Diagrammi di stato e proprietà dei materiali. Questa unità ha due obiettivi principali:

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1 Materiali Obiettivi (1/2) Questa unità ha due obiettivi principali: Il primo è quello di rappresentare attraverso diagrammi di stato le condizioni di equilibrio fra fasi di sistemi a due componenti a differenti temperature anche per consentire agli allievi di prevedere le strutture e le caratteristiche dei materiali ottenibili. Il secondo intende rendere famigliari agli studenti le modalità con le quali si determinano le proprietà meccaniche, termiche e tecnologiche dei materiali e la correlazione tra tali proprietà, la struttura cristallina e il tipo di legame chimico coinvolto Politecnico di Torino 1

2 Obiettivi (2/2) Per questa unità è disponibile un testo in formato pdf 3 Diagrammi di stato binari Proprietà meccaniche dei materiali Proprietà termiche dei materiali Politecnico di Torino 2

3 Diagrammi di stato binari (1/2) Generalità sui diagrammi di stato Diagrammi di stato per sistemi a un componente Diagrammi di stato binari: generalità Miscibilità completa allo stato solido e liquido Miscibilità nulla allo stato solido Miscibilità parziale allo stato solido (presenza di un eutettico) Miscibilità parziale allo stato solido (presenza di un peritettico) Politecnico di Torino 3

4 Diagrammi di stato binari (2/2) Presenza di un composto a fusione congruente Presenza di una fase intermedia a fusione congruente Presenza di un composto intermedio a fusione incongruente Fase a fusione incongruente Trasformazione eutettoidica Esempio di diagramma complesso 7 Diagrammi di stato binari 2005 Politecnico di Torino 4

5 Concetti di base (1/2) I diagrammi di stato rappresentano le condizioni di equilibrio fra le fasi di un sistema. Nei sistemi a un solo componente le variabili prese in considerazione sono la temperatura e la pressione. 9 Concetti di base (2/2) Nei sistemi a due componenti si assumono come variabili la temperatura e la composizione. Si considerano cioè solo le fasi condensate (liquide o solide) e non la fase vapore; la pressione non viene ritenuta influente. I diagrammi di stato mostrano, al variare della temperatura, i cambiamenti di fase, la variazione della composizione delle fasi e i rapporti quantitativi tra le fasi Politecnico di Torino 5

6 Regola delle fasi (1/2) Per la comprensione dei diagrammi di stato occorre fare riferimento alla regola delle fasi (o regola di Gibbs). 11 Regola delle fasi (2/2) La regola afferma che il grado di varianza di un sistema (ν) è uguale al numero dei componenti chimici indipendenti (n) aumentato del numero dei fattori fisici attivi (f) e diminuito del numero (φ) delle fasi presenti. E cioè : ν = n + f φ Il grado di varianza ν è il numero di variabili chimiche o fisiche di cui occorre stabilire il valore per definire esattamente il sistema Politecnico di Torino 6

7 Diagrammi di stato binari Sistemi a un componente (1/3) Nella figura è mostrato il diagramma di stato di un componente che, come ad esempio l acqua, solidifica con aumento di volume Politecnico di Torino 7

8 Sistemi a un componente (2/3) Sul diagramma, che ha come variabili la temperatura e la pressione, sono riportate tre linee e indicati i campi di esistenza dei diversi stati di aggregazione. 15 Sistemi a un componente (3/3) La linea os rappresenta la variazione della tensione di vapore del solido con la temperatura e termina allo zero assoluto Politecnico di Torino 8

9 Temperatura critica La linea ol rappresenta la variazione della tensione di vapore del liquido con la temperatura e termina alla temperatura critica. La temperatura critica è quella al di sopra della quale un gas non può essere liquefatto qualunque sia la pressione cui è sottoposto. 17 Punto triplo (1/2) La curva om rappresenta la variazione della temperatura di fusione (o di solidificazione) all aumentare della pressione Politecnico di Torino 9

10 Punto triplo (2/2) Il punto o è chiamato punto triplo e indica le condizioni di temperatura e di pressione che consentono al componente di essere presente, in condizioni di equilibrio, contemporaneamente nei tre stati di aggregazione. 19 Fusione ed evaporazione Se un componente solido viene riscaldato alla pressione costante p 1 se ne osserva la fusione e l ebollizione alle temperature T f e T e Politecnico di Torino 10

11 Sublimazione Se il riscaldamento avviene a una pressione p 2 inferiore a quella corrispondente al punto triplo il solido si trasforma a T s direttamente in vapore (sublimazione). 21 Solidificazione con diminuzione di volume Se il componente, come avviene nella maggioranza dei casi, solidifica con diminuzione di volume il diagramma di stato assume l aspetto della figura Politecnico di Torino 11

12 Diagrammi di stato binari Generalità I diagrammi di stato binari consentono di rappresentare il numero delle fasi presenti, la loro composizione, i rapporti quantitativi tra di loro in funzione della composizione chimica e della temperatura Politecnico di Torino 12

13 Regola delle fasi La regola delle fasi o di Gibbs assume una forma semplificata: il numero dei componenti chimici indipendenti vale 2; il numero dei fattori fisici attivi è ridotto alla sola temperatura. E dunque: ν = φ; ovvero il numero φ delle fasi presenti in equilibrio non può essere che : 1 ( ν = 2 ) oppure 2 ( ν = 1 ) oppure 3 ( ν = 0 ). 25 La regola della leva (1/2) La composizione viene riportata sull ascissa che viene suddivisa in cento parti; a ogni punto corrisponde una percentuale dei due componenti che viene letta con la regola della leva Politecnico di Torino 13

14 La regola della leva (2/2) Ad esempio, al punto C corrisponde una composizione di 70% di A e di 30 % di B; si è cioè fatto leva sul punto C per individuare la percentuale dei due componenti sul segmento opposto rispetto a C. 27 Curve di analisi termica I diagrammi di stato vengono determinati con l aiuto di curve di analisi termica che misurano la temperatura in funzione del tempo di raffreddamento. Le curve presentano discontinuità in corrispondenza di variazioni nel numero delle fasi Politecnico di Torino 14

15 Diagrammi di stato binari Miscibilità completa allo stato solido (1/6) Il diagramma di stato e mostrato nella figura accanto a tre curve di analisi termica Politecnico di Torino 15

