretto con scintillatore CsI:Tl di spessore pari a 0.15 mm su un array di fotodiodi CMOS. Si tratta di un rivelatore ad alta risoluzione con pixel di dimensioni 50 x 50 µm 2 con frame rate che va da 0.1 a 9 fps (frames per second). Studi sulla valutazione della funzione di trasferimento della modulazione [15] (Modulation Transfer Function, MTF) dimostrano che l impiego del tubo a microfuoco con macchia focale di 7 µm e del rivelatore flat panel ad alta risoluzione, permette di acquisire immagini ad elevata frequenza spaziale (2 mm -1 < f < 3.2 mm -1 al 10% dell MTF al variare del fattore di ingrandimento e della direzione spaziale). 10

18 1.2.3 Altri esempi di scanner per l imaging tomografico della mammella Ai prototipi descritti si aggiungono altri sistemi per l imaging tomografico dedicato alla mammella sviluppati da vari gruppi di ricerca: all Università di Rochester (New York, USA) è nata una start-up (Koning Corporation) che ha sviluppato un sistema che lavora in regime a impulsi e in cui vengono utilizzati raggi X di bassa energia (49 kvp con filtrazione di 1.55 mm di alluminio); all Università Duke (North Carolina, USA) vengono utilizzati fasci di raggi X quasimonocromatici e l aggiunta di una gamma camera consente l acquisizione di immagini ibride SPECT/CT. Inoltre, la geometria dello scanner prevede che il piano di rotazione del gantry possa essere inclinato rispetto al piano coronale così da acquisire immagini su orbite, più complesse di quella circolare, che consentano la visualizzazione delle strutture più vicine alla parete toracica; all Università del Texas (USA) è stato realizzato un sistema ad elevata risoluzione per migliorare la rivelazione di piccole calcificazioni. Affinché ciò non comporti un apporto maggiore di dose al seno, viene ridotto il campo di vista dello scanner; all Università di Erlangen (Germania, EU) è in fase di sviluppo un sistema che operi scansioni elicoidali per ridurre i tempi di acquisizione. In più è possibile l impiego di una macchia focale di 0.1 mm (come quella impiegata nella mammografia a ingrandimento) per migliorare la risoluzione spaziale; presso la facility di luce di sincrotrone ELETTRA di Trieste (Italia, EU) è in corso un progetto di sviluppo di un sistema CT in contrasto di fase dedicato alla mammella, in cui sono coinvolti diversi gruppi accademici italiani. Una descrizione approfondita del sistema verrà fornita nei paragrafi successivi. 1.3 IMAGING IN CONTRASTO DI FASE Il contrasto nell imaging dei tessuti molli Quando la radiazione X attraversa un oggetto subisce variazioni dell ampiezza e della fase. La propagazione di un onda elettromagnetica in un mezzo può essere descritta secondo la seguente legge esponenziale: E(r) ~ e inkr (1.1) 11

19 in cui E(r) è il campo elettrico e n è l indice di rifrazione, composto da una parte reale, legata alla variazione della fase dell onda, e una parte immaginaria che ne descrive l attenuazione [16]: n = 1 + i. (1.2) Figura 1.12: i raggi X, attraversando il campione subiscono un cambiamento di fase e di ampiezza. Il grado di attenuazione dipende dalla densità del materiale; l entità del cambiamento di fase dipende dalla densità elettronica. [17] Nell ambito della radiologia convenzionale, il contrasto nelle immagini prodotte dipende esclusivamente dalle differenze nelle proprietà di assorbimento tra i diversi tipi di tessuto con i quali i raggi X interagiscono. La tecnica mostra eccellenti risultati quando strutture altamente assorbenti, come le ossa, sono incluse in una matrice di materiale relativamente poco assorbente. Nei casi in cui interessa distinguere tessuti con caratteristiche di assorbimento simili (come in mammografia o in angiografia) il contrasto che ne risulta è relativamente scarso e può essere, dunque, molto complicato distinguere i tessuti patologici da quelli sani. La figura 1.13 mostra il coefficiente di attenuazione lineare µ, in funzione dell energia dei raggi X, di tessuto tumorale, fibroghiandolare e adiposo della mammella. Si vede che, a causa della piccola differenza tra i valori di µ, anche alle basse energie impiegate in mammografia (20 30 kev), è difficile distinguere un tumore dalla componente fibroghiandolare, in base all attenuazione dei raggi X. In ogni caso, il contributo migliora al diminuire dell energia dei fotoni, ma al contempo cresce anche la dose assorbita: in mammografia, il compromesso è raggiunto con spettri di energia media intorno ai 18 kev. 12

20 Figura 1.13: coefficiente di attenuazione lineare in funzione dell energia di tessuto tumorale, fibroghiandolare e adiposo della mammella. [18] Con l obiettivo di superare queste limitazioni sono in fase di sviluppo diverse tecnologie di imaging basate sul contrasto radiografico che può essere generato sfruttando il cambiamento di fase che i raggi X subiscono nell attraversare un tessuto. Un elemento motivante in tale direzione risiede nel fatto che, nel range diagnostico, il termine dell indice di rifrazione dei tessuti è maggiore del termine, di più di tre ordini di grandezza. Inoltre, all aumentare dell energia dei raggi X, decresce più lentamente di e ciò suggerisce che l impiego di una tecnica di imaging in contrasto di fase possa portare a una riduzione della dose al paziente, oltre che a un miglioramento della qualità dell immagine, rispetto all imaging radiologico convenzionale (figura 1.14) [19]. Figura 1.14: Parte reale, delta [20] e parte immaginaria, beta [21] dell indice di rifrazione complesso del tessuto mammario. 13

21 I metodi finora sperimentati, per l imaging in contrasto di fase, possono essere sostanzialmente divisi in tre classi che si differenziano per la natura del segnale raccolto, per il setup sperimentale e per le caratteristiche della radiazione impiegata: metodi interferometrici (con cristallo o con reticolo); metodi basati sull analizzatore; metodi basati sulla propagazione. A causa dell impiego di cristalli ottici, i metodi interferometrici e quelli basati sull analizzatore necessitano di fasci di raggi X monocromatici e con elevato grado di collimazione. Le lunghezze di coerenza spaziale e temporale richieste sono date da: s = ( ) m (1.3) t = ( E E ) m (1.4) In queste espressioni, è la lunghezza d onda della radiazione, è l accettanza angolare e E E è la banda di energia passante del cristallo. E stato dimostrato [22, 23] che i metodi basati sulla propagazione necessitano di caratteristiche di coerenza temporale meno stringenti ( t 10-9 m), ma, richiedono anch essi una lunghezza di coerenza spaziale maggiore di 10-6 m. Fasci di questo tipo sono disponibili presso le facility di luce di sincrotrone (radiazione monocromatica, collimata e intensa) o possono essere prodotti con tubi a raggi X a microfuoco (radiazione policromatica, collimata ma poco intensa) Interferometria con cristallo L interferometro è costituito da tre cristalli di silicio, paralleli ed equispaziati. Figura 1.15: interferometria con cristallo. [24] Il fascio monocromatico incide sul primo cristallo (splitter crystal) e viene diviso in due fasci coerenti che, raggiunto il secondo cristallo (mirror crystal) vengono fatti convergere verso 14

22 il terzo (analyzer crystal). Il campione in analisi viene posto lungo il cammino di uno dei due fasci verso il punto di convergenza e le variazioni di fase da esso introdotte sono rivelabili come variazioni di intensità nella figura di interferenza [19]. Questa tecnica di imaging risulta poco praticabile poiché necessita di un fascio di raggi X parallelo e monocromatico realizzabile solo con luce di sincrotrone, è molto sensibile alle vibrazioni e produce un piccolo campo di vista Interferometria con reticolo Si utilizzano tre reticoli posti lungo il cammino del fascio dalla sorgente al rivelatore. Figura 1.16: interferometria con reticolo con tubo a raggi X convenzionale. Adattato da [25]. Il primo reticolo (source grating) è posto il più vicino possibile al punto di emissione dei raggi X e, formando un array di sorgenti, conferisce coerenza spaziale al fascio. Il reticolo sorgente permette la rivelazione degli effetti di cambiamento di fase anche con l impiego di tubi a raggi X convenzionali [25]. Il secondo reticolo (phase grating) dà origine a una figura di interferenza periodica, anche in assenza di un campione: deviazioni in questa figura rivelano i cambiamenti di fase indotti nel fascio dall eventuale oggetto in esame posto tra il primo e il secondo reticolo. Il passo del reticolo di fase (e quindi lo spazio tra le frange di interferenza) non supera qualche micron e, tipicamente, i rivelatori usati in clinica non hanno risoluzione sufficiente a distinguere queste frange. Per risolvere questo problema, un terzo reticolo (analyzer grating) è posto appena prima del rivelatore. Il reticolo analizzatore si muove in direzione perpendicolare alla direzione di propagazione del fascio e il rivelatore acquisisce immagini al variare della posizione del reticolo. In questo modo viene acquisita, per ciascun pixel, la cosiddetta stepping curve che mostra le variazioni dell intensità dovute al movimento del reticolo analizzatore (figura 1.17). 15

23 Figura 1.17: acquisizione della stepping curve. (a d) interferogrammi di sfere di polistirene con diametro di 100 e 200 µm, acquisiti a diverse posizioni x g del reticolo analizzatore; (e) oscillazione dell intensità in due diversi pixel del rivelatore in funzione di x g. [26] Confrontando le stepping curve acquisite con e senza il campione, è possibile ricostruire immagini in trasmissione, in contrasto di fase e in campo oscuro simultaneamente [27]. La diffusione a piccoli angoli può essere considerata l origine del campo oscuro poiché essa porta a una diminuzione dell ampiezza della stepping curve e permette, quindi, di rivelare le microstrutture che sono più piccole della risoluzione spaziale del sistema (tra cui microcalcificazioni invisibili in altre modalità di imaging, sia in assorbimento che in contrasto di fase) Imaging basato sull analizzatore (Analyzer-Based Imaging/Diffraction Enhanced Imaging, ABI/DEI) La rivelazione degli effetti di fase dipende da un cristallo di silicio posto tra il campione e il rivelatore e, poiché richiede l impiego di fasci paralleli e monocromatici è realizzabile solo presso le facility di luce di sincrotrone. La tecnica si basa sul fatto che, fissata l energia del fascio, la riflettività del cristallo analizzatore è una funzione a campana dell angolo di incidenza (rocking curve) e, pertanto, non contribuiscono alla formazione dell immagine tutti i fotoni che incidono sull analizzatore con un angolo maggiore della FWHM della sua rocking curve. Si elimina così la sfocatura delle immagini causata dalla radiazione diffusa con conseguente aumento del contrasto. 16

