INDICE. Introduzione 1. Capitolo 1 IL GOVERNO DEL MARE

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3 Indice INDICE Introduzione 1 Capitolo 1 IL GOVERNO DEL MARE Introduzione Le fonti del diritto Assetto gerarchico Classificazione per contenuto Il diritto internazionale e la codificazione del diritto del mare Le Convenzioni internazionali Le zone marittime e le fasce di giurisdizione 17 Acque interne 26 Mare territoriale 31 Zona contigua 35 Piattaforma continentale 37 Zona economica esclusiva 45 Alto mare e fondi marini internazionali 52 Zona archeologica 55 Zone di pesca 56 Diritti degli Stati privi di litorale La legislazione nazionale La disciplina 66 Introduzione 66 Acque interne 67 Mare territoriale 72 Zona contigua 73 Piattaforma continentale 73 Zona economica esclusiva 78 Zona archeologica 79 Zone di pesca Gli attori principali 80 Il Ministero dell Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, le 80 Regioni e gli Enti locali Le Capitanerie di Porto e la Guardia Costiera 86 I Vigili del fuoco Nucleo Soccorso Subacqueo ed Acquatico 102 L Arma dei Carabinieri Servizio Navale e Nucleo Subacqueo 109 La Guardia di finanza Servizio Aeronavale 115 Polizia 121 Associazioni ambientaliste Il regime giuridico della navigazione La disciplina generale 130 Introduzione storica 130 La disciplina giuridica La navigazione nelle acque interne e arcipelagiche La navigazione nel mare territoriale 136 I

4 Indice La navigazione nella zona contigua La navigazione nella ZEE e sulla piattaforma continentale La navigazione in alto mare Il caso particolare della navigazione negli stretti 144 Capitolo 2 POLITICHE DI GESTIONE E STRUTTURE DEGLI USI DEGLI AMBIENTI MARINI E DELL AREA COSTIERA E RELAZIONE CON IL TERRITORIO Introduzione Lo sfruttamento degli ambienti marini e del territorio costiero 147 Introduzione Le risorse biologiche 152 Pesca e acquicoltura Le risorse minerarie 162 Placers 163 Noduli polimetallici 166 Sistemi di estrazione dei minerali dal fondo. Cenni 168 Idrocarburi 170 Sabbie e ghiaie 174 Sale Il mare come via di trasporto e comunicazione 177 Porti e vie di comunicazione 177 Trasporto merci e passeggeri 186 Cantieristica 194 Nautica da diporto La tutela degli ambienti marini e del territorio costiero 205 Introduzione Il problema dell inquinamento. Cenni Monitoraggio dell ambiente marino-costiero Tutela della biodiversità Aree naturali protette 223 Introduzione 223 Legislazione, pianificazione e gestione 224 Economia ed aree marine protette 230 Fruizione delle aree marine protette 232 Aree istituite 234 Aree di prossima istituzione 235 Aree di reperimento Ricerca scientifica in mare Patrimonio archeologico sommerso 241 II

5 Indice Capitolo 3 LA GEOSTRATEGIA E GLI AMBIENTI MARINI: LA MARINA MILITARE ITALIANA 3.1 La Marina Militare Italiana nella storia Le origini Il primo conflitto mondiale Il secondo conflitto mondiale Gli ultimi decenni La Marina Militare Italiana oggi Organizzazione 258 Sede 258 Capo di Stato Maggiore della Marina 259 Gerarchia Militare e gradi 259 Formazione del personale L attuale forza operativa I Sommergibili L Aviazione navale Le Forze da sbarco (Il battaglione S. Marco) Il Raggruppamento Subacquei ed Incursori (Com.Sub.In.) 275 G.O.I. 277 G.O.S. 278 Gruppo Navale Speciale 280 Centro Studi 281 Gruppo Scuole 281 Reparto Logistico I Corpi della Marina 281 Armi Navali 281 Corpo Sanitario 282 Commissariato Militare Marittimo 283 Genio Navale 283 Capitanerie di Porto Il futuro della Marina Militare Italiana: analisi e prospettive 284 Conclusione 291 Allegati 296 Allegato n. 1 - La rete degli usi del mare 297 Allegato n. 2 - La rete degli usi dell area costiera 305 Allegato n. 3 - La rete degli usi dell area oceanica 312 Allegato n. 3 - La legge quadro sulle aree protette marine L. 6 dicembre , n. 394 Bibliografia III

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7 Introduzione Introduzione La posizione geografica e le caratteristiche territoriali di un Paese ne condizionano, se non addirittura ne determinano, lo sviluppo politico, economico e sociale. La legislazione che viene proposta e varata, infatti, deve in primo luogo tener conto dei principali aspetti ambientali che devono essere gestiti, tutelati e sostenuti, soprattutto in un epoca come quella attuale, in cui le tematiche ambientali sono prioritarie per il forte impatto che hanno suscitato nella comunità internazionale. Ma la componente ambientale da tenere in considerazione nell elaborazione di testi normativi, non riguarda solamente la difesa della natura, ma prende in esame tutto il contesto ambientale in cui una Nazione si trova ad operare e che condiziona fortemente anche il suo sviluppo economico. Un paese che non si affaccia su alcuno specchio d acqua, per esempio, non terrà ovviamente in considerazione, per la propria legislazione nazionale, le tematiche di tutela degli ambienti acquatici né quelle inerenti lo sviluppo dell economia legata al mare. Al contrario, un paese che presenta delle coste, dovrà innanzitutto tutelare lo specchio d acqua su cui si affaccia e promuovere lo sviluppo delle attività che vi sono legate. Ecco, quindi, che la legislazione di uno Stato presenta subito forti legami con gli ambiti economici dello stesso ed un analisi non può essere considerata completa se non prende in esame non solo gli ambiti prettamente normativi ed economici, ma anche quelli in cui questi due settori si intersecano e compenetrano. La crescita economica di un Paese, quindi, segue e sviluppa le naturali potenzialità che il suo territorio gli offre, sfruttando le risorse naturali presenti e stimolando le attività ad esse legate. Anche in questo caso la presenza di uno specchio d acqua determina l azione dei governi portandoli a sviluppare, qualora possibile, gli ambiti economici ad esso legati, come, ad esempio, lo sfruttamento, il trasporto, la ricerca, il turismo. Il riflesso di queste impostazioni sulla componente sociale di uno Stato risulta, a questo punto, evidente. Il quadro geografico, normativo ed economico in cui una popolazione si sviluppa determina molti dei parametri che vengono utilizzati per qualificarla e per studiarne le caratteristiche. Come negli esempi utilizzati in precedenza, la popolazione di uno Stato che si affaccia sul mare presenterà abitudini alimentari, caratteristiche occupazionali ed abitative fortemente condizionate dalla componente costiera e acquatica, cosa che ovviamente non si verificherà per le popolazioni residenti in un qualunque altro territorio. 1

8 Introduzione Queste considerazioni mi hanno spinta ad affrontare una ricerca mirata ad analizzare la situazione geopolitica, geoeconomica e geostrategica del nostro Paese, che per la sua caratteristica peninsulare ed insulare presenta migliaia di chilometri di coste e il cui sviluppo è condizionato dal mare più che da qualunque altro elemento. Innanzitutto, mi soffermerò sull analisi del quadro normativo in cui il governo italiano opera, nel rispetto delle direttive internazionali che fin dalla metà del secolo scorso sono state emanate per disciplinare l ambiente marino, sempre oggetto di prepotenti interessi da parte delle potenze che, fin da tempi molto remoti, miravano al monopolio delle rotte conosciute per ottenere l esclusiva nei traffici e nei commerci. Le convenzioni internazionali emanate, e piano piano recepite, da ciascun governo, si sono occupate di tutti gli aspetti che avevano costituito oggetto di controversie internazionali, stabilendo una disciplina che oggi regola ormai, anche a livello consuetudinario, la struttura, lo sfruttamento, la tutela delle zone marittime, nonché i principali aspetti della navigazione. Il passo preliminare è stato quello di regolamentare la delimitazione delle cd. fasce di giurisdizione, cioè di quelle fasce di mare che per la loro vicinanza alla costa o per le loro caratteristiche economiche sono oggetto di forme di sovranità, più o meno esclusiva, dello Stato che vi si affaccia. La comunità internazionale si è poi interessata di regolamentare la tipologia di sfruttamento economico attuabile nelle diverse aree, sia a tutela delle specie animali che vi si trovano, cui vengono garantite le condizioni necessarie per un continuo ripopolamento, sia a tutela dei Paesi che, per motivi diversi, non possono accedere alle risorse. Sono stati oggetto di disciplina, infatti, i casi dei Paesi privi di litorale, che quindi presentano un impedimento fisico-geografico all accesso per lo sfruttamento delle risorse, sia quelli dei Paesi in via di sviluppo, il cui impedimento è prettamente economico. La comunità internazionale, così raccolta, ha poi ritenuto necessario attuare dei provvedimenti per la tutela ambientale a seguito dei rischi da inquinamento, sia nel caso di ordinario inquinamento delle acque per le attività economiche che si svolgono lungo le coste, sia per l inquinamento accidentale causato dall affondamento o dal danneggiamento di navi in movimento, che scaricano nell acqua tonnellate di greggio o di sostanze tossiche per gli animali e per le popolazioni insediate sulle coste. A questo, poi, si accompagna la disciplina che regolamenta la navigazione delle imbarcazioni, sia dal punto di vista delle loro caratteristiche tecniche, che delle loro responsabilità giuridiche, che, infine, delle rotte di spostamento. 2

9 Introduzione La normativa internazionale verrà poi messa in relazione con quella nazionale vigente in Italia, per la quale saranno messe in evidenza le forme di adattamento e di recepimento. E in quest ottica verranno analizzati anche gli attori principali che la producono, la verificano e la applicano e, accanto ai quali, si menzioneranno i principali soggetti che nella loro attività sono quotidianamente a contatto con l ambiente marino. Terminata l analisi legislativa, la ricerca si concentrerà sul tema più complesso e articolato che riguarda l economia di un Paese così fortemente condizionato dal mare. Gli ambiti nei quali possa essere riscontrata una rilevanza economica sono numerosissimi e il nostro Paese detiene alcuni primati a livello internazionale per il grado di sviluppo raggiunto. Il primo ambito economico che viene in mente pensando ad un Paese che si affaccia sul mare riguarda lo sfruttamento delle risorse biologiche e ittiche che, innanzitutto costituisce una fonte alimentare molto importante per la popolazione residente, ma poi diventa una attività professionale per molte città e paesi della costa. Attualmente l attività della pesca professionale è stata anche affiancata da una attività amatoriale, chiamata pesca-turismo, che permette a visitatori estranei alla disciplina di poter sperimentale il tipo di vita condotto dai pescatori, alloggiando nei villaggi e navigando quotidianamente sui pescherecci. Viene cioè riproposto il concetto di agriturismo, molto diffuso ormai non solo nel nostro paese, in una sfera ambientale diversa, con la speranza di rilanciare nei giovani il ritorno a questa attività, e di fornire comunque una base economica sussidiaria alle comunità di pescatori. L analisi passerà poi allo sfruttamento delle risorse minerarie, abbastanza scarso nel Mediterraneo e quindi anche per il nostro Paese, ma necessario comunque di menzione per la completezza dello studio. Il tema che, invece, caratterizzerà l analisi dell economia legata al mare sarà quello della cantieristica e dei porti. Il nostro paese, infatti, vanta una cantieristica in pieno sviluppo e nota a livello internazionale per la qualità delle navi prodotte. Una ricerca svolta presso uno dei cantieri più grandi che ha sede a Trieste ha permesso di fornire un quadro preciso e dettagliato di quelle che sono le caratteristiche di questo settore, i limiti che vanno superati per migliorare l attività e le prospettive future ipotizzate e perseguite. Al tema dei cantieri e dei porti è poi legato il discorso dei nodi di trasporto che stanno sulla costa e che costituiscono uno sbocco determinante per la realizzazione di un impianto portuale. La tipologia della struttura sull acqua e l efficienza delle vie di comunicazione alle sue spalle sono infatti le condizioni fondamentali per consentire ad un 3

10 Introduzione porto di aprirsi a vari tipi di traffici, sia in ordine alle materie trasportate, che alle destinazioni di provenienza e di arrivo dei carichi. Infine, si renderà necessaria l analisi della tutela ambientale che, auspicata già dalla comunità internazionale per la sua valenza naturalistica, sta presentando potenziali risvolti economici di notevole interesse. Sono state create, infatti, delle reti di monitoraggio ambientale marittimo e costiero che garantiscono l integrità ambientale delle acque, e sono state istituite delle aree protette che, pur avendo il principale scopo di garantire una zona di tutela ambientale, sono diventate un punto di incontro e di stimolo per attività di studio, ricerca, insegnamento per tutti coloro i quali vogliono avvicinarsi in vario modo all ambiente marino. Legato alle attività subacquee, anche insegnate all interno di queste aree, sembra giusto menzionare il settore dell archeologia subacquea, spesso sottovalutata perché poco conosciuta, che però per il nostro paese è fonte di grande soddisfazione, grazie al patrimonio storico-artistico sommerso che sta tornando alla luce. Nell ultima parte, anche a seguito della collaborazione condotta fra l Università di Trieste e lo Stato Maggiore della Difesa, la ricerca si soffermerà sulle caratteristiche e sul ruolo geostrategico della nostra Marina Militare operante in molti scenari internazionali accanto ai corpi di tutte le altre Nazioni. Si sono volute analizzare le origini storiche che dalle Marine dell Italia preunitaria hanno condotto all attuale organizzazione, per poi studiare come essa sia articolata e di quali mezzi sia dotata. Questo aspetto ha poi, nuovamente, una stretta relazione con la cantieristica analizzata in precedenza, proprio perché il cantiere studiato dedica un settore della propria attività alla produzione dei mezzi in uso della nostra Marina. Le operazioni svolte e le prospettive future hanno poi permesso di contestualizzare la geostrategia italiana in un contesto internazionale sempre più diverso rispetto a quello del passato, con delle sfide nuove da affrontare e dei nemici subdoli e nascosti da cui difendersi. La ricerca presenterà infine delle considerazioni che avranno lo scopo di concludere il discorso intrapreso su una tematica così vasta e articolata. 4

11 Capitolo 1 Il Governo del mare Capitolo 1 IL GOVERNO DEL MARE Introduzione La storia del diritto del mare affonda le sue radici in epoche molto lontane e la sua disciplina è il risultato di lunghe e complesse trattative degli Stati, prima, e della comunità internazionale, poi. Sebbene le prime norme fossero state elaborate già dagli antichi egizi, dai fenici, dai greci e dai romani, i conflitti più aspri sorsero a seguito delle grandi scoperte geografiche e dell espansionismo coloniale europeo, che spinsero ciascuno Stato a tutelare i propri interessi economici a discapito dei Paesi concorrenti. Per comprendere il diritto del mare in tutta la sua portata, è necessario esaminare gli atteggiamenti storicamente manifestati dagli Stati all inizio dell età moderna. Inizialmente il principio-guida nel diritto marittimo era la teoria del dominio dei mari, in base alla quale le maggiori potenze marittime estendevano la propria sovranità sulle acque in virtù della sola superiorità delle loro forze navali. Questo principio finì per sancire il monopolio dello sfruttamento del mare prima a zone ristrette 1, e via via ad aree sempre più consistenti 2. Con l apparire della potenza olandese sulla scena mondiale tale principio cominciò a scardinarsi e venne pian piano sostituito da un altro, già adottato in tempi antichi dai Greci e dai Romani, che caratterizzò a lungo il diritto marittimo, e cioè il principio della libertà dei mari. Tale disposizione, che nella disciplina moderna viene definita come una titolarità diffusa del diritto di sfruttare ogni risorsa economica che si possa trarre dal mare, purché non si leda il diritto altrui a fare altrettanto 3, venne sancita per la prima volta da Ugo Grozio, che nel suo libro Mare liberum 4 affermava il pieno diritto 1 Si pensi a Venezia e a Genova che, rispettivamente, dominavano incontrastate sull Adriatico e sul Tirreno. 2 Si fa riferimento alla pretesa di Spagna e Portogallo di esercitare la propria esclusiva sovranità rispettivamente sull Oceano Indiano e sull Oceano Atlantico. 3 CONFORTI B., Diritto internazionale, Editoriale Scientifica, Napoli, 1992, p L opera Mare Liberum di Grozio venne pubblicata nel In essa l autore sosteneva che gli spazi marini costituivano una res communis omnium, e cioè che potevano essere utilizzati da tutti i membri della collettività internazionale. Nessuno Stato, per quanto potente, si poteva appropriare del mare o poteva limitarne l uso da parte di altri soggetti. Contro questa concezione è interessante citare la risposta che l inglese John Selden formulò nel 1635 nell opera Mare clausum seu Dominium Maris, giustificando le 5

12 Capitolo 1 Il Governo del mare dell Olanda, come di qualunque altro paese, a commerciare liberamente solcando tutti i mari del mondo 5. La controversia nata tra i fautori della prima e della seconda tesi non si esaurì nel breve periodo; al contrario, essa caratterizzò buona parte del XVII secolo portando alla generale affermazione del principio della libertà dei mari. Ma nemmeno questa regola venne accolta pacificamente, in quanto gli Stati non furono mai propensi a rinunciare al controllo sulle zone adiacenti le loro coste. Si cominciarono allora ad utilizzare degli strumenti convenzionali per delimitare quella che doveva essere la fascia di mare controllata dallo Stato (il cd. mare territoriale 6 ), considerando, per esempio, quello specchio d acqua che ricadeva entro la gittata dei cannoni posti sulla costa 7. Nell epoca a noi più vicina, tra l inizio del XX secolo e l era della decolonizzazione, il principio della libertà dei mari ha dominato il diritto internazionale, favorendo gli scambi commerciali fra le colonie e i paesi d origine e stimolando la crescita del commercio internazionale. Dalla fine del secondo conflitto mondiale, la dicotomia che prevedeva uno sfruttamento del mare non solo come via di comunicazione commerciale o militare, ma anche come fonte di risorse biologiche e minerarie si accentuò, portando i singoli Governi a prestare una sempre maggiore attenzione a tutte le ricchezze che vi si potevano ricavare. Infatti, la diminuzione delle risorse sulla terraferma e la crescente spinta a cercare nuove materie prime, condusse gli operatori economici a valorizzare il potenziale minerario presente nei fondali marini e ad investire nello sviluppo dell oceanografia e delle tecniche estrattive. Sulla scia di queste nuove esigenze venne introdotto nella normativa internazionale il nuovo concetto di piattaforma continentale, formulato dal Presidente Truman nel Proclama del 1945 con il quale la sovranità degli Stati Uniti veniva estesa anche alle risorse presenti nella fascia di fondale marino attigua alla costa. pretese egemoniche delle potenze coloniali sulla base del principio in base al quale i mari erano res nullius e divenivano proprietà di coloro che se ne impossessavano per primi. 5 TOUCHARD J., Storia del pensiero politico, Etaslibri, Milano, 1991, p Convenzione di Montego Bay, Parte II Mare territoriale e zona contigua, Artt Il principio Potestas terrae finitur ubi finitur armorum vis ( il potere dello Stato finisce dove termina la forza delle sue armi ) fu enunciato dall olandese Cornelius Van Bymkershoes, autore del De dominio mari. Nel 1782 il filosofo italiano Galiani propose in 3 miglia la distanza massima che poteva raggiungere la gittata dei cannoni dell epoca. La regola delle 3 miglia venne accolta e adottata da moltissime legislazioni nazionali fino al XX sec. Inoltre vedi: LIZZA G., Territorio e potere, Utet, Torino, 1996, p

13 Capitolo 1 Il Governo del mare A questa dichiarazione seguirono molte altre affermazioni da parte degli Stati riguardanti la loro pretesa sovranità su un fondale marino che si estendeva sempre più al largo rispetto ai limiti del mare territoriale e delle zone fino a quel momento riconosciute Questa nuova tendenza alla statalizzazione dei mari portò, quindi, alla creazione di una nuova fascia di giurisdizione, chiamata zona contigua, in cui il potere dello Stato costiero veniva a manifestarsi con notevole rilevanza, sebbene non con la pienezza con cui si manifestava nel mare territoriale. Essa favorì, inoltre, l estensione dello sfruttamento della piattaforma continentale, nonché la creazione di una zona ulteriore di pesca in cui lo Stato aveva il potere di imporre la propria regolamentazione. Il principio del mare libero cominciava così ad essere sempre più relegato a mera teoria, penalizzato, da tutte queste restrizioni che i singoli Stati imponevano. Ma negli anni più recenti la comunità internazionale ha compiuto una inversione di tendenza, dovendo affrontare profondi mutamenti in uno scenario in cui la contrapposizione da conciliare non era più tra Stati costieri e Paesi senza sbocco sul mare, ma fra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo, e quindi fra paesi che sono o non sono in grado di accedere alle risorse dei fondali marini. Si è venuta progressivamente a creare, quindi, una fase di accentuata internazionalizzazione degli spazi marini, secondo il principio per il quale le risorse dei fondali sono patrimonio comune dell umanità, e deve essere pertanto concesso a tutti gli Stati il diritto di concorrere ai benefici di ordine economico che ne possono derivare, sia con mezzi propri, sia mediante l ausilio di altre economie più sviluppate, che fungono da tramite. Il principio della libertà dei mari da fulcro ispiratore della disciplina internazionale è ormai stato relegato al ruolo residuale di regola valevole esclusivamente per il mare aperto. La complessità degli interessi in gioco ha costretto la comunità internazionale a regolamentare sistematicamente tutti gli aspetti attinenti la definizione, lo sfruttamento, la tutela e la conservazione degli ambienti marini e a tal fine sono stato convocate alcune Conferenze che hanno portato alla attuale codificazione del diritto del mare. 7

14 Capitolo 1 Il Governo del mare 1.1 Le fonti del diritto La normativa che regola il diritto del mare viene classificata sulla base della gerarchia delle fonti da cui deriva e sulla base del contenuto che disciplina Assetto gerarchico Le fonti principali che regolano il diritto del mare sono 8 : - i trattati internazionali - le leggi nazionali - i decreti - i regolamenti Sulla base di una regola generale si può affermare che i trattati internazionali sono emanati da conferenze di Stati e quindi valevoli per i Paesi firmatari, mentre le altre tre categorie sono create da autorità che hanno giurisdizione all interno del territorio nazionale. L assetto gerarchico si basa su due principi: innanzitutto, una norma che occupa una posizione inferiore nella gerarchia delle fonti non può derogare una norma in posizione ad essa superiore; inoltre, una norma disposta in una certa posizione della gerarchia ispira la produzione di norme disposte in posizioni inferiori. Al vertice dell ordinamento giuridico in esame si pongono le consuetudini internazionali, che vengono determinate dalla presenza di due elementi fondamentali: la diuturnitas 9, e cioè la ripetitività di un comportamento, e l opinio juris ac necessitatis 10, e cioè la convinzione dell obbligatorietà del suddetto comportamento. Collocate ad un livello inferiore rispetto alle consuetudini ci sono le norme di natura pattizia o convenzionale, vale a dire le norme contenute nei trattati internazionali la cui giuridicità e obbligatorietà discendono dal principio pacta sunt servanda, in base al quale i soggetti firmatari di un accordo si impegnano a rispettarlo VALLEGA A., Governo del mare e sviluppo sostenibile, Mursia Editore, Milano, 1993, p CONFORTI B., op. cit, pp ZICCARDI P., La consuetudine internazionale nella teoria delle fonti giuridiche, CS, vol. V, pp. 150 ss. ARANGIO-RUIZ G., Consuetudine internazionale, EG, vol. VIII, CONFORTI B., op. cit., p IBIDEM, p.61. 8

15 Capitolo 1 Il Governo del mare Infine si collocano le norme cd. derivate, emanate sulla base delle esplicite previsioni contenute nei trattati istitutivi delle organizzazioni e valevoli anche senza un esplicito adattamento nazionale all interno dei paesi membri dell organizzazione stessa (un esempio possono essere le norme dell Unione Europea le direttive che hanno una valenza diretta negli ordinamenti nazionali, come le norme internazionali, ma non derivano da singoli trattati internazionali siglati, di volta in volta, dai vari Paesi). A livello nazionale le fonti si articolano sulla base di una gerarchia interna che prevede tre livelli principali: - diritto nazionale o leggi costituzionali o leggi nazionali o fonti equiparate o regolamenti per l applicazione di dette leggi o decreti ministeriali - diritto regionali o leggi regionali o regolamenti di applicazione delle leggi regionali - fonti locali o regolamenti emanati da province o regolamenti emanati dai comuni o regolamenti emanati dagli organi periferici dell amministrazione dello stato Classificazione per contenuto Una norma, internazionale o nazionale, può essere poi classificata sulla base del suo contenuto. Nel diritto nel mare possono essere affrontate tematiche quali la tutela ambientale, lo sfruttamento del mare o dei fondali, le interazioni con la costa e la creazione di aree soggette a particolari restrizioni, ecc. Data la complessità della materia vi sono naturalmente delle norme che regolano aspetti diversi o hanno un contenuto globale e pertanto sono difficilmente ascrivibili ad una categoria specifica. Il Vallega propone una classificazione che può aiutare a capire l ambito di applicazione delle norme emanate a livello internazionale. 9

16 Capitolo 1 Il Governo del mare FONTI DEL DIRITTO CLASSIFICAZIONE SECONDO I CONTENUTI DEL GOVERNO DEL MARE Contenuto 1. Contenuto globale (usi e ambiente), sia in rapporto alle fasce giurisdizionali, sia in rapporto al mare soggetto al regime internazionale. 2. Usi del mare e tutela ambientale nell area costiera. 3. Usi del mare: 3.1 Generalità degli usi sia nell area costiera, sia nel mare soggetto al regime internazionale 3.2 Generalità degli usi nel mare soggetto al regime internazionale 3.3 Generalità degli usi in una singola fascia giurisdizionale Esempio Convenzione sul Diritto Internazionale del Mare (Unclos III 1982) Coastal Zone Management Act (CZMA), 1972, USA Convenzione sul Diritto del Mare (1982) Idem; Convenzione sull Alto Mare (1958) Convenzione sul Mare territoriale e sulla zona contigua (1958) 1 Convenzione sulla piattaforma continentale (1958) 1 4. Tutela ambientale 4.1 Protezione del mare in generale 4.2 Protezione del mare nei confronti di usi specifici 4.3 Conservazione dell ambiente Convenzione sulla protezione del Mediterraneo dall inquinamento (1976) 2 Convenzione internazionale sulla prevenzione dell inquinamento da navi (MARPOL, 1973) 3 Protocollo sulle aree protette (1982), in appoggio alla Convenzione di Barcellona. 1 Queste convenzioni disciplinano, ovviamente, gli usi praticati, o prefigurabili, nel momento in cui furono concepite. 2 Nota anche con il nome di Convenzione di Barcellona 3 International Convention for Prevention of Pollution from Ships Tab. 1.1 Fonti del diritto: classificazione in base al contenuto ( Fonte: VALLEGA A., Governo del mare e sviluppo sostenibile, Mursia Ed., Milano, 1996, p. 90) 10

17 Capitolo 1 Il Governo del mare 1.2 Il diritto internazionale e la codificazione del diritto del mare Le Convenzioni internazionali L art.13 della Carta delle Nazioni Unite ha previsto che l Assemblea generale intraprenda degli studi e faccia delle raccomandazioni per incoraggiare lo sviluppo progressivo del diritto internazionale e la sua codificazione. Sulla base di questa disposizione l Assemblea ha costituito 12, come proprio organo sussidiario la Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite. La Commissione, composta da esperti che siedono a titolo personale (cioè da individui che non rappresentano alcun Governo), ha appunto il compito di provvedere alla preparazione di testi di codificazione delle norme consuetudinarie relative a determinate materie, procedendo a studi, inviando questionari agli Stati, raccogliendo dati della prassi e predisponendo in tal modo progetti di convenzioni multilaterali internazionali che poi, di solito, o in seno all Assemblea generale o in sede di apposite e solenni conferenze internazionali di Stati, vengono adottati e infine aperti alla ratifica e all adesione da parte degli Stati stessi. La Commissione ha finora studiato numerosi settori del diritto internazionale e predisposto varie convenzioni di codificazione le quali, però, in quanto comuni accordi internazionali, vincolano esclusivamente gli Stati contraenti. In passato la dottrina si è più volte interrogata sulla possibilità di poter considerare tali accordi come corrispondenti al diritto consuetudinario generale e quindi di poterne estendere l applicazione anche agli Stati non contraenti, ma la risposta cui si è giunti è sempre stata negativa per una cospicua serie di ragioni 13. Innanzitutto si è ritenuto che la mentalità e la generazione di appartenenza dei componenti della Commissione di diritto internazionale possano influire in modo determinante nell opera di ricostruzione delle norme internazionali non scritte, portando a considerarne alcune, a cancellarne altre o a modificarne l abituale interpretazione. Inoltre va tenuto conto che se la Commissione è composta da persone, le Conferenze di Stati indette di volta in volta per ratificare i progetti proposti, sono composte 12 Con risoluzione , n CONFORTI B., op. cit., p

18 Capitolo 1 Il Governo del mare appunto da Stati che cercano di far prevalere le proprie ragioni e di tutelare i propri interessi 14. C è poi un terzo motivo riguardante proprio da vicino la lettera del citato art.13 della Carta delle Nazioni Unite, che parla non solo di codificazione ma anche di sviluppo progressivo del diritto internazionale, espressione usata per introdurre norme che in effetti sono abbastanza incerte sul piano del diritto internazionale generale. Sulla base di queste considerazioni, quindi, la dottrina ha ritenuto di affermare che gli accordi di codificazione non possono essere trattati come consuetudini internazionali, ma debbano essere considerati alla stregua di accordi internazionali valevoli solo per gli Stati che li ratificano. Gli interessi sempre crescenti legati al mare ed ai suoi fondali, sia sotto forma di uno sfruttamento sempre più intenso, sia come consapevolezza di una tutela sempre più necessaria, hanno spinto la comunità internazionale ad incontrarsi in quattro fasi successive per giungere ad una disciplina organica della materia. La prima Conferenza internazionale che si propose lo scopo di codificare parte della normativa inerente il diritto del mare venne convocata all Aja nel 1930 dalla Società delle Nazioni. I Paesi partecipanti tentarono di accordarsi su importanti tematiche quali la delimitazione del mare territoriale e della zona contigua, ma il contrasto che si generò durante le discussioni fu tale da paralizzare i lavori e impedire l emanazione di una Convenzione. L opera intrapresa dalla Società delle Nazioni fu portata avanti nel dopoguerra dall Organizzazione delle Nazioni Unite che convocò una Conferenza a Ginevra nel 1958 nella quale furono siglate quattro importanti convenzioni: la Convenzione sul mare territoriale e sulla zona contigua di vigilanza 15 - conclusa a Ginevra il 29 aprile 1958, essa si compone di 32 articoli, divisi in tre parti: o la prima parte (artt.1-23) riguardava il mare territoriale e raccoglieva la normativa inerente le disposizioni generali (Capo I), la delimitazione di questa fascia giurisdizionale (Capo II) e il diritto di 14 Ne sono un esempio i lavori relativi all approvazione del testo della Convenzione di Ginevra del 1958 sul mare territoriale per quanto riguarda la questione dell esercizio della giurisdizione penale e civile sulle navi straniere da parte dello Stato costiero (artt della Convenzione). In tale occasione gli Stati Uniti riuscirono a far approvare un emendamento che falsava il senso della norma internazionale predisposta dalla Commissione di diritto internazionale, emendamento in base al quale (art. 19) lo Stato costiero sembrerebbe restare completamente arbitro del fatto se esercitare o meno la propria giurisdizione sulle navi straniere nel mare territoriale. 12

19 Capitolo 1 Il Governo del mare passaggio pacifico per le navi mercantili, statali e da guerra (Capo III); o la seconda parte (art. 24) disciplinava la zona attigua; o la terza parte (artt.25-32) riguardava le disposizioni finali. Questa convenzione venne ratificata da 51 Stati. la Convenzione sull alto mare 16 - conclusa a Ginevra il 29 aprile 1958, essa si componeva di 37 articoli nei quali veniva enucleata la disciplina completa sull alto mare, il quale, in tempi più recenti, è stato considerato patrimonio comune dell umanità. Questa convenzione venne ratificata da 57 Stati. la Convenzione sulla pesca e sulla conservazione delle risorse biologiche 17 - conclusa a Ginevra il 29 aprile 1958, essa si compone di 22 articoli nei quali si affronta l importante disciplina sulla tutela delle componenti biologiche del mare. Questa convenzione venne ratificata da 37 Stati. la Convenzione sulla piattaforma territoriale 18 - conclusa a Ginevra il 28 aprile 1958, essa si compone di 15 articoli nei quali si affronta la disciplina inerente questa fascia di fondale marino. Le prime tre si limitarono a raccogliere e codificare i principi consuetudinari valevoli fino a quel momento, la quarta invece apportò alcune innovazioni alla disciplina. Queste convenzioni, entrate in vigore tra il 1962 e il 1966, raggiunsero sicuramente risultati considerevoli nella codificazione del diritto del mare, sancendo definitivamente il diritto allo sfruttamento delle risorse della piattaforma continentale, definendo con chiarezza i poteri esercitabili dagli Stati nella zona contigua e riconoscendo agli Stati privi di litorale il diritto di accesso al mare. Contestualmente, però, furono trascurate due questioni che rimanevano temporaneamente senza soluzione: innanzitutto non venne indicata la precisa estensione del mare territoriale 19 e, secondariamente, non venne presa in considerazione la rivendicazione di alcuni Paesi in via di sviluppo sulle zone di pesca al di là del mare territoriale. 15 Alla quale da ora in poi in nota ci riferiremo col termine Ginevra I. 16 Alla quale da ora in poi in nota ci riferiremo col termine Ginevra II. 17 Alla quale da ora in poi in nota ci riferiremo col termine Ginevra III. 18 Alla quale da ora in poi in nota ci riferiremo col termine Ginevra IV. 19 L art. 24 della Ginevra I prevedeva che l ampiezza di dette zone non potesse superare le 12 miglia, e da ciò si poteva presumere che ogni indicazione in contrasto con la Convenzione dovesse ritenersi non valida. 13

20 Capitolo 1 Il Governo del mare Furono proprio le questioni lasciate insolute a spingere l ONU a convocare nuovamente i Paesi membri a soli due anni di distanza dalla chiusura dei lavori. Ma la Conferenza che si tenne nuovamente a Ginevra nel 1960 si concluse senza esito lasciando nuovamente scoperte quelle questioni. Per risolvere i problemi rimasti irrisolti e per affrontare le nuove esigenze che emergevano nell ambito dello sfruttamento delle risorse marine fu allora convocata la terza Conferenza delle Nazioni Unite che si svolse a partire dal 1973, in undici sessioni, e si concluse nel 1982 a Montego Bay, in Giamaica, con l emanazione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. Già ad un esame preliminare questa convenzione appare molto diversa rispetto a quelle che l hanno preceduta. Essa si compone di ben 320 articoli divisi in 17 parti e affronta molti aspetti che i precedenti accordi avevano ignorato. Proponiamo una schematica sintesi della struttura della Convenzione che potrà essere utile in seguito nell esame delle singole parti. (Tab. 1.2) Suddivisione della Convenzione Tematiche affrontate Art. PARTE I INTRODUZIONE 1 PARTE II MARE TERRITORIALE E ZONA CONTIGUA 2-33 Sezione 1 Disposizioni generali (2) Sezione 2 Limiti del mare territoriale (3-16) Sezione 3 Passaggio inoffensivo nel mare territoriale (17-32) Sotto-sezione A Norme applicabili a tutte le navi (17-26) Sotto-sezione B Norme applicabili alle navi mercantili e alle navi di Stato utilizzate per scopi (27-28) commerciali Sotto-sezione C Norme applicabili alle navi da guerra e alle navi di Stato in servizio non (29-32) commerciale Sezione 4 Zona contigua (33) PARTE III STRETTI USATI PER LA NAVIGAZIONE INTERNAZIONALE Sezione 1 Norme generali (34-36) Sezione 2 Passaggio in transito (37-44) Sezione 3 Passaggio inoffensivo (45) PARTE IV STATI-ARCIPELAGO PARTE V ZONA ECONOMICA ESCLUSIVA PARTE VI PIATTAFORMA CONTINENTALE PARTE VII ALTO MARE Sezione 1 Disposizioni generali (86-115) 14

21 Capitolo 1 Il Governo del mare Sezione 2 Conservazione e gestione delle risorse biologiche dell alto mare ( ) PARTE VIII REGIME GIURIDICO DELLE ISOLE 121 PARTE IX MARI CHIUSI O SEMICHIUSI PARTE X DIRITTO DI ACCESSO AL MARE E DAL MARE DEGLI STATI DI LITORALE E LIBERTA DI TRANSITO PARTE XI L AREA Sezione 1 Disposizioni generali ( ) Sezione 2 Principi riguardanti l area ( ) Sezione 3 Valorizzazione delle risorse dell area ( ) Sezione 4 L Autorità ( ) Sotto-sezione A Disposizioni generali ( ) Sotto-sezione B L Assemblea ( ) Sotto-sezione C Il Consiglio ( ) Sotto-sezione D Il Segretariato (170) Sotto-sezione E L Impresa Sotto-sezione F Organizzazione funzionale della ( ) Autorità Sotto-sezione G Status giuridico, privilegi e immunità ( ) Sotto-sezione H Sospensione dell esercizio di diritti e privilegi dei membri ( ) Sezione 5 Soluzione delle controversie e pareri consultivi ( ) PARTE XII PROTEZIONE E PRESERVAZIONE DELL AMBIENTE MARINO Sezione 1 Disposizioni generali ( ) Sezione 2 Cooperazione mondiale e regionale ( ) Sezione 3 Assistenza tecnica ( ) Sezione 4 Monitoraggio e accertamento ambientale ( ) Sezione 5 Norme internazionali e legislazione nazionale per la prevenzione, riduzione e controllo dell inquinamento ( ) dell ambiente marino Sezione 6 Applicazione ( ) Sezione 7 Garanzie ( ) Sezione 8 Aree coperte dai ghiacci (234) Sezione 9 Responsabilità (235) Sezione 10 Immunità sovrana (236) Sezione 11 Obblighi derivati da altre Convenzioni in materia i protezione e preservazione dell ambiente marino (237) PARTE XIII RICERCA SCIENTIFICA MARINA Sezione 1 Principi generali ( ) Sezione 2 Cooperazione internazionale ( ) Sezione 3 Condotta e impulso alla ricerca scientifica ( ) Sezione 4 Installazioni o attrezzature per la ricerca scientifica ( ) nell ambiente marino Sezione 5 Responsabilità (263) 15

22 Capitolo 1 Il Governo del mare Sezione 6 Soluzione delle controversie e misure preventive ( ) PARTE XIV SVILUPPO E TRASFERIMENTO DI TECNOLOGIA MARINA Sezione 1 Disposizioni generali ( ) Sezione 2 Cooperazione internazionale ( ) Sezione 3 Centri nazionali e regionali di ricerca marina e tecnologica ( ) Sezione 4 Cooperazione tra organizzazioni internazionali (278) PARTE XV SOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE Sezione 1 Disposizioni generali ( ) Sezione 2 Procedure obbligatorie sfocianti in decisioni vincolanti ( ) Sezione 3 Limiti ed eccezioni all applicabilità della Sezione 2 ( ) PARTE DISPOSIZIONI GENERALI PARTE DISPOSIZIONI FINALI Tab Schema riassuntivo della Convenzione di Montego Bay. (Elaborazione propria) Questa consistente normativa rimase però senza attuazione per ben dodici anni, a causa della mancata ratifica da parte dei paesi industrializzati che si opponevano al meccanismo di sfruttamento delle risorse dell Area previsto nella Parte XI della Convenzione. Fu determinante l intervento del Segretario Generale dell ONU che promosse un Accordo di attuazione di tale parte, in cui fossero prese in considerazione le osservazioni dei paesi industrializzati. Questo Accordo venne adottato a New York il 29 luglio 1994, comprendendo: - una parte introduttiva (10 artt.) in cui vengono disposti i tempi e i modi di ratifica e di applicazione delle norme stabilite dagli Stati partecipanti; - di un allegato diviso in 9 sezioni che contiene la nuova disciplina della Parte XI della Convenzione di Montego Bay. Le 9 sezioni sono: o Sezione 1 Costi per gli Stati contraenti ed assetto internazionale (15 artt.); o Sezione 2 L Impresa (6 artt.); o Sezione 3 Fase decisionale (16 artt.); o Sezione 4 Conferenza di revisione (1 art.); o Sezione 5 Trasferimento della tecnologia (2 artt.); o Sezione 6 Politica di produzione (7 artt.); o Sezione 7 Assistenza economica (2 artt.); o Sezione 8 Clausole finanziarie del contratto (3 artt.); o Sezione 9 Il comitato finanziario (9 artt.). 16

23 Capitolo 1 Il Governo del mare Grazie a questo nuovo intervento normativo, a distanza di pochi mesi, e precisamente il 16 novembre 1994, la Convenzione di Montego Bay entrò in vigore sostituendo la disciplina precedente e diventando vincolante per i Paesi firmatari. Come già segnalato precedentemente, per tutti gli Stati non firmatari rimangono comunque valide le norme di natura consuetudinaria. Nei capitoli successivi si farà molto spesso riferimento alla normativa appena illustrata sinteticamente e si avrà modo di approfondirne di volta in volta i singoli aspetti Le zone marittime e le fasce di giurisdizione Le zone marittime sono elementi di importanza fondamentale per il diritto del mare, infatti esse sono delle zone di mare o di fondale marino per le quali il diritto internazionali indica innanzitutto l estensione e, in secondo luogo, la disciplina applicabile. Conoscere l ambito spaziale di applicazione di una norma è essenziale nel governo del mare perché consente di comprendere a quale Stato faccia capo la sovranità su quell area, quali forme di utilizzazione siano consentite e quale tutela dell ambiente possa essere attuata 20. Gli elementi fondamentali di riferimento per poter individuare le zone marittime sono le linee di base 21, cioè dei confini convenzionali che vengono tracciati lungo le coste degli Stati costieri e che determinano da un lato la superficie delle acque interne, e dall altro il punto di partenza da cui misurare l ampiezza delle zone marittime stesse. Le linee di base furono disciplinate dalla Convenzione internazionale sul mare territoriale e sulla zona contigua del Successivamente intervenne la Convenzione di Montego Bay del 1982, il cui articolo 5 stabilisce che la linea di base (cd. linee di base normali, o normal baselines) si identifica nella linea media delle basse maree e segue quindi un andamento conforme alla costa per tutta la sua lunghezza senza racchiudere specchi di mare al suo interno 23. (Fig. 1.1) 20 SMITH R., Limits in the Seas, National Claims to Maritime Jurisdiction, Paper n.36, US Department of State, A tale riguardo possono essere tratti interessanti spunti in MISSIROLI A.,I confini politici del mare. Un panorama mondiale, Mursia, Milano, 1990; FRANCALANCI G., ROMANO D., SCOVAZZI T., Atlas of the Straight Baselines, Part.1, Art. 7 of the Convention of the United Nations on the Law of the Sea, Giuffrè, Milano, 1986; SCOVAZZI T., FRANCALANCI G., ROMANO D., MORGANDINI S., Atlas of the Straight Baselines, 2 nd Edition, Giuffrè, Milano, Da ora in poi in nota ci riferiremo a questa convenzione chiamandola Ginevra I. 23 UNCLOS, art. 5: Linea di base normale Salvo diversa disposizione della presente Convenzione, la linea di base normale dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale è la linea di bassa marea lungo la costa, come indicata sulle carte nautiche a grande scala ufficialmente riconosciute dallo Stato costiero. 17

24 Capitolo 1 Il Governo del mare Casi particolari che consentono di far allontanare dalla costa la linea di base, spostandola verso il largo, sono costituiti dalla presenza, negli atolli o nelle barriere coralline, di scogli o di rocce affioranti o dalla esistenza di opere portuali permanenti, o dalla speciale configurazione geografica di foci a delta di fiumi 24. Sono invece esclusi da questo regime i bassifondi e gli scogli che emergono a bassa marea, a meno che su di essi sia stata costruita una installazione fissa quale, ad esempio, un faro 25. Terraferma Costa Mare Linea di base a bassa marea Fig. 1.1 Linee di base a bassa marea (Elaborazione propria) Ai fini del tracciamento delle linee di base, può altresì essere impiegato il metodo delle linee di base rette (straight baselines) che collegano particolari punti della costa, nel caso in cui questa presenti profonde rientranze e sia molto frastagliata o nel caso in cui esista nelle sue immediate vicinanze una frangia di isole 26. (Fig.1.2) La disciplina riprende quella che era stata sancita nella Ginevra I, all art. 3: Salvo disposizione contraria dei presenti articoli, la linea di base normale, per stabilire l estensione del mare territoriale, è la linea costiera segnata dalla bassa marea come è indicata sulle carte marine di grande scala ufficialmente riconosciute dallo Stato costiero. 24 CAFFIO F., Glossario del diritto del Mare, Rivista Marittima, 2006, in 25 UNCLOS, art. 13: Bassifondi emergenti a bassa marea 1. Un bassofondo emergente a bassa marea è un rialzamento naturale del fondo attorniato dalle acque, che emerge a bassa marea, ma è sommerso a alta marea. Quando un bassofondo emergente a bassa marea si trova interamente o parzialmente a una distanza, dalla terraferma o da un isola, non superiore alla larghezza del mare territoriale, la linea di bassa marea su quel bassofondo può essere usata come linea di base per misurare la larghezza del mare territoriale Un bassofondo emergente a bassa marea che sia interamente situato a una distanza, dalla terraferma o da un isola, superiore alla larghezza del mare territoriale, non possiede un proprio mare territoriale. La disciplina riprende quella che era stata sancita dalla Ginevra I, all art. 11: 1. Per bassofondo emergente si intende un elevazione naturale circondata dal mare ed emergente solo con bassa marea. Qualora la distanza fra un basso fondo emergente e il continente o un isola è totalmente o parzialmente inferiore alla larghezza del mare territoriale, la linea segnata dalla bassa marea sul detto fondo può essere presa come linea base per stabilire la l estensione del mare territoriale Per i bassofondi emergenti siti completamente fuori dal mare territoriale, non ne può essere stabilito uno. 26 UNCLOS, art. 7 commi : Linee di base dritte 1. Nelle località dove la linea di costa è profondamente incavata e frastagliata, o vi è una frangia di isole lungo la costa nelle sue immediate vicinanze, si può impiegare il metodo delle linee di base dritte che collegano punti appropriati, per tracciare la linea di base dalla quale si misura la larghezza del mare territoriale. 2. Laddove, per la presenza di un delta o di altre caratteristiche naturali, la linea di costa è altamente instabile, i punti appropriati possono essere scelti lungo la linea di bassa marea più avanzata e, anche in caso di ulteriori arretramenti della linea di bassa marea, le linee di base dritte rimangono in vigore fino a quando non vengono modificate dallo Stato 18

25 Capitolo 1 Il Governo del mare Terraferma Costa Mare Linee di base rette Fig. 1.2 Linee di base rette (Elaborazione propria) Le linee di base tracciate con questo criterio non devono allontanarsi in modo apprezzabile dall andamento naturale della costa e devono delimitare gli specchi d acqua che, per poter essere considerati ragionevolmente acque interne, devono essere strettamente collegate al dominio terrestre. Anche in questo caso, però, la comunità ha previsto un principio in deroga nel caso in cui lo Stato costiero abbia in loco degli interessi economici particolari la cui esistenza e importanza sia chiaramente testimoniata dal lungo uso 27. A seconda della irregolarità della sua costa, poi, uno Stato si dovrà attenere ad alcuni criteri stabiliti dalla comunità internazionale che disciplinano la delimitazione delle linee di base in caso di baie, isole e Stati arcipelagici. costiero conformemente alla presente Convenzione. 4. Le linee di base dritte non devono essere tracciare verso o da bassifondi emergenti a bassa marea, a meno che non vi siano stati costruiti fari o installazioni similari che siano in permanenza emergenti, o il tracciato di linee di base dritte verso o da tali bassifondi abbia ottenuto il generale riconoscimento internazionale. 6. Il metodo delle linee di base dritte non può essere impiegato da uno Stato in modo tale da separare il mare territoriale di un altro Stato dall alto mare o da una zona economica esclusiva. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 4 commi : 1. Nelle regioni dove la linea costiera presenti golfi o insenature profondi, oppure qualora esistesse una fila di isole nelle immediate vicinanze della costa, la linea di base per l estensione del mare territoriale può essere stabilita mediante il metodo delle rette congiungenti i punti più foranei. 3. Dette linee non possono essere tracciate da o fino a punti che emergono solamente a marea bassa a meno che su questi punti non siano costruiti fari o impianti simili che emergono costantemente dallo specchio d acqua. 5. Uno Stato non può, applicando il sistema delle rette, separare il mare territoriale di un altro Stato dall alto mare. 6. Lo Stato costiero deve indicare chiaramente nelle carte marine il tracciato delle linee di base e garantire una pubblicazione sufficiente. Può essere consultato anche FRANCALANCI G., Nota tecnica, in SCOVAZZI T., op.cit., 1986, pp UNCLOS, art. 7 commi 3-5: 3. Il tracciato delle linee di base diritte non deve discostarsi in misura sensibile dalla direzione generale della costa e le zone marine che giacciono all interno delle linee debbono essere collegate in modo sufficientemente stretto al dominio terrestre per poter essere assoggettare al regime delle acque interne. 5. Nei casi in cui il metodo delle linee di base dritte è applicabile in virtù del numero 1, si può tener conto, per la determinazione di particolari linee di base, degli interessi economici propri della regione considerata, la cui esistenza e importanza siano manifestamente dimostrate da lungo uso. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 4 commi 2-4: 2. Il tracciato di dette linee di base non deve deviare troppo dalla direzione generale della costa, e le porzioni di mare tra questa e le linee devono essere connesse alla terraferma in modo sufficiente da poter essere sottoposte all ordinamento concernente le acque interne. 4. Stabilendo le linee di base secondo il sistema delle linee rette, conformemente al numero 1, può essere tenuto conto degli interessi economici della regione interessata quando la loro esistenza e importanza sono dimostrate da lunga pratica. 19

26 Capitolo 1 Il Governo del mare Vengono considerate baie quelle insenature che penetrino in profondità nella costa e precisamente quelle rientranze la cui superficie sia almeno uguale, se non addirittura superiore, a quella di un semicerchio avente per diametro la linea che congiunge i naturali punti d entrata dell insenatura stessa 28. (Fig.1.3) Fig. 1.3 Area dell insenatura pari o superiore all area del semicerchio costruito sulla linea d entrata (Elaborazione propria) Ne consegue che i golfi, le baie ed ogni altra insenatura i quali, pur avendo una lunga linea d entrata, non presentino una profonda rientranza nella costa, non ricadono sotto la disciplina dell art. 7 e possono essere chiusi interamente in base all art. 4, sempre che sussistano i requisiti per l adozione del metodo delle linee di base rette. (Fig.1.4) Fig. 1.4 Area dell insenatura inferiore all area del semicerchio costruito sulla linea d entrata (Elaborazione propria) 28 UNCLOS, art. 10 commi 1-2-3: 1. Il presente articolo si riferisce solamente alle baie le cui coste appartengono ad un solo Stato. 2. Ai fini della presente Convenzione, si intende per baia una insenatura ben marcata la cui penetrazione nella terraferma in rapporto con la larghezza della sua entrata sia tale che le sue acque siano racchiuse dalla costa ed essa rappresenti qualcosa di più di una semplice inflessione della costa. Comunque una insenatura non è considerata una baia a meno che la sua superficie non sia almeno uguale a quella di un semicerchio che abbia come diametro la linea tracciata attraverso l entrata dell insenatura. 3. La superficie di una insenatura si misura tra la linea della bassa marea lungo le coste dell insenatura e la linea che unisce i punti di bassa marea della sua entrata naturale. Quando, a causa della presenza di isole, un insenatura ha più di una entrata, il semicerchio ha come diametro la somma delle lunghezze delle linee che chiudono le diverse entrate. La superficie delle isole situate all interno di una insenatura è compresa nella superficie delle acque dell insenatura. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 7 commi 1-2-3: 1. Il presente articolo concerne solamente le baie appartenenti ad un solo stato costiero. 2. Secondo il presente articolo, una baia è una insenatura ben pronunciata di cui l apertura e la penetrazione nel territorio siano in rapporto tali da poter considerare che la costa sia molto incurvata in modo da quasi circondare la porzione di mare contenutavi. Tuttavia detta insenatura deve avere una superficie almeno uguale a quella di un semicerchio avente come diametro la linea tracciata attraverso l entrata. 3. La superficie di una insenatura è quella compresa tra la retta congiungente i punti d entrata naturali e la linea costiera, segnati dalla bassa marea. Se un insenatura per la frequenza di isole, ha parecchie entrate, il diametro del semicerchio sarà composto dalla somma delle rette tracciate attraverso ogni singola entrata. Le superfici delle isole nell insenatura contano come porzioni di mare. 20

27 Capitolo 1 Il Governo del mare Nel momento in cui viene assodato che ci si trova in presenza di una baia e non di una semplice insenatura, la disciplina stabilisce di misurare la distanza tra i suoi naturali punti d entrata 29. Se la retta che li congiunge misura al massimo 24 miglia, allora il mare territoriale viene misurato a partire da tale retta e l intero specchio d acqua della baia ricade sotto la disciplina delle acque interne 30. (Fig. 1.5) Fig.1.5 Baia che presenta una dimensione maggiore rispetto all area del semicerchio costruito sulla linea che congiunge i punti naturali d entrata, la cui lunghezza è pari a 24 miglia. (Fonte: Vallega A., op.cit., p.110) Qualora invece la distanza tra i punti naturali d entrata ecceda le 24 miglia, bisognerà tracciare all interno dell insenatura una linea che misuri 24 miglia e posizionata in modo tale da far ricadere sotto la disciplina delle acque interne lo specchio d acqua maggiore possibile. 31 (Fig. 1.6) Fig.1.6 Baia che presenta una dimensione maggiore rispetto all area del semicerchio costruito sulla linea che congiunge i punti naturali d entrata, la cui lunghezza è superiore a 24 miglia. (Fonte: Vallega A., op.cit., p.110) 29 UNCLOS, art. 10 comma 4: 4. Se la distanza tra i punti di bassa marea situati sull entrata naturale di una baia non supera 24 miglia marine, si può tracciare una linea di delimitazione tra questi punti di bassa marea e le acque che si trovano all interno di essa sono considerate acque interne. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 7 comma 4: 4. Se la distanza fra i punti d entrata naturali, segnati dalla bassa marea, di una baia non supera le ventiquattro miglia, può essere tracciata tra questi punti una linea di demarcazione, e le acque così racchiuse sono considerate interne. 30 CONFORTI B., op. cit., 1997, p UNCLOS, art. 10 comma 5: 5. Se la distanza tra i punti di bassa marea situati sull entrata naturale di una baia eccede 24 miglia marine, una linea di base dritta di 24 miglia viene tracciata all interno della baia in modo da racchiudere la massima superficie possibile di acque. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 7 comma 5: 5. Se la distanza tra i punti d entrata naturali segnati dalla bassa marea di una baia supera le ventiquattro miglia, si traccerà nell interno della baia una linea base retta della lunghezza di ventiquattro miglia in modo che abbia a rinchiudere la maggiore superficie di mare possibile. 21

28 Capitolo 1 Il Governo del mare In casi particolari uno Stato costiero può chiedere deroga a questo principio qualificando una propria insenatura come baia storica. 32 (Fig. 1.7) Questo termine venne adoperato per la prima volta nel corso di una riunione dell Institut de Droit International, nel marzo del 1894, nella quale venne riconosciuta come legittima la pretesa di sovranità su una baia perché fondata su un uso continuo e secolare che lo Stato aveva esercitato sulla zona interessata. La nozione di baia storica venne poi applicata con piena cognizione di causa da parte della Corte di Giustizia dell America centrale nel caso del Golfo di Fonseca 33. La Corte internazionale di Giustizia dell Aja ebbe a pronunciarsi sulla materia nella sentenza concernente il caso delle pescherie nell Atlantico del Nord tra Gran Bretagna e Norvegia 34, ma l elaborazione di un regime giuridico, pur in assenza di una espressa previsione normativa, si deve alla dottrina ed alla giurisprudenza degli Stati Uniti. La posizione statunitense sulla materia è stata espressa in varie sedi ufficiali. In particolare nell ambito della sentenza del 1975 concernente la pretesa dell Alaska sulla Baia di Kook, la Suprema Corte degli Stati Uniti ha affermato il principio che, ai fini dell esistenza di una baia storica sono necessari i seguenti requisiti: aperto, notorio ed effettivo esercizio di autorità sull area da parte dello Stato che proclama il diritto; esercizio continuo di tale autorità; acquiescenza degli Stati terzi nei confronti dell esercizio dell autorità (in questo senso per acquiescenza si intende non tanto l assenza di proteste, quanto piuttosto la prova che i Paesi terzi siano a conoscenza dell esercizio di autorità e non vi si oppongano) UNCLOS, art. 10 comma 6: 6. Le disposizioni precedenti non si applicano alle cosiddette baie storiche o nei casi in cui si adotta il metodo delle linee di base diritte previsto dall art.7. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 7 comma 6: 6. Le disposizioni che precedono non si applicano né alle così dette «baie storiche» né nei casi in cui è adottato il sistema delle linee base rette, di cui all art Nella sentenza del 9 marzo 1971 tale Corte affermò il carattere di baia storica dell insenatura, sostenendo che in quel caso si riscontravano tutte le condizioni considerate necessarie, e cioè: il possesso secolare e immemorabile accompagnato dall animus domini, il possesso pacifico e continuo accettato dalle altre nazioni, una configurazione geografica particolare, la necessità assoluta per gli Stati costieri di possedere le acque del Golfo per le proprie esigenze vitali e di sicurezza. 34 Nella sentenza del 18 dicembre 1951 la Corte sostenne che per acque storiche si intendono normalmente acque che sono trattate come interne, ma che non avrebbero quel carattere se non fosse per l esistenza di un titolo storico il quale, in deroga alle norme del Diritto internazionale, si è consolidato attraverso l esercizio da parte dello Stato costiero della necessaria giurisdizione per un lungo periodo di tempo, senza opposizione da parte di altri Stati. 22

29 Capitolo 1 Il Governo del mare Fig.1.7 Esempio di baia storica, chiusa da una linea superiore alle 24 miglia (Fonte: Caffio F., op. cit., Glossario voce Baie Storiche ) Come esempio paradigmatico di baia storica mediterranea potrebbe essere citato il caso italiano del Golfo di Venezia, termine con cui la Repubblica di Venezia, nei secoli XIV-XVII, indicava l intero Mare Adriatico su cui pretendeva di esercitare giurisdizione marittima esclusiva, vietando l accesso, in nome dei propri interessi vitali, di navi da guerra e mercantili straniere non autorizzate. La prassi veneziana venne teorizzata da Paolo Sarpi nel suo Dominio del mare Adriatico della Serenissima Repubblica di Venezia del 1616 sostenendo che Venezia si è fatta padrona di tutto il Golfo (che) era serrato e limitato, posseduto e custodito con fatica e spese da tempo immemorabile. Tralasciando la conformazione geografica dell Adriatico che non può evidentemente essere considerato un golfo in senso proprio, la pretesa veneziana appare significativa perché basata su quegli elementi della diuturnitas, della notorietà, della continuità, della effettività e della acquiescenza 36, che sono alla base dell attuale teoria delle baie storiche. Peraltro il de Cussy 37 cita sì il Golfo di Venezia tra le baie storiche, ma lo riferisce geograficamente alla parte settentrionale dell Adriatico limitandolo all area in prossimità della città di Venezia, tra la foce del Po e l Istria. Va, infine, citata la disciplina per gli Stati arcipelagici 38 (Fig. 1.8), per i quali è prevista la possibilità di tracciare linee di base rette che congiungano i punti esterni delle 35 CAFFIO F., op. cit., voce baie storiche. 36 Almeno fino agli inizi del Seicento quando hanno inizio le contestazioni austriache e spagnole. 37 DE CUSSY, Phases et Causes Cèlébres du Droit Marittime des Nations, Lipsia, La Conferenza internazionale di Montego Bay ha previsto che fosse dedicata un intera parte della Convenzione, precisamente la Parte IV, agli Stati-arcipelago. Negli articoli dal 46 al 54 è stata dettata la disciplina ritenuta fondamentale per regolarne tutti gli aspetti più importanti legati al diritto del mare. Questi articoli non trovano precedenti nella Convenzione Ginevra I. UNCLOS, art. 46: Uso dei termini Ai fini della presente Convenzione: a) per «Stato-arcipelago» si intende uno Stato interamente costituito da uno o più arcipelaghi ed eventualmente da altre isole; b) per «arcipelago» si intende un gruppo di isole, le acque comprese e altri elementi naturali, che siano così 23

30 Capitolo 1 Il Governo del mare isole più lontane, a condizione che il rapporto tra le superfici delle acque così delimitate e della terraferma sia compreso tra 1:1 e 1:9. Inoltre la lunghezza delle singole linee rette di base non deve eccedere le 100 miglia nautiche. In via eccezionale è consentito che non più del 3% di esse raggiunga una lunghezza complessiva non superiore alle 125 miglia. 39 Fig Stato arcipelagico (Fonte: Vallega A., op.cit., p.110) Come già accennato all inizio di questo paragrafo, le linee di base sono importanti in quanto costituiscono il limite da cui far partire le cd. zone marittime o fasce di giurisdizione, cioè delle zone di mare, o di fondo marino, per le quali il diritto indica, da una parte, l estensione e, dall altra, i diritti e gli obblighi in capo agli Stati. strettamente interconnessi tra loro da formare intrinsecamente un unico insieme geografico, economico e politico, oppure siano storicamente considerati come tale. 39 UNCLOS, art. 47: Linee di base arcipelagiche 1. Uno Stato-arcipelago può tracciare linee di base arcipelagiche diritte che congiungano i punti estremi delle isole più esterne e delle scogliere affioranti dell arcipelago, a condizione che tali linee di base racchiudano le isole principali e definiscano una zona in cui il rapporto tra la superficie marina e la superficie terrestre, ivi inclusi gli atolli, sia compreso tra 1:1 e 9:1. 2. La lunghezza di tali linee di base non deve oltrepassare 100 miglia marine; tuttavia non oltre il 3% del numero complessivo delle linee di base che racchiudono un arcipelago può superare tale lunghezza, fino ad un massimo di 125 miglia marine. 3. Il tracciato di tali linee di base non vede discostarsi in modo apprezzabile dalla configurazione generale dell arcipelago. 4. Tali linee di base non debbono essere tracciate nella direzione di, o a partire da, bassifondi emergenti a bassa marea ad eccezione del caso che su di essi siano stati costruiti fari o installazioni similari, permanentemente emergenti; oppure ad eccezione del caso che un bassofondo emergente a bassa marea si trovi, tutto o in parte, a una distanza dall isola più vicina non superiore alla lunghezza del mare territoriale. 5. Lo Stato-arcipelago deve definire il proprio sistema di linee di base in modo tale da non separare dall alto mare o dalla zona economica esclusiva il mare territoriale di un altro Stato. 6. Se una parte delle acque arcipelagiche di uno Stato-arcipelago si trova tra due parti di territorio di uno Stato limitrofo, i diritti in essere e ogni altro interesse legittimo che quest ultimo ha esercitato tradizionalmente in tali acque, nonché tutti i diritti derivati da accordi stipulati tra i due Stati in questione, sussistono e debbono essere rispettati. 7. Al fine di calcolare il rapporto tra la superficie terrestre di cui al numero 1, si possono considerare come parte integrante della superficie terrestre le acque situate all interno delle scogliere affioranti intorno alle isole e agli atolli, ivi compresa la parte di tavolato oceanico a scarpata scoscesa, che sia interamente o quasi interamente racchiusa entro una catena di isole calcaree e di scogliere emergenti situate sul perimetro del tavolato. 8. Le linee di base tracciate conformemente al presente articolo vengono indicate su carte nautiche a scala adeguata, al fine di determinarne la posizione. In alternativa, tali carte possono essere sostituite da elenchi di coordinate geografiche di punti, precisando il datum geodetico utilizzato. 9. Lo Stato-arcipelago deve dare debita diffusione a tali carte nautiche o elenchi di coordinate geografiche, e deve depositarne un esemplare presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite. 24

31 Capitolo 1 Il Governo del mare In passato il diritto tradizionale individuava solo due zone e cioè il mare territoriale, sul quale lo Stato costiero esercitava la sua sovranità, e l alto mare, lasciato al libero uso di chiunque. Come si è già avuto modo di rilevare, in periodi più recenti la situazione internazionale si è complicata a causa degli interessi manifestati nei confronti del mare e dei suoi fondali da parte degli Stati costieri e non, e ciò ha spinto la comunità internazionale a delimitare alcune zone in cui i diritti e gli obblighi degli Stati siano sistematicamente disciplinati. L attuale regolamentazione internazionale dei mari prevede i seguenti spazi giuridici (Fig. 1.9): Acque interne Mare territoriale Zona contigua Piattaforma continentale Zona Economica Esclusiva Alto mare e fondi marini internazionali Zona di Pesca Esclusiva Zona archeologica Inoltre, sono stati presi in considerazione i diritti degli Stati che, pur essendo privi di litorale, vogliono partecipare allo sfruttamento delle risorse del mare. Fig. 1.9 Regime giuridico degli spazi marini previsto dalla Convenzione di Montego Bay (Fonte: Lizza G., op.cit, p. 144 ) Vediamoli in dettaglio. 25