16 Miscibilità completa allo stato solido (2/6) Si individuano due linee, denominate curva di liquido (quella superiore) e curva di solido (quella inferiore) che suddividono il diagramma in tre aree. 31 Miscibilità completa allo stato solido (3/6) L area superiore corrisponde al sistema liquido; è presente un unica fase; il sistema ha grado di varianza ν = = 2 il che significa che per definirlo occorre precisare due variabili: la temperatura e la composizione della fase liquida Politecnico di Torino 16

17 Miscibilità completa allo stato solido (4/6) L area inferiore corrisponde al sistema solido costituito da una soluzione di B in A o di A in B; anche in questo caso il grado di varianza è uguale a 2 e per definire il sistema occorre precisare la temperatura e la composizione della fase solida. 33 Miscibilità completa allo stato solido (5/6) Nell area intermedia sono presenti due fasi: quella liquida e quella solida; il grado di varianza vale: ν = = Politecnico di Torino 17

18 Miscibilità completa allo stato solido (6/6) Fissata la temperatura (tra T A e T B ) risulta determinata la composizione delle due fasi costituite dalla soluzione solida e dalla fase liquida. 35 Esempio (1/8) Fissata la temperatura T x la composizione della fase liquida è data dall ascissa del punto C e quella della fase solida dall ascissa del punto D Politecnico di Torino 18

19 Esempio (2/8) Per una composizione corrispondente al punto M il sistema risulta completamente definito essendo individuate le composizioni della fase solida (D) e della fase liquida (C) e il rapporto quantitativo tra le due fasi. 37 Esempio (3/8) Fatto uguale a 100 il segmento CD la % della fase liquida di composizione C è data da MD/CD 100 e la % della fase solida di composizione D è data da CM/CD Politecnico di Torino 19

20 Esempio (4/8) Se, con riferimento alla figura, si raffredda un liquido di composizione M il sistema rimane tale fino alla temperatura T 1 allorché si forma il primo cristallo di composizione S Esempio (5/8) Continuando a sottrarre calore il sistema si raffredda meno velocemente perché comincia a svilupparsi calore di solidificazione. Alla temperatura più bassa T 2 sono presenti la fase solida tutta di composizione S 2 e la fase liquida di composizione L Politecnico di Torino 20

21 Esempio (6/8) Alla temperatura più bassa T 3 il sistema è tutto solidificato sotto forma di soluzione solida di composizione M; l ultima goccia di liquido ha la composizione L Esempio (7/8) Le trasformazioni espresse dai diagrammi di stato sono reversibili Politecnico di Torino 21

22 Esempio (8/8) Se si riscalda una soluzione solida di composizione M si osserva alla temperatura T 3 la comparsa della prima goccia di liquido di composizione L 3 e alla temperatura T 1 la scomparsa dell ultimo cristallo di soluzione solida di composizione S Diagrammi di stato binari 2005 Politecnico di Torino 22

23 Diagramma di stato Il diagramma di stato è mostrato nella figura ed è costituito da tre campi bifasici e da un campo monofasico. 45 Eutettico Il diagramma è caratterizzato dalla presenza di un eutettico di composizione E e da una temperatura eutettica T E. Tutti i solidi iniziano, al riscaldamento, a fondere alla temperatura T E ; tutti i liquidi, al raffreddamento, concludono la solidificazione a T E Politecnico di Torino 23

24 Completa immiscibilità allo stato solido (1/6) Se si raffredda un liquido di composizione M si osserva alla temperatura T 1 la formazione del primo cristallo di A puro. 47 Completa immiscibilità allo stato solido (2/6) Continuando nel raffreddamento si separa altro A puro; alla temperatura T 2 il liquido ha assunto la composizione L 2. La percentuale di A puro a T 2 è data, dopo aver fatto uguale a 100 il segmento AL 2, dalla ML 2 /AL 2 100; quella del liquido L 2 dalla AM/AL Politecnico di Torino 24

25 Completa immiscibilità allo stato solido (3/6) Alla temperatura T E il liquido ha la composizione E; fatto uguale a 100 il segmento AE, la % del liquido è data da AM/AE 100 e quella del solido A (detto di deposizione primaria) è data da ME/AE Completa immiscibilità allo stato solido (4/6) Continuando a sottrarre calore, la temperatura T E non diminuisce finché tutto il liquido eutettico non si è trasformato in una miscela di minuti cristalli di A puro e di B puro (struttura eutettica) Politecnico di Torino 25

26 Completa immiscibilità allo stato solido (5/6) Alla fine della solidificazione il sistema è costituito da grossi cristalli di A di deposizione primaria inglobati nella fine struttura eutettica. 51 Completa immiscibilità allo stato solido (6/6) Se si raffredda un liquido di composizione E si osserva che rimane tale fino a T E quando si trasforma a temperatura costante in un solido eutettico bifasico costituito da un miscuglio di piccoli cristalli di A e di B Politecnico di Torino 26

27 Curve di analisi termica Nella figura sono mostrate le curve di analisi termica per un liquido di composizione M e per un liquido di composizione E. 53 Diagrammi di stato binari 2005 Politecnico di Torino 27

28 Diagramma di stato Il diagramma di stato è caratterizzato da due soluzioni solide primarie. Una, ricca nel costituente A, è denominata fase α e l altra, ricca nel costituente B, è detta fase β. 55 Miscibilità parziale allo stato solido (1/14) Il diagramma mostra anche una trasformazione eutettica in corrispondenza della quale la soluzione solida α presenta la massima concentrazione di B e la soluzione solida β la massima concentrazione di A Politecnico di Torino 28

29 Miscibilità parziale allo stato solido (2/14) La concentrazione delle due soluzioni solide α e β diminuisce, al di sotto della temperatura T E lungo le linee nb e gc (curve di solubilità o di solvus). 57 Miscibilità parziale allo stato solido (3/14) Se si raffredda un liquido di composizione M si osserva, alla temperatura T 1, la separazione del primo cristallo di soluzione solida α di composizione S Politecnico di Torino 29

30 Miscibilità parziale allo stato solido (4/14) La solidificazione termina alla temperatura T 2 allorché tutto il liquido si è trasformato in una soluzione solida α di composizione M. 59 Miscibilità parziale allo stato solido (5/14) La soluzione solida α continua a raffreddarsi finché, alla temperatura T 3, diventa soprassatura rispetto al componente B. Viene allora separato un primo cristallo di soluzione solida β di composizione S β Politecnico di Torino 30