24 Figura 1.18: Schema del setup sperimentale del sistema di imaging basato sull analizzatore, con luce di sincrotrone e rocking curve del cristallo analizzatore. [24] Quando l analizzatore è allineato con il monocromatore e non viene posto alcun campione tra i due, tutti i fotoni vengono riflessi dal secondo cristallo e quindi non si ha perdita di flusso. Quando viene posto un oggetto tra monocromatore e analizzatore, i fotoni che lo attraversano vengono diffusi a causa del gradiente dell indice di rifrazione che si ha all interfaccia tra i diversi materiali che costituiscono l oggetto stesso. I fotoni che, in questo modo, incidono sull analizzatore a un angolo maggiore della FWHM vengono quasi completamente respinti e linee bianche nette appaiono sull immagine delineando i bordi dei dettagli. Quando viene adottato un leggero disallineamento tra i cristalli, la riflettività dell analizzatore è massimizzata per un angolo di diffusione uguale all angolo di disallineamento. Poiché, in prima approssimazione, l angolo di diffrazione è proporzionale al gradiente del termine dell indice di rifrazione, la scelta dell angolo di disallineamento massimizza la sensibilità della tecnica ai cambiamenti di fase all interno dell oggetto e, a causa della pendenza elevata della rocking curve intorno alla sua FWHM, piccole differenze nell angolo di diffrazione si traducono in grosse differenze di riflettività e quindi di intensità incidente sul rivelatore. In questo modo, dettagli interni al campione, invisibili con la tecnica convenzionale a causa delle piccole differenze nelle proprietà di assorbimento con lo sfondo, diventano rivelabili Imaging basato sulla propagazione (Propagation-Based Imaging/Refraction Enhanced Imaging, PBI/REI) Può essere eseguito sia con sorgenti monocromatiche, sia con tubi a raggi X a microfuoco poiché richiede elevato grado di coerenza spaziale ma non temporale. Il setup è più semplice delle tecniche precedentemente descritte: gli effetti di fase, in questo caso, vengono rivelati semplicemente aumentando la distanza tra oggetto e rivelatore. 17

25 Figura 1.19: schema dell imaging basato sulla propagazione. [29] Quando la radiazione elettromagnetica si propaga attraverso un oggetto, eventuali disuniformità presenti al suo interno provocano differenze di cammino ottico (effetti di rifrazione) e il fronte d onda viene deformato. Da un punto di vista di ottica geometrica, ne risulta una deflessione angolare del fascio trasmesso; invece, da un punto di vista di ottica ondulatoria, ne risulta un cambiamento di fase. Le onde rifratte interferiscono con quelle non rifratte e ne risulta una figura di interferenza che può essere rivelata. Gli effetti di rifrazione avvengono lungo i bordi dei dettagli interni all oggetto, in una regione angolare molto stretta (circa 10 µrad). Per questo motivo è impossibile rivelare la figura di interferenza immediatamente oltre il campione e quindi la distanza tra oggetto e rivelatore deve essere ottimizzata in funzione della risoluzione spaziale di quest ultimo. La figura 1.20 mostra un immagine acquisita con un tubo a raggi X, con macchia focale di 20 µm e un rivelatore CCD con pixel di 25 µm (in alto). Il campione è costituito da due pellicole plastiche di diverso spessore (10 e 100 µm) e si trova a una distanza di 70 mm dalla sorgente e a una distanza di 1.01 m dal rivelatore. In basso, in figura 1.20, sono mostrati i profili sperimentali di intensità nell immagine e le curve teoriche previste per dimensioni della sorgente di 5, 10 e 20 µm. Il profilo dell immagine è praticamente invariato tra la pellicola sottile e l aria e ciò indica che l assorbimento nella pellicola sottile è pressoché inesistente. Variazioni brusche dell intensità vengono rivelate all interfaccia tra l aria e le due pellicole e sono dovute alle differenze nella parte reale dell indice di rifrazione tra due mezzi adiacenti che provocano sfasamenti nel fronte d onda. Tale effetto è maggiore nel caso della pellicola più spessa. Le curve teoriche dimostrano che, riducendo le dimensioni della macchia focale, non solo le differenze di intensità diventano più marcate, ma la distanza tra il picco positivo e quello negativo nel profilo di intensità diventa più piccola, riducendo così la penombra e migliorando la risoluzione spaziale dell immagine. 18

26 Figura 1.20: in alto l immagine acquisita con metodo PBI, di due pellicole plastiche di diverso spessore (10 e 100 µm) con tubo a raggi X (macchia focale di 20 µm) e rivelatore CCD (pixel di 25 µm). In basso è mostrato il profilo di intensità dell immagine acquisita e i profili teorici corrispondenti a dimensioni della macchia focale pari a 20, 10 e 5 µm. [30] 1.4 IMAGING DELLA MAMMELLA CON LUCE DI SINCROTRONE Mammografia in contrasto di fase Le tecniche sensibili al cambiamento di fase dei raggi X, risultano particolarmente vantaggiose nelle applicazioni dedicate all imaging della mammella poiché si tratta di una struttura complessa in cui non sempre è possibile, tramite imaging in assorbimento, distinguere i vari tipi di tessuto. Vari gruppi di ricerca hanno condotto studi dai quali è emerso un miglioramento in termini di qualità dell immagine, nell utilizzo della luce di sincrotrone per l acquisizione di immagini mammografiche in contrasto di fase. La luce di sincrotrone presenta aspetti vantaggiosi per questo tipo di applicazione grazie alle sue 19

27 caratteristiche peculiari di monocromaticità, coerenza spaziale e grande intensità. Lo studio condotto da Arfelli et al. (2000) [28] su oggetti-test e su campioni di tessuto mammario, presso la linea di fascio SYRMEP (SYnchrotron Radiation for MEdical Physics) della facility di luce di sincrotrone ELETTRA (Trieste), dimostra che tali caratteristiche della sorgente contribuiscono alla riduzione della dose e al miglioramento delle immagini acquisite in termini di contrasto, risoluzione spaziale (con possibilità di distinguere il tessuto adiposo da quello fibroghiandolare) e visibilità dei depositi di calcio rispetto alla mammografia convenzionale. Lo schema della linea di fascio e del setup sperimentale è mostrato in figura La sorgente di radiazione è rappresentata a partire dal magnete di curvatura dell anello di accumulazione di ELETTRA; l energia del fascio viene selezionata nel range 8 35 kev tramite il monocromatore in silicio con una risoluzione dello 0.2%. L area sperimentale si trova a circa 22 m dalla sorgente ed è equipaggiata con un sistema di fenditure in tungsteno che determina le dimensioni del fascio (in questo esperimento pari a 1 x 100 mm 2 ). Una camera a ionizzazione è usata per monitorare il flusso nell area sperimentale e per valutare la dose in ingresso, da cui si determina la dose ghiandolare media data alla mammella. Il rivelatore è un sistema film-schermo al fosforo comunemente utilizzato in mammografia. A causa della laminarità del fascio, per ottenere immagini planari complete, rivelatore e campione devono traslare in direzione verticale con velocità determinata in base alle esigenze di esposizione. Figura 1.21: schema della linea di fascio SYRMEP e del setup sperimentale. [28] 20

28 Le immagini sono state acquisite con fascio di energia pari a 17 kev, con varie modalità di imaging: in assorbimento (posizionando il rivelatore a contatto con il campione), in contrasto di fase in modalità PBI (posizionando rivelatore a una distanza di circa 2 m dal campione), in contrasto di fase in modalità ABI (con l introduzione del cristallo analizzatore tra campione e rivelatore). Per confronto, gli stessi campioni sono stati sottoposti a imaging con un unità mammografica convenzionale. La dose ghiandolare media è stata stimata per una mammella 50% fibroghiandolare/50% adiposa in base alla corrente misurata dalla camera a ionizzazione, all energia e alle dimensioni del fascio, alla velocità della scansione e allo spessore del campione. I test eseguiti su mammelle escisse da cadavere mostrano che la qualità dell immagine migliora con l impiego della luce di sincrotrone e il contrasto risulta maggiore nelle immagini acquisite in contrasto di fase, nelle quali si osserva un aumento nella visibilità dei dettagli. Figura 1.22: campione di mammella compressa (spessore di 3 cm) fissata in formalina. a) immagine mammografica acquisita con 27 kvp e 28 mas; b) d) immagini acquisite con luce di sincrotrone: b) immagine in assorbimento; c) immagine in contrasto di fase con modalità PBI; d) immagine in contrasto di fase con modalità ABI con disallineamento di 10 µrad tra cristallo monocromatore e cristallo analizzatore. Le frecce indicano i punti in cui il contrasto è aumentato in maniera più evidente. [28] In seguito a questi incoraggianti risultati, la linea di fascio SYRMEP è stata ampliata rispetto alla sua struttura originaria: all area sperimentale è stata aggiunta un area dedicata alle analisi cliniche composta dalla sala paziente e dalla sala radiologo. Nel marzo 2006 si è dato il via a un trial clinico a cui si sono sottoposte 49 pazienti che avevano effettuato una mammografia convenzionale da cui era risultata una diagnosi incerta. Il metodo è descritto 21

29 da Dreossi et al. (2008) [31], mentre i risultati definitivi del trial sono riportati in Castelli et al. (2011)[32]. Per l analisi clinica è stato progettato un lettino mobile su cui la paziente è distesa in posizione prona. Un apertura permette di posizionare la mammella all interno del sistema di compressione, che si trova appena al di sotto del lettino, costituito da una lastra in fibra di carbonio, che funge da riferimento, e una lastra in policarbonato che effettua la compressione. La distanza tra la sorgente (il magnete di curvatura lungo l anello di accumulazione) e la mammella è fissata a circa 30 m; mentre la distanza tra la mammella e il rivelatore è fissata a circa 2 m così da poter rivelare gli effetti di fase oltre a quelli di assorbimento. Figura 1.23: sala paziente alla linea di fascio SYRMEP. Sono visibili il lettino e il rivelatore in posizione di acquisizione in modalità PBI. [31] In quello studio, si è scelto di utilizzare un sistema di rivelazione screen-film per l elevata risoluzione spaziale. L energia del fascio può essere scelta nel range 8 35 kev con una larghezza di banda dello 0.2%, flusso di 10 8 fotoni/mm 2 s e dimensioni di 210 x 3.5 mm 2 nella posizione della mammella compressa. Due camere a ionizzazione, progettate in conformità con la geometria del fascio, poste a monte della paziente, e un rivelatore a stato solido, posto a valle, costituiscono il sistema dosimetrico dell apparato. Il fascio è laminare e stazionario, pertanto, per ottenere un immagine planare dell intera mammella, la paziente e il rivelatore traslano simultaneamente in direzione verticale con una velocità 22