32 Capitolo 1 Il Governo del mare Acque interne Con l espressione acque interne 40 ci si riferisce a quello specchio di mare che separa la terraferma dal mare territoriale e la cui ampiezza dipende dalla posizione della linea di base 41. Le acque interne comprendono: a) Le acque lungo la costa comprese, ad alta marea, fra la linea di bassa marea e la costa stessa; b) Le baie e le insenature alla costa, che non presentino una apertura superiore alle 24 miglia e che appartengono ad un solo Stato; c) Le acque comprese fra le diverse isole o gruppi di isole, a qualunque distanza dalla terraferma purché tali isole si trovino in determinati rapporti di prossimità fra di loro; d) Le rade, cioè quegli spazi marittimi, riparati dai venti e dalle onde, dove le navi sostano all ancora. Normalmente esse vengono identificate mediante le seguenti caratteristiche: i. Possibilità di relativo ridosso contro i venti, le correnti e le onde; ii. Possibilità di ancoraggio, di imbarco e di sbarco di merci e persone; iii. Riconoscimento, come tali, da parte dello Stato costiero. La delimitazione dell area di una rada è, al contempo, un diritto ed un obbligo per lo Stato costiero, che deve indicarne l estensione sia materialmente, con la posa di boe o segnali luminosi, sia geograficamente, con la relativa indicazione sulle carte. Solo a seguito di queste azioni la rada cesserà di far parte del mare territoriale ed entrerà di diritto nelle acque interne dello Stato, con tutte le modificazioni di disciplina che questo comporta. e) I porti, cioè quegli specchi d acqua difesi dall azione dei venti, delle correnti, delle onde, compresi fra sporgenze o contenuti in rientranze delle coste marittime o lacustri o su rive di grandi fiumi, particolarmente adatti ad assicurare un accesso 40 UNCLOS, art. 8 comma 1: Acque interne 1. Con eccezione di quanto disposto nella Parte IV, le acque situate verso terra rispetto alla linea di base del mare territoriale fanno parte delle acque interne dello Stato. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 5: 1. Le porzioni di mare tra la linea base dei mare territoriale e la costa sono considerate acque interne dello Stato cui appartengono. 2. Se nell allestimento di una linea base retta, giusta l articolo 4, delle porzioni di mare precedentemente considerate mare territoriale o alto mare vengono ad essere considerate acque interne, resta su di loro applicabile il diritto di passaggio pacifico di cui negli articoli da 4 a SANDIFORD R., Diritto Marittimo, Giuffrè Editore, Milano, 1960, p.1 26

33 Capitolo 1 Il Governo del mare ed un ancoraggio quanto più possibile comodo alle navi, onde esse possano, con facilità e speditezza, procedere alle operazioni di imbarco e di sbarco. Lo specchio d acqua deve avere fondali sufficienti perché le navi possano gettare l ancora, e deve presentare la possibilità di costruire opere necessarie a rendere agevoli lo smistamento e l instradamento delle merci e dei passeggeri verso il mare e verso l interno. 42 Per la Convenzione sul regime internazionale dei porti marittimi, firmato a Ginevra nel dicembre del 1923, si definiscono porti marittimi quelli normalmente frequentati da navi marittime ed utilizzati per il commercio con l estero. Tale definizione ha peraltro valore solo agli effetti della suddetta Convenzione, in quanto per il diritto pubblico internazionale, la nozione ha un significato più ampio poiché sono da considerare marittimi: i. I porti normalmente frequentati da navi di mare, ovunque siano ubicati ed a qualunque fine servano; ii. I porti, le acque dei quali sono marittime a prescindere dalla frequenza di navi di mare; iii. I porti in acque marittime, frequentati normalmente da navi di mare anche se non servono al commercio estero. Sulla base del diritto convenzionale, la linea di base davanti ai porti viene tracciata congiungendo le opere fisse più avanzate dei porti stessi e consentirà di delimitare le acque interne, da un lato, e il mare territoriale dall altro. f) Le acque di accesso anche a quei porti marittimi siti a notevole distanza dal mare. In particolare, il carattere di acque marittime interne viene riconosciuto, secondo il diritto pubblico marittimo internazionale, a quella parte compresa al di qua della linea di bassa marea che serve da accesso ai porti marittimi, per le navi provenienti dal mare. In proposito si deve trattare di navi adibite alla navigazione marittima, di navi utilizzate per il commercio estero e che normalmente frequentino porti marittimi. Le acque interne, come il mare territoriale, sono soggette alla piena sovranità dello Stato costiero, che si estende al loro fondo, al sottofondo, nonché allo spazio aereo sovrastante. Esse sono lo spazio marittimo in cui la potestà statale si manifesta nella forma più chiara e palese. In tali acque, infatti, il diritto di passaggio inoffensivo per le navi 42 SERINO G., Che cosa è un porto commerciale, Napoli, 1951, p

34 Capitolo 1 Il Governo del mare straniere è interdetto a meno che non venga concessa preventiva autorizzazione o nel caso in cui sussista una situazione di pericolo o di forza maggiore 43. La sovranità dello Stato costiero sulle acque interne ha, fra i suoi aspetti salienti quello relativo alla possibilità di vietare l accesso e in particolare la facoltà di chiudere i porti al commercio straniero. Questa circostanza venne considerata perfettamente conforme ai diritti di ciascuno Stato fino a circa la metà dell Ottocento, ma in tempi più recenti ha causato discussioni sempre più accese, fino all emanazione di una delibera dell Istituto di diritto internazionale che nel 1928 dichiarava l obbligo di apertura dei porti. A tutt oggi la regola in vigore nel diritto internazionale applicato prevede la presunzione, più che l obbligo, di apertura dei porti, in tempo di pace, alle navi straniere non da guerra 44 ; presunzione che non esiste però per i porti militari esclusi, per loro stessa destinazione, al commercio internazionale. Si può affermare pertanto che, in base al diritto internazionale, gli Stati possono, a seguito di ragioni eccezionali e di obiettiva gravità, chiudere alcuni porti, ma un provvedimento del genere deve essere esplicitamente dichiarato, pena possibili richieste di risarcimento danni 45. Inoltre, è escluso, in base al principio dell uguaglianza di trattamento, che uno Stato possa rifiutare l ingresso ad una sola nave, a meno che non vi sia una causa ragionevole e, anche in questo caso, esplicitamente dichiarata. Infine, conformemente alla disciplina stabilita a Ginevra nel 1923 in merito ai porti marittimi, la facoltà concessa ad uno Stato di chiudere uno di questi porti al commercio estero, prevede l obbligo in capo allo Stato stesso di interdire la struttura anche per le navi battenti bandiera nazionale e destinate al commercio estero. Per quanto riguarda le navi da guerra, solo pochi Stati lasciano sussistere integralmente la presunzione di apertura dei porti. La maggior parte pone dei limiti per il numero delle unità da ammettere contemporaneamente e comunque subordina l accesso a preavviso ed autorizzazione. Inoltre, il consenso rimane sempre subordinato alla 43 Unica deroga a questo regime è concessa per quelle zone che, a seguito del tracciamento di linee di base rette, sono passate dallo status di acque territoriale a quello di acque interne e nelle quali continua a restare in vigore il preesistente diritto di passaggio inoffensivo. UNCLOS art. 8, comma 2: 2. Quando una linea di base diritta determinata conformemente al metodo descritto all articolo 7 ha l effetto di assoggettare al regime di acque interne aree che in precedenza non erano considerate tali, il diritto di passaggio inoffensivo previsto dalla presente Convenzione si estende a quelle acque. 44 Uno Stato non è tenuto a consentire l accesso sui propri porti, a navi di Stati di cui non abbia riconosciuto i Governi. 45 SERENI P., Diritto internazionale, Giuffrè Ed., Milano, 1966, p

35 Capitolo 1 Il Governo del mare condizione che dall accesso e dal soggiorno non derivino danni alla sicurezza ed alla tranquillità dello Stato ospitante 46. Nelle sue acque interne lo Stato costiero ha inoltre l incontestabile diritto di disciplinare, nel modo che ritiene più opportuno, determinate materie quali la polizia della navigazione in senso stretto, cioè l assegnazione di ormeggi, il movimento di navi, l imbarco o lo sbarco di merci e passeggeri, le operazioni doganali e sanitarie. Le navi straniere devono uniformarsi e, nel caso che un comandante di nave straniera voglia esperire una azione legale a difesa degli interessi della sua nave, dovrà farlo secondo le norme procedurali dello Stato costiero. Specifiche attività sono riservate ai cittadini ed alle navi nazionali; pertanto non solo il cabotaggio e la pesca, ma anche tutto ciò che la Convenzione di Losanna del 1923 sul commercio, definisce servizi dei porti, e cioè il rimorchio, il pilotaggio, ecc. In ogni caso i servizi interni, pur se organizzati dallo Stato costiero in totale libertà, devono sottostare al principio della parità di trattamento verso tutte le bandiere. L esercizio della competenza giurisdizionale è la più alta manifestazione della sovranità dello Stato costiero. L intervento dello Stato nei riguardi di navi straniere presenti nelle acque interne, siano esse mercantili o di Stato impiegate a scopi commerciali, è molto più ampio di quanto non lo possa essere nei confronti delle stesse navi in transito nel mare territoriale. Per consuetudine, sono lasciate alla cognizione dello Stato del quale la nave batte bandiera, le controversie di natura civile fra i membri dell equipaggio o fra costoro ed il comandante, quando concernono esclusivamente questioni relative alla navigazione. Il motivo risiede sia sulla considerazione logica che l equipaggio si presenta come un gruppo di individui organizzati sulla base dell ordinamento dello Stato di appartenenza, sia sulla constatazione pratica che lasciare la controversia alla cognizione dei consoli porta ad una soluzione in tempi molto più rapidi che se si ricorresse ai tribunali locali. Tanto più che si 46 La nave da guerra che entra in un porto straniero deve rispettare le norme e gli usi locali, osservando leggi e regolamenti, particolarmente per ciò che concerne la sicurezza della navigazione e la polizia sanitaria e doganale. Secondo il diritto internazionale, lo Stato neutrale è libero di vietare, o di limitare, il transito ed il soggiorno, nei propri porti ed acque interne, delle navi da guerra dei belligeranti o di determinate categorie di tali navi (ad esempio, i sottomarini). Lo Stato neutrale è anche libero di dare permessi superiori al minimo di 24 ore, agendo peraltro senza discriminazioni. Salvo disposizioni speciali, non più di tre navi dello stesso belligerante possono soggiornare nello stesso porto ed almeno 24 ore devono intercorrere tra la partenza di navi da guerra di belligeranti diversi. Una nave da guerra non può lasciare il porto neutrale se non dopo 24 ore dalla partenza di un mercantile nemico. In genere, la nave da guerra che è entrata per prima deve anche uscire per prima (XIII Convenzione dell Aja 1907). La nave che non ottemperi all ordine di lasciare il porto in base a dette regole, deve essere disarmata e resa incapace di prendere il mare per tutta la guerra. Le 29

36 Capitolo 1 Il Governo del mare tratta di questioni che interessano marginalmente lo Stato costiero e che richiedono rapidità di giudizio per non intralciare gli interessi della navigazione. Nei riguardi delle navi da guerra straniere, come già si è avuto modo di osservare, vige il principio dell extraterritorialità, pertanto se un membro dell equipaggio compie degli illeciti nello svolgimento del suo servizio, non vi è competenza da parte dei tribunali locali, se invece l illecito riguarda una qualunque altra attività, il responsabile può essere convenuto come un qualsiasi privato, purché venga lui consentito di adempiere a tutti gli obblighi derivanti dal suo servizio a bordo. Va inoltre segnalato che, sempre in riferimento alle diverse ipotesi di equipaggio di navi mercantili o di navi militari, è regola generale distinguere fra le due ipotesi di reati commessi a terra o a bordo. Nel caso di equipaggi civili che commettono atti delittuosi a bordo della loro nave, lo Stato costiero, pur essendo legittimato ad agire, solitamente limita i suoi interventi a reati che estendono le relative conseguenze fuori dall ambiente di bordo, a violazioni che turbano la pace pubblica o il buon ordine del Paese, a reati legati al traffico di stupefacenti o qualora il proprio intervento venga esplicitamente richiesto dal capitano della nave o da un console. Per gli atti delittuosi commessi a terra da membri dell equipaggio o da passeggeri, lo Stato esercita la sua potestà punitiva senza limiti di sorta. La nave da guerra rappresenta la forza pubblica dello Stato di cui batte bandiera e pertanto, in base al principio della extraterritorialità, non è soggetta alla competenza dello Stato costiero. Però può rinunciare in taluni casi a questa esenzione e richiedere l intervento dell autorità giudiziaria. Per esempio, se un reato viene commesso sulla nave da persona estranea, il comandante può consegnarlo alle autorità dello Stato costiero che però non possono accedere a bordo se non preventivamente autorizzate. Se il reato viene commesso da un membro dell equipaggio a terra si deve accertare se si tratta di personale sbarcato per servizio, e allora la competenze resta allo Stato cui la nave appartiene, o per franchigia, e allora la giurisdizione passa allo Stato costiero. Non è raro, comunque, che anche in questo caso il governo locale rinunci a questo diritto consegnando il colpevole all autorità militare dalla quale dipende. Spostandosi al di là della linea i base, nel mare territoriale, alcuni aspetti di questa disciplina cambiano. Vediamo come. navi da guerra belligeranti, trattenute nei porti di uno Stato neutrale, non possono essere acquistate né utilizzate da detto Stato o da altri. 30

37 Capitolo 1 Il Governo del mare Mare territoriale Il mare territoriale è costituito da quella fascia di mare adiacente alla costa sulla quale lo Stato è autorizzato ad esercitare la sua sovranità 47. Come nel caso delle acque interne la sovranità statale non si limita allo specchio d acqua, ma si estende ai fondali, al sottosuolo e agli spazi aerei sovrastanti ad esso. Il mare territoriale viene delimitato attraverso una proclamazione dello Stato costiero, compiuta mediante una legge nazionale, a seguito della quale l acquisto della sovranità diviene automatico. In passato, proprio questa discrezionalità e questo automatismo hanno portato i diversi Paesi ad eccedere i limiti posti dalle consuetudini internazionali nella delimitazione dell ampiezza del mare territoriale. Così, mentre un numero rilevante di Stati si era orientato verso l adozione della cd. regola delle 3 miglia 48, altri Paesi hanno esteso il 47 UNCLOS, art. 2: La sovranità dello Stato costiero si estende al di là del suo territorio e delle sue acque interne e, nel caso di uno Stato arcipelagico, delle sue acque arcipelagiche, ad una fascia adiacente di mare, denominata mare territoriale. Questa affermazione viene ribadita dal secondo comma dello stesso articolo in cui si specifica che la sovranità dello Stato rivierasco si estende allo spazio aereo sovrastante il mare territoriale come pure al relativo fondo e al sottosuolo. E vero che il terzo comma limita l affermazione precisando che la sovranità sul mare territoriale si esercita alle condizioni fissate dalla Convenzione stessa e dalle altre norme di diritto internazionale, ma tale attenuazione non incide in alcun modo sul riconoscimento del diritto dello Stato costiero, bensì risponde unicamente a quella esigenza di una migliore e più imparziale regolamentazione delle attività che si svolgono nel mare territoriale della quale si parlava prima, e alla quale tutti gli Stati hanno un interesse ai fini di un regolare svolgimento dei traffici internazionali. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 1: 1. La sovranità di uno Stato si estende oltre il territorio e le acque interne sulla zona di mare adiacente alle coste e chiamata mare territoriale. 2. Detta sovranità si esercita secondo le condizioni stabilite nella presente convenzione e le norme del diritto internazionale. Art. 2: Lo spazio aereo sopra il mare territoriale come anche il fondo e il sottofondo di quest ultimo sottostanno alla sovranità dello Stato costiero. Art. 6: Il limite foraneo del mare territoriale è stabilito da una linea i cui punti, rispetto a quelli più vicini della linea base, sono ad una distanza pari a quella del mare territoriale. Art. 8: Per la delimitazione del mare territoriale le installazioni foranee, parti integranti del sistema portuale, sono considerate come costa. Art. 9: Le rade in cui si caricano, scaricano e ancorano abitualmente i bastimenti, sono comprese nel mare territoriale anche quando fossero totalmente o parzialmente fuori della delimitazione. Lo Stato costiero deve delimitare chiaramente queste rade e indicarle sulle carte marine, che devono sufficientemente pubblicate. 48 Nel XVIII sec. sulla base della teoria che rapportava l estensione delle acque territoriali alla portata delle artiglierie terrestri ( cannon shot rule ), quando questa portata era al massimo di 3 miglia, venne consolidandosi come norma di diritto internazionale, il principio delle 3 miglia. L elaborazione teorica di tale principio si deve al giurista neozelandese Bynkershoek che nella De Dominio Maris Dissertatio del 1703 enunciò la formula secondo cui potestas terrae finitur ubi finitur armorum vis (il dominio terrestre ha termine ove finisce la forza delle armi). Nel corso della Conferenza dell Aja del 1930 per la codificazione del diritto internazionale, pur non essendo stato raggiunto il risultato di far approvare un documento relativo all estensione del mare territoriale, si manifestò una comunanza di vedute fra i vari Stati nel cui ambito erano compresi Gran Bretagna e Stati Uniti 31

38 Capitolo 1 Il Governo del mare limite esterno fino a toccare le quattro, le sei, le dodici, le cinquanta e addirittura le duecento miglia dalla linea di base. L estrema varietà delle regolamentazioni statali ha condotto gli Stati partecipanti alla Conferenza di Ginevra sul diritto del mare a porsi il problema di una sua determinazione uniforme. Le discussioni avutesi in proposito, però, non sono riuscite a trovare un punto di contatto fra le diverse delegazioni, tanto che la Convenzione redatta al termine della conferenza ha finito per ignorare questo aspetto, o meglio a dettare delle disposizioni generiche destinate a valere per casi particolari. Negli anni successivi molte delle controversie in atto si sono risolte e si può, dunque, affermare che la disciplina contenuta nella Convenzione di Montego Bay 49 corrisponde al diritto consuetudinario generale. In assenza di una norma specifica sull ampiezza del mare territoriale, la prassi internazionale degli Stati si è orientata verso l estensione fino alle 12 miglia. Questo limite, accolto dalla UNCLOS, può ritenersi ormai pacificamente recepito in una norma consuetudinaria e tutti gli Stati vi si sono gradualmente adattati. Sempre secondo la disciplina sancita da Montego Bay la delimitazione del mare territoriale tra gli Stati adiacenti 50 o che si fronteggiano, deve rispettare un criterio di equidistanza, salvo accordo contrario tra le parti o in virtù di titoli storici o di altre circostanze speciali. L estensione della sovranità dello Stato costiero sul mare territoriale non è assoluta, come lo è, invece, la sua sovranità sul territorio in senso stretto; non si esplica cioè nell assoluta libertà di regolare le attività che ivi si svolgono nel modo che ritenga più circa il fatto che il limite delle 3 miglia era quello da ritenersi conforme alle norme consuetudinarie vigenti. L Italia si dichiarò invece a favore di un limite di 6 miglia. Con il Territorial Water Jurisdiction Act del 1878 la Gran Bretagna adottò per la prima volta in forma ufficiale, il limite di 3 miglia, stabilendo che fosse sotto la giurisdizione dell Ammiragliato ogni parte del mare aperto entro una lega marina dalla costa, misurata dal livello di bassa marea. 49 UNCLOS, art. 3: Larghezza del mare territoriale Ogni Stato ha il diritto di fissare la larghezza del proprio mare territoriale fino ad un limite massimo di 12 miglia marine, misurate a partire dalle linee di base determinate conformemente alla presente Convenzione. 50 UNCLOS, art. 15: Delimitazione del mare territoriale tra Stati a coste opposte o adiacenti Quando le coste di due Stati si fronteggiano o sono adiacenti, nessuno dei due Stati ha diritto, in assenza di accordi contrari, di estendere il proprio mare territoriale al di là della linea mediana di cui ciascun punto è equidistante dai punti più prossimi delle linee di base dalle quali si misura la larghezza del mare territoriale di ciascuno dei due Stati. Questa disposizione, comunque, non si applica quando, in virtù di titoli storici o di altre circostanze speciali, è necessario delimitare in altro modo il mare territoriale dei due Stati. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 12: 1. Se le coste di due Stati sono dirimpettaie o limitrofi, nessuno di detti Stati può, salvo accordo contrario, estendere il proprio mare territoriale oltre la mediana fra i punti delle linee base da cui si stabilisce il mare territoriale di ciascuno Stato. Questa disposizione non si applica quando per ragioni storiche o altre speciali occorre stabilire il mare territoriale in altro modo Le linee di limitazione del mare territoriale di Stati le cui coste sono dirimpettaie o limitrofe devono essere indicate nelle carte marine di grande scala riconosciute ufficialmente dagli Stati costieri. 32

39 Capitolo 1 Il Governo del mare opportuno e nel diritto di escludere da esso qualsiasi persona o cosa appartenente ad altri Stati. La pratica degli Stati, infatti, permette di rilevare con certezza l esistenza di una norma internazionale generale, secondo la quale lo Stato costiero ha l obbligo di permettere il passaggio inoffensivo nel mare territoriale 51 delle navi battenti bandiera straniera e, conseguentemente, ciascuno Stato ha il diritto di pretendere che le proprie navi attraversino il mare territoriale altrui. Si tratta di una norma che si riporta evidentemente al principio della libertà dei mari che, assoluto in mare aperto, si va attenuando mano a mano che ci si avvicina alla costa. Un aspetto particolare riguarda i limiti entro i quali lo Stato costiero può procedere all esercizio della giurisdizione civile e penale per fatti che accadono a bordo dei natanti in transito o ancorati nel mare territoriale. Per ciò che attiene la giurisdizione penale, la regola generale prevede che lo Stato costiero non abbia il diritto di intervenire per i reati commessi a bordo delle navi durante la navigazione nel mare territoriale, a meno che l attraversamento avvenga dalle acque interne verso il mare aperto e comunque solo nei casi previsti dalla Convenzione di Montego Bay. In questo senso l articolo 27 è estremamente preciso nel limitare la libertà dello Stato costiero di esercitare la propria giurisdizione e ricalca le ipotesi previste per gli interventi concessi nei casi in cui il reato sia commesso a bordo di navi civili ormeggiati in un porto o presenti nelle acque interne La disciplina riprende la Ginevra I, art. 14: 1. Qualora nei presenti articoli non è disposta altrimenti, le navi di tutti gli Stati, costieri o no, hanno diritto di passaggio pacifico sui mari territoriali. 2. Per passaggi si intende la navigazione nel mare territoriale sia per attraversarlo senza o per recarsi nelle acque interne, sia per prendere il largo provenendo da esse. 3. Il passaggio comprende anche il diritto di sosta e ancoraggio sempre che ciò avvenga in seguito ad incidenti ordinari di navigazione o sia imposto da motivi di forza maggiore o di emergenza. 4. Il passaggio pacifico, quando non compromette la pace, l ordine e la sicurezza dello Stato costiero. Esso deve avvenire conformemente alle disposizioni dei presenti articoli e alle norme del diritto internazionale. 5. Il passaggio di pescherecci stranieri non è pacifico se questi non ottemperano le disposizioni delle leggi e degli ordinamenti emanati e pubblicati dallo Stato costiero alfine di vietare loro la pesca nel mare territoriale. 6. I sommergibili devono navigare in superficie ed issare la propria bandiera. Ginevra I art. 15: 1. Lo Stato costiero non deve impedire il passaggio pacifico sul mare territoriale. 2. Esso deve avvenire in modo adeguato di tutti i pericoli a li conosciuti che potrebbero minacciare la navigazione nel suo mare territoriale. 2. Esso deve avvertire in modo adeguato di tutti i pericoli a lui conosciuti che potrebbero minacciare la navigazione nel suo mare territoriale. Ginevra I art. 16: 1. Lo Stato costiero può prendere tutti i provvedimenti necessari per impedire qualsiasi passaggio non pacifico nel suo mare territoriale. 2. Esso ha parimenti il diritto di adottare tutti i provvedimenti intesi a prevenire le contravvenzioni alle condizioni di ammissione delle navi nelle acque interne. 3. Quando la protezione della sicurezza lo richiede, lo Stato costiero può, con riserva dell articolo 4, e senza disparità di trattamento per le navi straniere, sospendere temporaneamente l esercizio del diritto di passaggio su determinate zone del suo mare territoriale. La sospensione prende effetto dopo debita pubblicazione. 4. Non può essere sospeso il passaggio pacifico attraverso stretti che servono la navigazione internazionale stabilendo il collegamento tra due parti di alto mare o con il mare territoriale di un altro Stato. 52 UNCLOS, art. 27: Giurisdizione penale a bordo di una nave straniera 1. Lo Stato costiero non dovrebbe esercitare la propria giurisdizione penale a bordo di una nave straniera in transito nel mare territoriale, al fine di procedere ad arresti o condurre indagini connesse con reati commessi a bordo durante il passaggio, salvo nei seguenti casi: 33

40 Capitolo 1 Il Governo del mare Per quanto concerne, invece, la giurisdizione civile, la disciplina prevede che uno Stato costiero non possa né dirottare né far fermare una nave in transito nel suo mare territoriale al fine di esercitare la giurisdizione nei confronti di una persona presente a bordo. Allo stesso modo, non può pretendere l adozione di misure conservative o di esecuzione nei confronti della nave straniera, se non nel caso in cui tali misure siano prese a causa di obblighi o responsabilità assunte dalla nave stessa per ragioni inerenti alla navigazione, durante il passaggio nelle acque territoriali. Questo è il caso di una nave straniera che abbia ricevuto assistenza da parte di una nave dello Stato costiero durante la a) Se le conseguenze del reato si estendono allo Stato costiero; b) Se il reato è di natura tale da disturbare la pace del paese ed il buon ordine nel mare territoriale; c) Se l intervento delle autorità locali è stato richiesto dal comandante della nave o da un agente diplomatico o funzionario consolare dello Stato di bandiera della nave, oppure d) Se tali misure sono necessarie per la repressione del traffico illecito di stupefacenti o sostanze psicotrope. 2. Le disposizioni di cui sopra non invalidano il diritto dello Stato costiero di adottare le misure previste dalle proprie leggi per procedere ad arresti o indagini a bordo delle navi straniere che transitano nel mare territoriale dopo aver lasciato le acque interne. 3. Nei casi previsti dai numeri 1 e 2, lo Stato costiero informa, se il comandante della nave lo richiede, un agente diplomatico o funzionario consolare dello Stato di bandiera prima di adottare qualsiasi misura, e facilita i contati tra costoro e l equipaggio della nave. In casi di emergenza tale notifica può essere comunicata mentre le misure sono in corso di esecuzione. 4. Nel considerare l opportunità e le modalità di un arresto, le autorità locali tengono in debito conto gli interessi della navigazione. 5. Salvo quanto disposto alla Parte XII o in caso di violazioni di leggi e regolamenti adottati conformemente alla Parte V, lo Stato costiero non può adottare alcuna misura a bordo di una nave straniera in transito nel mare territoriale, per procedere a un arresto o condurre indagini a seguito di reati commessi prima dell ingresso della nave nel mare territoriale se questa, proveniente da un porto straniero, si limita ad attraversare il mare territoriale senza entrare nelle acque interne. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 19: 1. L arresto di persone e le istruttorie in seguito ad infrazioni penali commesse a bordo di una nave straniera di passaggio su un mare territoriale non dovrebbero essere operati secondo la giurisdizione penale dello Stato costiero, salvo se: a) Le conseguenze dell infrazione toccano lo Stato costiero; b) L infrazione compromette la pace pubblica del paese o l ordine sul mare territoriale; c) Il capitano della nave o il console dello Stato per cui la nave batte bandiera chiedono l intervento delle autorità locali, oppure d) È necessario adottare dei provvedimenti intesi a reprimere il traffico di stupefacenti. 2. La disposizione precedente non menoma il diritto dello Stato costiero di prendere tutti i provvedimenti permessi dalla propria legislazione per operare arresti o istruttorie a bordo delle navi straniere che, in provenienza delle acque interne, solcano il mare territoriale. 3. Prima di prendere qualsiasi provvedimento lo Stato costiero deve, se il comandante della nave lo richiede, avvertire l autorità consolare dello Stato per cui la nave batte bandiera ed agevolare i contratti tra quest ultima autorità e l equipaggio. Nei casi urgenti la notificazione può avvenire contemporaneamente all attuazione dei provvedimenti. 4. Decidendo circa l esecuzione di un arresto ed il modo di operarlo, l autorità locale deve tenere conto degli interessi della navigazione. 5. Lo Stato costiero non può pretendere nessun provvedimento concernente arresti o istruttorie conseguenti a infrazioni penali commesse prima che la nave, proveniente da porti stranieri, sia entrata nelle acque territoriali per transitarvi senza penetrare nelle acque interne. Art. 20: 1. Uno Stato costiero non può esercitare la propria giurisdizione civile nei confronti di persone a bordo di una nave straniera in transito sulle acque territoriali. 2. Contro detta nave possono essere adottati solo quei provvedimenti di diritto civile, esecutivi o conservativi, concernenti gli obblighi e le responsabilità per la nave che intende navigare o già naviga nelle acque territoriali. 3. Tuttavia lo Stato costiero può adottare quei provvedimenti di diritto civile, esecutivi o conservativi, previsti dalla sua legislazione per le navi straniere che sostano nel mare territoriale o l attraversano provenendo dalle acque territoriali. 34

41 Capitolo 1 Il Governo del mare navigazione, o sia venuta in collisione con un altro natante e debba ritenersi responsabile di eventuali danni arrecati a quest ultimo 53. Le navi da guerra e le navi di Stato utilizzate ai fini non commerciali godono, di regola, dell immunità dalla giurisdizione dello Stato costiero 54, anche se la disciplina dettata dalla Convenzione di Montego Bay prevede due eccezioni. La prima riguarda il caso in cui una nave da guerra non osservi i regolamenti o le leggi dello Stato costiero 55, che risulta in questo caso legittimato a pretendere che essa abbandoni immediatamente il mare territoriale; la seconda riguarda l ipotesi di responsabilità dello Stato di bandiera di una nave che causa dei danni durante il transito o la sosta nel mare territoriale 56. Zona contigua Esigenze di tutela di specifici interessi hanno condotto gli Stati ad ammettere che determinate prerogative sovrane possano essere esercitate dallo Stato costiero anche in zone di mare situate al di fuori delle acque territoriali, ma adiacenti ad esso. La zona contigua, rispondendo a queste specifiche esigenze, è quella zona di mare, adiacente alle acque territoriali in cui uno Stato può esercitare i controlli necessari a 53 UNCLOS, art. 28: Giurisdizione civile nei riguardi di navi straniere 1. Lo Stato costiero non dovrebbe fermare o dirottare una nave straniera che passa nel suo mare territoriale, allo scopo di esercitare la giurisdizione civile nei riguardi di una persona che si trovi a bordo della nave. 2. Lo Stato costiero non può procedere a misure esecutive o cautelari nei confronti della nave nell ambito di un procedimento civile, se non per effetto di obblighi o di responsabilità in cui la nave sia incorsa o che abbia assunte durante o in previsione del suo passaggio nelle acque dello Stato costiero. 3. Il numero 2 non pregiudica il diritto dello Stato costiero, conformemente alle sue leggi, di procedere a misure esecutive o cautelari nell ambito di un procedimento civile nei confronti di una nave straniera che stazioni nel mare territoriale o che transiti nel mare territoriale dopo aver lasciato le acque interne. 54 UNCLOS, art. 32: Immunità delle navi da guerra e di altre navi di Stato in servizio non commerciale Con le eccezioni contenute nella sottosezione A e negli articoli 30 e 31, nessuna disposizione della presente Convenzione pregiudica le immunità delle navi da guerra e delle altre navi di Stato in servizio non commerciale. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 23: Se una nave da guerra non osserva le prescrizioni concernenti il mare territoriale e rifiuta l invito di conformarvisi, lo Stato costiero può espellerla dal mare territoriale. E evidente come, anche il questo caso, la disciplina adottata a Montego Bay approfondisca molti aspetti e detti una disciplina molto più complessa e articolata. 55 UNCLOS, art. 30: Inosservanza da parte di una nave da guerra delle leggi e dei regolamenti dello Stato costiero Se una nave da guerra non si attiene alle leggi e ai regolamenti dello Stato costiero relativi al passaggio attraverso il suo mare territoriale, e ignora la richiesta di adeguarvisi, lo Stato costiero può pretendere che essa abbandoni immediatamente il mare territoriale. 56 UNCLOS, art. 31: Responsabilità dello Stato di bandiera per danni causati da una nave da guerra o altra nave di Stato in servizio non commerciale Lo Stato di bandiera si assume la responsabilità internazionale per ogni perdita o danno derivante allo Stato costiero dall inosservanza di una nave da guerra o altra nave di Stato in servizio non commerciale delle leggi o dei regolamenti dello Stato costiero concernenti il passaggio nel mare territoriale o delle disposizioni delle presente convenzione, o di altre norme del diritto internazionale. 35

42 Capitolo 1 Il Governo del mare prevenire e reprimere le violazioni alle leggi di polizia doganale, fiscali, sanitarie o di immigrazione vigenti sul suo territorio o nelle sue acque territoriali. 57 La Convenzione di Ginevra del 1958, nel riconoscere l istituto della Zona attigua ne fissò l estensione in 12 miglia a partire dalla linea di base, entro le quali veniva riconosciuta allo Stato costiero la facoltà di effettuare dei controlli sui natanti in sosta o in transito al fine di: a) Prevenire la violazione delle leggi in materia di polizia doganale, fiscale, sanitaria e di immigrazione; b) Reprimere le stesse violazioni se commesse nel suo territorio o nel mare territoriale. E la disciplina prevedeva, inoltre, che nel caso di vicinanza di due Stati la zona contigua e in assenza di diverso accordo, la sua zona contigua dovesse essere limitata dalla linea mediana equidistante tra le rispettive linee di base. 58 La nuova codificazione adottata dalla Convenzione di Montego Bay amplia la zona contigua marittima fino alla distanza di 24 miglia marine misurate dalla linea di base, ed omette ogni riferimento alla delimitazione di tale zona tra Stati con coste adiacenti o contrapposte. 59 Proprio l omissione nella definizione spaziale della zona contigua fra Stati adiacenti o contrapposti, almeno nei casi in cui non venga istituita la zona economica esclusiva, permette di sottolineare come elemento di novità rispetto alla Convenzione di Ginevra del 1958, il carattere funzionale di questo spazio marittimo. Infatti, con questa possibile condivisione di tale zona da parte di più Stati, la comunità internazionale ha voluto concedere a tutti i governi interessati la possibilità di agire. 57 UNCLOS, art. 33 comma 1: Zona contigua 1. In una zona contigua al suo mare territoriale, denominata «zona contigua», lo Stato costiero può esercitare il controllo necessario al fine di: a) Prevenire le violazioni delle proprie leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari e di immigrazione entro il suo territorio o mare territoriale; b) Punire le violazioni delle leggi e regolamenti di cui sopra, commesse nel proprio territorio o mare territoriale. La disciplina riprende la Ginevra I, art. 24 comma 1: 1. Sulla zona di alto mare attigua a quello territoriale, lo Stato costiero può svolgere la vigilanza necessaria per: a) Prevenire le contravvenzioni alle sue leggi doganali, fiscali, sanitarie o concernenti l immigrazione sul suo territorio o mare territoriale; b) Punire dette contravvenzioni se commesse sul suo territorio o mare territoriale. 58 La disciplina riprende la Ginevra I, art. 24 comma 2-3: 2. La zona attigua non può superare la larghezza di 24 miglia misurate dalla linea base che stabilisce l estensione del mare territoriale. 3. Salvo accordo contrario, gli Stati costieri adiacenti o dirimpettai non possono estendere la loro zona attigua oltre la mediana fra i punti delle linee base da cui si stabilisce il mare territoriale di ciascuno Stato. 59 UNCLOS, art. 33 comma 2: 2. La zona contigua non può estendersi oltre 24 miglia marine dalla linea di base da cui si misura la larghezza del mare territoriale. 36

43 Capitolo 1 Il Governo del mare Va comunque rilevato che la zona contigua, o l insieme di poteri esercitabili nel suo ambito, non costituiscono variazioni del regime giuridico dell alto mare, e quindi non negano il principio della libertà dei mari, ma ne propongono solamente una limitazione funzionale. La zona contigua costituisce una porzione dell alto mare da ciò deriva che all interno di essa le navi e gli aeromobili di tutte le nazionalità godono della piena libertà di navigazione e di sorvolo, e che i battelli stranieri possono esercitare la pesca a meno che lo Stato costiero non abbia proclamato una zona riservata di pesca in favore dei propri cittadini. Le navi da guerra possono, in particolare, svolgere attività operative e di addestramento che prevedano anche l uso di armi, senza che lo Stato costiero possa pretendere di intervenire. Il nuovo diritto del mare ha staccato la zona contigua dall alto mare, creandone una fascia di giurisdizione separata, ma sostanzialmente, come abbiamo avuto modo di vedere, ha confermato la disciplina precedente. La zona contigua di uno Stato, per poter esistere, deve essere formalmente proclamata mediante una legge nazionale dello Stato costiero. Nel Mediterraneo hanno formalmente istituito zone contigue soltanto il Marocco, Malta, la Francia e l Egitto. Piattaforma continentale Gli anni successivi alla seconda guerra mondiale furono segnati da un forte sviluppo tecnologico, anche nell ambito delle ricerche oceanografiche, e da una volontà sempre più ferma degli Stati di impossessarsi di ulteriori porzioni di sottosuolo marino dove poter trovare utili e preziose risorse minerarie. La lunga strada che condusse al riconoscimento normativo della piattaforma continentale 60, prese avvio con un trattato, siglato tra Inghilterra e Venezuela il 26 febbraio 1942 a Caracas, col quale i due Governi si spartivano le aree di competenza del Golfo di Paria per assicurarsene lo sfruttamento. 60 Da un punto di vista teorico il concetto di piattaforma continentale venne indicato per la prima volta come tale agli inizi del secolo scorso, in riferimento alla necessità di una maggiore estensione del mare territoriale in vista di un più intenso sfruttamento delle risorse biologiche. Il concetto fu formulato nel 1916 dall oceanografo Odon de Buen al congresso nazionale della pesca, tenuto a Madrid. Egli proponeva appunto di estendere il mare territoriale, seppur limitatamente ai fini della pesca, ad una zona marina da indicare come piattaforma continentale. La proposta però non sortì il successo sperato e non portò agli effetti desiderati. 37

44 Capitolo 1 Il Governo del mare Tre anni dopo, l argomento si pose all attenzione della comunità internazionale, quando il Presidente americano Truman, in una dichiarazione ufficiale del 28 settembre 1945 si appropriò della potestà e del controllo sulle risorse naturali presenti nella piattaforma continentale adiacente alle acque territoriali statunitensi. Tutto ciò come naturale conseguenza del fatto che gli Stati Uniti consideravano la piattaforma continentale come il naturale prolungamento in mare delle terre emerse 61 e quindi di ovvia appartenenza al proprio governo, senza però voler pregiudicare in alcun modo il principio della libertà dell alto mare. Ma se gli Stati Uniti avevano inteso differenziare il regime del fondo e del sottofondo da quello della superficie sovrastante, monopolizzando i primi e lasciando invece libera l altra, altri Paesi ritennero di prendere pretesto dalla dichiarazione di Truman per estendere la propria sovranità su una fascia di mare di 200 miglia, senza alcuna differenziazione rispetto alla disciplina vigente nel mare territoriale. Si ebbe così, ad esempio, la Dichiarazione di Santiago del 1952, con la quale Cile, Perù e Ecuador ritennero di spostare il confine delle proprie acque territoriali fino ad un limite di 200 miglia, sia pure a fini di pesca. Analoghe iniziative furono poi adottate da altri Stati dell America centro-meridionale quali il Brasile, l Argentina, Panama ed El Salvador. Da questa prassi degli Stati si formò rapidamente una norma consuetudinaria, facilitata, tra l altro, dal celere sviluppo delle tecniche di esplorazione, perforazione ed estensione dei prodotti idrocarburici del sottosuolo marino, che resero possibile lo sfruttamento dei bacini minerari a sempre maggiore distanza dalle coste e a più elevate profondità. Divenne, quindi, fondamentale l intervento normativo della comunità internazionale che nella Conferenza di Ginevra del 1958 siglò un apposita convenzione 62 che aveva lo scopo, da un lato, di dichiarare lo stato del diritto internazionale o consuetudinario in materia e, dall altro, di creare norme vincolanti per gli Stati che avessero ratificato la Convenzione. 61 La nozione geologica di piattaforma continentale è quella di una piana sommersa che degrada dolcemente a partire dalla linea di costa, verso il largo, sino al punto in cui l inclinazione aumenta considerevolmente per poi sprofondare nella scarpata continentale ai piedi della quale inizia la zona di sedimentazione rocciosa denominata risalita continentale. Tale margine non comprende, quindi, il fondo degli abissi con le dorsali marine e il relativo sottofondo. 62 Non essendo stato possibile reperire una traduzione ufficiale della Convenzione di Ginevra in lingua italiana, si riporteranno i riferimenti in lingua inglese, per non comprometterne il significato con una traduzione non autorizzata. 38

45 Capitolo 1 Il Governo del mare In particolare, venne stabilito che l espressione piattaforma continentale doveva riferirsi solo al fondo e al sottofondo marini, con esclusione del mare epicontinentale e dello spazio aereo sovrastante, riconoscendo agli Stati una sovranità funzionale limitata quindi allo sfruttamento delle ricchezze del fondo e sottofondo marino 63. Inoltre, si cercò di ovviare all iniquo criterio geografico, fino ad allora utilizzato, in base al quale all estesa piattaforma propria di alcuni Stati faceva riscontro la mancanza della medesima al largo di altri 64, oppure la presenza di profonde fosse che separavano la piattaforma dalla costa 65. Per questo motivo la comunità internazionale decise di discostarsi dai criteri puramente geografici adottando il criterio della sfruttabilità, cioè attribuendo allo Stato costiero le risorse del suolo marino anche a profondità notevoli, purché effettivamente sfruttabili 66. Questo criterio però poneva in essere l ulteriore problema di delimitare la piattaforma continentale tra Stati che si fronteggiavano o tra Stati contigui. L art della Convenzione di Ginevra stabiliva il criterio dell equidistanza sia nel caso di delimitazione frontale che di delimitazione laterale in base al quale la linea di confine doveva corrispondere ad una linea i cui punti fossero equidistanti dai corrispondenti punti delle 63 CONFORTI B., op. cit., p.253. Ginevra IV, art. 1: For the purpose of these articles, the term continental shelf is used as referring (a) to the seabed and subsoil of the submarine areas adjacent to the coast but outside the area of the territorial sea, to a depth of 200 metres or, beyond that limit, to where the depth of the superjacent waters admits of the exploitation of the natural resources of the said areas; (b) to the seabed and subsoil of similar submarine areas adjacent to the coasts of island. 64 Ne sono un esempio il Cile e il Perù. 65 Ne è un esempio la Norvegia 66 CONFORTI B., op. cit., p.253. L art. 1 della Convenzione di Ginevra stabilisce pertanto che per piattaforma continentale deve intendersi il suolo e il sottosuolo delle regioni marine adiacenti alle coste fino ad una profondità di 200 mt (fin qui la nozione geologica) oppure al di là di tale limite, fin dove la profondità delle acque sovrastanti consente lo sfruttamento delle risorse naturali delle dette regioni. A parte l incertezza di una norma del genere e a parte il fatto che essa non ha mai corrisposto al diritto consuetudinario, c è da notare che, per i rapidissimi progressi della tecnica che hanno reso non più utopistica la stessa utilizzazione degli abissi marini, il criterio della sfruttabilità finirebbe con l attribuire agli Stati costieri un potere davvero enorme ed illimitato. Questo portò all istituzione della zona economica esclusiva. 67 Ginevra IV, art. 6: 1. Where the same continental shelf is adjacent to the territories of two or more States whose coasts are opposite each other, the boundary of the continental shelf appertaining to such States shall be determined by agreement between them. In the absence of agreement, and unless another boundary line is justified by special circumstance, the boundary is the median line, every point of which is equidistant from the nearest points of the baselines from which the breath of the territorial sea of each State is measured. 2. Where the same continental shelf is adjacent to the territories of two adjacent States, the boundary of the continental shelf shall be determined by agreement between them. In the absence of agreement, and unless another boundary line is justified by special circumstances, the boundary shall be determined by application of the principle of equidistance from the nearest points of the baselines from which the breadth of the territorial sea of each State is measured. 3. In delimiting the boundaries of the continental shelf, any lines which are drawn in accordance with the principles set out in paragraph 1 and 2 of this article should be 39

46 Capitolo 1 Il Governo del mare linee di base dei due Stati interessati, a meno che non intervenissero diversi accordi di delimitazione deroganti in tutto o in parte al principio dell equidistanza. Fig Linea mediana tracciata col criterio dell equidistanza (Fonte: Caffio F., op.cit., Glossario voce Linea di equidistanza ) Nel 1982, in conseguenza all evolversi della prassi e della giurisprudenza internazionale, la materia venne ripresa e aggiornata nella Convenzione di Montego Bay in cui occupa l intera Parte VI, negli articoli dal 76 all 85. Innanzitutto, venne elaborata una definizione più complessa e precisa 68 di piattaforma continentale e vennero soprattutto articolati con maggiore precisione i diritti e le limitazioni esistenti in capo agli Stati. defined with reference to chart and geographical features as they exist at a particular date, and reference should be made to fixed permanent identifiable points on the land. 68 UNCLOS, art. 76: Definizione della piattaforma continentale. 1. La piattaforma continentale di uno Stato costiero comprende il fondo e il sottosuolo delle aree sottomarine che si estendono al di là del suo mare territoriale attraverso il prolungamento naturale del suo territorio terrestre fino all orlo esterno del margine continentale, o fino ad una distanza di 200 miglia marine dalle linee di base dalle quali si misura la larghezza del mare territoriale, nel caso che l orlo esterno del margine continentale si trovi a una distanza inferiore. 2. La piattaforma continentale di uno Stato costiero non si estende al di là dei limiti previsti dai numeri 4, 5, Il margine continentale comprende il prolungamento sommerso della massa terrestre dello Stato costiero e consiste nel fondo marino e nel sottosuolo della piattaforma, della scarpata e della risalita. Non comprende gli alti fondali oceanici con le loro dorsali oceaniche né il loro sottosuolo. 4. a) Ai fini della presente convenzione, lo Stato costiero definisce l orlo esterno del margine continentale ogni qualvolta questo si 40

47 Capitolo 1 Il Governo del mare L attuale disciplina prevede che quella piattaforma continentale lo Stato costiero esercita la sua sovranità indipendentemente da una sua occupazione effettiva o fittizia del territorio sottomarino o da una qualsiasi specifica proclamazione 69. La sua sovranità non è però totale come quella nei confronti del territorio terrestre, ma essa ha per oggetto, invece, soltanto i diritti funzionali-spaziali allo scopo di esplorarla e di sfruttare le risorse naturali 70. Entro tali limiti però i diritti dello Stato sono esclusivi nel senso che se anche lo Stato costiero non esplora in concreto la piattaforma o non ne sfrutta le risorse, nessun altro può intraprendere le medesime attività o rivendicare un qualsivoglia diritto sulla piattaforma stessa 71. estende oltre 200 miglia marine dalle linee di base dalle quali si misura la larghezza del mare territoriale, mediante: i. Una linea tracciata conformemente al numero 7 in riferimento ai punti fissi più esterni, in ciascuno dei quali lo spessore delle rocce sedimentarie sia pari ad almeno l 1% della distanza più breve tra il punto considerato e il piede della scarpata continentale; oppure ii. Una linea tracciata conformemente al numero 7 in riferimento a punti fissi situati a non più di 60 miglia marine dal piede della scarpata continentale; b) in assenza di prova contraria, il piede della scarpata continentale coincide con il punto del massimo cambiamento di pendenza alla base della scarpata. 5. I punti fissi che definiscono la linea che indica il limite esterno della piattaforma continentale sul fondo marino, tracciata conformemente al numero 4, a), i) e ii), vengono fissati a una distanza non superiore a 100 miglia marine dall isobata dei metri, che è la 1 linea che collega i punti dove la profondità delle acque è pari a metri. 6. Nonostante le disposizioni del numero 5, nelle dorsali sottomarine il limite esterno della piattaforma continentale non supera la distanza di 350 miglia marine dalle linee di base dalle quali si misura la larghezza del mare territoriale. Il presente numero 6 non si applica alle elevazioni sottomarine che sono elementi naturali del margine continentale, quali tavolati, rialzi, duomi, banchi o speroni. 7. Lo Stato costiero definisce il limite esterno della propria piattaforma continentale, quando tale piattaforma si estende al di là di 200 miglia marine dalle linee di base dalle quali si misura la larghezza del mare territoriale, per mezzo di linee diritte di lunghezza non superiore a 60 miglia marine che collegano punti fissi definiti da coordinate in latitudine e longitudine. 8. Lo Stato costiero sottopone alla Commissione sui Limiti della Piattaforma Continentale, istituita conformemente all Allegato II, dati e notizie sui limiti della propria piattaforma continentale, quando questa si estende oltre 200 miglia marine dalle linee di base dalle quali si misura la larghezza del mare territoriale, sulla base di una rappresentanza geografica imparziale. La Commissione fornisce agli Stati costieri raccomandazioni sulle questioni relative alla determinazione dei limiti esterni della loro piattaforma, fissati da uno Stato costiero sulla base di tali raccomandazioni, sono definitivi e vincolanti. 9. Lo Stato costiero deposita presso il Segretario Generale delle Nazioni Unite le carte nautiche e le informazioni pertinenti, inclusi i dati geodetici che descrivono in modo definitivo il limite esterno della sua piattaforma continentale. Il Segretario Generale dà adeguata pubblicità a tali documenti. 10. Le disposizioni del presente articolo sono senza pregiudizio per la delimitazione della piattaforma continentale tra Stati con coste opposte o adiacenti. 69 UNCLOS, art. 77, comma 3: 3. I diritti dello Stato costiero sulla piattaforma continentale non dipendono dall occupazione effettiva o fittizia o da qualsiasi specifica proclamazione. Ginevra IV, art. 2, comma 3: 3. The rights of the coastal State over the continental shelf do not depend on occupation, effective or notional, or any express proclamation. 70 UNCLOS, art. 77, comma 1: 1. Lo Stato costiero esercita sulla piattaforma continentale diritti sovrani allo scopo di esplorarla e sfruttarne le risorse naturali. 71 UNCLOS, art. 77, comma 2: 2. I diritti indicati al numero 1 sono esclusivi nel senso che, se lo Stato costiero non esplora la piattaforma continentale o non ne sfrutta le risorse, nessun altro può intraprendere tali attività senza il suo espresso consenso. Ginevra IV, art. 2, commi 1-2: 1. The coastal State exercise over the continental shelf sovereign rights for the purpose of exploring it and exploiting its natural resources. 2. The rights referred to in paragraph 1 of this article are exclusive in the sense that if the coastal State does not explore the continental shelf or exploit its natural resources, no one may undertake these activities, or make a claim to the continental shelf, without the express consent of the coastal State. 41

48 Capitolo 1 Il Governo del mare La delimitazione del diritto dello Stato costiero non poteva ovviamente, prescindere dalla precisazione delle risorse naturali il cui sfruttamento spetta allo Stato medesimo. Per risorse naturali devono intendersi sia le risorse minerali e altre risorse appartengono alle specie sedentarie, ossia a quegli organismi che, allo stadio di sviluppo nel quale possono essere pescati, sono immobili sul fondo o sotto il fondo, oppure sono incapaci di spostarsi se non rientrando in continuo contatto fisico con il fondo marino o con il suo sottosuolo 72. Restano cioè escluse dal diritto di sfruttamento esclusivo tutte le specie animali che si spostano nell acqua e che formano oggetto di pesca. La pesca di tali specie è libera anche nel mare sovrastante la piattaforma continentale, il quale ha perciò, sotto questo profilo, lo stesso regime giuridico dell alto mare. È quindi evidente che la sovranità dello Stato costiero non si estende alle acque, ma solo al fondo del mare 73. Ciò precisato, però, vanno evidenziate alcune limitazioni che si applicano ai diritti dello Stato costiero, derivanti dal danno che l utilizzazione della piattaforma da parte sua può arrecare ad altri Stati. La Convenzione di Montego Bay si è a questo proposito preoccupata di salvaguardare quei principi di libertà del mare che costituiscono uno degli aspetti di maggior rilievo e più antichi del diritto del mare. Pur concedendo il diritto di esplorare e sfruttare la piattaforma, la Convenzione dispone, infatti, in primo luogo, che tale diritto deve essere esercitato senza intralciare le comunicazioni che di solito avvengono per vie marine. Il primo limite all uso della piattaforma è pertanto quello di non impedire la posa e la manutenzione di cavi e di pipe-lines sottomarini su di essa 74. Ed è una limitazione 72 UNCLOS, art. 77, comma 4: 4. Le risorse naturali indicate nella presente Parte consistono nelle risorse minerali e altre risorse non viventi del fondo marino e del sottosuolo come pure negli organismi viventi appartenenti alle specie sedentarie, cioè organismi che, allo stadio adulto, sono immobili sul fondo o sotto il fondo, oppure sono incapaci di spostarsi se non restando in continuo contatto fisico con il fondo marino o con il suo sottosuolo. Ginevra IV, art. 2, comma 4: 4. The natural resources referred to in these articles consist of the mineral and other non-living resources of the seabed and subsoil together with living organisms belonging to sedentari species, that is to say, organism which, at the harvestable stage, either are immobile on or under the seabed or are unable to move except in constant physical contact with the seabed or the subsoil. 73 UNCLOS, art. 78, comma 2: 2. L esercizio dei diritti dello Stato costiero sulla piattaforma continentale, non deve impedire la navigazione o produrre alcuna ingiustificata interferenza nei riguardi di essa e di altri diritti e libertà di altri Stati, sanciti dalla presente Convenzione. Ginevra IV, art. 3: The rights of the coastal State over the continental shelf do not affect the legal status of the superjacent waters as high seas, or that of the airspace above those waters. Ginevra IV, art. 5, comma 1: 1. The exploration of the continental shelf and the exploitation of its natural resources must not result in any unjustifiable interference with navigation, fishing or the conservation of the living resources of the sea, nor result in any interference with fundamental oceanographic or scientific research carried out with the intention of open publication. 74 UNCLOS, art. 79: 1. Tutti gli Stati hanno il diritto di posare cavi e condotte sottomarine sulla piattaforma continentale, conformemente alle disposizioni del presente articolo. 2. Subordinatamente al suo diritto di adottare ragionevoli misure per l esplorazione della piattaforma continentale, lo sfruttamento delle sue risorse naturali e la prevenzione, riduzione e controllo dell inquinamento causato dalle condotte, lo Stato costiero 42

49 Capitolo 1 Il Governo del mare necessaria, dato che nella maggior parte dei casi tali cavi o tubi vengono posti a profondità raggiungibile, per ovvie ragioni di manutenzione. Un secondo limite è rappresentato dal fatto che lo sfruttamento della piattaforma non deve avere come effetto quello di intralciare in modo ingiustificato la navigazione 75, né la pesca marina, né lo svolgimento di ricerche scientifiche a fini industriali: la Convenzione precisa, a questo riguardo, che deve trattarsi di ricerche effettuate con l intenzione di pubblicarne i risultati. Ciò non significa che lo Stato costiero non possa costruire manufatti o dispositivi stabili sulla piattaforma continentale o sul mare che la sovrasta. Un divieto di questo genere significherebbe l annullamento del diritto di sfruttamento della piattaforma stessa 76. È evidente, invero, che il suo sfruttamento è di regola possibile soltanto mediante la costruzione di opere fisse. Si pensi, in particolare, all aspetto rivelatosi finora importante dello sfruttamento della piattaforma continentale, vale a dire della estrazione di oli minerali dal sottosuolo marino che non può essere condotta senza la costruzione di galleggianti fissi (navi o zattere ancorate al fondo) cui facciano capo i tubi collegati col sottosuolo marino nei luoghi di trivellazione. Le opere fisse devono però evitare di intralciare le normali rotte marine, e devono, comunque, essere segnalate in modo adeguato mediante l adozione di dispositivi di sicurezza e la creazione di zone di sicurezza dalle quali le navi battenti qualsiasi bandiera sono tenute a rimanere al di fuori 77. non può impedire la posa o la manutenzione di tali cavi o condotte. 3. Il percorso delle condotte posate sulla piattaforma continentale è subordinata al consenso dello Stato costiero. 4. Nessuna disposizione della presente Parte pregiudica il diritto dello Stato costiero di stabilire condizioni per i cavi e le condotte che entrano nel suo territorio o mare territoriale, né pregiudica la sua giurisdizione su cavi e condotte installate o utilizzate nel quadro dell esplorazione della sua piattaforma continentale, o lo sfruttamento delle sue risorse, o l impiego di isole artificiali, installazioni e strutture già sotto la sua giurisdizione. 5. In occasione della posa di cavi e condotte sottomarine, gli Stati debbono tenere dovuto conto dei cavi e delle condotte già in posizione. In particolare non deve essere pregiudicata la possibilità di riparare quelli già esistenti. 75 UNCLOS, art. 78, comma 2: L esercizio dei diritti dello Stato costiero sulla piattaforma continentale non pregiudicano il regime giuridico delle acque e dello spazio aereo sovrastanti. 76 UNCLOS, art. 81: Lo Stato costiero ha il diritto esclusivo di autorizzare e regolamentare le perforazioni nella piattaforma continentale, qualunque sia il loro scopo. 77 Ginevra IV, art. 5, commi 2-8: 2. Subject to the provisions of paragraphs 1 and 6 of this article, the coastal State is entitled to construct and maintain or operate on the continental shelf installations and other devices necessary for its exploration and the exploitation of its natural resources, and to establish safety zones around such installations and devices and to take in those zones measures necessary for their protection. 3. The safety zones referred to in paragraph 2 of this article may extend to a distance of 500 metres around the installations and other devices which have been erected, measures from each point of their outer edge. Ships of all nationalities must respect these safety zones. 4. Such installation and devices, though under the jurisdiction of the coastal State, do not possess the status of islands. They have no territorial sea of their presence does not affect the delimitation of the territorial sea of the coastal State. 5. Due notice must be given of the construction of any such installations, and permanent means for giving warning of their presence must be maintained. Any installation which are abandoned or disused must be entirely removed. 6. Neither the installation or device, nor the safety zones around them, may be established where interference may be caused to the use of recognized sea lanes essential to international navigation. 7. The coastal State is obliged to undertake, in the safety zones, all appropriate measures for the protection of the living resources 43

50 Capitolo 1 Il Governo del mare La teorica illimitatezza della piattaforma, qualora lo Stato costiero disponga dei mezzi tecnici idonei a sfruttare il fondo del mare a qualsiasi profondità, incontra un unico ostacolo quando le medesime possibilità tecniche siano possedute da un altro Stato che fronteggia il mare non raggiunga mai la profondità di 200 mt. In questo caso la norma vigente è quella dell accordo, sulla base del diritto internazionale, in modo da raggiungere una soluzione equa. Le lunghe discussioni seguite all adesione del precedente criterio dell equidistanza portarono la comunità internazionale a pronunciarsi caso per caso, fino alla conclusione, ispirata anche a motivi pratici, della Corte Internazionale di Giustizia, per la quale la delimitazione dei confini della piattaforma continentale doveva avvenire mediante un accordo fra gli Stati interessati e che tale accordo doveva ispirarsi al principio di equità. Sul primo punto non si può che convenire, una volta negato il carattere vincolante al criterio dell equidistanza. Ma il Conforti 78 dubita sulla validità di subordinare l accordo all equità. Infatti, se e quando un accordo di delimitazione è concluso, esso resta valido, equi od iniqui che siano i criteri applicati, a meno di non ritenere che l equità assurga nella specie a regola di jus cogens, il che sembra da escludere. E prima che l accordo sia concluso, è difficile immaginare che gli Stati siano vincolati ad una qualche soluzione determinata. Occorre peraltro riconoscere che la Corte, rifacendosi all equità e tenendo conto delle particolarità geografiche che possono incidere in varia misura sulla delimitazione, ha finito con l indicare una serie di criteri pratici (come la proporzionalità fra l estensione delle zone della piattaforma attribuite a ciascuno Stato e la lunghezza delle coste rispettive, l eliminazione degli effetti distorti provocati dalle isole dell uno o dell altro Stato, la divisione in parti uguali delle zone di piattaforma che si accavallano, ecc.) che possono essere tenuti presenti utilmente, ma non obbligatoriamente, da chi debba procedere alla delimitazione in veste di arbitro o di negoziatore. Nella delimitazione dovrà tenersi conto delle carte geografiche esistenti a una determinata data e si dovrà far menzione di punti di riferimento fissi e permanenti a terra. Come già detto in precedenza, le regole finora delineate appartengono al diritto internazionale, e pertanto valevoli anche per quegli Stati che non abbiano ratificato la Convenzione di Montego Bay. of the sea from harmful agents. 8. The consent of the coastal State shall be obtained in respect of any research concerning the continental shelf and undertaken there. Nevertheless the coastal State shall not normally withhold its consent if the request is submitted by a qualified institution with a view to purely scientific research into the Physical or biological characteristic of the continental shelf, subject to the proviso that the coastal State shall have the right, if it so desires, to participate or to be represented in the research, and that in any event the results shall be published CONFORTI B., op. cit., p

51 Capitolo 1 Il Governo del mare C è infine da rilevare una carenza della suddetta disciplina, che non dispone alcunché in ordine alle modalità di esercizio delle attività di esplorazione e di sfruttamento della piattaforma da parte dello Stato costiero. È quindi necessario il ricorso a dei supporti legislativi nazionali che colmino tale lacuna 79. Zona economica esclusiva La zona economica esclusiva è un istituto previsto per la prima volta dalla Convenzione di Montego Bay, a seguito di forti pressioni avanzate in epoche recenti dagli Stati costieri al fine di ottenere una estensione delle zone di pesca esclusive attigue alle proprie acque territoriali. Essa viene definita all interno della Convenzione di Montego Bay nell art. 55, come area posta al di là del mare territoriale e ad esso adiacente che si estende fino a 200 mg marine verso il largo a partire dalle linee di base 80. L istituzione della zona economica esclusiva non è un attributo necessario e automatico di uno Stato costiero, ma, al contrario, necessita di una precisa determinazione in tal senso che deve essere esplicitamente proclamata. In tale area lo Stato costiero esercita i suoi diritti sovrani a scopo di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse naturali, viventi e non viventi, del fondale marino, nonché del sottosuolo e delle acque sovrastanti Solo a titolo di esempio si ricordano i testi legislativi che riguardano l Italia, e in particolare la L. 21 luglio 1967, n. 613, sulla ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale, e il D.P. 30 dicembre 1969, n. 1366, modificativo della precedente. 80 UNCLOS, art. 55: Regime giuridico specifico della zona economica esclusiva La zona economica esclusiva è la zona al di là del mare territoriale e ad esso adiacente, sottoposta allo specifico regime giuridico stabilito nella presente Parte, in virtù del quale i diritti e la giurisdizione dello Stato costiero, e i diritti e la libertà degli altri Stati, sono disciplinati dalle pertinenti disposizioni della presente Convenzione. Art. 57: Larghezza della zona economica esclusiva La zona economica esclusiva non si estende al di là di 200 miglia marine dalle linee di base da cui viene misurata la larghezza del mare territoriale. CONFORTI B., op. cit., p UNCLOS, art. 56: Diritti, giurisdizione e obblighi dello Stato costiero nella zona economica esclusiva 1. Nella zona economica esclusiva lo Stato costiero gode di: a) Diritti sovrani sia ai fini dell esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche e non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativi sottosuolo, sia ai fini di altre attività connesse con l esplorazione e lo sfruttamento economico della zona, quali la produzione di energia derivata dall acqua, dalle correnti e dai venti; b) Giurisdizione conformemente alle pertinenti disposizioni della presente Convenzione, in materia di: i. Installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture; ii. Ricerca scientifica marina; iii. Protezione e preservazione dell ambiente marino; c) Atri diritti e doveri previsti dalla presente Convenzione. 45

52 Capitolo 1 Il Governo del mare Analoghi diritti possono essere esplicati dallo Stato costiero con riferimento a qualsiasi attività connessa all utilizzazione ed allo sfruttamento della ZEE, come per esempio la produzione di energia idroelettrica, generata dalle correnti, o dal differenziale termico tra acque superficiali e profonde, o dai venti. Allo stesso tempo, però, la comunità internazionale ha disposto che la ZEE non costituisca oggetto di sovranità assoluta dello Stato costiero, e che gli altri Stati possano continuare ad esercitare talune libertà connesse al regime vigente nell alto mare, quali la libertà di navigazione, di sorvolo, e quella di posa di cavi e condotte sottomarine 82. Lo Stato costiero ha inoltre il diritto di regolamentare la posa di cavi, condotte o oleodotti che giungano fino al suo mare territoriale, può costruire, autorizzare e regolamentare l uso e l attività di isole artificiali, installazioni e strutture per fini economici 83 e può in ogni caso prevedere che attorno ad esse siano stabilite opportune 2. Nell esercitare i propri diritti e assolvere i propri doveri nella zona economica esclusiva conformemente alla presente Convenzione, lo Stato costiero tiene in debito conto i diritti e doveri degli altri Stati, e agisce in modo coerente con la presente Convenzione. 3. I diritti enunciati nel presente articolo relativamente al fondo del mare e al suo sottosuolo, vengono esercitati conformemente alla Parte IV. 82 UNCLOS, art. 58: Diritti e obblighi degli altri Stati nella zona economica esclusiva 1. Nella zona economica esclusiva tutti gli Stati, sia costieri sia privi di litorale, godono, conformemente alle specifiche disposizioni della presente Convenzione, delle libertà di navigazione e di sorvolo, di posa in opera di condotte e cavi sottomarini, indicate all articolo 87, e di altri usi del mare, leciti in ambito internazionale, collegati con tali libertà, come quelli associati alle operazioni di navi, aeromobili, condotte e cavi sottomarini, e compatibili con altre disposizioni della presente Convenzione. 2. Gli articoli da 88 a 115 e le altre norme pertinenti di diritto internazionale si applicano alla zona economica esclusiva purché non siano incompatibili con la presente Parte. 3. Nell esercitare i propri diritti e nell adempiere i propri obblighi nella zona economica esclusiva conformemente alla presente Convenzione, gli Stati tengono in debito conto i diritti e gli obblighi dello Stato costiero conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, sia le altre norme del diritto internazionale purché non siano incompatibili con la presente Parte. 83 UNCLOS, art. 60: Isole artificiali, installazioni e strutture nella zona economica esclusiva 1. Nella zona economica esclusiva lo Stato costiero gode del diritto esclusivo di costruire e di autorizzare e disciplinare la costruzione, la conduzione e l utilizzo di: a) Isole artificiali; b) Installazioni e strutture e strutture realizzate per gli scopi previsti dall articolo 56 e per altri fini economici; c) Installazioni e strutture che possano interferire con l esercizio dei diritti dello Stato costiero nella zona. 2. Lo Stato costiero ha giurisdizione esclusiva su tali isole artificiali, installazioni e strutture, anche in materia di leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari, di sicurezza e di immigrazione. 3. Debito preavviso deve essere dato dalla costruzione di tali isole artificiali, installazioni e strutture, e debbono essere predisposte attrezzature permanenti per segnalarne la presenza. Le installazioni o strutture che siano state abbandonate o disattivate, debbono essere rimosse per garantire la sicurezza della navigazione, tenuto conto di ogni disposizione internazionale generalmente accettata, emanata a questo proposito dalla competente organizzazione internazionale. Tale rimozione viene effettuata tenendo in debito conto anche la pesca, la protezione dell ambiente marino e i diritti e obblighi degli altri Stati. Adeguata informazione vienedata in merito alla profondità, alla posizione e alle dimensioni di qualunque installazione o struttura che non sia stata completamente rimossa. 4. In caso di necessità lo Stato costiero può istituire, intorno a tali isole artificiali, installazioni e strutture, ragionevoli zone di sicurezza all interno delle quali possa adottare misure atte ad assicurare la sicurezza sia della navigazione sia delle stesse isole artificiali, installazioni e strutture. 5. La larghezza delle zone di sicurezza viene stabilita dallo Stato costiero, tenuto conto delle pertinenti norme internazionali. Tali zone vengono stabilite secondo criteri idonei a garantirne la ragionevole rispondenza alla natura e alla funzione delle isole artificiali, installazioni e strutture, e non si estendono altre la distanza di