31 Miscibilità parziale allo stato solido (6/14) Al diminuire della temperatura la composizione delle fasi α e β varia lungo le linee di solubilità nb e gc. 61 Miscibilità parziale allo stato solido (7/14) Alla temperatura dell ascissa la composizione della fase α è data dal punto b e la percentuale della fase α è data da Mc/bc 100. Alla temperatura dell ascissa la composizione della fase β è data dal punto c e la percentuale della fase β è data da bm/bc Politecnico di Torino 31

32 Miscibilità parziale allo stato solido (8/14) Se si raffredda un liquido di composizione E questi si trasforma a T E in un solido bifasico eutettico α + β (con α e β a massima concentrazione in B e in A). 63 Miscibilità parziale allo stato solido (9/14) Le due fasi α e β modificano poi la loro composizione lungo le linee nb e gc. A raffreddamento completato la percentuale della fase α è data da Ec/bc 100 e quella della fase β da be/bc Politecnico di Torino 32

33 Miscibilità parziale allo stato solido (10/14) Se si raffredda un liquido di composizione D questi comincia a solidificare alla temperatura T 4 ; si formano cristalli β di deposizione primaria. 65 Miscibilità parziale allo stato solido (11/14) Nell intervallo tra T 4 e T E si continuano a formare cristalli di β la cui composizione varia lungo la linea mg Politecnico di Torino 33

34 Miscibilità parziale allo stato solido (12/14) Alla temperatura eutettica dal liquido di composizione E si separano contemporaneamente, a temperatura costante, cristalli minuti di α e di β. 67 Miscibilità parziale allo stato solido (13/14) Conclusa la trasformazione eutettica le fasi α (eutettica) e β (eutettica e di deposizione primaria) cambiano la composizione lungo le linee nb e gc Politecnico di Torino 34

35 Miscibilità parziale allo stato solido (14/14) A bassa temperatura è presente la fase α, nella percentuale Dc/bc 100 e la fase β, nella percentuale bd/bc Diagrammi di stato binari 2005 Politecnico di Torino 35

36 Diagramma di stato Il diagramma è caratterizzato da una trasformazione peritettica nel corso della quale, al riscaldamento, una soluzione solida β di composizione p si trasforma, alla temperatura peritettica T P, costante, in una soluzione solida α a massima concentrazione in B e in un liquido di composizione c. 71 Trasformazione peritettica (1/5) Se si raffredda un liquido di composizione M alla temperatura T 1 si separa il primo cristallo di α di composizione b Politecnico di Torino 36

37 Trasformazione peritettica (2/5) Fra T 1 e T P la composizione del solido α e del liquido variano la composizione lungo le linee bd e ac. A T P ha luogo la trasformazione peritettica nel corso della quale tutto il liquido c reagisce con parte di α per dare la soluzione solida β di composizione p. 73 Trasformazione peritettica (3/5) Scomparsa l ultima goccia di liquido la temperatura riprende a scendere e le composizioni delle fasi α e β variano lungo le linee df e pg. Alla temperatura dell ascissa la percentuale di fase α è data da Mg/fg 100 e la percentuale della fase β è data da fm/fg Politecnico di Torino 37

38 Trasformazione peritettica (4/5) Se si raffredda un liquido di composizione D si separa per primo alla temperatura T 2 un cristallo di fase α di composizione h. Alla temperatura T P tutta la fase α reagisce con parte del liquido c per dare la fase β di composizione peritettica p. 75 Trasformazione peritettica (5/5) Scomparsa la fase α la temperatura riprende a scendere finché, alla temperatura T 3, tutto il sistema è solidificato sotto forma di fase β Politecnico di Torino 38

39 Diagrammi di stato binari Fusione congruente Un composto fonde congruente quando alla temperatura di fusione si trasforma in un liquido che ha la sua stessa composizione Politecnico di Torino 39

40 Diagramma di stato (1/3) Il diagramma di stato è mostrato nella figura. Sull ascissa compare un composto A m B n la cui composizione è esprimibile indicando le % di A e di B e quindi i componenti chimici indipendenti rimangono sempre due: A e B. 79 Diagramma di stato (2/3) Il diagramma è scomponibile in due parti simili. La prima copre l intervallo di composizione A A m B n e la seconda quello A m B n B. Entrambe le parti corrispondono a un diagramma caratterizzato da una completa immiscibilità allo stato solido e dalla presenza di un eutettico Politecnico di Torino 40

41 Diagramma di stato (3/3) Tutte le miscele di composizione tra A e A m B n cominciano a fondere alla temperatura T E e quelle di composizione tra A m B n e B alla temperatura T E. 81 Diagrammi di stato binari 2005 Politecnico di Torino 41

42 Fusione congruente (1/2) Il diagramma è mostrato nella figura. Esso è caratterizzato dalla presenza di una fase γ, a composizione variabile e a fusione congruente. 83 Fusione congruente (2/2) Inoltre il componente B mostra una limitata solubilità nel componente A, rappresentata dalla soluzione solida α, e il componente A una limitata solubilità nel componente B, rappresentata dalla soluzione solida β Politecnico di Torino 42

43 Diagrammi di stato binari Composto a fusione incongruente (1/8) Un composto fonde incongruente quando la fusione completa avviene non a una temperatura fissa, ma in un intervallo termico e il liquido e il solido che si formano hanno inizialmente una composizione diversa da quella del solido di partenza. Per ingrandire la figura Politecnico di Torino 43

44 Composto a fusione incongruente (2/8) Se si raffredda un liquido di composizione M alla temperatura T 1 cominciano a separarsi cristalli di B di deposizione primaria; il processo continua fino alla temperatura T P mentre la composizione del liquido raggiunge il punto a. Per ingrandire la figura 87 Composto a fusione incongruente (3/8) A T P costante tutto il liquido di composizione a reagisce con una parte del solido B per dare il composto A m B n ; a trasformazione conclusa sono presenti le due fasi solide A m B n e B. La percentuale di A m B n è data da MB/A m B n -B 100; quella di B da A m B n M/ A m B n -B 100. Per ingrandire la figura Politecnico di Torino 44