30 che viene scelta in base al kerma in aria (misurato con una breve esposizione prima dell analisi vera e propria) e in base alla curva caratteristica del film. L energia del fascio è scelta in genere tra 17 e 22 kev in base allo spessore e alla frazione ghiandolare della mammella. In questo modo si ottiene un buon livello di contrasto tra i tessuti impiegando dosi che non superino quelle della mammografia convenzionale. I risultati del trial clinico confermano quelli dei precedenti studi in vitro: la mammografia con luce di sincrotrone permette di distinguere chiaramente le strutture anatomiche della mammella (tessuto fibroghiandolare e adiposo) e di riconoscere formazioni patologiche tra cui masse e calcificazioni. Purtroppo però, in caso di mammella densa, la sovrapposizione delle strutture ne limita la capacità diagnostica. Figura 1.24: vista cranio-caudale di una delle mammelle esaminate nel trial. a) mammografia digitale con tubo a raggi X; b) mammografia screen-film con luce di sincrotrone. In entrambe le immagini è visibile una massa che in a) appare circolare con bordi solo parzialmente distinguibili; invece in b) i margini sono ben visibili e data la loro spigolosità suggeriscono una malignità confermata in seguito dall esame istologico. [31] 23

31 1.4.2 Tomografia La sovrapposizione delle strutture interne all organo rappresenta un problema nell imaging planare della mammella poiché può impedire la visualizzazione di dettagli di piccole dimensioni e/o a basso contrasto. Ciò ha portato, come abbiamo visto, allo sviluppo di tecniche tomografiche dedicate alla mammella basate sull acquisizione di proiezioni in diverse posizioni angolari intorno alla mammella, in geometria pendula, mediante l utilizzo di un sistema rotante costituito da tubo a raggi X e rivelatore digitale flat-panel. L impiego di luce di sincrotrone per la tomografia della mammella può comportare una serie di vantaggi rispetto ai sistemi con tubo radiogeno: in primo luogo, la laminarità del fascio fa in modo che sia notevolmente ridotto il contributo alla formazione delle immagini della radiazione diffusa, che ne degraderebbe il contrasto; in secondo luogo, l impiego di fasci monocromatici evita la comparsa di artefatti dovuti al beam hardening e permette la ricostruzione dei coefficienti di attenuazione ad una specifica energia, rendendo possibile un accurata caratterizzazione dei tessuti; infine, la possibilità di scegliere l energia del fascio in funzione della dimensione e della densità della mammella, permette una significativa riduzione della dose all organo. Presso la linea di fascio SYRMEP del sincrotrone ELETTRA è stato condotto uno studio sulla fattibilità della tecnica in termini di qualità delle immagini e di dose al paziente [33]. Il setup sperimentale è lo stesso dello studio di Arfelli et al. (2000) mostrato in figura Poiché il fascio è stazionario, l acquisizione tomografica viene eseguita mantenendo il rivelatore fisso, allineato con il fascio, e facendo ruotare l oggetto in esame. Per questo motivo, il setup progettato per la mammografia è stato implementato con l aggiunta di motori che consentissero la rotazione del campione in area sperimentale e la rotazione del lettino in sala paziente. Le immagini vengono acquisite a step angolari di 1 a tre diverse energie di fascio: 20, 24 e 28 kev. Il fascio ha intensità uniforme e divergenza trascurabile (7 mrad) in direzione orizzontale, lungo la quale ha una dimensione massima di 15 cm, mentre in direzione verticale ha un profilo gaussiano la cui FWHM massima è pari a 4 mm. Il sistema di rivelazione è costituito da un array di 256 microstrisce in silicio, posizionato in modo che le strisce siano parallele al fascio entrante. Lo spessore del rivelatore è pari a

32 µm e determina l altezza del pixel (e quindi, lo spessore della fetta tomografica); invece, la larghezza del pixel è determinata dal passo delle strisce che, essendo pari a 200 µm, non permette la rivelazione degli effetti di fase, secondo gli autori dello studio. Il segnale in carica viene letto da un chip che opera in regime di conteggio di singolo fotone. Per i test di imaging sono state utilizzate mammelle escisse post mortem suturate alla parte superiore di un contenitore plastico di forma cilindrica, per simulare l acquisizione in posizione prona con mammella pendula. Per confronto, ciascuna di esse viene sottoposta anche a imaging con un unità mammografica convenzionale. Figura 1.25: immagini di un campione di mammella, ottenuto da escissione post mortem. Il diametro del campione è di 10.5 cm e la dose ghiandolare media impiegata nell acquisizione delle immagini tomografiche è di 0.8 mgy. a) tomogramma acquisito a 20 kev; b) tomogramma acquisito a 24 kev; c) tomogramma acquisito a 28 kev; d) proiezione nel piano coronale acquisita con un unità mammografica a 27 kvp e 110 mas. [33] I risultati mostrano che in tutte le immagini tomografiche è chiaramente distinguibile la struttura fibroghiandolare dal tessuto adiposo, con dosi confrontabili con quelle impiegate 25

33 nella pratica clinica. Valutazioni quantitative delle immagini in termini di rapporto segnalerumore indicano che, indipendentemente dalla dimensione della mammella, tale rapporto aumenta con l energia. I principali limiti della tecnica sono dovuti alle prestazioni del rivelatore: i 200 µm di larghezza dei pixel risultano insufficienti alla visualizzazione delle strutture più piccole e i 10 khz/canale di massima frequenza di lavoro fanno allungare troppo i tempi di acquisizione. 26

34 2 IL PROGETTO SYRMA-CT 2.1 PRESENTAZIONE DEL PROGETTO Il progetto SYRMA-CT (Synchrotron Radiation for MAmmography-Computed Tomography) nasce con l obiettivo di applicare le conoscenze acquisite nell ambito dell imaging tomografico della mammella con luce di sincrotrone, alla sperimentazione clinica, mediante la realizzazione di un protocollo che consenta di eseguire un indagine diagnosticamente valida e che soddisfi i requisiti di sicurezza per paziente ed operatori. L esperimento è finanziato dall Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e si avvale della collaborazione di vari team di ricerca italiani tra cui il gruppo di Fisica Medica dell Università di Napoli Federico II. L attività sperimentale verrà svolta presso la linea di fascio SYRMEP della facility di luce di sincrotrone ELETTRA a Trieste. E prevista una durata del progetto di tre anni a partire dal 2014, periodo durante il quale, in base alle specifiche competenze dei vari gruppi coinvolti, verrà realizzato e ottimizzato il sistema di scansione, rivelazione, dosimetria e ricostruzione delle immagini e verrà avviato il programma di sperimentazione clinica. La linea di fascio SYRMEP nasce nel 1996 da una collaborazione tra i gruppi di ricerca di ELETTRA, Università di Trieste e INFN ed è una linea di fascio completamente dedicata alla ricerca nel campo della fisica medica ed in particolare, alla radiologia diagnostica. Gli studi clinici sperimentali (Castelli et al., 2011) condotti presso la linea SYRMEP, sulla mammografia in contrasto di fase, hanno mostrato che l impiego della luce di sincrotrone in questo tipo di esame diagnostico permette di superare alcune delle limitazioni della mammografia convenzionale. La rivelazione degli effetti di fase, rende nettamente distinguibili i diversi tipi di tessuto all interno della ghiandola mammaria. Persiste, però, il problema della sovrapposizione delle strutture, inevitabile quando un oggetto tridimensionale viene rappresentato da una sua proiezione in due dimensioni. Il gruppo di Fisica Medica di Trieste (Pani et al. 2004) ha indagato le potenzialità della tomografia della mammella con luce di sincrotrone; i risultati di questo imaging 3D indicano un ulteriore miglioramento nella visualizzazione delle strutture interne grazie, 27

35 soprattutto, alla dettagliata caratterizzazione dei tessuti in termini di coefficiente di attenuazione, possibile solo con l applicazione della tomografia computerizzata. Nei paragrafi successivi verranno descritte le principali attività sperimentali del progetto SYRMA-CT, che vanno dall adeguamento della linea di fascio, alla caratterizzazione del rivelatore, alla definizione dei parametri dosimetrici, alla scelta delle più opportune caratteristiche di irraggiamento La beamline SYRMEP (SYnchrotron Radiation for MEdical Physics) La figura mostra la struttura della linea di fascio che verrà utilizzata per la tomografia della mammella. Figura 2.1: schema del sistema di trasporto del fascio della linea SYRMEP dal monocromatore alla paziente. 1) L Hutch Beamline è l area in cui si trova la strumentazione dedicata alla preparazione del fascio: a) sul monocromatore (MONO) incide il fascio policromatico proveniente dal magnete di curvatura dell anello di accumulazione e da esso emerge il fascio monocromatico con l energia desiderata; b) il beamstopper (BS), costituito da un blocco in tungsteno con spessore di 5 cm, si chiude quando non sono rispettate tutte le norme di sicurezza ed impedisce il passaggio di tutte le componenti radiative generate dagli elettroni nell anello di accumulazione (luce di sincrotrone, raggi e radiazione di bremsstrahlung); c) i filtri (FLT) sono lamine di alluminio tramite le quali viene regolata l intensità del fascio. 28