53 Capitolo 1 Il Governo del mare zone di sicurezza. Su tali strutture lo Stato ha giurisdizione esclusiva con riferimento non solo alla disciplina della specifica attività cui essi sono destinati, ma anche in materia di polizia doganale, fiscale, sanitaria, di sicurezza e contro l immigrazione clandestina 84. L ampiezza delle zone di sicurezza potrà essere determinata tenendo conto degli standard internazionali e, in ogni caso, non potrà eccedere il limite segnato da una linea posta a 500 mt dal margine esterno delle isole, installazioni e strutture cui si riferiscono, salvo una espressa ed eccezionale deroga richiesta sulla base di specifiche leggi internazionali o raccomandata da organizzazioni competenti. Restrizioni alla libertà di navigazione possono essere imposte dallo Stato costiero solo ove questo voglia preservare i propri diritti sovrani sulle risorse naturali della zona economica esclusiva. Al di fuori di questi poteri esplicitamente regolati, lo Stato costiero non ha alcun potere di sottoporre a vincoli o restrizioni tutti gli altri usi legittimi del mare. Va inoltre segnalato che le ZEE non si possono considerare aree smilitarizzate o neutralizzate e pertanto non solo non sono proibite le manovre militari da parte di imbarcazioni straniere anche senza preventiva autorizzazione da parte dello Stato costiero, ma non devono ritenersi nemmeno interdette tutte le operazioni navali che comportino l uso della forza anche in zone economiche appartenenti a Stati neutrali, purché esse non interferiscano con i diritti di pesca o di sfruttamento di altre risorse da parte dello Stato costiero. Anche nella sfera dei diritti concessi allo Stato costiero, la comunità internazionale ha comunque previsto che anche i diritti spettanti allo Stato non possano essere esercitati in maniera indiscriminata o comunque tale da pregiudicare la migliore conservazione ed utilizzazione delle risorse biologiche esistenti nella sua zona economica esclusiva 85, e, in mt intorno ad esse, misurata da ciascun punto del loro bordo esterno, salvo quanto autorizzato dalle norme internazionali generalmente accettate o quanto raccomandato dalla competente organizzazione internazionale. Dall estensione delle zonedi sicurezza viene data opportuna informazione. 6. Tutte le navi debbono rispettare tali zone di sicurezza e si conformano alle norme internazionali generalmente accettate, relative alla navigazione in prossimità delle isole artificiali, installazioni, strutture e zone di sicurezza. 7. Non si possono mettere in opera isole artificiali, installazioni e strutture, né istituire le zone di sicurezza circostanti, quando ne possa derivare una interferenza con l utilizzo di corridoi riconosciuti, essenziali per la navigazione internazionale. 8. Le isole artificiali, le installazioni e le strutture non hanno lo status di isole. Non possiedono un proprio mare territoriale e la loro presenza non modifica la delimitazione del mare territoriale, della zona economica esclusiva o della piattaforma continentale. 84 Tali poteri coincidono con quelli riconosciuti dall art. 33 della Convenzione allo Stato costiero nella sua zona contigua, al fine di prevenire o reprimere violazioni alle citate leggi sul suo territorio o nel suo mare territoriale. 85 UNCLOS, art. 61: Conservazione delle risorse biologiche 1. Lo Stato costiero stabilisce il volume massimo delle risorse biologiche di cui è consentita la cattura nella sua zona economica esclusiva. 2. Lo Stato costiero, tenuto conto delle informazioni scientifiche più attendibili di cui dispone a tale scopo, assicura, attraverso misure appropriate di mantenimento e di utilizzo, che la conservazione delle risorse biologiche della zona economica esclusiva non sia messa in pericolo da uno sfruttamento eccessivo. Lo Stato 47

54 Capitolo 1 Il Governo del mare costiero e le competenti organizzazioni internazionali, sub-regionali, regionali o mondiali, collaborano a tal fine. 3. Tali misure mirano altresì a mantenere o a ricostituire le specie sfruttate a livelli tali da consentire la massima resa possibile nel rispetto dei fattori ecologici ed economici pertinenti, ivi compresi i bisogni delle comunità costiere dedite alla pesca e le esigenze particolari degli Stati in via di sviluppo, tenuto conto dei metodi di pesca, dell interdipendenza dei banchi e dei valori minimi internazionali generalmente raccomandati a livello sub-regionale o mondiale. 4. Nell adottare tali misure lo Stato costiero prende in considerazione gli effetti sulle specie associate o dipendenti da quelle che sono oggetto di pesca, al fine di conservare o ricostituire le popolazioni di tali specie associate o dipendenti al di sopra dei livelli ai quali la loro riproduzione può venire seriamente compromessa. 5. L informazione scientifica disponibile, le statistiche sul pescato e sull attività di pesca e qualsiasi altro dato rilevante per la conservazione dei banchi di pesce vengono diffusi e scambiati regolarmente attraverso le competenti organizzazioni internazionali, subregionali, regionali o mondiali laddove lo si ritenga appropriato e con la partecipazione di tutti gli Stati interessati, ivi compresi quelli di cui hanno nazionalità i soggetti che sono stati autorizzati a pescare nella zona economica esclusiva. UNCLOS, art. 62: Sfruttamento delle risorse biologiche 1. Lo Stato costiero promuove l obiettivo dello sfruttamento ottimale delle risorse biologiche nella zona economica esclusiva, senza pregiudizio dell articolo Lo Stato costiero determina la propria potenzialità di sfruttamento delle risorse biologiche della zona economica esclusiva. Quando lo Stato costiero non possiede i mezzi per pescare l intera quota consentita, esso deve, attraverso accordi o altre intese conformi ai termini, alle condizioni e alle leggi e regolamenti indicati al numero 4, concedere ad altri Stati l accesso all eccedenza della quota consentita con particolare riguardo alle disposizioni degli articoli 69 e 70, soprattutto in relazione ai paesi in via di sviluppo ivi menzionati. 3. Nel consentire agli altri Stati l accesso nella propria zona economica esclusiva conformemente al presente articolo, lo Stato costiero prende in considerazione tutti gli elementi pertinenti, ivi inclusi tra l altro l importanza che le risorse biologiche dell area rivestono per l economia e per altri interessi nazionali dello Stato costiero interessato; le disposizioni degli articoli 69 e 70; le esigenze degli Stati in via di sviluppo presenti nella sub-regione o regione, in relazione alla pesca di parte dell eccedenza; e la necessità di contenere al minimo gli scompensi economici negli Stati i cui soggetti che ne hanno la nazionalità abbiano abitualmente esercitato la pesca nella zona o abbiano dato un contributo sostanziale alla ricerca e alla identificazione dei banchi. 4. I soggetti aventi la nazionalità di altri Stati che esercitano la pesca nella zona economica esclusiva si attengono alle misure di conservazione e alle altre norme e condizioni stabilite dalle leggi e dai regolamenti dello Stato costiero. Tali leggi e regolamenti debbono essere conformi alla presente Convenzione, e possono avere per oggetto, tra l altro: a) Il rilascio di licenze ai pescatori, ai pescherecci e alle attrezzature, ivi compresi il pagamento di tariffe e altre forme di remunerazione che, nel caso di Stati costieri in via di sviluppo, può consistere in un adeguato contributo in materia di finanziamento, attrezzature e tecnologia dell industria della pesca; b) L individuazione delle specie che possono essere catturate, e la determinazione delle quote di cattura in relazione a particolari banchi o gruppi di banchi, o al pescato dei soggetti aventi la nazionalità di ciascuno Stato durante un periodo prestabilito; c) La regolamentazione delle stagioni e delle aree di pesca, dei tipi, dimensioni e quantità delle attrezzature, e dei tipi, dimensioni e numero dei pescherecci che possono essere utilizzati; d) La determinazione dell età e taglia del pesce e delle altre specie di cui è consentita la pesca; e) La definizione delle informazioni richieste ai pescherecci, ivi incluse le statistiche sul pescato e sulla attività di pesca nonché i rapporti sull ubicazione dei pescherecci; f) La necessità, subordinata all autorizzazione e al controllo dello Stato costiero, di condurre specifici programmi di ricerca sulla pesca e di disciplinarne l esecuzione, compresi il campionamento del pesce catturato, e la messa a disposizione dei campioni e dei rapporti sui relativi dati scientifici; g) L invio a bordo da parte dello Stato costiero, di osservatori e apprendisti; h) Lo scarico di tutto o parte del pescato da parte di tali pescherecci nei porti dello Stato costiero; i) I termini e le condizioni relative ad azioni di compartecipazione o altre forme di cooperazione; j) Le condizioni per la formazione del personale e per il trasferimento di tecnologie nel settore della pesca, ivi incluso il potenziamento delle capacità dello Stato costiero nel campo della ricerca sulla pesca; k) Procedure esecutive. 5. Gli Stati costiero danno debita diffusione alla normativa adottata in materia di conservazione e di gestione. 48

55 Capitolo 1 Il Governo del mare particolare, viene posta particolare attenzione al volume delle catture che deve essere tale da permettere il periodico ripopolamento delle specie e quindi proibire lo sfruttamento indiscriminato. Inoltre, tutte le misure progettate in relazione alla pesca e alla raccolta delle specie presenti nella zona economica esclusiva devono tendere al ripristino di un loro livello ottimale, tale da consentirne la massima resa possibile, sia tenendo conto dei fattori economico-ambientali, ivi incluse le esigenze delle comunità costiere dedite alla pesca o di eventuali Paesi in via di sviluppo ammessi a partecipare allo sfruttamento delle risorse della zona, sia dell eventuale esistenza di specie associate a quelle raccolte che potrebbero risentire in modo anche molto consistente di uno sfruttamento incontrollato. Qualora la massa di risorse biologiche disponibili sia superiore alla effettiva possibilità di raccolta dello Stato costiero, gli altri Paesi della stessa regione o sub-regione possono chiedere l accesso alla zona economica per sfruttarne l eccedenza, salvo restando il loro obbligo di sottostare alla disciplina imposta dallo Stato costiero sia per regolamentare il loro accesso alla zona e sia per stabilire le modalità con cui effettuare tale sfruttamento. Particolari disposizioni sono, inoltre, state previste per regolare la pesca di talune specie, che hanno richiesto un intervento specifico della comunità internazionale. Si tratta innanzitutto delle specie che vivono in banchi situati sulle linee di confine tra più zone economiche esclusive o al limite con aree esterne ad esse adiacenti, e che devono essere quindi sfruttate da più Stati costieri contemporaneamente, senza che i diritti di nessuno di essi vengano compromessi 86. Si passa poi alle specie altamente migratorie 87, che per loro natura sfuggono ad una rigida disciplina spaziale e che quindi richiedono la collaborazione 86 UNCLOS, art. 63: Banchi esistenti all interno delle zone economiche esclusive di due o più Stati costieri oppure presenti contemporaneamente all interno della zona economica esclusiva e in un area esterna ad essa adiacente 1. Quando lo stesso banco o più banchi di specie associate si trovano entro le zone economiche esclusive di due o più Stati costieri, questi ultimi cercano di concordare, sia direttamente sia attraverso le componenti organizzazioni sub-regionali o regionali, le misure necessarie per coordinare e assicurare la conservazione e lo sviluppo di tali banchi, senza pregiudizio delle altre disposizioni della presente Parte. 2. Quando lo stesso banco o più banchi di specie associate si trovano contemporaneamente nella zona economica esclusiva e in un area esterna ad essa adiacente, lo Stato costiero e gli Stati che sfruttano tali banchi situati nell area adiacente cercano di concordare, mediante trattative dirette o attraverso le competenti organizzazioni sub-regionali o regionali, le misure necessarie per la conservazione di tali banchi nell area adiacente. 87 UNCLOS, art. 64: Specie altamente migratorie 1. Lo Stato costiero e gli altri Stati, i cui soggetti che ne hanno la nazionalità esercitano la pesca delle specie altamente migratori ( ), cooperano, direttamente o attraverso le competenti organizzazioni internazionali, al fine di assicurare la conservazione e promuovere l obiettivo dell utilizzazione ottimale di tali specie nell intera regione, all interno e al di là della zona economica esclusiva. Nelle regioni per le quali non esistono idonee organizzazioni internazionali, lo Stato costiero e gli altri Stati i cui soggetti che ne hanno la nazionalità pescano tali specie nella regione, cooperano all istituzione di una tale organizzazione e partecipano ai suoi lavori. ( ). 49

56 Capitolo 1 Il Governo del mare di tutti gli Stati nelle cui zone economiche si spostano; ai mammiferi marini 88, la cui pesca è talvolta vietata da accordi internazionale, alle specie anadrome 89, che si spostano periodicamente dal mare alle acque dolci per riprodursi e, infine, alle specie catadrome 90, che, al contrario, vivono in acque dolci e si spostano verso il mare per deporre le uova. Anche per la zona economica esclusiva si pone il problema della delimitazione delle aree che spettano a ciascuno Stato nel caso di Paesi le cui coste siano adiacenti o contrapposte. La norma convenzionale 91 dispone che tale delimitazione debba essere 88 UNCLOS, art. 65: Mammiferi marini Nessuna disposizione della presente Parte limita il diritto di uno Stato costiero o la competenza di una organizzazione internazionale, a seconda dei casi, di interdire, limitare o regolamentare lo sfruttamento dei mammiferi marini con norme più restrittive di quelle previste nella presente Parte. Gli Stati cooperano al fine di garantire la conservazione dei mammiferi marini e in particolare operano attraverso le apposite organizzazioni internazionali, a vantaggio della conservazione, della gestione e dello studio dei cetacei. 89 UNCLOS, art. 66: Banchi anadromi 1. Gli Stati, nei cui fiumi hanno origine i banchi anadromi, ne sono i principali responsabili. 2. Lo Stato di origine dei banchi anadromi ne assicura la conservazione attraverso l emanazione di misure atte a regolare la pesca nelle acque situate all interno dei limiti esterni della zona economica esclusiva, e la pesca conformemente al numero 3, b). Lo Stato di origine, dopo aver consultato gli Stati di cui al n. 3 e 4 che esercitano la pesca di tali banchi, può stabilire le quote massime consentite di pesca dei banchi che provengono dai suoi fiumi. 3. a) La pesca di banchi anadromi è consentita solamente nelle acque situate all interno dei limiti esterni delle zone economiche esclusive, ad eccezione dei casi in cui tale disposizione possa comportare scompensi economici a uno Stato diverso dallo Stato di origine. Per tutto quanto riguarda la pesca oltre il limite esterno della zona economica esclusiva, gli Stati interessati si consultano al fine di accordarsi sui termini e sulle condizioni di tale attività, tenendo in debito conto le esigenze di conservazione dei banchi e le necessità dello Stato d origine in relazione ad essi. b) Lo Stato di origine coopera per contenere al minimo gli scompensi economici negli altri Stati che praticano la pesca dei banchi anadromi, tenendo conto della normale quantità di pescato e dei metodi di pesca di tali Stati, nonché di tutte le zone nelle quali questo tipo di pesca è praticato. c) Gli Stati di cui alla lettera b), che partecipano in virtù di accordi con lo Stato di origine, all adozione di misure per il rinnovamento dei banchi anadromi, in particolare attraverso appositi finanziamenti, sono favoriti dallo Stato di origine per la pesca dei banchi provenienti dai suoi fiumi. d) L applicazione dei regolamenti relativi ai banchi anadromi oltre la zona economica esclusiva avviene tramite accordi tra lo Stato di origine e gli altri Stati interessati. 4. Qualora i banchi anadromi migrino entro o attraverso le acque interne ai limiti esterni della zona economica esclusiva di uno Stato diverso dallo Stato di origine, tale Stato coopera con lo Stato di origine alla conservazione e alla gestione di tali banchi. 5. Lo Stato di origine dei banchi anadromi e gli altri Stati che praticano la pesca di tali banchi stipulano accordi per l attuazione delle disposizioni del presente articolo, se opportuno, attraverso organizzazioni regionali. Un esempio di specie anadrome sono i salmoni. 90 UNCLOS, art. 67: Specie catadrome 1. Lo Stato costiero, nelle cui acque le specie catadrome trascorrono la maggior parte del loro ciclo vitale, ha la responsabilità della gestione di tali specie e deve assicurare l entrata e l uscita dei pesci in migrazione. 2. La pesca delle specie catadrome viene effettuata solamente nelle acque interne ai limiti esterni delle zone economiche esclusive, la pesca viene disciplinata dal presente articolo e dalle altre disposizioni della presente Convenzione relative alla pesca in tali zone. 3. Nei casi in cui le specie catadrome, che abbiano o no raggiunto l età adulta, migrano attraverso la zona economica esclusiva di un altro Stato, la gestione, inclusa la pesca, di tali specie è regolata da un accordo tra lo Stato menzionato al numero 1 e l altro Stato interessato. Tale accordo deve assicurare la gestione razionale delle specie catadrome e tener conto delle responsabilità dello Stato citato al numero 1 per la conservazione di esse. 91 UNCLOS, art. 74: Delimitazione della zona economica esclusiva tra Stati con coste opposte o adiacenti 1. La delimitazione della zona economica esclusiva tra Stati con coste opposte o adiacenti viene effettuata per accordo sulla base del diritto internazionale, come previsto dall art. 38 dello statuto della Corte Internazionale di Giustizia al fine di raggiungere una equa soluzione. 2. Se non si addiviene ad un accordo in un arco ragionevole di tempo, gli Stati interessati ricorrono alle procedure previste nella Parte XV. 3. In attesa dell accordo di cui al numero 1, gli Stati interessati, in uno spirito di comprensione e cooperazione, compiono ogni sforzo per addivenire a intese provvisorie di carattere pratico e, durante questo periodo di 50

57 Capitolo 1 Il Governo del mare effettuata attraverso accordi in base al diritto internazionale al fine di pervenire ad una soluzione equa. Qualora non sia possibile pervenire ad un accordo entro un ragionevole periodo di tempo, è previsto che gli Stati procedano preliminarmente e sollecitamente ad uno scambio dei rispettivi punti di vista al fine di individuare la procedura da adottare per la definizione del contesto. È evidente, quindi, che la comunità internazionale abbia cercato di uniformare la disciplina a quella prevista per la delimitazione della piattaforma continentale tra Stati le cui coste siano adiacenti o contrapposte. Anche in questo caso, infatti, la priorità viene concessa ad un accordo tra le parti e, ove questo non fosse possibile, si prevede il ricorso a quelle norme della Convenzione, contenute nella Parte XV, che disciplinano la risoluzione delle controversie. Tale risoluzione deve essere perseguita attraverso mezzi pacifici 92, ma ove ciò non sia possibile e a seguito della richiesta di una delle Parti, la controversia potrà essere sottoposta al giudizio di uno dei seguenti Organi: Tribunale Internazionale per il diritto del mare 93 ; Corte Internazionale di Giustizia; Un Tribunale arbitrale costituito conformemente all Allegato VII; Un Tribunale arbitrale speciale costituito conformemente all Allegato VIII, per le categorie di controversie ivi indicate Le decisioni adottate saranno definitive ed avranno carattere vincolante per le Parti, che nel frattempo dovranno fare quanto in loro possesso per concludere degli accordi provvisori, di carattere pratico, tali da consentire una pacifica coesistenza e da non compromettere la conclusione di accordi definitivi. Alto mare e fondi marini internazionali transizione, non debbono compromettere od ostacolare l accordo finale. Tali intese sono senza pregiudizio per la delimitazione finale. 4. Laddove esiste un accordo in vigore tra gli Stati interessati la delimitazione della zona economica esclusiva viene determinata conformemente alle clausole del presente accordo. 92 UNCLOS, art. 279, che a sua volta richiama l art. 2 par. 3 della Carta delle Nazioni Unite, ricorrendo alle procedure di conciliazione di cui all art. 284 della Convenzione. 93 International Tribunal for the Law of the Sea insediato il 18 ottobre 1996 ad Amburgo alla presenza di Boutros Ghali, Segretario Generale delle Nazioni Unite, sotto la presidenza del dott. Thomas A. Mensah. La competenza del Tribunale è stabilita dagli artt. 279 e segg. della Convenzione di Montego Bay. A seguito di una riunione tenutasi ad Amburgo nel febbraio 1987, l International Tribunal for the Law of the Sea ha costituito la Seabed Disputes Chamber prevista dalla parte XI, sez.5, artt della Convenzione di Montego Bay e dall art.14 dello statuto del Tribunale, nonché due Special Chambers, la cui costituzione è prevista dall art. 15 dello Statuto e cioè la Chambers on Fisheries Matters e la Chambers on the Marine Environment. 51

58 Capitolo 1 Il Governo del mare L alto mare è definito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare in termini negativi, poiché le norme ad esso relative si applicano a tutte le parti di mare che non sono comprese nella zona economica esclusiva, nel mare territoriale e nelle acque interne o arcipelagiche 94. L alto mare, quindi, definito in dottrina come «mare aperto», «mare libero» o «mare internazionale», viene individuato basandosi su un criterio residuale, in quanto risulta da quegli spazi che non sono soggetti ad alcuna forma di sovranità. Ormai esso costituisce quell unica porzione che resta del vecchio concetto di mare aperto, dopo il ricordato processo di erosione delle tradizionali libertà che in questo spazio si erano affermate identificandolo in res communis omnium, nel momento in cui si è preferito passare da una concezione di utilizzo fondata sulla totale libertà ad una che favorisse la gestione collettiva in vista, soprattutto, di considerazioni di ordine pubblico. L applicazione del principio di libertà comporta il riconoscimento ciascuno Stato di un eguale diritto ad esercitare tutte le attività di utilizzo del mare internazionalmente lecite quali la navigazione 95, il sorvolo, la posa di cavi e condotte sottomarine, la costruzione di isole artificiali o altre installazioni, la pesca, la ricerca scientifica 96. Il principio di libertà dell alto mare non sta, però, ad indicare l esistenza di una norma internazionale generale che obblighi gli Stati a permettere l attività di altri Stati sugli spazi marittimi che si trovino a una certa distanza dalle loro coste, quanto piuttosto ad indicare l inesistenza di norme internazionali generali che riconoscano una irradiazione della sovranità territoriale degli Stati sul mare al di là delle zone d acqua sottoposte alla 94 UNCLOS, art. 86: Ambito di applicazione della presente Parte Le disposizioni della presente Parte si applicano a tutte le aree marine non incluse nella zona economica esclusiva, nel mare territoriale o nelle acque interne di uno Stato, o nelle acque arcipelagiche di uno Stato-arcipelago. Il presente articolo non limita in alcun modo le libertà di cui tutti gli Stati godono nella zona economica esclusiva, conformemente all articolo 58. Ginevra II, art. 1: Per «alto mare» si intendono tutte le porzioni di mare che non siano territoriali o non appartengono alle acque interne di uno Stato. 95 Da evidenziare anche la disposizione contenuta nell UNCLOS, art, 90: Diritto di navigazione Ogni Stato, sia costiero sia privo di litorale, ha il diritto di far navigare nell alto mare navi battenti la sua bandiera. 96 UNCLOS, art. 87: Libertà dell alto mare 1. L alto mare è aperto a tutti gli Stati, sia costieri sia privi di litorale. La libertà dell alto mare viene esercitata secondo le condizioni sancite dalla presente Convenzione e da altre norme del diritto internazionale. Essa include, tra l altro, sia per gli Stati costieri sia per gli Stati privi di litorale, le seguenti libertà: a) Libertà di navigazione; b) Libertà di sorvolo; c) Libertà di posa di cavi sottomarini e condotte, alle condizioni della Parte VI; d) Libertà di costruire isole artificiali e altre installazioni consentite dal diritto internazionale, alle condizioni della Parte VI; e) Libertà di pesca, secondo le condizioni stabilite nella sezione 2; f) Libertà di ricerca scientifica, alle condizioni delle Parti VI e XIII. 2. Tali libertà vengono esercitate da parte di tutti gli Stati, tenendo in debito conto sia gli interessi degli altri Stati che esercitano la libertà dell alto mare, sia i diritti sanciti dalla presente Convenzione relativamente alle attività dell Area. 52

59 Capitolo 1 Il Governo del mare propria potestà 97. La libertà di utilizzazione del mare aperto, in altre parole ha assunto dal punto di vista internazionale il carattere di una mera situazione di fatto e non di un diritto soggettivo riconosciuto a favore di ogni Potenza marittima con conseguente obbligo a carico di tutte le altre 98. Il principio in parola sta, cioè, a testimoniare che oltre i limiti delle acque sottoposte alla potestà dello Stato costiero cessa la sua sovranità territoriale e si ha una concorrenza di tutti gli Stati e proprio per questo l ordinamento internazionale ha dovuto affrontare il problema di disciplinare la libera e pacifica coesistenza di più Paesi nella zona e l equo sfruttamento delle risorse disponibili 99. Il problema della libertà, inteso nel rispetto della libertà altrui, assume particolare rilievo in relazione alle risorse minerarie del fondo marino. Essendo tali risorse esauribili, infatti, si pone il problema di garantirne l accesso anche a quegli Stati che, in assenza dei mezzi tecnologici necessari, ne sarebbero automaticamente esclusi. Alle risorse dei fondi del mare e degli oceani, posti al di là delle giurisdizioni nazionali, è dedicata la dichiarazione di principio adottata dall Assemblea generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione 2749 XXV del 17 dicembre 1970, su proposta dell Ambasciatore maltese Pardo, che definisce tali zone e le loro risorse come patrimonio comune dell umanità. La dichiarazione prevede l uso di questa zona, denominata Area internazionale dei fondi marini, a fini esclusivamente pacifici e sottomette la sua esplorazione ed utilizzazione ad un regime internazionale 100. La Convenzione di Montego Bay ha cercato di dare concretezza al principio rivoluzionario di patrimonio comune dell umanità, spesso scontrandosi con gli interessi difficilmente conciliabili dei Paesi industrializzati, che vorrebbero uno sfruttamento esclusivo ed intensivo dei fondali marini, e dei Paesi in via di sviluppo, che ricercano un principio di equa distribuzione delle risorse. La comunità internazionale ha cercato di comporre le differenti esigenze con la creazione della cd. Autorità Internazionale dei Fondi Marini, cioè di un organizzazione alla quale è stato attribuito il compito di presiedere allo sfruttamento delle risorse del fondo e del sottosuolo dell alto mare e di garantire che questo avvenga nell interesse dell umanità 101. Essa è strutturata in forma collegiale negli 97 UNCLOS, art. 89: Illegittimità delle rivendicazioni di sovranità sull alto mare Nessuno Stato può legittimamente pretendere di assoggettare alla propria sovranità alcuna parte dell alto mare. 98 GIULIANO M., SCOVAZZIT., TREVES T., op. cit., p QUADRI R., Diritto internazionale pubblico, Friulla Editore, Palermo, 1960, p Prima dell introduzione del principio di patrimonio comune dell umanità, i fondi ed il sottosuolo marino, posti al di là delle giurisdizioni nazionali, erano considerati come res communis omnium e come tali governati dai seguenti principi: non appropriabilità, piena libertà di utilizzo, rispetto e tutela dell ambiente. 101 CONFORTI B., op.cit., p

60 Capitolo 1 Il Governo del mare organismi dell Assemblea e del Consiglio e si avvale, quale strumento operativo, dell Impresa internazionale dei Fondi Marini. Il sistema previsto si fonda sul concetto di sfruttamento parallelo (banking system), volto a conciliare il principio di patrimonio comune dell umanità con il dato di fatto che solo alcuni Stati dispongono di mezzi tecnici e finanziari atti ad intervenire nella zona. Lo sfruttamento delle risorse avviene, dunque, in parallelo da parte degli Stati industrializzati e da parte dell Autorità 102, sviluppandosi in diverse fasi successive. Lo Stato che individua un sito sommerso deve, prima di richiedere l autorizzazione allo sfruttamento, individuare a proprie spese un sito analogo da un punto di vista commerciale da affidare all Autorità. Non appena essa verifica l equivalenza delle due zone, assegna allo Stato richiedente l attività di prospezione, esplorazione e produzione delle risorse marine sul primo sito e conferisce all Impresa la medesima facoltà sul secondo, valutando l opportunità di creare joint venture con Paesi terzi che mettano a disposizione mezzi e tecnologie. Va rilevato, inoltre, che l Autorità si riserva il diritto di trasferire all Impresa la tecnologia estrattiva utilizzata dai Paesi che operano nell Area. In attesa che divenisse operativo questo sistema era stata prevista l istituzione di una Preparatory Commission for the International sea-bed Authority and for the International Tribunal for the Law of the Sea costituita dagli Stati che avevano firmato o ratificato la Convenzione, avente la funzione di predisporre la normativa per regolare l attività dell Autorità ed individuare gli Stati che potessero essere qualificati come investitori pionieri. Questa espressione indica gli Stati che, avendo svolto autonomamente attività di ricerca per l individuazione di siti minerari, dovessero essere 102 L Autorità internazionale dovrebbe quindi assicurare che lo sfruttamento dei fondali marini avvenga nell interesse dell umanità. Premesso che la sua competenza normativa non è stata mai posta in discussione, forti contrasti sorsero invece in seno alla Conferenza circa gli aspetti operativi del nuovo regime. Da un lato, i Paesi in via di sviluppo volevano riservare all Autorità ogni attività di ricerca, estrazione e commercializzazione delle risorse; dall altro, gli Stati ad economia avanzata insistevano per un regime molto più blando, con una Autorità ridotta a distribuire permessi e licenze ai singoli Stati o alle compagnie pubbliche o private ad essi facenti capo, e a riscuoter tasse. Alla fine prevalse una soluzione di compromesso, che è quella contenuta nella Convenzione di Montego Bay e che consiste nel dividere ogni area da sfruttare in due parti uguali, l una attribuita allo Stato che abbia individuato l area e l altra direttamente sfruttata dall Autorità attraverso il suo organo operativo, l Impresa, magari in associazione con i Paesi in via di sviluppo. Ciò nonostante la costituzione dell Autorità è rimasta a lungo sospesa a causa dell opposizione degli Stati industrialmente avanzati, che hanno continuato a contestare le norme sulla composizione degli organi e sul sistema di votazione in seno ai medesimi, norme ritenute poco rispettose degli interessi degli Stati destinati a sopportare i maggiori oneri dello sfruttamento comune. Tale opposizione è addirittura alla base della mancata entrata in vigore dell intera Convenzione di Montego Bay fino al novembre i contrasti sembrano ora risolti con la risoluzione , n.48/263 dell Assemblea generale dell ONU che ha adottato all unanimità e aperto alla firma ed alla ratifica un Accordo integrativo della Convenzione, che fa propri molti dei punti di vista dei Paesi industrializzati. La via per la costituzione dell Autorità dovrebbe dunque sbloccarsi in un futuro assai prossimo. CONFORTI B., op.it., p

61 Capitolo 1 Il Governo del mare preferiti rispetto a Stati terzi, al momento dell entrata in vigore della Convenzione, nella concessione delle licenze per lo sfruttamento di tali siti. Sono qualificati investitori pionieri il Giappone, la Federazione Russa, Francia, Cina, India e Corea del Sud. L Italia, nel firmare la Convenzione, il aveva formulato una dichiarazione secondo cui la materia del deep sea mining contiene considerevoli difetti e manchevolezze cui si deve porre rimedio mediante l adozione da parte della Commissione preparatoria di apposite regole e procedure. Il nostro Paese aveva regolamentato unilateralmente la concessione di permessi provvisori di sfruttamento di zone dell Area ed imprese nazionali con la L ,n.41 cui è seguito, come normativa di attuazione, il D.P.R , n Nell ambito della conclusione di accordi volti ad evitare la sovrapposizione di permessi provvisori di sfruttamento di zone dell Area con l analogo tipo di licenze rilasciate da altri Paesi al di fuori del sistema previsto dalla Convenzione, l Italia aveva stipulato una intesa 103, cui era seguito un analogo accordo con l Unione Sovietica, l Olanda, il Canada e il Belgio. La posizione degli Stati Uniti nei confronti della normativa sullo sfruttamento dei fondi marini era di non accettazione, ritenendo che le soluzioni previste dalla Convenzione fossero contrarie agli interessi ed ai principi delle Nazioni industrializzate. Il regime ivi previsto era considerato dal governo statunitense come ispirato a principi di dirigismo economico e quindi contrario alla concorrenza valida nel libero mercato e, inoltre, si riteneva che non fossero garantiti ai Paesi industrializzati un influenza sulle future decisioni dell Autorità adeguata ai loro interessi e che si rifiutavano perciò di accedere alla Convenzione. La situazione è mutata dal momento in cui gli Stati Uniti hanno deciso di aderire all Accordo relativo all applicazione della Parte XI della Convenzione del Diritto del Mare, adottato a New York il 28 luglio 1994, dopo una lunga opera di mediazione del Segretario Generale dell ONU, che riconfigura il regime di sfruttamento dei fondi marini secondo principi di economia di mercato e rinvia ad una futura decisione l attivazione dell Impresa che, comunque, dovrà autofinanziarsi. Zona archeologica In aggiunta ai poteri di prevenzione e repressione spettanti allo Stato costiero nell ambito della zona contigua, è ad esso anche riconosciuto il diritto di vietare la 55

62 Capitolo 1 Il Governo del mare rimozione dal fondo del mare adiacente alle sue acque territoriali di qualsivoglia oggetto che abbia un valore storico o archeologico. La zona in cui può essere esercitata questa forma di giurisdizione, finalizzata al controllo del traffico di tali oggetti, prende il nome di zona archeologica. Essa coincide con la zona contigua e non può essere proclamata prima che tale zona sia stata istituita. L asportazione di reperti storico-archeologici senza il consenso dello Stato costiero costituisce una violazione delle leggi e regolamenti vigenti sul proprio territorio e nelle proprie acque territoriali 104. Il problema della protezione dei beni storici ed archeologici rinvenuti in mare si pone, però, anche per altre aree marine al di là della zona archeologica propriamente detta. Infatti, sebbene percentualmente i relitti si trovino a ridosso della costa o di scogliere ad essa adiacenti, ci sono numerosissimi casi di naufragi o affondamenti che hanno portato inestimabili tesori a giacere a distanze superiori. In questi casi lo Stato costiero può ottenere una giurisdizione funzionale, mediante un regime di preventive notifiche e autorizzazioni, nel caso in cui tali oggetti siano giacenti sia sulla piattaforma continentale, sia nella zona economica esclusiva 105. Qualora, invece, gli oggetti si trovino nell area internazionale dei fondi marini, essi debbono essere preservati e messi a disposizione dell intera umanità, avuto riguardo dei diritti preferenziali dello Stato di origine geografica, culturale o storico-archeogica 106. In relazione al principio che impone agli Stati l obbligo di tutelare i beni storicoarcheologici e di cooperare a tale scopo, L UNESCO, l IMO e la Divisione Affari marittimi dell ONU stanno operando per realizzare una convenzione internazionale dedicata alla protezione del patrimonio culturale subacqueo in tutti gli spazi marittimi. Zone di pesca L analisi finora svolta necessita di un ulteriore approfondimento per analizzare la posizione internazionale di fronte al problema del diritto di pesca concesso agli Stati nelle diverse fasce di giurisdizione marittima. 103 Provisional Understanding del con Belgio, Francia, Germania, Olanda, Gran Bretagna e U.S.A. 104 UNCLOS, art. 303, comma 2: 2. Al fine di controllare il commercio di questi oggetti, lo Stato costiero può, in applicazione dell articolo 33, presumere che la loro rimozione dal fondo del mare nella zona prevista da quell articolo, senza la sua autorizzazione, si risolva in una violazione, nell ambito del suo territorio o del suo mare territoriale, delle leggi e regolamenti indicati in tale articolo. 105 Va rilevato a tale proposito che una simile fattispecie non è prevista dalla Convenzione di Montego Bay. 106 UNCLOS, art. 149: Reperti archeologici e storici Tutti i reperti di natura archeologica e storica rinvenuti nell Area vanno conservati o ceduti nell interesse di tutta l umanità, tenendo in particolare conto i 56

63 Capitolo 1 Il Governo del mare Tra le varie esigenze che devono essere tutelate, infatti, si annoverano il diritto alla sussistenza riconosciuto a tutti i Paesi, rivieraschi e non, che trovano nel mare una fonte importantissima per il proprio approvvigionamento alimentare e, al contempo, la necessità di tutelare le risorse ittiche da un eccessivo sfruttamento. Fra questi estremi si collocano, poi, vari stadi di utilizzo della pesca con finalità economica, da parte di Paesi che grazie ai propri mezzi, riescono a catturare quote eccedenti al proprio fabbisogno. L esercizio delle attività di pesca nell ambito delle acque territoriali rientra fra i diritti esclusivi concessi allo Stato costiero che, a tale scopo, ha facoltà di emanare leggi e regolamenti per riservare ai propri cittadini lo sfruttamento delle risorse presenti 107. Questi diritti, tuttavia, non si estendono alla zona contigua, a meno che lo Stato costiero all atto della sua istituzione abbia previsto la creazione di una riserva di pesca a proprio favore. Complementare a questa titolarità esclusiva o semiesclusiva in capo allo Stato costiero, appare il principio della libertà di pesca spettante a tutte le Nazioni nell alto mare 108. Con l affermazione, però, dell istituto della zona economica esclusiva questa disciplina quasi dicotomica si è complicata, prevedendo nuove fattispecie per le quali assicurare i diritti di tutti gli Stati. Infatti, anche se la proclamazione della ZEE non ha ancora assunto i caratteri di un fenomeno generalizzato, è incontrovertibile che, col passare del tempo gran parte degli Stati costieri finiranno col porre dei vincoli di sovranità, ai fini dell esercizio della pesca, su larghe porzioni di alto mare, vietando l attività degli Stati i cui cittadini esercitano tradizionalmente la pesca in quelle aree o, al più, consentendone l accesso per lo sfruttamento di limitati contingenti di cattura ragguagliati al surplus della propria capacità di pesca 109. diritti preferenziali dello Stato o della Regione d origine, o dello Stato cui per origini culturali si riferiscono, o dello Stato di origine storica e archeologica. 107 UNCLOS, art. 21, comma 1, lettera e): Lo Stato costiero può emanare leggi e regolamenti, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione e ad altre norme del diritto internazionale, relativamente al passaggio inoffensivo attraverso il proprio mare territoriale, in merito a tutte o a qualsiasi delle seguenti materie: ( ), e) prevenzione delle violazioni delle leggi e dei regolamenti dello Stato costiero relativi alla pesca; ( ). 108 UNCLOS, art. 87, comma 1, lettera e): L alto mare è aperto a tutti gli Stati, sia costieri sia privi di litorale. La libertà dell alto mare viene esercitata secondo le condizioni sancite dalla presente Convenzione e da altre norme del diritto internazionale. Essa include, tra l altro, sia per gli Stati costieri sia per gli Stati privi di litorale,le seguenti libertà: ( ), e)libertà di pesca, secondo le condizioni stabilite nella sezione 2; ( ). 109 UNCLOS, art. 61: Conservazione delle risorse biologiche 1. Lo Stato costiero stabilisce il volume massimo delle risorse biologiche di cui è consentita la cattura nella sua zona economica esclusiva. 2. Lo Stato costiero, tenuto conto delle informazioni scientifiche più attendibili di cui dispone a tale scopo, assicura attraverso misure appropriate di mantenimento e di utilizzo che la conservazione delle risorse biologiche della zona economica esclusiva non sia messa in pericolo da uno sfruttamento eccessivo. Lo Stato costiero e le competenti organizzazioni internazionali, sub-regionali, regionali o mondiali, collaborano e tal fine

64 Capitolo 1 Il Governo del mare A prescindere dalle limitazioni derivanti dal progressivo affermarsi delle sovranità degli Stati costieri nelle nuove ZEE, il diritto di pesca in alto mare è già attualmente soggetto a restrizioni di vario genere, che possono derivare da trattati sottoscritti dallo Stato interessato, da misure per la conservazione delle risorse viventi imposte ai propri cittadini in cooperazione con altri Paesi 110 o da diritti e interessi degli Stati costieri nelle zone adiacenti le proprie ZEE relativamente agli stock a cavallo di queste aree, ai mammiferi marini, alle specie anadrome e a quelle catadrome 111. Nell ambito di questa cooperazione internazionale per la conservazione e la gestione delle risorse dell alto mare, negli ultimi anni sono state adottate le seguenti iniziative: La Risoluzione dell Assemblea Generale delle N.U. n.46/215 del 20 dicembre 1991 sulle reti pelagiche derivanti, che ha imposto, a partire dal 1993, una moratoria sull impiego di queste reti. La Comunità Europea, adeguandovisi con il Regolamento 345/1992, ha vietato alle navi da pesca degli Stati membri di tenere a bordo o impiegare reti da posa derivanti la cui lunghezza individuale o addizionata sia superiore a 2,5 Km; L Agenda 21 adottata dalla Conferenza delle N.U. di Rio del 1992 sull ambiente e lo sviluppo che, nell ambito delle iniziative per lo sviluppo dell uso sostenibile e la conservazione delle risorse marine viventi, ha convocato una conferenza intergovernativa dedicata alla regolamentazione della pesca in alto mare; La Convenzione delle N.U. di New York del 4 agosto 1995 sulle specie ittiche sconfinanti (Straddling Fish Stocks) e altamente migratorie il cui abitati si colloca a cavallo delle 200 miglia, che pone il principio dell approccio precauzionale come criterio guida per la definizione delle Tali misure mirano altresì a mantenere o a ricostituire le specie sfruttate a livelli tali da consentire la massima resa possibile, nel rispetto dei fattori ecologici ed economici pertinenti, ivi compresi i bisogni delle comunità costiere dedite alla pesca e le esigenze particolari degli Stati in via di sviluppo, tenuto conto dei metodi di pesca, dell interdipendenza dei banchi e dei valori minimi internazionali generalmente raccomandati a livello sub-regionale, regionale o mondiale. 4. Nell adottare tali misure lo Stato costiero prende in considerazione gli effetti sulle specie associate o dipendenti da quelle che sono oggetto di pesca, al fine di conservare e ricostituire le popolazioni di tali specie associate o dipendenti al di sopra dei livelli ai quali la loro riproduzione può venire seriamente compromessa. 5. L informazione scientifica disponibile, le statistiche sul pescato e sull attività di pesca e qualsiasi altro dato rilevante per la conservazione dei banchi di pesce vengono diffusi e scambiati regolarmente attraverso le competenti organizzazioni internazionali, subregionali, regionali o mondiali, laddove lo si ritenga appropriato e con la partecipazione di tutti gli Stati interessati, ivi compresi quelli di cui hanno la nazionalità i soggetti che sono stati autorizzati a pescare nella zona economica esclusiva. 110 Come previsto dai già citati articoli 117 e 118 della UNCLOS. 58

65 Capitolo 1 Il Governo del mare politiche degli Stati di conservazione e sfruttamento delle risorse ittiche dell alto mare. Altri principi cui si ispira l Accordo sono: l unità biologica degli stocks, la compatibilità delle misure di gestione e conservazioni applicabili, la responsabilità dello Stato di bandiera verso l attività dei propri battelli da pesca, la cooperazione internazionale delle organizzazioni internazionali, regionali e sub-regionali di pesca; L Accordo per la promozione delle misure internazionali di conservazioni e gestione da parte dei pescherecci in alto mare, approvato nel 1993 durante la XXVII sessione della Conferenza della FAO; Il codice di condotta per una pesca responsabile approvato nel 1995 durante la XXVIII sessione della Conferenza della FAO. Questo atto contiene delle disposizioni non vincolanti che recepiscono i più moderni principi sulla gestione delle risorse marine, come, per esempio, il principio secondo cui la quantità di pescato debba rispettare i limiti necessari per il ripopolamento ittico di quella specie nella zona e debba tener conto delle interferenze tra una specie ed un altra in modo da non penalizzarne lo sviluppo; il rigido intervento statale nei confronti di tutte le imbarcazioni battenti propria bandiera, che non rispettano le limitazioni previste. La disciplina internazionale è stata, poi, integrata in ambito europeo da una rigida normativa comunitaria. L art. 38 del Trattato di Roma ha, infatti, previsto che il coordinamento delle politiche di pesca dei Paesi aderenti sia una prerogativa centrale, mentre a livello nazionale debbano essere predisposti ed adottati i provvedimenti di applicazione del diritto comunitario e di polizia nei confronti dei battelli da pesca di bandiera. La Comunità ha dunque il potere esclusivo di emanare provvedimenti per la preservazione delle risorse marine e detiene anche la facoltà di concludere accordi di pesca con Stati non aderenti che possono assumere tre diverse tipologie: vi possono essere accordi basati sul diritto reciproco delle parti contraenti di praticare la pesca nelle rispettive zone in modo da realizzare uno sfruttamento in comune delle risorse ittiche 112, accordi secondo cui la Comunità concede alla controparte delle compensazioni finanziarie in cambio dell accesso alle risorse di pesca per battelli comunitari 113 e, infine, gli accordi con 111 Anche in questo caso gli articoli di interesse sono già stati menzionati (UNCLOS, dall art. 63, all art. 67) 112 Questa forma è stata adottata nel caso degli accordi tra la Comunità ed i Paesi Scandinavi. 113 Questa tipologia di accordi è stata utilizzata con i Paesi del Centro Africa. 59

66 Capitolo 1 Il Governo del mare cui, in aggiunta alle autorizzazioni di pesca per battelli comunitari, si prevedono anche forme di parternariato commerciale volto a sviluppare la pesca dei Paesi contraenti 114. La Comunità, nel prevedere una disciplina per la pesca nelle diverse zone marittime, ha stabilito che nelle acque territoriali il diritto esclusivo spetti ai pescatori nazionali 115 e nelle ZEE i Paesi membri possano istituire delle zone di pesca fino ad un limite massimo di 200 miglia 116. Per quanto riguarda l alto mare il diritto comunitario si applica indirettamente tramite l applicazione delle normative nazionali 117. Infatti, le Autorità nazionali possiedono piena competenza nell esercitare la sorveglianza sulla pesca nei confronti dei battelli di bandiera e nell applicare sanzioni punitive previo esercizio dei poteri di polizia giudiziaria. Il Mediterraneo ha, poi, richiesto una tipologia di intervento capillare sia all interno dei Paesi membri, sia di collaborazione con gli altri Paesi rivieraschi per realizzare una cooperazione in materia di pesca fondamentale in un mare chiuso o semi-chiuso. Già nel 1949, sotto l egida della FAO, era stato istituito il Consiglio Generale della Pesca per il Mediterraneo, composto da tutti i Paesi rivieraschi, con competenza consultiva nell area del mar Mediterraneo, del Mar Nero e delle zone adiacenti del Mar Rosso in materia di sviluppo, conservazione, gestione razionale e valorizzazione delle risorse marine viventi. A tale scopo il Consiglio può raccomandare agli Stati membri l adozione di misure appropriate per regolamentare i metodi di pesca, cercando nel contempo di promuovere progetti comuni per la gestione e la protezione delle specie marine. Nel 1994 un ulteriore intervento comunitario 118 in materia ha previsto un regime di taglie minime inteso a favorire la conservazione delle specie ittiche che, in mancanza di ZEE comunitarie, si applica alle zone di alto mare. Ma nonostante queste premesse per lo sviluppo di una necessaria cooperazione tra gli Stati, il quadro d insieme della pesca nel Mediterraneo è caratterizzato da situazioni particolari e frammentarie riconducibili alle fattispecie di zone riservate di pesca, di zone di ripopolamento ittico in alto mare, di zone di pesca comuni e zone di protezione della pesca. 114 Ne è un esempio l accordo raggiunto con il Marocco il 13 novembre Questo regime è stato sancito dal Regolamento CEE 3760/1992 e contrasta con il principio di non discriminazione previsto nei confronti di tutti i battelli da pesca battenti bandiera degli Stati membri. 116 La Risoluzione del Consiglio CEE in data 7 novembre 1976 ha previsto questa disciplina lungo le coste del mare del Nord e dell Atlantico del Nord, in quanto nel Mediterraneo nessun Paese ha proclamato ZEE. 117 Il Regolamento CEE 2847/1993 disciplina i diversi aspetti di questa complessa materia. 118 Regolamento CEE 1626/

67 Capitolo 1 Il Governo del mare Per ciò che attiene le zone esclusive va rilevato che tutti i Paesi rivieraschi del Mediterraneo riservano ai pescatori nazionali la pesca all interno della propria fascia di mare territoriale. Sebbene questa situazione dovesse essere solo temporanea, in realtà si è rivelata una pratica diffusa e attualmente presente, con l eccezione dell isola di Malta 119 che ha previsto una zona esclusiva estesa per 25 miglia dalla sua linea di base e quindi con una eccedenza di 13 miglia rispetto al suo mare territoriale. Le zone di ripopolamento ittico sono quelle in cui uno Stato adiacente può adottare delle misure di conservazione delle risorse biologiche. In questa categoria rientra la zona di pesca a sud-ovest di Lampedusa, delimitata da una linea che, partendo dal punto di arrivo della linea delle 12 miglia delle acque territoriali tunisine, si ricollega sul parallelo di Ras Kapoudia, con l isobata dei 50 mt e segue tale isobata fino al punto d incontro con la linea che parte da Ras Agadir in direzione nord-est ZV=45. L ordinamento italiano 120 considera tale zona una porzione di alto mare che è tradizionalmente riconosciuta come zona di ripopolamento ed in cui è vietata la pesca ai cittadini italiani ed alle navi battenti bandiera italiana al fine di assicurare la tutela delle risorse biologiche. In contrasto con questo provvedimento italiano, la Tunisia continua ancora oggi a considerarla zona riservata di pesca ai soli battelli nazionali, delimitandolo con modalità identiche, sia nella sostanza che nella formulazione letterale, a quelle adottate dal nostro Paese. Il primo atto di pretesa tunisina è rappresentato dal Decreto del Bey di Tunisi del 26 luglio 1951 il cui contenuto è successivamente stato ripetuto in altri provvedimenti. Il differente modo di qualificare la zona è alla base di un contenzioso che oppone la Tunisia all Italia da quando, nel 1979, allo scadere dell ultimo accordo bilaterale di pesca, non reiterato in conseguenza del passaggio alla Comunità Europea della competenza a stipulare accordi nel settore con i Paesi terzi, è venuto a cadere il regime preferenziale di pesca in acque territoriali tunisine previsto in favore dei battelli italiani, dietro pagamento di cospicue contropartite finanziarie da parte del nostro Governo. La posizione italiana verso l iniziativa tunisina non può, tuttavia, considerarsi completamente sfavorevole, nel senso che nel Decreto del 1979 si afferma che la costituzione di una zona di ripopolamento ittico viene creata senza voler pregiudicare buoni rapporti di vicinato con i Paesi confinanti, e già nel 1963, nel 1971 e nel 1976 vi era stato un riconoscimento del Mammellone come zona di pesca tunisina. Il problema del 119 Risoluzione adottata con L. 7 dicembre Decreto Ministeriale del 25 settembre

68 Capitolo 1 Il Governo del mare contenzioso di pesca italo-tunisina viene acuito, tra l altro, dal fatto che la Tunisia pretende di assoggettare alla propria giurisdizione, mediante sequestro in mare, i battelli italiani sorpresi a pescare nella zona. Per contrastare questa tendenza e riaffermare il diritto italiano a controllare autonomamente il rispetto da parte dei battelli nazionali del divieto di pesca disposto dal D.M. 25 settembre 1979 viene svolto dalle unità della Marina Militare un servizio di vigilanza pesca. Tale attività, svolta ininterrottamente dal 1957, si inquadra nell ambito delle funzioni di polizia marittima spettanti alle navi da guerra in acque internazionali e trova specifico fondamento giuridico nell art. 2, lett. c della L. 31 dicembre 1989, n. 979 sulla difesa del mare che riserva alla Marina Militare la vigilanza sulle attività economiche sottoposte alla giurisdizione nazionale nelle aree situate al di là delle acque territoriali italiane. Per prevenire il verificarsi di incidenti tra le rispettive Unità impegnate in compiti di sorveglianza e protezione di diritti ed interessi nazionali, la Marina Militare Italiana e quella Tunisina hanno stipulato una Intesa 121 tecnica riguardante misure pratiche destinate ad evitare gli incidenti in mare e a facilitare la cooperazione operativa. Mediante questo Accordo le due Marine si sono anche impegnate a comunicarsi, con un apposito codice di segnali speciali, le informazioni e le intenzioni delle rispettive unità impegnate nei pattugliamenti. Tra le zone comuni di pesca vanno segnalate quella posta a Ovest delle Bocche di Bonifacio, istituita con la Convenzione di Parigi del 28 novembre 1986 tra Italia e Francia, in cui è consentita l attività dei battelli italiani e francesi che esercitano tradizionalmente la pesca in loco, e la zona del Golfo di Trieste, istituita con l Accordo italo-jugoslavo di Roma del 18 febbraio 1983, che prevedeva l istituzione di una zona in cui un limitato numero di battelli italiani e jugoslavi, di pescatori residenti nel Friuli Venezia Giulia e in Slovenia, potessero accedere. Questo accordo non è più in vigore poiché la Slovenia non è subentrata alla ex-jugoslavia in qualità di Stato successore, nel momento in cui è diventata Stato nazionale. Un altro accordo italo-jugoslavo, siglato nel Trattato di Pace tra l Italia e le Potenze Alleate il 10 febbraio 1947, prevedeva che i pescatori italiani continuassero a godere nelle acque dell isola di Pelagosa degli stessi diritti di cui godevano i pescatori jugoslavi fino al 121 Intesa per la prevenzione delle attività pericolose in mare, siglata a Roma, il 10 novembre

69 Capitolo 1 Il Governo del mare Benché non risultino documenti che attestano il perdurare di questo accordo, non ci sono neppure state manifestazioni di volontà contrarie a questa realtà di fatto. Alla tipologia variegata delle zone di pesca esistenti nel Mediterraneo si è aggiunta di recente una nuova iniziativa. Infatti, la Spagna ha previsto la creazione di una zona di protezione, indirizzata soprattutto per la tutela del tonno rosso che trova nel mare Mediterraneo uno delle pochi siti al mondo di riproduzione, e, all interno della quale il Governo spagnolo si è assunto diritti sovrani in materia di tutela e di conservazione delle risorse viventi. Diritti riconosciuti agli Stati privi di litorale 123 Il problema di riconoscere agli Stati privi di litorale il diritto di possedere una propria flotta, di accedere liberamente al mare e di utilizzare i porti di uno Stato costiero, si pose alle potenze marittime negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale. La norma internazionale consuetudinaria, intesa a garantire la libertà dei mari, si era soffermata a disciplinare i comportamenti dei Paesi rivieraschi gli uni nei confronti degli altri, ma non aveva previsto alcunché rispetto agli Stati che non possedevano un accesso al mare. In dottrina, il problema degli Stati privi di litorale marittimo (cd. land-locked States) aveva accolto diverse soluzioni che vedevano alcuni autori orientati a negare il diritto di bandiera 124 agli Stati che per la loro localizzazione geografica non hanno la possibilità di esercitare il governo diretto sulla nave, altri a riconoscere tale diritto, ma a negarne però agli Stati l effettivo esercizio pratico 125. In particolare, secondo tali autori giocavano un ruolo determinante la mancanza di reciprocità nei trattati marittimi e l assenza di una flotta da guerra per l esercizio di azioni di polizia. In tempi più recenti, taluni giuristi hanno optato per una soluzione affermativa, fondandosi sia su quanto stabilisce la Convenzione di Ginevra, sia sul fatto che tali Stati, pur non avendo porti nazionali dove le navi possano fare scalo e pur possedendo delle flotte esigue, sono in 122 I diritti di cui godevano i pescatori jugoslavi prima del 1941 erano quelli stabiliti dagli Accordi di Brioni del 14 settembre 1921 e di Nettuno del 20 luglio 1925 tra l Italia e lo Stato Serbo-croato-sloveno che autorizzavano la pesca nelle acque dell isola di un numero prefissato di barche di stanza nell Isola Jugoslava di Lissa con determinate attrezzature e in certi periodi dell anno. 123 Per Stato privo di litorale si utilizza la definizione fornita dalla UNCLOS, art. 124, comma 1, lett. a): Per Stato privo di litorale si intende uno Stato che non ha coste marine; ( ). 124 QUADRI R., Le navi private nel diritto internazionale, Giuffrè Editore, Milano, 1939, p FIORE F., Trattato di diritto internazionale pubblico, Vol. III, p

70 Capitolo 1 Il Governo del mare grado di procurarsi tutti i mezzi necessari alla creazione e al mantenimento del genuin link per esercitare di fatto la propria autorità sulle navi 126. Al problema di garantire la libera navigazione anche alle navi degli Stati cosiddetti enclavés, in quanto privi di sbocchi al mare, si è riusciti a dare una soluzione attraverso norme convenzionali. In questa direzione si ebbe nel 1921 una dichiarazione di vari Stati che affermarono, nel corso della Conferenza di Barcellona sulla libertà di transito, di riconoscere agli Stati non rivieraschi, il diritto di conferire la propria nazionalità alle navi, a condizione che esse fossero registrate in una sola e determinata località sul loro territorio, località che avrebbe rappresentato il porto di immatricolazione. Ha avuto così avvio, mediante atto collettivo, la soluzione del delicato problema dell ammissione diretta degli Stati privi di litorale all utilizzazione dei mari, tramite navi protette dalle rispettive bandiere. Un contributo decisivo in merito è stato indubbiamente conferito dalla Convenzione di Ginevra sull alto mare, che rappresenta la codificazione di un principio di diritto internazionale consuetudinario e con la quale viene riconosciuto agli Stati privi di litorale il diritto di possedere una flotta. L altro problema strettamente connesso al primo, riguarda il libero accesso al mare e l utilizzazione dei porti stranieri. Se il diritto di tutti gli Stati di godere della libertà dei mari è universalmente ammesso, non sempre gli autori concordano sull esistenza di un diritto degli Stati enclavés ad ottenere l accesso alle coste. La Convenzione di Ginevra sull alto mare, dopo aver disposto che anche gli Stati privi di litorale possono sfruttare il mare e le sue risorse in posizione di perfetta eguaglianza con gli altri Stati, finisce per rinviare la disciplina dell accesso al mare ad accordi specifici tra Stati limitrofi. Infatti, l art. 3 stabilisce che gli Stati che non godono di un proprio accesso diretto al mare dovrebbero potervi accedere comunque, con la collaborazione degli Stati che geograficamente si interpongono con la costa GIULIANO M., Diritto internazionale, II, Gli aspetti giuridici della coesistenza degli Stati, Giuffrè Editore, Milano, 1974, p Ginevra II, art. 3: 1. Gli Stati privi di litorale dovrebbero poter accedere liberamente al mare al fine di usufruire delle libertà sopraccitate. Per tale scopo gli Stati interposti fra il mare e quelli privi di litorale accordano, di comune intesa e conformemente alle convenzioni internazionali in vigore: a) Allo Stato privo di litorale, il diritto di libero transito fondato sulla reciprocità; b) Alle navi battenti bandiera di detto Stato, un trattamento uguale a quello delle proprie navi o di altri Stati, circa l accesso ai porti e la loro utilizzazione. 2. Gli Stati interposti fra il mare e quelli privi di litorale disciplinano, d intesa con questi ultimi, i problemi concernenti la libertà di transito e la parità di trattamento nei porti tenendo conto dei diritti dello Stato costiero e di transito e le caratteristiche dello Stato privo di litorale. 64

71 Capitolo 1 Il Governo del mare Una più ampia regolamentazione della materia di cui si sta trattando è contenuta nella Convenzione di Montego Bay che dedica all argomento l intera Parte X 128, nella quale l impostazione del problema risulta pressoché invariata. Ma si notano delle affermazioni di principio che hanno il valore di direttive inderogabili per la formazione degli accordi tra Stati che, pur dovendo salvaguardare gli interessi legittimi degli Stati rivieraschi, non possono assolutamente prevedere tassazioni o imposizioni maggiori rispetto al corrispettivo di servizi effettivamente resi e il cui ammontare non sia più elevato delle tariffe applicate dallo Stato di transito per l utilizzazione dei servizi e dei mezzi di trasporto nazionali 129. Molto importante è l affermazione del criterio generale della parità di trattamento da usarsi nei porti marittimi nei confronti dei Paesi sprovvisti di litorale e che deve essere del tutto uguale a quello accordato alle navi straniere appartenenti a Stati marittimi 130. Per ciò che attiene lo sfruttamento delle risorse degli ambienti marini, la Convenzione di Montego Bay concede sia agli Stati privi di litorale che a quelli geograficamente svantaggiati il diritto di partecipare, su basi equitative, al reperimento di una adeguata parte del surplus delle risorse biologiche delle zone economiche esclusive degli Stati costieri della stessa sub-regione o regione. Ciò a meno che l economia di questi ultimi non si fortemente dipendente dallo sfruttamento delle risorse biologiche in argomento e tenendo presenti alcune restrizioni imposte dalla normativa internazionale. Infatti, gli Stati enclavés, dovranno tener conto delle pertinenti caratteristiche economiche e geografiche di tutti gli Stati interessati, delle esigenze connesse alla migliore conservazione ed utilizzazione delle risorse biologiche delle predette zone, della necessità di evitare effetti pregiudizievoli alle comunità di pescatori o all industria della pesca degli Stati costieri, della misura in cui gli Stati partecipano, o hanno il diritto di partecipare, allo sfruttamento delle risorse biologiche delle zone economiche di altri Stati costieri, della misura in cui gli altri Stati privi di litorale o geograficamente svantaggiati partecipano allo sfruttamento delle risorse biologiche della stessa zona economica esclusiva e della conseguente necessità di evitare l imposizione di particolari oneri allo Stato costiero cui la stessa appartiene e, infine, del fabbisogno alimentare delle popolazioni degli Stati 128 UNCLOS, artt UNCLOS, art. 127: 1. Il traffico in transito non è soggetto ad alcun diritto doganale, tassa od altre spese, ad eccezione di quelli imposti per servizi specifici resi in relazione a tale traffico. 2. I mezzi di trasporto in transito e le altre strutture messe a disposizione degli Stati privi di litorale e da essi utilizzate non sono soggette a tasse o spese maggiori di quelle imposte per l utilizzazione dei mezzi di trasporto degli Stati di transito. 130 UNCLOS, art. 131: Le navi battenti bandiera di Stati privi di litorale godono nei porti marittimi di un trattamento uguale a quello accordato alle altri navi straniere. 65

72 Capitolo 1 Il Governo del mare interessati. Ciò a condizione che tutti gli Stati menzionati siano caratterizzati dallo stesso livello di sviluppo industriale. Un trattamento preferenziale viene, invece, riservato ai Paesi in via di sviluppo privi di litorale o aventi caratteristiche geografiche particolari qualora la capacità di pesca di uno Stato costiero sia prossima al volume delle catture previste nella zona economica esclusiva. Allora questo e gli altri Stati della stessa sub-regione o regione devono cooperare al fine di pervenire alla conclusione di accordi che permettano agli Stati in via di sviluppo di partecipare allo sfruttamento delle risorse biologiche delle zone economiche di tutti gli Stati interessati, tenuto conto della circostanza e dell esigenza di pervenire a condizioni soddisfacenti per tutte le parti in causa. Tali disposizioni non pregiudicano la possibilità di accordi che prevedano la concessione di diritti preferenziali da parte di Stati costieri a Stati delle categorie in esame, per lo sfruttamento delle risorse biologiche esistenti nello loro zone economiche. Inoltre, tali regole non trovano applicazione nel caso in cui l economia dello Stato costiero dipenda fortemente dallo sfruttamento delle risorse biologiche della sua zona economica esclusiva. Infine, allo scopo di prevenire qualunque manovra speculativa volta a vanificare lo spirito della normativa nella parte in cui essa diversifica l esercizio dei diritti di sfruttamento delle risorse biologiche in relazione alla categoria degli Stati, la Convenzione statuisce la non trasferibilità dei citati diritti, direttamente o indirettamente, anche attraverso la creazione di imprese congiunte, a Stati terzi o a loro imprese o cittadini. A meno che ciò non sia stato preventivamente convenuto con lo Stato costiero. 1.3 La legislazione nazionale La disciplina L Italia appose la firma sulla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare il 9 dicembre del 1984, ma solo il 13 gennaio 1995 venne depositata la ratifica a questo trattato, accompagnata dalla seguente Dichiarazione. Nel depositare il proprio strumento di ratifica, l Italia ricorda che, come Stato membro della Comunità Europea, ha trasferito alla Comunità la competenza relativa a determinate materie regolate dalla Convenzione. Una dettagliata dichiarazione sulla natura e sulla estensione della competenza trasferita alla Comunità Europea sarà fatta nei modi dovuti in accordo con quanto previsto nell Annesso XI della Convenzione. 66