45 Composto a fusione incongruente (4/8) Se si raffredda un liquido di composizione D alla temperatura T 2 comincia a formarsi B solido che, alla temperatura T P, reagisce tutto con una parte del liquido di composizione a per dare il composto A m B n. 89 Composto a fusione incongruente (5/8) Conclusa la trasformazione, che è di tipo peritettico, il liquido a e il solido A m B n sono presenti nelle seguenti proporzioni: percentuale di liquido a = fp/ap 100; percentuale di solido A m B n = af/ap Politecnico di Torino 45

46 Composto a fusione incongruente (6/8) Tra la temperatura peritettica T P e quella eutettica T E dal liquido continua a separarsi il composto A m B n mentre la composizione del liquido varia lungo la curva ae. 91 Composto a fusione incongruente (7/8) Alla temperatura T E, costante, dal liquido eutettico di composizione E si separano contemporanea mente cristalli fini di A e di A m B n Politecnico di Torino 46

47 Composto a fusione incongruente (8/8) Le curve di raffreddamento per i due liquidi di composizione M e D sono mostrate in figura. In quella relativa a D sono visibili due tratti orizzontali che corrispondono alla trasformazione peritettica a T P e a quella eutettica a T E. 93 Diagrammi di stato binari 2005 Politecnico di Torino 47

48 Fase a fusione incongruente (1/6) Il diagramma è mostrato in figura. La fase intermedia è indicata come fase γ; sono inoltre presenti due campi monofasici corrispondenti alle soluzioni solide primarie ricche, rispettivamente, nel componente A (fase α) e nel componente B (fase β). 95 Fase a fusione incongruente (2/6) Anche in questo caso sono presenti una trasformazione eutettica alla temperatura T E e una peritettica alla temperatura T P Politecnico di Torino 48

49 Fase a fusione incongruente (3/6) Se si raffredda un liquido di composizione N si ha, alla temperatura T 3, la deposizione primaria della fase intermedia γ. 97 Fase a fusione incongruente (4/6) Nell intervallo termico tra T 3 e T E dal liquido continua a separarsi la fase γ; entrambe le fasi (liquido e γ) cambiano la propria composizione secondo le linee re e st Politecnico di Torino 49

50 Fase a fusione incongruente (5/6) Alla temperatura T E costante il liquido di composizione E si trasforma in un miscuglio di soluzione solida α e di soluzione solida γ. Al di sotto di T E la composizione delle fasi α e γ varia lungo le linee hz e tv. 99 Fase a fusione incongruente (6/6) Alla temperatura dell ascissa sono presenti la fase α di composizione z e la fase γ di composizione v; la percentuale di α è data da Nv/zv 100; la percentuale di γ è data da zn/zv Politecnico di Torino 50

51 Diagrammi di stato binari Trasformazione eutettoidica (1/4) Una trasformazione eutettoidica è simile a una trasformazione eutettica con la differenza che coinvolge tre fasi tutte solide. Un esempio è mostrato nella parte inferiore della figura Politecnico di Torino 51

52 Trasformazione eutettoidica (2/4) Oltre alle temperature di fusione dei componenti A e B (T A e T B ) sono indicate le temperature T a e T b che corrispondono a trasformazioni delle strutture cristalline di A e di B (trasformazioni polimorfiche o allotropiche). 103 Trasformazione eutettoidica (3/4) La trasformazione eutettoidica comporta, al raffreddamento, la trasformazione, a temperatura costante, della soluzione solida γ di composizione e. Questa soluzione solida γ si trasforma nella soluzione solida α a massima concentrazione di B e nella soluzione solida β a massima concentrazione di A Politecnico di Torino 52

53 Trasformazione eutettoidica (4/4) La trasformazione eutettoidica porta a strutture più fini di quelle che si osservano nelle trasformazioni eutettiche. 105 Diagrammi di stato binari 2005 Politecnico di Torino 53

54 Diagramma complesso (1/11) Viene riportato nella figura un diagramma di stato binario definito complesso in quanto comprende alcune delle trasformazioni semplici considerate in precedenza. 107 Diagramma complesso (2/11) Sono presenti una trasformazione peritettica ad alta temperatura, una trasformazione eutettica a media temperatura e una trasformazione eutettoidica a bassa temperatura Politecnico di Torino 54

55 Diagramma complesso (3/11) Il componente A presenta due trasformazioni polimorfiche rispettivamente alle temperature T a e T a. 109 Diagramma complesso (4/11) Se si raffredda un liquido di composizione M si osserva, alla temperatura T 1, l inizio della deposizione primaria di cristalli di B puro. Tale deposizione prosegue fino alla temperatura eutettica T E Politecnico di Torino 55

56 Diagramma complesso (5/11) A T E costante si formano dal liquido eutettico E cristalli sia di B (di deposizione eutettica) sia della soluzione solida γ a massima concentrazione di B in A. 111 Diagramma complesso (6/11) Conclusa la trasformazione eutettica la temperatura riprende a scendere dal valore eutettico T E a quello eutettoidico T e mentre la composizione della fase γ varia lungo la linea ce Politecnico di Torino 56

57 Diagramma complesso (7/11) Fra T E e T e diminuisce la concentrazione di B nella fase γ; si formano altri cristalli di B detti di deposizione proeutettoidica. 113 Diagramma complesso (8/11) Alla temperatura T e la fase γ ha raggiunto la composizione eutettoidica e; inizia ora la sua trasformazione, a temperatura costante, nella soluzione solida α a massima concentrazione nel componente B e in ulteriori cristalli di B (di deposizione eutettoidica) Politecnico di Torino 57

58 Diagramma complesso (9/11) Al di sotto della temperatura T e la soluzione solida α a massima concentrazione in B varia la propria composizione lungo la linea fd separando altri cristalli di B (di deposizione dalla fase α). 115 Diagramma complesso (10/11) Alla temperatura dell ascissa è presente la soluzione solida α di composizione corrispondente al punto d e il componente B puro. La percentuale di α è data da MB/dB 100 e quella di B da dm/db Politecnico di Torino 58

59 Diagramma complesso (11/11) Nel raffreddamento del liquido di composizione M si sono formati cristalli di B di differente tipologia: primario, eutettico, proeutettoidico, eutettoidico, dalla fase α Politecnico di Torino 59