36 2) La Sala Sperimentale è l area adibita alla sperimentazione non clinica. In essa sono situati gli elementi per il controllo del fascio: a) le SLITS definiscono la forma e le dimensioni del fascio; b) le camere a ionizzazione servono alla misura del flusso di fotoni in ingresso alla sala sperimentale (IC) e alla misura del rateo di dose (IC1 e IC2). IC1 rappresenta il riferimento nella valutazione dei parametri di scansione in fase di prescansione, oltre a fornire il monitoraggio continuo del fascio; IC2 trovandosi a ridosso della Sala Paziente, permette di stimare la dose superficiale somministrata alla mammella; c) gli shutter veloci, due di tipo rotativo (SHA e SHB) e uno a ghigliottina (SHG), rappresentano gli elementi di intercettazione del fascio la cui apertura/chiusura è regolata in base alla modalità di imaging e in base alle condizioni di sicurezza. Bisogna sottolineare che la ridondanza della struttura della Sala Sperimentale ha lo scopo di aumentare il livello di affidabilità del sistema di sicurezza dell intero apparato. 3) La Sala Paziente è l area in cui avviene l irraggiamento della mammella. Al suo interno si trovano a) la console (CON1) di controllo della posizione e del movimento del lettino; b) il sistema di puntamento proiettore-reticolo ottico (PRO), che permette al radiologo di posizionare correttamente la paziente rispetto al fascio; c) il lettino (BED); d) il sistema di rivelazione (RIV); e) il sistema esposimetrico (EXP), eventualmente integrato nel sistema di rivelazione digitale, serve a stimare l assorbimento della mammella, in base al quale viene stabilita la velocità di scansione. 4) La Sala Radiologo è l area dalla quale il radiologo può controllare e gestire tutti i parametri dell esame radiografico tramite la console di controllo (CON2) Adeguamento della strumentazione all esecuzione di un esame tomografico Rispetto al setup impiegato per la mammografia, durante lo studio clinico che verrà condotto presso la linea SYRMEP, bisognerà apportare alcune modifiche. 29

37 Il supporto per la paziente dovrà essere in grado di traslare in direzione verticale e, contemporaneamente di ruotare a velocità controllata, qualora si ritenesse opportuno utilizzare la modalità di scansione elicoidale. Il sistema di compressione della mammella, progettato per la mammografia, andrà sostituito con un sistema di ritenuta del seno che permetterà il corretto posizionamento della mammella e limiterà il movimento della stessa riducendo gli artefatti. Tale supporto avrà forma compatibile con la mammella pendula e sarà realizzato con materiale poco attenuante (ad esempio, fibra di carbonio). Figura 2.2: prototipo in ABS, realizzato mediante stampante 3D, del supporto per una mammella pendula con diametro di 14 cm Il supporto per il rivelatore, che nei precedenti studi era un sistema film-schermo al fosforo, deve essere adeguato all utilizzo di un rivelatore digitale che richiederà non solo l introduzione dei sistemi meccanici necessari per l allineamento, ma anche lo sviluppo di un elettronica dedicata all integrazione del rivelatore nel sistema di controllo e gestione dell esame. Le camere a ionizzazione devono essere calibrate ad energie più elevate di quelle impiegate in mammografia poiché, presumibilmente, per la scansione tomografica verrà impiegata un energia di fascio nel range kev. 2.2 IL RIVELATORE DEL PROGETTO SYRMA-CT Il dispositivo di rivelazione che verrà utilizzato nel progetto SYRMA-CT è un sistema sviluppato dalla PIXIRAD Imaging Counters s.r.l., spin-off dell INFN ( La singola unità PIXIRAD è un sistema ad architettura ibrida costituito da un sensore a stato solido di Tellururo di Cadmio (CdTe) e da un circuito integrato (Application-Specific 30

38 Integrated Circuit, ASIC) in tecnologia CMOS [33]. In questo dispositivo, la rivelazione dei fotoni si basa sulla produzione di coppie elettrone-lacuna, generate dall interazione della radiazione con il semiconduttore (CdTe). Applicando una differenza di potenziale al sensore, mediante elettrodi posti sulle due facce del rivelatore, si genera al suo interno un campo elettrico che separa gli elettroni dalle lacune, dirigendole verso gli elettrodi (gli elettroni verso l anodo e le lacune verso il catodo), la cui raccolta porta alla formazione di un segnale elettrico. Segmentando uno degli elettrodi in forma di matrice di pixel (in questo caso, di forma esagonale) si realizza un rivelatore sensibile alla posizione di interazione del fotone all interno del volume attivo. Il CdTe, con la sua densità di 6.1 g/cm 3 e numero atomico efficace 50, ha un elevata efficienza di rivelazione di raggi X, confrontabile o addirittura maggiore di quella di altri materiali (figura 2.3). Figura 2.3: efficienza di rivelazione di fotoni in diversi semiconduttori, al variare dell energia. Poiché la differenza di energia tra banda di valenza e banda di conduzione (band gap) è pari a 1.5 ev, i rivelatori a CdTe possono lavorare anche a temperatura ambiente, mantenendo una buona risoluzione energetica. Nel CdTe si ha una scarsa mobilità delle lacune rispetto a quella degli elettroni: ne consegue una riduzione della concentrazione dei portatori di carica e quindi del segnale in uscita. Questo effetto può essere ridotto realizzando anodi segmentati (in pixel o strisce), in prossimità dei quali si crea un campo elettrico molto intenso che, nella raccolta degli elettroni, provoca un processo di focalizzazione grazie al quale si ha un aumento dell intensità del segnale. 31

39 In PIXIRAD, il rivelatore di CdTe è costituito da una matrice di pixel esagonali con passo di 60 µm, con uno spessore pari a 650 µm e un area totale di 30x25 mm 2. Lavora con una tensione di polarizzazione di V e alla temperatura tipica di -20 C (mediante sistema di raffreddamento), così da ridurre ulteriormente le correnti di dispersione (5 na/cm 2 ). In tabella 2.1 sono indicate le principali caratteristiche del CdTe. Tabella 2.1: principali caratteristiche del Tellururo di Cadmio (CdTe). Numeri atomici 48 (Cd), 52 (Te) Numero atomico efficace 50 Densità 5.85 g/cm 3 Energia di band gap Energia media di ionizzazione Resistività Mobilità elettroni µe Mobilità lacune µh 1.5 ev 5 ev/coppia e-h 10 9 cm 1100 cm 2 /V s 100 cm 2 /V s Il circuito integrato ha un area attiva di 30.7x24.8 mm 2 ed è costituito da una matrice di 512x476 celle esagonali con passo di 60 µm, che riproduce la stessa struttura del cristallo di CdTe. Ogni singolo pixel è collegato ad una cella, che contiene un amplificatore di carica, due discriminatori e due contatori. Le cariche raccolte a seguito dell interazione di un fotone in un pixel, producono un segnale la cui ampiezza è proporzionale all energia ceduta dal fotone. Tale ampiezza viene confrontata con un valore di soglia: se è maggiore di tale soglia, si incrementa il contatore digitale del pixel (regime di conteggio a singolo fotone). Inoltre, una soglia energetica di rivelazione di 7 8 kev fa in modo che il rumore possa essere ridotto al minimo e che il rivelatore sia, di fatto, un dispositivo noiseless. La presenza di due discriminatori e due contatori comporta diversi vantaggi. In primo luogo, la possibilità di impostare due soglie energetiche di rivelazione permette di acquisire due immagini (alla cui formazione contribuisce un numero diverso di fotoni) con una singola esposizione (tecnologia chromatic photon counting); in secondo luogo, quando viene impostata una singola soglia, il tempo morto diventa trascurabile poiché un contatore può effettuare conteggi durante la lettura dell altro. In tabella 2.2 sono indicate le principali caratteristiche della singola unità PIXIRAD. 32

40 Tabella 2.2: principali caratteristiche del rivelatore PIXIRAD (singola unità). Range lineare dell ASIC Soglia minima applicabile Rateo massimo di conteggi per pixel Tempo morto del pixel Efficienza di rivelazione (CdTe, 650 µm) Frame rate > 3000 elettroni (> 15 kev con accoppiamento a CdTe) 200 elettroni (1 kev con accoppiamento a CdTe) 10 6 conteggi/s 300 ns 100% (@ 10 kev), 98% (@ 50 kev), 45% (@ 100 kev) fino a 30 fps Nonostante il notevole progresso raggiunto nei processi di fabbricazione dei cristalli di CdTe, esistono limitazioni nelle dimensioni massime di un singolo cristallo. Per questo motivo, l unica possibilità di aumentare l area di rivelazione è l assemblaggio di più unità PIXIRAD. Nella fattispecie, il rivelatore che verrà utilizzato nel progetto SYRMA-CT è un PIXIRAD-8, composto 8 unità PIXIRAD, con area attiva di 25x2.5 cm 2 (circa 2 milioni di pixel) e frame rate di 13.6 fps. Figura 2.4: PIXIRAD-8. In a) sono visibili le 8 unità assemblate che compongono il rivelatore con area attiva totale di 25x2.5 cm 2. In b) area sensibile della singola unità PIXIRAD Il primo test di imaging presso la linea SYRMEP Un primo test di imaging sul rivelatore PIXIRAD-8, con luce di sincrotrone è stato eseguito presso la linea di fascio SYRMEP tra ottobre e novembre del E stata eseguita la microtomografia a contrasto di fase di una preziosa viola Amati del 1620 custodita presso 33

41 il Museo Estense di Modena. La viola è stata posizionata all interno di una teca in Plexiglass in cui sono realizzate e mantenute costanti le condizioni ottimali di temperatura e umidità (25 C e 50 60% di umidità relativa). Figura 2.5: setup sperimentale per la microtomografia della viola Amati. Da sinistra verso destra: il rivelatore PIXIRAD-8, la sala paziente della linea SYRMEP, la teca con controllo delle condizioni ambientali, contenente la viola. Le immagini sono state acquisite con un fascio di dimensioni 210 (orizzontale) x 3 (verticale) mm 2, con due valori di energia: 22 kev e 35 kev. La rotazione della viola avviene a step angolari di 0.05 e vengono acquisiti 3600 frames su un angolo di 180. Date le dimensioni del fascio, per ottenere immagini dell intera viola, essa viene fatta traslare in direzione verticale con passi di 3 mm. Le immagini risultano ad alta risoluzione e capaci di rivelare microstrutture da cui è stato possibile, per esempio, ricavare informazioni sui legni e sulle vernici utilizzate Adeguamento del rivelatore alla tomografia del seno con luce di sincrotrone Per rendere il rivelatore PIXIRAD-8 adeguato agli scopi del progetto SYRMA-CT, all interno del progetto il gruppo di ricerca dell INFN di Pisa si occuperà di: caratterizzare la risposta del rivelatore alle diverse energie del fascio monocromatico della linea SYRMEP in termini di risoluzione energetica, risoluzione spaziale, efficienza e frame rate; adeguare le componenti meccaniche del rivelatore (circuito di raffreddamento, alimentatori) alla struttura della sala paziente; creare un interfaccia tra il rivelatore e il sistema di acquisizione clinico; 34