73 Capitolo 1 Il Governo del mare L Italia desidera anche riconfermare le seguenti dichiarazioni fatte quando fu firmata la Convenzione: Secondo la Convenzione, lo Stato costiero non gode di diritti residuali nella zona economica esclusiva. In particolare, i diritti e la giurisdizione dello Stato costiero in tali zone non includono il diritto di ottenere la notifica di esercitazioni o manovre militari o di autorizzarle. Inoltre, i diritti dello Stato costiero di costruire o autorizzare la costruzione, la messa in opera e l uso di installazioni e strutture nella zona economica esclusiva e sulla piattaforma continentale, è limitato soltanto alle categorie di tali installazioni e strutture elencate nell articolo 60 della Convenzione. Nessuna delle previsioni della Convenzione, che corrispondono in questa materia al diritto internazionale consuetudinario, può essere considerata come attributiva allo Stato costiero del diritto di far dipendere da preventivo consenso o notifica il passaggio inoffensivo di particolari categorie di navi straniere. L Italia ha l onore di dichiarare, secondo il paragrafo 1 (a) dell articolo 298 della Convenzione, che non accetta nessuna delle procedure previste nella sezione 2 della Parte XV con riguardo alle dispute concernenti gli articoli 15, 74 e 83 relative alle delimitazioni dei confini marittimi ed alle baie o ai titoli storici. In nessun caso la presente dichiarazione deve essere interpretata in modo tale da comportare l accettazione o il rifiuto da parte dell Italia di dichiarazioni, fatte da altri Stati al momento della firma o della ratifica, concernenti materie diverse da quelle considerate. Vediamo ora nel dettaglio la disciplina vigente nel nostro ordinamento nazionale. Acque interne Il governo italiano, conformandosi alla disciplina internazionale, ha emanato il D.P.R , n. 816 che istituisce un sistema di linee di base rette, articolato in 21 segmenti lungo la penisola, 10 attorno alla Sicilia e 7 attorno alla Sardegna, tale da semplificare notevolmente il margine esterno del mare territoriale. In questo modo, infatti si è passati ad uno sviluppo lineare di meno di km, rispetto ai km della penisola e delle isole, facilitando di conseguenza l attività di polizia e vigilanza nei settori vitali della difesa nazionale, della lotta al contrabbando, della conservazione dell ambiente marino e della pesca. 67

74 Capitolo 1 Il Governo del mare Il legislatore nazionale ha dovuto tenere conto delle irregolarità della costa e delle numerose insenature e degli isolotti che condizionano la posizione delle linee di base. Dopo numerose considerazioni, basate soprattutto sulle indicazioni fornite dalla disciplina internazionale è stato stabilito quanto segue. L Arcipelago Toscano è stato delimitato con linee che, partendo dalla foce dell Arno, in prossimità di Pisa, congiungono le isole Gorgonia, Capraia, Elba, Pianosa, Scoglio d Africa, Montecristo, Gigli, Giannutri, per poi tornare sulla costa a Civitavecchia. Le isole Pontine e i Golfi di Napoli e Salerno sono stati chiusi con le linee congiungenti Anzio, e le isole di Palmarola, Ponza, Ischia e Capri, l estremità meridionale del Golfo di Salerno. Il Golfo di Squillace è stato chiuso da una linea che congiunge le sue estremità e un provvedimento analogo è stato adottato per il Golfo di Taranto, considerato come baia storica. Il Golfo di Manfredonia e le isole Tremiti sono stati racchiusi da linee congiungenti Peschici, le Tremiti, Termoli e Punta Penna a Nord di Vasto. Infine, il Golfo di Venezia è stato chiuso da punta Maestra a Ponte di Piave. 68

75 Capitolo 1 Il Governo del mare Fig Linee di base italiane in base alla normativa sancita dal D.P.R. n.816 del 26 aprile 1977 (Fonte: CAFFIO F., op.cit., Glossario voce Linee di base ) Nella disciplina è stato menzionato il caso peculiare del Golfo di Taranto (Fig. 1.12), qualificato come baia storica dal D.P.R. 26 aprile 1977, n.816 sulle linee di base del mare territoriale italiano che ne ha previsto la chiusura con una linea (della lunghezza di 60 miglia) tracciata tra S.M. di Leuca e Punta Alice. Fig.1.12 Chiusura del Golfo di Taranto (Fonte: CAFFIO F., op.cit., Glossario voce Baie storiche ) L insenatura è una baia in senso giuridico, in quanto, ha una superficie pari a quella del semicerchio che ha come diametro la linea di chiusura e presenta, perciò, caratteristiche di marcata indentazione nella terraferma. Questa circostanza, cui è collegata quella particolare situazione di sottoposizione al dominio terrestre che è presupposto dell esercizio di diritti esclusivi di sovranità, trova anche conferma nel fatto che le fauces terrarum del Golfo (Penisola Salentina e Calabria) sono di notevole lunghezza e modesta larghezza. Gli elementi su cui si basa la storicità non sono stati indicati nel nostro Paese né al momento dell emanazione del suindicato decreto, né in precedenti o successive occasioni. Inoltre il caso del Golfo di Taranto è anche ignorato dalla letteratura sulle baie storiche, ad eccezione del de Cussy, che lo nomina nella sua opera 131. Per questo insieme di motivi sono state avanzate delle riserve nei confronti della iniziativa italiana, sia da parte della dottrina internazionalistica sia da parte degli Stati Uniti che, nell ambito del Freedom of Navigation Programme (FON), il quale prevede la contestazione delle pretese marittime giudicate non conformi al diritto internazionale, 131 IBIDEM. 69

76 Capitolo 1 Il Governo del mare hanno manifestato le loro perplessità con una prima nota diplomatica di protesta, nel 1984, e con successive iniziative. Il caso è stato discusso in riunioni bilaterali, nel 1984, nel corso delle quali gli Stati Uniti hanno esposto il convincimento che al Golfo non possa essere legittimamente attribuito lo status di baia storica, in mancanza dei requisiti necessari, sostenendo che uno Stato costiero che reclama questo status per un area marittima deve aver preteso di esercitarvi sovranità per un lungo periodo di tempo, apertamente e continuativamente, e la sua pretesa deve essere risultata in assenza di proteste di Paesi stranieri, ascrivibile ad acquiescenza. Il 24 febbraio 1982, quindi prima della protesta statunitense, si era verificato il caso del transito in immersione all interno del Golfo di un sommergibile di nazionalità sconosciuta 132, in contrasto con il divieto di transito che vige nelle acque interne di uno Stato. L intrusione 133 può essere considerata una contestazione implicita della sovranità italiana sulle acque del Golfo. Questo episodio si affianca poi alla contestazione britannica 134 che sosteneva l illegittimità delle pretese italiane, in quanto non conformi all interpretazione che la stessa Gran Bretagna dava della disciplina contenuta nella Convenzione di Ginevra del 1958 sul mare territoriale. Di fronte a proteste e a riserve di questo genere, alcuni studiosi hanno ipotizzato che il fondamento della pretesa italiana fosse da ricercare in quella normativa in base alla quale uno Stato costiero può chiudere una baia la cui apertura ecceda le 24 miglia, qualora questa sia inserita in una costa che contenga profonde indentazioni e che sia frastagliata. In questo modo essi rinnegano la possibilità di definire storica la baia di Taranto per inesistenza dei titoli necessari, e ne imputano la chiusura ad una linea di base retta che congiunge i punti naturali d entrata di questa insenatura lungo la costa jonica. In realtà la storicità del Golfo di Taranto è molto meno evanescente di quanto ritenga questa parte della dottrina internazionalistica. La chiusura del Golfo infatti rappresenta un punto di arrivo i un lunghissimo processo di appropriazione dell area, durato più di due mila anni e nel corso del quale vi è stata non solo la coscienza, ma anche la volontà di considerare il Golfo di Taranto come area di esclusivo dominio italiano. Il titolo giuridico cui fare ricorso per supportare questa teoria è la nozione dell immemorabile, che non richiede il possesso continuo animus domini di un area, ma fa invece riferimento ad una situazione di fatto costituita da tempo immemorabile le cui 132 Identificato come un sommergibile sovietico di classe victor. 133 Tra l altro mai rivendicata dall ex Unione Sovietica come una propria iniziativa consapevole. 70

77 Capitolo 1 Il Governo del mare origini si perdono nel passato e contro cui non si riesce a provare alcuna situazione contraddittoria. Da questo punto di vista il titolo storico principale del nostro Paese risiede dunque nell uso esclusivo della zona, da tempo immemorabile, da parte delle popolazioni locali per i propri interessi di sicurezza e di pesca, che è attestato in varie epoche da fatti e circostanze di varia natura. Solo a titolo di esempio: - nel IV sec a.c. Roma e Taranto siglarono un trattato che interdiceva ai Romani il l accesso al Golfo vietandone la navigazione oltre Capo Lacinio (oggi Capo Colonne) 135 e l azione romana del 282 a.c. mirante a infrangere il divieto di navigazione derivante da questo accordo diede origine ad un periodo di ostilità fra i due popoli; - Stradone, storico del I sec. a.c. riconosce espressamente alle genti della Magna Grecia il controllo esclusivo dell area; - All epoca del Regno di Napoli, risultano numerosi provvedimenti emanati dai Vicerè spagnoli a seguito di reclami della popolazione tarantina sui diritti esclusivi di pesca del Golfo; - Infine durante la prima guerra mondiale risulta un Decreto Luogotenenziale del 24 agosto 1915 con cui veniva stabilito il divieto di navigazione all interno del Golfo, a nord della congiungente Capo Trionfo Torre Madonna dell Alto. Fig Chiusura del Golfo di Taranto (Fonte: CAFFIO F., op.cit., Glossario voce Baie storiche ) 134 Espressa in una dichiarazione resa il 13 ottobre del 1981 alla House of Lords. 135 Questo trattato venne citato da Appiano (Storia di Roma, De Rebus Samn., VII), nel II sec. a.c. 71

78 Capitolo 1 Il Governo del mare Il sistema così adottato fu oggetto di contestazione da parte del governo maltese che, con Nota verbale del , ha comunicato di continuare a ritenere che le linee di base per la delimitazione delle acque territoriali italiane e della piattaforma continentale sono quelle che erano riconosciute internazionalmente prima del Mare territoriale Come già accennato, le linee di base sono importanti in quanto costituiscono il limite da cui far partire le cd. zone marittime o fasce di giurisdizione, cioè delle zone di mare, o di fondo marino, per le quali il diritto indica, da una parte, l estensione e, dall altra, i diritti e gli obblighi in capo agli Stati. La disciplina adottata dall Italia e vigente nelle acque internazionali si conforma al diritto internazionale che, già analizzato in precedenza, non verrà ora riportato. Un breve cenno, però, va fatto per ciò che riguarda l Italia, ove la disciplina relativa all accesso ed alla sosta delle navi da guerra estere, in tempo di pace che, prevista dal R.D. 24 agosto 1933, n. 2423, dispone quanto segue: Premesso che il termine nave da guerra comprende anche le navi ausiliarie, viene precisato che tali navi, di bandiera estera, non belligeranti, possono visitare i porti italiani ed ancorarsi nel mare territoriale purché la visita sia notificata, per via diplomatica, con possibile anticipo di sette giorni e limitata, salvo diversa autorizzazione, a non più di tre unità per ciascuno dei tre settori in cui, agli effetti, è diviso il litorale dello Stato: Adriatico, Jonico e Tirrenico. Il soggiorno è limitato di massima ad otto giorni salvo proroghe conseguenti a motivi di forza maggiore ed a specifiche autorizzazioni da chiedere per via diplomatica. I sommergibili devono navigare, e sostare nei porti, in emersione. Le unità occuperanno il posto di ancoraggio e di ormeggio assegnato e dovranno partire entro sei ore da un eventuale, e comunque motivato, invito dell autorità marittima. Le navi sono tenute al rispetto delle norme di polizia, di sanità e doganali ed alle regole d uso per quanto riguarda il cerimoniale. L uso di apparati radio, durante la sosta, è subordinato ad autorizzazione. È vietato procedere a rilievi del terreno, ad operazioni di scandaglio, nonché, salvo autorizzazioni, ad esercitazioni subacquee e gli aeromobili imbarcati non possono levarsi in volo. È vietato eseguire sentenze capitali nelle acque interne e territoriali. In caso di inosservanza, l autorità marittima farà esplicito richiamo e, qualora la nave o le navi persistano nel loro atteggiamento, inoltrerà al Comando delle suddette imbarcazioni una formale protesta, informando telegraficamente il Ministero della Difesa. La sosta di navi da guerra in acque italiane è disciplinata dalla legge , n

79 Capitolo 1 Il Governo del mare Zona contigua La disciplina internazionale prevede che la zona contigua di uno Stato, per poter esistere, debba essere formalmente proclamata mediante una legge nazionale dello Stato costiero. L Italia non si è ancora avvalsa di questa facoltà. L ordinamento italiano, infatti, prevedeva sino al 1974 una zona contigua di 6 miglia al di là delle acque territoriali che all epoca erano di eguale estensione. Successivamente, quando il limite esterno del mare territoriale venne portato a 12 miglia 136, la fascia della zona contigua vi risultò inglobata, senza che il governo provvedesse ad ampliarne l estensione A tutt oggi questa situazione non ha subito modifiche. Piattaforma continentale Anche l Italia ha disciplinato lo sfruttamento della propria piattaforma continentale nella legge 21 luglio 1967, n. 613, che regolamenta la ricerca e l estrazione degli idrocarburi. La normativa nazionale si conforma alla disciplina internazionale sancita nella Convenzione di Ginevra del 1958, e stabilisce che il limite della piattaforma italiana sia costituito dalla isobata dei 200mt o dai punti di maggiore profondità, sempre che la tecnica estrattiva ne consenta la sfruttabilità, e sino alla linea mediana tra la propria costa e quella dei Paesi vicini, a meno che non intervenga un diverso accordo tra le Parti interessate. La peculiare posizione geografica ha costretto il nostro Paese a siglare numerosi accordi finalizzati alla delimitazione della piattaforma continentale. L 8 gennaio 1968, venne siglato il trattato con l allora Jugoslavia, ratificato con D.P.R. 22 maggio 1969, n.830, in vigore dal 21 gennaio, in base al quale viene adottato il criterio della mediana tra le coste dei due Paesi, attribuendo un effetto nullo o minimo, nel tracciamento della delimitazione, all isola jugoslava di Pelagosa ed agli isolotti disabitati di Pomo e di S. Andrea; scostamenti dal principio di equidistanza sono stati attuati in favore 136 Con la legge , n

80 Capitolo 1 Il Governo del mare dell Italia, nel quadro di una compensazione di aree tra le due Parti, tenendo conto dell effetto delle isole di Jabuca e Galiola. Il 28 agosto del 1971 venne firmato l accordo con la Tunisia, ratificato con L.3 giugno 1978, n.357, in vigore dal 16 dicembre 1978, che adottava il criterio della mediana tra le coste continentali della Tunisia e quelle della Sicilia senza dare alcun valore, ai fini della delimitazione, alle circostanze speciali rappresentate dalle isole italiane di Pantelleria, Lampedusa e Linosa ed all isolotto disabitato di Lampione (la cui porzione di piattaforma è limitata, rispettivamente ad archi di cerchio di 13 e 12 mg. di raggio). Per effetto di questo trattato venne concessa alla Tunisia un area di quasi chilometri quadrati, corrispondente a quella che sarebbe spettata all Italia ove fosse stata adottata le linea mediana rispetto alle Isole Pelagie. Da notare che la soluzione prescelta comporta che il cosiddetto Mammellone 137 ricada interamente all interno della piattaforma tunisina. Fig La parte tratteggiata della cartina indica la zona di piattaforma continentale che avrebbe potuto essere assegnata all Italia nel caso in cui fosse stata adottata la mediana tra le isole Pelagie e la costa tunisina. (Fonte: CAFFIO F., op.cit., Glossario voce Piattaforma continentale ) L Italia e la Spagna si accordarono il 19 febbraio 1974 e il trattato venne ratificato con L.3 giugno 1978, n.348, in vigore dal 16 novembre In questo caso venne adottato il criterio della mediana tra la Sardegna e le Baleari con una linea leggermente concava che attribuisce rilievo al maggior sviluppo costiero della Sardegna rispetto all Isola di Minorca. La delimitazione non è mai stata accettata dalla Francia, che continua a considerare come facenti parte della propria piattaforma continentale una porzione delle aree spartite tra Italia e Spagna. 137 Il contenzioso presente nella zona è stato ampiamente analizzato nella trattazione delle zone di pesca. 74

81 Capitolo 1 Il Governo del mare Il 24 maggio 1977 venne concordata la delimitazione con la Grecia, ratificata con L.23 marzo 1980, n.290, in vigore dal 3 luglio La delimitazione tiene conto interamente delle isole Strofadi, di Zante, Cefalonia, Leucade e Corfù. Unica eccezione è l isola di Fano, cui è attribuito un effetto ridotto. E infine, il 18 dicembre 1992 venne siglato il trattato con l Albania, ratificato con legge 12 aprile 1995, n.147 ed entrato in vigore il 26 febbraio La delimitazione, in questo caso, è stata determinata sulla base del principio di equidistanza espresso nella linea mediana dalle coste dei due Paesi senza tener conto delle loro linee di base dritte. Va segnalato, inoltre che: - La delimitazione si ferma al di qua dei punti tripli con Grecia e Repubblica Federale Jugoslava da definire successivamente con gli Stati interessati; - Viene fatto salvo il regime giuridico delle acque e dello spazio aereo sovrastanti la piattaforma continentale; - Si stabiliscono criteri (proporzionalità ed equo indennizzo) per lo sfruttamento di giacimenti eventualmente esistenti a cavallo della mediana; - Si stabilisce l impegno delle due parti ad adottare tutte le misure possibili ad evitare che le attività di esplorazione e sfruttamento delle rispettive zone di piattaforma possano pregiudicare l equilibrio ecologico del mare o interferire ingiustificatamente con altri usi legittimi del mare. In materia di piattaforma continentale italiana bisogna, infine, considerare che: - Esiste un modus vivendi con Malta, instaurato con scambio di note verbali del 29 aprile 1970, riguardante la delimitazione parziale, a carattere provvisorio, dei fondali entro la batimetria dei 200 mt per mezzo della linea di equidistanza tra le coste settentrionali di Malta e le prospicienti coste della Sicilia; - La Corte Internazionale di Giustizia ha esaminato gli interessi italiani relativi alla delimitazione della piattaforma continentale nel Mediterraneo centrale nell ambito della controversia tra Malta e la Libia per la suddivisione della rispettiva piattaforma continentale. In particolare: o Nell ottobre del 1983 l Italia ha infatti presentato alla Corte una richiesta di intervento, quale terzo, ai sensi dell art.62 dello Statuto della Corte, nell ambito del giudizio instauratosi tra i due Paesi, per rivendicare propri interessi sia ad Ovest del meridiano (a Sud Est delle isole Pelagie), sia ad Est del punto N, E, ove ricade il banco di Medina, oggetto di pretese italiane, libiche e maltesi. Al riguardo va precisato che il 75

82 Capitolo 1 Il Governo del mare Banco di Medina è un bassofondo situato 68 miglia a Sud di Malta, in cui sembra essere stato localizzato un vasto giacimento petrolifero che è ripartito solo per una parte tra Libia e Malta, mentre per la restante non risulta delimitato, così da non pregiudicare gli interessi italiani. Non va peraltro dimenticato che nella zona di mare sovrastane il Banco di Medina, il 19 agosto 1980, la nave italiana Saipem II che stava effettuando delle prospezioni per conto di Malta fu abbordata da una fregata libica che le intimò di cessare ogni attività sostenendo che la zona apparteneva alla piattaforma continentale della Libia. Pur non avendo ammesso l intervento dell Italia, con la sentenza 3 giugno 1985, nel decidere sulla controversia per la delimitazione della piattaforma continentale tra Malta e la Libia, ha tenuto conto degli interessi dell Italia a non vedere pregiudicate le proprie pretese sulla piattaforma inerente le aree ad Est e ad Ovest di Malta. La Corte ha infatti stabilito che i limiti entro i quali la Corte, al fine di preservare i diritti dei terzi Stati, restringerà la propria decisione nel presente caso, possono perciò essere definiti nei termini della pretesa dell Italia che sono riportati con precisione sulla mappa per mezzo di coordinate geografiche. Durante il procedimento tenutosi a seguito della sua richiesta di intervento, l Italia ha stabilito che essa ritiene di avere diritto su una zona geografica delimitata ad Ovest dal meridiano E, a Sud dal parallelo N, ad Est dalla linea di delimitazione concordata tra Italia e Grecia ed il suo prolungamento, ed a Nord dalle coste italiane della Calabria e della Puglia; e ritiene di avere diritto sopra una seconda area delimitata dalle linee che uniscono i seguenti punti: (i) il punto sud orientale terminale della linea definita nell Accordo tra Italia e Tunisia del 20 agosto 1971; (ii) punti X e G mostrati su una Carta presentata alla Corte il 25 gennaio 1984; (iii) il punto N e E; e (iv) il punto collocato sul meridiano E a Nord del punto precedente ed a Est del punto terminale menzionato ad (i). Queste aree sono mostrate nella carta riportata di seguito. La Corte nel rispondere alla questione posta (da Libia e Malta) nell Accordo speciale, si limiterà all area in cui non esistono pretese di terzi Stati, vale a dire l area tra il meridiano E e E. La Corte nota che vi è ad Est (della stessa area) una ulteriore area di piattaforma continentale, situata a Sud del parallelo N, alla quale non si 76

83 Capitolo 1 Il Governo del mare estendono le pretese dell Italia, ma che è soggetta alle pretese contrastanti di Malta e Libia. I limiti entro i quali la Corte, al fine di preservare i diritti dei terzi, restringerà la sua decisione nel presente caso, possono perciò essere definiti nei termini della pretesa dell Italia Fig Le aree di interesse italiano a sud-ovest e a sud-est di Malta riconosciute dalla Corte Internazionale di Giustizia nell ambito della sentenza del 1985 sulla piattaforma continentale libico-maltese (Fonte: CAFFIO F., op.cit., Glossario voce Piattaforma continentale ) - La trattativa con la Francia si interruppe nel 1972 per la pretesa di questo Paese di pervenire ad una delimitazione non conforme agli interessi italiani e non in linea con i principi al tempo vigenti in materia di definizione della piattaforma continentale tra Stati confinanti. 77

84 Capitolo 1 Il Governo del mare Fig Configurazione della piattaforma continentale italiana secondo gli accordi stipulati. (Fonte: CAFFIO F., op.cit., Glossario voce Piattaforma continentale ) Zona economica esclusiva Nessun Paese rivierasco del Mediterraneo ha finora preso provvedimenti in materia di istituzione di zone economiche esclusive. La possibile territorializzazione delle zone di alto mare attualmente esistenti nel Mediterraneo è finora generalmente ritenuta la maggiore remora all istituzione di ZEE. Infatti, il pericolo viene individuato, fondamentalmente, nelle pretese che potrebbero essere mosse dai singoli Paesi che, qualora proclamassero una ZEE vi potrebbero poi ampliare oltre misura i propri poteri ai fini della conservazione e dello sfruttamento delle risorse marine, pretendendo controlli, autorizzazioni o misure coercitive a carico delle navi militari in transito. Al riguardo, come si è già detto, l Italia, con riguardo evidentemente alla situazione del Mediterraneo, ha formulato riserve al momento della firma e della ratifica della Convenzione del Diritto del Mare del In merito alla eventuale istituzione di una ZEE italiana sembra di poter dire, tenendo conto dell orientamento della dottrina accademica, che l iniziativa non è ritenuta un provvedimento né conveniente dal punto di vista degli interessi di pesca, né opportuno in relazione agli equilibri geopolitica del Mediterraneo ed alla esigenza che la mobilità delle flotte non sia limitata da eventuali regimi restrittivi instaurati unilateralmente dagli Stati frontisti nelle proprie ZEE. Resta fermo, ovviamente, che l Italia, in caso di proclamazione unilaterale della ZEE da parte di uno Stato frontista sarebbe costretta ad adottare una misura analoga: infatti, in mancanza di ciò, la pretesa di quello Stato non potrebbe essere contestata né potrebbe essere definito il confine delle due ZEE. Va, infine, menzionato il problema del transito delle Forze navali nelle ZEE. Per quanto il testo della Convenzione di Montego Bay non contenga alcuna norme che legittimi l adozione di misure che limitino l uso delle acque della ZEE da parte delle navi da guerra di Stati terzi, da più parti è stato avanzato il dubbio che gli Stati costieri, a causa del fenomeno della creeping jurisdiction, cioè dell estensione della propria giurisdizione anche dove non ve ne sarebbe il titolo, finiscano per dare carattere territorialistico ai propri poteri assimilando di fatto la zona economica esclusiva alle acque territoriali. 78

85 Capitolo 1 Il Governo del mare Da questo punto di vista, potrebbero essere ipotizzabili delle restrizioni importanti agli usi militari delle acque delle ZEE, identificabili in fattispecie come l interdizione del passaggio per le navi operanti, limitazioni alla libertà delle esercitazioni dietro la giustificazione di difesa della fauna ittica, o, ancora, il controllo di tutte le operazioni militari da svolgersi nella zona. La posizione italiana di contrarietà a tale illegittimo regime di limitazioni è stata espresso al momento del deposito dell atto di ratifica della Convenzione, con la seguente dichiarazione: Lo Stato costiero non gode, secondo la Convenzione, di diritti residuali nella zona economica esclusiva. In particolare, i diritti e la giurisdizione dello Stato costiero in tale zona non includono il diritto di ottenere la notifica di esercitazioni o manovre militari o di autorizzarli. Zona archeologica La legislazione italiana di riferimento per la protezione dei beni archeologici in mare è rappresentata dalla L. 1 giugno 1939, n.1089 sulla tutela delle cose di interesse artistico o storico. Questa normativa, prevedendo disposizioni riguardanti gli oggetti rinvenuti nel territorio dello Stato, è da considerarsi applicabile anche ai ritrovamenti avvenuti nelle acque interne e territoriali. Direttive di azione per l applicazione della suddetta legge in tali zone marine sono contenute nel Decreto Interministeriale in data 12 luglio 1989 contenente Disposizioni per la tutela delle aree marine di interesse storico, artistico e archeologico con cui si regolamentava il concorso del Ministero della Marina Mercantile, attraverso la componente della Guardia Costiera, nell espletamento delle attribuzioni di competenza del Ministero dei Beni Culturali. In aggiunta, il Ministero dei Beni Culturali e il Ministero della Difesa hanno stipulato, in data 14 maggio 1998, una Convenzione per la ricerca archeologica in mare, che attribuisce alla Marina Militare, nelle zone sottoposte alla giurisdizione nazionale, funzioni di collaborazione nella ricerca, nella localizzazione e nell eventuale recupero a profondità superiori di -40mt, di beni storicoarcheologici, mediante l impiego di Unità navali munite di idonee attrezzature e di vigilanza per la prevenzione e la repressione degli illeciti concernenti i beni di interesse archeologico rinvenuti sul fondo del mare. Zone di pesca 79

86 Capitolo 1 Il Governo del mare Le zone di pesca che interessano l Italia sono già state analizzate nei paragrafi precedenti in relazione alla complessa disciplina del Mediterraneo. La trattazione separata non sarebbe stata possibile a causa delle relazioni con gli altri Paesi. Si rimanda, pertanto, a quella parte per l analisi della situazione nazionale Gli attori principali L aumento demografico registrato negli ultimi decenni lungo le coste, la crescita del turismo balneare e della nautica da diporto, l attuale complessità dei traffici marittimi, intimamente connessa al processo di globalizzazione che caratterizza la nostra era, lo sfruttamento del mare per l approvvigionamento di materie prime e risorse energetiche e lo sforzo di pesca, hanno portato il nostro Paese alla consapevolezza che per poter produrre una disciplina al pari con le crescenti esigenze, per poter applicare la normativa in vigore e per poter attuare i controlli necessari, diventa fondamentale una struttura articolata e capillare in costante azione. In un Paese come l Italia, poi, che comprende kmq di acque interne e territoriali, sulle quali la sovranità è esclusiva, e kmq, sui quali possiede diritti esclusivi di sfruttamento e doveri di soccorso e di protezione ambientale, una simile presenza diventa addirittura fondamentale. Nelle prossime pagine si analizzeranno sinteticamente i principali soggetti che si occupano, nella loro attività quotidiana, degli ambienti marini e del territorio costiero. Il Ministero dell Ambiente e Tutela del territorio e del mare, le Regioni e gli Enti locali La situazione legislativa esistente fino alla metà degli anni 80 aveva disperso le competenze amministrative in materia ambientale tra una pluralità di centri di potere ministeriali, compromettendo seriamente la realizzazione di una politica ambientale organica ed efficiente. Erano, infatti, coinvolti: il Ministero dei Lavori Pubblici, competente per la dislocazione territoriale degli interventi statali, per l utilizzo delle acque pubbliche, per le opere idrauliche; il Ministero dell Agricoltura, competente per le bonifiche, la ristrutturazione dei terreni montani, le opere di trasformazione fondiaria; il Ministero della Marina Mercantile, che, tra l altro, controllava e gestiva il demanio marittimo; il Ministero dei Beni culturali, competente per la pianificazione paesistica; il 80

87 Capitolo 1 Il Governo del mare Ministero degli Interni, competente per la protezione civile; il Ministero dell Industria, competente per cave, torbiere, risorse geotermiche, energia elettrica; il Ministero della Sanità, competente, tra l altro, per l igiene ambientale e per l inquinamento atmosferico; ed infine il Ministero dei Trasporti, competente per la navigazione interna. Nel 1986 venne istituito con legge 8 luglio, n il Ministero dell Ambiente che assunse tutte le competenze essenziali per la tutela ambientale e gran parte di quelle attribuzioni, che un tempo erano distinte e suddivise tra gli altri ministeri. Dal quadro delle competenze che traggono origine dalla disciplina della legge 349/1986, emerge la volontà di dare vita ad una politica di gestione ambientale prevalentemente accentrata. L art. 1, infatti, dispone che è compito del Ministero assicurare, in un quadro organico, la promozione, la conservazione ed il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività ed alla qualità della vita, nonché la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall inquinamento. I commi seguenti dell articolo individuano le funzioni di carattere generale che il Ministero deve assolvere e che si concretizzano nella promozione di studi, indagini e rilevamenti interessanti per l ambiente, nella sensibilizzazione dell opinione pubblica alle esigenze e ai problemi dell ambiente, nella cooperazione con gli organismi internazionali e promozione dell adempimento delle convenzioni internazionali, nella cooperazione con la Comunità Europea e nell adempimento dei regolamenti e delle direttive comunitarie concernenti l ambiente e il patrimonio culturale, ed infine nella redazione di una relazione biennale sullo stato dell ambiente. 139 Dalla lettera della legge, l ambito delle funzioni risulta talmente ampio da rendere evidente che lo spazio riservato agli enti locali è estremamente ridotto, limitandosi a timide ed isolate attribuzioni; ecco perché si è resa necessaria l emanazione del D.Lgs 112/1998, che prevede la riallocazione delle funzioni amministrative tra i diversi livelli di governo, allo scopo di individuare le funzioni da conferire alle Regioni e agli enti locali. Ai sensi dell art. 69 del suddetto decreto legislativo i compiti di rilievo nazionale sono: - compiti afferenti l adempimento degli impegni assunti in campo internazionale e comunitario, quali il recepimento delle convenzioni internazionali e delle 138 Legge 8 luglio 1986, n. 349, Istituzione del Ministero dell Ambiente e norme in materia di danno ambientale, in G.U. n. 162 Supplemento ordinario n. 59 del 15 luglio Legge 349/1986, Artt.1 e

88 Capitolo 1 Il Governo del mare direttive comunitarie relative alla tutela dell ambiente e alla conseguente definizione degli obiettivi e delle iniziative necessarie per la loro attuazione nell ordinamento nazionale; - compiti relativi alla conservazione e alla valorizzazione delle aree naturali protette, ivi comprese le zone umide, riconosciute di importanza nazionale o internazionale, nonché alla tutela della biodiversità, della fauna e della flora specificamente protette da accordi e convenzioni internazionali e dalla normativa comunitaria; - compiti informativi, che consistono nella stesura della relazione generale sullo stato dell ambiente e nell adozione della carta della natura; - compiti di supporto tecnico alla progettazione in campo ambientale nelle materie di competenza statale; - compiti relativi alla fissazione di valori limite, standard, obiettivi di qualità e sicurezza per il raggiungimento di un livello adeguato di tutela dell ambiente sull intero territorio nazionale; - compiti relativi alla protezione, alla sicurezza e all osservazione della qualità dell ambiente; - compiti attinenti ai settori della caccia, quali la redazione dell elenco delle specie cacciabili e le relative variazioni; - compiti di protezione della fauna e della flora terrestre e marina, per le specie minacciate di estinzione o per l autorizzazione in ordine all importazione e all esportazione di fauna selvatica viva appartenente alle specie autoctone o, infine, per l elencazione dei mammiferi e dei rettili pericolosi; - compiti attinenti ad interventi speciali a tutela dell ambiente quali l acquisto, il noleggio e l utilizzazione di navi e aerei per azioni tutelative di rilievo nazionale; - compiti di vigilanza, sorveglianza, monitoraggio e controllo, finalizzati all esercizio delle funzioni di cui ai punti precedenti, comprese le attività di vigilanza sull Agenzia nazionale per la protezione dell ambiente (ANPA) e sull Istituto per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (ICRAM); - compiti connessi all esercizio dei poteri statali di cui all articolo 18 della L.349/1986, - inerenti al risarcimento del danno ambientale. Lo Stato continua a svolgere, in via concorrente con le Regioni, le funzioni relative: - all informazione ed educazione ambientale; - alla promozione di tecnologie pulite e di politiche di sviluppo sostenibile; - alle decisioni di urgenza a fini di prevenzione del danno ambientale; 82

89 Capitolo 1 Il Governo del mare - alla protezione dell ambiente costiero. 140 Negli anni successivi al 1986 vennero emanati diversi atti legislativi inerenti al mare e alle coste come, ad esempio, la L. 24 dicembre 1993, n. 537, che trasferiva al Ministero le funzioni in materia di tutela e di difesa dell ambiente marino, in precedenza svolte dal Ministero della Marina Mercantile 141, e i lavori continuarono con l obiettivo di fornire un quadro normativo completo e accurato con il quale assicurare una gestione organica di un tema così delicato. Attualmente, il Ministero dell Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare si occupa, tra gli ambiti di sua competenza, della difesa degli ambienti marini e costieri, con una struttura centrale articolata in diverse divisioni, ognuna responsabile di un particolare settore di attività. La complessità della materia ha condotto l istituzione centrale a promuovere diverse forme di collaborazione con istituti ed enti pubblici e privati che forniscono un supporto tecnico-scientifico per l elaborazione di piani nazionali e locali a favore dell ambiente. In ambito marino e costiero il Ministero sta conducendo dei programmi di monitoraggio, in collaborazione con l SDM, l ICRAM, l ANPA, il CoNISMa, l ENEA, l IRSA/CNR e l ISS. Questi piani, diretti a livello centrale e attuati capillarmente in ambito locale, permettono di monitorare costantemente lo stato di qualità ambientale sia delle aree poste sotto tutela, sia di quelle fortemente antropizzate che subiscono gli impatti maggiori. I programmi hanno durata triennale e vengono di volta in volta aggiornati per focalizzare gli interventi in quelle aree che manifestano problematiche più rilevanti. 140 Notizie tratte dal sito internet: Legge 24 dicembre 1993, n. 537: - Art. 8: Sono soppressi il Ministero dei Trasporti e il Ministero della Marina Mercantile. - Art. 9: E istituito il Ministero dei trasporti e della navigazione, al quale sono trasferiti funzioni, uffici, personale e risorse finanziarie dei soppressi Ministeri, fatto salvo quanto disposto dal comma Art. 10: Sono trasferite al Ministero dell Ambiente le funzioni del Ministero della Marina Mercantile in materia di tutela e di difesa dell ambiente marino. Il Ministero dell Ambiente si avvale dell Istituto Centrale per la Ricerca Applicata al Mare (ICRAM). - Art. 11:Con decreto del Ministro dei Trasporti e della Navigazione e del Ministro dell Ambiente, di concerto con i Ministri del Tesoro e della Funzione Pubblica, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, si provvede alla individuazione ed al trasferimento di mezzi finanziari, personale ed uffici del Ministero dell Ambiente. Con gli stessi decreti si provvede, inoltre, a fissare i criteri per la parziale riassegnazione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero della Marina Mercantile per l anno

90 Capitolo 1 Il Governo del mare Molti sono ormai i progetti attuati o programmati che impegnano le Agenzie Regionali per la Protezione Ambientale (ARPA). È risultato, infatti, evidente come in materia ambientale sia necessaria una collaborazione che operi verticalmente, fra organismo centrale e sedi locali, e orizzontalmente, travalicando i confini territoriali, siano essi regionali o nazionali. Un interessante esempio di collaborazione è rappresentato dalla Rete nazionale delle Autorità Ambientali e delle Autorità della Programmazione dei Fondi Strutturali comunitari, istituita nel corso della programmazione e le cui attività sono state confermate nella programmazione Essa costituisce una sede di coordinamento, di riflessione, di formazione, di confronto, di messa in comune delle esperienze e di elaborazione di proposte, di criteri e di metodologie attinenti agli aspetti ambientali delle azioni dei Fondi Strutturali comunitari. La Rete, oltre ai compiti di analisi e approfondimento delle problematiche tecniche e metodologiche della programmazione e attuazione delle politiche ambientali nazionali e regionali, ha il compito di effettuare una riflessione sulla promozione della sostenibilità ambientale nell impostazione del futuro ciclo di programmazione, di promuovere l internazionalizzazione dei meccanismi di integrazione ambientale nelle modalità ordinarie di azione delle amministrazioni regionali come garanzia di continuità dei risultati conseguiti con il contributo del Fondi Strutturali. Riunisce 142 i rappresentanti delle Autorità ambientali nazionali e regionali, i rappresentanti delle Autorità di Gestione degli interventi nazionali e regionali, i rappresentanti delle amministrazioni centrali titolari di linee di intervento incluse nell ambito dei programmi operativi regionali, i rappresentanti dei Servizi della Commissione Europea. Dal 2004 fanno parte della Rete anche l Agenzia per la Protezione dell Ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT), le Agenzie Regionali e Provinciali per la protezione dell ambiente (ARPA e APPA) e l Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). La gestione della Rete viene concordata di concerto tra il Ministero dello Sviluppo Economico, che ne detiene anche la responsabilità, e il Ministero dell Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, mentre l espletamento delle funzioni tecniche, organizzative e amministrative viene assicurato da una Segreteria tecnica. Tra i numerosissimi esempi di collaborazione che potrebbero essere citati, ve ne sono alcuni che coprono anche fattispecie internazionali. Basti pensare, ad esempio al 142 Art. 1, punto 1 del Decreto attuativo della Rete nazionale delle Autorità Ambientali e delle Autorità della Programmazione dei Fondi Strutturali comunitari, in riferimento al Quadro Comunitario di Sostegno per le Regioni italiane dell obiettivo 1, , punto 6.2.2, Autorità Ambientali, approvato dalla Commissione europea con decisione n. C(2000)2050 dell

91 Capitolo 1 Il Governo del mare Progetto RAMOGE 143, firmato nel 1976 dal Governo italiano, francese e monegasco e ratificato in Italia con la L , n. 743, con lo scopo di attuare una collaborazione tra le autorità regionali dei tre paesi per promuovere una zona pilota di lotta contro gli inquinanti marini lungo la fascia litoranea che si estende da Marsiglia a La Spezia. Il progetto prende il nome dalle prime sillabe dei nomi delle tre città che inizialmente hanno delimitato l ambito delle azioni: Saint Raphael, Monaco e Genova. La zona pilota RAMOGE si è ampliata successivamente estendendosi dalla foce del grande Rodano a quella del Magra, raggiungendo così una dimensione ecologica ottimale, comprendente le coste della Regione Provence-Alpes-Cote d Azur, del Principato di Monaco e della Regione Liguria. L Accordo RAMOGE costituisce l ambito di concertazione e di armonizzazione nel quale i tre Stati concordano le azioni da intraprendere per: acquisire le informazioni sulle condizioni della zona costiera interessata; esaminare i problemi comuni relativi all inquinamento delle acque marine costiere; favorire e promuovere studi, ricerche, scambi di informazioni e incontri con esperti internazionali. La salvaguardia e la gestione di una zona pilota internazionale si deve realizzare sia a livello scientifico che legislativo. Per raggiungere i suoi scopi l Accordo RAMOGE si è quindi dotato di una complessa struttura funzionale, composta da una Commissione, da un Comitato tecnico e da numerosi gruppi di lavoro specializzati. Le attività del progetto si sviluppano principalmente su quattro tematiche principali: la lotta contro l inquinamento la conservazione della fascia costiera la sensibilizzazione, l informazione e la partecipazione del pubblico gli aspetti giuridici Proprio l attività della Commissione ha permesso la redazione di un piano d intervento franco-italo-monegasco, il cosiddetto RAMOGEPOL, che designa le rispettive autorità competenti a coordinare l azione congiunta dei tre Paesi in caso di inquinamento marino accidentale. 143 A tale riguardo possono essere tratte utili informazioni dai siti istituzionali del Principato di Monaco ( e della Regione Provenza ( 85

92 Capitolo 1 Il Governo del mare Le attività, i progetti, le forme di collaborazione che eviteremo di riportare per non creare uno sterile elenco, mirano, come più volte segnalato, a coprire un campo vastissimo di interventi in materia ambientale, sia da un punto di vista geografico, sia da un punto di vista tecnico, al fine di assicurare alla popolazione nazionale ed ai partners europei un grado di efficienza degno degli standard internazionali ed in grado di intervenire in maniera efficace qualora se ne rilevi la necessità. Le Capitanerie di Porto e la Guardia Costiera Già all epoca dell Italia preunitaria gli Stati avevano individuato la necessità di costituire un amministrazione specialistica che si occupasse di tutte le attività attinenti alla navigazione, alle operazioni portuali e ai servizi di polizia e di controllo. La disciplina con cui tali questioni venivano trattate variava, ovviamente, da Stato a Stato, soprattutto a causa della grande frammentazione politica e culturale che aveva ispirato i singoli ordinamenti giuridici in essi vigenti 144, ma si può tuttavia affermare che l influsso del codice di commercio francese 145 fu comunque decisivo nel delinearne dei tratti comuni 146. Nel Regno delle due Sicilie venne adottato nel 1819 un Codice che affidava al Ministro della Marina 147 la vigilanza sulle leggi della navigazione, sui servizi di polizia e sulle operazioni portuali, e agli uffici dei capitani di porto l amministrazione locale degli affari marittimi 148. Analogamente nello Stato pontificio venne adottato nel 1860 un apposito Regolamento per i porti, nello Stato Sardo due decreti dello stesso anno prevedevano una gestione amministrativa del litorale in mano alle capitanerie di porto 149 e nel Granducato di Toscana, già dal 1748 era in vigore l Editto di marina e di navigazione. Nella seconda metà del XIX secolo si assistette ad una fase di profondi cambiamenti, dovuti all opera di riunificazione politico-culturale, di riassestamento socio- 144 VEGEZZI A., PARENTI R., LEGNANI M., Lineamenti di storia, Vol.II, Zanichelli, Bologna, 1982, p IBIDEM, p La conquista napoleonica aveva imposto al Regno italiano il codice di commercio francese in base al decreto dato a Bologna il 17 luglio LEFEBVRE D OVIDIO A., PESCATORE G., TULLIO L., Manuale di diritto della navigazione, Ed. Giuffrè, Milano, 1990, p Intesa come Marina militare o, secondo l espressione in uso fino alla 2 G.M. Marina da guerra. 148 LOLLI F., L amministrazione periferica della Marina mercantile, Saggio, Genova, 1989, pagg GONZALEZ W., Sentinelle in blu, Mursia, Milano, 1997, pagg

93 Capitolo 1 Il Governo del mare economico e di ristabilimento amministrativo, a seguito dei quali furono adottate diverse riforme legislative e amministrative riguardanti anche il comparto marittimo. Fu così che il 25 giugno 1865 venne approvato il testo del nuovo Codice della Marina mercantile, il quale all art. 2 stabiliva che il litorale del Regno dovesse essere diviso in 20 compartimenti marittimi affidati ad altrettanti comandanti di porto, e il 20 luglio 1865 il Regio Decreto n istituì ufficialmente il Corpo delle Capitanerie di Porto del Regno d Italia 150. A partire dalla loro istituzione, le Capitanerie vennero impiegate in diverse operazioni e cominciarono a ricevere i primi riconoscimenti sul carattere sostanzialmente militare delle funzioni loro attribuite. Col 1915 un provvedimento rese ufficiale l equiparazione del servizio prestato presso le Capitanerie al servizio militare vero e proprio, nel 1918 venne concesso al personale delle Capitanerie di indossare le divise militari e, infine, nel 1919 l equiparazione divenne completa 151. Dovettero però trascorrere ancora sette anni prima che le Capitanerie di Porto venissero incluse fra i Corpi militari della Regia Marina e ne fossero istituzionalizzate le competenze 152 e solo nel 1942, con l approvazione del Codice della navigazione 153, le attribuzioni del Corpo e l intero ordinamento giuridico marittimo trovarono un definitivo e organico assetto, a tutt oggi vigente. Il Corpo veniva posto sotto la duplice dipendenza del Ministero della Difesa e di quello della Marina Mercantile, responsabilizzato, inoltre, in merito alla istituzione di un servizio di protezione dell ambiente marino, di vigilanza costiera e di intervento per la prevenzione ed il controllo degli agenti inquinanti, nonché per l istituzione di un servizio di vigilanza sulle attività marittime ed economiche. La crescente attività operativa cui era chiamato, rese necessario un ulteriore potenziamento del Corpo che venne raggiunto con l istituzione della Guardia Costiera, a seguito di un Decreto del Ministero della Marina mercantile che la descriveva come il 150 L art. 1 di questo decreto recitava: Il Corpo degli Ufficiali dello Stato Maggiore dei Porti e quello degli impiegati dell Amministrazione della Marina mercantile sono soppressi. Per il servizio amministrativo e tecnico della Marina mercantile viene istituito un nuovo Corpo di impiegati civili con la denominazione di Corpo delle Capitanerie di Porto, dipendente dal Ministero della Marina. 151 Regio Decreto, L. 27 novembre 1919, n Regio Decreto, L. 8 luglio 1926, n Ordinamento della Regia Marina, che all art. 16 individua i Corpi della Marina nello Stato Maggiore, nel Genio Navale, nelle Armi Navali, nel Corpo Sanitario e nel Corpo delle Capitanerie di Porto. Nel 1926 le attribuzioni delle Capitanerie di Porto derivavano principalmente dal Codice per la Marina Mercantile, approvato con regio decreto 24 ottobre 1877, n. 4146, dal Regolamento per la Marina mercantile, approvato con regio decreto 20 novembre 1879, n e dal Codice di Commercio. Libro I approvato con Regio Decreto 31 ottobre 1882, n Inoltre la legge 14 giugno 1925, n. 938 aveva disciplinato il tema dell assistenza, del salvataggio e dell urto di navi. 87

94 Capitolo 1 Il Governo del mare Reparto della Capitaneria di Porto che svolge compiti tecnico-operativi in materia di assistenza, di sicurezza della navigazione, di soccorso, di polizia marittima e demaniale, nonché di vigilanza, anche ai fini della prevenzione e repressione degli inquinanti, sulle acque marittime interne, sul mare territoriale e sulle aree marine soggette alla giurisdizione dello Stato in base alla normativa internazionale. L attuale organizzazione delle Capitanerie di Porto prevede la presenza di un Comandante Generale - solitamente un Ammiraglio ispettore capo proveniente dal Corpo stesso - alle dipendenze del quale operano sette Reparti 154 fra i quali è divisa la gestione di tutti i principali settori necessari all attività del Corpo 155. La complessa gestione delle diverse materie cui le Capitanerie sono chiamate richiede, inoltre, la presenza di ulteriori Reparti che operano presso altri Dicasteri alle dirette dipendenze dei rispettivi ministri. Solo a titolo di esempio vanno menzionati il Reparto Ambiente Marino (RAM), istituito con L. 31 luglio 2002, n.179 presso l allora Ministero dell Ambiente e della tutela del Territorio, al fine di conseguire un più rapido ed efficace supporto alle attività di tutela e di difesa dell ambiente marino e costiero, e il Reparto Pesca Marittima (RPM), istituito con D.L. 27 maggio 2005, n. 100 presso il Ministero delle Politiche Agricoli e Forestali, al fine di conseguire un più efficace e diretto supporto alle attività di vigilanza e controllo della pesca marittima e dell acquacoltura. Tali 153 Regio Decreto 30 maggio 1942, n Reparto I PERSONALE: si occupa del reclutamento, della formazione, dell impiego e della gestione delle risorse umane del Corpo. Si articola a sua volta in quattro uffici: Ufficiali, Sottoufficiali e volontari di truppa, Ordinamento e formazione, Rappresentanza militare. Reparto II AFFARI GIURIDICI E SERVIZI DI ISTITUTO: segue le delicate questioni amministrative e legislative predisponendo gli atti, i decreti e le circolari che regolano le attività e l organizzazione del Corpo. Si articola a sua volta in 4 uffici: Affari giuridici, Servizi d istituto, Ispezioni, C.C.N.P. Reparto III PIANI ED OPERAZIONI: esercita le funzioni di comando operativo sulla componente aeronavale del Corpo gestendo le assegnazioni delle singole unità, pianificando le esercitazioni a livello nazionale ed internazionale, predisponendone i piani di intervento. Si articola a sua volta in 3 uffici: Piani, Operazioni, I.M.R.C.C. (International Marittime Coordination Center). Reparto IV MEZZI E MATERIALI: provvede a ciò che riguarda l acquisizione e il mantenimento in efficienza di tutti i mezzi terrestri, aerei e navali del Corpo, nonché degli impianti di assistenza alla navigazione. Si articola a sua volta in 4 uffici: Unità e mezzi navali programmazione e gestione, Unità e mezzi navali scafi e apparati motore, Mezzi aerei, Mezzi terrestri. Reparto V AMMINISTRAZIONE E LOGISTICA: si occupa dell amministrazione finanziaria ed economica, della contabilità, delle infrastrutture, dell espletamento, dell attività contrattuale e contabile per l acquisizione di beni e servizi. Si articola a sua volta in 3 uffici: Amministrazione e contabilità, Infrastrutture basi e supporti, Contratti e forniture. Reparto VI SICUREZZA DELLA NAVIGAZIONE: gestisce le relazioni con gli organismi nazionali ed internazionali che seguono argomenti di interesse per la sicurezza della navigazione. Si articola a sua volta in 4 uffici: Normative e relazioni internazionali, Normative e funzioni esecutive, P.S.C-Safety-Security, Formazione e ricerca. Reparto VII RICERCA E SVILUPPO: promuove lo studio, lo sviluppo e la realizzazione di apparati di comunicazione, di sistemi informativi ed elettronici utilizzati nei reparti della Guardia Costiera. Si articola a sua volta in 3 uffici: Risorse strumentali e sistemi operativi, sistemi informativi, Politiche di sviluppo. 88

95 Capitolo 1 Il Governo del mare Reparti forniscono, inoltre, un utile ausilio nell attività consultiva in tutte la materie nelle quali il Corpo ha competenza. All organizzazione centrale fa, poi, capo una capillare diffusione periferica delle Capitanerie sul territorio suddiviso, a scopi amministrativi e gestionali, in zone marittime, compartimenti e circondari. È interessante notare come tale articolazione sia rimasta pressoché invariata negli ultimi sessanta anni ed abbia superato mutamenti anche profondi della Pubblica Amministrazione, dimostrandosi idonea a recepire l organizzazione di molte altre attività istituzionali che nel corso degli anni sono state affidate al Corpo. Fig.1.17 Mezzi della Capitaneria di Porto in azione (Fonte: Le principali attività svolte dalle Capitanerie possono essere genericamente divise in 7 macro-aree: 1.- Ricerca e salvataggio marittimo; 2.- Assistenza e sicurezza alla navigazione; 3.- Protezione dell ambiente marino; 4.- Controllo sulla pesca marittima; 5.- Amministrazione periferica delle funzioni statali; 6.- Polizia marittima; 7.- Funzioni generiche svolte alle dipendenze o in coordinamento con altri enti. Ricerca e salvataggio marittimo 155 Il Regolamento del Comando Generale è stabilito con Decreto 9 maggio 2005, n. 289 del Comandante Generale. 89

96 Capitolo 1 Il Governo del mare La ricerca e il salvataggio 156 in mare costituiscono la principale attività in cui le Guardie Costiere di tutto il mondo sono impiegate. La base normativa 157 che ha stabilito l importanza di questo compito e lo ha affidato, in ambito marittimo, alle Capitanerie di Porto è molto ampia e articolata ed ha radici in disposizioni emanate in un lontano passato e che avevano come filo conduttore comune la necessità di prestare soccorso a chiunque si trovasse in una situazione di pericolo e non fosse in grado di salvarsi autonomamente. Nel nostro Paese l attuale organizzazione del soccorso in mare è stata definita con il D.P.R. del 28 settembre 1994, n. 662, recante il Regolamento per l attuazione delle Legge 3 aprile 1989, n. 147 concernente l adesione alla Convenzione Internazionale sulla ricerca ed il salvataggio marittimo, adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979 e con il Piano nazionale per la ricerca ed il salvataggio in mare (SAR marittimo) approvato il 25 novembre 1996 dall allora Ministro dei Trasporti e della navigazione. 156 In seguito per indicare questa attività si userà l acronimo SAR che deriva da Search and Rescue, con cui internazionalmente viene definita. 157 Nell ordinamento italiano la prima norma cui si fa riferimento è quella dell art. 593 del Codice Penale in cui è sancito il principio dell omissione di soccorso. Ogni persona che si trovi nelle condizioni di poter aiutare qualcuno in difficoltà o in pericolo, reale o potenziale, e non lo faccia per sua libera scelta, può essere punito e la pena verrà commisurata alle conseguenze che l omissione avrà sullo stato di salute della vittima. In ambito marittimo la materia è stata disciplinata dal codice della navigazione attraverso - l art. 69, che obbliga l Autorità marittima ad intervenire in caso di naufragio o di sinistro; - l art. 70, che consente di requisire mezzi privati utili per prestare soccorso; - l art. 485, che sancisce l obbligo di intervento in caso di collisione fra navi; - l art. 489, relativo all obbligo di assistenza in mare; - l art. 490, relativo all obbligo di salvataggio in mare; - l art. 1113, che riporta il principio dell omissione di soccorso; - l art. 1158, che estende il precedente principio all omissione di assistenza a navi o aeromobili in pericolo. Queste disposizioni riprendevano la volontà del legislatore che già nella Legge 8 luglio 1926, n sull ordinamento della Regia Marina, aveva assegnato al Corpo delle Capitanerie la direzione dei soccorsi, ma nel 1942, benché si fosse prestata molta attenzione alla necessità di attivare gli interventi, non ci si era soffermati con altrettanta cura sugli aspetti organizzativi e gestionali di tali attività. Uno strumento più completo ed efficace fu il decreto ministeriale del 1 giugno 1978 che, innanzitutto definì il soccorso d ufficio che le varie amministrazioni pubbliche dovevano prestare per la salvaguardia della vita umana mediante l impiego di ogni mezzo disponibile. In secondo luogo, affidava il coordinamento degli interventi alle Capitanerie di Porto, per quelle operazioni, definite prima situazione operativa, che potevano essere condotte entro un limite di 20 miglia dalla costa e con i mezzi a disposizione delle Capitanerie o delle altre autorità dello Stato (Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia di Stato e Vigili del Fuoco); o agli Alti Comandi periferici della Marina Militare nelle cd. seconde situazioni operative per le quali i mezzi prima elencati non sembravano essere sufficienti e il cui limite di intervento eccedesse le 20 miglia dalla costa. Successivamente intervenne anche la legge 31 dicembre 1982, n. 979, recante le Disposizioni sulla difesa del mare, che provvide a creare 6 centri operativi periferici e uno nazionale per attuare un organico coordinamento nei soccorsi, ma che non riuscirono mai a svolgere compiti concreti se non quello di raccogliere dati inerenti alle varie attività. Nel 1979 venne sancita a livello internazionale la convenzione di Amburgo sulla ricerca e il salvataggio marittimo, entrata in vigore il 22 giugno del 1985 e ratificata in Italia con la legge 3 aprile 1989, n. 147, con lo scopo di pervenire ad un piano internazionale di ricerca e salvataggio in mare adatto al traffico marittimo, e che approfondisse il generico invito fatto agli Stati di provvedere al salvataggio di utenti in pericolo lungo le proprie coste, sancito dalle precedenti convenzioni (Ginevra 1958, art. 12 comma 2; SOLAS 1960, cap. 10 regola 10; SOLAS 1974, cap. V regola 15; Montego Bay 1982, art. 98). 90

97 Capitolo 1 Il Governo del mare In ottemperanza alle richieste internazionali, in nostro Governo ha provveduto a fissare l area di estensione in cui fornire i servizi di ricerca e salvataggio (la cd. zona di ricerca e salvataggio o Search and Rescue Region), ed ha istituito un Centro nazionale di coordinamento e salvataggio marittimo (cd. Italian Maritime Rescue Coordination Centre IMRCC), articolato in 13 centri secondari (Maritime Rescue Coordination Subcenter MRSC), localizzati in diverse zone del territorio ed in grado di fornire un ausilio capillare. La Centrale Operativa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 158 dipende, in via gerarchica e funzionale dal Comando Generale delle Capitanerie di Porto ed è inquadrata organicamente nel III Reparto Piani e Operazioni. Ad essa fanno capo tutti i compiti di istituto e operativi attinenti al coordinamento, a livello nazionale ed internazionale, di operazioni aeronavali nei settori della ricerca e soccorso, della polizia marittima, della prevenzione e lotta agli inquinanti marini e, più in generale, della vigilanza su tutte le attività che si svolgono in mare. Per l espletamento di tali attività, la Centrale Operativa esercita il comando e il controllo sui mezzi aerei e navali della Guardia Costiera, direttamente o per il tramite dei Comandi periferici, sulla base di specifiche deleghe, e si avvale di un complesso sistema informatico che ha lo scopo di acquisire informazioni sulle unità navali in difficoltà ed assistere il personale della centrale stessa nella attivazione e conduzione dei soccorsi. Il predetto sistema si articola in ulteriori cinque sottosistemi specializzati e operanti in settori diversi: - il COSPAS SARSAT 159, è un sistema satellitare, nato da un accordo tra gli USA, l ex Unione Sovietica, il Canada e la Francia, per la rilevazione e la localizzazione dei messaggi di emergenza emessi da radioboe installate a bordo di vettori terrestri, navali o aerei in situazioni di pericolo. La presenza di questi equipaggiamenti fra le dotazioni di bordo è ormai un obbligo di legge 160 sia per le navi da carico che per quelle passeggeri, per le navi da pesca oceanica e per le navi da diporto abilitate alla navigazione senza limiti dalla costa. Le segnalazioni di allerta, rilevate dai satelliti, vengono rilanciate a terra dove il messaggio viene decodificato e ritrasmesso ai competenti punti di contatto per il repentino intervento. 158 Ai sensi dei Decreti Ministeriali 8 giugno 1989 e 7 agosto Il doppio acronimo indica i due nomi con cui viene definito questo sistema: COSPAS (Cosmicheskaya Sistyema Avariynich Sudov Sistema Spaziale per il soccorso delle navi in pericolo) e il SARSAT (Search and Rescue Satellite-Aided Tracking ). 160 Obbligatorietà resa effettiva dagli emendamenti apportati alla convenzione SOLAS nel 1988 e dal decreto n. 478 del 5 ottobre 1999 del Ministero dei Trasporti e della Navigazione. 91

98 Capitolo 1 Il Governo del mare - l ARES 161, è un sistema, nato con decreto 22 luglio 1987 del Ministero della Marina Mercantile, che consente di conoscere in qualunque momento la posizione, la rotta, la velocità e la destinazione delle unità mercantili nazionali in navigazione. Ogni nave deve preventivamente comunicare il proprio piano di navigazione e dare riscontro ogni 24/48 ore della propria posizione e di eventuali variazione di rotta. La centrale operativa conserva tutti questi dati ed è in rado di conoscere, in tempo reale, le coordinate in cui inviare i soccorsi in caso di incidente. - l HAZMAT 162, è un sistema di monitoraggio simile all ARES, ma reso obbligatorio per le navi che trasportano materiali pericolosi o inquinanti, da o verso porti comunitari. Questo sistema, reso operativo dalle direttive 93/75 e 96/39 del Consiglio della Comunità Europea e, attualmente, regolamentato dalla Direttiva 2002/59/CE, consente un controllo più accurato degli spostamenti delle navi che, a causa della pericolosità del carico trasportato, possono recare grave danno a cose o persone che si trovano nelle vicinanze in caso di incidente, e quindi richiedono interventi più tempestivi e con mezzi speciali. - il LOCSAT, è un sistema di radiolocalizzazione satellitare delle imbarcazioni nazionali da pesca, attualmente reso obbligatorio per i soli pescherecci di lunghezza superiore a 18 metri. Le informazioni ottenute vengono periodicamente registrate su una cartografia elettronica che tiene conto degli spostamenti sia nel Mediterraneo che nei vicini Oceano Atlantico e Indiano. - il NAVTEX, istituito nel 1972 nell ambito del World-Wide Navigational Warning System adottato congiuntamente dall IMO e dall IHO, è un sistema di trasmissione e ricezione di informazioni relative alla sicurezza della navigazione, sia in mare aperto che sotto costa. Le informazioni vengono trasmesse da terra e riguardano avvisi per la navigazione, avvisi e previsioni meteorologici, informazioni sui ghiacci, informazioni sulla ricerca ed il soccorso, ecc., e vengono recepite da appositi apparati posti sulle imbarcazioni in navigazione nella zona di interesse. A questi sistemi complessi si affiancano poi i consueti mezzi di comunicazione attraverso i quali possa essere segnalata una situazione di pericolo. Non a caso, negli ultimi 161 Il nome completo è Automazione Ricerca E Soccorso. 162 L acronimo deriva dal nome HAZardous MATerials. 92

99 Capitolo 1 Il Governo del mare anni, la Guardia Costiera ha istituito un numero di emergenza (il 1530) per l utenza che voglia chiedere soccorso attraverso un telefono cellulare o uno a rete fissa. Va, infine, evidenziata l importante campagna condotta dall IMO per la realizzazione di un sistema di copertura globale per le comunicazioni di emergenza e che ha portato alla creazione del cd. Global Maritime Distress and Safety System (GMDSS). Questo sistema, cui l Italia ha aderito nel , consente di allertare il mezzo più vicino all incidente, di qualunque nazionalità esso sia, riducendo i tempi di intervento. Assistenza e sicurezza alla navigazione L attuale competenza del Corpo in materia di sicurezza della navigazione può essere ricondotta al codice del 1942, laddove il combinato disposto degli articoli 164 e 165 prevede che le Autorità Marittime vigilino sull osservanza delle condizioni di navigabilità delle navi che intraprendono la navigazione. Tali condizioni prevedono che un imbarcazione possegga tutte le certificazioni sulle modalità della sua costruzione e sulla conformità agli standards internazionali richiesti per la navigabilità, nonché il rispetto, durante la sua vita, di tutti i controlli e delle revisioni che ne garantiscano l efficienza. In questo contesto va evidenziato come, a partire dal 1996, con la legge 23 dicembre, n. 647, il legislatore abbia conferito la responsabilità in materia di sicurezza della navigazione al Comando Centrale, il quale si è dotato di un apposito Reparto, ubicato a Genova, che potesse svolgere tale funzione. L orientamento internazionale è quello di dividere l attività di uno Stato costiero in materia di sicurezza della navigazione in Flag State Control (FSC) ed in Port State Control (PSC). Il Flag State Control riguarda la responsabilità dello Stato di bandiera nell accertare che le navi siano costruite, equipaggiate e che operino in conformità alle norme contenute nelle convenzioni internazionali. L Autorità marittima è l ente competente al rilascio delle suddette certificazioni e al controllo del mantenimento degli standards di sicurezza previsti per le navi battenti la propria bandiera. Il Port State Control costituisce l attività di controllo che l Autorità marittima deve effettuare sulle navi che transitano o sostano in un porto nazionale. A seguito di un incidente verificatosi nel 1978 sulla costa settentrionale francese, venne siglato il Memorandum of Understanding on Port Control (MOU), trasformato in direttiva 93

100 Capitolo 1 Il Governo del mare comunitaria di carattere cogente nel , con cui i Paesi aderenti si impegnarono a sottoporre al controllo di conformità agli standards internazionali almeno il 25% delle unità straniere in transito nei propri porti. Questo genere di attività altamente specialistica, ha quindi portato alla abilitazione di apposite figure professionali denominate Port State Control Officer, incaricate di effettuare le ispezioni a bordo delle unità mercantili, nonché alla creazione di una struttura organica che, basandosi sulla organizzazione territoriale del Corpo prevede un nucleo PSC presso ogni Capitaneria di Porto ed un Ufficio Circondariale Marittimo e 13 Servizi Coordinamento PSC presso ogni Direzione Marittima. Il MOU prevede che gli Stati di bandiera vengano divisi in tre liste (white, grey o black 165 ) in funzione del numero di ispezioni effettuate nei confronti delle navi di ogni singola amministrazione nell arco dell ultimo triennio e del corrispondente numero di detenzioni subite in caso di gravi carenze sotto il profilo della sicurezza. La black list prevede poi una suddivisione ulteriore nelle due sotto liste very high risk e high risk. Le eventuali sanzioni, nel caso in cui venga rilevata una incongruenza con gli standards internazionali, prevedono il fermo dell unità o il divieto del suo accesso nel porto. Parallelamente a tali misure di controllo, la Convenzione SOLAS ha previsto l istituzione del Vessel Traffic Services (VTS), cioè di un sistema di assistenza e di controllo del traffico marittimo che persegue l importante obiettivo di prevenire gli incidenti in mare e di contenere i danni di eventuali sinistri 166. Gli Stati aderenti alla Convenzione hanno dovuto provvedere all istituzione 167 di tale sistema laddove, secondo il loro giudizio, il volume dei traffici e il grado di rischio poteva far temere una collisione o un incidente 168. L Italia ha aderito a questo piano ed ha reso operativo il VTS con la Legge 7 marzo 2001, n. 51 dell allora Ministro dei Trasporti e della Navigazione, affidandone le gestione alle Capitanerie di Porto. 163 Legge 7 marzo 2001, n Direttiva 95/21/CE del Consiglio del 19 giugno 1995, recepita dall ordinamento italiano con il decreto 19 aprile 2000, n A seconda della appartenenza ad una delle liste sopra citate, gli Stati di bandiera: - sono ritenuti incapaci di garantire gli standards minimi di sicurezza (black list); - devono migliorare gli attuali standard di sicurezza (gray list); - sono pienamente capaci di garantire elevati standards di sicurezza (white list). 166 ROMANELLI G., TULLIO L., Il controllo del traffico marittimo, I.S.DI.T., Gli Stati contraenti che decidono di provvedere all istituzione del VTS devono seguire le linee guida appositamente sviluppate dall Organizzazione e contenute nella risoluzione IMO A-857, adottata a Londra il 27 novembre Il sistema consente di rilevare la posizione, la rotta e la velocità delle navi in movimento, e ulteriori perfezionamenti hanno accresciuto le sue potenzialità rendendolo in grado di controllare anche se le unità in navigazione osservano le norme locali che disciplinano il traffico marittimo, quali gli schemi di separazione del traffico, distanza minima tra le unità, limiti di velocità, rispetto alle aree interdette alla navigazione, ecc. 94