60 Proprietà meccaniche dei materiali Resistenza a trazione Resistenza a compressione Resistenza a flessione Resistenza superficiale Resistenza a fatica Resistenza allo scorrimento viscoso (o creep o fluage) Resistenza all urto (o resilienza) Prove tecnologiche 119 Proprietà meccaniche dei materiali 2005 Politecnico di Torino 60

61 Resistenza a trazione (1/3) La resistenza a trazione di un materiale viene determinata sperimentalmente con una prova specifica utilizzando una macchina a ciò dedicata. 121 Resistenza a trazione (2/3) La macchina è schematizzata in figura e consta di una cella di carico attraverso la quale vengono applicati carichi a trazione regolarmente crescenti a un provino bloccato tra due afferraggi Politecnico di Torino 61

62 Resistenza a trazione (3/3) I provini hanno dimensioni standard: una sezione A o e un tratto centrale di lunghezza l o la cui evoluzione dimensionale viene monitorata attraverso un estensimetro. Il dispositivo è completato da un sistema di acquisizione dei dati che rileva la deformazione della zona centrale del provino in funzione del carico applicato che è sempre riferito alla sezione iniziale dello stesso. 123 Curva tensione-deformazione Si ottiene una curva tensione deformazione (o carico allungamento) che può avere l andamento mostrato in figura Politecnico di Torino 62

63 Tensione σ (1/2) La tensione σ è data dal rapporto tra il carico P applicato e l area della sezione trasversale A o iniziale; è cioè: σ = P/A o. 125 Tensione σ (2/2) L unità di misura di σ è il pascal, ovvero N/m 2 ; si usa in realtà più frequentemente il megapascal, MPa=1 N/mm 2. Viene talvolta anche usato il kgforza/mm 2 con 1 kgf/mm 2 = 9,8 N/mm 2 = 9,8 MPa che può essere arrotondato a 10 MPa Politecnico di Torino 63

64 Deformazione La deformazione ε è data dal rapporto tra la variazione l della lunghezza del campione e la lunghezza iniziale l o ; è cioè: ε = l/l o = ( l l o )/l o. L unità di misura di ε è m/m; ε è quindi una grandezza adimensionale. 127 Esempio (1/2) Se a un tondino lungo 1,5 m con sezione di 2 cm 2 viene attaccato un peso di 20 kg il carico σ cui è sottoposto vale: 20 kgf/ 2cm 2 = 10 kgf / cm 2 = 98 N/cm 2 = 0,98 N/mm 2 = 0,98 MPa Politecnico di Torino 64

65 Esempio (2/2) Se il tondino per effetto del carico applicato si allunga di 0,5 mm la deformazione subita vale: 0,5 mm/ 1500 mm = 0,00033 ovvero 0,033%. 129 Deformazione elastica La curva tensioni deformazioni presenta un tratto iniziale rettilineo in corrispondenza del quale, se il carico applicato viene rimosso, il provino annulla la deformazione acquisita; la deformazione è stata cioè di natura elastica Politecnico di Torino 65

66 Carico limite elastico Il comportamento elastico si manifesta fino a un determinato valore della tensione che viene denominato carico al limite elastico. Superato tale carico il provino comincia a deformarsi permanentemente. 131 Legge di Hooke Nel campo delle deformazioni elastiche vi è proporzionalità diretta tra tensione e deformazione (legge di Hooke); è cioè: σ = Eε dove E è la costante di proporzionalità Politecnico di Torino 66

67 Modulo elastico o modulo di Young La costante E, che corrisponde al coefficiente angolare del tratto rettilineo iniziale della curva sforzo deformazione iniziale, viene denominata modulo elastico o modulo di Young ed è espressa in gigapascal, GPa. 133 Esempio Il Cu ha modulo elastico di 110 GPa, ovvero MPa. Una barra di Cu lunga 305 mm (l o ) è sottoposta a un carico a trazione di 276 MPa. La conseguente deformazione elastica vale: σ = ε E = ( l / l o ) E l = σ l o / E = / = 0,76 mm Politecnico di Torino 67

68 Rapporto di Poisson (1/2) Nel campo delle deformazioni elastiche a un allungamento longitudinale del provino fa riscontro una contrazione trasversale della sezione iniziale. 135 Rapporto di Poisson (2/2) Il rapporto tra la deformazione trasversale e quella longitudinale viene chiamato rapporto di Poisson e indicato con la lettera ν. Ècioè: ν = ε trasversale/ε longitudinale; ν è minore di uno e il segno meno ricorda che le due deformazioni sono di segno contrario; esso viene introdotto per consentire a ν di avere un valore positivo Politecnico di Torino 68

69 Deformazione plastica (1/2) Superato il carico al limite elastico inizia la deformazione plastica in corrispondenza della quale il materiale si snerva; il carico è quindi anche il carico di snervamento. 137 Deformazione plastica (2/2) Quando la deformazione plastica raggiunge un valore minimo misurabile con facilità, ed esempio dello 0,2%, allora il carico di snervamento R s recepisce tale condizione e viene indicato come R s0, Politecnico di Torino 69

70 Limite elastico Nelle strutture ingegneristiche sono di solito consentite solo deformazioni elastiche e quindi il carico al limite elastico rappresenta il carico massimo che può essere ammesso in condizioni di sicurezza. Per ottenere deformazioni permanenti in semilavorati (laminazione, trafilatura, imbutitura, estrusione, ecc.) occorre invece sottoporli a sollecitazioni ben superiori al carico al limite elastico. 139 Incrudimento (1/2) Superato il carico di snervamento, per proseguire nella deformazione permanente, occorre aumentare il carico applicato fino a che questo raggiunge, sulla curva tensioni deformazioni, il suo valore massimo Politecnico di Torino 70

71 Incrudimento (2/2) Questa fase di progressiva deformazione plastica, durante la quale il provino si deforma uniformemente, prende il nome di incrudimento ed è accompagnato da un rafforzamento del materiale. 141 Deformazione plastica (1/3) Se il carico viene rimosso e poi riapplicato si osserva infatti un aumento del carico al limite elastico Politecnico di Torino 71