42 ottimizzare la qualità delle immagini in funzione della risoluzione spaziale, del numero di proiezioni acquisite e della dose; testare le varie modalità di acquisizione (rotazione e traslazione, elicoidale, continua, a step, ecc.). Figura 2.6: a) radiografia della viola; b) immagine tomografica di una fetta di 3 mm con ingrandimento sulla parte laterale dello strumento. Immagini acquisiste con PIXIRAD-8, sistema di imaging a raggi X sviluppato da Pixirad Imaging Counters srl, società spin-off dell INFN. 2.3 DOSIMETRIA Limitare la dose somministrata alla mammella e, in particolare, quella al tessuto fibroghiandolare, che ne rappresenta la componente radiosensibile, è un elemento determinante per la fattibilità della tomografia della mammella con luce di sincrotrone in ambito clinico. Valutazioni di tipo dosimetrico influenzano le scelte che riguardano l energia del fascio, la risoluzione spaziale del rivelatore, il volume della mammella da irraggiare e il numero di proiezioni tomografiche su cui basare la ricostruzione tridimensionale dell organo. Non esiste un protocollo già disponibile per la valutazione della dose impartita alla mammella durante un esame tomografico, essendo tale tecnica ancora sperimentale sia mediante l uso di tubi radiogeni sia con luce di sincrotrone. Esistono, però due metriche impiegate in ambito clinico alle quali si può fare riferimento: la prima è basata sulla valutazione della dose ghiandolare media (Mean Glandular Dose, MGD), riconosciuta a livello internazionale come parametro indicativo del rischio radiologico associato all esame mammografico; la seconda è basata sull indice di dose in 35

43 tomografia computerizzata (Computed Tomography Dose Index, CTDI). Di questo aspetto si occuperà il gruppo di Fisica Medica dipartimentale, in collaborazione con l Università di Bologna. L idea di base è quella di stimare la dose sia in termini di MGD, sia di CTDI, così da rendere possibile il confronto con la mammografia e con la tomografia computerizzata convenzionali. Verranno inoltre eseguite misure tramite l utilizzo di dosimetri a termoluminescenza (TLD), per valutare la distribuzione di dose in una scansione tomografica completa della mammella Dose ghiandolare media L impiego di radiazioni ionizzanti per l imaging della mammella comporta, su base stocastica, un rischio di carcinogenesi radioindotta. La stima della dose assorbita è necessaria per valutare il rischio conseguente all esposizione alla radiazione e confrontarlo con i benefici dell indagine diagnostica. La mammella è composta da diversi tipi di tessuto che si distinguono, complessivamente, in ghiandolare, adiposo e cutaneo oltre alla eventuale presenza di masse ghiandolari e/o microcalcificazioni. Poiché la maggiore radiosensibilità è quella del tessuto ghiandolare, la dose da esso assorbita è il parametro più significativo per la stima del rischio radioindotto. La dose ghiandolare media (Mean Glandular Dose, MGD) rappresenta la dose media assorbita da tutta la massa di tessuto fibroghiandolare della mammella in seguito all esame con raggi X ed è il parametro dosimetrico di riferimento in mammografia. Poiché la dose ghiandolare media non è misurabile direttamente sulla paziente, essa viene stimata tramite i coefficienti di dose normalizzata (DgN), a partire dal kerma in aria misurato nella posizione corrispondente alla superficie di ingresso della mammella (Entrance Surface Air Kerma, ESAK): MGD = ESAK DgN (2.1) I DgN sono coefficienti calcolati con simulazioni Monte Carlo tramite i quali si tiene conto, nella stima della dose ghiandolare media, delle caratteristiche del fascio di raggi X utilizzato, della percentuale in peso del tessuto fibroghiandolare e dello spessore della mammella compressa. Le simulazioni da cui vengono calcolati i coefficienti DgN non possono essere validate con misure in vivo e si ricorre, pertanto, a misure con fantocci in PMMA. Le linee guida dell EUREF [35] (EURopean REFerence organisation for quality assured breast 36

44 screening and diagnostic services) stabiliscono dei parametri tramite i quali possono essere messe in relazione misure su fantocci e stime di dose alla mammella. In particolare, i DgN vengono definiti da: DgN = g c s (2.2) In questa definizione, g associa a determinati spessori di PMMA i corrispondenti spessori di una mammella con ghiandolarità fissata al 50% in peso, al variare dello spettro del tubo radiogeno (identificato in termini di HVL); c tiene conto delle differenze in frazione ghiandolare che si riscontrano in base all età della paziente e alla dimensione della mammella; s tiene conto delle diverse scelte della combinazione anodo/filtro dell unità radiogena e quindi dello spettro di raggi X utilizzato. Per la stima della dose ghiandolare media in tomografia con radiazione di sincrotrone, non sono utilizzabili i valori dei DgN calcolati per la mammografia. Servendosi di simulazioni Monte Carlo, i gruppi di Fisica Medica dell Università di Napoli Federico II e dell Università di Bologna forniranno, quindi, dei coefficienti (DgNSR-CT) che tengano conto della geometria di scansione e tramite i quali si possa stimare l MGD a partire da una misura di kerma in aria K(E) in una posizione di riferimento: MGD = DgN SR CT K(E) (2.3) I DgNCT, introdotti da Boone et al. (2004) [38] nell ambito della tomografia della mammella con tubo a raggi X, sono definiti da: DgN CT = E=Emax (E) F(E) de E=0 E=Emax (E) K(E) E=0 de (2.4) In cui F(E) e K(E) sono, rispettivamente, la dose ghiandolare (calcolata con metodo Monte Carlo) e il kerma in aria (misurato con camera a ionizzazione all isocentro dello scanner) normalizzati alla fluenza del fascio ed espresse in unità di µgy/(10 6 fotoni/mm 2 ); (E) (fotoni/mm 2 ) è la fluenza fotonica del fascio policromatico impiegato, all energia E. Nel caso di fascio monocromatico, come quello utilizzato in SYRMA-CT, dose ghiandolare e kerma in aria non dovranno essere pesati sulle componenti spettrali e i coefficienti monocromatici di dose ghiandolare normalizzata saranno dati, per ciascuna energia del fascio, da: 37

45 DgN SR CT = F(E) K(E) (2.5) Il kerma in aria K(E) verrà misurato in Sala Paziente, nella posizione corrispondente all isocentro dello scanner. La dose ghiandolare F(E) verrà calcolata simulando, con codici Monte Carlo, il fascio monocromatico e laminare della linea SYRMEP, con energia nel range kev, utilizzando fantocci cilindrici (ossia, oggetti di test che simulano la forma e l attenuazione della mammella pendula durante un esame tomografico) di diametro da 8 a 14 cm e di altezza pari a 15 cm, con ghiandolarità da 0% a 100%. Le distanze sorgenteoggetto e oggetto-rivelatore saranno quelle, note, della linea SYRMEP. La validazione di tali simulazioni avverrà per mezzo di misure su fantocci cilindrici in PMMA con diametro da 8 a 14 cm e altezza pari a 15 cm, provvisti di cavità cilindriche in cui può essere inserita una camera a ionizzazione pencil di lunghezza 100 mm Indice di dose in tomografia computerizzata (CTDI) La deposizione di dose nei tessuti in tomografia (3D) ha varie peculiarità rispetto alle metodologie di imaging planare (2D). Tali peculiarità sono dovute alla geometria di irraggiamento e alle caratteristiche del fascio; da esse nasce la necessità di protocolli dosimetrici specifici. In particolare, a causa dell elevata collimazione, il volume di tessuto irraggiato dal fascio primario è piccolo e un grosso contributo alla dose depositata è dovuto alla radiazione diffusa nei tessuti adiacenti rispetto alla fetta di tessuto irraggiata. Tale contributo diventa particolarmente significativo quando l'acquisizione viene eseguita su più fette tomografiche e la dose depositata in ciascuna di esse è più elevata di quella che ci si aspetterebbe dal solo fascio primario. L indice dosimetrico CTDI rappresenta la misura dell output del tubo a raggi X normalizzato al prodotto della corrente del tubo e del tempo di esposizione e viene espresso in unità mgy/mas. Esso è il parametro dosimetrico di riferimento in tomografia computerizzata. Il CTDI si misura con una camera a ionizzazione tipo pencil lunga 100 mm, inserita in diverse posizioni all interno di fantocci cilindrici in PMMA con diametro di 16 cm o 32 cm (rappresentativi di testa o torace rispettivamente). Tali fantocci, appositamente progettati per questo tipo di misura, hanno un foro centrale passante e quattro fori periferici. 38

46 Figura 2.7 effetto della radiazione diffusa sulla dose. Nell acquisizione tomografica di più sezioni adiacenti, si ha un rilascio di dose maggiore di quello che ci si aspetterebbe da ogni singola fetta [36]. Figura 2.8: a) cilindri in PMMA da 16 e 32 cm di diametro, progettati per la misura del CTDI 100; b) camera a ionizzazione pencil di lunghezza pari a 100 mm. L indice di dose misurato con questa modalità viene identificato dalle espressioni CTDI100,c o CTDI100,p in cui i pedici indicano la lunghezza della camera a ionizzazione e la posizione del fantoccio in cui è stata eseguita la misura (indice c per centro e p per periferia ). Matematicamente esso è definito da: CTDI 100,x = mm D(z) dz N T 50 mm (2.6) in cui D (z) è la distribuzione di dose lungo l asse del cilindro (nel caso di CTDI100,c) o lungo un asse ad esso parallelo (caso di CTDI100,p) situato a 10 mm di distanza dal bordo del fantoccio; T ed N sono rispettivamente lo spessore e il numero delle singole fette irraggiate. L asse z coincide con l asse longitudinale del lettino del paziente in uno scanner CT. La distribuzione di dose lungo z cambia con la posizione assiale, e la dose misurata è maggiore 39