101 Capitolo 1 Il Governo del mare La Convenzione SOLAS ha poi incrementato ulteriormente gli strumenti obbligatori per la sicurezza della navigazione, focalizzando l attenzione sul sistema di radionavigazione satellitare NAVSTAR Global Position System, meglio noto come GPS che è in grado di fornire la posizione di un oggetto con uno scarto di metri. Questo grado di precisione, ritenuto sufficiente in mare aperto, non è però stato considerato sufficiente dall IMO nelle ipotesi di navigazione in stretti, canali, baie, ed ha quindi richiesto un incremento del grado di precisione fino ad uno scarto massimo di 10 metri 169. Protezione dell ambiente marino La legge 31 dicembre 1982, n. 979 ha affidato la sorveglianza per la prevenzione degli inquinamenti delle acque marine da idrocarburi e dalle altre sostanze nocive, alle Capitanerie di Porto. Inoltre, ai sensi dell art. 19 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, le medesime esercitano anche la vigilanza nelle aree marine protette. In particolare, l attività di sorveglianza a tutela dell ambiente viene garantita mediante un costante pattugliamento marittimo effettuato con unità navali ed aeromobili, al fine di localizzare eventuali macchie di sostanze nocive. Nel caso di inquinamenti di carattere locale, spetta alla Autorità Marittima disporre tutte le misure necessarie per prevenire od eliminare gli effetti inquinanti 170. A tale scopo, tutti i velivoli ad ala fissa del Corpo sono dotati di sistemi di telerilevamento multispettrali, attraverso i quali è possibile ottenere informazioni sulle zone marittime e costiere sorvolate. Controllo sulla pesca marittima Ai sensi della legge 14 luglio 1965, n. 963, al personale delle Capitanerie di Porto è stato affidato il compito di sorvegliare la pesca e il commercio dei prodotti ittici e l accertamento delle infrazioni alle leggi ed ai regolamenti che li riguardano, con l ausilio di ispezioni effettuabili in ogni momento sulle unità navali, negli stabilimenti di pesca, nei luoghi di deposito e di vendita e sui mezzi di trasporto dei prodotti ittici. Nell ambito, però della legge 31 dicembre 1982, n. 979, si è evidenziato come le unità della Marina Militare esplichino anch esse una vigilanza sulle attività marittime ed 169 Con le Risoluzione A.815 del 23 ottobre 1995, World-Wide Radionavigation System, ed A.860 del 27 novembre 1997, Maritime policy for a future global navigation satellite system (GNSS), l IMO ha dettato delle precise indicazioni in merito alle informazioni di posizione che, nei casi di navi in acque con libertà di manovra limitate, devono essere fornite con una precisione non inferiore ai 10 metri. In tali Risoluzioni viene, inoltre, indicata la specifica tecnica sulla disponibilità del servizio che deve essere superiore al 99,8% calcolata in un periodo di 30 giorni e la specifica sull affidabilità del servizio che deve essere superiore al 99,97% calcolato in un periodo di un anno. 170 Come disposto dall art. 11 della Legge 31 dicembre 1982, n

102 Capitolo 1 Il Governo del mare economiche, compresa quella della pesca, sottoposte alla giurisdizione nazionale nelle aree situate al di là del limite esterno del mare territoriale. Al momento attuale, le missioni di Vigilanza Pesca effettuate dalla Marina Militare assorbono circa il 15% delle ore di moto complessivo della Squadra Navale, con un elevato numero di unità navali che, in numero e in tipologia, si stanno adeguando alle diverse mansioni richieste. I numerosi provvedimenti legislativi che hanno incrementato le funzioni, ma anche la potenzialità in termini di risorse economiche, umane e di mezzi delle Capitanerie di Porto, fanno auspicare per una ulteriore evoluzione anche in materia di vigilanza sulla pesca con il trasferimento di competenze anche per l alto mare. Infatti, il personale della Marina Militare, ancorché impegnato in attività di Vigilanza Pesca, non possiede la qualifica di polizia giudiziaria 171 e, quindi, la propria capacità di intervento ne risulta notevolmente ridotta. La Guardia Costiera, invece, in tutela degli interessi economici del Paese potrebbe effettuare, previa ispezione a bordo del peschereccio da parte del personale dell unità stessa, anche altri numerosi controlli che, data la loro specificità, non potrebbero essere effettuati da personale privo di autorizzazione o di adeguate e specifiche competenze professionali. Amministrazione periferica delle funzioni statali Il Corpo delle Capitanerie di Porto esercita anche un notevole complesso di funzioni amministrative attinenti alla navigazione ed al traffico marittimo che fanno capo, in particolare, al capo del compartimento ed al capo del circondario. Questa delega di attribuzioni dell amministrazione marittima è stata confermata anche a seguito della riorganizzazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 172, 171 Fatta eccezione per il solo Comandante al quale tale funzione è attribuita dall art del Codice della navigazione. 172 Laddove è espressamente stabilito che il Dipartimento per la navigazione ed il trasporto marittimo ed aereo, per le sue funzioni inerenti al settore marittimo si avvale del Corpo delle Capitanerie di Porto (Art. 6, comma 6 del D.P.R. 2 luglio 2004, n. 184). 96

103 Capitolo 1 Il Governo del mare nonché da altri dicasteri quali il Ministero dell Ambiente e della Tutela del territorio 173 e il Ministero delle Politiche agricole e forestali 174. Tradizionalmente, l attività amministrativa in materia di navigazione marittima si distingue ulteriormente in due settori. In primo luogo, l attività amministrativa dei beni destinati alla navigazione, che prevede: ~ la polizia dei porti, cioè quell insieme di attività pubbliche intese a garantire la difesa dai pericoli che minacciano la pubblica sicurezza e a reprimere le turbative dell ordine pubblico e del buon costume. Le funzioni di polizia portuale sono sempre state esclusiva del Capitano del Porto, ma a seguito dell introduzione dell Autorità Portuale, le disposizioni del Codice della Navigazione vanno lette congiuntamente con la legge 28 gennaio 1994, n. 84. La principale funzione attribuita al Comandante del porto riguarda il traffico nei bacini portuali e comprende tutte le fasi di entrata, movimento, ancoraggio, ormeggio o uscita delle navi. Le Autorità Portuali disciplinano, invece, l espletamento delle operazioni di carico e scarico, il trasbordo, il deposito, il movimento il genere delle merci e di ogni altro materiale nell ambito portuale. Per poter adempiere al meglio alle sue funzioni, il comandante del porto possiede un importantissimo strumento normativo che è il potere di ordinanza 175. Accanto, cioè, alle direttive generali che arrivano dagli apparati centrali, egli può disporre di una funzione legislativa speciale per emanare i provvedimenti necessari per le materie specifiche inerenti il suo ristretto ambito territoriale, altrimenti non disciplinabile. ~ la gestione del demanio, cioè dall insieme dei porti, delle rade, delle spiagge, dei lidi, delle lagune, delle foci dei fiumi che sboccano in mare, dei bacini di acqua 173 Secondo il cui Regolamento di organizzazione La Direzione per la difesa del mare svolge le funzioni di competenza del Ministero negli ambiti che seguono anche avvalendosi delle locali capitanerie di porto, in materia di sorveglianza sulle aree marine protette e per le attività di prevenzione e lotta agli inquinamenti del mare. art. 7, comma 3 del D.P.R. 27 marzo 2001, n L art. 2, comma 2 del D.P.R. 28 marzo 2000, n. 450, recante il Regolamento di organizzazione del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali stabilisce che la Direzione Generale per la pesca e l acquacoltura, per le funzioni di sua competenza, si avvale delle Capitanerie di porto. 175 Particolarmente importante è l art. 59 del Regolamento per l esecuzione del codice della navigazione, che attribuisce al capo del circondario marittimo il potere di regolare con propria ordinanza, per i porti e per le altre zone del demanio marittimo e del mare territoriale della sua circoscrizione, una serie di materie specificamente individuate nonché tutto quanto concerne la polizia e la sicurezza dei porti e le varie attività che si esercitano nei porti e nelle altre zone comprese nella circoscrizione fino a determinare le tariffe dei servizi prestati da privati nelle zone comprese nella sua circoscrizione. Le ordinanze di polizia marittima emesse ex art. 59 sono classificati atti di normazione secondaria, esclusi peraltro dall obbligo di motivazione di cui alla legge 7 agosto 1990, n Un particolare rilievo va, infine, dato al fatto che nella lettera dell art 97

104 Capitolo 1 Il Governo del mare salmastra e dei canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo. Il Corpo ha la possibilità di concedere l uso di parti demaniali a privati, per un determinato periodo di tempo (cd. concessioni demaniali), e ha competenza nell autorizzare e gestire la costruzione di nuove opere nella zona che si estende fino a trenta metri dal limite del demanio o dal ciglio dei terreni elevati sul mare. ~ la disciplina del lavoro nei porti, che consente al Comandante del Porto di controllare tutte le persone 176 che, a diverso titolo, operano all interno della struttura stessa e sulla quale egli deve garantire l ordine e la sicurezza. Per fare ciò, e di concerto con le organizzazioni sindacali che operano nella struttura, il Comandante può stabilire l iscrizione di tutti i lavoratori in un registro, nel quale vengano appuntate le effrazioni alle norme vigenti nel porto e l eventuale espulsione dal porto stesso. ~ la disciplina di altri servizi portuali, quali: o il servizio di pilotaggio, che suggerisce la rotta e assiste il comandante della nave nella determinazione delle manovre necessarie per seguirla 177, nelle fasi di ingresso e di uscita dal porto. La corporazione dei piloti è sottoposta alla vigilanza del comandante del porto 178 che ne controlla anche i mezzi in dotazione. o Il servizio di rimorchio, che consiste nella trazione da un luogo ad un altro di una nave nei porti o negli altri luoghi di approdo o di transito 179. o I palombari 180, i sommozzatori 181, i barcaioli 182 e gli ormeggiatori 183, che operano nella struttura portuale. In secondo luogo, c è l attività amministrativa della navigazione, che prevede competenze inerenti: ~ l esercizio dei poteri al momento dell arrivo e della partenza delle navi, di cui il comandante del porto gestisce ogni fase in stretto contatto con il comandante della nave. Ogni imbarcazione che entra in un porto deve presentare una dichiarazione 59, l esercizio di tale potere da parte del capo del circondario assume un carattere discrezionale e può, quindi, essere esercitato qualora egli lo ritenga necessario. 176 Art. 68 del codice della navigazione. 177 Art. 86 e art. 92 del codice della navigazione. 178 Art. 88 del codice della navigazione. 179 Art. 101 del codice della navigazione, e art. 101 del relativo Regolamento di attuazione. 180 Art. 204 del Regolamento di attuazione del codice della navigazione. 181 Art. 2 del decreto 13 gennaio 1979 dell allora Ministro della Marina mercantile recante Istituzione della categoria dei sommozzatori in servizio locale. 182 Art. 215 del Regolamento di attuazione del codice della navigazione. 98

105 Capitolo 1 Il Governo del mare con tutti i propri dati identificativi e la certificazione che attesti il rispetto degli standards imposti a livello internazionale. Il comandante del porto deve verificare l attendibilità di tali affermazioni e, al momento della partenza, autorizzare il movimento della nave. ~ la gestione del diporto nautico; ~ la gestione della pesca, regolamentata da molte norme speciali emanate dal legislatore. Presso le Capitanerie di Porto, l ufficio che si occupa di concedere le licenze di pesca gestisce anche due registri, uno per i pescatori marittimi, l altro per le imprese di pesca, nei quali ogni operatore deve essere iscritto per poter intraprendere l attività. Allo stesso modo, anche in caso di gare o manifestazioni sportive, la partecipazione di ciascuno è subordinata all approvazione da parte della Capitaneria che sovrintende al regolare svolgimento delle attività 184. Il Corpo si occupa anche delle incombenze inerenti il fermo biologico 185 e l istruttoria per l assegnazione dei contributi per l ammodernamento e l arresto definitivo delle unità di pesca. Infine, la diffusione capillare del Corpo lungo le coste italiane e la presenza dello stesso in tutti gli approdi nazionali, consentono l effettuazione di una raccolta minuziosa dei dati statistici sulle quantità del pescato delle principali specie ittiche, in linea con la normativa comunitaria 186 e con il diritto internazionale marittimo in genere Art. 209 del Regolamento di attuazione del codice della navigazione. 184 Art. 144 del D.P.R. 2 ottobre 1968, n Annualmente, infatti, il Ministro per le politiche agricole e forestali determina una interruzione tecnica obbligatoria delle attività di pesca condotte con alcune tipologie di attrezzature per un periodo di sessanta giorni. In tale periodo gli armatori delle unità di pesca ed i relativi equipaggi sono indennizzati mediante una somma di denaro, che viene corrisposta dai singoli capi di compartimento marittimi, a cui il Ministero ha precedentemente assegnato i necessari fondi. Per il 2004 il fermo biologico è stato disciplinato con decreto 2 luglio 2004 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali recante Interventi per l anno 2004 del piano triennale per la protezione delle risorse acquatiche, nell ambito di politiche a sostegno della pesca responsabile. In materia di contributi bisogna aggiungere che periodicamente la CE o lo stesso Stato di bandiera promuovono la demolizione volontaria o l ammodernamento delle barche da pesca più vetuste con corresponsione di un indennizzo monetario. Al riguardo, le Autorità Marittime provvedono a verificare l esistenza dei requisiti richiesti per l ammissione al contributo e ad effettuare la relativa istruttoria, sulla base della quale il Ministero per le politiche agricole e forestali provvede alla corresponsione o meno dell indennizzo previsto. 186 Art. 3 del Regolamento CE 80/ La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare stabilisce che lo Stato costiero deve determinare, in base ai dati scientifici di cui dispone, il volume massimo delle catture che di ogni specie possono effettuarsi in un certo periodo di tempo senza provocare un eccessivo sfruttamento delle risorse (cd. TAC, Total Allowable Catch). Nel caso in cui lo Stato rivierasco non abbia la capacità di effettuare l intero volume di catture ammissibili, esso dovrà autorizzare, mediante accordo, altri Stati a sfruttare il surplus. RONZITTI N., Diritto internazionale marittimo per gli Ufficiali della Marina Militare, Rivista Militare, Livorno, 1991, pp. 152 e segg. 99

106 Capitolo 1 Il Governo del mare Polizia marittima L attività di polizia marittima riguarda la repressione di tutti quei comportamenti che violano le norme in materia marittima, stabilite dal codice della navigazione o da ogni altra legge emessa a livello internazionale o nazionale. Il concetto di reato marittimo, su cui il Corpo deve vigilare, è stato ampliato negli anni fino a ricomprendere tutte le fattispecie inerenti al fenomeno navigatorio, con competenza estesa a tutto il territorio nazionale, oltre che agli ambiti portuali e demaniali. Alcuni dei compiti attribuiti alle Capitanerie di Porto, quali la disciplina della navigazione e il controllo del traffico marittimo, la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi soggetti a sovranità nazionale, il controllo dei porti e delle strutture, del demanio e dei depositi costieri, la vigilanza sulla pesca, sono state già ampiamente analizzate e non richiedono ulteriori approfondimenti. Ci si può però soffermare sul potere sanzionatorio conferito al Corpo nell esercizio delle sue funzioni. Infatti, a differenza delle altre Forze di Polizia, in materia di violazioni di natura amministrativa, cioè di illeciti che prevedono quale sanzione il pagamento di somme di denaro, l azione del Corpo è molto più estesa ed incisiva andando ben oltre le semplici attività di accertamento e contestazione degli illeciti stessi. La legge 24 novembre 1981, n. 689 prevede, infatti, l istituzione di Autorità competenti a procedere nelle fasi successive all accertamento e alla contestazione degli illeciti amministrativi e la legge 8 luglio 2003, n. 172, assieme al Decreto Legislativo 26 maggio 2004, n. 153, ha identificato nelle Capitanerie di Porto i soggetti incaricati per svolgere questo ruolo. Funzioni generiche svolte alle dipendenze o in coordinamento con altri enti Vanno, infine, menzionate ulteriori funzioni che il Corpo svolge per altri enti in materie che siano comunque attinenti con il mare e con la navigazione. Per esempio, di concerto con il Ministero della Difesa e con quello degli Interni, le Capitanerie di Porto svolgono un importante ruolo nella lotta all immigrazione clandestina, già dal In quel periodo il dibattito sui metodi per fermare le imbarcazioni che trasportavano clandestini verso le coste italiane era molto acceso, non essendovi alcuna norma internazionale, consuetudinaria o patrizia, che qualificasse come illecito internazionale il traffico o il trasporto di persone da uno Stato ad un altro. Ciò impediva alle navi da guerra, nell espletamento delle loro funzioni di polizia dell alto mare, di intervenire su imbarcazioni che non battessero bandiera nazionale. Nel 2000 venne 100

107 Capitolo 1 Il Governo del mare finalmente firmato a Palermo il III Protocollo contro il traffico illegale (smuggling) di migranti per terra, mare ed aria aggiuntivo rispetto alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, con l introduzione di una serie di misure atte a consentire allo Stato una azione efficace per combattere questo fenomeno dilagante. A ciò l IMO volle aggiungere la circolare MSC/896/Rev. 1 del 12 giugno 2001 con cui si raccomandava agli Stati di tenere prioritariamente in considerazione la sicurezza della vita umana e della navigazione, messe a repentaglio dalle navi che i trafficanti usano e che troppo spesso sono inadeguate alla navigazione e sovraccariche di passeggeri. Direttamente connesso al problema delle condizioni di navigabilità delle imbarcazioni che trasportano migranti, c è quello delle situazioni in cui si configuri il pericolo per le persone trasportate. È facile immaginare come ciò possa avvenire se si pensa a tanti casi di condizioni meteorologiche avverse, di cedimenti strutturali dei fragili scafi o di condizioni igienico-sanitarie precarie a causa del sovraffollamento. A tale riguardo il salvataggio dei migranti clandestini da parte delle Forze navali e di Polizia nel nostro Paese, prima ancora di un obbligo morale ed un imperativo rispettato da tutti i marittimi, rappresenta un obbligo giuridico. Nel nostro ordinamento, il contrasto all immigrazione clandestina è stato ultimamente disciplinato dalla legge Bossi-Fini e dal relativo regolamento di attuazione, le cui premesse erano peraltro già state poste da precedenti atti concernenti l ordine e la sicurezza pubblica in mare ed in particolare dal decreto 25 marzo La disciplina individua nel Dipartimento della P.S. l Autorità responsabile del raccordo degli interventi operativi in mare della Marina Militare, delle Forze di Polizia (Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Carabinieri) e delle Capitanerie di Porto, attribuendo alle unità navali in servizio di polizia la responsabilità del controllo dell immigrazione clandestina nelle acque territoriali italiane. Le unità della Marina Militare e delle Capitanerie di Porto esplicano nelle stesse acque territoriali funzioni di concorso. Al predetto regolamento ha fatto seguito un Accordo tecnico-operativo per gli interventi connessi con il fenomeno dell immigrazione clandestina via mare firmato il 29 luglio 2004 congiuntamente tra il Dipartimento della P.S. Direzione Centrale dell Immigrazione e della Polizia di Frontiera del Ministero dell Interno, lo Stato Maggiore della Marina, il Comando Generale della Guardia di Finanza ed il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, che definisce nel dettaglio le modalità e le procedure di coordinamento per il contrasto dell immigrazione clandestina via mare svolto dai mezzi 101

108 Capitolo 1 Il Governo del mare aeronavali della Marina Militare, della Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie di Porto. In molte altre occasioni il Corpo opera in collaborazione con altri ministeri, per esempio quello di Grazia e Giustizia, o con il Dipartimento di Protezione Civile in caso di mobilitazione per calamità naturali, o con il Ministero dei Beni culturali per condurre operazioni che portano al ritrovamento di materiale di interesse storico-artistico presente sul fondo del mare. Quanto delineato finora ha dimostrato l intenso impegno cui è chiamato il personale del Corpo e l alta qualificazione professionale richiesta per adempiere ai propri compiti ed ha anche fatto comprendere l importanza del lavoro che viene svolto quotidianamente. Di seguito verranno analizzati gli altri operatori che collaborano nella salvaguardia della vita umana in mare e in molte altre attività che richiedono la presenza costante di personale nelle acque interne e territoriali del nostro Paese. I Vigili del Fuoco Nucleo di Soccorso Subacqueo ed acquatico 188 Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (C.N.VV.F.) nasce in Italia nel 1941 a seguito della fusione di vari corpi comunali che prima operavano frammentati sul territorio nazionale. Attualmente, tra i dipartimenti in cui è articolato il Ministero degli Interni, si trova anche il Dipartimento dei Vigili del Fuoco del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile, diretto da un Prefetto della Repubblica in veste di Capo del Dipartimento. Al suo interno questa struttura si scinde in un area amministrativa ed in un area tecnica che coincide con il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, retto dal Capo del Corpo, e che prevede la presenza di varie Direzioni centrali che curano tutti gli aspetti gestionali. Una di esse è la Direzione centrale per le emergenze e il soccorso tecnico, all interno della quale si articolano otto micro-aree per settori di competenza specifica: - Area I Gestione e coordinamento delle emergenze; - Area II Pianificazione e organizzazione del sistema operativo d emergenza; 188 Le notizie e le informazioni che costituiscono l oggetto del presente paragrafo derivano da una lunga intervista gentilmente concessa in data 14 maggio 2007 dal Perito Ezio Rojc, Responsabile del Nucleo di Soccorso Subacqueo ed acquatico operante presso la Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco di Trieste e 102

109 Capitolo 1 Il Governo del mare - Area III Attività di soccorso speciali: soccorso aereo; - Area IV Attività di soccorso speciali: acquatico, portuale e servizio sommozzatori; - Area V Attività di soccorso speciali: aeroportuale; - Area VI Controllo del rischio nucleare e dell uso pacifico dell emergenza nucleare; - Area VII Controllo del rischio biologico e chimico; - Area VIII Area medica per le specialità del C.N.VV.F. Queste strutture centrali elaborano e forniscono le linee guida per l attività operativa delle strutture periferiche, che ora andiamo ad analizzare. I primi interventi che videro i Vigili del Fuoco impiegati in ambiente acquatico risalgono all inizio degli anni Quaranta. Infatti, nel 1942, in pieno periodo bellico, un gruppo di Vigili venne selezionato per partecipare ad un corso sommozzatori presso l Accademia Navale di Livorno al fine di ottenere l abilitazione all immersione con lo scopo di essere impiegati nella difesa del territorio soprattutto in ambito portuale. Non era però ancora stata sviluppata alcuna volontà di creare un nucleo od una struttura organizzata che si occupasse stabilmente del settore e il personale, che all occorrenza veniva impiegato per ispezioni e recuperi sott acqua, continuava ad operare abitualmente sulla terraferma. Fu in seguito ad un evento tragico 189 che la Direzione Generale dei Servizi Antincendio decise di incaricare Luigi Ferraro della formazione di un Nucleo Sommozzatori che potesse venir impiegato in ambito civile. Medaglia d Oro al Valor Militare 190 come incursore subacqueo della Marina Militare Italiana, Ferraro viene considerato il capostipite dell attività subacquea non militare in Italia, avendole dedicato la sua intera vita. Nel giugno del 1952 egli progettò e condusse il primo corso dal materiale da lui fornito. Ad integrazione del suddetto materiale, sono state inserite anche alcune informazioni tratte dal sito Nel 1952 il Vigile del Fuoco Giovanni Tenca morì durante un operazione a causa dei danni causati dall errato utilizzo di un autorespiratore ad ossigeno. 190 Il 22 gennaio 1952 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, su proposta dell allora Ministro della Difesa Randolfo Pacciardi, insigniva Luigi Ferraro della Medaglia d Oro al Valor Militare con la seguente motivazione: Volontario nella specialità gamma dei mezzi d assalto della Marina Militare, potava da solo a compimento quattro successive azioni contro quattro navi nemiche, di tre delle quali si è potuto accertare l affondamento. Per le difficilissime condizioni dell ambiente in cui ha dovuto operare e per la crescente vigilanza avversaria ha coscientemente affrontato e superato rischi mortali sempre maggiori dando prova di esemplare noncuranza del pericolo, di chiaroveggente freddezza, di insuperabile perizia tecnica e di inesausto amor di Patria. I risultati da lui ottenuti aggiungevano nuove glorie a quelle che già avevano resi famosi nel mondo i mezzi navali d assalto italiani. Mediterraneo 7 luglio 9 agosto

110 Capitolo 1 Il Governo del mare sommozzatori 191 della durata di 60 giorni al termine dei quali vennero brevettati 32 Vigili del Fuoco che, tornati ai Comandi di appartenenza, iniziarono la loro speciale attività. Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco italiano fu la prima organizzazione non militare al mondo a dotarsi di un Nucleo Sommozzatori operanti per scopi civili al servizio dello Stato. Nel 1953 altre Armi chiesero al Ministero degli Interni la possibilità di far frequentare questo Corso ai loro uomini e così nello stesso anno vennero brevettati 12 Carabinieri e l anno successivo 12 Guardie di Finanza. La Scuola di Genova continuò ad operare fino al 2001, quando venne spostata a Ravenna dove, attualmente, vengono formati i nuovi sommozzatori e dove vengono sperimentate nuove tecniche e tecnologie all avanguardia 192. Per accedere al corso di preparazione i candidati devono superare una rigida selezione tecnica alla quale sono ammessi soltanto i Vigili del Fuoco di età inferiore ai 36 anni e con almeno due anni di servizio attivo alle spalle. La prima graduatoria provvisoria viene elaborata a seguito delle prove fisiche in acqua, mentre quella definitiva deriva dalle prove psico-attitudinali e dagli accertamenti medici. Il corso dura 19 settimane e si articola in quattro fasi successive. Nella prima fase, della durata di sei settimane, gli allievi seguono un corso di acquaticità e di apnea in acque chiuse, che li vede impegnati in una piscina a Roma con un addestramento che mira soprattutto a fornire secondo gli insegnamenti di Ferraro una profonda familiarità con l ambiente acquatico ed una grande conoscenza delle reazioni che il corpo umano ha in tale elemento. La seconda fase dura sette settimane, si svolge a Ravenna e prevede l addestramento in acque libere a bassa profondità. Ciò significa che gli allievi vengono abituati a rifare gli esercizi imparati nelle settimane precedenti in un ambiente che, psicologicamente, non garantisce più la sicurezza fornita dalla piscina. Talvolta, per complicare, praticamente ed emotivamente, l esecuzione delle attività, la maschera degli 191 Il lavoro che Luigi Ferraro dovette compiere per organizzare il corso sommozzatori fu enorme ed è lui stesso a raccontare i passaggi più importanti della sua attività nell intervista citata nella nota precedente. L attività subacquea, infatti, prevede una preparazione principalmente psicologica e mentale con la quale le persone devono imparare ad adattarsi ad una elemento, l acqua, molto diverso da quello in cui abitualmente vivono, e cioè l aria. Ferraro, nella formazione dei suoi istruttori, prima, e degli allievi, poi, cominciò ad insegnare che una persona sott acqua deve innanzitutto abolire i propri istinti di uomo terrestre, per assumere quelli di uomo acquatico e l unico modo per poterlo fare era di raggiungere una tale acquaticita, cioè familiarità con l acqua, da riuscire a muoversi ed a operare dimenticandosi dell ambiente in cui ci si trova. Se tale principio è valido per chi pratica l attività subacquea a livello sportivo, diventa ancora più importante per quegli operatori che devono prestare soccorso in situazioni difficili e pericolose e che, oltretutto, devono raggiungere la forma mentale e fisica di chi deve garantire la sicurezza. 104

111 Capitolo 1 Il Governo del mare allievi viene oscurata con del nastro adesivo nero ed essi vengono abituati ad operare anche in circostanze nelle quali la visibilità è ridotta o, addirittura, assente. La terza fase ripercorre la preparazione svolta fino a quel momento che deve essere eseguita a profondità sempre maggiori. In tre settimane gli allievi raggiungono i -50mt che diventa il limite massimo entro il quale potranno operare nello svolgimento della loro attività e, poiché queste profondità non sono facilmente raggiungibili in Adriatico, l addestramento si sposta presso dei centri all isola d Elba, nel Napoletano o nell Argentario. Infine, la quarta e ultima fase della durata di una settimana, addestra gli allievi per le operazioni nei laghi, nei fiumi, in quota o in superficie. All interno della formazione è anche previsto un modulo che conferisce agli allievi il brevetto di nuoto a salvamento per assistente ai bagnanti, che può essere ottenuto anche da Vigili del Fuoco non sommozzatori, che si limitano a seguire il corso specifico. Al termine di questa preparazione, i sommozzatori vengono distaccati nelle 32 sedi nazionali che operano 24 ore su 24 garantendo una costante presenza di pronto intervento per tutte le emergenze derivanti da rischio acquatico. Fig Dislocazione dei Vigili del Fuoco Nucleo Sommozzatori ed immagine di un operazione. (Fonte: Sono attualmente in corso dei perfezionamenti sull utilizzo di miscele sintetiche e sulle immersioni alimentate dalla superficie, che mirano a riprendere e perfezionare il vecchio sistema di immersione dei palombari. 105

112 Capitolo 1 Il Governo del mare Le tipologie di intervento sono molteplici e variano dall incendio a bordo di navi, alla presenza di rischi biologici-chimici-nucleari, dalla ricerca di persone o cose in mare, laghi o fiumi, all emergenza alluvionale. La statistica più recente delle operazioni a livello nazionale risale al 2003 e riassume un numero di interventi così suddivisi: Tipologia di intervento Numero Salvataggio 245 Ricerca e Recupero beni materiali 483 Sopralluoghi ed ispezioni 93 Ricerca e Recupero annegati 521 Assistenza e soccorsi 336 Emergenza Stromboli 20 Varie 342 Tab. 1.3 Statistica nazionale degli interventi del Nucleo Soccorso Subacqueo ed Acquatico nel 2003 (Fonte: A livello regionale, invece, possediamo una statistica più recente che illustra i 161 interventi effettuati nel 2005 dal Nucleo di Soccorso Subacqueo ed Acquatico di Trieste, classificati secondo vari criteri che forniscono un quadro molto chiaro delle operazioni condotte. CLASSIFICATI PER TIPOLOGIA CLASSIFICATI PER TURNO DI SERVIZIO Ricerca e/o recupero vetture 6 Diurni 147 Ricerca annegati 13 Notturni 14 Recupero salme 7 Interventi per inquinamento 0 CLASSIFICATI PER PROFONDITA Interventi per alluvione e allagamento 0 Intervento di superficie 73 Salvataggio persone 6 Interventi fino ai -10mt 55 Numero di persone effettivamente salvate 2 Interventi dai -10mt ai -40mt 33 Salvataggio animali 7 Interventi oltre ai -40mt 0 Recupero carogne 2 Assistenza a manifestazioni sportive o con 44 CLASSIFICATI PER TERRITORIO carattere di ricerca scientifica Recupero armi o assistenza all A.G. 7 Interventi in provincia 119 Ispezioni tecniche, di supporto al 1 Interventi in regione 37 monitoraggio ambientale Ricerca e recupero natanti 38 Interventi fuori regione 5 Rimozione intralci alla navigazione

113 Capitolo 1 Il Governo del mare Salvaguardia del patrimonio 7 CLASSIFICATI PER SPECCHIO D ACQUA Canale 7 Fiume 11 Cava 0 Lago 0 Mare 143 Grotta 0 Altro 0 Tab. 1.4 Interventi Nucleo di Soccorso Subacqueo e Acquatico di Trieste. (Fonte: Documento della Direzione Regionale dei Vigili del Fuoco di Trieste) Peculiarità dei Sommozzatori dei Vigili del Fuoco è l immersione anche in luoghi non convenzionali quali acquedotti, pozzi, reti fognarie, acque nere, grotte e laghi ghiacciati. Fig Sequenza di una immersione in un lago ghiacciato. (Fonte: C.N.VV.F. Direzione Regionale del Friuli Venezia Giulia) 107

114 Capitolo 1 Il Governo del mare L attivazione del Corpo in caso di emergenza avviene di solito per richiesta diretta del cittadino che si rivolge al numero telefonico 115 per chiedere soccorso, ma talvolta i Vigili del Fuoco intervengono anche su richiesta della Capitaneria di Porto in caso di particolari emergenze in mare. In stretta collaborazione con il Nucleo Sommozzatori operano anche il Nucleo Portuale e il Nucleo Elicotteri. Fig Dislocazione dei Vigili del Fuoco Nucleo Portuali ed immagine di un operazione. (Fonte: Nucleo Portuale si compone di squadre di Vigili del Fuoco specialisti brevettati nautici che vengono impiegati nelle attività di supporto e di soccorso in mare, a terra e a bordo di altri natanti e galleggianti. In particolare, intervengono nelle emergenze che si verificano all interno dei porti, considerati da sempre luoghi ad alto rischio per la complessità delle attività commerciali ed industriali che vi si svolgono. I distaccamenti attualmente presenti sul territorio nazionale sono 24 e utilizzano dei mezzi completamente equipaggiati per affrontare qualsiasi emergenza 193. Infine, oltre alla assistenza fornita da terra, i sommozzatori possono necessitare della collaborazione del Nucleo Elicotteri, costituito da esperti piloti che da varie sedi dislocate su territorio nazionale intervengono in tempi brevi dove richiesto. 193 Tipologia dei mezzi in dotazione: - RIB FF LOA 9.00 Battello pneumatico con scafo rigido inaffondabile per trasporto squadre per piccolo antincendio; - SAR FAST 1 LOA 15,00 Unità Navale veloce per soccorso di tipo SAR (Search and Rescue), dotata di antincendio per autoprotezione e soccorso; - MEDIUM FF 1 LOA 28,50 Unità Navale dislocante per antincendio, particolarmente predisposta ed adatta per soccorso in ambito regionale; 108

115 Capitolo 1 Il Governo del mare Fig Dislocazione dei Vigili del Fuoco Nucleo Elicotteri ed immagine di un operazione. (Fonte: Dalla loro istituzione quale Corpo Nazionale, i Vigili del Fuoco sono intervenuti in innumerevoli circostanze per prestare soccorso per emergenze che hanno colpito cose o persone in uno spettro vastissimo di tipologie di operazione, dando dimostrazione di possedere una preparazione completa al servizio del cittadino. L Arma dei Carabinieri Servizio Navale e Nucleo Subacqueo 194 L Arma dei Carabinieri, uno dei quattro Corpi che compongono la Difesa italiana, espleta la propria attività sul territorio nazionale, ma dispone altresì di un Servizio Aereo e Navale che gli consente di operare anche negli ambienti acquatici che stiamo analizzando. Il Servizio Navale dell Arma si compone di un Servizio Aereo e Navale, inserito nel II Reparto dello Stato Maggiore del Comando Generale, con funzioni direttive, addestrative, ispettive, logistiche e di consulenza tecnica; di un Servizio di Superficie 195, - RAFF LOA 13,55 Imbarcazione veloce particolarmente adatta per il soccorso antincendio o SAR. 194 Le notizie e le informazioni che costituiscono l oggetto del presente paragrafo derivano da una lunga intervista gentilmente concessa in data 4 aprile 2007 dal Maresciallo Basso, Responsabile del Nucleo Operativo Subacqueo di Trieste e da un numero consistente di relazioni da lui fornite. Ad integrazione del suddetto materiale, sono state inserite anche alcune informazioni tratte dal sito Il Servizio di Superficie, comprende: a) Marescialli specializzati Comandanti di Motovedetta d Altura, Coordinatori dei mezzi navali regionali (n. 15 unità); 109

116 Capitolo 1 Il Governo del mare che dispone di personale qualificato cui vengono forniti validi mezzi per operare; e, infine, di un Servizio Subacqueo, composto da militari specializzati operatori subacquei, articolato in un Nucleo centrale e in 8 Nuclei operativi. Il Servizio Navale di Superficie fu istituito l 11 novembre 1969 nell ambito del programma avviato dal Comando Generale per consentire all Arma di svolgere con pienezza e competenza i propri compiti istituzionali sul mare e sulle acque interne. In quegli anni venne fornita all Istituzione una dotazione di sei motovedette d altura e di circa 20 motoscafi. Fu così pianificata la realizzazione di un Servizio costituito, tra l altro, da mezzi tecnicamente differenziati in funzione delle situazioni di impiego e delle necessità operative, allo scopo di soddisfare la sempre crescente richiesta di sicurezza e di essere aderenti alla maggiore importanza acquisita dall ambiente acquatico in ordine ai trasporti, al turismo, alla pesca, all inquinamento e a traffici illeciti. Attualmente il Servizio di Superficie è articolato in una complessa sinergia di personale, mezzi navali, supporti tecnico-logistici, materiali, che mira a garantire lungo le coste, nelle acque interne e territoriali, l azione preventiva e di controllo del territorio, sviluppata dai Reparti dell Arma che operano a terra. L attività così articolata si estrinseca in compiti ordinari ed eventuali. I compiti ordinari comprendono: - il pattugliamento finalizzato a prevenire e a reprimere violazioni alle norme della navigazione, sulla pesca, sull inquinamento e per la tutela del patrimonio artisticostorico e archeologico subacqueo; - l integrazione dei dispositivi per le operazioni di Pubblica Sicurezza e di Polizia Giudiziaria; - il collegamento con le isole nel caso in cui il trasporto civile sia interrotto; - la polizia militare nelle acque interne e territoriali; - la vigilanza sugli obiettivi sensibili e sugli scali marittimi; - l appoggio e l assistenza ai Nuclei Subacquei; - il soccorso in occasione di sinistri o di pubbliche calamità; b) Personale (Marescialli e B.A.C.) specializzati Comandanti di Motovedetta d altura e Comandanti di Motovedetta costiera (circa 582 unità), costituenti gli equipaggi organici delle motovedette o impiegati a duplice incarico; c) Motovedette n. 166 unità ubicate lungo tutto il territorio nazionale marittimo, lacustre o fluviale di cui n. 71 unità d altura, n. 67 unità costiere e n. 28 unità lagunari; 110

117 Capitolo 1 Il Governo del mare - il concorso nelle operazioni di polizia di frontiera; - l esecuzione di servizi coordinati con i Reparti speciali. I compiti eventuali, invece, riguardano: - i servizi di scorta e le operazioni di Polizia; - l appoggio ad operazioni effettuate sulla terraferma; - il trasporto rapido di militari per urgenti esigenze di servizio. Il più importante Reparto di Superficie è il Nucleo Natanti di Venezia, inquadrato organicamente nel Reparto Operativo del Comando Provinciale dell omonima città. Esso comprende all incirca 60 Comandanti di Motovedette e 28 unità navali ed effettua un servizio radiomobili sul capoluogo veneto, garantendo una perfetta mobilità all interno della peculiare realtà lagunare. I Comandi Provinciali ed i Comandi di Compagnia sono dotati di 172 Unità Navali 196 con le quali possono assolvere i loro compiti in costante pattugliamento della costa per prevenire e reprimere qualunque violazione relativa alle norme sulla nautica da diporto, sulla pesca e sull inquinamento, per prestare soccorso in caso di sinistri o, ancora, per garantire il trasporto di militari e di magistrati in servizio con i Comandi presenti sulle isole. Allo scopo di consentire al personale del Servizio Navale dell Arma di operare in circostanze particolari, ove non sia possibile intervenire con le unità tradizionali per motivi legati alle condizioni orografiche, gli equipaggi delle motovedette dislocate nelle zone più impegnate operativamente sono stati dotati di battelli pneumatici a carena rigida, quali strumenti integrativi delle capacità dell unità stessa. L appoggio di superficie ai subacquei è assicurato dalle motovedette di Classe S. Il Servizio subacqueo venne costituito nel 1953 nelle sedi di Genova e Napoli, con lo scopo di soddisfare l esigenza di disporre in proprio di personale altamente qualificato in grado di operare in ambiente acquatico a supporto dell organizzazione territoriale per d) Battelli pneumatici n. 34 unità impiegate quale supporto integrativo della capacità operativa delle motovedette. 196 Le Unità Navali vengono classificate sulla base delle loro caratteristiche tecniche in: Motovedette d altura: Motovedetta classe 800, Motovedetta classe 700, Motovedetta classe 600, Motovedetta classe S500, Motovedetta classe N500; Motovedette costiere: Motovedette classe 200 e 100; Motovedette lagunari in servizio a Venezia: Motovedetta classe 300 per trasporto ufficiali, Motovedetta classe 100N, Motovedetta classe T120 per trasporto militari, con impiego: - Continuo nelle acque interne ed in quelle marine particolarmente sensibili; - Stagionale, limitatamente ai periodi in cui i litorali di giurisdizione sono particolarmente interessati da turismo e dalla navigazione da diporto. 111

118 Capitolo 1 Il Governo del mare esigenze di Polizia Giudiziaria, di soccorso in occasione di alluvioni o allagamenti, di rilevamento e recupero di materiali occultati o dispersi. I primi due corsi di formazione vennero condotti nei Nuclei Carabinieri Subacquei di Genova e Napoli, dove erano già presenti idonei centri di addestramento, sorti per iniziativa di alcuni incursori della Regia Marina Militare, decorati di Medaglia d Oro al Valor Militare, che al termine del secondo conflitto mondiale avevano portato la loro esperienza militare nel campo subacqueo civile. In principio, i militari dell Arma continuarono ad essere impiegati nel normale servizio e venivano chiamati, di volta in volta, a prestare la loro opera non solo in operazioni di polizia giudiziaria che avessero comportato la ricerca e il recupero dal fondo del mare, di laghi e di fiumi, di corpi del reato, cadaveri, armi, ecc., ma anche in attività di soccorso in occasione di alluvioni e di allagamenti in genere. Il rilevante rendimento fornito in ogni campo fin dall inizio, gli unanimi riconoscimenti della stampa per le azioni svolte dai subacquei dei Carabinieri e l opportunità di assicurare loro migliori possibilità di addestramento, portarono allo svincolo dei sommozzatori da ogni altra attività legata ai compiti dell Arma. Infatti, la duplicità dell impiego era risultata molto penalizzante per il grado di perfezionamento necessario ai subacquei per operare in una attività così impegnativa e pericolosa. Il 1 agosto 1955 i due Nuclei originari furono riuniti in un unico reparto dislocato a Genova che, posto al comando di un Ufficiale qualificato, assunse la fisionomia di Centro di addestramento per il personale subacqueo e per quello addetto alle motovedette. Nel 1964 vi fu una completa ristrutturazione del Servizio con l assegnazione di Nuclei Subacquei a ciascuna delle motovedette dell Arma in attività presso le sedi di Genova, Udine, Livorno, Napoli, Bari, Palermo e Messina, in modo da assicurare una più immediata disponibilità e, di conseguenza, un più tempestivo intervento su tutto il territorio nazionale. Un anno più tardi, vennero stabilite ulteriori modifiche ordinative, dettate dall esperienza e da ragioni di maggiore funzionalità strutturale, che portarono i Nuclei Carabinieri Subacquei ad insediarsi a Livorno, Trieste, Roma, Napoli, Taranto, Palermo e Messina. La disciplina così delineata prevede, quindi, l esistenza di una sede centrale, ubicata a Genova, che si compone di una sezione addestrativa, la quale cura la formazione e l addestramento di tutto il personale subacqueo e navale dell Arma, e di due Nuclei Operativi, specializzati in interventi nelle acque interne e in ambiente marittimo. Questa 112

119 Capitolo 1 Il Governo del mare sede dipende dal Comando Generale e, in particolare, dal Servizio Navale, per ciò che attiene i fini addestrativi e tecnico-logistici, e dall Ufficio Operazioni per tutti gli interventi svolti su scala nazionale. Dislocati sul territorio, i sei Nuclei Carabinieri Subacquei di Trieste, Roma, Napoli, Messina, Taranto e Cagliari, svolgono i loro compiti alle dipendenze delle proprie compagnie territoriali. I compiti che vedono impiegato il Servizio Subacqueo sono molteplici e variegati. Normalmente il personale viene utilizzato in operazioni che riguardano la ricerca e il recupero di corpi del reato, o di qualunque altro materiale sia stato occultato o disperso nelle acque marine o interne e che sia rilevante ai fini della Polizia Giudiziaria. In questi casi l Arma opera senza l ausilio di altri Enti o organizzazioni e utilizza i propri mezzi tecnici di appoggio, le imbarcazioni ed i particolari materiali ed ausili specialistici. Straordinariamente, invece, le mansioni in cui vengono impiegati i Carabinieri subacquei possono essere ampliate in collaborazione con Università, Intendenza per i Beni Culturali, organizzazioni pubbliche o private e associazioni sportive. Solo a titolo di esempio si possono menzionare attività quali la localizzazione e il recupero di materiali di interesse archeologico, i rilevamenti topo-fotografici e telecinematografici connessi con lo studio dei fondali, le ispezioni e i rilevamenti fotografici di infrastrutture subacquee, il prelevamento di campioni biologici e il concorso nelle ricerche subacquee di interesse scientifico, la collaborazione nel rilevamento del grado di inquinamento delle acque, i collaudi e le verifiche di attrezzature ed apparati subacquei e, infine, l assistenza a competizioni sportive. La formazione degli operatori subacquei viene curata in un corso che si articola in tre fasi successive. Il corso propedeutico dura all incirca un mese e si svolge presso il Centro Subacquei Carabinieri di Genova, con lo scopo di fornire agli allievi le nozioni basilari di acquaticità a corpo libero prestando particolare attenzione alla preparazione fisica necessaria per lo svolgimento delle attività subacquee. La seconda fase si snoda lungo un arco di tempo di circa quattro mesi e viene condotta presso la sede del COMSUBIN, cioè della Scuola del Raggruppamento Subacqueo della Marina Militare. A questo corso partecipano gli aspiranti subacquei di tutti i nuclei che poi opereranno sul territorio nazionale, appartenenti alla Marina, all Arma e alla Polizia. L uniformità della formazione garantisce una migliore complementarietà in quelle operazioni che dovranno essere condotte congiuntamente e, comunque, è garanzia di 113

120 Capitolo 1 Il Governo del mare altissimi standard qualitativi di addestramento e di preparazione. Infatti, sotto la costante supervisione di esperti istruttori della Marina e dell Arma, l allievo viene portato gradualmente ad acquisire familiarità con l ambiente acquatico e con i mezzi subacquei che gli verranno forniti durante la sua attività professionale. Vengono contestualmente impartite, a completamento della preparazione, lezioni teoriche di elementi di anatomia fisica, fisiologia delle immersioni e metodiche di pronto soccorso e di primo intervento. Al termine di questa fase l allievo consegue l abilitazione all esercizio dell attività subacquea per l impiego a profondità di -50mt. Infine, la terza fase di addestramento prevede la frequenza di un corso a Genova, mirante a completare la preparazione tecnico-applicativa dell allievo soprattutto mediante l approfondimento di particolari tipologie di immersioni in cui potrà essere impegnato durante la sua attività, in ambienti fluviali, lacustri o in alta quota, o mediante l utilizzo di particolari apparecchiature. Al termine di questa lunga formazione l allievo consegue il brevetto di Operatore subacqueo ben diverso da una qualunque altra forma di brevetto conseguibile a livello sportivo e senza alcuna rilevanza al di fuori degli ambiti strettamente connessi al servizio. All interno del gruppo di subacquei vengono poi, di volta in volta, individuati gli ufficiali, i marescialli o i brigadieri, già brevettati ed in possesso di collaudata esperienza e specifica attitudine all insegnamento, che vengono condotti attraverso un iter formativo che li porterà a diventare istruttori. Inoltre, il Centro addestrativo di Genova cura la formazione di esperti in fotografia e videocineoperazioni subacquee, nella conduzione e nell utilizzo dei veicoli filoguidati PLUTO e nel conseguimento dell abilitazione ad assistente ai bagnanti, ed elabora mensilmente uno specifico programma addestrativo per il mantenimento della efficienza operativa dei Nuclei distaccati. L Arma ha messo a disposizione dei Sommozzatori importanti mezzi di trasporto e sofisticate dotazioni per consentire al proprio personale di raggiungere agevolmente il luogo degli interventi e operare in totale sicurezza ed efficienza. Attualmente il trasporto via mare viene condotto con 3 motovedette d altura predisposte all impiego del Sistema filoguidato PLUTO, altre 3 motovedette Classe 500S di appoggio alla ricerca subacquea e 32 battelli pneumatici a carena rigida carrellati di varie dimensioni. Il trasporto via terra dei sommozzatori e delle altre attrezzature viene condotto con 12 furgoni e 9 autovetture e, infine, per lunghi tragitti e per spostamenti che 114

121 Capitolo 1 Il Governo del mare richiedono tempi rapidi, vengono utilizzati 8 elicotteri distaccati di volta in volta dai Nuclei Elicotteri. La dotazione tecnica raccoglie 5 sistemi filoguidati PLUTO per operazioni di ricerca e recupero subacqueo fino a -300mt, 14 idrofoni che consentono un costante contatto audio tra sommozzatori e superficie, videocamere e complessi fotografici. Dopo aver analizzato le competenze e le dotazioni del Nucleo, va rilevato che le operazioni quotidianamente condotte dall Arma in generale, e dal Nucleo Subacqueo in particolare, sono spesso state oggetto di ampio interesse della cronaca per la spettacolarità delle operazioni e per l importanza dei risultati ottenuti. Da un punto di vista umano prioritario citare l intervento svolto in occasione di alluvioni 197, nubifragi, inondazioni, ma vanno sicuramente menzionate anche le operazioni di polizia giudiziaria, di soccorso 198, di ricerca e recupero 199, nonché di supporto tecnico negli studi di carattere archeologico 200. La Guardia di Finanza Servizio Aeronavale Le origini della Guardia di Finanza risalgono al 1 ottobre 1774, data in cui il re di Sardegna Vittorio Amedeo III costituì la Legione Truppe Leggere. Per la prima volta in Italia veniva creato un Corpo speciale con lo specifico compito di effettuare una vigilanza finanziaria sui confini, oltre che una difesa militare delle frontiere. A seguito dell unificazione, nel 1962 venne istituito il Corpo delle Guardie doganali, al quale venne confermato il compito primario di vigilanza doganale nonché quello eventuale di concorso alla difesa dello Stato in periodo bellico Settembre 1966: alluvione a Firenze - Ottobre 1970: alluvione a Genova - Novembre 1994: alluvione ad Alessandria Aprile 1970: Soccorso dei naufraghi del mercantile inglese London Valour affondato nel porto di Genova; - Dicembre 1978: Soccorso ai superstiti e recupero delle vittime dell incidente aereo di Punta Raisi - Aprile 1991: Soccorso in occasione della collisione tra la nave traghetto Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo Novembre 1991: Recupero delle 52 vittime dell incidente aereo di un Hercules militare C-130 presso del secche della Meloria - Gennaio 2001: Ricerca della Contessa Vacca Augusta precipitata dalla sua abitazione a Portofino Agosto 1972: Ritrovamento di due statue di bronzo greche del V sec. a.c. a Riace - Settembre 2001: ricerche e rilevamenti presso la nave passeggeri britannica Pollux, in collaborazione con Scotland Yard. 115

122 Capitolo 1 Il Governo del mare Con la L. 8 aprile 1881, n. 149 il Corpo delle Guardie doganali assunse il titolo di Corpo della Regia Guardia di Finanza con la funzione di impedire, reprimere e denunciare il contrabbando o qualunque altra contravvenzione o trasgressione alle leggi ed ai regolamenti di Finanza, di tutelare gli uffici esecutivi dell amministrazione finanziaria e di concorrere, infine, alla difesa dell ordine e della sicurezza pubblica. Il Corpo venne inserito fra le forze militari e di guerra dello Stato e, in caso di mobilitazione, posto in grado di organizzare compagnie e battaglioni per partecipare attivamente alle operazioni. In tempo di pace, questo status portò la Guardia di Finanza ad essere comunque soggetta alla giurisdizione militare e ad un regime disciplinare in gran parte ricalcato su quello vigente per l Esercito. L integrazione tra le Forze Armate dello Stato si completò grazie alla concessione della Bandiera di Guerra con R.D. 2 giugno 1911 e con la legge 24 dicembre In tale veste il Corpo partecipò alle operazioni belliche dei due conflitti mondiali e alla Resistenza, fornendo un importantissimo contributo. Negli anni successivi, un lungo e costoso processo di riorganizzazione investì il Corpo consentendogli di adattarsi agli scenari nazionali ed internazionali che l Italia si trovò a dover affrontare, a partire dalla difficile ricostruzione post-bellica, alle fasi di sviluppo economico e di liberalizzazione degli scambi internazionali, fino a giungere al processo di integrazione europea. Alla riorganizzazione dei compiti istituzionali seguì poi una fase di ammodernamento dei mezzi, dal naviglio al parco automobilistico, con la creazione anche di un servizio cinofilo per l allevamento e l addestramento dei cani anti-contrabbando. L attuale organizzazione del Corpo, dislocato sul territorio nazionale peninsulare e insulare, prevede una dotazione organica di unità, ripartite in ufficiali, ispettori, sovraintendenti e appuntati/finanzieri. La struttura organizzativa comprende gerarchicamente un Comando Generale, 6 Comandi Interregionali, 20 Comandi Regionali, i Reparti Speciali, il Comando Aeronavale Centrale, i Comandi, Istituti e Centri di reclutamento ed addestramento e, infine, i Comandi e Reparti di supporto tecnico, logistico e amministrativo. La tematica della ricerca ci porta a soffermarci nell approfondimento del solo Comando Aeronavale, il quale esercita, a livello centrale, una serie di funzioni di direzione e controllo sulle altre strutture che operano capillarmente sul territorio. Alle sue dipendenze troviamo, infatti, il Comando Operativo Aeronavale, che assolve funzioni di raccordo e coordinamento dell attività di vigilanza in alto mare a livello nazionale e la cui 116

123 Capitolo 1 Il Governo del mare componente esecutiva è costituita dai dipendenti Gruppo Esplorazione Aeromarittima e da cinque Gruppi Aeronavali. Ci sono, poi, il Comando logistico Aeronavale, che provvede alla logistica centralizzata di settore, alle dipendenze del quale operano il Centro Navale ed il Centro di Aviazione e il Centro Aeronavale di Specializzazione, articolato su Corsi di Cooperazione Aeronavale e Standardizzazione e Corsi di Specializzazione e Standardizzazione Aerea, che cura la post-formazione e la standardizzazione del personale del comparto aeronavale. Il Servizio Navale attualmente operativo, trae le sue origini nel XII sec. quando presso la Repubblica di Venezia venne creata un organizzazione di vigilanza sul mare per la tutela degli interessi economici e finanziari dello Stato che operava mediante equipaggi armati a bordo di barche e dipendenti da un capitano marittimo residente ad Aquileia. Anche nel Tirreno esisteva una simile forma di controllo e di esazione di tributi e di vigilanza fiscale, attuata dalla Repubblica di Genova con l ausilio di importanti organismi privati, quali ad esempio il Banco di S. Giorgio che forniva le imbarcazioni e gli equipaggi per controllare tutte le navi in transito. Col passare del tempo, vennero creati vari Corpi di Marineria di Finanza a tutela degli interessi economici e finanziari del Regno di Napoli, di quello di Sardegna, di Sicilia, del Ducato di Parma, ma il più prestigioso fu certamente quello istituito dallo Stato Pontificio, che si dotò non solo di imbarcazioni all avanguardia, ma anche di comandanti ed equipaggi noti in tutta Europa per la loro abilità 201. L anno successivo alla nascita ufficiale del Servizio Navale del Corpo furono emanate le Istruzioni per il servizio, in tempo di guerra, della Guardia di Finanza di mare e di porto per preparare il Corpo ai conflitti che si sarebbe trovato ad affrontare. Il primo evento bellico cui partecipò la Guardia di Finanza fu la guerra italo-turca, nella quale il personale, dotato di sole imbarcazioni a remi, svolse compiti di polizia militare e vigilanza sanitaria all interno dei porti libici. La partecipazione al primo conflitto mondiale fu anch essa condizionata dalla limitatezza dei mezzi disponibili, che costrinse la Guardia di Finanza a restare confinata sul 201 Solo a titolo di esempio si vuole ricordare il Tenente Colonnello Alessandro Cialdi che venne nominato Comandante della Marina di Finanza nel Egli viene ricordato come un prestigioso uomo di mare e un valente studioso, tanto da essere eletto Presidente dell Accademia Pontificia dei nuovi Lincei, e appena nominato portò a compimento l impresa eccezionale di condurre un convoglio di tre navi a vapore, acquistate dallo Stato Pontificio in Inghilterra, attraverso la Manica, attraverso la Manica, i fiumi e i Canali della Francia, il Mediterraneo, fino al Tevere. 117

124 Capitolo 1 Il Governo del mare lago di Garda e nella laguna veneta 202, dove però riuscì comunque a dimostrare il valore e lo spirito di sacrificio dei propri uomini. All inizio delle ostilità della Seconda Guerra Mondiale, gli uomini ed i mezzi passarono alle dipendenze della Regia Marina, secondo il Piano di mobilitazione delle unità e dei servizi del naviglio della Regia Guardia di Finanza del 30 aprile Le unità mobilitate furono impiegate prevalentemente per dragaggio, vigilanza e caccia antisommergibile, pilotaggio attraverso le zone minate, guardia mobile alle basi navali e scorta ai convogli. I mezzi del Corpo svolsero missioni di guerra in tutti i settori operativi del Tirreno, dell Adriatico e dello Ionio, nonché nelle acque delle zone occupate e dei territori extra-metropolitani: Jugoslavia, Albania, Grecia, Egeo ed Africa Settentrionale 203. All atto dell armistizio, l 8 settembre 1943, molte unità del Corpo si trasferirono nel Sud, e le altre, per non cadere in mano ai tedeschi, si autoaffondarono, e i loro equipaggi si inquadrarono in reparti mobilitati o in formazione partigiane, dando un fattivo contributo alla guerra di Liberazione. Subito dopo il Secondo Conflitto Mondiale, a seguito dell occupazione da parte delle truppe alleate, il contrabbando di tabacchi esteri via mare ebbe un enorme sviluppo nel Mediterraneo, subendo peraltro una profonda evoluzione nei decenni successivi. Infatti, mentre in un primo tempo i contrabbandieri effettuavano trasporti di grosse partite e bordo di navi passeggeri e mercantili in arrivo nei porti italiani, con l aumento della domanda da parte del mercato clandestino e la graduale diminuzione delle forze alleate, vennero presto utilizzati per i trasporti di tabacchi esteri panfili motovelieri, sia italiani che stranieri, i quali si recavano ad effettuare il carico nei porti di Marsiglia, 202 Va segnalato, però,che fu proprio contro uno dei motoscafi del Corpo in servizio sul confine costiero con l Impero Austro Ungarico che venne condotta la prima offensiva marittima del conflitto. Infatti, nel pomeriggio del 23 maggio 1915, il motoscafo Aurora in dotazione alla Brigata di Marano Lagunare della R.G. di F., curava il trasporto di un ufficiale del Corpo alla caserma di Canal Muro, ubicata di fronte al distaccamento della Gendarmeria Austriaca di Porto Buso. Mentre stava per raggiungere la riva, l Aurora venne mitragliato violentemente da una scarica di fucileria che forò ripetutamente lo scafo e danneggiò la Bandiera. L equipaggio, rimasto incolume, riportò la nave al proprio Reparto e il giorno dopo riprese il mare, ai comandi di un altro ufficiale che aveva il compito di recapitare alla stessa caserma un plico da aprire alle ore 00 del 24 maggio: era la comunicazione dello stato di guerra. Il Tricolore dell Aurora colpito dal nemico, probabilmente il primo della Grande Guerra, è custodito presso il Museo Storico del Corpo. 203 Proprio davanti alle coste libiche si svolse l eroico episodio di cui fu protagonista il Dragamine RD 36, una delle dieci unità in temporanea concessione dalla Regia Marina alla Guardia di Finanza. La motivazione della Medaglia d Oro al Valor Militare, concessa alla Bandiera dell Unità, così descriveva l azione: Dragamine comandato ed armato da personale della Guardia di Finanza, agli ordini del Comandante della Flottiglia, attaccato nella notte del 20 gennaio 1943 da preponderanti forze navali nemiche, correva incontro all avversario nell eroico intento di coprire e salvare le tre unità della formazione, fino a trovarsi a portata delle proprie modestissime armi di bordo. Aperto il fuoco, cercava di arrecare al nemico la maggiore possibile offesa continuando a sparare, benché colpito più volte, fino a quando soccombeva nell impari lotta, inabissandosi con il Comandante e l intero equipaggio. Sublime esempio di indomabile spirito aggressivo, di sovraumana determinazione e di dedizione al dovere sino al supremo sacrificio." 118

125 Capitolo 1 Il Governo del mare Tangeri e Gibilterra. La maggior parte dei sequestri di questa merce effettuati dal Corpo in quegli anni, nei porti e lungo le coste, proveniva da navi mercantili. Di lì a poco iniziò l impiego di imbarcazioni da tonnellate, adoperate esclusivamente per il contrabbando che, con basi in vari porti del Mediterraneo, diedero vita a solide organizzazioni criminali. A partire dalla seconda metà degli anni 50, l intensificarsi della vigilanza in mare operata con l utilizzo di unità similari a quelle dei contrabbandieri e l inizio dei servizi di osservazione aerea anticontrabbando, portò la Guardia di Finanza alla cattura di diverse navi e numerosi pescherecci, gran parte dei quali battenti bandiere straniere. Come risposta all accentuata attività repressiva del Corpo, però, le organizzazioni criminali modificarono i propri sistemi di lavoro, iniziando ad impiegare, per il trasbordo e lo sbarco, mezzi più piccoli e veloci che sostituirono ben presto l uso dei motopescherecci. All inizio degli anni 60, l intensificata azione repressiva del Corpo, che portò alla cattura di numerose navi ed alla distruzione di alcune potenti organizzazioni, nonché l abolizione del porto libero di Tangeri, e l insorgere di nuove vie del traffico illecito, causarono una forte contrazione del contrabbando via mare nel Mediterraneo. La lotta della Guardia di Finanza non ha subito alcuna battuta d arresto anche nei decenni più recenti, dovendosi, di volta in volta, adeguare alle nuove metodologie utilizzate per il contrabbando, soprattutto nelle aree maggiormente vicine ai paesi stranieri in cui possono trovare sbocco questi traffici. L analisi storica fin qui condotta fornisce già un ampio quadro delle attività in cui quotidianamente è impegnato il Servizio Aeronavale e degli equipaggi di cui deve dotarsi per svolgere i propri compiti. Di recente, il comparto è stato ridisegnato prevedendo la collaborazione di una componente alturiera e di una regionale 204. La componente alturiera è costituita da cinque Gruppi Aeronavali e da un Gruppo di esplorazione aeromarittima, dotati di mezzi a grande capacità di scoperta. Essa risponde alle nuove esigenze di controllo del Mediterraneo per la sicurezza degli scambi e contro il traffico di persone e di prodotti illeciti. A questi fini, di concerto con il Ministero degli Interni, la Guardia di Finanza cerca la più stretta collaborazione con i Paesi rivieraschi, membri dell UE e con gli altri che, comunque, si dimostrino aperti allo sviluppo di una comune cornice di sicurezza. 204 Notizie tratte dal sito 119

126 Capitolo 1 Il Governo del mare La componente regionale, dall altra parte, svolge compiti di sicurezza e di polizia economico-finanziaria nelle acque territoriali e interne del Paese con lo scopo di evitare che ci siano abusi nelle sfruttamento delle aree demaniali e che le operazioni commerciali siano condotte correttamente. Questa componente regionale dispone di una capillare dislocazione sul territorio, articolata in 21 sedi, così suddivise: - Comando Aeronavale Centrale di Roma; - Comando Operativo Aeronavale di Pratica di Mare; - Gruppo Esplorazione Aeromarittima di Pratica di Mare; - Gruppo Aeronavale di Cagliari; - Stazione Navale Manovra di Cagliari; - Sezione Aerea Manovra di Cagliari; - Gruppo Aeronavale di La Spezia; - Stazione Navale Manovra di La Spezia; - Sezione Aerea Manovra di Pisa; - Gruppo Aeronavale di Messina; - Stazione Navale Manovra di Messina; - Sezione Aerea Manovra di Catania-Fontanarossa; - Gruppo Aeronavale di Taranto; - Stazione Navale Manovra di Taranto; - Sezione Aerea Manovra di Grottaglie; - Gruppo Aeronavale di Trapani; - Stazione Navale Manovra di Trapani; - Centro Aeronavale Specializzazione di Gaeta; - Comando Logistico Aeronavale di Pratica di Mare; - Centro Navale di Formia; - Centro di Aviazione di Pratica di Mare. La formazione del personale che entra a far parte del Comando Aeronavale prevede delle fasi di addestramento molto rigide e specifiche per fornire le cognizioni necessarie alle mansioni che dovranno essere svolte durante le attività. 120