72 Deformazione plastica (2/3) Durante la fase di deformazione plastica iniziale il provino subisce una contrazione permanente della sua sezione iniziale. 143 Deformazione plastica (3/3) Se il carico applicato viene rapportato in ogni istante non alla sezione iniziale, ma a quella vera si osserva che questo carico vero aumenta con regolarità ed è superiore a quello registrato dallo strumento della macchina per la prova a trazione. Se, analogamente, l allungamento viene valutato come incremento dell allungamento istantaneo del provino si può valutare qual è l allungamento vero Politecnico di Torino 72

73 Curva carico vero-allungamento vero Una curva carico vero allungamento vero è confrontata nella figura con la curva determinata sperimentalmente in una prova a trazione. 145 Esempio (1/5) Un tondino di alluminio con raggio di 0,64 cm sottoposto a una prova a trazione ha consentito di rilevare un carico di snervamento N, un carico massimo a trazione di N e un carico di rottura di N Politecnico di Torino 73

74 Esempio (2/5) Poiché la sezione iniziale vale 6,4 2 3,14 = 128,6 mm 2, il carico unitario di snervamento vale 7.560/ 128,6 N/mm 2 = 58,8 N/mm 2 = 58,8 MPa. 147 Esempio (3/5) Il carico massimo unitario a trazione vale / 128,6 = 108,1 MPa Politecnico di Torino 74

75 Esempio (4/5) E il carico unitario a rottura vale / 128,6 = 72,6 MPa. 149 Esempio (5/5) Se il raggio del tondino di Al si è ridotto alla rottura a 0,32 cm, ovvero la sezione è diventata di soli 32,15 mm 2, il carico vero unitario a rottura diventa pari a: / 32,15 = 290,5 MPa Politecnico di Torino 75

76 Strizione (1/2) Una volta superato, con riferimento alla curva carichi allungamenti, il carico massimo a trazione la deformazione prosegue, ma non è più uniforme, bensì è concentrata nella zona centrale del provino. Il fenomeno prende il nome di strizione. 151 Strizione (2/2) La sezione che sopporta il carico si riduce localmente mentre il carico unitario applicato continua a crescere; il fenomeno prosegue finché la sezione è così ridotta, ovvero la strizione e l allungamento hanno raggiunto valori tali, che il carico applicato provoca la rottura del provino Politecnico di Torino 76

77 Allungamenti a rottura e strizioni (1/4) Allungamenti a rottura e strizioni significativi sono assunti come indicazioni di duttilità e di deformabilità del materiale. Allungamenti a rottura e strizioni possono essere quantificati in termini di percentuali di allungamento della lunghezza l o iniziale e di contrazione della sezione A o iniziale. 153 Allungamenti a rottura e strizioni (2/4) Se si indicano con l e con A la lunghezza e la sezione del provino alla rottura l allungamento percentuale è uguale a: l l o / l o Politecnico di Torino 77

78 Allungamenti a rottura e strizioni (3/4) E la strizione percentuale è uguale a: A o A/ A o Allungamenti a rottura e strizioni (4/4) In alcuni casi si osserva che, una volta superato il carico al limite elastico, la deformazione prosegue per una certa estensione a carico sostanzialmente costante Politecnico di Torino 78

79 Snervamento La curva carichi allungamenti assume l aspetto della figura. L entità di questa deformazione da snervamento può essere misurata sull asse delle ascisse tracciando una retta parallela al tratto iniziale della curva. 157 Esempio Non tutti i materiali presentano curve carichi allungamenti con la stessa complessità. Materiali fragili e resistenti, ad alto modulo elastico, si rompono senza deformazione plastica, ovvero il carico di snervamento coincide con il carico di rottura Politecnico di Torino 79

80 Comportamento a trazione e temperatura Il comportamento a trazione di un materiale varia notevolmente con la temperatura. Temperature basse tendono a far aumentare il modulo elastico e a far assumere un comportamento fragile a un materiale duttile a temperatura ambiente. 159 Proprietà meccaniche dei materiali 2005 Politecnico di Torino 80

81 Resistenza a compressione (1/3) La resistenza a compressione viene determinata con una pressa fra i cui piatti viene posto un provino di superficie nota sul quale si esercita una compressione assiale progressivamente crescente. 161 Resistenza a compressione (2/3) Si registra anche in questo caso una curva tensioni deformazioni che ha un andamento opposto a quello della prova a trazione Politecnico di Torino 81

82 Resistenza a compressione (3/3) Si osserva che il modulo elastico è sostanzialmente lo stesso mentre il carico di rottura è più alto a causa di una minore incidenza della difettosità del materiale sulla resistenza a compressione rispetto a quella a trazione. 163 Proprietà meccaniche dei materiali 2005 Politecnico di Torino 82

83 Resistenza a flessione (1/2) La resistenza a flessione viene determinata caricando un provino di dimensioni normalizzate con sollecitazioni a tre punti o a quattro punti secondo lo schema della figura. 165 Resistenza a flessione (2/2) Sono attive tensioni a compressione sulla superficie superiore e a trazione su quella inferiore. Si registrano curve carichi deformazioni e si determinano modulo elastico e carico di rottura a flessione Politecnico di Torino 83

84 Proprietà meccaniche dei materiali Durezza La resistenza superficiale (o durezza) è intesa come la resistenza a una deformazione permanente della superficie provocata da un penetratore adeguatamente caricato da un peso; viene determinata con prove di durezza Politecnico di Torino 84

85 Prove di durezza Le prove di durezza si effettuano utilizzando un durometro dotato di penetratori differenti che vengono spinti a penetrare nella superficie da un carico costante applicato per tempi brevi. Si possono misurare sia la superficie dell impronta lasciata dal penetratore sulla superficie sia la profondità della penetrazione. 169 Tipi di durezza (1/4) I tipi più comuni di durezza sono: Durezza Brinell (HB). E data dal rapporto tra il carico applicato ( kg) e la superficie della calotta sferica lasciata da un penetratore sferico in acciaio duro con diametro variabile da 1,25 a 10 mm Politecnico di Torino 85

86 Tipi di durezza (2/4) Durezza Vickers (HV). E data dal rapporto tra il carico applicato e la superficie dell impronta lasciata da una piramide di diamante a base quadrata. 171 Tipi di durezza (3/4) Durezza Rockwell (HR). E data dalla profondità di penetrazione di un sferetta di acciaio o di un cono di diamante opportunamente caricati ( kg) Politecnico di Torino 86