47 in posizione periferica rispetto alla posizione centrale. Per tener conto di tali disomogeneità si definisce un indice di dose pesato: CTDI w = 1 3 CTDI 100,c CTDI 100,p (2.7) Infine, poiché in caso di tomografia con scansione elicoidale, la dose è inversamente proporzionale al passo dell elica di scansione in uno scanner a spirale [37], viene definito l indice CTDIvol CTDI vol = CTDI w p (2.8) in cui p è il passo (pitch) dell elica di scansione nella CT a spirale ed è definito come il rapporto dello spostamento (in mm) che il tavolo compie durante una rotazione di 360 del gantry e la larghezza nominale del fascio collimato (il prodotto N T dell equazione 2.6, in mm). Il CTDIvol è stato introdotto come parametro standard per il confronto di diversi scanner CT e diverse modalità di scansione. Esso è riferito a fantocci in PMMA, con 16 e 32 cm di diametro e lunghezza 15 cm e viene visualizzato sul display dello scanner CT prima della scansione, così da permettere al tecnico radiologo di sceglierne i parametri. Poiché è misurato su fantocci standard, il CTDI non dipende dalle caratteristiche del paziente (dimensioni e anatomia) e, pertanto non rappresenta una misura della dose somministrata. Esso è, invece, una misura della radiazione emessa dallo scanner CT (mgy), di solito normalizzata al prodotto di corrente del tubo e tempo di esposizione (mas) ed espressa in unità di mgy/100 mas. Il Task Group 204 dell AAPM (American Association of Physicist in Medicine) ha riportato nel suo report del 2011 [37] i fattori di conversione f, che permettono di stimare la dose a partire dal CTDIvol e dalle effettive dimensioni del paziente, definendo le stime di dose specifiche per dimensioni (Size-Specific Dose Estimates, SSDE): SSDE = f CTDI vol (2.9) SYRMA-CT è un progetto dedicato alla tomografia del seno e, pertanto, si è deciso di adattare il protocollo di misura del CTDI100 a tale specifico scopo. Le misure di CTDI100,c e CTDI100,p sono state effettuate con camera a ionizzazione pencil di lunghezza pari a 100 mm, posizionata all interno delle cavità di fantocci in PMMA con diametri da 8 a 14 cm (invece 40

48 che 16 e 32 cm) e altezza pari a 15 cm. Per stabilire un analogia con i CTDI misurati in scanner CT convenzionali, i valori di CTDI100 sono stati normalizzati al prodotto della corrente misurata da una delle camere a ionizzazione poste lungo il fascio (in na, indicativa della fluenza di fotoni) e del tempo di esposizione (in s) e, infine, espressi in unità di mgy/100 nas Distribuzione di dose La dose ghiandolare media definita nel paragrafo viene stimata tramite i coefficienti di dose normalizzata (DgN), calcolati tramite simulazioni Monte Carlo. I modelli alla base di tali simulazioni assumono una distribuzione omogenea del tessuto fibroghiandolare all interno della mammella. Inoltre, la deposizione di energia nei tessuti da parte della radiazione ionizzante impiegata nell imaging mammografico, non è uniforme. In particolare, la dose viene depositata principalmente nella parte della mammella più vicina al tubo a raggi X; in tomografia, invece, la distribuzione di dose risulta più uniforme, grazie alla simmetria cilindrica della scansione (figura 1.6 del capitolo 1). Pertanto è utile studiare la distribuzione spaziale della dose unitamente alla dose media. La distribuzione di dose all interno della mammella, prodotta nell imaging tomografico con luce di sincrotrone proposto dal progetto SYRMA-CT, è stata valutata sia con simulazioni Monte Carlo (in una tesi di laurea magistrale che si svolge parallelamente al presente lavoro), sia sperimentalmente, utilizzando dei dosimetri a termoluminescenza disposti in un fantoccio in PMMA avente forma di un semi-ellissoide di rotazione con diametro di base pari a 14 cm e altezza pari a 9.5 cm. In uno dei piani passanti per l asse di rotazione dell ellissoide, sono presenti sei cavità cilindriche, tre in posizioni periferiche e tre lungo l asse longitudinale, aventi profondità di 1 mm e diametro di 12 mm. Figura 2.9: fantoccio semi-ellissoidale utilizzato per la misura della distribuzione di dose con dosimetri a termoluminescenza. 41

49 I TLD (ThermoLuminescence Dosimeter) costituiscono uno dei sistemi dosimetrici più impiegati nell ambito della dosimetria personale, ambientale e clinica. Quando il loro utilizzo è finalizzato alla misura della dose assorbita nei tessuti umani, è fondamentale che i TLD mostrino una risposta alla radiazione ionizzante simile a quella dei tessuti stessi. Un numero atomico molto simile a quello dei tessuti molli fa del fluoruro di litio uno dei materiali più utilizzati nella dosimetria a termoluminescenza (LiF, Zeff=7.35; ICRU-sphere, Zeff=8.31 [39]). Nakajima et al. (1978) [40] furono i primi a studiare le caratteristiche dosimetriche del fluoruro di litio dopato con magnesio, rame e fosforo. Tale materiale ha subito una graduale evoluzione che ha portato alla produzione di dosimetri LiF:Mg,Cu,P tessuto-equivalenti, con elevata sensibilità, risposta lineare con la dose, basso fading e basso segnale residuo. Molti fattori influenzano la risposta del LiF:Mg,Cu,P tra cui la distribuzione spaziale degli eventi di deposizione dell energia ma anche caratteristiche costruttive come concentrazione dei dopanti e dimensioni dei grani. Da un punto di vista microdosimetrico, è noto che l efficienza di termoluminescenza diminuisce all aumentare della densità di ionizzazione, quindi al diminuire dell energia della radiazione ionizzante. Ciò avviene a causa di una graduale saturazione a livello microscopico, dei centri di luminescenza lungo le tracce. Nel caso di fotoni, il LiF:Mg,Cu,P mostra, però, un comportamento anomalo: a energie comprese tra 30 e 100 kev si riscontra un massimo della densità di ionizzazione e, corrispondentemente, un minimo di efficienza di termoluminescenza (figura 2.10), laddove ci aspetteremmo di avere un andamento monotòno decrescente (figura 2.11, coefficiente di attenuazione massico totale). Si ipotizza che tale anomalia sia legata alla forte dipendenza dal LET del LiF:Mg,Cu,P e sia dovuta al passaggio da una regione in cui l interazione prevalente è l effetto fotoelettrico a una in cui, invece, prevale l effetto Compton con conseguente variazione dello spettro, e quindi del range, degli elettroni secondari. Per questo motivo i metodi di calcolo basati sullo stopping power o sul coefficiente di assorbimento possono risultare inadeguati alla predizione della risposta in energia di questo tipo di dosimetri alle energie del range diagnostico e si rende necessaria, quindi, una caratterizzazione sperimentale. Poiché i fasci di raggi X impiegati nel progetto SYRMA- CT sono di bassa energia (nel range kev), è necessario analizzare in dettaglio la 42

50 risposta dei dosimetri TLD irraggiati a queste energie, in quanto potrebbe essere significativamente diversa da quella misurata con fasci di energia superiore al MeV, comunemente impiegati nella calibrazione dei TLD. A tal scopo, nell ambito di questa tesi sono state effettuate delle misure di caratterizzazione di tali dosimetri. Figura 2.10: Valori di efficienza di termoluminescenza in funzione di a) energia media dei fotoni e b) frequency-mean lineal energy, y F. I punti in a) rappresentano i punti in y F calcolati per gli spettri di fotoni utilizzati nelle misure. Adattata dalla figura 2 di [41] Figura 2.11: coefficiente di attenuazione massico del LiF puro nel range kev. Valori calcolati con il software XMuDat [46] con i dati sulle sezioni d urto da [47]. 43

51 I TLD utilizzati per la valutazione della distribuzione di dose nell esperimento SYRMA-CT sono del tipo LiF:Mg,Cu,P, modello GR-200A, prodotti presso il Solid Dosimetric Detector and Method Laboratory (SDDML, Beijing, China). I dosimetri hanno forma cilindrica con diametro di 4.5 mm e spessore di 0.8 mm e ognuno di essi è univocamente identificato da un codice leggibile su una delle sue facce. Essi sono stati calibrati con esposizioni a diverse dosi di radiazione da 60 Co, caratterizzati in termini di risposta al fascio monocromatico della linea SYRMEP nel range di energia kev e, infine, disposti nel fantoccio mammografico semi-ellissoidale per valutare la distribuzione di dose al suo interno, durante le scansioni tomografiche con luce di sincrotrone. 44

52 3 RISULTATI DELLE MISURE DOSIMETRICHE 3.1 MISURE DELL INDICE DI DOSE IN TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA (CTDI) Sono stati misurati i valori del CTDI in fantocci cilindrici in PMMA con diametro di 8, 10, 12 e 14 cm e altezza pari a 15 cm. Ogni fantoccio ha 5 fori passanti (il foro centrale e 4 fori periferici) adatti all inserimento della camera a ionizzazione di tipo pencil Radcal mod. 10x6-3CT collegata al multimetro digitale Radcal Accu-Pro. La camera a ionizzazione viene posizionata al centro del fantoccio, dove viene fatto incidere il fascio laminare della linea SYRMEP di dimensioni trasversali 170 mm (orizzontale) x 3.94 mm (verticale). Durante l irraggiamento il fantoccio ruota di 360 intorno al suo asse longitudinale alla velocità di 3 /s. Le misure sono state effettuate a diversi valori dell energia del fascio: 18, 20, 24, 28, 32, 35, 38 e 40 kev. L indice dosimetrico CTDI100 è stato misurato irraggiando una singola fetta tomografica di spessore pari alla dimensione verticale del fascio ed è stato valutato a partire dalla risposta R della camera a ionizzazione in una rotazione completa del fantoccio. Tale quantità è il kerma in aria integrato su tutta la lunghezza della camera (100 mm) e, pertanto, essa è stata corretta per l effettivo spessore S irraggiato (equazione 3.1). Il CTDI100 viene normalizzato al prodotto della corrente (I, in na) misurata dalla camera a ionizzazione della linea di fascio (che dipende dalla fluenza di fotoni) e del tempo di esposizione (t in s). Il CTDI 100 viene, infine, riferito a 100 nas in modo da essere normalizzato al numero totale di fotoni inviati durante l esposizione (nctdi 100 ) ed espresso, quindi, in mgy/100nas (equazione 3.2). I valori di media delle misure su due fori periferici. nctdi100,p risultano dalla CTDI 100,x = 1 S (mm) 100 (mm) R (mgy) 3.1 CTDI 100,x n Infine, viene valutato il CDTI pesato ( = CTDI 100,x I t 100 (mgy/100nas) 3.2 n CTDI w ) come definito nell equazione 2.7. Le misure vengono riportate in grafici in cui, per ciascuna dimensione del fantoccio utilizzato, sull asse delle ordinate ci sono i valori di CTDI n e sull asse delle ascisse i valori dell energia del fascio 45