127 Capitolo 1 Il Governo del mare Gli Ufficiali frequentano un corso presso l Accademia della Guardia di Finanza di Bergamo e Roma, ove conseguono la specializzazione di pilota militare o comandante di unità navale. I Marescialli devono superare un corso biennale presso la Scuola Ispettori e sovrintendenti a L Aquila ed un corso di specializzazione della durata di un anno presso la Scuola Nautica del Corpo, con sede a Gaeta. I Finanzieri del contingente di mare frequentano un corso presso la Scuola Allievi Finanzieri di Bari ed un corso semestrale presso la Scuola Nautica. Il Personale del Servizio Aereo acquisisce la specializzazione di pilota di aereo o di elicottero attraverso appositi corsi. La post-formazione è garantita dal Centro aeronavale di specializzazione con sede a Gaeta, che opera in collaborazione con la Facoltà di giurisprudenza dell Università di Cassino per il conseguimento di appositi master. Per l adempimento delle attività richieste, il Servizio dispone di una flotta formata da alcuni pattugliatori, delle imbarcazioni guardacoste e una nave scuola. La Polizia La Polizia di Stato, dovendosi occupare della sicurezza dei cittadini in tutti i settori in cui essi possano necessitare di tutela, è stata organizzata secondo una struttura articolata e complessa. Sebbene solo alcuni dei Reparti siano visibili, non bisogna, infatti, dimenticare il ruolo svolto da tutti quegli operatori che forniscono un costante ausilio sia nello svolgimento delle indagini che nel diretto soccorso al cittadino. 121

128 Capitolo 1 Il Governo del mare Anche in questa sede, per ragioni di opportunità, la ricerca si soffermerà soltanto su quei Reparti che operano lungo le coste e sul mare, al fianco degli altri Corpi analizzati finora. Ormai appare evidente che il modus operandi del personale che si occupa della sicurezza in mare è abbastanza simile, a maggior ragione per il tentativo di rendere complementari i Corpi per le operazioni congiunte che molto spesso vedono impiegati uomini provenienti da Forze diverse. La Polizia del mare sorveglia le coste, le acque interne, compresi fiumi e laghi, e il mare territoriale ed interviene sia in soccorso della popolazione in pericolo, che per reprimere illeciti 205. I mezzi che intervengono nelle operazioni vengono costantemente guidati dalla centrale operativa della Questura da cui dipendono e sono in grado di garantire la sicurezza e l ordine pubblico, nonché un valido controllo su tutte le attività nautiche. La Polizia, per il controllo del mare territoriale schiera un dispositivo costiero su due livelli, quello provinciale e quello interprovinciale, per garantire la massima prevenzione e la massima sicurezza. Il dispositivo costiero provinciale è disposto dalla Questura e viene svolto con l ausilio di motovedette costiere, operanti entro le tre miglia dalla costa, battelli pneumatici, che intervengono nelle operazioni entro il miglio dalla costa, e le unità navali e lagunari messe a disposizione per particolari zone geografiche. Il dispositivo costiero interprovinciale, invece, viene preventivamente pianificato dal Dipartimento di P.S. per poi essere attuato dalle Questure con l ausilio di motovedette d altura impiegabili fino ad un limite di 12 miglia marine dalla costa. Attualmente l organico di personale della Polizia Marittima è costituito da 550 unità, mentre quello di mezzi conta 37 motovedette d altura, 54 motovedette costiere e 80 unità di altro tipo. Il personale ed i mezzi sono articolati in Squadre Nautiche, incaricate di garantire il controllo delle acque territoriali marine e di quelle interne, nonché la vigilanza delle coste, per prevenire e contrastare diversi reati, in particolare quelli legati all immigrazione clandestina. Esse, inoltre, contribuiscono, insieme alle altre Forze di Polizia nell attività di ricerca e soccorso dei natanti e delle persone in difficoltà e nell azione di controllo delle attività nautiche e della circolazione delle navi. Le attuali 45 squadre nautiche, dipendono organicamente dalla Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle 122

129 Capitolo 1 Il Governo del mare comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato e sono poste alle dipendenze operative tecnico-logistiche ed amministrativo-contabili delle Questure competenti per territorio ed incardinate nell'ufficio Prevenzione generale e Soccorso pubblico. Per particolari operazioni è stato anche istituito il Nucleo Sommozzatori, con sede a La Spezia, organicamente dipendente dalla Direzione centrale per la polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato, e che cura l'attività addestrativa ed operativa dei sommozzatori e quella addestrativa del personale navigante della Polizia di Stato, nonché la gestione patrimoniale e tecnica relativa alle unità navali. Attualmente il Centro dispone di un organico di 28 sommozzatori divisi in sei gruppi con diverse specializzazioni. Le caratteristiche tecnico-operative delle unità adoperate, la preparazione del personale e la localizzazione della missione, determinano la tipologia di attività che il Corpo potrà svolgere, sempre sotto stretto controllo da parte del Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Infatti, esso provvede ad emanare le direttive necessarie per il coordinamento delle missioni, determinare le caratteristiche, la classificazione, la sede di assegnazione e le missioni delle motovedette e delle altre unità navali, definire la dislocazione su territorio nazionale delle Squadre Nautiche, l entità e il tipo di unità navali da assegnare a ciascuna di essa, nonché le infrastrutture e le attrezzature necessarie per i servizi di terra. Le associazioni ambientaliste Il costante interesse per le questioni ambientali ha favorito lo sviluppo di un fenomeno associativo, diffuso a livello locale e internazionale, che si occupa di monitorare la situazione presente in natura e di intervenire qualora si riscontrino delle violazioni. Le associazioni, nate come punto di osservazione delle realtà locali e laboratorio di proposte agli enti territoriali, sono state riconosciute dal Ministero dell Ambiente nel 205 Art. 24 della Legge 1 aprile 1981, n

130 Capitolo 1 Il Governo del mare ottenendo la concessione di diverse facoltà, che hanno loro consentito di operare attivamente, e di diventare poi de facto degli apparati di studio e di divulgazione di cognizioni tecniche specifiche, spesso non possedute dagli enti statali a ciò preposti. La trattazione degli ambienti marini conduce, ovviamente, a circoscrivere l elenco delle associazioni a quelle che si occupano di tale settore e in particolare alle principali operanti a livello internazionale e nazionale. Per ragioni di opportunità, non potendo dilungare enormemente la ricerca, ci si soffermerà solamente su tre di esse, con lo scopo di fornire un informazione esemplificativa delle attività che vengono condotte. Con ciò, però, non si vuole omettere la presenza di altre importantissime associazioni che quotidianamente operano per lo studio e la tutela degli ambienti marini e costieri. La prima che viene in mente, anche perché spesso menzionata dalla stampa o dalla televisione per le clamorose imprese che gli aderenti compiono in varie parti del mondo è Greenpeace. Essa 207 nacque 25 anni fa, creata da tre uomini che, rifacendosi alla tradizione protestante e muovendosi spinti dal desiderio di portare una loro testimonianza, cercarono di condurre una piccola imbarcazione all interno di un poligono per gli esperimenti nucleari, fondando con tale gesto quello che sarebbe diventato uno dei più grandi movimenti ambientalisti del mondo. Le prime attività di questi uomini, che ancora non avevano fondato un organizzazione, non avevano una base finanziaria, non erano noti al mondo e non potevano perciò contare su un appoggio internazionale, si concentrarono esclusivamente sui problemi nucleari. Nel 1969 gli Stati Uniti effettuarono, infatti, un test atomico sotterraneo ad Amchitka, nelle isole Aleutine del Pacifico settentrionale, che aveva suscitato molti timori, non solo per il problema delle radiazioni, i cui effetti, però, all epoca non erano ancora molto noti, ma perchè gli esperimenti venivano effettuati lungo una faglia sotterranea che, muovendosi, avrebbe potuto scatenare un pericoloso terremoto. Appena cinque anni prima, infatti, un sisma aveva causato migliaia di senzatetto in Alaska, danneggiando l economia 206 L.349/1986, Art.13, che recita: Le associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale e quelle presenti in almeno cinque Regioni sono individuate con decreto del Ministro dell Ambiente sulla base delle finalità programmatiche e dell ordinamento interno democratico previsti dallo statuto, nonché dalla continuità dell azione e della sua rilevanza esterna, previo parere del Consiglio Nazionale dell Ambiente da esprimersi entro 90 giorni dalla richiesta. 207 Notizie tratte dai siti internet e 124

131 Capitolo 1 Il Governo del mare locale e provocando onde di marea e scosse di assestamento per i diciotto mesi successivi. Il giorno del test manifestanti bloccarono le principali frontiere fra Stati Uniti e Canada brandendo dei cartelli che recavano lo slogan NON PROVOCATE L ONDA. È COLPA VOSTRA SE LA FAGLIA SI RISVEGLIA. Fortunatamente il test non ebbe gli esiti temuti, ma l attività di questi uomini non si arrestò ed, anzi, proseguì in modo sempre più organizzato. Non si conoscono esattamente le circostanze che hanno portato al cambiamento del nome del gruppo, che aveva cominciato ad autodefinirsi come il Comitato non provocate l onda, ma indubbiamente i suoi componenti si resero conto che per qualificarsi a livello internazionale era necessario un appellativo più conciso ed efficace che riassumesse i principi ambientalisti e pacifisti del gruppo. Così nacque il nome GREENPEACE. Il gruppo continuò la sua lotta contro gli esperimenti atomici nel Pacifico e fu proprio in occasione di una di queste manifestazioni che gli uomini dell organizzazione vissero un esperienza che ancora oggi è ricordata nella sua storia. Partiti col peschereccio Phyllis Cormack per andare a protestare direttamente sul luogo dei tests atomici, dopo alcuni giorni di navigazione gli uomini dell equipaggio decisero di approdare lungo le coste, vicino ad un villaggio indiano della tribù dei Kwakiutl, per scendere a terra e rifornirsi d acqua. I locali, dopo aver celebrato l arrivo con una cerimonia in loro onore, li invitarono a visitarli nuovamente nel loro viaggio di rientro e promisero che i loro nomi sarebbero stati incisi sul totem del villaggio. Un giornalista convocato a bordo del Phyllis Cormack, colpito dall esperienza appena vissuta, si mise a leggere un libro di profezie e di leggende indiane che, casualmente, si era portato come lettura durante il viaggio e qui vi trovò una suggestiva profezia. La leggenda narrava che un anziana donna Cree, chiamata Occhi di Fuoco, aveva visto in una sua visione mistica, che un giorno la terra sarebbe stata depredata delle sue risorse, i fiumi sarebbero stati avvelenati e i cervi sarebbero morti. Prima che fosse troppo tardi, però, gli Indiani avrebbero insegnato all uomo bianco ad avere rispetto per la Terra e insieme sarebbero diventati i Guerrieri dell Arcobaleno. Non a caso, Rainbow Warrior fu il nome dato ad una delle più importanti imbarcazioni di Greenpeace, che operò a lungo in numerose campagne in tutti i mari del mondo, fino a quando due esplosioni squassarono il suo scafo mentre la nave era ormeggiata nel porto di Auckland, in attesa di partire per Moruroa. Nel 1987 Greenpeace fu la prima (ed è ancora l unica) Organizzazione non governativa a stabilire una base in Antartide. Nel 1989 stabilì una sede nell allora Unione Sovietica e nel 1996 aprì un ufficio ad Hong Kong. 125

132 Capitolo 1 Il Governo del mare A venticinque anni dalla sua nascita, Greenpeace ha oggi il suo quartier generale ad Amsterdam e più di 60 uffici in 33 paesi, essendosi insediata persino in America Latina, Asia, Nord Africa ed Europa Orientale. Negli ultimi anni, Greenpeace ha avuto un ruolo determinante nell adozione di un bando sull esportazione di rifiuti tossici verso i paesi in via di sviluppo, nell elaborazione di una Convenzione delle Nazioni Unite per una migliore gestione delle risorse ittiche mondiali, nella compilazione di un bando sullo scarico in mare di rifiuti radioattivi e di installazioni petrolifere e, infine, nel porre fine alla pesca industriale con reti a strascico. Il suo lavoro in ambito internazionale ha condotto l associazione di Greenpeace a non voler formare alleanze con nessun partito o forza politica nazionale e a non prendere alcuna posizione su tematiche estranee alla propria sfera di attività. In più, per non rischiare di subire pressioni, si auto-finanzia esclusivamente con i contributi di circa tre milioni di sostenitori in 160 paesi. È, quindi, indipendente da governi, gruppi ed individui e non chiede finanziamenti a enti pubblici o a società private, conducendo la propria attività liberamente. Nel 1976 fu fondata Greenpeace International, che riunì tutte le sedi nazionali dell organizzazione che fino ad allora erano state coordinate a fatica ed in modo disorganico e discontinuo. Oggi Greenpeace è formata da una rete di uffici nazionali e regionali, interdipendenti e strettamente collegati, che operano insieme a Greenpeace International ad Amsterdam. Il ruolo di Greenpeace International è di avviare e coordinare i programmi e le attività locali. Ogni ufficio nazionale o regionale lavora su alcune o su tutte le priorità stabilite da Greenpeace International, che vengono decise e verificate ogni anno in una assemblea generale dell organizzazione. Greenpeace International viene finanziata dagli uffici nazionali che, a loro volta, si fondano esclusivamente sulle donazioni fatte dai sostenitori del loro paese; tutti gli uffici sono tenuti a contribuirvi col 18% delle loro entrate, mentre Greenpeace International, oltre a finanziare le campagne internazionali e il loro coordinamento e ad assicurare manutenzione ed efficienza alla flotta, lavora su specifiche campagne internazionali in paesi chiave ed aiuta gli uffici meno strutturati, che non riescono ad autofinanziarsi. Parlando delle campagne che Greenpeace ha intrapreso a tutela degli ambienti marini, bisogna segnalare il Rapporto Riserve marine per il Mediterraneo che, evidenziando numerose situazioni di degrado e di rischio ambientale, auspica una sempre 126

133 Capitolo 1 Il Governo del mare crescente collaborazione fra i Governi dei Paesi che si affacciano sul bacino, a tutelare questo fragile ecosistema. Il primo impatto negativo affrontato dall associazione riguarda la pesca che, dopo un picco massimo raggiunto negli anni Ottanta 208, sta vedendo calare di anno in anno il numero di catture. Secondo l UNEP/MAP 209 una simile situazione, se non affrontata tempestivamente in modo organico, può portare a conseguenze molto gravi non solo nell ambito naturale, ma anche per le economie delle comunità rurali basate sulla pesca, con conseguente perdita di posti di lavoro, diminuzione della base alimentare, problemi sociali molto rilevanti. L Agenzia Europea per l Ambiente ha stimato che per l 80% delle popolazioni ittiche di interesse commerciale non esiste una valutazione adeguata sui limiti massimi di pescato e, dove essa esiste, risulta che il 60% delle popolazioni è pescata al di là della soglia di sicurezza 210. Un ulteriore impatto sull ecosistema marino è causato dalle attività petrolifere che vi si svolgono. Va, infatti, rilevato che circa 1/7 delle navi che viaggiano nel Mediterraneo quotidianamente trasportano idrocarburi, talvolta senza le necessarie precauzioni e, comunque, con il costante rischio di sversamenti. Secondo l UNEP negli ultimi 15 anni circa tonnellate di idrocarburi sono finite nel Mediterraneo a seguito di incidenti alle imbarcazioni che li trasportavano 211 e altre tonnellate deriverebbero da scarichi di sostanze chimiche e da lavaggi delle cisterne delle petroliere 212. A tali fonti di inquinamento vanno aggiunte quelle derivanti dalle attività industriali e agricole di un territorio costiero sempre più antropizzato e che generano un impatto molto più forte in considerazione dell isolamento del bacino mediterraneo che amplifica la gravità di tali fenomeni. Infine, viene analizzato il ruolo del turismo che, sebbene garantisca benefici economici alla regione, ha avuto un ruolo notevole nel degrado dell ambiente marino e costiero. Fra le possibili ipotesi di intervento attuabili nel Mediterraneo, Greenpeace chiede la creazione di una rete di riserve marine che copra almeno il 40% delle acque del bacino, e 208 FAO Newsroom, Mediterranean Fisheries: as stocks decline, management improves, FAO, Roma, 2005, in cui si evidenzia come da una quota di circa 2 milioni di tonnllate di catture l anno effettuate tra il 1982 e il 1988 si è passati a 1 milione e mezzo degli anni Novanta e si continua a scendere. 209 UNEP. Transboundary Diagnostic Analysis (T.D.A.) for the Mediterranean. UNEP/MAP, Atene, STREFTARIS N., Fish stocks outside Safe Biological limit in Indicator fact sheet: FISH1a, Environmentale European Agency, Copenaghen, UNEP, Regionally based assessment of persistent toxic substances, Mediterranean Regional Report. UNEP/Chemicals, Chatelaine (Svizzera),

134 Capitolo 1 Il Governo del mare alla quale si affianchi una politica di gestione coordinata di tutte le aree adiacenti. Ciò permetterà al tempo stesso la tutela delle diversificate caratteristiche degli ecosistemi costieri e un accesso equo e sostenibile alle risorse. Anche i benefici delle riserve marine per l educazione, la ricerca scientifica, il tempo libero e il turismo saranno condivise fra le comunità costiere e porteranno consistenti vantaggi pratici anche per i pescatori delle aree circostanti 213. La proposta formulata da Greenpeace con la creazione di 32 riserve costiere e d altura tiene conto delle aree protette già esistenti o in fase di creazione e si concentra su quei siti di riproduzione, accrescimento o alimentazione per i vari organismi marini, che risultano necessari al corretto equilibrio dell ecosistema acquatico. Questa proposta costituisce, secondo l associazione, un punto di partenza aperto alla discussione su ogni suo aspetto e Greenpeace si conferma pronta a collaborare con tutti coloro i quali vorranno contribuire a migliorarla e a renderne fattibile l attuazione. Malgrado l impegno che Greenpeace ha dimostrato e dimostra nella lotta attiva dei fenomeni dannosi per l ambiente e per quanto, come già affermato più sopra, essa si sia fatta promotrice di molte iniziative di carattere internazionale, dobbiamo tuttavia riconoscere che la sua azione, se non adeguatamente supportata dagli Stati e dalle organizzazioni internazionali, è del tutto insufficiente a contrastare gli interessi particolaristici statali di volta in volta interessati. Purtroppo, il caso degli esperimenti nucleari francesi a Mururoa di qualche anno fa, ne è un amara testimonianza. Viene poi in mente un altra associazione ambientalista che opera sul territorio nazionale ed internazionale sotto il nome di Marevivo 214. Nata nel febbraio del 1985 per volontà di un gruppo di persone unite dalla comune passione per il mare, Marevivo è stata riconosciuta, per l importanza e la qualità del proprio impegno, associazione di protezione ambientale a carattere nazionale con D.M. del 20/02/1987, ai sensi dell art. 13 della Legge n. 349/1986, istitutiva del Ministero dell Ambiente. Come associazione riconosciuta, Marevivo fa parte del Consiglio Nazionale per l Ambiente ed è membro del Coordinamento Aree Marine Protette Italiane (C.A.M.P.I). 212 REMPEC. Protecting the Mediterranean against Accidents and illegal discharges from Ships. Regional Marine Pollution Emergency Response Centre for the Mediterranean Sea, Malta. In Studi condotti presso le riserve della Sardegna e della Corsica hanno, infatti, dimostrato che la crescita degli esemplari in prossimità di un area protetta aumenta esponenzialmente nel corso di pochi anni, con evidenti vantaggi per la popolazione di pescatori locali che possono contare su catture sempre più consistenti. 214 Notizie tratte dal sito internet 128

135 Capitolo 1 Il Governo del mare Tale associazione persegue lo scopo 215 di suscitare, promuovere, collaborare e concorrere alla diffusione del rispetto per l ambiente naturale, dedicando particolare attenzione alle problematiche correlate all intero ecosistema marino, nonché all educazione ecologica dei giovani e alla relativa formazione professionale. Per il raggiungimento di tali scopi Marevivo agisce con ogni mezzo ritenuto idoneo dai suoi membri, in particolare mediante l organizzazione di manifestazioni a carattere locale, nazionale ed internazionale e mediante la formazione professionale finalizzata all Ambiente. La sede dell Associazione è a Roma 216, ma le sezioni operative sono dislocate ovunque e conducono la propria attività sotto le direttive della sede romana o in collaborazione con altre Associazioni che si trovano impegnate nel perseguimento delle stesse finalità. In quest ottica Marevivo si avvale del contributo del Comitato Scientifico, composto da alcuni dei massimi esponenti italiani e stranieri in materia di biologia marina e di conservazione delle risorse naturali. D intesa con il Comitato l Associazione promuove e svolge campagne di ricerca finalizzate alla maggiore conoscenza di alcune problematiche emergenti del Mediterraneo e quindi all individuazione ed alla proposta dei necessari interventi. A titolo di esempio vediamo la cd. Agenda 21 : tale campagna venne svolta nel 1994 in collaborazione con la Marina Militare Italiana e sulla base di alcuni principi dichiarati a livello internazionale durante il vertice della Terra a Rio nel Nel corso di una crociera a bordo delle navi scuola Amerigo Vespucci e Palinuro, vennero svolti dei seminari, delle tavole rotonde e degli incontri sul tema della biodiversità e dello sviluppo sostenibile, con particolare riferimento al ruolo delle aree protette marine. L Agenda 21 è un progetto complesso e globale che verrà trattato approfonditamente in seguito. Come spiegato all inizio del paragrafo, l elenco di associazioni è molto lungo e rischierebbe di divenire obsoleto anche a distanza di pochi giorni dalla scrittura del testo per la quotidiana nascita di gruppi che, spinti dalle propagande ambientaliste si avvicinano a queste problematiche. In questa sede ci si soffermerà ancora soltanto su una di esse che opera sotto il nome di Movimento Azzurro 217. Nata negli anni Ottanta e riconosciuta da parte del Ministero dell Ambiente ai sensi dell art.13 della legge 8 luglio 1986 n.349, essa 215 Statuto di Marevivo, Art IBIDEM, Art Notizie tratte dal sito internet 129

136 Capitolo 1 Il Governo del mare si impegna a promuovere iniziative intese a valorizzare la salvaguardia della natura, il risanamento ambientale e a creare un corretto e positivo rapporto fra l uomo e la natura. La sede sociale di Movimento Azzurro si trova a Roma 218, ma le singole attività sono condotte grazie all ausilio si strutture collocate su tutto il territorio nazionale, nonché in ambito internazionale e, a riguardo, è opportuno citare le collaborazione permanente con l Accademia Nazionale tecnico-scientifica, allo scopo di promuovere studi, ricerche, analisi, sostegno delle attività divulgative ed educative e qualsiasi altra attività ritenuta idonea all approfondimento tecnico e scientifico delle questioni ambientali e la Scuola Nazionale di Educazione Ambientale, che opera al fine di promuovere attività di formazione e di informazione 219. Sono ritenute attività fondamentali dell Associazione 220 : - le azioni di sensibilizzazione, di educazione, di formazione, sia a livello amatoriale che professionale, esercitabili in ambito ambientale; - l organizzazione di convegni, di incontri, di conferenze, di corsi di studio o di aggiornamento e di formazione del personale delle scuole pubbliche e private, nonché degli operatori impegnati nelle attività ambientali; - le azioni di controllo dei prodotti, dei processi, delle opere, dei servizi, dei sistemi e la loro certificazione; - l assegnazione di premi, di borse di studio, di riconoscimenti e di ricompense; - la realizzazione di studi, di progetti e di pubblicazione di documenti; - ogni altra iniziativa che si sviluppi nel quadro dell ambito ambientale. A livello nazionale il Movimento Azzurro si articola in Ecosezioni, individuate sulla base di un criterio territoriale o tematico, che si occupano del coordinamento e dell armonizzazione delle attività loro assegnate. Ogni Ecosezione è composta da almeno 25 membri che operano nel rispetto delle norme stabilite dallo Statuto dell Associazione e dal Consiglio Nazionale. Tale Associazione collabora ai progetti condotti da altri organismi che operano in ambito ambientale e si fa promotrice di nuove attività in tale campo. 1.4 Il regime giuridico della navigazione 218 Statuto di Movimento Azzurro, Art IBIDEM, Art.2, lettera a). 220 IBIDEM, Art.2, lettera b). 130

137 Capitolo 1 Il Governo del mare La disciplina generale Introduzione storica Il fenomeno della navigazione è uno dei più antichi presenti nell umanità e fin da epoche molto remote i popoli hanno sentito l esigenza di regolamentarne i principali aspetti. Il primo riferimento di diritto nautico codificato risale addirittura al Codice di Hammurabi, prodotto in Babilonia attorno al 2200 a.c. e contenente alcune norme relative alle navi, ai doveri dei costruttori e dei piloti, alle modalità di trasporto marittimo e alle responsabilità in caso di naufragio. La stele su cui venne scolpito fu rinvenuta nell acropoli di Susa in Persia. Le popolazioni fenice e greche, famose per l abilità dei loro naviganti, seguirono soprattutto regole di natura consuetudinaria, derivanti dalla loro profonda esperienza marittima, anche se recenti ricerche hanno portato a conoscenza degli studiosi la presenza di alcune leggi nautiche che disciplinavano la materia. Il fenomeno della navigazione divenne centrale anche per il diritto romano, a causa della vastissima rete di rapporti commerciali e diplomatici tra Roma e il resto del mondo allora conosciuto. Al periodo dell VIII e IX sec. d.c. vengono fatte risalire normative quali il Digesto, che conteneva solo sporadici istituti, non prevedendo in alcun modo una trattazione organica della materia, il Nòmos Rodìon nauticòs, cioè la legge nautica dei Rodii che consisteva in una raccolta privata di consuetudini che restò in vigore per molti secoli nell Italia meridionale e nell Adriatico e, infine, la Lex Rhodia de jactu, che disciplinava l istituto tuttora vigente del getto delle merci. Il diritto romano, da una parte, e il diritto ellenico-orientale, dall altra, si incontrarono nel periodo medioevale dando un forte sviluppo al diritto marittimo e portando all elaborazione di numerose raccolte che regolamentarono ambiti disciplinari o territoriali diversi. Ricordandone soltanto le principali, possiamo menzionare il Consolato del mare, che divenne la legge regolatrice dei rapporti che si svolgevano nel Mediterraneo e probabilmente fu elaborata dal tribunale marittimo di Barcellona, i Ruoli di Óleron, usati nell Oceano Atlantico e nel Mare del Nord, gli Statuti delle città anseatiche, i Recessi della Lega anseatica, su cui si fonda il diritto marittimo moderno tedesco, le Ordinanze di Wisby, fondamento dell attuale legislazione scandinava, il Guidon de la mer, di fondamentale importanza per la disciplina delle assicurazioni marittime. 131

138 Capitolo 1 Il Governo del mare Il primo documento organico in tema di leggi della navigazione, però, fu emanato soltanto nel 1681 da Luigi XIV e prese il nome di Ordonnance de Luis XIV, donnè au mois d aôut 1681, touchant la marine. Esso, oltre a regolamentare la disciplina nel regno francese, divenne la base di ispirazione per le numerose leggi e per i diversi editti emanati dai sovrani che governarono nella nostra penisola. Nel 1741 Carlo III di Napoli emanò il Reale Editto o sia regolamento per la navigazione de Bastimenti mercantili de 18 agosto 1741, nel 1784 il Granduca Francesco di Lorena formulò l Editto di marina e navigazione marittima toscana, e, infine, nel 1786 venne emanato il Codice per la Veneta mercantile marina. A seguito della conquista napoleonica, venne adottato in Italia il Codice di commercio francese, che continuò ad influenzare la codificazione marittima anche dopo la Restaurazione. Dopo l unità d Italia, il 1 gennaio 1866 entrarono in vigore il Codice per la marina mercantile e il Codice di commercio, poi aggiornato nel 1882 con l introduzione di nuovi istituti, tra cui la regolamentazione della navigazione interna. Giungendo ai giorni nostri, in Italia la disciplina è regolata dal Codice della navigazione 221, approvato con R.D , n. 327 entrato in vigore il 21 aprile dello stesso anno, e costituito da 1331 articoli, divisi in cinque sezioni: - Artt. 1 14: disposizioni preliminari; - Artt : Parte I Della navigazione marittima e interna; - Artt : Parte II Della navigazione aerea; - Artt : Parte III Disposizioni penali e disciplinari; - Artt : Parte IV Disposizioni transitorie e complementari. In attuazione dell art il Governo ha poi emanato il Regolamento per la navigazione interna 222 e il Regolamento per la navigazione marittima 223 e, a seguito della ratifica della Convenzione di Montego Bay, ha accolto nell ordinamento italiano i principi da esso sanciti anche in materia di navigazione. Gli aspetti che costituiranno oggetto di studio dei prossimi paragrafi si concentreranno esclusivamente sulla navigazione marittima che costituisce l obiettivo della ricerca e, in particolare, nell analisi dei principi sanciti dalla comunità internazionale ci si soffermerà su come siano stati recepiti ed attuati dall ordinamento italiano. 221 Codice della navigazione, R.D. 30 marzo 1942, n. 327 in G.U , n. 93, Ediz. Spec. 222 D.P.R , n. 631, in G.U , n. 214, s.o. 223 D.P.R , n. 328, in G.U , n. 98, s.o. 132

139 Capitolo 1 Il Governo del mare Disciplina giuridica Volendo schematizzare gli ambiti regolamentati dal diritto della navigazione, che vanno affrontati per poter comprendere i principi che disciplinano questa materia, si possono individuare gli elementi che stanno nell acqua, quali le navi o i galleggianti, e gli elementi che stanno sulla costa, quali i porti e le zone demaniali. Il diritto della navigazione, dunque, disciplina tutto ciò che concerne la costruzione e la messa in sicurezza di quelle entità che si sposteranno nel mare, ne stabilisce le rotte e regolamenta, inoltre, le zone in cui queste potranno attraccare per espletare le funzioni per le quali sono state create, siano esse adibite al trasporto di merci, di passeggeri, alla pesca, o alla difesa di una nazione. Una nave, quindi, viene definita, in maniera molto generica, come una qualsiasi costruzione destinata al trasporto per acqua, anche a scopo di rimorchio, di pesca, di diporto o ad altro scopo 224. Essa può essere abilitata alla navigazione di alto mare 225 o a quella costiera 226 e può essere destinata a diversi scopi 227, a seconda dell uso che l armatore intenda farne. Ogni nave deve ottenere una nazionalità e cioè essere riconosciuta da uno Stato, di cui batterà bandiera, che stabilirà la disciplina da applicare ad essa ed alla sua navigazione e ne sarà responsabile. I criteri e le condizioni cui è subordinata l attribuzione della bandiera sono determinati liberamente da ciascun governo, ma la comunità internazionale, ha voluto ribadire la necessità di un legame effettivo (cd genuin link ) fra lo Stato e la nave che è sottoposta alla sua giurisdizione, per evitare il fenomeno della bandiera di comodo o bandiera-ombra, cioè dell attribuzione alle navi della bandiera di quei Paesi che garantiscono agli armatori delle agevolazioni fiscali e tributarie o minori oneri sociali, ma che non sono poi in grado di fornire un qualunque collegamento sostanziale con la nave stessa. 224 Codice della navigazione, art. 136, comma Le navi maggiori, o navi alturiere, sono destinata alla navigazione di alto mare, ad una distanza di almeno 20 miglia dalla costa. Esse devono avere adeguate sistemazioni per l equipaggio e, in relazione al carico, una stazza superiore alle 10 tonnellate, per le navi a propulsione meccanica, e a 25 tonnellate, per le navi a vela. 226 Le navi minori comprendono le navi costiere, destinate alla navigazione lungo le coste continentali ed insulari dello Stato a una distanza non superiore alle 20 miglia, le navi adibite alla navigazione interna e al servizio marittimo nei porti. 227 La fondamentale distinzione vede da un lato le navi mercantili, di proprietà pubblica o privata, che mirano a raggiungere uno scopo commerciale diverso da quello militare (traffico, pesca, spedizioni scientifiche, diporto, trasporto di passeggeri, ), dall altro le navi militari e quelle di Stato, impiegate per scopi non commerciali. 133

140 Capitolo 1 Il Governo del mare L attuale disciplina obbliga ciascuna nave a presentare, qualora richiesti, i documenti che attestano e giustificano il diritto di battere bandiera di uno Stato, sia nei confronti di questo, che nei confronti di un qualunque altro governo richiedente. Ciò mira a tutelare ogni Stato anche dall ipotesi in cui una nave si sia appropriata illecitamente della sua nazionalità. La regola prevalente prevede che una nave sia sottoposta alla giurisdizione dello Stato di cui batte bandiera, sia nelle acque internazionali, sia in quelle territoriali di un altro Stato, in virtù di una finzione giuridica che considera la nave come parte del territorio dello Stato cui appartiene, a meno che non ricorrano particolari condizioni che verranno analizzate compiutamente in questo e nei successivi paragrafi. Infatti, si presume che la comunità viaggiante 228 a bordo di una nave conosca le normative del proprio paese e debba essere giudicata da un proprio tribunale, a meno che l illecito non abbia un legame molto forte con il territorio di un altro Stato o vi sia il rischio che resti impunito. Un esempio di eccezione al principio della sottoposizione della nave all esclusivo potere dello Stato della bandiera è, in tal senso, il diritto di inseguimento, che consente a ciascuna potenza marittima di inseguire, in qualunque spazio marino, una nave battente bandiera straniera che abbia commesso un reato nelle acque interne o territoriali dello Stato inseguitore. Si tratta di una norma mirante ad evitare che una nave, dopo aver compiuto attività illecite nelle acque sottoposte alla sovranità di uno Stato, possa rapidamente sottrarsi alle conseguenze del suo atto portandosi in mare aperto o in una delle zone marittime intermedie. Tale norma ha avuto frequenti applicazioni in materia di contrabbando, allorché navi private straniere, scoperte dalle imbarcazioni delle autorità doganali costiere, tentavano di sottrarsi alla cattura portandosi nel mare libero. Per essere esercitato conformemente alla disciplina internazionale, l inseguimento deve prendere avvio già nelle acque interne o nel mare territoriale dello Stato inseguitore e può essere continuato anche in mare aperto, purchè non sia interrotto nel frattempo, nel qual caso non può essere ripreso, e fino a che la nave inseguita non entri nelle acque territoriali di un altro Stato, circostanza che blocca automaticamente l inseguimento per non generare un interferenza nella sfera di sovranità dello Stato costiero. L inseguimento deve, inoltre, essere preceduto dall intimazione di fermata, con mezzi visivi o acustici tali da essere visti o uditi dalla nave interessata, e consente l uso della forza per costringere la nave inseguita ad ubbidire. Al momento in cui viene 134

141 Capitolo 1 Il Governo del mare raggiunta, la nave viene condotta presso il più vicino porto nazionale per gli opportuni provvedimenti, con immediata comunicazione della circostanza al governo dello Stato di cui batte bandiera. Una fattispecie aggiuntiva, riguardante soprattutto l ipotesi del reato di contrabbando di merci, è stata prevista dalla Convenzione di Montego Bay sotto il nome di presenza costruttiva 229. Con essa, anche una nave straniera che si mantenga in acque internazionali, ma che partecipi ai traffici illeciti con il tramite di altre imbarcazioni che trasportano le merci da essa verso la costa, può essere catturata dallo Stato costiero. Non si tratta, in realtà, di un diritto di inseguimento, applicabile peraltro alle imbarcazioni che trasportano la merce dalla nave alla costa, ma di un più generale principio funzionalistico in tema di vigilanza doganale, mirante a bloccare ogni fase del reato di contrabbando. Altri casi in cui viene ridotta la giurisdizione dello Stato di bandiera verranno analizzati in altre parti del testo, riguardando gli illeciti commessi dal mezzo, da un membro dell equipaggio, in servizio attivo o in orario di riposo, o da un passeggero. Una volta determinata la nazionalità di una nave è fondamentale saperne la destinazione d uso, perché anche in questo caso ci sono delle eccezioni alla normale disciplina. Ogni Paese, infatti, può possedere navi mercantili, navi di Stato o navi da guerra. Le prime sono soggette alla normale disciplina vigente in ambito internazionale e quindi anche alle restrizioni in materia di esclusiva sovranità dello Stato di bandiera. Le navi di Stato, cioè quelle che non sono impiegate per scopi commerciali, ma che operano per pubblico servizio a carattere civile, possono godere di una particolare immunità qualora siano impiegate in servizi governativi. E, infine, le navi da guerra, cioè quelle navi che appartengono alle Forze Armate di uno Stato, che portino i segni distintivi esteriori delle navi militari e che siano poste al comando di un Ufficiale di Marina al servizio dello Stato 230, in forza della cd. extraterritorialità, fruiscono della completa immunità dalla giurisdizione di qualunque Stato non sia quello di bandiera. 228 QUADRI R., Diritto Internazionale pubblico, Friulla Editore, Palermo, 1960, p UNCLOS, art. 111, par. 4: L inseguimento non si considera iniziato se non dopo che la nave che insegue abbia raggiunto con ogni mezzo disponibile la certezza che la nave inseguita o una delle sue lance o altre imbarcazioni, che lavorino congiuntamente alla nave inseguita utilizzata come nave madre, si trovino all interno del mare territoriale, della zona contigua, della zona economica esclusiva o al di sopra della piattaforma continentale. L inseguimento può cominciare solo dopo che l ordine di arresto sia stato emesso con un segnale visivo o sonoro, a distanza adeguata purchè venga ricevuto dalla nave straniera. 230 UNCLOS, art. 29: Definizione di nave da Guerra Ai fini della presente Convenzione, per nave da guerra si intende una nave che appartenga alle Forze Armate di uno Stato, che porti i segni distintivi esteriori delle navi militari della sua nazionalità e sia posta sotto il comando di un Ufficiale di Marina al servizio dello 135

142 Capitolo 1 Il Governo del mare In presenza di comportamenti integranti fattispecie criminali, alle unità da guerra sono riconosciuti poteri di polizia esercitabili, in alto mare, nei confronti delle navi mercantili, indipendentemente dallo Stato di bandiera, alla cui sovranità e giurisdizione queste ultime sono altrimenti sottoposte quando navigano fuori delle acque territoriali di Stati terzi. La nave poi, per la sua capacità di trasportare cose e persone da un punto all altro attraversando l acqua, soddisfa moltissime esigenze. Basta considerare che circa l 80% del trasporto di merci avviene ancora via mare, che le crociere turistiche sono in piena espansione, che la ricerca scientifica vede impiegati molti mezzi nei vari mari del mondo e che la pesca è ancora un settore molto diffuso soprattutto nei paesi rivieraschi. Le interazioni fra una nave e un Paese avvengono in una zona ben stabilita che prende il nome di porto e la cui organizzazione e disciplina sono rigidamente previste dalle normative internazionali e nazionali. La vastità della materia e le ripercussioni economiche e sociali sulla fascia costiera di un paese ci portano a rimandare la trattazione del porto, della sua organizzazione e dei nodi di trasporti che ad esso debbono essere collegati, al secondo capitolo della ricerca, che si soffermerà sugli aspetti economici legati al mare. Ora non resta cha analizzare la disciplina vigente nelle diverse fasce giurisdizionali che cerca di far concordare le diverse esigenze dei Paesi rivieraschi e non, e delle navi che si muovono lungo le rotte La navigazione nelle acque interne ed arcipelagiche Il diritto internazionale generale, fin dalle prime regolamentazioni che sono state emanate, non pone restrizioni alla libertà riconosciuta agli Stati costieri in merito all ammissione di navi straniere nelle proprie acque interne. Solitamente, però, vige il principio, sancito per la prima volta nell art. 2 dello Statuto di Ginevra del 1923 sul regime internazionale dei porti marittimi, in base al quale la stessa libertà di navigazione che si esplica in alto mare, consente alle navi di accedere ad altri spazi marittimi, al fine di giungere ai porti situati sulla costa anche di Stati marittimi diversi dal proprio Stato di bandiera. Non va però dimenticato che, anche quando viene riconosciuto, tale principio subisce delle restrizioni sia per le navi militari che per quelle mercantili, in virtù di quelle Stato e iscritto nell apposito ruolo degli Ufficiali o in documento equipollente, il cui equipaggio sia sottoposto alle regole della disciplina militare. 136

143 Capitolo 1 Il Governo del mare che sono le primarie esigenze di sicurezza degli Stati costieri, i quali hanno facoltà, in casi precisi, di interdire l accesso ai porti delle navi straniere 231. Per le acque arcipelagiche, la Convenzione di Montego Bay prevede che si applichi un diritto di passaggio inoffensivo ricalcato su quello previsto per il mare territoriale 232. Accanto ad esso la Convenzione prevede che si applichi un diritto di passaggio arcipelagico simile al diritto di passaggio negli stretti e, pertanto, comprende anche il sorvolo. Esso si applica in particolari vie di circolazione e rotte aeree designate dallo Stato arcipelagico 233 o, in mancanza di queste, nelle rotte solitamente utilizzate per la navigazione internazionale La navigazione nel mare territoriale La Convenzione di Montego Bay, conformemente al principio visto nel paragrafo precedente che mira ad agevolare il transito di navi dall alto mare verso i porti costieri, afferma che uno Stato marittimo non deve ostacolare il passaggio inoffensivo nel proprio mare territoriale 234. L ordinamento internazionale stabilisce pertanto una limitazione essenziale alla manifestazione di assoluta sovranità dello Stato costiero sul suo mare territoriale. L esercizio di tale sovranità deve applicarsi, infatti, in armonia con determinate consuetudini ed accordi internazionali che costituiscono il fondamento della pacifica convivenza degli Stati. Numerosi sono i diritti che lo Stato costiero può esercitare nell ambito del suo mare territoriale. Si possono, ad esempio, citare il diritto bellico e di neutralità, il diritto di polizia della navigazione, di sorveglianza doganale e sanitaria, di sfruttamento esclusivo delle risorse ittiche o minerali, di esclusione degli stranieri dalla navigazione di cabotaggio, di giurisdizione civile e penale. Tuttavia, unitamente a tali diritti, sussistono anche degli obblighi a carattere internazionale, il più importante dei quali è quello di non impedire il transito, purchè inoffensivo e in tempo di pace, di navi straniere attraverso le proprie acque 231 SETTEMBRINI F., Introduzione alle problematiche del diritto internazionale del mare, Periodico della Guardia Costiera, n. 22, 1963, p UNCLOS, art. 52, comma 1: Alle condizioni dell articolo 53 e senza pregiudizio dell articolo 50, le navi di tutti gli Stati godono del diritto di passaggio inoffensivo attraverso acque arcipelagiche, definito nella Parte II, sezione UNCLOS, art. 53, comma 1: Uno Stato-arcipelago può istituire corridoi di traffico e rotte aeree nello spazio aereo soprastante, che siano idonei al passaggio continuo e rapido di navi e aeromobili stranieri all interno o al di sopra delle proprie acque arcipelagiche e nel mare territoriale ad esse adiacente. 137

144 Capitolo 1 Il Governo del mare territoriali. Tale obbligo, che si configura in un diritto più che una facoltà degli altri Stati, sottrae, in una certa misura, quale corollario, le navi in transito alla giurisdizione della Stato costiero. Sulla sua esistenza il consenso può dirsi unanime e caratterizza la specifica condizione giuridica del mare territoriale rispetto a quella delle acque interne che, particolare importante, possono anche essere chiuse alle navi straniere. Si tratta, in conclusione, di un diritto che si ispira al principio di consentire agli Stati di poter liberamente comunicare tra loro in tutti quei modi che non costituiscono pregiudizio alla rispettiva indipendenza. La definizione di transito inoffensivo prevede che la navi attraversino il mare territoriale in modo rapido e continuo, senza soste alla navigazione o mutamenti di rotta, non giustificati da eventi particolari o situazioni di forza maggiore, per entrare o uscire da una rada o da un porto. Le navi che esercitano il passaggio inoffensivo devono conformarsi alla legislazione dello Stato costiero in un ampia serie di materie indicate dall art Tuttavia in materia di progettazione, costruzione e armamento delle navi, le norme dello Stato costiero sono applicabili soltanto qualora diano effetto a regole internazionali generalmente accettate; diversamente, una serie di prescrizioni nazionali divergenti o addirittura tra loro configgenti, avrebbero l effetto di vanificare il diritto di passaggio. Lo Stato costiero può, quando lo richiede la sicurezza della navigazione, esigere che le navi straniere rispettino le vie di circolazione e i dispositivi di separazione del traffico da esso adeguati. Può, inoltre, senza stabilire alcuna discriminazione fra navi straniere, sospendere temporaneamente, in zone determinate del suo mare territoriale, il diritto di passaggio inoffensivo, se questa misura è indispensabile per assicurare la sua sicurezza, incluso il 234 UNCLOS, art. 17 : Alle condizioni della presente Convenzione le navi di tutti gli Stati, costieri o privi di litorale, godono del diritto di passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale. 235 UNCLOS, art. 21, par. 1: Lo Stato costiero può emanare leggi e regolamenti, conformemente alle disposizioni della presente convenzione e ad altre norme del diritto internazionale, relativamente al passaggio inoffensivo attraverso il proprio mare territoriale, in merito a tutte o a una qualsiasi delle seguenti materie: a) Sicurezza della navigazione e regolamentazione del traffico marittimo; b) Protezione delle attrezzature e dei sistemi di ausilio alla navigazione e di altre attrezzature e installazioni; c) Protezione di cavi e condotte; d) Conservazione delle risorse biologiche del mare; e) Prevenzione delle violazioni delle leggi e dei regolamenti dello Stato costiero relativi alla pesca; f) Preservazione dell ambiente dello Stato costiero e prevenzione, riduzione e controllo del suo inquinamento; g) Ricerca scientifica marina e rilievi idrografici; h) Prevenzione di violazioni delle leggi e regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione dello Stato costiero. 138

145 Capitolo 1 Il Governo del mare caso di esercitazioni armate. Fra gli obblighi dello Stato costiero, particolarmente importante è quello di segnalare, con adeguata pubblicità, ogni pericolo per la navigazione nel suo mare territoriale di cui abbia conoscenza 236. Del diritto di passaggio inoffensivo beneficiano tutte le navi, ivi comprese, benché il punto sia tuttora contestato da alcuni Stati, le navi da guerra. Non è tanto la natura intrinseca della nave sia essa una nave da trasporto, da pesca, di Stato, da guerra quanto il comportamento tenuto nel corso del passaggio quindi il fatto di inquinare, pescare, spiare o minacciare la sicurezza dello Stato a determinare il carattere offensivo del passaggio. Alla nave da guerra che non rispetti le prescrizioni dello Stato costiero e che non tenga conto dell invito a conformarsi, può essere ingiunto di lasciare immediatamente il mare territoriale, ma la stessa sorte può colpire, secondo gran parte della dottrina, anche tutte le altre navi, che tengano comportamenti illeciti. Le navi da guerra e le navi di Stato utilizzate a fini non commerciali godono, di regola, dell immunità dalla giurisdizione dello Stato costiero. Diversamente, la giurisdizione dello Stato costiero può essere in certi casi esercitata rispetto alle navi mercantili o alle navi di Stato utilizzate ai fini commerciali. Lo Stato costiero è autorizzato a esercitare la giurisdizione penale sulle navi straniere che passano nel suo mare territoriale, se le conseguenze dell infrazione si estendono allo Stato costiero, se l infrazione è di natura tale da turbare la pace o l ordine nel mare territoriale, se l assistenza delle autorità è stata richiesta dal Comandante della nave o da un agente diplomatico o funzionario consolare dello Stato di Bandiera e, infine, se queste misure sono necessarie per la repressione del traffico illecito di sostanze stupefacenti e psicotrope. Anche gli interventi a carico di persone dell equipaggio di una nave straniera sono disciplinati rigidamente, soprattutto in vista dei rapporti diplomatici fra lo Stato costiero e quello di Bandiera. Le interferenze di tipo giurisdizionale dello Stato nei confronti del gruppo umano organizzato a bordo di una nave straniera sono, in genere, subordinate a un collegamento di una certa intensità tra il fatto compiuto e l ambito territoriale. Tale collegamento risulta solitamente più intenso nelle ipotesi di una nave straniera che passa nel mare territoriale dopo aver lasciato le acque interne, ipotesi che consente allo Stato costiero di adottare le misure previste dal suo diritto nazionale per procedere ad arresti o ad atti di istruzione a bordo, o a misure esecutive e conservative. 236 UNCLOS, art. 24, comma 2: Lo Stato costiero deve segnalare con adeguata pubblicità ogni pericolo per la navigazione esistente nel suo mare territoriale, del quale sia a conoscenza. 139

146 Capitolo 1 Il Governo del mare La navigazione nella zona contigua La zona contigua costituisce una porzione dell alto mare sulla quale lo Stato costiero ha proclamato l intenzione di esercitare dei diritti di sfruttamento sulle risorse presenti. Ciò non preclude in alcun modo, però, la piena libertà alla navigazione o al sorvolo per le navi e gli aeromobili appartenenti a Governi stranieri. In particolare, le navi da guerra di qualunque nazionalità possono effettuare attività operative ed addestrative senza avere l obbligo di comunicarlo allo Stato costiero e senza doverne chiedere alcuna autorizzazione. Una possibile restrizione, però, può colpire i battelli stranieri che esercitano la pesca nella zona, solo nel caso in cui lo Stato costiero, alla proclamazione della zona contigua, si sia riservato il diritto di istituire una zona di pesca riservata agli operatori nazionali La navigazione nella ZEE e sulla piattaforma continentale Nella zona economica esclusiva e sulla piattaforma continentale vige la piena libertà di navigazione per le navi e di sorvolo per gli aeromobili di qualunque nazionalità 237, purché essi, nell esercizio di questi diritti non intralcino quelli dello Stato costiero, osservino le norme da questi emanate nelle materie di propria competenza e rispettino le zone di sicurezza stabilite attorno alle isole o alle strutture artificiali. Restrizioni alla libertà di navigazione degli Stati terzi possono, tuttavia, essere imposte da parte dello Stato costiero qualora questo si avvalga della facoltà di adottare 237 UNCLOS, art. 58: Diritti ed obblighi degli altri Stati nella zona economica esclusiva 1. Nella zona economica esclusiva tutti gli Stati, sia costieri che privi di litorale, godono, conformemente alle specifiche disposizioni della presente Convenzione, delle libertà di navigazione e sorvolo, di posa in opera di condotte e cavi sottomarini, indicate all articolo 87, e di altri usi del mare, leciti in ambito internazionale, collegati con tali libertà, come quelli associati alle operazioni di navi, aeromobili, condotte e cavi sottomarini, e compatibili con le altre disposizioni della presente convenzione. 2. Gli articoli da 88 a 115 e le altre norme pertinenti di diritto internazionale si applicano alla zona economica esclusiva purchè non siano incompatibili con la presente Parte. 3. Nell esercitare i propri diritti e nell adempiere i propri obblighi nella zona economica esclusiva conformemente alla presente Convenzione, gli Stati tengono in debito conto i diritti e gli obblighi dello Stato costiero e rispettano sia le leggi e i regolamenti emanati dallo Stato costiero conformemente alle disposizioni della presente Convenzione, sia le altre norme del diritto internazionale purchè non siano incompatibili con la presente Parte. UNCLOS, art. 78: Regime giuridico delle acque e dello spazio aereo sovrastanti e diritti e libertà degli altri Stati 1. I diritti dello Stato costiero sulla piattaforma continentale on pregiudicano il regime giuridico delle acque e dello spazio aereo sovrastanti. 2. L esercizio dei diritti dello Stato costiero sulla piattaforma 140

147 Capitolo 1 Il Governo del mare misure preventive o repressive 238 al fine di preservare i propri diritti sovrani sulle risorse naturali della zona economica esclusiva, prima fra tutte la pesca. Al di fuori di questi poteri esplicitamente previsti e regolati, lo Stato costiero non ha però il diritto di sottoporre a vincoli, all interno della zona economica o sopra la piattaforma continentale, né il traffico marittimo internazionale, né il sorvolo, né altri usi legittimi del mare quali, ad esempio, la posa di cavi o di condotte sottomarine o le operazioni correlate all utilizzo ed al movimento delle navi. Nessuna disposizione, inoltre, proibisce pertanto le manovre militari nelle zone economiche straniere o le sottopone a preventiva autorizzazione da parte dello Stato costiero. Del pari deve considerarsi ammessa la condotta di operazioni navali che comportino l uso della forza in zone economiche di Paesi neutrali, a condizione che non vi siano interferenze con il normale utilizzo delle stesse per i diritti di pesca o di sfruttamento delle altre risorse. Le zone economiche esclusive non possono, dunque, considerarsi aree smilitarizzate o neutralizzate e viene quindi ritenuto lecito che le navi da guerra possano esercitarvi il diritto di visita loro spettante in alto mare La navigazione in alto mare continentale non deve impedire la navigazione o produrre alcuna ingiustificata interferenza nei riguardi di essa e di altri diritti e libertà di altri Stati, sanciti della presente convenzione. 238 UNCLOS, art. 73: Applicazione delle leggi e regolamenti dello Stato costiero 1. Lo Stato costiero nell esercizio dei propri diritti sovrani di esplorazione, sfruttamento, conservazione e gestione delle risorse biologiche nella zona economica esclusiva, può adottare tutte le misure, ivi compresi l abbordaggio, l ispezione, il fermo e la sottoposizione a procedimento giudiziario, necessarie a garantire il rispetto e delle leggi e dei regolamenti da esso adottati conformemente alla presente Convenzione. 2. Le navi fermate e i loro equipaggi debbono essere prontamente rilasciati dietro il pagamento di una cauzione ragionevole o di altra forma di garanzia. 3. Le sanzioni previste dagli Stati costieri in caso di violazione delle leggi e dei regolamenti di pesca nella zona economica esclusiva non possono includere misure di restrizione della libertà personale salvo accordi diversi tra gli Stati interessati, né alcuna altra forma di pena fisica. 4. In caso di fermo o di sequestro di navi straniere, lo Stato costiero deve prontamente notificare allo Stato di bandiera, attraverso i canali appropriati, le azioni intraprese e ogni sanzione conseguentemente applicata. 239 La posizione italiana a riguardo conferma l illegittimità di limitare o interdire il transito delle Forze Navali operanti nella ZEE ed è stata espressa all atto della ratifica della Convenzione di Montego Bay con una esplicita dichiarazione che si opponeva all ipotesi della creeping jurisdiction, in base alla quale lo Stato costiero poteva pretendere di esercitare sulla zona una giurisdizione maggiore rispetto a quella consentita dagli accordi internazionali. Il testo recita: Lo Stato costiero non gode, secondo la Convenzione, di diritti residuali nella zona economica esclusiva. In particolare, i diritti e la giurisdizione dello Stato costiero in tale zona non includono il diritto di ottenere la notifica di esercitazioni o manovre militari o di autorizzarle. 141

148 Capitolo 1 Il Governo del mare Il principio generale riguardante la navigazione nell alto mare è quello sancito dall art. 87 della Convenzione di Montego Bay, in base al quale in tale zona vige la piena libertà di navigazione e di sorvolo per tutti gli Stati costieri o privi di litorali, con la sola eccezione costituita dal rispetto degli interessi e delle libertà degli altri Stati. Nessun Paese può compiere in tempo di pace atti di coercizione su una nave da guerra battente bandiera di un altro Governo 240 o su una qualunque altra nave pubblica adibita ad una funzione ufficiale non commerciale 241. Infatti, sia le navi da guerra sia quelle in servizio governativo in alto mare godono della completa immunità dalla giurisdizione di qualsiasi Stato diverso da quello di bandiera. Analoga la posizione delle navi private e delle navi di Stato impiegate in servizi commerciali, tranne che per i casi in cui siano oggetto di fermo da parte di unità militari straniere nell ambito delle ipotesi previste per il diritto di inseguimento e del diritto di visita. Esistono tuttavia dei limiti posti alla libertà di navigazione e giustificati con supreme ragioni di pubblica sicurezza che ricadono in fattispecie espressamente previste. Innanzitutto è incontestato il principio che le navi possano navigare soltanto sotto la bandiera di un solo Stato che vi eserciterà la sua giurisdizione, sia nelle zone marittime più vicine alla costa, che nell alto mare. Inoltre, non è ammessa la possibilità di cambiare bandiera durante la navigazione. Una qualunque imbarcazione priva di nazionalità o battente una bandiera sotto la quale non è autorizzata a navigare potrà essere soggetta a controllo e interferenza da parte di un qualunque Stato ne individui l irregolarità 242. C è da rilevare, però, che anche una nave che presenti in alto mare una tale forma di irregolarità si vede comunque garantite alcune tutele riguardo agli obblighi relativi al trattamento degli stranieri e dei loro beni. Per cui anche l azione in alto mare di uno Stato verso una nave 240 UNCLOS, art. 95: Immunità delle navi da guerra in alto mare Le navi da guerra godono, nell alto mare, della completa immunità dalla giurisdizione di qualunque Stato che non sia lo Stato di bandiera. La disciplina riprende ciò che era già stato sancito nella Ginevra II, art UNCLOS, art. 96: Immunità delle navi impiegate esclusivamente per servizi governativi non commerciali Le navi di proprietà o al servizio di uno Stato, e da questo impiegate esclusivamente per servizi governativi non commerciali, godono nell alto mare della completa immunità dalla giurisdizione di qualunque Stato che non sia lo Stato di bandiera. La disciplina riprende ciò che era già stato sancito nella Ginevra II, art UNCLOS, art. 92: Posizione giuridica delle navi 1. Le navi battono bandiera di un solo Stato e, salvo casi eccezionali specificamente previsti nei trattati internazionali o dalla presente Convenzione, nell alto mare sono sottoposte alla sua giurisdizione esclusiva. Una nave non può cambiare bandiera durante una traversata o durante uno scalo in un porto, a meno che non si verifichi un effettivo trasferimento di proprietà o di immatricolazione. 2. Un nave che navighi sotto le bandiere di due o più Stati impiegandole secondo convenienza, non può rivendicare nessuna delle nazionalità in questione nei confronti degli altri Stati, e può essere assimilata a una nave di nazionalità. 142

149 Capitolo 1 Il Governo del mare nelle predette condizioni potrà essere oggetto di reclamo da parte di altri Stati nell esercizio della protezione diplomatica di loro cittadini: sempre che l azione del primo Stato configuri gli estremi dell illecito in rapporto alle regole internazionali relative al trattamento degli stranieri e dei loro beni. Una norma di diritto consuetudinario di origine remota consente, inoltre, ad ogni Stato di procedere alla cattura di una nave pirata in alto mare, qualunque sia la nazionalità sua o dei suoi occupanti. Gli atti di pirateria che possono dar origine ad un intervento da parte di uno Stato terzo sono stati esplicitamente previsti dalle normative internazionali 243 e raccolti in tre fattispecie, per evitare che si possa fare indebitamente ricorso a questa giustificazione per intervenire su un mezzo presente nell alto mare. Innanzitutto vengono presi in considerazione gli atti di violenza, di detenzione o di depredazione commessi, in alto mare o in una zona di mare non soggetta a sovranità statale, per fini privati dall equipaggio o dai passeggeri di una nave o di un aeromobile privati e diretti contro un altra nave o aeromobile o contro persone o beni a bordo degli stessi. La seconda ipotesi contempla gli atti di partecipazione volontaria all utilizzazione di una nave o di un aeromobile, quando colui che lo commette ha conoscenza di fatti che conferiscano alla nave o all aeromobile il carattere di nave o aeromobile pirata. Infine, vengono menzionate le azioni aventi per scopo quello di incitare a commettere degli atti sopra definiti, ovvero intrapresi con l intenzione di facilitarli. Si possono configurare come atti di pirateria quelli compiuti esclusivamente da navi e aeromobili privati 244 e, pertanto, non è ammesso alcun intervento contro navi o aeromobili da guerra che commettano atti assimilabili a quelli sopra citati. La disciplina riprende ciò che era già stato sancito nella Ginevra II, art UNCLOS, art. 101: Definizione di pirateria Si intende per pirateria uno qualsiasi degli atti seguenti: a) Ogni atto illecito di violenza o di sequestro, o ogni atto di rapina, commesso a fini privati dall equipaggio o dai passeggeri di una nave o di un aeromobile privati, e rivolti: i. Nell alto mare, contro una nave o aeromobile o contro persone o beni da essi trasportati; ii. Contro una nave o un aeromobile, oppure contro persone e beni, in un luogo che si trovi fuori dalla giurisdizione di qualunque Stato; b) Ogni atto si partecipazione volontaria alle attività di una nave o di un aeromobile, commesso nella consapevolezza di fatti tali da rendere i suddetti mezzi nave o aeromobile pirata; c) Ogni azione che sia di incitamento o di facilitazione intenzionale a commettere gli atti descritti alle lettere a) e b). La disciplina riprende ciò che era già stato sancito nella Ginevra II, art UNCLOS, art. 103: Definizione di nave o aeromobile pirata Una nave o aeromobile sono considerati nave o aeromobile pirata se le persone che ne hanno il controllo intendono servirsene per commettere uno degli atti descritti all art Lo stesso vale se la nave o l aeromobile sono stati impiegati per commettere uno dei tali atti, fintanto che restano sotto il controllo delle persone che di essi si sono rese colpevoli. La disciplina riprende ciò che era già stato sancito nella Ginevra II, art

150 Capitolo 1 Il Governo del mare La ratio della norma va ricercata nella necessità di preservare la sicurezza dei traffici marittimi attribuendo pertanto a qualsiasi Stato il potere di reprimere un attività criminosa 245 che finirebbe per mettere in pericolo il principio della libertà dell alto mare. Le norme in materia di pirateria contenute nella Convenzione di Montego Bay riprendono integralmente la disciplina che era stata sancita nella Convenzione di Ginevra del 1958 sull alto mare. I poteri attribuiti agli Stati sono molto ampi 246. Essi, infatti, in una qualunque zona di mare diversa dalle acque territoriali dello Stato, possono procedere alla cattura di una nave o di un aeromobile pirata mediante le proprie navi da guerra o in sevizio governativo 247. Qualora la nave pirata decida di rifugiarsi nelle acque territoriali di uno Stato, spetterà al suo governo intervenire con i provvedimenti di polizia necessari alla cattura. Benché quasi certamente estinta, l attività criminosa della tratta degli schiavi continua ad essere prevista come situazione in ci è lecito l esercizio del diritto di visita da parte di una nave da guerra, qualora una nave privata sia ragionevolmente sospetta di essere dedita a tale pratica. In particolare, nei confronti della nave straniera impegnata nella tratta degli schiavi esiste soltanto un potere di arresto e di visita, e non anche, come per la nave pirata, la misura coercitiva della cattura. La ratio di tale differenziazione sta nel fatto che la tratta degli schiavi non arrecherebbe alcun pregiudizio alla sicurezza dei traffici marittimi. Solo allo Stato della bandiera spetta, dunque, il diritto di procedere alla cattura della nave dedita all attività criminosa e all arresto dei colpevoli. Altra ipotesi derogativa del principio di libertà dell alto mare è costituita dalla possibilità di interferenza nei confronti delle navi che operano trasmissioni dall alto mare non autorizzate. 245 UNCLOS, art. 100: Obbligo di collaborazione alla repressione della pirateria Tutti gli Stati esercitano la massima collaborazione per reprimere la pirateria nell alto mare o in qualunque altra area che si trovi fuori dalla giurisdizione di qualunque Stato. 246 UNCLOS, art. 105: Sequestro di nave o aeromobile pirata Nell alto mare o in qualunque altro luogo fuori dalla giurisdizione di qualunque Stato, ogni Stato può sequestrare una nave o un aeromobile pirata o una nave o aeromobile catturati con atti di pirateria e tenuti sotto il controllo dei pirati; può arrestare le persone a bordo e requisirne i beni. Gli organi giurisdizionali dello Stato che ha disposto il sequestro hanno il potere di decidere la pena da infliggere nonché le misure da adottare nei confronti delle navi, aeromobili o beni, nel rispetto dei diritti dei terzi in buona fede. La disciplina riprende ciò che era già stato sancito nella Ginevra II, art UNCLOS, art. 107: Navi e aeromobili autorizzati ad effettuare sequestri per atti di pirateria Un sequestro per atti di pirateria può essere effettuato solo da parte di navi da guerra o aeromobili militari, oppure da altri tipi di navi o aeromobili che siano chiaramente contrassegnati e riconoscibili quali mezzi in servizio di Stato, e siano autorizzati a tali operazioni. La disciplina riprende ciò che era già stato sancito nella Ginevra II, art

151 Capitolo 1 Il Governo del mare Sul punto, in via innovativa, la Convenzione di Montego Bay consente l adozione di misure autorizzative su navi straniere in alto mare anche nell ipotesi in cui queste siano impiegate per trasmissioni non autorizzate, cioè per trasmissioni radiofoniche o televisive diffuse verso il grande pubblico in violazione dei regolamenti internazionali. In particolare, si prevede, all art. 109, che possano procedere al fermo della nave o delle persone responsabili di tale attività, ed al sequestro delle relative attrezzature, non soltanto lo Stato di bandiera della nave, ma anche lo Stato del quale i responsabili hanno la nazionalità nonché gli Stati nei quali le suddette trasmissioni sono ricevute o le cui radiocomunicazioni sono disturbate Il caso particolare della navigazione negli stretti Il regime internazionale degli stretti è stato oggetto di regolamentazione fin da tempi remoti, soprattutto per la valenza geopolitica e geoeconomica che queste zone rivestivano per i Paesi rivieraschi. La normativa attualmente vigente, dopo aver raccolto e aggiornato le convenzioni del passato, ha regolamentato i due principali aspetti della condizione giuridica delle acque comprese dallo stretto e del diritto di passaggio delle navi di Stati terzi. Per quanto attiene al primo punto, la disciplina ha adottato gli stessi criteri visti per delimitare le altre zone specificando, in particolare, che qualora le due coste dello stretto appartengano ad un solo Stato, le acque in esso comprese costituiranno mare territoriale dello Stato stesso, qualora, invece, appartengano a due o più Stati, la delimitazione avverrà sulla base del principio della linea mediana. Gli stretti che presentino, invece, un ampiezza maggiore, tale da consentire la presenza di alto mare fra una sponda e l altra, ricadranno nella disciplina internazionale più generale già illustrata nei precedenti paragrafi. Più complesso risulta, invece, il problema del diritto di attraversamento da parte delle navi battenti bandiera di Stati terzi. Per quegli stretti la cui ampiezza non supera le 24 miglia e che, quindi, sono costituiti interamente dai mari territoriali costieri, la Convenzione di Montego Bay ha previsto due diverse fattispecie. Per quelli che collegano una parte di alto mare o di ZEE ad un altra, è auspicabile il diritto di passaggio in transito, inteso come l esercizio della libertà di navigazione e di 145