87 Tipi di durezza (4/4) Microdurezza (Vickers o Knoop). Le prove si effettuano con carichi modesti, g, e si misurano le ridottissime impronte con l aiuto di un microscopio; sono utili per valutare la durezza di aree molto ristrette. Come penetratore si usano piccole piramidi di diamante a base quadrata (Vickers) o a base rombica molto allungata (Knoop). 173 Correlazione durezza-carico di trazione Le prove di durezza si eseguono facilmente e sono, orientativamente, correlabili con il carico massimo a trazione Politecnico di Torino 87

88 Proprietà meccaniche dei materiali Resistenza a fatica (1/2) La resistenza a fatica di un materiale quantifica la sua risposta a sollecitazioni cicliche di modesta entità ripetute per un numero rilevante di volte fino a provocarne la rottura per affaticamento Politecnico di Torino 88

89 Resistenza a fatica (2/2) Le sollecitazioni alternate possono essere di trazione compressione, di torsione levogira destrogira, di flessione alternata con le macchine per le prove a fatica che variano conseguentemente. 177 Prova di fatica (1/2) La prova più comune consiste nell applicare alternativamente una sollecitazione a trazione e a compressione con l ausilio di una macchina rotante del tipo di quella schematizzata nella figura Politecnico di Torino 89

90 Prova di fatica (2/2) Un provino caricato con carichi diversi, poi mantenuti costanti, viene fatto ruotare; ogni giro ciascun punto della superficie passa da uno stato di trazione (quando è in alto) a uno di compressione (quando è in basso). Si valuta il numero di cicli necessari per provocare la rottura del provino in funzione del carico applicato: 179 le curve ottenute si chiamano curve di Wohler. Carico limite di fatica Alcuni materiali mostrano un carico limite di fatica, al di sotto del quale non si osservano rotture a fatica qualunque sia il numero delle sollecitazioni Politecnico di Torino 90

91 Carico pratico di fatica Per i materiali che non mostrano un carico limite di fatica si definisce un carico pratico di fatica che è quello che provoca la rottura dopo un numero prefissato di cicli, ad esempio Fattori influenzanti la R a fatica (1/2) I cedimenti a fatica iniziano quasi sempre da difetti superficiali dai quali prende origine una cricca che avanza più o meno rapidamente finché la sezione del materiale si è così ridotta da rompersi di schianto Politecnico di Torino 91

92 Fattori influenzanti la R a fatica (2/2) Per migliorare la resistenza a fatica occorre evitare la presenza di intagli o di spigoli vivi che possono favorire la concentrazione di tensioni e l innesco di cricche superficiali destinate a propagarsi. Si può anche migliorare la qualità della superficie con trattamenti fisici o chimici. La presenza di un ambiente aggressivo riduce la resistenza a fatica. 183 Proprietà meccaniche dei materiali 2005 Politecnico di Torino 92

93 Resistenza allo scorrimento viscoso (1/8) Questa prova mira a valutare la risposta di un materiale sottoposto a un carico costante, di entità modesta, per tempi lunghi, a temperature relativamente elevate (ad es. il 40% della temperatura assoluta di fusione). Si utilizzano dispositivi che, a una data temperatura e per un certo carico costante, misurano l allungamento del materiale. 185 Resistenza allo scorrimento viscoso (2/8) Si ottengono curve che evidenziano quattro tratti distinti Politecnico di Torino 93

94 Resistenza allo scorrimento viscoso (3/8) Il primo rappresenta la deformazione elastica che si verifica all atto della applicazione del carico. 187 Resistenza allo scorrimento viscoso (4/8) Il secondo registra una velocità di deformazione progressivamente decrescente Politecnico di Torino 94

95 Resistenza allo scorrimento viscoso (5/8) Il terzo mostra una velocità di deformazione costante. 189 Resistenza allo scorrimento viscoso (6/8) Il quarto evidenzia un aumento della velocità di deformazione e termina con la rottura del provino che si è progressivamente assottigliato Politecnico di Torino 95

96 Resistenza allo scorrimento viscoso (7/8) I fenomeni di scorrimento viscoso dipendono dal carico applicato. Come mostra la figura più il carico è alto minore è il tempo di rottura e maggiore è la deformazione. 191 Resistenza allo scorrimento viscoso (8/8) I fenomeni di scorrimento viscoso dipendono dalla temperatura. Come mostra la figura più la temperatura è elevata minore è il tempo di rottura e maggiore è la deformazione Politecnico di Torino 96

97 Proprietà meccaniche dei materiali Pendolo strumentato o di Charpy (1/4) Questa prova misura l energia necessaria per rompere un provino di forma standardizzata cui venga applicato un carico dinamico istantaneo. Questa prova di impatto o di resilienza o di tenacità viene eseguita con un pendolo strumentato o di Charpy Politecnico di Torino 97

98 Pendolo strumentato o di Charpy (2/4) Uno schema di pendolo di Charpy è mostrato nella figura. 195 Pendolo strumentato o di Charpy (3/4) Una mazza battente di massa nota viene sollevata a un altezza H e poi lasciata cadere su un provino di sezione nota; la mazza rompe il provino, consuma nella rottura una parte della sua energia e poi risale fino a un altezza h Politecnico di Torino 98

99 Pendolo strumentato o di Charpy (4/4) Dalla misura dell altezza della risalita è possibile determinare l energia assorbita nella rottura e rapportarla alla superficie di rottura. Quanto più in alto risale la mazza tanto minore è l energia assorbita e tanto più fragile è il materiale. 197 Esempio Se un pendolo con mazza di 10,2 kg (100 N) e braccio di 0,75 m viene sollevato a 120 e poi lasciato cadere e, dopo la rottura del provino, risale di 90 l energia assorbita nella rottura è data dalla differenza tra quella iniziale e quella finale: 100 0,75 cos( 120) 100 0,75 cos (90) = 37,5 J L energia perduta dal pendolo (-37,5 J) è assorbita nella rottura (+37,5 J) Politecnico di Torino 99

100 Influenza della T (1/2) Di particolare interesse è la valutazione dell energia assorbita nell urto a differenti temperature perché consente di individuare la temperatura o l intervallo termico in cui un materiale passa da duttile a fragile. 199 Influenza della T (2/2) Quando si parla di materiali duttili o fragili è pertanto indispensabile precisare la temperatura cui si riferisce la valutazione Politecnico di Torino 100