53 monocromatico impiegato per le misure. Verrà, inoltre mostrato l andamento dei valori di CTDI in funzione del diametro del fantoccio, a energia fissata. Sui punti sperimentali è stimata un incertezza sperimentale, stimata complessivamente non superiore al 10%. La figura 3.1 mostra l andamento di n CTDI 100,c, n CTDI 100,p e n CTDI w misurati nel fantoccio con diametro di 8 cm, in funzione dell energia del fascio. La figura 3.2 mostra le stesse quantità in funzione del diametro del fantoccio, misurate all energia di 24 kev. Figura 3.1: valori del n CTDI 100 misurato nella posizione centrale ( n CTDI 100,c ), nelle posizioni periferiche ( n CTDI 100,p ) e valori del n CTDI w nel fantoccio cilindrico in PMMA con diametro di 8 cm. In ordinata è indicato il valore di n CTDI in mgy/100nas, in ascissa i valori di energia a cui sono state effettuate le misure. Figura 3.2: valori del n CTDI 100 misurato nella posizione centrale ( n CTDI 100,c ), nelle posizioni periferiche ( n CTDI 100,p ) e valori del nctdi w misurati con fascio di energia pari a 24 kev. In ordinata è indicato il valore di n CTDI in mgy/100nas, in ascissa i valori del diametro del fantoccio in cui è stato misurato. 46

54 Nell analisi dell andamento del CTDI n in funzione dell energia, bisogna tenere conto della presenza di diversi effetti. In primo luogo, lo spessore di PMMA che la radiazione deve attraversare prima di raggiungere la camera a ionizzazione al centro del fantoccio è maggiore di quello che deve attraversare per raggiungere le posizioni periferiche. Ciò spiega il fatto che il n CTDI 100,p e il n CTDI w sono maggiori del n CTDI 100,c a tutte le energie. In secondo luogo, il coefficiente di attenuazione dei raggi X in PMMA diminuisce all aumentare dell energia e questa potrebbe essere la causa della diminuzione del n CTDI 100,p e del n CTDI w tra 18 e 20 kev. Infine, a energie maggiori di 20 kev diventa preponderante l effetto dovuto alla maggiore penetrazione dei fotoni al crescere dell energia, ed il CTDI n aumenta all aumentare dell energia. Inoltre, fissata l energia del fascio, il n CTDI diminuisce all aumentare del diametro del fantoccio (figura 3.2). Ciò si spiega osservando che, aumentando il diametro, aumenta lo spessore di PMMA che i fotoni devono attraversare prima di giungere alla zona dove è posizionata la camera a ionizzazione. 3.2 ANALISI DELLA RISPOSTA IN ENERGIA DEI DOSIMETRI A TERMOLUNESCENZA LiF:Mg,Cu,P Come osservato in precedenza, la risposta dei dosimetri a termoluminescenza dipende dall energia della radiazione assorbita ed il loro corretto impiego nella misura della dose con radiazione monocromatica richiede un accurata caratterizzazione energetica. Le misure qui presentate, effettuate nell ambito dell esperimento SYRMA-CT, hanno lo scopo di calibrare i dosimetri con esposizioni a una sorgente radioattiva 60 Co (ϒ da 1.2 MeV) e analizzarne la risposta alla radiazione X della luce di sincrotrone, mediante il confronto con la risposta degli stessi alla radiazione ϒ da 60 Co, in linea con studi analoghi presenti in letteratura [42, 43]. Sono stati studiati 40 dosimetri in totale, di tipo LiF:Mg,Cu,P, forniti dal Servizio di Radioprotezione del laboratorio ELETTRA Calibrazione con radiazione ϒ da 60 Co I TLD sono stati esposti a radiazione ϒ da 60 Co in condizioni di equilibrio delle particelle cariche (realizzate grazie a un fantoccio in PMMA di spessore 7.05 mm) a 1 metro di distanza dalla sorgente e a 4 diversi valori di dose, ottenuti variando il tempo di esposizione. 47

55 Figura 3.3: Fantoccio di PMMA utilizzato per l esposizione dei TLD GR-200A ai raggi ϒ da 60 Co. I dosimetri sono stati letti dopo ogni irraggiamento mediante il lettore Thermo Scientific Harshaw TLD Model 4500 in dotazione al servizio di radioprotezione di ELETTRA. La procedura di lettura prevede un aumento di temperatura fino a 240 con una rampa di 8 /s, senza pre-riscaldamento poiché i picchi a basse temperature sono poco significativi. Figura 3.4: immagini del lettore Thermo Scientific Harshaw TLD Model a) pannello frontale; b) cassettino con plancetta metallica su cui vengono posizionati i dosimetri in fase di lettura. Successivamente i dati raccolti vengono riportati in grafico, ponendo, per ciascun dosimetro, in ordinata il valore di kerma in aria a cui è stato irraggiato (in µgy) e in ascissa il corrispondente valore fornito dalla lettura (in nc). Sui dati sperimentali è stato eseguito un fit lineare: i parametri che ne risultano (pendenza e intercetta) caratterizzano completamente la retta di calibrazione del singolo TLD. Nota l attività della sorgente, è possibile calcolare un coefficiente di conversione che consenta di ricavare il rateo di kerma in aria a una certa distanza dalla sorgente radioattiva [44]. Per una sorgente puntiforme vale la seguente: dk air dt = A 4πl 2 (μ k ) ρ i i p i E i

56 in cui A è l attività, l è la distanza dalla sorgente, Ei è l energia dei fotoni emessi, pi è la probabilità che si verifichi il decadimento che produce fotoni di energia Ei e, infine, (µk/ρ)i è il coefficiente di trasferimento di energia massico dei fotoni di energia Ei in aria. In definitiva, si ha: dk air dt = C A l con C costante caratteristica della sorgente. Conoscendo l attività della sorgente a una data di riferimento e il tempo di dimezzamento del 60 Co, utilizzando l equazione 3.4, è stata calcolata l attività al momento delle misure e, di conseguenza, il kerma in aria a cui sono stati esposti di dosimetri. Tabella 3.1: caratteristiche della sorgente al 60 Co alla data di riferimento. CARATTERISTICHE DELLA SORGENTE T 1/2 = 5.27 years Data di riferimento: 24/03/1992 Attività Fattore di conversione attività-rateo di kerma in aria ( UNI ISO , Page 16) Rateo di kerma in MBq 0.31 µgy m -2 MBq -1 h µgy/h Tabella 3.2: parametri riferiti al primo irraggiamento. IRRAGGIAMENTO #1 t = 7972 giorni Data: 20/01/2014 Attività MBq Fattore di conversione attività-rateo di kerma in aria ( UNI ISO , Page 16) 0.31 µgy m -2 MBq -1 h -1 Rateo di kerma in µgy/h Tempo di esposizione 14 h Tabella 3.3: parametri riferiti al secondo irraggiamento. IRRAGGIAMENTO #2 t = 7973 giorni Data: 21/01/2014 Attività Fattore di conversione attività-rateo di kerma in aria ( UNI ISO , Page 16) Rateo di kerma in Tempo di esposizione MBq 0.31 µgy m -2 MBq -1 h µgy/h 10 h 49

57 Kerma in aria (µgy) Tabella 3.4: parametri riferiti al terzo irraggiamento. IRRAGGIAMENTO #3 t = 7974 giorni Data: 22/01/2014 Attività MBq Fattore di conversione attività-rateo di kerma in aria ( UNI ISO , Page 16) 0.31 µgy m -2 MBq -1 h -1 Rateo di kerma in µgy/h Tempo di esposizione 5 h Tabella 3.5: parametri riferiti al quarto irraggiamento. IRRAGGIAMENTO #4 t = 8077 giorni Data: 05/05/2014 Attività MBq Fattore di conversione attività-rateo di kerma in aria 0.31 µgy m ( UNI ISO , Page 16) -2 MBq -1 h -1 Rateo di kerma in µgy/h Tempo di esposizione 4 h Per brevità, di seguito verrà riportata solo una delle 40 rette di calibrazione, a titolo di esempio. Delle altre sono indicati in tabella 3.8 i valori di pendenza e intercetta con i rispettivi errori. Tabella 3.6: risultati della lettura del TLD individuato dal codice A0 esposto a diversi valori di kerma in aria da radiazione da 60 Co Dosimetro A0 Lettura (nc) Kerma in aria (µgy) A0 y = 0.56x Lettura del TLD (nc) Figura 3.5: retta di calibrazione del dosimetro individuato dal codice A0. In ordinata ci sono i valori di kerma in aria a cui il TLD è stato esposto, in ascissa sono riportati i corrispondenti valori risultanti dalla lettura. La retta di calibrazione è ottenuta tramite fit lineare dei dati sperimentali. 50

58 Tabella 3.7: valori di pendenza (B) e intercetta (A) della retta di calibrazione del dosimetro A0, con i rispettivi errori, calcolati con il metodo dei minimi quadrati. Equazione: y=a+bx valore errore A (µgy) -2 3 B (µgy/nc) Tabella 3.8: valori di pendenza (B) e intercetta (A), con i rispettivi errori, delle rette di calibrazione di tutti i TLD utilizzati, individuati dai codici nella prima colonna a sinistra. Label TLD A (µgy) A(µGy) B(µGy/nC) B (µgy/nc) A A A A A A A A A A M M M M M M M M M M O O O O O O O O O O X X X X X X X X X X

59 3.2.2 Risposta alla radiazione di sincrotrone con energia nel range kev I TLD sono stati esposti al fascio monocromatico della linea SYRMEP, di dimensioni trasversali 170 mm (orizzontale) x 3.94 mm (verticale), a diverse energie (28, 35, 38, 40 kev) e a valori variabili di kerma in aria ottenuti mediante variazione del tempo di esposizione. I dosimetri cilindrici sono stati posizionati in modo che la faccia circolare si trovi nel piano trasverso rispetto all asse del fascio. A causa della dimensione verticale del fascio, inferiore alla dimensione dei rivelatori, per ottenere un irraggiamento uniforme, è stata eseguita una scansione verticale dei dosimetri a velocità costante. Il kerma in aria viene misurato durante l irraggiamento dalla camera a ionizzazione Radcal mod. 10x6-3CT collegata al multimetro digitale Radcal Accu-Pro. Ad ogni valore di kerma in aria, alle varie energie, sono stati esposti 5 TLD, sottoposti a lettura ed annealing prima del successivo utilizzo. La risposta dell i-esimo dosimetro (Ri ) è stata valutata in termini di kerma in aria e definita da: R i = ( K air Co60 air ). 3.5 K SR i Indichiamo con (K air SR ) i il valore di kerma in aria da radiazione di sincrotrone (SR) a cui sono stati esposti i dosimetri, misurato dalla camera a ionizzazione, la cui accuratezza, indicata dal costruttore, è pari a ±5%. Dalla lettura Ti di ciascun dosimetro, si ricava, tramite retta di calibrazione, il corrispondente valore di kerma in aria, che indichiamo con (K air Co60 ) i : (K air Co60 ) i = A i + B i T i 3.6 Ai (in mgy) e Bi (in mgy/nc) sono, rispettivamente intercetta e pendenza della retta di calibrazione dell i-esimo TLD. (K air Co60 ) i rappresenta il kerma in aria nel campo di raggi ϒ da 60 Co che avrebbe fornito lo stesso valore di lettura Ti. Dalla propagazione degli errori si ha: (K air Co60 ) i = [ (A i )] 2 + T 2 i [ (B i )] (R i ) = [ 2 1 ] (K air SR ) i 2 (K air Co60 2 ) i (K air 2 ] SR ) i ) i + [ (K Co60 air 2 (K air SR )