152 Capitolo 1 Il Governo del mare sorvolo ai soli fini del passaggio continuo e rapido attraverso lo stretto 248. Tale passaggio non può in alcun modo essere impedito 249 : lo Stato rivierasco può, però, indicare appositi corridoi attraverso cui incanalare il traffico marittimo o prescrivere schemi di separazione del traffico 250. I sommergibili possono navigare in immersione, le navi da guerra hanno invece la facoltà di effettuare operazioni di volo con aeromobili imbarcati. 248 UNCLOS, art. 38: Diritti di passaggio in transito 1. Negli stretti di cui all art. 31 tutte le navi e gli aeromobili godono del diritto di passaggio in transito, che non deve essere impedito; fanno eccezione gli stretti formati da un isola appartenente a uno Stato rivierasco e dal suo territorio di terraferma, dove il passaggio in transito non è permesso se al largo dell isola esiste una rotta attraverso l alto mare o una zona economica esclusiva, che sia di convenienza comparabile dal punto di vista della navigazione e delle sue caratteristiche idrografiche. 2. Si intende per passaggio in transito, conformemente alla presente Parte, l esercizio della libertà di navigazione e di sorvolo, ai soli fini del passaggio continuo e rapido attraverso lo stretto, tra una parte di alto mare o zona economica esclusiva. Tuttavia, la condizione che il transito sia continuo e rapido non preclude il passaggio attraverso lo stretto al fine di accedere al territorio di uno Stato rivierasco o di lasciarlo o di ripartirne, nel rispetto delle condizioni che disciplinano l ingresso in quello Stato. 3. Ogni attività diversa dall esercizio del diritto di passaggio in transito attraverso lo stretto resta subordinata alle altre disposizioni della presente Convenzione. UNCLOS, art. 39: Obblighi delle navi e degli aeromobili durante il passaggio in transito 1. Le navi e gli aeromobili, nell esercizio del diritto di passaggio in transito: a) Attraversano o sorvolano lo stretto senza indugi; b) Si astengono da qualsiasi minaccia o uso della forza contro la sovranità, l integrità territoriale o l indipendenza politica degli Stati rivieraschi, o da qualunque altra violazione dei principi del diritto internazionale enunciati nella Carta delle Nazioni Unite; c) Si astengono da qualsiasi attività che non sia inerente alle loro normali modalità di transito continuo e rapido, a meno che non intervengano motivi di forza maggiore o di pericolo; d) Si uniformano alle altre disposizioni pertinenti della presente Parte. 2. Durante il passaggio in transito le navi: a) Si uniformano alle norme, procedure e pratiche internazionali generalmente accettate, relative alla sicurezza della navigazione, ivi comprese le Norme Internazionali per prevenire gli Abbordi in Mare; b) Si uniformano alle norme, procedure e pratiche internazionali generalmente accettate, relative alla prevenzione, riduzione e controllo dell inquinamento provocato dalle navi. 3. Durante il passaggio in transito, gli aeromobili: a) Rispettano le Norme di Volo stabilite dall Organizzazione Internazionale per l Aviazione Civile, relative agli aeromobili civili; gli aeromobili di Stato osservano di norma tali misure di sicurezza e operano in ogni momento nel debito rispetto della sicurezza della navigazione; b) Controllano ininterrottamente la frequenza radio loro assegnata dalla competente autorità internazionale designata al controllo del traffico aereo, o l apposita frequenza radio internazionale di soccorso. 249 UNCLOS, art. 44: Obblighi degli Stati rivieraschi. Gli Stati rivieraschi non debbono ostacolare il passaggio in transito e debbono segnalare con pubblicità adeguata qualsiasi causa di pericolo alla navigazione o al sorvolo nell area dello stretto, che sia ad essi nota. Il passaggio in transito non può essere sospeso. 250 UNCLOS, art. 41: Corridoi di traffico e schemi di separazione del traffico negli stretti per la navigazione internazionale. 1. Conformemente alla presente Parte, gli Stati rivieraschi possono indicare i corridoi di traffico e prescrivere gli schemi di separazione del traffico che si rendano necessari per garantire la sicurezza del passaggio delle navi attraverso gli stretti. 2. Tali Stati, quando sia necessario e con il dovuto preavviso pubblico, possono indicare nuovi corridoi di traffico o prescrivere schemi di separazione del traffico in sostituzione di quelli precedentemente indicati e prescritti. 3. Tali corridoi di traffico e dispositivi di separazione devono essere conformi alle norme internazionali generalmente accettate. 4. Prima di indicare o sostituire corridoi di traffico o prima di prescrivere o sostituire schemi di separazione del traffico, gli Stati rivieraschi sottopongono le relative proposte, al fine di ottenerne l adozione, all organizzazione internazionale competente. Essa può esclusivamente indicare i corridoi di traffico e prescrivere gli schemi di separazione del traffico che siano stati concordati con gli Stati rivieraschi,e solo allora questi ultimi possono indicarli, prescriverli o sostituirli. 5. Quando la proposta di indicare corridoi di traffico o di prescrivere schemi di separazione del traffico riguarda le acque di due o più Stati rivieraschi, questi debbono collaborare nella formulazione delle proposte di concerto con la competente organizzazione internazionale. 6. Gli Stati rivieraschi indicano chiaramente sulle carte nautiche, alle quali viene data la dovuta diffusione, tutti i corridoi 146

153 Capitolo 1 Il Governo del mare La seconda fattispecie prevista dalla disciplina internazionale riguarda gli stretti che collegano una zona economica esclusiva o l alto mare con il mare territoriale oppure gli stretti formati da un isola e la terraferma appartenenti allo stesso Stato. In questi casi si applica il diritto di passaggio inoffensivo, in base al quale lo Stato costiero non può ostacolare o sospendere la facoltà degli Stati terzi di transitare nelle acque dello stretto purchè le navi rispettino tutte le norme di sicurezza prescritte dall ordinamento internazionale e i sommergibili navighino esclusivamente in emersione mostrando la bandiera. In questi casi non è ammesso il sorvolo agli aeromobili degli Stati terzi, che dovranno seguire rotte alternative. Non è soggetto ad alcuno specifico regime, e rientra pertanto nell ambito della libertà di navigazione e di sorvolo vigente in alto mare, il transito negli stretti che non sono completamente coperti da acque territoriali di Stati rivieraschi ed attraverso i quali esiste un corridoio di alto mare o di zona economica esclusiva che può essere usato per la navigazione. di traffico e gli schemi di separazione del traffico da loro indicati o prescritti. 7. Le navi nel corso del passaggio in transito rispettano i corridoi di traffico e gli schemi di separazione del traffico indicati o prescritti conformemente al presente articolo. 147

154 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Capitolo 2 POLITICHE DI GESTIONE E STRUTTURE DEGLI USI DEGLI AMBIENTI MARINI E DELL AREA COSTIERA E RELAZIONE CON IL TERRITORIO Introduzione Dopo aver analizzato il quadro normativo internazionale che regolamenta il diritto del mare, appare ora necessario soffermarsi sulle strutture degli usi delle aree costiere, delle fasce litoranee, degli spazi marini antistanti e del mare aperto. In questo capitolo, si analizzerà, innanzitutto, che cosa si intenda per uso del mare, per poi passare in esame quella che viene definita struttura degli usi, cioè come essi si pongano in relazione fra di loro, sulla base di differenti classificazioni, e come ogni tipologia di utilizzo dell ambiente marino incida sul territorio e sull ecosistema. Se ci si sofferma a pensare alle attività che possono essere compiute e che presentano una qualsiasi forma di legame con l ambiente acquatico, la lista sembra non terminare mai e già il tentativo di organizzare una classificazione presenta notevoli difficoltà. Infatti, i criteri utilizzati per distinguere le attività e per incasellarle nelle generiche categorie tipiche di una classificazione sono, anch essi, talmente numerosi da portare a risultati molto diversi, difficilmente paragonabili e assolutamente inutili per un qualunque studio. All inizio degli anni Ottanta, le prime esigenze di produrre visioni di insieme degli usi del mare, avevano condotto i ricercatori a creare delle semplici matrici quadrate che, riportando in ascissa e in ordinata le medesime attività, si limitavano a rilevarne il tipo di relazione che si generava, per esempio conflittuale, benefica o pericolosa. Un esempio è fornito dal Global Marine Interaction Model (GMIM) 1 che venne poi utilizzato come base per molte ricerche condotte sugli usi del mare in diverse aree geografiche come, ad esempio il Mare del Nord 2, il Mar Ionio o altre aree di interesse. 1 Il Global Marine Interaction Model nacque da uno studio condotto dal Department of Meritime Studies della University of Wales, College of Cardiff e presentato nell Atlas of Maritime Ocean. COUPER A.D. (a cura di), Atlas of Maritime Ocean, Times Book, Londra, 1983, p UTHOFF D., Konfliktfeld Nordsee, Geographische Rundschau, n. 6, pp

155 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Le matrici così costituite potevano arrivare a contenere anche un numero elevatissimo di righe o di colonne, ma le informazioni che erano in grado di fornire risultavano comunque limitate. Si decise allora di elaborare un modello più complesso denominato Rete degli usi del mare 3 e impostato su tre livelli: categorie di usi, sub-categorie di usi e tipi di usi. La versione italiana del modello, riveduta e ampliata, comprende 18 categorie di usi, a loro volta suddivise in 74 sub-categorie, che abbracciano 352 tipi di usi (Allegato 1). La classificazione così ottenuta e ancora oggi in uso, è in grado di costituire una base per ogni tipo di indagine si voglia attuare, su una qualunque fascia di mare e per ogni genere di attività. Qualora ci si voglia, infatti, concentrare sulle differenze tra gli usi tipici dell area costiera o dell area oceanica, si potranno ricavare da questo modello per disaggregazione altri due, uno con le attività che si relazionano con l interfaccia mareterra, l altro con quelle tipiche del mare aperto. Nel caso, invece, in cui si vogliano analizzare le reti di usi tipiche di singoli mari, non si dovrà far altro che applicare il modello generale al caso specifico, eliminando quelle attività che non sono presenti nell area in esame. E così via sarà possibile classificare ogni situazione si voglia prendere in considerazione. Dopo aver analizzato la rete degli usi è, altresì, possibile ripercorrere la strada della matrice quadrata delle relazioni che fra essi si generano, con lo scopo di migliorare gli effetti positivi prodotti e di attenuare invece quelli negativi. Anche in questo caso la correlazione tra gli usi è organizzata sulla base di una classificazione su tre livelli: 1. assenza di relazioni 2. presenza di relazioni a. relazioni neutre b. relazioni conflittuali, perché dannose: i. per ambedue gli usi ii. per l uso indicato nella colonna iii. per l uso indicato nella riga c. relazioni benefiche: i. per ambedue gli usi ii. per l uso indicato nella colonna iii. per l uso indicato nella riga 3 Si possono analizzare a riguardo i contributi del Prof. Vallega in: VALLEGA A., Sea Management Patterns. Taxonomical Frameworks, series Coastlines of the World, Annals of Society of Civil Engineers, New York, 1991, pp VALLEGA A., Sea Management. A theoretical approach, Londra, Elservier Applied Science,

156 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Ovviamente, non vi è spazio in un libro per poter realizzare la matrice di 352 righe e altrettante colonne al fine di evidenziare la tipologia delle relazioni che si generano fra ogni combinazione di usi, ma si ritiene di aver fornito gli strumenti per poter comprendere gli studi che sono già stati pubblicati o per effettuare una ricerca in un qualunque ambito marittimo. A questo punto resta l argomento cruciale della relazione fra gli usi del mare e l impatto che essi hanno sull ecosistema, nelle sue componenti abiotiche (terraferma, atmosfera, massa acquea, fondo e sottofondo marino) o biotiche.(flora e fauna marine). Questo è un argomento cruciale, perché l esigenza di prevenire e rimuovere impatti negativi indotti dalla presenza umana o da attività umane sull ecosistema è stata la motivazione più vigorosa per lo sviluppo di metodologie di governo del mare. Ovviamente, gli impatti indotti dagli usi del mare sono diversi da luogo a luogo, anche tra aree marine che posseggono uno stesso tipo di ecosistema. Tuttavia si può convenire che essi assumano configurazioni molto diverse a seconda che l ecosistema locale rientri nell una o nell altra di queste ampie categorie: a) gli ecosistemi dell interfaccia mare-terra; b) gli ecosistema del mare costiero; c) gli ecosistemi oceanici. La differenziazione principale che si pone tra le rete degli usi della fascia costiera e quella del mare aperto, o oceanica, porta alla necessaria suddivisione della ricerca. Si procederà, quindi, prima all analisi di ciò che avviene nella fascia caratterizzata dell interfaccia mare-terra, per poi passare alla trattazione dell ambiente oceanico, concludendo, infine, con le considerazioni sugli obiettivi finali che ogni governo deve porsi nell affrontare queste problematiche. L evoluzione del governo dell area costiera è stata intensa 4 e, ovviamente, a mano a mano che maturavano i problemi e le prospettive, si evolveva non soltanto la teoria, ma anche e soprattutto la pratica 5. In linea generale si può affermare che essa abbia seguito tre stadi successivi, caratterizzati da differenti obiettivi e metodologie. Prima degli anni Settanta, la gestione dell area costiera veniva riferita ad una stretta fascia di contatto tra terra e mare 6, che si estendeva dal litorale fino alla linea di battigia. 4 COUPER A.D., op. cit., p PEET G., Ocean Management in Practice, in Ocean Management in Global Change, a cura di Fabbri P., Elservier Applied Science, Londra, 1992, pp Questa fase iniziale, detta di preparazione al decollo, aveva come obiettivo lo sviluppo di uno o di pochi usi e come area di governo la fascia di interfaccia mare-terra. 149

157 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio L area costiera, cioè veniva individuata esclusivamente con criteri geomorfologici e non funzionali. Gli usi maggiormente considerati si concentravano, quindi, sui porti marittimi, sulle strutture funzionalmente connesse al trasporto marittimo e sulle aree industriali litoranee. Durante gli anni Settanta, numerosi impulsi concorsero a produrre una notevole spinta a codificare i criteri per governare l area costiera e per predisporre programmi di gestione 7. Lo sviluppo di attività litoranee rafforzava la percezione dell area costiera come uno degli spazi di insediamento destinati a subire crescente pressione umana. Nello stesso tempo si avvertivano i primi segnali preoccupanti di degradazione dell ambiente e i governi cominciarono a predisporre misure di protezione e di salvaguardia della costa 8. All inizio degli anni Ottanta, mentre si concludeva la Conferenza delle Nazioni Unite sul diritto del mare, la definizione degli obiettivi e l approntamento dei criteri e dei metodi per governare l area costiera entravano nella piena maturità 9. Si cominciava a guardare la rete degli usi nel suo complesso 10, ponendo particolare attenzione al problema ambientale e alla tutela di quelle zone particolarmente sensibili ed ecologicamente fragili, sottratte al libero utilizzo e sottoposte a misure mirate. Inoltre, si era estesa la tendenza ad identificare la fascia costiera con una zona molto più ampia rispetto al passato, comprendente non solo l interfaccia mare-terra e le acque interne, ma anche il mare territoriale e la zona economica esclusiva. Nel 1992 le Nazioni Unite introdussero il principio della gestione integrata dell area costiera 11, in forza del quale il governo di ciascuno Stato si impegnava a sviluppare programmi integrati per lo sviluppo e il coordinamento della rete di usi considerata nella sua globalità 12. Sulla base di queste riflessioni, nel tempo si è consolidata la tendenza a considerare la fascia costiera come quella zona di mare che si estende fino a 200 miglia dalla linea di base e che comprende, naturalmente, le acque interne e il litorale dello Stato costiero. 7 La seconda fase, detta di decollo, aveva come obiettivo la protezione ambientale e sviluppo degli usi e come area di governo la fascia di interfaccia mare-terra, delimitato secondo criteri arbitrari, oppure coincidente con una circoscrizione amministrativa. 8 L azione dell United Nations Environment Programme (UNEP) contribuì notevolmente a orientare il governo dell area costiera anche verso obiettivi di protezione ambientale. 9 La terza fase, detta di avvio alla maturità aveva come obiettivo la protezione ambientale e lo sviluppo degli usi, la conservazione degli ambienti ecologicamente fragili e la gestione globale della rete e come area di riferimento una fascia più ampia, tendente a ricomprendere anche la zona economica esclusiva. 10 VALLEGA A., op. cit., 1992, pp Integrated Coastal Area Management ICAM. 12 L ultima fase, detta di maturità aveva come obiettivo la gestione integrata, la conservazione ell ecosistema e lo sviluppo degli usi in una zona che ormai non teneva più conto della giurisdizione nazionale, ma dei confini geografico-biologici dell ecosistema. 150

158 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Tuttavia, va anche tenuta in considerazione l estensione dell ecosistema o degli ecosistemi contigui che si vogliono sottoporre a gestione e che non possono essere tutelati in modo appropriato se si resta rigidamente vincolati ai confini politici. La rete degli usi dell area costiera (Allegato n. 2) è stata ottenuta eliminando dal prospetto generale della rete degli usi del mare quelle attività tipiche della sola area oceanica e mantenendo, invece, tutti gli usi del mare che coinvolgono le zone entro le 200 miglia. Naturalmente anche questo prospetto ha solo una valenza metodologica, fornendo un quadro di partenza per ogni tipologia di indagine si voglia condurre. Si potrà, quindi, prioritariamente individuare l esatta ubicazione dell uso che si sta analizzando, per poi determinare in quale area produca i suoi effetti, con quali altri usi instauri relazioni e come queste possano essere definite. In un area come quella costiera in cui il numero di usi è considerevole, andranno poi analizzati i conflitti che, potenzialmente o effettivamente, si genereranno fra di essi. Un interessante schema proposto da Vallega 13, evidenzia come la conflittualità degli usi nell area costiera possa riguardare i soggetti coinvolti (singoli utenti o amministrazioni pubbliche), il possibile impatto sull ambiente, il motivo che scatena la relazione negativa tra i due usi (incompatibilità localizzativa, organizzativa, ambientale, estetica) e il momento in cui tale relazione emerge (preventivo o successivo). Di queste condizioni dovrà tener conto il governo nella determinazione dei piani d azione. Lo stesso metodo viene poi riproposto nell analisi della rete degli usi dell area oceanica, per la quale si partirà nuovamente dalla matrice generale e si manterranno esclusivamente quelle attività attuabili offshore. In questo caso avremo un risultato ridotto (Allegato n. 3), in quanto la maggior parte delle attività si svolgono a contatto con la terraferma o con le fasce di mare ad essa adiacente. I settori che non risentono di questo legame geografico sono soprattutto i trasporti, la ricerca scientifica e lo sfruttamento delle risorse presenti a grandi profondità. Ma la gestione dell area oceanica, a differenza di quella costiera, presenta l ostacolo di poter essere liberamente attuata da tutti gli Stati, costieri o privi di litorale, per il principio della libertà dell alto mare ancora vigente. Questa circostanza ha spinto la comunità internazionale a disciplinare la libertà di ciascuno, soprattutto per garantire il diritto di tutti gli altri di usufruire delle medesime possibilità, e per salvaguardare l ecosistema, considerato patrimonio comune dell umanità intera. 13 VALLEGA A. op. cit., p

159 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Nel prosieguo della trattazione ci si soffermerà sull analisi di alcuni di questi usi che sono stati divisi, per conformarsi al dibattito internazionale, in una categoria di sfruttamento, comprendente quelle attività da cui un governo può trarre soprattutto un profitto economico, e in una categoria di tutela, le cui attività sono mosse soprattutto dalla salvaguardia dell ambiente e dell ecosistema. Per motivi di opportunità ci si è voluti riferire alla rete degli usi del mare presa nel suo complesso senza distinguere quelli tipici delle regioni costiere e di quelle oceaniche. 2.1 Lo sfruttamento degli ambienti marini e del territorio costiero Introduzione Questa sezione della ricerca è interamente dedicata all analisi degli usi economici legati al mare, condotti dai Governi. In primo luogo, ci si soffermerà ad analizzare le risorse biologiche, che da un punto di vista storico sono state le prime ad essere utilizzate a scopi alimentari da parte delle comunità costiere. Poi, si elencheranno le risorse minerarie che possono essere ricavate dagli ambienti marini e che sono state oggetto di uno sfruttamento successivo, a causa delle tecnologie più sofisticate richieste per la loro raccolta. Infine, si illustrerà il complesso tema dei trasporti marittimi, che coinvolge molti settori di attività e che, soprattutto nel nostro Paese, sta subendo forti impulsi di crescita Le risorse biologiche Pesca e acquicoltura Fin dall antichità la pesca è stata una delle maggiori risorse alimentari per l umanità e fonte di notevoli vantaggi economici per chi vi era impegnato, soprattutto perché il limitato tenore di sfruttamento cui erano sottoposte le risorse ittiche, faceva ritenere che esse fossero illimitate, e quindi un inesauribile dono della natura. Con la crescita delle conoscenze, con lo sviluppo dinamico delle tecniche di pesca e con l aumento demografico, questo mito cominciò a vacillare, portando, nella comunità internazionale, la nuova consapevolezza che, per quanto rinnovabili, queste risorse dovevano essere meglio gestite per non esaurirsi e per contribuire al benessere nutrizionale, economico e sociale della crescente popolazione mondiale. 152

160 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio L adozione della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare introdusse a livello internazionale una disciplina, seppure estremamente sintetica 14, dello sfruttamento delle risorse biologiche, con la quale vennero stabiliti i principi in base ai quali tutti gli Stati avevano il diritto di partecipare a tale sfruttamento 15 in quote proporzionali al proprio fabbisogno alimentare, purchè esse non eccedessero un limite massimo oltre il quale la sopravvivenza della specie in esame risultava compromessa. Ma, come prevedibile, questo strumento normativo non si dimostrò efficace e spinse la FAO a proporre un regolamento, poi adottato nel 1995 con il nome di Codice di condotta per la pesca responsabile 16, che sancisse i principi e gli standards applicabili alla conservazione, alla gestione e allo sviluppo della pesca, volti ad assicurare uno sfruttamento sostenibile delle risorse acquatiche viventi. Questo Codice, con opportuni aggiornamenti, è ancora vigente e propone, quindi, i principi e i modelli di comportamento responsabile degli operatori della pesca, conformi ai contemporanei progetti di salvaguardia della biodiversità. Il primo limite che incontra questa disciplina, però, consiste nel fatto che, pur essendo diretta ad un elevatissimo numero di soggetti, può essere applicata solo a quelli che hanno volontariamente aderito al Codice, per il principio di diritto internazionale in base al quale la normativa contenuta in un accordo, non è valida e quindi non può essere opposta ai soggetti che non lo hanno ratificato. Considerando che molti dei Paesi 17 che gestiscono le principali industrie ittiche del mondo non ne hanno preso parte, si può ben capire che la disciplina redatta non ottiene i risultati auspicati. La comunità internazionale ha voluto predisporre un quadro normativo che fornisse agli Stati anche utili criteri per l elaborazione e l attuazione di politiche nazionali in materia e che si ponesse come strumento di riferimento per aiutare i governi a stabilire e migliorare il proprio sistema normativo nazionale, adeguandolo agli standards mondiali. Tutto ciò al fine di adottare misure appropriate di politica interna, di facilitare e promuovere le cooperazioni tecniche e finanziarie sia tra organizzazioni private che con amministrazioni pubbliche, di promuovere la ricerca sulla pesca per migliorare i modelli di conservazione. 14 UNCLOS, gli artt riportano la normativa sullo sfruttamento delle risorse biologiche nella zona economica esclusiva, e gli artt per la piattaforma continentale. 15 UNCLOS, art. 62 Sfruttamento delle risorse biologiche UNCLOS, art. 69 Diritto degli Stati privi di litorale UNCLOS, art. 70 Diritto degli Stati geograficamente svantaggiati 16 Code of Conduct for Responsable Fishieries, testo originale in inglese, redatto dalla FAO il 31 ottobre Ad esempio: Cile, Messico, Perù, Polonia, Thailandia, Vietnam. 153

161 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Gli articoli 6 e 7 sintetizzano così i principi più importanti: a) gli Stati e gli utenti delle risorse acquatiche viventi dovrebbero conservare l ecosistema e procedere alle attività di pesca in maniera responsabile, adottando misure appropriate, basate sulle migliori evidenze scientifiche disponibili, così da assicurare l effettiva conservazione e gestione delle risorse acquatiche, nonché favorire la ricerca scientifica in materia; b) gli Stati dovrebbero promuovere la conservazione della qualità e diversità delle risorse della pesca in quantità sufficienti per le presenti e future generazioni, attraverso l istituzione di un efficace struttura legale ed amministrativa, tale da garantire la conservazione delle risorse alieutiche e la corretta gestione della pesca; c) gli Stati dovrebbero adottare misure per prevenire la sovrapesca e l eccessiva capacità di pesca, nonché intraprendere le azioni opportune per un approccio cautelativo alla conservazione, gestione e sfruttamento delle risorse acquatiche; dovrebbero, inoltre, stabilire meccanismi idonei a monitorare, vigilare e controllare la pesca e mezzi per assicurare il rispetto delle misure adottate dagli Stati stessi o da accordi internazionali, regionali e subregionali; dovrebbero, infine, colpire i trasgressori con adeguate sanzioni (ad esempio il rifiuto o il ritiro della licenza di pesca); d) le pratiche e gli attrezzi della pesca selettivi e sicuri per l ambiente, dovrebbero trovare maggiore diffusione a discapito di altri sistemi deleteri per l ambiente, al fine di mantenere la biodiversità, di conservare l ecosistema acquatico e di proteggere la qualità del pesce; e) tutti i cruciali habitat della pesca, nell ecosistema marino e d acqua dolce, dovrebbero essere protetti, mantenuti e ristabiliti dove necessario; f) gli Stati dovrebbero promuovere una cooperazione con altri Stati per la conservazione e la gestione delle risorse ittiche ed adottare efficaci strumenti di monitoraggio e controllo delle attività dei pescherecci e delle imbarcazioni di supporto, al fine di garantire la corretta applicazione del Codice e di evitare conflitti; g) il commercio internazionale del pesce dovrebbe essere condotto nel rispetto delle norme internazionali vigenti (ad esempio quelle fissate dal WTO o dagli accordi ad esse collegati), affinché venga garantita la salvaguardia da un degrado ambientale o da un negativo impatto sociale e nutrizionale; h) gli Stati dovrebbero promuovere la diffusione dei principi enunciati dal Codice attraverso l educazione, la formazione, la diffusione e la propaganda delle informazioni concernenti le misure di gestione e conservazione, nonché accertarsi che le attrezzature 154

162 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio e gli strumenti da pesca siano in grado di garantire l applicazione dei predetti principi e offrano condizioni di lavoro sicure per i pescatori. L art. 8 del Codice, che disciplina le attività di pesca, ha introdotto poi ulteriori doveri in capo agli Stati. Così, ad esempio, gli Stati di Bandiera hanno l obbligo di conservare, in un apposito registro, i dati relativi ai propri battelli da pesca e alle autorizzazioni ad essi concesse, e di controllare che tutte le imbarcazioni facenti capo alla loro giurisdizione esercitino la pesca entro i limiti territoriali e posseggano apparecchiature conformi agli standards nazionali ed internazionali. A ciò si aggiunge l obbligo di controllare che non siano utilizzati materiali esplosivi o sostanze nocive per l ambiente che possano facilitare la pesca, o immessi fattori inquinanti che possano danneggiare gravemente gli ecosistemi marini. Ma a queste misure restrittive per la libertà d azione dei pescatori, si accompagnano anche dei provvedimenti che mirano a migliorare la loro sicurezza e le loro condizioni di lavoro. Infatti, il Codice di condotta impone agli Stati di progettare porti o aree di attracco in grado di fornire rifugio ai battelli da pesca e alle attività di scambio del prodotto ittico appena catturato, nonché sufficienti scorte di acqua potabile e adeguate strutture sanitarie utilizzabili dal personale. La disciplina del Codice prosegue con un ulteriore impegno affidato ai governi nell ambito della salvaguardia della biodiversità. In particolare, gli Stati devono adoperarsi per creare un quadro normativo e gestionale in grado di supportare l attività dell acquicoltura, formando gli allevatori che se ne occuperanno e fornendo loro le strutture adeguate di cui potranno necessitare. A riguardo è importante precisare che, nell ambito dell Unione Europea, l acquicoltura si concentra su tre attività principale: 1. l allevamento dei pesci in mare; 2. l allevamento dei crostacei e dei molluschi in mare; 3. l allevamento dei pesci in acqua dolce. Sebbene in un primo momento la produzione comunitaria si fosse concentrata prevalentemente sull allevamento di quattro specie, e cioè la trota, il salmone, le cozze e le ostriche, con il passare del tempo, con la crescente richiesta da parte del pubblico e con il miglioramento delle tecniche, i produttori sono stati in grado di diversificare molto la tipologia di specie allevate, presentando al pubblico un prodotto eccellente. Infine, va ricordato l art. 11 che si pone a tutela dei consumatori, imponendo ai governi di controllare che i prodotti immessi sul commercio siano sicuri, conservati 155

163 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio adeguatamente, senza additivi nocivi per la salute e che non vi siano speculazioni commerciali contrarie alle logiche del mercato. L analisi dettagliata delle norme e dei principi contenuti nel Codice di condotta per la pesca responsabile ha portato alla luce il fatto che se esso venisse adottato da tutti gli Stati, potrebbe essere un ottimo strumento per la conservazione, la gestione e lo sviluppo delle risorse di pesca, ma l applicazione parziale a livello internazionale fa sì che i suoi effetti siano molto ridotti. L Italia è uno dei Paesi che vi ha dato attuazione attraverso l emanazione di leggi, di atti aventi forza di legge e di provvedimenti regolamentari governativi o ministeriali, tra i quali possiamo citare, solo a titolo meramente esemplificativo, la legge n. 164 del 21/05/1998 che detta la disciplina delle Misure in materia di pesca e di acquicoltura. Inoltre, a prescindere dall emanazione di atti normativi da parte dell ordinamento statale, si stanno diffondendo su scala locale numerosi progetti che danno attuazione ai principi sanciti dal Codice. Uno di questi riguarda, per esempio, l iniziativa comunitaria nell ambito del programma Progetti pilota a favore della pesca costiera, sorto dalla volontà di contrastare la crisi del settore della piccola pesca costiera e di supportarla in quanto attività produttiva altamente selettiva ed ecocompatibile. Si pensi, infatti, che se da un lato il settore della piccola pesca rappresenta lo 0,2% del Pil dell Unione Europea ed appena lo 0,4% in termini di occupazione, esso è tuttavia indispensabile per la sopravvivenza di talune zone costiere, che risentono nella loro situazione periferica, di un tasso di disoccupazione e di un mercato del lavoro limitato. I soggetti attuatori, cioè alcune società o consorzi del settore 18, hanno, pertanto, puntato a riqualificare il comparto rivolgendosi direttamente ai pescatori attraverso un percorso di informazione, formazione e consulenza progettuale. I beneficiari finali del progetto sono stati i pescatori delle marinerie di Nicotera Marina, Troppa e Vibo Valentia Marina, che si sono rivelate realtà 18 CONSORZIO MEDITERRANEO: è stato costituito dalla Legapesca per disporre di uno strumento operativo per l attuazione di progetti di sviluppo. Il consorzio conta sul territorio nazionale l adesione di 12 cooperative, tra cui la stessa Nautilus che è anche partner del progetto; NAUTILUS s.c.r.l.: fornisce servizi per l oceanografia e per la gestione delle risorse ambientali. E una cooperativa che opera dal 1985 nel settore dell oceanografia, della pesca e dell acquicoltura. Per l erogazione di questi servizi si avvale di sofisticati laboratori, di sistemi informatici, nonché della nave oceanografica Coopernaut; SINERGIE s.r.l.: è una società di servizi che opera nel settore dello sviluppo locale e offre in particolare consulenza riguardante la formazione e la progettazione imprenditoriale; POLIEDRA s.r.l.: è una società per azioni nata nel 1994, opera sui temi della formazione continua, della multimedialità, dell informazione e della comunicazione. In questi ambiti la sua missione è quella di sviluppare progetti informativi, di fornire consulenza e supporto per la definizione e la realizzazione dei progetti. 156

164 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio piuttosto rappresentative della situazione generale del settore. Il progetto si è proposto di raggiungere i seguenti principali risultati: 1. informare i pescatori circa le opportunità e le norme agevolative finalizzate allo sviluppo del settore; 2. formare i pescatori all uso di nuovi strumenti e tecniche di pesca; 3. assistere i pescatori nella formalizzazione di progetti imprenditoriali. Sviluppatosi nell arco di 18 mesi, dal gennaio del 1998 al giugno del 1999, questo progetto ha avuto come esclusivo oggetto la formazione e l informazione sulla piccola pesca costiera (o pesca artigianale), intesa come quell attività di cattura in mare o nelle acque dolci, esercitata con imbarcazioni di stazza lorda inferiori alle 10 tonnellate e ai 15 metri di lunghezza totale, con l uso degli attrezzi selettivi di cui all art. 19 del DM 26/07/1995, che operano entro le 12 miglia dalla costa. Solo a titolo di completezza, ricordiamo che in Italia le imbarcazioni che svolgono un attività di pesca artigianale sono circa Risalgono, invece, a periodi antecedenti le norme che disciplinano, sia pure ispirandosi a principi analoghi a quelli fissati dal Codice, fenomeni sempre più diffusi, quali ad esempio la pescaturismo 20, che rappresenta una sorta di agriturismo applicato al mare, nel quale i pescatori di professione ospitano nelle loro case i turisti e gli offrono la possibilità di ripercorrere, per un limitato periodo di tempo, tutte le attività quotidiane di questo mestiere, accogliendoli sulle imbarcazioni e offrendo piatti tipici della loro cucina. Questa soluzione è risultata molto utile al fine di far conoscere ad un target molto ampio di pubblico una tipologia di mestiere ormai in abbandono, con la speranza che vi siano nuove adesioni, ed ha fornito un importante introito economico alle comunità di pescatori. Infine, alla pesca costiera si affianca, ovviamente, la pesca in alto mare, che nel decennio successivo all adozione della Convenzione sul diritto del mare, è divenuta un tema di diritto internazionale di estrema rilevanza. La normativa, infatti, garantiva a tutti gli Stati la libertà di pescare in alto mare senza alcun vincolo e senza alcuna limitazione, ma la presenza delle flotte di pescherecci d altura cominciò ben presto a limitare l afflusso di pesce verso le coste, penalizzando fortemente gli Stati costieri. Il problema riguardava soprattutto quelle popolazioni ittiche che vivono a cavallo delle zone economiche esclusive, nonché le specie altamente migratorie, quali il tonno e il pesce spada, che si 19 Dati IRPEA del D.M. 19/06/1992, in G.U. del 27 giugno 1992, n.150, che a sua volta fornisce attuazione all art. 27bis della L. 41/

165 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio muovono incessantemente tra una zona economica esclusiva ed un'altra o verso il mare aperto. Per queste ragioni cominciarono a verificarsi episodi molto spiacevoli di violenza tra i pescherecci battenti bandiera diversa, che avevano ripercussioni anche a livello di relazioni diplomatiche internazionali 21, costringendo certi governi ad inviare la flotta militare a tutela dei propri battelli di pesca. La situazione internazionale richiedeva un ulteriore intervento normativo da parte delle Nazioni Unite, che puntualmente si ebbe con l adozione dell Accordo sulla pesca in alto mare 22, entrato in vigore il 4 dicembre del Tale trattato vincola legalmente i Paesi firmatari a preservare e gestire in maniera sostenibile le popolazioni ittiche e a risolvere pacificamente qualunque disputa dovesse sorgere a causa della pesca in alto mare. Approfondendo l analisi ai dettagli dell Accordo, si riscontra, inoltre, che esso prevede: - l istituzione delle basi per la gestione sostenibile e la salvaguardia delle aree pescose del pianeta; - affronta il problema dell inadeguatezza dei dati sulle popolazioni ittiche; - stabilisce delle quote massime di pescato; - richiede la costituzione di organizzazioni regionali per la pesca laddove già non esistano; - affronta i problemi generati dalla persistenza della pesca non autorizzata; - stabilisce delle procedure per garantire il rispetto dei suoi articoli, compreso il diritto di salire a bordo e di ispezionare navi appartenenti a nazioni straniere; - prescrive opzioni per la soluzione pacifica, obbligatoria e vincolante per le parti, delle controversie. La responsabilità di regolare e far rispettare le pratiche di pesca sostenibili ricade sulle organizzazioni regionali per la pesca, alle quali spetta inoltre il compito di raccogliere, riferire, verificare e scambiare dati sul pescato. Le quote spettanti agli Stati che pescano in alto mare verranno fissate in base ad un esame periodico sullo stato delle popolazioni ittiche. 21 Basti pensare alla cd. guerra del merluzzo che divise il governo britannico quello norvegese durante gli anni Settanta. 22 Il cui nome per esteso è Accordo per l attuazione dei provvedimenti della Convenzione ONU sulla Legge del Mare del 10 dicembre 1982 relativa alla salvaguardia ed alla gestione delle famiglie di pesci che vivono a cavallo di zone diverse e sui pesci altamente migratori, nella Sessione Speciale dell Assemblea Generale delle Nazioni Unite per la revisione e la valutazione dell attuazione dell Agenda 21 New York, giugno

166 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio L Accordo, inoltre, mira a rendere più trasparente l industria della pesca. Infatti, i pescatori sono obbligati a riferire alla FAO ed alle organizzazioni regionali, tramite i propri Governi, le dimensioni della loro pesca e la quantità del pesce che scartano. Un deterrente alla volontaria presentazione di rapporti non veritieri, che costituisce una pratica diffusa, sarà rappresentato dal già menzionato diritto di salire a bordo e di ispezionare i battelli di pesca, esercitatile da qualunque altro Stato al fine di veder rispettati gli accordi regionali. Dal momento che, per molte popolazioni ittiche, non esistono dati di riferimento, l Accordo chiede ai Governi di utilizzare dei principi precauzionali nel progettare i limiti conservativi. Le organizzazioni regionali hanno, comunque, il diritto di imporre quote o restrizioni sulla pesca nel caso in cui abbiano il sospetto che una popolazione sia a rischio di uno sfruttamento totale. Solo gli Stati che hanno accettato di aderire alle misure conservative e gestionali, adottate dalle organizzazioni regionali, avranno accesso ai territori di pesca gestiti da quelle organizzazioni, ma le navi di tutti gli Stati saranno, comunque, soggette al rispetto dell Accordo, anche nel caso in cui lo Stato di appartenenza non lo abbia sottoscritto. L Accordo, infatti, a parziale deroga alla norma internazionale in base alla quale un trattato esplica i suoi effetti solo nei confronti degli Stati che lo hanno ratificato, trasferisce alle organizzazioni regionali la responsabilità di regolare e far entrare in vigore pratiche sostenibili per la pesca, per qualunque imbarcazione violi il regime di salvaguardia concordato. Rileviamo, tuttavia, che ad oggi ben poco è stato fatto, nonostante queste premesse molto promettenti. Secondo la FAO i livelli della popolazione ittica non sono migliorati dall inizio degli anni Novanta. Numerose popolazioni con valore commerciale sono ancora oggetto di una pesca intensiva e scarsamente regolata, mentre altre specie continuano ad essere pescate indiscriminatamente. Si aggiunga, inoltre, il fatto che sono stati finora istituiti solo pochi tra i nuovi organismi regionali necessari ad attuare l Accordo, che alcune organizzazioni regionali non hanno un mandato per attuarlo e che, ad oggi, molti dei Paesi che hanno giocato un ruolo chiave nel corso delle trattative e che vantano un considerevole peso nell ambito dell industria ittica mondiale, non lo hanno ancora sottoscritto. Con riferimento al settore della pesca, pertanto, e forse con maggiore incisività rispetto ad altri settori, si avverte il limite rappresentato dalla non coercibilità delle norme di diritto internazionale, dimostrato, da un lato, dal Codice di condotta per la pesca 159

167 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio responsabile 23, che testualmente sottomette la propria efficacia alla volontaria adesione dello Stato 24, e dall altro, dall Accordo sulla pesca in alto mare, che sta incontrando le difficoltà appena menzionate e pare non aver mutato in maniera sostanziale le modalità di gestione della pesca offshore. Completata l analisi legislativa, si vogliono ora riportare alcuni dati statistici che possono fornire un quadro più preciso della situazione italiana. Con una produzione totale di tonnellate di pescato, il settore ittico nazionale nel 2004 ha rappresentato lo 0,30% dell intera produzione mondiale e il 5,9% di quella dei Paesi UE, in un periodo in cui i fattori legislativi appena descritti e talune dinamiche strutturali avevano comunque determinato una riduzione del 15% circa delle catture in ambito UE a fronte di un incremento del 38% dell acquicoltura 25. Nel corso di un decennio, la produzione nazionale è diminuita circa di un 25%, passando dalle tonnellate del 1990, alle del 2004, anche a causa dell impoverimento dello stock complessivo di pesce presente nel Mediterraneo. Dall altra parte, però, va segnalato un forte incremento dell acquicoltura che, però, nonostante costituisca ben il 31% della produzione totale nazionale, non è tuttavia riuscita a compensare le consistenti riduzioni complessive del pescato. Va però segnalato anche lo sviluppo della maricoltura, quale ulteriore fonte di incremento delle risorse ittiche nazionali pescate ogni anno. Questo metodo prevede l allevamento delle specie direttamente in mare, senza la necessità di creare apposite vasche lungo il litorale, e richiede, di conseguenza, investimenti iniziali minori, garantendo tra l altro una migliore qualità dell ambiente di crescita degli animali. Passando ad osservare i dati relativi alla composizione della flotta, si osserva che il processo di ammodernamento del naviglio avviato nel corso degli ultimi anni non è ancora giunto a conclusione visto che è ancora elevato il turn over dei battelli. I dati del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti rilevano che al 31 dicembre 2003 la flotta peschereccia di grandi dimensioni 26 risultava pari a 342 unità, di cui 279 dedicate alla pesca sulle acque internazionali e 63 su quelle nazionali. Una flotta che per il 20% risulta di età compresa tra 0 e 4 anni e che per oltre un terzo ha meno di 10 anni. 23 La FAO ha presentato un ulteriore inasprimento delle politiche legislative a favore dello sviluppo sostenibile in Australia nel 2006, con dei risultati forse lievemente positivi rispetto ai precedenti, anche se risulta ancora troppo presto per poterne verificare i reali effetti. 24 Art. 1.1 del Codice. 25 CENSIS, III Rapporto sull Economia del Mare, Ed. Franco Angeli, 2006, p Navi con stazza lorda superiore alle 100 tonnellate. 160

168 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Per quanto attiene la flotta di piccola o media dimensione, i dati dell Archivio Licenze Pesca (Alp) del Ministero per le politiche agricole e forestali (Mipaf) quantificano in i battelli iscritti al 2004, di cui di piccole dimensioni associabili alla piccola pesca (pari al 63% del totale). La ripartizione della flotta per sistemi di pesca consente di evidenziare la complessità della struttura produttiva in Italia, rappresentata, oltre che dalla frammentazione dell attività a livello regionale e locale, anche dall elevata polivalenza tecnica dei battelli e dalla presenza di numerosi microcosmi tecnico-produttivi, ognuno con le proprie peculiarità (Tab 3.1) Distribuzione della flotta per classi di età e per sistemi <=10 da 11 a 20 da 21 a 30 > 30 TOTALE Sistemi N % N % N % N % N % Strascico , , , , Volante 2 8,7 5 21,7 7 30,4 9 39, Cianciolo 42 26, , , , Turbosoffiante 89 36, , ,6 5 2, Posta , , , , Draghe 2 9,1 9 40,9 9 40,9 2 9, Palangari 14 29, , ,8 9 19, Altri sistemi 7 11, , , , Polivalenti , , , , ITALIA , , , , Tab Distribuzione della flotta peschereccia italiana per classi di età e per sistemi. (Fonte: Alp, Miraaf, 2004) L analisi intertemporale dei dati mostra come tra il 1999 e il 2004 vi sia stata una riduzione della flotta dei battelli che è passata dalle unità alle del 2004, con una riduzione del 24%. Anche per i battelli è in atto un processo di ammodernamento della flotta: nell ultimo quinquennio la percentuale di essi con età inferiore ai 10 anni è passata dal 13,3% al 19, 7%, a cui è seguito anche un aumento del tonnellaggio medio per battello, invertendo quindi la tendenza rilevata nel II Rapporto CENSIS, ad un basso grado di rinnovamento del capitale del settore

169 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Le risorse minerarie Lo sfruttamento delle risorse minerarie presenti sul fondale marino o nel suo sottosuolo, risale ad epoche storiche più recenti rispetto alla cattura delle risorse biologiche a scopi alimentari. Ovviamente, infatti, le tecniche necessarie per individuare, raggiungere e sfruttare questi giacimenti sono state perfezionate a seguito di lunghi processi che dovevano ovviare non solo al problema di operare a notevoli profondità, ma anche alla presenza di molte altre turbative in grado di ostacolare il lavoro delle apparecchiature estrattive utilizzate quali, ad esempio, le correnti, il moto ondoso o la pressione crescente. Va, inoltre, segnalato che sia la presenza che l utilizzo di questi minerali era sconosciuto fino a quando gli studi geologici non hanno evidenziato le grandi potenzialità del fondale marino e i possibili impieghi delle risorse. I principali giacimenti che sono stati individuati, si trovano nel margine continentale sotto forma di depositi di notevole spessore. Infatti, le correnti di risalita di acqua fredda, ricca di minerali, vengono spinte dai venti di mare verso la costa dove, incontrandosi con le acque superficiali più calde subiscono un processo chimico che genera la precipitazione di gran parte dei composti in esse contenuti. A ciò deve aggiungersi anche l apporto che costantemente forniscono i fiumi, depositando sulla piattaforma i prodotti presenti sulla terraferma. Ma ci sono altre variabili che devono essere tenute in considerazione per determinare il tipo e la concentrazione dei sedimenti presenti nella piattaforma. Il clima, ad esempio, fa sì che le rocce, le ghiaie e la sabbia siano più abbondanti alle medie ed alle elevate latitudini, mentre diminuiscano nella zona equatoriale e i detriti erosivi siano direttamente correlati non solo all apporto fluviale, ma anche alla presenza di precipitazioni. Una regola generale formulata per l economia delle piattaforme ha evidenziato che i depositi chimici sono inversamente proporzionali all erosione e direttamente proporzionali all intensità dei venti di mare e alle correnti di risalita, mentre i sedimenti clastici sono direttamente proporzionali all erosione e la loro concentrazione, a seconda del loro peso, varia in funzione dei venti da terra 28. Considerando che il margine continentale è costituito dalle tre componenti della piattaforma 29, della scarpata 30 e del rialzo continentale 31, si può facilmente calcolare che 27 CENSIS, op. cit., p COUSTEAU J., Pianeta mare. Enciclopedia di scienza e cultura, Gruppo Editoriale Fabbri, Milano, 1980, p Le attuali piattaforme continentali coprono 18,4 milioni di chilometri quadrati, pari al 3,6% della superficie mondiale. 162

170 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio esso copra nel suo insieme circa 75 milioni di chilometri quadrati, pari al 50% della superficie dei continenti 32. Negli ultimi decenni lo sfruttamento è stato concentrato nella piattaforma continentale che, tra l altro, è stata oggetto di una minuziosa regolamentazione 33 proprio a causa degli interessi crescenti degli Stati, mentre il rialzo e la scarpata offrono ancora potenzialità per gli sfruttamenti futuri, sebbene le risorse presenti siano in rapido esaurimento, come segnalato spesso dagli studiosi con grande timore per le ripercussioni economiche che questa carenza potrà generare. Oltre al margine continentale, però, anche i piani abissali profondi ospitano una ricca riserva di minerali che però sono generati da processi di mineralizzazione diversi e molto più lenti. In zone particolari, le sorgenti sottomarine di acqua calda, generate dal contatto con il magma terrestre, emettono fluidi idrotermali arricchiti di ioni metallici che, sedimentandosi, sembrano essere la fonte principale dei depositi presenti. Le eruzioni vulcaniche sottomarine e le sorgenti idrotermali nei centri di espansione dei fondali oceanici sono pertanto i condotti di soluzione dei minerali metalliferi che vengono poi a collocarsi sui fianchi delle dorsali 34. Venendo ora alla trattazione delle singole risorse minerarie sfruttabili, bisogna, in primo luogo, considerare che lo sfruttamento delle risorse minerarie marine riguarda non solo l estrazione di minerali di alto valore intrinseco, come l oro, i diamanti o le sabbie nere, ma anche quella dei noduli polimetallici, degli idrocarburi e dei materiali da costruzione, come la sabbia e la ghiaia, che costituiscono, se visti nella loro potenzialità, i depositi più preziosi della piattaforma. Un ruolo tutt altro che marginale è rivestito poi dall estrazione del sale. Placers I placers 35 sono dei giacimenti di minerali di valore, concentrati lungo le spiagge. Il loro nome deriva da un termine coniato per la prima volta dagli spagnoli che si occupavano delle prospezioni minerarie lungo le catene montuose delle Americhe e con il quale idenificavano le ghiaie aurifere. Oggi tale denominazione è divenuta un termine tecnico per 30 Le scarpate continentali coprono 28,7 milioni di chilometri quadrati, pari al 5,6% della superficie mondiale. 31 I rialzi continentali coprono 25 milioni di chilometri quadrati, pari al 4,9% della superficie mondiale. 32 COUSTEAU J., op. cit., 1980, p Per la normativa internazionale che regolamenta la piattaforma continentale si rimanda al capitolo 1 del presente elaborato. 34 COUSTEAU J., op. cit., 1980, p In Atti del Convegno Scientifico nazionale sui Placers Marini, CNR, Progetto finalizzato oceanografia e fondi marini. Sottoprogetto risorse minerarie, Trieste giugno 1980, Trieste, 1980, pp

171 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio indicare lo sfruttamento dei minerali che si concentrano in una certa area, per l azione meccanica esercitata dai fiumi e dal moto ondoso. I placers sono giacimenti secondari di origine clastica (accumuli sabbiosi, ricchi di minerali pesanti e/o resistenti all azione e all usura), i cui minerali devono essere più densi del ciottolate o della sabbia che li circondano e devono essere molto duri per non subire l erosione tipica dei processi di rotolamento. Inoltre, devono avere un elevata resistenza all azione chimica degli agenti atmosferici che li circondano, in quanto le acque dei fiumi possono risultare molto inquinate e con livelli di acidità estremamente elevati. I giacimenti clastici vengono sfruttati economicamente per la ricerca di minerali quali l oro, l argento, il platino, lo stagno, l ilmenite, la magnetite, il rutilio, lo zirconio, la monazite, i granati e, talvolta, anche di pietre preziose come i diamanti, i rubini, gli zaffiri. Sinteticamente si analizzeranno alcune caratteristiche dei minerali appena citati. L oro e l argento sono metalli duri, ma malleabili e questa proprietà consente l aggregazione delle particelle in blocchi irregolari, chiamati pepite, che possono essere facilmente identificati dai ricercatori. Le pepite non si trovano mai nei filoni principali, ma possono essere reperite nelle sabbie dei giacimenti. Lo stagno, anch esso tenero, si presenta solitamente in natura sotto forma di ossido (SnO2) che prende il nome di casserite. Essa viene di solito utilizzata per la produzione di bande stagnate, leghe per saldatura, leghe antifrizione e bronzo. Il titanio (ilmenite, rutilio e titanomagnetite) viene invece utilizzato per la produzione del pigmento bianco, nonché per la costruzione di leghe per l industria aerospaziale. Lo zirconio, a sua volta, viene impiegato nella produzione di prodotti refrattari, come materiale di formatura nel campo siderurgico o ancora come opacizzante e pigmento per smalti nell industria ceramica. Infine, la monazite serve per l approvvigionamento di thorio, ittrio e altre terre rare e viene usata in metallurgia, nell industria vetraria e ceramica o, in taluni casi, come potenziale combustibile nucleare. I giacimenti di metalli preziosi e di stagno si trovano, solitamente, nei letti dei fiumi, mentre i minerali più duri sono spesso concentrati in aree ristrette lungo le spiagge 36. Con riferimento all area del Mediterraneo (Fig 2.1), bisogna rilevare che sono stati 36 COUSTEAU J., op. cit, pp

172 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio individuati dei placers di rutilio, titano-magnetite, zircone, casserite, monazite e cobalto soprattutto lungo le coste della Sardegna e della Calabria 37. Per quanto concerne in particolare i minerali di ferro 38, va rilevato che per una serie di processi chimici tipici dell ambiente marino, le particelle, una volta disciolte, possono essere trasportate e quindi precipitare in zone che dipendono dalla velocità e dal regime delle correnti marine. Parte del ferro disciolto si depositerà quindi in forma di ooliti limonitiche nelle acque della piattaforma continentale, altre, invece, verranno trasportate in altre zone ed andranno ad aggregarsi ad altri composti. Le ooliti possono contenere anche magnetite in cristalli o gusci, ilmenite, rutilio e altri minerali 39. Fig. 2.1 Distribuzione dei placers nel bacino del Mediterraneo (Elaborazione propria) 37 BRAMBATI A., Some aspect af the mineral resources of the Mediterranean Sea, Dispensa del corso non pubblicata, p Tipici esempi possono essere la limonite, la siderite, la chamosite e la pirite. 39 COUSTEAU J., op. cit., p

173 Noduli polimetallici Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio I noduli polimetallici 40 si presentano in natura principalmente sotto forma di noduli di fosforite e di noduli di ferromanganese 41 e sono presenti sui fondali di tutto il mondo. (Fig. 2.2) Fig. 2.2 Distribuzione mondiale dei noduli di manganese (Fonte: COUSTEAU J., op. cit. Vol. XII, p.150) Come si può notare dalla cartina, questi composti sono particolarmente concentrati nell Oceano Pacifico, mentre sono presenti in misura inferiore in quello Atlantico, nell Indiano e nell Artico. Per ciò che attiene il Mediterraneo (Fig. 2.3), noduli polimetallici sono stati rinvenuti nelle piattaforme continentali del Marocco, della Spagna, di Malta e, in Italia, lungo la penisola Sorrentina 42. I giacimenti sono abbondanti lungo le coste a causa del continuo scambio tra le acque fredde provenienti dal fondo e le acque più calde della costa. I noduli, così formati, si compongono da strati di sostanza fosfatica piogena in decomposizione sui fondali oceanici, e risultano particolarmente abbondanti nelle piattaforme collocate tra i -50mt e i mt. Le riserve che sono state scoperte e quelle che si presume esistano nelle zone non ancora esplorate dovrebbero essere sufficienti, sulla base degli attuali ritmi di consumo, a soddisfare il fabbisogno mondiale per alcuni secoli. I noduli di ferromanganese sono, invece, concrezioni di questi due metalli che hanno suscitato l interesse degli studiosi fin dal tempo della loro scoperta, avvenuta a sudovest delle isole Canarie negli anni A causa della complessità della loro formazione, non è stato ancora possibile identificare l origine dei metalli che li 40 AA.VV., Les nodules sous-marines: ressources miniéres, estratto dalla rivista Industrie minerale, luglio 1975, Vol. 57, n. 7, pp VALLEGA A., op. cit., p ROSSI P.L., BOCCHI G., LUCCHINI F., VALERA R., Attività svolta e primi risultati sulle ricerche in atto relative ai depositi ferromanganesiferi del sud-tirreno, in Atti del Convegno scientifico nazionale P.F. Oceanografia e Fondi marini, Roma,

174 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio compongono, ma si presume che, qualunque sia il processo che li genera, richieda tempi molto lunghi e ciò giustificherebbe la loro presenza più abbondante nei fondali abissali, dove l accrescimento della sedimentazione è più lento 43. Si ritiene che il tempo di accrescimento dei noduli di ferromanganese si aggiri attorno a 0,1 mm per ogni anni. Esteriormente appaiono come agglomerati di diametro che può variare da 0,5 cm fino a qualche metro, anche se la misura più frequente è di qualche centimetro, hanno una superficie liscia, generalmente arrotondata, e il loro nucleo è rappresentato da un granello di sabbia, da un dente di pesce, da conchiglie di foraminiferi, da ossa di cetacei, da particelle vulcaniche o da frammenti di noduli più vecchi. I noduli di ferromanganese hanno generalmente un rapporto di ferro/manganese superiore o uguale a 1 e possiedono, inoltre, un alto tenore di nichel, rame, cobalto, bario, piombo e molibdeno. Essi presentano fasi cristalline amorfe, sono altamente porosi e contengono in larga misura acqua chimicamente legata. I minerali più comuni dei noduli sembrano essere gli ossidi di manganese come la todorokite, la birnessite e la vernadite, nonché gli ossidi e gli idrossidi di ferro. La todorokite, dall elevato rapporto manganese/ferro, si trova prevalentemente in bacini profondi ed è generalmente associata ad un alto tenore in nichel, rame e zinco, che rendono ancora più prezioso questo minerale per i ricercatori. Nel Mediterraneo 44 i noduli di ferromanganese sono stati scoperti nel 1968 sui fondali delle isole Eolie. La loro composizione, la giacitura, la struttura e la genesi si sono però rivelato profondamente diverse rispetto a quelli estratti dall Oceano Pacifico, in quanto derivavano da depositi idrotermali e presentavano un contenuto di manganese attorno al 35% 45. Le tecnologie per lo sfruttamento dei depositi di noduli polimetallici sono state oggetto di notevole controversia soprattutto a causa del forte impatto ambientale che tali attività possono provocare sui fondali marini e per questo motivo la III Conferenza Internazionale del Mare che prevedeva l avvio di uno sfruttamento intensivo già negli anni Novanta, è rimasta senza attuazione e tutte le decisioni sono state rinviate ad un futuro imprecisato. Per le tecniche di estrazione si rimanda al paragrafo successivo. 42 BRAMBATI A., op. cit., p COUSTEAU J., op. cit., p SELLI R., GABBIANELLI G., I depositi ferromanganesiferi del sud-est Tirreno, in Atti del Convegno scientifico nazionale P.F. Oceanografia e Fondi marini, Roma,

175 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Fig Distribuzione dei depositi ferromanganesiferi nel bacino del Mediterraneo (Elaborazione propria) Sistemi di estrazione dei minerali dal fondo. Cenni Le apparecchiature utilizzate per la raccolta, appena analizzata, dei noduli polimetallici si conforma ai sistemi solitamente utilizzati per l estrazione e la raccolta dei minerali dal fondo degli oceani. Le problematiche che tale attività comporta sono, come facilmente comprensibile, complicate a causa dell ambiente in cui le apparecchiature devono operare. Infatti, l individuazione dei giacimenti richiede costosi ed approfonditi studi che spesso, però, non consentono di determinare l esatta quantità di minerali presenti sul fondo e quindi vi è il rischio di mobilitare costosissimi impianti senza poi poter avere un ritorno economico sufficiente. A ciò va aggiunto che la raccolta si effettua a circa cinque chilometri di profondità e il sistema di raccordo tra la base posta sul fondale e la nave appoggio in superficie, subisce grosse sollecitazioni sia provenienti dall ambiente marino (correnti, salinità, temperatura), sia dall ambiente atmosferico (venti, e di conseguenza onde). I sistemi di estrazione mineraria profonda sono convenzionalmente costituiti da quattro elementi (Fig. 2.4). Innanzitutto, vi è un sistema di recupero, chiamato testata, che opera lungo la superficie del fondale marino, dragandolo e raccogliendo i minerali presenti su di esso, per poi indirizzarli verso la superficie. Le apparecchiature di recupero possono essere di tipo meccanico, cioè costituite da rastrelli, secchielli, cucchiai, o di tipo idraulico, cioè munite di pompe di drenaggio. La tecnologia meccanica risulta semplice da utilizzare, piuttosto 45 BRAMBATI A., op. cit., p

176 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio economica, di facile riparazione e per più di un secolo si è rivelata molto efficace per il raggiungimento dell obiettivo prefisso. Il modello di draga a traino, come dice il nome stesso, prevede il trascinamento di un sistema di raccolta particolarmente adatto per fondali profondi; la draga a secchielli, invece, adatta a raccogliere sedimenti superficiali come, ad esempio, i noduli polimetallici, recupera circa 10 tonnellate di minerali per carico effettuando una lunga serie di calate sul fondo dei secchielli che vengono guidati, nella loro raccolta, dalla superficie mediante una telecamera subacquea. Infine, può essere utilizzata la draga idraulica per acque profonde che aspira tutti i sedimenti non consolidati del fondo e può raccogliere composti larghi fino a 15 centimetri di diametro. Questo sistema è però più complesso e molto più costoso rispetto ai precedenti. Fig. 2.4 Sistemi di raccolta dei noduli di manganese (Fonte, VALLEGA A., op. cit., p.259) Una volta raccolto il materiale, un tubo collettore o condotta, che unisce la testata alla nave appoggio, lo fa risalire fino in superficie. Ovviamente, questa è la fase più delicata del processo in quanto questo collegamento, lungo fino a 5 chilometri, risente di forti sollecitazioni a causa del moto indipendente dei due elementi collegati e sottoposti a movimenti molto diversi. 169

177 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio La nave miniera di appoggio è in grado di raccogliere almeno 600 tonnellate di noduli l ora e di conservarli fino al momento del trasferimento sulle navi trasporto che costituiscono il quarto elemento del sistema e che hanno la funzione di trasferire i minerali sulla terraferma, alle basi di lavorazione 46. Una nave appoggio può stazionare sopra lo stesso giacimento senza mai tornare alla terraferma anche per diversi anni. Idrocarburi Dopo aver brevemente accennato ai sistemi abitualmente utilizzati per l estrazione dei minerali dal fondale marino e per la raccolta dei noduli polimetallici, vogliamo ora soffermarci sulla risorsa mineraria di cui forse di parla più spesso e che ha suscitato grande interesse, fin da quando le tecnologie ne hanno reso possibile lo sfruttamento e ne hanno evidenziato il potenziale. I giacimenti di idrocarburi, in forma liquida o gassosa, sono presenti in ogni parte del mondo, anche se certe zone ne risultano particolarmente ricche, ma il sovrasfruttamento che da tempo si sta compiendo, ha costretto gli scienziati di varie nazioni a cercare sempre nuovi campi da sfruttare. Negli ultimi decenni, sono stati rinvenuti grandi giacimenti al largo del Messico, dell Indonesia, del Canada, degli Stati Uniti, del Brasile, del Mare del Nord e della Gran Bretagna, ma anche il nostro Mare Mediterraneo (Fig. 2.5) ha rivelato la presenza di alcuni giacimenti sotto i suoi fondali. Infatti, le esplorazioni condotte a partire dal 1953 dall Osservatorio Geofisico Sperimentale (O.G.S.) 47 di Trieste hanno evidenziato la presenza di idrocarburi in diverse aree del bacino, grazie al metodo della riflessione sismica nelle zone di particolare interesse geodinamico, portando alla mappatura delle caratteristiche geostrutturali del Mediterraneo e, soprattutto, alla scoperta di tali giacimenti nella piattaforma continentale del Mare Adriatico, della Calabria, e in quelle fa Sicilia e Tunisia. La presenza di grandi riserve di petrolio nel margine continentale è facilmente spiegata dal fatto che tali zone, altro non sono, che la naturale estensione delle strutture continentali che posseggono tutti i requisiti per l accumulo del petrolio e del gas. In realtà, i banchi continentali di molte parti del mondo hanno per millenni fornito petrolio, sotto forma di catrame proveniente da infiltrazioni, e molti di questi giacimenti erano noti da 46 POST A.M., Deepsea Minino and the Law of the Sea, The Hague, Martinus Nijhoff Publications, 1985, cap. 2. VALLEGA A., Ecumene oceano. Il mare nella civiltà ieri, oggi, domain, Mursia, Milano, 1985, pp Notizie tratte dal sito 170

178 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio secoli, ma l assenza di tecnologie estrattive avanzate aveva permesso di raggiungere solo gli idrocarburi presenti sui bassi fondali vicini alla costa. Fig. 2.5 Distribuzione dei giacimenti di idrocarburi nel bacino del Mediterraneo (Elaborazione propria) L esplorazione e lo sfruttamento del petrolio e del gas in mare aperto, infatti, richiede apparecchiature sofisticate e ingenti investimenti economici. Dapprima devono essere condotti studi geofisici sulle diverse zone del fondale marino al fine di poter individuare aree che, per le loro caratteristiche sismiche e magnetiche possono rivelarsi potenziali giacimenti. Se tali prospezioni si dimostrano favorevoli e se si ottiene la concessione, comincia la fase delle trivellazioni di sondaggio nella zona di interesse. Sebbene questa fase iniziale sia relativamente breve, il costo risulta comunque molto elevato. Solo a titolo di esempio si può considerare che ogni giornata lavorativa di trivellazione costa in media e che per eseguire un solo foro di sondaggio a 5.000mt di profondità si impiegano almeno 90 giorni. Se la fase di ricognizione fornisce risultati positivi, portando alla scoperta del giacimento, si prosegue con altre trivellazioni di controllo per verificarne l estensione e quindi per poter stimare la quantità di idrocarburi che potrà essere raccolta. Considerati tutti i dati a disposizione e qualora la valutazione della convenienza economia sia positiva, si passa alle fasi di sviluppo e di produzione. La prima può durare anche diversi anni, e comprende le fasi di progettazione, di costruzione e di installazione delle piattaforme petrolifere nell area interessata, unitamente alle tubazione e agli altri impianti fissi di 171