101 Proprietà meccaniche dei materiali Introduzione Oltre alle prove descritte può essere talvolta utile conoscere l attitudine di un materiale a svolgere determinate funzioni. Rientrano, ad esempio, fra queste le prove di piegamento, di imbutitura, di torsione, di forgiatura Politecnico di Torino 101

102 Prova di piegamento In questa prova un campione viene piegato da un carico applicato centralmente fino a un determinato valore dell angolo α oppure fino a che si manifestano sulla superficie inferiore le prime screpolature. La prova è positiva se si raggiunge senza screpolature un determinato valore di α. 203 Prova di imbutitura Serve per valutare l attitudine allo stampaggio profondo e consiste nel comprimere una sfera di acciaio duro di 20 mm di diametro contro la superficie di una lamiera e nel misurare la freccia raggiunta nel momento in cui compare la prima fessura Politecnico di Torino 102

103 Prova di torsione Consiste nell afferrare le estremità di un provino con due morse e poi nel far ruotare una delle morse sottoponendo il campione a un momento torcente progressivamente crescente e misurando la sollecitazione al momento della rottura. 205 Prova di fucinatura Consiste nello schiacciare sotto una pressa o mediante colpi successivi al maglio un cilindro del materiale in esame osservandone la superficie per rilevare in corrispondenza a quale variazione di sezione compaiono fenditure o difetti Politecnico di Torino 103

104 Proprietà termiche dei materiali Capacità termica Conducibilità termica Dilatazione termica Resistenza agli shock termici Altre proprietà termiche Politecnico di Torino 104

105 Proprietà termiche dei materiali Introduzione Il contenuto energetico di un solido aumenta quando gli si fornisca calore. Parte dell energia fornita va ad accrescere l ampiezza delle vibrazioni termiche dei costituenti (atomi, ioni, molecole) ovvero ne aumenta l energia cinetica e quindi la temperatura. La parte rimanente dell energia fornita provoca reversibilmente una dilatazione termica del materiale, ovvero ne aumenta l energia potenziale Politecnico di Torino 105

106 Capacità termica La capacità termica di un materiale è data dal rapporto tra la quantità di calore assorbita e l innalzamento di temperatura osservato. Essa dipende dalla natura del materiale e dalla massa, essendo evidente che, a parità di calore assorbito, l innalzamento di temperatura sarà tanto minore quanto maggiore è la massa. 211 Calore specifico La capacità termica prende il nome di calore specifico quando è riferita a una massa unitaria e l innalzamento di temperatura è di un grado Politecnico di Torino 106

107 Caloria Il calore necessario per innalzare di un grado la temperatura di un grammo di acqua è pari a 4,186 J; questo valore corrisponde a una caloria. Ciò significa che il calore specifico dell acqua, espresso in J/kg K, è pari a Calore atomico e molecolare Se la massa di riferimento non corrisponde a 1 kg, ma a quella di un grammo atomo o di una grammomolecola (dove sono presenti 6, atomi o molecole), e quindi varia da materiale a materiale, si parla di calore atomico o di calore molecolare Politecnico di Torino 107

108 Regola di Doulong e Petit Per la maggior parte degli elementi solidi il calore atomico a temperatura ambiente vale circa 25 J/mol K (regola di Doulong e Petit). 215 Esempio(1/2) Ad esempio: 1kg di alluminio (peso at. 27) contiene 1000/27 = 37 g atomi e 1kg di piombo (peso at. 207) contiene 1000/207 = 4,8 g atomi. Se 1kg di Al e 1kg di Pb riscaldati a 100 C vengono immersi in un contenitore contenente 5l di H 2 O a 20 C la temperatura dell acqua aumenterà in misura significativamente maggiore nel caso dell Al a causa del numero molto più alto di g atomi coinvolti Politecnico di Torino 108

109 Esempio (2/2) Nei composti biatomici, triatomici, ecc., il calore molecolare è circa uguale alla somma dei calori atomici degli atomi. 217 Influenza della T La capacità termica, il calore specifico, atomico, molecolare aumentano leggermente all aumentare della temperatura e variano invece in misura significativa in corrispondenza di trasformazioni esotermiche o endotermiche Politecnico di Torino 109

110 Proprietà termiche dei materiali Coefficiente di conducibilità termica (1/4) La conducibilità termica descrive l attitudine di un materiale a trasferire energia termica da un sistema a temperatura più alta a uno a temperatura più bassa. Tale attitudine è espressa da un coefficiente di conducibilità termica K t Politecnico di Torino 110

111 Coefficiente di conducibilità termica (2/4) Il coefficiente K t indica la quantità di calore, espressa in J, che in un secondo attraversa una superficie unitaria (1 m 2 ) di un materiale di spessore unitario (1 m) quando la differenza di temperatura fra la superficie calda di entrata e quella più fredda di uscita è di 1 grado. 221 Coefficiente di conducibilità termica (3/4) La quantità di calore Q che attraversa nell unità di tempo un area unitaria A perpendicolare alla direzione del moto del calore è direttamente proporzionale al coefficiente K t e al gradiente di temperatura T e inversamente proporzionale allo spessore x. E cioè : Q/A = K t T / x Politecnico di Torino 111

112 Coefficiente di conducibilità termica (4/4) L unità di misura di K t è J/mKsec o, poiché J/sec = W, anche W/mK. 223 Esempi I valori di K t espressi in W/mK per alcuni materiali a 300 K valgono: Al = 247 Cu = 398 Fe = 78 Al 2 O 3 = 36 SiO 2 amorfo = 2 Polietilene = 0,4 Aria = 0, Politecnico di Torino 112

113 Relazione conducibilità termica-struttura La conducibilità termica è alta nei metalli dove è dovuta ai mobilissimi elettroni liberi in essi presenti; nei materiali ceramici il calore viene trasmesso attraverso onde vibrazionali fononiche meno efficaci; nei materiali disordinati, amorfi o polimerici, la propagazione delle onde fononiche è ancora meno efficace. 225 Relazione conducibilità termica-t La conducibilità termica dei materiali diminuisce all aumentare della temperatura in quanto il connesso incremento dell agitazione termica contrasta il regolare movimento degli elettroni o delle onde fononiche Politecnico di Torino 113

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