60 Ad ogni energia è stato associato un valore della risposta pari alla media pesata delle Ri dei TLD esposti a quell energia: 𝑅𝐸 = 𝑖 𝑤𝑖 𝑅𝑖 𝑖 𝑤𝑖, 1 𝑤𝑖 = [𝜎 (𝑅 )]2, 𝑖 (𝑅𝐸 ) = 1 𝑖 𝑤𝑖 3.9 Ai valori di RE è stato applicato un fattore di correzione che tiene conto dell autoassorbimento del materiale, come riportato in letteratura [45]: 𝐹𝑐 (𝐸) = 1 𝑒 µ(𝐸) 𝑑 µ(𝐸) 𝑑 3.10 in cui d è lo spessore del dosimetro e µ(e) è il coefficiente di attenuazione lineare del LiF puro per fotoni di energia E, calcolato con il software XMuDat [46] con i dati sulle sezioni d urto da Boone et al. (1996) [47]. In definitiva, la risposta dei TLD viene caratterizzata secondo la seguente espressione: 𝑅𝐸,𝑐𝑜𝑟𝑟 = 𝑅𝐸 𝐹𝑐 (𝐸) 3.11 In tabella 3.9 sono riportati i valori del fattore di correzione per l autoassorbimento, applicati alla risposta in energia dei TLD studiati e in figura 3.6 sono riportati in grafico i valori di RE,corr in funzione dell energia. Tabella 3.9: fattori di correzione della risposta in energia dei TLD FATTORE DI CORREZIONE PER L AUTOASSORBIMENTO Energia (kev) FC Figura 3.6: risposta dei TLD utilizzati (RE,corr in ordinata), al fascio monoenergetico della linea di fascio SYRMEP, in funzione dell energia (in ascissa). La linea tratteggiata indica la risposta ai raggi da 60Co. L incertezza relativa sui punti sperimentali varia dall 1.2% (a 28, 35 e 40 kev) all 1.4% (a 38 kev). 53

61 3.3 DISTRIBUZIONE DELLA DOSE DEPOSITATA DURANTE UNA SCANSIONE TOMOGRAFICA Come osservato precedentemente, in mammografia la dose non è uniformemente distribuita a tutto l organo, mentre in tomografia, grazie alla simmetria dell irraggiamento, la deposizione di energia risulta più omogenea all interno del volume irraggiato. E stata studiata, mediante l utilizzo dei TLD precedentemente caratterizzati, la distribuzione di dose in un fantoccio in PMMA avente la forma di un semi-ellissoide di rotazione con diametro di base pari a 14 cm. Il fantoccio ha altezza pari a 9.5 cm e simula la mammella non compressa. Alla sua base può essere aggiunto un fantoccio cilindrico avente diametro di 14 cm e altezza 3.5 cm che simula la parete toracica. Nel nostro studio non abbiamo incluso tale base cilindrica. In uno dei piani passanti per l asse di rotazione dell ellissoide sono presenti sei cavità cilindriche, tre in posizioni periferiche e tre lungo l asse longitudinale del fantoccio, aventi profondità di 1 mm e diametro di 12 mm. Allo scopo di adattare le dimensioni delle cavità ai dosimetri utilizzati, al loro interno sono stati inseriti degli anelli in PMMA aventi diametro totale di mm e foro interno di diametro pari a 4.92 mm. Figura 3.7: disegno tecnico del fantoccio semi-ellissoidale utilizzato per valutare la distribuzione di dose. Le distanze indicate sono espresse in cm. Gli irraggiamenti sono stati eseguiti facendo traslare il fantoccio in direzione verticale con velocità di 2 mm/s, per un totale di 105 mm, in modo che fosse completamente investito dal fascio. Al termine della traslazione, il fantoccio viene ruotato di 5 e fatto nuovamente traslare in direzione opposta alla traslazione precedente. L operazione viene ripetuta fino a che il fantoccio abbia compiuto una rotazione di 360, per un totale di 72 proiezioni. 54

62 Figura 3.8: fotografia del fantoccio ellissoidale utilizzato per le misure di distribuzione di dose. Il fantoccio poggia su un sistema motorizzato in grado di traslare e ruotare. Nell immagine si vede anche la camera a ionizzazione della linea SYRMEP che fornisce un valore di corrente proporzionale alla fluenza di fotoni. Le esposizioni sono state effettuate a diversi valori di energia (28, 35, 38 e 40 kev). A 38 kev la misura è stata ripetuta a causa di una sospetta instabilità del fascio durante l irraggiamento. I dosimetri vengono sottoposti ad annealing dopo ogni utilizzo. I TLD vengono sottoposti a lettura e al valore in nc che ne risulta ( T ) viene associato un valore air di K Co60 ricavato tramite i parametri calcolati dalla calibrazione al 60 Co (tabella 3.8). air K Co60 = A + B T 3.12 air Il valore di K Co60 così ottenuto, va diviso per il valore di RE,corr all energia considerata e il air valore che ne risulta rappresenta il kerma in aria di radiazione di sincrotrone K SR (equazione 3.14), affetto da un incertezza stimata tramite propagazione degli errori: K air SR = K air Co60 R E,corr 3.13 σ (K air SR ) = [ 2 1 ] R E,corr σ 2 (K air Co60 2 R2 ] E,corr ) + [ K air Co60 σ 2 (R E,corr ) 3.14 Nelle tabelle sono riportati i valori della lettura post-irraggiamento dei TLD e i valori di kerma in aria calcolati tramite l equazione 3.13 con relative incertezze. 55

63 I valori di kerma in aria ottenuti sono stati normalizzati al valore di kerma in aria nella posizione Ax bot, laddove ci si aspetta il minor deposito di dose. Il kerma in aria normalizzato è riportato nel grafico in figura 3.9, in funzione della distanza dal bordo esterno del fantoccio. L istogramma in figura 3.10 mostra i valori di kerma in aria normalizzato, per ciascuna posizione, a tutte le energie a cui il fantoccio è stato irraggiato. Dal grafico e dall istogramma si osserva che il kerma in aria aumenta man mano che ci si avvicina alla parte superiore del fantoccio. Ciò è dovuto al fatto che, in una rotazione di 360, lo spessore di PMMA che i fotoni devono attraversare prima di investire i dosimetri è, in media, più grande nella parte più bassa del fantoccio (quella che nella mammella è l attaccatura alla parete toracica). Di conseguenza, i fotoni depositano più dose in superficie che in profondità nel fantoccio. Inoltre, come ci si aspetta dalla diminuzione del coefficiente di assorbimento dei fotoni in PMMA all aumentare dell energia, la dose depositata è più piccola a energie più elevate. Tabella 3.10: valori della lettura dei TLD e del kerma in aria a seguito dell irraggiamento al fascio di luce di sincrotrone con energia E = 28keV, con relativo errore. E = 28 kev RE,corr = ± Label TLD Posizione Distanza dal bordo esterno del TLD fantoccio (cm) T (nc) air K SR (mgy) errore (mgy) O0 Ax bot O1 Ax mid O2 Ax top O3 Per bot O4 Per mid O5 Per top Tabella 3.11: valori della lettura dei TLD e del kerma in aria a seguito dell irraggiamento al fascio di luce di sincrotrone con energia E = 35keV, con relativo errore. E = 35 kev RE,corr = 0.91 ± 0.01 Label TLD Posizione Distanza dal bordo esterno del TLD fantoccio (cm) Lettura (nc) air K SR (mgy) A2 Ax bot A1 Ax mid A0 Ax top A5 Per bot A4 Per mid errore (mgy) A3 Per top

64 Tabella 3.12: valori della lettura dei TLD e del kerma in aria a seguito del primo irraggiamento al fascio di luce di sincrotrone con energia E = 38keV, con relativo errore. E = 38 kev (1) RE,corr = 1.06 ± 0.01 Label TLD Posizione distanza dal bordo esterno del TLD fantoccio (cm) Lettura (nc) air K SR (mgy) errore (mgy) X2 Ax bot X1 Ax mid X0 Ax top X5 Per bot X4 Per mid X3 Per top Tabella 3.13: valori della lettura dei TLD e del kerma in aria a seguito del secondo irraggiamento al fascio di luce di sincrotrone con energia E = 38keV, con relativo errore. E = 38 kev (2) RE,corr = 1.06 ± 0.01 Label TLD Posizione Distanza dal bordo esterno del TLD fantoccio (cm) Lettura (nc) air K SR (mgy) errore (mgy) M7 Ax bot M6 Ax mid M5 Ax top O5 Per bot M9 Per mid M8 Per top Tabella 3.14: valori della lettura dei TLD e del kerma in aria a seguito dell irraggiamento al fascio di luce di sincrotrone con energia E = 40keV, con relativo errore. E = 40 kev RE,corr = 1.21 ± 0.01 Label TLD Posizione Distanza dal bordo esterno del TLD fantoccio (cm) Lettura (nc) air K SR (mgy) X8 Ax bot X7 Ax mid X6 Ax top O7 Per bot O6 Per mid X9 Per top errore (mgy) 57

65 Figura 3.9: distribuzione della dose nel fantoccio ellissoidale. I valori di kerma in aria misurati con i TLD sono normalizzati al kerma in aria misurato nella posizione Ax bot (in ordinata), per ciascuna energia del fascio, in funzione della distanza dal bordo esterno del fantoccio (in ascissa). Figura 3.10: Istogramma del kerma in aria normalizzato a quello misurato nella posizione Ax bot per ciascuna posizione e per tutte le energie di fascio utilizzate. 58

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