179 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio magazzinaggio e di trasferimento dei prodotti petroliferi 48, nonché tutte le strutture che serviranno alla sopravvivenza e all alloggio del personale. Dopo questa fase, comincia la trivellazione di produzione e di estrazione del petrolio e del gas attraverso un certo numero di pozzi scavati dalla piattaforma a seconda delle dimensioni e della conformazione del giacimento 49. Il trasferimento degli idrocarburi dalla piattaforma in alto mare ad una raffineria sulla terraferma di solito viene effettuato attraverso gli oleodotti. Le operazioni di recupero del petrolio e del gas in acque basse presso la spiaggia utilizzano generalmente oleodotti costruiti a terra e trasportati in mare con l ausilio di rimorchiatori e chiatte. In acque profonde, o comunque distanti dalla spiaggia, invece, è necessario il ricorso alla navi posatubi oppure agli oleodotti che poggiano semplicemente sul fondo, con i sedimenti che fanno da supporto 50. In molti casi è però richiesto dalle condizioni ambientali che le tubature vengano ricoperte e ciò genera, ovviamente, costi aggiuntivi. Per i campi petroliferi lontani dalla spiaggia, un alternativa agli oleodotti può risiedere nell impiego di navi cisterna, petroliere o gasiere. Queste navi, che costituiscono circa la metà della flotta mercantile mondiale, dovrebbero essere costruite secondo criteri particolari, sia per la sicurezza della nave stessa, che per quella dell ambiente circostante, a causa dell alto grado di inquinamento delle materie trasportate. Le petroliere, infatti, hanno la stiva divisa in piccoli compartimenti stagni, che separano la massa di petrolio in modo da evitare che, in caso di mare mosso, si formi una grande onda di liquido all interno dello scafo, possibile causa di un pericoloso sbilanciamento della nave stessa. Esternamente, certi Paesi prevedono una doppia carenatura in grado di arginare la fuoriuscita di greggio a seguito di collisioni, ma queste precauzioni, proprio perché adottate soltanto da alcuni paesi, non sono sufficienti a prevenire i disastri ambientali di cui riferisce la cronaca. Le gasiere o metaniere sono, invece, dotate di speciali contenitori che mantengono il gas allo stato liquido, grazie a temperature molto basse o a elevate pressioni. Ma contrariamente a quanto si pensa, i rischi ambientali da inquinamento da idrocarburi non derivano solo dall occasionale evento accidentale, a seguito del quale 48 COUSTEAU J., op. cit., p IBIDEM, p Qualora siano disponibili dei rilievi sottomarini è possibile sfruttare le naturali depressioni del fondale marino per posare i tubi. Ciò si è verificato nella posa di tre oleodotti in acque profonde nello stretto di Messina, dove il fondale raggiunge una profondità di -370mt e con l ausilio di un piccolo sommergibile è stato possibile individuare un tracciato ottimale. Alcune tubazioni sono adibite al convogliamento del grezzo e del gas dalla costa di produzione o di stoccaggio alla costa di raffinazione e di consumo: un gasdotto del genere è stato posato nelle acque profonde tra la Tunisia e la Sicilia. In questo canale sono state calate 172

180 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio vengono riversate in mare tonnellate di greggio, ma seguono tutte le fasi del processo di estrazione, dalle prime trivellazioni di prova, al trasporto marittimo, alla manipolazione portuale, al lavaggio delle stive delle petroliere, fino alle fasi di trasformazione industriale e di consumo 51. Ogni giacimento produce un tipo particolare di petrolio, nel quale gli elementi e i composti assumono un proprio assetto. Inoltre, durante il processo di raffinazione vengono distillati prodotti diversi, ognuno dei quali possiede un proprio comportamento nei riguardi dell ambiente fisico e degli ecosistemi. Ne consegue che, per valutare l alterazione, occorre tener presente se si tratti di petrolio greggio o di prodotti raffinati. Nel primo caso, da quale giacimento provenga il petrolio e nel secondo, quali additivi siano stati utilizzati. 52 Tutti i composti del petrolio sono degradabili da funghi e da batteri, ma le tempistiche di scioglimento dipendono dalle caratteristiche appena viste. Sulla base di queste considerazioni, l UNEP ha redatto un incoraggiante bilancio delle immissioni di petrolio nel Mediterraneo e delle emissioni grazie a fattori naturali. (Tab. 2.2) BILANCIO DEL PETROLIO NEL MEDITERRANEO Immissioni Migliaia di Assorbimento nell ambiente Migliaia di t/anno t/anno Petroliere 330 Evaporazione 125 Città litoranee 160 Dispersione 100 Industrie costiere 110 Sedimentazione 230 Atmosfera 35 Biodegradazione 180 TOTALE 635 TOTALE 635 Tab. 2.2 Bilancio del petrolio presente nel Mediterraneo (Fonte: UNEP, Assessment of the State of Pollution of the Mediterranean Sea by Petroleum Hydrocarbon, Atene, 1988, p.130, in Mediterranean Action Plan) A prescindere dalla fonte da cui provengono, le contaminazioni da petrolio sono state oggetto di numerosi studi che hanno portato all individuazione di misure atte a contenerle e rimuoverle. Gli sforzi di contenimento consistono nella predisposizione di travi flottanti posizionate nell area dello sversamento, che trattengono il greggio grazie a tubazioni fino a -600mt di profondità su un arco di 160 chilometri, la distanza che separa l Africa settentrionale dall Italia. 51 VALLEGA A., op. cit., p AA.VV., Manuale per la difesa del mare e della costa, Fondazione Agnelli, Torino, 1990, pp e

181 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio tendine subacquee sospese a galleggianti. In contemporanea, piccole imbarcazioni dotate di schiumatori si muovono attraverso la chiazza intrappolata e recuperano il petrolio della superficie immagazzinandolo in una chiatta di supporto. Un metodo aggiuntivo o alternativo prevede, poi, l uso di disperdenti chimici che rompono la chiazza e la fanno disperdere e affondare in un area più vasta e, recenti studi, sembrano aver individuato dei batteri che metabolizzano velocemente il greggio, eliminandone i residui Sabbie e ghiaie Un ulteriore risorsa reperibile sui fondali marini e particolarmente importante per le sue potenzialità future è costituita dalle sabbie e dalle ghiaie 53. Si è rilevato, infatti, che una delle carenze critiche dei prossimi decenni riguarderà proprio questi materiali a causa dell incremento dell urbanizzazione che ne richiede miliardi di tonnellate l anno e la cui domanda è destinata a crescere. Per quanto attiene il bacino del Mediterraneo, sono particolarmente interessati ed impegnati nello sfruttamento di sabbie e ghiaie alcuni Stati, quali la Grecia, l Italia, la Francia, la Spagna, la Turchia, la Tunisia e il Marocco. A quasi tutte le latitudini le piattaforme continentali presentano ampi depositi di sabbia e ghiaia, sfruttati con i moderni sistemi di dragaggio, sopra menzionati. Il più utilizzato per questo tipo di estrazione è probabilmente quello con chiatte munite di un braccio simile ad uno scavatore, alla cui testa agisce una sorta di lama rotante, che scava il fondale. I materiali vengono poi trasferiti a bordo dell imbarcazione, mediante una tubazione aspirante. Esistono poi delle navi utilizzate per lo sfruttamento minerario che aspirano i materiali dal fondo con un braccio snodato e, una volta a bordo, separano la sabbia dalla ghiaia a mezzo di una centrifuga, mentre l acqua residua viene scaricata in mare. Nel campo dell edilizia assume fondamentale importanza anche il cemento, prodotto con carbonati di calcio e magnesio, che richiede quindi lo sfruttamento dei giacimenti di calcare presenti nel sud dell Europa e nel Mediterraneo. Il reperimento di queste risorse non richiede apparecchiature molto costose, rispetto alle altre viste in precedenza, ma fornisce, comunque, un valido introito economico diffuso in vastissime aree del fondale marino. Sale 174

182 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Infine, non si può non soffermarsi sul minerale che con più facilità e da più tempo viene estratto dal mare, e cioè il sale 54. Esso, oltre ad avere un valore indispensabile come alimento e come ingrediente per la stagionatura e la conservazione dei cibi, è importante anche per l industria chimica, nella quale viene utilizzato come additivo per la produzione di molti prodotti. Oggi, a differenza di ciò che accadeva in passato, il sale non figura tra le merci di scambio del commercio internazionale, poiché la maggior parte delle nazioni ne produce a sufficienza per coprire il proprio fabbisogno interno. Nell economia moderna il sale trova molteplici applicazioni, soprattutto nella produzione di materiale plastico, di vernici, di candeggianti, di carburanti per missili, di tessuti, di carta e in molti altri processi produttivi che richiedono l uso dell acido cloridrico. Il sale si ottiene per estrazione dalle miniere di Salgemma, diffuse ad esempio nel Salisburghese, nella Spagna settentrionale o in Medio Oriente, dai pozzi di acque salmastre o mediante il processo di evaporazione al sole dell acqua di mare. Sin dal momento in cui Anton Lavoisier, più di due secoli fa, eseguì le prime analisi, l acqua di mare è stata oggetto degli studi e delle ricerche di molti scienziati. Benché oggi siano stati individuati ben 73 elementi che la compongono, solo 6 ne sono considerati i composti fondamentali 55 e costituiscono il 99% dei Sali disciolti in essa. Il sale viene immesso nel mare attraverso molteplici e variegate fonti, che comprendono, ad esempio, i materiali eruttati dai vulcani, emersi o sommersi, i prodotti di erosione dei fiumi, le precipitazioni atmosferiche e la liscivazione dei minerali presenti nei sedimenti sommersi. La quantità di sale che giunge nel mare da queste fonti ne condiziona la salinità, intesa come quantità di minerali, espressa in grammi, e presente in un chilogrammo di acqua di mare. Il valore oscilla tra i valori minimi del 5 riscontrati nel Golfo di Botnia, ai valori massimi del 300 riscontrati nel Mar Morto, con dei valori medi del 35 dell oceano aperto. L evaporazione naturale dell acqua contenente sostanze solide disciolte, dà luogo a formazioni o a residui cristallini, noti come evaporati. Tra i più noti composti di questo tipo ricordiamo l alite, il comune sale da cucina (cloruro di sodio, NaCl), che si forma in un braccio di mare ogniqualvolta il grado di evaporazione supera l apporto di acqua dall oceano aperto. Tra gli altri prodotti comuni che si ottengono dall evaporazione, ricordiamo il gesso (solfato di calcio biidrato) e anche il solfato di calcio anidro, chiamato 53 COUSTEAU J., op. cit., pp IBIDEM, P

183 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio anidride. Quando l acqua di mare evapora, i sali disciolti precipitano in un ordine preciso: il gesso e l anidrite precipitano dopo che circa l 80% dell acqua di mare è evaporata, mentre l alite compare solo dopo che l acqua è evaporata al 90%. I sali meno solubili compaiono più tardi, verso la fine dell evaporazione, di solito come bromuro di sodio e cloruro di potassio. La maggior parte dei depositi di sale si è formata nel passato geologico, a seguito dell evaporazione dell acqua di mare o delle acque salmastre naturali presenti nei bacini in cui la circolazione dell acqua era limitata. Questi antichi siti, che si trovano generalmente sotto la piattaforma o la scarpata continentale, nonché sotto il fondale abissale di piccoli bacini oceanici, contengono più del 95% del volume di tutti i depositi noti di evaporati. Nel Mediterraneo, nel Mar Rosso, nelle regioni costiere dell Africa, del sud America e del Medio Oriente, dell Europa, del Canada e dell Australia, sono stati localizzati numerosi depositi di minerali salini ad di sotto dei fondali marini. In particolare, la composizione dei depositi di sale sul fondo del Mediterraneo testimonia l esistenza di un mare del tardo Miocene (Messiniano), che ripetutamente si prosciugò e venne di nuovo ricoperto dalle acque. Merita, infine, un ultimo cenno il processo più diffuso di estrazione del sale attraverso l evaporazione dell acqua di mare a mezzo del calore del sole, che si effettua nelle saline. Il procedimento comporta diversi stadi produttivi fondamentali e ha un durata piuttosto elevata, in quanto occupa un arco di tempo di circa cinque anni. L acqua di mare viene immessa in bacini dove ha inizio una prima fase di concentrazione, fino al raggiungimento dei livelli di salinità prefissati, per poi venir trasferita di vasca in vasca. In questa fase si sviluppano dei pesciolini che vengono raccolti e venduti quali esche per la pesca sportiva. Verso la metà del ciclo produttivo, quando la concentrazione dell acqua salmastra è troppo elevata per la sopravvivenza dei pesci, cominciano a formarsi dei gamberi e successivamente dei batteri che colorano l acqua di rosso e sono necessari nelle fasi di estrazione del sale. L acqua salmastra, completamente satura di cloruro di sodio, prende il nome di salamoia e viene pompata in aree di cristallizzazione, accuratamente preparate, dove i cristalli di sale cominciano ad accumularsi sul fondo della vasca. Il rimanente liquido, costituito da una soluzione molto concentrata di magnesio, bromo e potassio, viene restituito al mare, mentre il sale viene raccolto con mezzi meccanici e messo in commercio. 55 Essi sono: ioni sodio, magnesio, calcio, potassio, cloruri e fosfati. 176

184 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Particolarmente famosa nell area mediterranea è la Salin de Giraud, sulla costa francese, che vanta una produzione di ben tonnellate di sale l anno, agevolata da un clima favorevole con intensa evaporazione e scarse precipitazioni Il mare come via di comunicazione e trasporto Porti e vie di comunicazione Da un punto di vista strutturale, il porto è stato definito come uno spazio d acqua al riparo dai venti e dai movimenti del mare, in cui le navi possono con sicurezza penetrare e procedere alle loro operazioni di carico e scarico, subire all occorrenza le necessarie riparazioni, o semplicemente trovare rifugio 57. Da un punto di vista funzionale, d altronde, è il punto d incontro e di scambio tra traffico marittimo e terrestre 58, cioè un interfaccia tra la circolazione via mare e quella via terra. A seconda poi delle caratteristiche che lo contraddistinguono, il porto può essere definito naturale o artificiale, marittimo o fluviale, commerciale 59 o industriale 60, passeggeri o militare, e le definizioni potrebbero andare avanti a lungo. Ma la complessità di un area portuale, non è solo terminologica, ma appare evidente già dal primo approccio. L interfaccia tra il mondo continentale e quello marittimo è fortemente condizionato da diversi fattori che devono essere presi in considerazione già dalle prime fasi di avvicinamento e di studio o di progettazione di una simile struttura. Vanno, infatti, analizzate le caratteristiche geografiche sia dell entroterra che dell ambiente marino antistante, la tipologia di servizi che vi si svolgono, le navi che si ospitano, le merci o i passeggeri che vi transitano, i collegamenti con le vie di trasporto terrestri, le zone di dogana, le aree amministrative, e anche qui, l elenco di fattori da valutare potrebbe proseguire molto a lungo. Senza voler cadere in considerazioni ovvie, si vuole, comunque, soffermare l attenzione sugli aspetti appena visti, con delle riflessioni che talvolta per l apparente banalità, non permettono di focalizzare le molteplici problematiche che un area portuale affronta. 56 IBIDEM, pp Definizione di Supino, riportata in VALLEGA A., Mari, porti e litorali. Termini di un glossario, Camera di Commercio di Savona, p TOSCHI U., 1968 in VALLEGA A., Mari, porti e litorali. Termini di un glossario, Camera di Commercio di Savona, p A prevalenza di merci varie. 60 A prevalenza di rinfuse facenti capo sia a industrie dell entroterra che a industrie litoranee. 177

185 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Le strutture che servono per l operatività di quest area, richiedono degli spazi molto ampi, nei quali devono trovare la loro collocazione, non solo gli edifici che provvedono alla gestione dell area stessa, ma anche i depositi delle merci scaricate dalle navi, i mezzi di trasporto che le ritirano o le consegnano, le officine che possono intervenire in ausilio delle imbarcazioni per eventuali riparazioni, le dogane, e tutte le altre strutture che, a seconda delle caratteristiche peculiari del porto in esame, sono richieste per la sua attività. La conformazione geografica del territorio in cui viene ubicato è, quindi, fortemente condizionante per la portata del suo lavoro e per l estensione delle sue strutture. Un porto che alle spalle presenta un entroterra molto vasto e poco antropizzato avrà, ovviamente, a disposizione maggiori potenzialità di sviluppo di uno che si trova a ridosso di una città o di un altipiano. Dall altra parte, va analizzato anche l ambiente antistante all area portuale e cioè la costa, il mare e il suo fondale. Anche in questo caso, l ambiente sarà fortemente condizionante per la tipologia di intervento necessaria all attività portuale, in quanto un mare aperto, con forti moti ondosi, soggetto a tempeste o burrasche, richiederà forme di protezione per le navi molto più importanti, rispetto ad una struttura che si affaccia su un bacino chiuso e soggetto a moti ondosi molto lievi. Allo stesso tempo, l intervento dell uomo sarà condizionato dall esistenza o meno di ripari naturali, come promontori o scogliere affioranti, che possono già fornire una forma di protezione. Anche il fondale ha una sua importanza notevole, in quanto le navi devono poter disporre di canali con sufficienti profondità per il proprio passaggio e, per esempio, con un fondale fangoso o sabbioso o in prossimità di un fiume, si dovrà provvedere a continui scavi per il mantenimento del tracciato. Per poter ripercorrere, nel corso della storia, lo sviluppo del concetto di porto e la sua realizzazione pratica nella realtà, è necessario, quindi, analizzare ognuno di questi aspetti, ma, in via preliminare, risulta fondamentale distinguere fra le due principali funzioni che caratterizzano ciascun porto e che lo condizionano 61. Da una parte ci sono le funzioni di dipendenza continentale, che riguardano tutte le attività a servizio delle strutture economiche del territorio alle spalle del porto e che hanno una localizzazione tendenzialmente rigida, in quanto legata alle attività industriali e alle vie di comunicazione che le collegano. Dall altra parte, invece, ci sono le funzioni di dipendenza marittima, che riguardano quelle attività che dipendono dal commercio marittimo stesso e che, alla resa dei conti, premiano o penalizzano un area portuale e l area industriale che le sta dietro. 178

186 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Infatti, chi trasporta le merci è libero di scegliere dove imbarcarle e sbarcarle e privilegia quelle strutture all interno delle quali le condizioni sono più favorevoli o, alle spalle delle quali, vi è una rete di distribuzione migliore. Tra le due categorie di funzioni sono intervenuti rapporti diversi passando da uno stadio all altro 62. Nello stadio mercantile le funzioni portuali rientravano praticamente nella sola dipendenza marittima perché i porti erano essenzialmente luoghi di mercato. Nello stadio paleoindustriale cominciavano a distinguersi dei porti di dipendenza continentale, alle spalle dei quali si stavano sviluppando aree industriali per l elaborazione delle merci o il loro trasporto 63. Per tutta la fase di innesco dello stadio neoindustriale, cioè fino alla metà degli anni venti, le funzioni di dipendenza continentale restarono complessivamente modeste, accanto alla rete molto più complessa e articolata delle funzioni di dipendenza marittima, disegnata dalle relazioni commerciali, da cui i porti dell area trainante continuavano a trarre le fonti più cospicue del proprio reddito. Solo con gli anni cinquanta, e con l avvento della relazione circolare tra industria e commercio, la presenza di funzioni di dipendenza continentale nei porti dell area trainante divenne forte. In questo periodo, lo sviluppo delle macchine e la riduzione della presenza di manodopera necessaria, determinò l aumento della produttività e spinse le autorità dei porti a concentrarsi sui servizi alla nave e, quindi, sulle funzioni di dipendenza marittima, generando una concorrenza crescente soprattutto con i porti vicini. La correlazione di queste nuove funzioni determinò inevitabilmente, lo sviluppo delle industrie e delle vie di trasporto delle merci alle spalle delle aree portuali, e, con l avvento della società neoindustriale, la migliore rete di collegamenti ferroviari e stradali, permise di ampliare la possibile area di localizzazione delle aziende rispetto alla sede portuale. Di qui il crescente peso localizzativo esercitato dagli agglomerati urbani che, costituivano un mercato di primario interesse, attraevano le industrie, che a loro volta attraevano altre attività ed ulteriore popolazione, in una relazione circolare di crescita urbana e produttiva VIGARIE A., Gèographie de la circulation, II, La circulation maritime, Génin, Paris, 1968, pp VALLEGA A., Geografia delle strategie marittime, Mursia, Milano, 1997, p Un tipico esempio di questa differenziazione è quello dell imbarco del cotone dalle colonie per l industria tessile europea, soprattutto britannica. 64 VALLEGA A., op. cit., 1997, p

187 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Lo stesso Weber 65, nel 1909, aveva sottolineato che la localizzazione delle industrie non tendeva più a coincidere con i giacimenti delle materie prime (o luoghi dei materiali, usando la sua terminologia), né con le aree in cui si concentrava la manodopera (luoghi del lavoro), ma con punti che si situavano in un triangolo i cui vertici cadevano nell area dei materiali, nell area del lavoro e nel baricentro del mercati, delimitando una zona in cui il costo dei trasporti era minimo. A partire dagli anni cinquanta, però, non era più pensabile che la mole dei prodotti venisse trasportata interamente via terra e, quindi, si ricominciò ad investire nei porti, per la creazione di una nuova industria portuale, che, se da un lato favorì il settore economico, dall altro penalizzò profondamente l ambiente e il paesaggio di diverse aree costiere. Il complesso industriale portuale, nel ventennio che seguì, si differenziò molto, e assunse profili diversi a seconda dei porti e delle regioni. Il primo campo di attività che lo caratterizzava era costituito dalle industrie collegate alla navigazione marittima, per la costruzione e la riparazione delle navi, degli impianti industriali off shore e di tutte le strutture richieste dall evoluzione nel settore. Il secondo campo, comprendeva le industrie orientate verso il porto per le esportazioni, cioè impianti produttivi che si localizzavano nelle aree industriali, intraportuali e periportuali, per produrre, soprattutto, beni destinati all imbarco. Solitamente si trattava di impianti molto voluminosi e pesanti, che venivano prodotti a filo di banchina per poi essere direttamente imbarcati su navi speciali per il trasporto fino alla sede di destinazione. Il terzo campo, infine, comprendeva le industrie orientate verso i porti per le importazioni, in cui rientravano la siderurgia, la produzione di energia elettrica da olio combustibile e da carbone, la petrolchimica di base, la raffinazione dell alluminio, i cementifici, le industrie alimentarie e molte altre. All interno di questo settore vi sono tre sotto-settori su cui è necessario soffermarsi per poter inquadrare correttamente lo sviluppo dei trasporti e delle aree portuali nelle società contemporanee. Il primo riguarda la raffinazione del petrolio 66, la cui geografia mutò considerevolmente all interno dei paesi industrializzati. Infatti, sebbene i centri di produzione fossero concentrati in determinate aree del globo, i principali baricentri di 65 TOSCHI U., La teoria economica della localizzazione delle industrie secondo Alfredo Weber, Università di Bari, Bari, 1941, Cap. 4, Par Per la letteratura sull argomento si rimanda a: KNELL H.J., Les facteurs de localisation des raffineries allemandes, in Les transport d Energie: Techniques nouvelles et consequences économique, Mouton, La Haye, 1968, pp MUSCARA C., Le raffinerie dell Europa debole, in Nord Sud, 13, 75, 1966, pp POLLIER R., Industrialisation litorale, industrialisation d avenir, in Marine Marchande 1971, volume annuale del Journal de la Marine Merchande, Parigi, 1971, pp

188 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio consumo distavano anche decine di migliaia di chilometri e i governi di questi Paesi tendevano ad installare le raffinerie all interno dei propri confini nazionali al fine di massimizzare il proprio valore aggiunto sia in termini di trasporto marittimo, che di ciclo produttivo. Nell immenso orizzonte di possibili localizzazioni geografiche delle raffinerie, cominciavano, quindi, a distinguersi quelle port oriented, cioè ubicate in prossimità dei porti, quelle market oriented, attratte dai centri di consumo, e, infine, quelle intermediate, che privilegiavano una posizione intermedia fra i due poli. Con l andar del tempo la soluzione prevalente fu la prima di quelle appena viste 67, anche se la presenza di oleodotti tra i porti di sbarco del greggio e le aree interne permetteva una notevole elasticità per quelle raffinerie che continuavano a privilegiare una posizione intermedia. Un altra componente portante dell industrializzazione portuale fu la siderurgia, caratterizzata da un rapido aumento della capacità produttiva 68. La localizzazione portuale degli impianti siderurgici procurava molti vantaggi, in quanto permetteva, innanzitutto di trasportare i prodotti semilavorati, che avevano, cioè, subito già un primo processo di lavorazione e che risultavano molto meno pesanti rispetto alle materie prime impiegate per produrli. In secondo luogo, gli impianti di raffreddamento potevano attingere direttamente l acqua dal mare, senza dover predisporre nuove opere idrauliche e, infine, potendo importare da una vasta gamma di giacimenti d oltremare era possibile selezionare le materie prime migliori, aumentando notevolmente la produttività. La tendenza a localizzare industrie di prima trasformazione alle spalle dei terminali di sbarco delle materie prime, condusse alla creazione di un prodotto dell organizzazione territoriale, che il National Port Council del Regno Unitò qualificò, nel 1960, con nome di Maritime Industrial Development Area (MIDA) 69, cioè come zona marittima alle spalle VACCHELLI P.L., Programmi e localizzazione degli impianti e degli approdi petroliferi in Italia, in Rivista internazionale delle fonti di energia, 18, ½, 1974, pp BURCHARD H.J, The principles determining the localisation of refineries and petrolchimical industry, in L avenir des ports européens, a cura di Regul R., College de Bruges, Bruges, 1, 1971, p Basti pensare che nei primi anni cinquanta le aziende producevano in media 1 milione di tonnellate di acciaio all anno, per passare agli nenni sessanta a 3,5-5 milioni di tonnellate, fino ai 7 milioni di tonnellate dei primi anni settanta. VIGARIE A., L Europe ripulire. La Revolution des Transports Maritimes et les ports de l Europe Occidentale, Cahier de Sociologie Economique, Nantes, 1972, p MASSI E. et al., Contributi alla geografia dell acciai,istituto di Geografia Economica, Roma, 1969, p. 100 e segg. CAPANNA A., Aspects et problémes de la siderurgie cotier dans le monde et dans la CEE, in L avenir des ports européens, a cura di Regul R., College de Bruges, Bruges, 1971, TAKEL R.E., The spatial demands of Ports and Related Industry and their relationships with the community, in Cityport inudustrialization and regional development. Spatial Analysis and planning strategies, a cura di HOYLE B.S. e PINDER D.A., Pergamon Press, Oxford, 1981, pp

189 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio dell area portuale e nella quale si trovavano aree attrezzate per le industrie, e dalla quale appropriati sistemi di trasporto terrestre, dal treno, alla chiatta, alla condotta, trasferivano i semilavorati verso le aree di distribuzione 70. È inevitabile che una simile struttura richiedesse un estensione territoriale enorme alle spalle del porto, quantificata, secondo Vigariè 71, in circa ettari, ma i requisiti richiesti per una buona MIDA non si esaurivano così. Innanzitutto vi dovevano essere dei fondali sufficientemente profondi per far attraccare qualunque tipo di nave (economie di trasporto marittimo per le materie prime), in secondo luogo, i terminali industriali dovevano essere organizzati in modo tale da rendere minimo il costo di sbarco delle fonti di energia e dei minerali (economie di manipolazione delle materie prime) e, infine, doveva essere presente una rete di distribuzione e di trasporto verso l interno (economie di scala). Ma, dopo una fase iniziale di espansione, gli inconvenienti di questa organizzazione si palesarono in tutta la loro portata, sia in termini di degrado ambientale, che in relazione agli spazi troppo vasti sottratti ad altri possibili utilizzi, e cominciò la rielaborazione dell organizzazione geografica del porto. Si apriva una nuova fase caratterizzata dal processo di unitizzazione, la cui espressione principale fu l introduzione della produzione in serie e il trasporto in container. La sua capacità di trasformare il trasporto marittimo fu a lungo sottovalutata, ma le conseguenze che portò furono radicali. La struttura portuale non era più ispirata alla grande varietà di attracchi e di depositi necessari per le varie tipologie di merce in arrivo e in partenza, ma tutto era ormai condizionato dalla forma e dalla dimensione dei grandi container. Anche la movimentazione ne risultava profondamente condizionata, e ciò si espresse nella creazione di tre diverse metodologie di trasporto: per linee verticali (lo-lo), che diede luogo alla nascita della nave cellulare; per linee orizzontali (ro-ro), che generò navi con ponti adatti ad ospitare veicoli su ruote; quella per galleggiamento (float-on e float-off), dalla quale derivarono le navi portachiatte. Per servire i vettori marittimi rientranti in queste nuove tipologie, il porto si dovette specializzare, costruendo terminali adatti per le navi ro-ro e lo-lo o specchi acquei in grado di ospitare la movimentazione delle chiatte. A questo punto, la rivoluzione dell area portuale appare evidente. Se prima la specializzazione di era concentrata nell area industriale alle spalle del porto stesso, ora tale zona veniva organizzata per il deposito di 70 VALLEGA A., Le Regioni portuali della CEE. Ricerche di geografia comparata, Istituto di Scienze Geografiche, Genova, Pubblicazione n. 16, VIGARIE A., op. cit., 1972, p

190 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio queste merci, mentre era il porto a subire le trasformazioni più significative per i nuovi tipi di attracchi, le sovrastrutture e gli strumenti di movimentazione. Il porto, prima, si divideva in sezioni in base alla natura delle merci trasportate, ora si divideva in sezione in base al tipo di nave servita. A questo si aggiungevano tutte le nuove necessità derivanti da una tipologia di trasporto in continua evoluzione. Le navi, ormai molto grandi, potevano trasportare grandi carichi lungo le rotte oceaniche, ma una volta giunti in porto necessitavano di strutture specializzate in grado di scaricare la merce in tempi brevi e trasferirla sulle navi più piccole, utilizzate come vettori per i luoghi di distribuzione. La domanda di nuova accessibilità, da mare e da terra, indusse a costruire banchine più grandi e con planimetrie più regolari. Dai banchinamenti planimetricamente irregolari del passato, la cui distribuzione e forma erano determinate dalla morfologia della costa e dell abitato litoraneo, si passò a banchine rettangolari e molto più regolari, ben protese in acqua. In conclusione, le strutture portuali, estendendosi, diedero luogo a un paesaggio meno legato alla città, mentre le sue forme diventavano sempre più adatte al vettore marittimo e sensibili alle esigenze di servizi generati da utenti continentali. A mano a mano che aumentava la portata delle navi, però, sorgevano le gravi problematiche dell accessibilità al porto, il quale non sempre era localizzato in prossimità di fondali sufficienti al passaggio di mezzi che pescavano fino a mt. Di fronte a questa esigenza i porti reagirono in due modi: da una parte scavando dei canali di accesso alla costa, nei quali convogliare i trasporti, dall altro creando delle strutture off-shore, che permettessero l attracco delle navi e lo scarico del materiale direttamente al largo. Tali strutture erano essenzialmente costituite da piattaforme di dimensioni variabili, ancorate al fondo, e collegate al porto da oleodotti o tramite vettori più piccoli. L evoluzione della struttura portuale e dei servizi da essa offerti e le diverse esigenze del commercio marittimo condizionarono anche il rapporto con la città, che vide allentare la relazione di interdipendenza che aveva caratterizzato la fase neoindustriale. Vigariè parla di demaritimisation 72 delle città portuali e di progressiva autonomia funzionale del porto rispetto alla città, soprattutto a causa della contrazione degli addetti necessari per le funzioni che prima erano svolte da una manodopera molto più numerosa. Quella stretta relazione tra lavoro e popolazione e tra popolazione e urbanizzazione si stava allentando, e il porto e la città si stavano orientando su due vie di sviluppo molto diverse. 183

191 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Ma accanto a ciò che avveniva nei pesi industrializzati, va anche notato ciò che, all inizio dello stadio transindustriale, stava avvenendo in quelli emergenti, all interno dei quali si stava sviluppando la terza generazione delle MIDAs, e cioè, dopo aver vissuto alle spalle dell area trainante, ora anche l area trainata voleva partecipare al mondo mercantile con un ruolo rinnovato, o per effetto di programmi nazionali, o a seguito di accordi tra governi locali e investitori internazionali. L avvio di questo processo prese origine dal tentativo dei governi dei Paesi in via di sviluppo di affermarsi nell ambito della marina mercantile, cominciando a gestire in proprio le materie prime prodotte, e predisponendo strutture fisse e mezzi di trasporto con cui assicurarsi anche il valore aggiunto derivante dal commercio. A quel punto, i grandi centri finanziari del mondo occidentale videro profilarsi la non trascurabile opportunità di investire anch essi in questi paesi, traendo vantaggio dai ridotti carichi fiscali e dalla disponibilità di mano d opera a buon mercato. Ma mentre da una parte del mondo era in pieno sviluppo questa fase, nelle aree industrializzate si stava già diffondendo la quarta generazione di MIDAs la quale, a seguito della caduta di attività industriali, quali raffinazione e siderurgia, riproponeva nuovi modelli di utilizzo dei terminali da sbarco e delle industrie sorte alle loro spalle. Queste elaborazioni, ancora in corso, prevedono una stretta associazione tra attività manifatturiere e terziarie, tra loro fortemente associate, che si differenziano notevolmente rispetto alle fasi del passato, in quanto risultano innocue per l ambiente, accolgono maestranze con profili professionali avanzati e sono espressioni di punta delle tecnologie dell informazione. L organizzazione dell economia è, inoltre, cambiata radicalmente anche a seguito dell avvento della globalizzazione e questo processo ha radicalmente trasformato la posizione del porto proprio il relazione alle sue funzioni più qualificanti, che si manifestano attraverso i movimenti dei contenitori e degli altri carichi unitizzati. La trasformazione è così profonda e carica di senso geografico, da costituire uno degli aspetti più rilevanti del cambiamento globale del nostro tempo 73. Al di là delle nuove strutture geometriche che si sono sviluppate sulle banchine, della costruzione di importanti gru e mezzi di movimentazione, ciò che colpisce alle spalle di un porto sono il parco ferroviario o il parco di sosta dei grandi camion destinati a prelevare i container e a trasferirli. Il porto è diventato, quindi, ancora di più rispetto al passato, un nodo della lunga catena di diffusione, collocato all interno di una più 72 VIGARIE A., Le navire, le port et la ville, in Transports et mutation actuelles, Parigi, 1983, pp

192 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio complessa struttura di nodi, anche terrestri 74. La conseguenza più rilevante è che, in questo contesto, il porto non possiede più capacità autonome per attrarre traffico, che invece possedeva negli stadi precedenti e diventa dipendente dalle strategie degli operatori che organizzano i cicli di trasporto multimodale e combinato 75. Inoltre, la sua importanza è pari a quella di una qualunque altra sede, marittima, terrestre o fluviale, in cui siano convogliati i moduli unitizzati, circostanza, questa, che da un lato determina una caduta di prestigio funzionale, ma dall altro lo apre ai vantaggi della sinergia in rete 76. Questo processo, che ha assunto ritmi accelerati dalla fine degli anni ottanta, fa sì che il terminale containerizzato del porto, o il porto conteinerizzato ove si tratti di un porto specializzato, non possono più essere oggetto di un esame a sé. Essendo nodi di un sistema nodale, la loro funzione si può cogliere soltanto quando si parte dalla visione d assieme di questo sistema. Valutati i vantaggi, è comprensibile che tutti i porti che abbiano raggiunto un certo grado di efficienza e una certa dimensione, tendano ad entrare in uno di questi circuiti e a partecipare alla sinergia che vi si esplica. Una volta divenuto nodo del sistema, il porto mercantile può ospitare, alle sue spalle, una piattaforma logistica per il deposito delle merci destinate ad altre sedi nazionali ed internazionali, per la fornitura dei servizi di vario genere, per la formazione dei manufatti, per le operazioni di assemblaggio, per la formazione delle spedizioni, per la preparazione dei convogli ferroviari, e così via. Le multinazionali attuali hanno bisogno di queste piattaforme logistiche dislocate in alcune sedi particolari e la concorrenza tra i porti per poterle ospitare è diventata una delle peculiari caratteristiche dell organizzazione portuale contemporanea. L analisi degli studiosi, però, non si è fermata alla definizione di porto come nodo in un sistema complesso di trasferimenti, ma ha anche voluto considerare il ruolo che esso ha nei confronti della regione all interno della quale è inserito. È, quindi, apparso il concetto di gataway, 77 cioè di porta attraverso la quale la regione intrattiene le proprie relazioni con l esterno. 73 HAYUTH J., Seaports: the challenge of tehnological and functional changes, in Ocean Yearbook 5, a cura di Mann Borgese E. e Ginsburg N., University Chicago Press, Chicago, pp BAUDOUIN TH., Le placet maritimes, interfaces de la nouvelle circulation internationale, in Villes portuaires et nouveau enjeux internationaux, Seminaire de l association internationale Villes et ports, Paradigme, Caen, p CHARLIER J., Triptyque portuarie, conteneurisation et analyse multivarieé, in Changing Maritime Transport, a cura di Muscarà C., Soricillo M. e Vallega A., Istituto Universitario Navale, Napoli, pp SUYKENS F., Ports as Nodal Points, in Port as nodal points in a global transport System, a cura di Dolman A.J. e Van Ettinger J., Pergamon Press, Oxford, pp VALLEGA A., Nodalità e centralità: relais tra teoria gestionale e teoria dei trasporti, in Studi Marittimi, 6, 1982, pp e

193 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio È evidente che non tutti i porti possiedono la caratteristica di gateway, in quanto alcuni di essi esplicano le proprie funzioni in un ambito territoriale circoscritto e quindi, non intrattenendo relazioni con l esterno non possono nemmeno fungere da porta d accesso per la propria regione. Una volta presenti, le relazioni che una regione intrattiene con l esterno possono essere classificate in funzione del proprio contenuto 78 e il gateway, di conseguenza, può essere identificato come gateway di livello basso, se apre la regione alle relazioni su scala solo nazionale, o di livello alto, se invece spazia a livello mondiale. In quest ottica, il porto colloca anche la regione all interno della rete dei nodi cui appartiene, conferendole una posizione che dipende dall importanza che il porto stesso ha raggiunto. Quanto più la rete dei nodi è di rango elevato e quanto più sono qualificate le funzioni del porto all interno della rete, tanto più consolidata sarà la posizione della rete nel contesto internazionale. Trasporto merci e passeggeri Anche il mondo mercantile subì profonde mutazioni nel corso della storia, alcune delle quali sono state già esposte o possono essere facilmente intuite a seguito delle ripercussioni che ebbero sulle strutture portuali. L espansione della domanda del trasporto si avvertì già nella fase del decollo dell economia paleoindustriale, quale logica prosecuzione dell onda lunga di crescita dei traffici marittimi insorta nell economia mercantile, ma l evoluzione tecnologica di questo settore seguì uno sviluppo molto più lento rispetto agli altri. La rivoluzione industriale, infatti portò dei cambiamenti sulle merci, molto prima che sui mezzi di trasporto e solo dopo il 1850 si assistette ad un processo di profonda trasformazione. In particolare, quella delicata fase di sviluppo può essere suddivisa in tre periodi, molto significativi per il settore dei trasporti marittimi. Il primo riguarda il ventennio tra il 1830 e il 1850, nel quale furono compiuti molti sforzi e molte sperimentazioni per innovare le tecniche di trasporto. Il secondo, compreso tra il 1850 e il 1860, coincise con il periodo di massimo splendore del trasporto sui velieri, o clipper 79, in grado di trasportare fino a tonnellate di merce alla velocità di 15 nodi e il terzo, infine, posteriore al 1860, 78 BIRD J., Seaports as a subset of gatewaysfor regions: a research survey, in Progress in Human Geography, 4, 3, 1980, pp VERLAQUE CH., Geograpgie des transports maritimes, Dion, Parigi, 1975, p. 17. COUPER A.D., The Geography of Sea transport, Hutchinson University Library, London, 1972, pp

194 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio condusse alla realizzazione e alla diffusione della nave mercantile metallica, con elica e a propulsione meccanica. I decenni che seguirono il declino dei clipper e la contemporanea espansione dei nuovi vettori mercantili furono caratterizzati da un aumento costante della produttività della nave, reso possibile dagli ininterrotti miglioramenti cui andavano soggetti gli apparati propulsivi e la struttura esterna. Nello stesso tempo, si affinava la conoscenza delle rotte e si delineavano prospettive per migliorare il controllo della navigazione. La domanda di traffico provocata dall economia paleoindustriale non richiedeva, per sua natura, l allestimento di vettori mercantili specializzati, e la maggior parte delle flotte era costituita da navi capaci di caricare diversi tipi di prodotti, da quelli tradizionali, fino a quelli di più recente scoperta. Le innovazioni tecnologiche impresse alle navi mercantili, esigevano investimenti continui in attività di sperimentazione, costruzione e trasformazione del naviglio. D altra parte, per sviluppare il commercio internazionale i vettori marittimi dovevano massimizzare la propria resa, navigando nel più breve tempo possibile e offrendo le migliori condizioni di carico. La navigazione, quindi, cominciava ad essere oggetto di valutazioni economiche molto attente e si fecero strada nuove professioni specializzate 80. La figura del commerciante-armatore, che aveva caratterizzato lo stadio mercantile, lasciò lo spazio a due professioni diverse di chi si dedicava al commercio vero e proprio e di chi, invece si concentrava sulla nave 81. Anche le attività di contrattazione furono prese in mano dalla nuova figura professionale del broker, cioè dell agente di collegamento tra il caricatore della merce e il vettore marittimo. A migliorare la situazione contribuì anche l allentamento delle costrizioni imposte al commercio marittimo dei governi nazionali, che invece, aveva caratterizzato lo stadio mercantile. All internazionalismo dell armamento corrispondeva l internazionalismo del commercio estero e gli operatori economici lavoravano contemporaneamente sia per il proprio paese che per Stati terzi. Le operazioni economiche, quindi, assumevano un valore in sé e venivano svolte solo in funzione del profitto che potevano procacciare e in un clima di competizione sempre più accesa. Per rispondere a queste particolari esigenze del traffico internazionale si diffuse la pratica del trumping, 82 cioè l offerta da parte degli armatori di un naviglio sempre 80 FLORE V.D., L industria dei trasporti in Italia, Bollettino di Informazione Marittima, Roma, 1970, p DEZERT B., Les activités, le peuplement, l habitat liés à la mer, Centre de Documentation Universitaire, Parigi, 1974, p FLORE V.D., op. cit., parte II, P

195 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio disponibile e utilizzabile per qualsiasi merce e lungo qualsiasi rotta, in grado di adattarsi con la massima elasticità possibile alle variazioni delle correnti di traffico. Nella fase di maturazione dello stadio paleoindustriale, mentre i traffici marittimi diventavano intensi, la nave fruiva di notevoli progressi tecnologici che le permettevano il trasporto delle merci più disparate. Prese, allora, corpo la navigazione di linea, destinata a diventare uno dei fondamenti dell economia neoindustriale, grazie alla quale le navi percorrevano rotte prestabilite e cercavano di assicurare un trasporto regolare. Ma fu proprio in quel momento che la concorrenza tra gli armatori raggiunse i toni più aspri, e, per il bene del commercio stesso, si resero necessarie delle forme di concertazione e di accordo. Le Conferenze che ne derivarono riuscirono ad ovviare in parte alle lotte precedenti, ma il peso che ciascuno operatore possedeva nell ambito del commercio internazionale venne riproposto anche all interno di queste compagini, che nel tempo diventarono un significativo parametro delle potenze marittime. Lo stadio paleoindustriale finì, quindi, con il coinvolgere tutte le terre che potevano essere raggiunte in base alla tecnologia marittima del tempo. L ecumene oceano, costituito dagli spazi marittimi percorsi dalle rotte mercantili e dal trasporto dei passeggeri, si ampliò molto, raggiungendo quasi ogni parte del globo. Nacquero le rotte specializzate, fondamentali data l intensità del traffico di linea, che condizionarono profondamente la specializzazione dei porti che le servivano e delle navi che le percorrevano. A seconda delle aree geografiche si potevano tracciare le rotte del caffè, del cotone, del grano, del carbone e del ferro, e così via. Nel 1869, però, la geografia di gran parte di queste rotte dovette essere rielaborato a seguito dell apertura del Canale di Suez, le cui ripercussioni furono enormi nel mondo del trasporto marittimo mercantile. Infatti, i traffici tra Europa, Africa e Australia dovettero essere organizzati con nuovi criteri, i mercati e le borse portuali dovettero adattarsi a nuove tipologie di noli e anche la costruzione degli stessi vettori marittimi dovette essere adattata alle nuove rotte attraverso il Canale 83. Il Mediterraneo né risultò, ovviamente, molto favorito, ma molti altri porti che servivano rotte ormai annullate, videro crollare la propria economia. L evoluzione del naviglio fu molto lenta negli anni che seguirono e, fino a circa la metà del XX secolo, gli unici sforzi furono indirizzati alla riorganizzazione interna 84 dei mezzi, in termini di maggiori spazi utili per il carico, miglior rapporto tra il peso della nave 83 VIGARIE A., op.cit., p MURRAY J.M., Merchant Ships , Lloyd s Register of Shipping, Londra, 1960, pp

196 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio e quello della merce, e così via. Ma la grande rivoluzione era in agguato e si palesò in quegli anni con l installazione del motore diesel sulla metà del naviglio circolante, in contrapposizione con il sistema a turbina. Negli anni cinquanta si superarono le soglie di velocità in cui stava ristagnando il trasporto marittimo e le navi per rinfuse passarono da una velocità media di nodi a quella di L aumento della portata e della velocità generarono considerevoli vantaggi combinati di cui potè godere tutto il commercio marittimo. Nello stadio neoindustriale, già nella fase di decollo, si aggiunsero alle flotte anche le navi specializzate per il trasporto dei minerali di ferro 85 e negli anni venti si cominciarono a costruire le navi miste per ferro e carbone e quelle per ferro e petrolio. Per un breve periodo, inoltre, emerse anche la tendenza ad aumentarne la portata, ma la crisi del commercio internazionale ben presto fece virare questa tendenza nella prospettiva più redditizia della creazione di navi non molto grandi ma funzionalmente polivalenti. Dall altra parte, un tratto caratteristico dell espansione neoindustriale 86, fu il gigantismo che permeò la costruzione delle petroliere, in grado di servire la crescente domanda di idrocarburi e di tollerare le crisi geopolitiche che in quegli anni stavano colpendo il Mediterraneo. Infatti, la chiusura del Canale di Suez nel 1956 e nel 1967 costrinse le navi a ripercorrere la rotta del Capo, con un aumento considerevole dei costi che poteva essere ammortizzato solo con il trasporto di una maggiore quantità di prodotti i per ogni viaggio. Da qui derivarono le sollecitazioni ad escogitare nuove tecnologie in grado di accrescere la portata. Nel 1973, però, un altro fattore geopolitico scompaginò tutte le previsioni fatte fino a quel momento, quando la quarta guerra arabo-israeliana costrinse i paesi occidentali ad offrire all area araba vantaggi economici notevolmente superiore rispetto a quelli del passato. In conseguenza di ciò, i Paesi consumatori perseguirono una strategia di differenziazione delle aree di approvvigionamento, rifornendosi da più Paesi ed evitando, in questo modo, di subire possibili ulteriori ricatti politici da parte del paese fornitore e riducendo il grado di dipendenza dall area araba. La riapertura del Canale di Suez, con la scongiurata minaccia di una sua possibile nuova chiusura, permetteva nuovamente alle navi di transitare per la rotta più breve, riduceva i costi e quindi non rendeva più necessario l utilizzo delle superpetroliere. Infine, l aumento del prezzo del greggio arabo aveva dato VERLAQUE CH., op. cit., pp RATCLIFFE M., Liquid Bulk Ships. A history of the tanker , Lloyd s of London Press, London, 1985, p VIGARIE A., op. cit., p

197 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio l impulso allo sfruttamento di giacimenti off-shore in diversi mari del mondo e il petrolio così estratto richiedeva, per diverse ragioni, l uso di navi di media portata. L era del gigantismo era conclusa. Naturalmente gli investimenti, che prima erano impiegati in questo settore, furono ben presto ridestinati alla costruzione di vettori marittimi specializzati per il trasporto di prodotti petrolieri da destinare alle raffinerie in prossimità dei porti di destinazione, prima, e dei porti di partenza, in un secondo momento 87. Negli anni cinquanta avvenne, però, un nuovo fatto rivoluzionario per il trasporto delle merci. Malcom McLean concepì l idea di racchiudere le merci, di diversa natura, all interno di scatoloni uguali 88, e di adattare la nave al trasporto di quell esclusiva forma di contenitore 89. Nasceva così il concetto di unitizzazione del carico 90, già visto per le sue ripercussioni sulla struttura del porto, che richiedeva l adeguamento di tutti i vettori destinati a trasportarlo, via mare, via terra o via fiume 91. Dopo le prime fasi iniziali, dalla metà degli anni sessanta la corsa alla conteinerizzazione non ebbe più soste. In quegli stessi anni debuttava anche il trasporto affidato alle navi cd. ro-ro, cioè roll-on/rool-off, nelle quali i mezzi su ruote potevano, autonomamente, salire o scendere con l ausilio di passerelle e posizionarsi in coperta o sui vari ponti. L esperimento ebbe successo perché dimostrò che questo tipo di nave era in grado di attraccare in qualunque porto e movimentare la merce anche senza l ausilio di apposite strutture a terra, proprio perché i container si spostavano grazie ai camion sui quali erano imbarcati. Non vi è dubbio che, nella seconda metà degli anni sessanta, lo stadio neoindustriale avesse manifestato il suo maggiore protagonismo nel trasporto marittimo dei prodotti finiti e semilavorati 92. Nel 1966 le navi portacontainer affrontarono per la prima 87 CHARLIER J., L évolution récent des transports maritime pétroliers, in Buletin de la Société Geographique de Liège, 10, 10, 1974, pp BISSCHOP J.P.R., Conteneurisation, cinq ans aprés, in Reveu de la navigation fluviale européenne, Ports et Industries, Aménagement du Territoire, 63, 10, 1971, pp BIESHEUVEL J., Du fret conventionnel aux unites de charge, in Reveu de la Navigation Fluviale Européenne, Ports et Industries, Aménagement du Territoire, 49, 12, 1977, pp VAN LEEUW J.,, cinq ans aprés, in Reveu de la navigation fluviale européenne, Ports et Industries, Aménagement du Territoire, 63, 10, 1971, pp RATH E., Container System, Wiley, New York, In questa fase storica alle tipologie di movimentazione tradizionale se ne sono aggiunte altre tre: 1. la movimentazione verticale, nel linguaggio specialistico detta lift-on/lift-off, o semplicemente lo-lo, che venne alla ribalta con le navi cellulari. La denominazione mette in evidenza come il trasporto del contenitore su nave cellulare implichi che esso sia movimentato sempre per linee verticali, sia quando è sulla nave, sia tra la nave e il porto, sia, infine, nelle manipolazioni a terra. 190

198 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio volta le rotte oceaniche, toccando molti nuovi porti che dovettero riorganizzarsi di conseguenza, nel 1967 fu la volta delle navi ro-ro che riuscirono a raggiungere e coinvolgere anche quei porti che nel frattempo non si erano dotati di strutture di movimentazione a terra e, nel 1969, infine, vennero alla ribalta le navi portachiatte 93. A questo punto, appare chiara una relazione che prese corpo nella fase matura dello stadio industriale. L unitizzazione, come si è detto, spinse a standardizzare ogni elemento del ciclo di trasporto, la standardizzazione rese possibile la costruzione di vettori marittimi per moduli di carico e l impiego di vettori di carico standardizzati provocò una stretta integrazione funzionale tra i vari tipi di vettore. L avvento del ciclo unitizzato diede luogo alla nascita di due nuovi tipi di operatori del trasporto. Il primo era l operatore del trasporto multimodale, specializzato nel trasferimento di contenitori nel tratto compreso tra il punto in cui il contenitore veniva confezionato a quello in cui veniva deconfezionato. In questo ciclo operavano in sequenza molti vettori in grado di affrontare il trasporto via mare, via fiume o via terra, sia su gomma che su rotaia. Il secondo, era l operatore del trasporto combinato, il quale si occupava del trasporto di contenitori con l intervento di un modulo intermedio, che potremmo definire modulo di supporto, interposto tra il modulo di carico e il modulo vettore. Si trattava, cioè di contenitori su semirimorchi che venivano affidati a vettori ro-ro per essere trasferiti e poi agganciati su altre motrici. Entrambe queste figure furono protagoniste delle fasi iniziali della conteinerizzazione e la loro azione si inseriva nel quadro più generale della navigazione di linea che ricevette, in quel periodo, forti impulsi, facendo declinare sempre più il fenomeno del tramping, analizzato in precedenza. Verso la fine degli anni sessanta, però, la situazione del commercio marittimo internazionale si andò complicando in quanto i paesi in via di sviluppo cominciavano ad armare le proprie navi per trasportare autonomamente le materie prime prodotte all interno del confini nazionali, impossessandosi del valore aggiunto derivante dal trasporto. 2. la movimentazione orizzontale, della roll-on/roll-off, o semplicemente ro-ro, e caratterizzata dal fatto che i carichi sono movimentati mediante mezzi su gomma, sia quando sono a bordo, sia quando si muovono tra terra e nave. 3. la movimentazione float-on/float-off, tipica delle navi porta chiatte e contraddistinta, appunto, dal trasferimento dei moduli di carico attraverso gli specchi acquei dei porti. VALLEGA A., op. cit., p HILLING D., Barge Carrier Systems. Inventory and Prospects, Benn Pubblication, Londra, 1977, p.7. CHARLIER J., Aspects geographiques des trafics de bargettes de navire, in Revue de Geographie de Lyon, 51, 4, 1976, pp DOMINGO J., Porte-conteneurs et porte-barges. Leur role dans la révolution des transports maritimes, in Traveaux de l Insitut de Geographie de Reims, 16, 1973, pp

199 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Le conferenze internazionali, che si occuparono di mediare alle tensioni scoppiate, non riuscirono ad ottenere proficui e duraturi risultati in questo settore, né ad arginare il dilagante fenomeno delle bandiere ombra 94. Nel 1922 la United American Line registrò a Panama alcun navi da crociera per sottrarle alla legislazione statunitense sul protezionismo. Fu un episodio apparentemente privo di importanza, ma in realtà diede l avvio a questo fenomeno, che a partire dal secondo dopoguerra avrebbe esercitato un peso enorme sulle strategie di armamento. Dopo pochi anni anche l Honduras cominciò ad offrirsi come registro per immatricolare le navi e tali registrazioni di comodo vennero estese dal trasporto passeggeri anche a quello mercantile 95. Gli armatori andavano soggetti soltanto al pagamento del diritto di registrazione e di una tassa annuale, e potevano imbarcare equipaggi di qualunque nazionalità, senza subire alcuna forma di controllo governativa. A metà degli anni ottanta venne approvata una Convenzione delle Nazioni Unite sulle libere immatricolazioni, con la quale si sperava di tenere sotto controllo il fenomeno dilagante delle bandiere ombra, che stava destando forti preoccupazioni soprattutto in tema di sicurezza delle navi. Anche in questo caso, però, come in molti altri visti in precedenza, la normativa rimase inefficace per la mancata applicazione da parte degli Stati, e nemmeno gli sforzi compiuti in seguito riuscirono a porre un rimedio a quella che è ormai diventata una manifestazione fisiologica dell armamento. Ogni bandiera di comodo offre le proprie agevolazioni fiscali e differenti vantaggi, che dipendono dalle condizioni politiche interne del paese e costituiscono un elemento di attenta valutazione da parte dell armatore che deve decidere sotto quale bandiera iscrivere la propria nave. Negli anni settanta le conferenze internazionali cominciarono ad interessarsi delle problematiche ambientale, ricercando soluzioni utili per la protezione degli ecosistemi dall inquinamento e dalle contaminazioni. Lo strumento più importante di quella politica fu la Convenzione Internazionale per la prevenzione dell inquinamento da navi, nota come MARPOL 96 e adottata nel 1973, sotto il diretto controllo dell IMO. La funzione della convenzione apparve subito molto rilevante anche se, nonostante gli sforzi compiuti, non si evitarono alcuni disastri ambientali causati da incidenti a petroliere. Da quel momento risultò evidente che le future strategie marittime degli 94 LAURIA F., Bandiere ombra e situazioni giuridiche di comodo, in Trasporti, 11, 1977, pp MOUSSU-ODIER F., Le pavillons de complaisance, in Annales de Droit Maritime et Aérien, 3, 1976, pp BERGMEIJER P., The international convention for the prevention of pollution from Ships, in Ports as nodal points in a global transport System, a cura di Dolman A.J. e Van Ettinger J., Pergamon Press, Oxford, 1992, pp

200 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio operatori dovessero tener conto della tecnologia con cui la nave veniva costruita e gestita, del comportamento degli equipaggi e dell organizzazione della rotta. Nel 1992 le Nazioni Unite, su indicazione degli studi condotti dalla Conferenza sull Ambiente, riproposero il tema della protezione del mare, aggiungendo il concetto di sviluppo sostenibile, introdotto a Rio. Il primo obiettivo che si voleva raggiungere era quello della sicurezza in mare, mediante l attivazione di apparati di soccorso, predisposti nei vari spazi marini con l obiettivo di tenere sotto controllo i singoli mari e di intervenire con tempestività in caso di incidenti. In secondo luogo, si voleva migliorare il coordinamento del trasporto in relazione agli altri usi del mare, soprattutto in ragione dell aumento di naviglio in circolazione e, infine, si sono cercate nuove misure da applicare al mare territoriale per tutelarne l ambiente. In questa fascia, infatti, si concentrano tutte le attività più pericolose per gli ecosistemi marino-costieri a causa della pressione antropica e del numero di usi del mare, nettamente superiore rispetto a quello della zona oceanica. Allo stesso tempo si sono attuate innovazioni nel campo dei sistemi di navigazione delle stesse navi, in grado di determinare con la massima precisione la posizione della nave e di fornire utilissime informazioni sulle condizioni meteorologiche, fondamentali per la prevenzione delle collisioni e degli incidenti. L evoluzione seguita dalle navi fu poi, ovviamente, condizionata dall evoluzione del commercio, dovendosi adattare al trasporto dell una o dell altra materia, alle antitetiche richieste di specializzazione o di polivalenza 97, all evoluzione dei porti e degli attracchi, alle rotte determinate da fattori politici in mutamento, fino a giungere alla fase della conteinerizzazione che, ancora oggi, caratterizza il traffico mercantile. Nel 1984 McLaen, dopo aver introdotto nella storia del traffico mercantile il concetto di trasporto unitizzato, voleva compiere una nuova decisiva rivoluzione estendendo il commercio di container su rotte circumplanetarie. Per due anni dodici navi portacontenitori circumnavigarono il globo verso est e verso ovest, trasportando contenitori ciascuna e catalizzando quote consistenti del traffico oceanico e, sebbene questo specifico progetto venne presto disattivato, aprì comunque la strada alle rotte rounthe-world che incontrarono negli anni molta più fortuna 98. Non sempre vennero tracciate da navi di grandi dimensioni, ma molto spesso le compagnie di navigazioni utilizzarono mezzi 97 OCDE, Le transport maritimes 1989, Parigi, 1989, pp BRUNET H.,Service conteneurisés autour du monde: du concepì aux réalités, in Ports et Mers. Melanges maritimistes offerts à André Vigarié, a cura di Charlier J. Caen, Paradigme, 1986, pp

201 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio di media misura, recuperando la minor capacità con una maggiore velocità e con la riduzione degli scali nei porti. Si ricorda, infatti, il discorso fatto nel paragrafo che trattava le strutture portuali, in cui si collocava il porto nella più complessa rete nodale di trasporto, molto più agevolata, rispetto al passato, a trasferire la merce anche via terra da un qualunque porto di partenza. Durante il decollo dello stadio transindustriale, poi, la capacità creativa delle grandi compagnie del trasporto containerizzato propose la rotta pendolare, cioè un nuovo servizio, fornito fra due o tre versanti portuali e esercitato da navi destinate a fare scalo in un solo porto per ciascun versante. In sostanza, il decollo dello stadio industriale ha prodotto profonde innovazioni in tutti gli aspetti del trasporto marittimo containerizzato: dai sistemi di governo e controllo delle navi alle loro dimensioni e all organizzazione delle rotte. Tra tutti, sono proprio queste ultime a possedere le maggiori capacità di influire sull evoluzione cui il trasporto di contenitori andrà incontro durante i decenni della maturazione dello stadio. La storia di questo trasporto ha dimostrato, infatti, che ogni innesto compiuto sull organizzazione delle rotte e sulla concezione del servizio si è ripercosso a terra, influenzando vettori e logistica. A questo riguardo esiste, infatti, una stretta associazione tra il perfezionamento della strategia basata sulle rotte circumplanetarie e pendolari, da un lato, e quell offerta dei servizi da parte delle compagnie marittime che invadono il campo della logistica, dall altro lato. Tutto converge nel creare una globalizzazione strategica che caratterizzerà la società delle tecnologie dell informazione. Cantieristica Il discorso appena concluso porta come sua immediata conseguenza, ad aprirne un altro. L evoluzione dei traffici marittimi, visti come categoria generale, è stata lunga e complessa e, assolutamente, non può ritenersi conclusa, ma ciò che più rileva è che ha investito tutti i settori ad essa collegati. Nel tempo sono cambiate le merci, le rotte, i porti, le vie di comunicazione, le navi, gli equipaggi, i materiali, le leggi. Vi è stata, cioè, un evoluzione globale che ha radicalmente stravolto gli assetti passati. È ovvio, quindi, che anche il comparto dell industria navalmeccanica 99 si sia dovuto adattare, di volta in volta, alle nuove sfide che venivano proposte, per fornire dei prodotti in grado di soddisfare il VALLEGA A., Unitizzazione ciclo di trasporto, Collana Strumenti, 2, Savona, Camera di Commercio, 1984, pp

202 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio mercato. Le caratteristiche delle navi sono già state viste nel paragrafo precedente, ma è opportuno soffermarsi anche sull industria che le ha prodotte. Il settore della cantieristica navale è estremamente complesso ed articolato in quanto presenta prodotti, mercati e concorrenti tra loro fortemente eterogenei 100. La complessità tecnologica del prodotto, infatti, dipende dal concorso di molte sofisticate tecnologie, la cui natura non sempre è ingegneristica o navale, e la destinazione d uso delle diverse navi prodotte, dal mercantile, al militare, al diporto, condiziona fortemente sia le dinamiche del mercato in cui si opera, che la clientela che si deve soddisfare. È evidente, quindi, che le problematiche tecnologiche, produttive, commerciali e finanziarie, ovvero le best practices richieste, sono alquanto diverse a seconda delle scelte effettuate in termini di posizionamento rispetto alle possibili combinazioni prodottomercato. La storia della cantieristica mondiale ha assistito all avvicendarsi dei diversi concorrenti nazionali che si sono inseriti nel mercato e si sono specializzati in diverse aree del settore. L Europa ha saputo ritagliarsi, seppure con difficoltà, uno spazio vitale in aree di assoluta eccellenza, all interno delle quali prevalgono produzioni sofisticate di nicchia, che hanno richiesto alle aziende del settore un notevole sforzo di adeguamento del proprio profilo in termini di know-how tecnologico e produttivo, di risorse e di competenze. Nell ultimo decennio il settore delle costruzioni navali mercantili si è fondamentalmente diviso in due. Da una parte, le cantieristiche del Far East, che hanno acquisito la leadership di mercato nel comparto delle grandi navi da trasporto, in particolare quelle di tipo standard quali oil e product tankers, bulk carriers, portacontainers, ovvero mezzi caratterizzati da una tecnologia relativamente semplice e per i quali il fattore d acquisto fondamentale è il prezzo. I loro modelli produttivi sono basati sulle economie di scala e si giovano, sul piano dei costi, dell effetto apprendimento, grazie ai grandi volumi in gioco e alla forte ripetitività dei prodotti. Dall altra parte, invece, si colloca la cantieristica europea 101, che ha preferito presidiare i segmenti di mercato a 99 Molte informazioni sulla storia della cantieristica navale, sulla sua evoluzione e, in particolar modo, sulla specifica realtà della Fincantieri, derivano da un intervista, gentilmente concessa dall Ingegnere Cipriano Rollo che opera all interno del settore. 100 Committee of EU Shipbuilders Associations, LeaderSHIP Una mappa per il futuro dell Industria Cantieristica Europea, CESA, Bruxelles, 2002, p L Italia, la Finlandia e la Germania sono prevalentemente focalizzate nella produzione di navi passeggeri, con la Germania attiva anche nella produzione di navi container per i traffici di feederaggio. La Danimarca è l unico produttore europea di navi container di grandi dimensioni grazie alla presenza di un unico soggetto che opera nella duplice veste di armatore (AP Moller) e di costruttore navale (il cantiere di Odense). 195

203 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio maggiore complessità e valore aggiunto, dove il prezzo, mediamente più alto, non è l unica variabile vincente. Si tratta di navi high tech, da crociera o ferries, di unità specializzate, con un forte contenuto di personalizzazione dal parte dell azienda che le produce 102. L attuale posizionamento è il risultato di un processo molto lungo e doloroso di razionalizzazione, ridimensionamento e efficientamento, che ha portato alla chiusura di molti cantieri in Europa e a gravi conseguenze occupazionali, ma la situazione attuale è di netta ripresa. Il settore dell industria navalmeccanica negli ultimi tre anni ha visto raddoppiare il volume medio degli ordini di nuove costruzioni, passando da 20 Mil.Tslc. del triennio a 45 Mil.Tslc. del Ciò è riconducibile all incremento dei traffici marittimi determinato dalla crescita economica della Cina, che a sua volta ha generato una forte richiesta di navi rinfusiere, di cisterne per l approvvigionamento di materie prime e di unità porta-container per le esportazioni dei prodotti finiti. In questo contesto il Far East ha conquistato una posizione dominante monopolizzando oltre il 70% degli ordinativi mondiali, mentre l Europa è riuscita ad aggiudicarsi una quota del 16% a fronte del favorevole andamento della domanda di navi passeggeri e di unità da lavoro 103. Al comparto delle navi da crociera, in particolare, si dedicano pochissimi cantieri europei 104, a dimostrazione del fatto che il prodotto offerto risulta estremamente complesso sia sotto il profilo progettuale che in quello realizzativo. Infatti, a prescindere dall impiantistica strettamente navale, che riguarda la propulsione, la generazione di energia, l automazione e le comunicazioni, la dotazione di una nave da crociera prevede delle installazioni alberghiere di lusso, in termini di cabine, ristoranti, aree pubbliche, teatri, e così vie. A ciò si aggiungono dei parametri molto severi in termini di confortevolezza, di sicurezza e di rispetto per l ambiente. L Olanda si è, invece, specializzata nella costruzione in serie di navi standards di dimensione medio-piccola, nonché di prodotti complessi e di nicchia quali draghe, mezzi di lavoro, rimorchiatori. I cantieri scandinavi hanno affinato le loro conoscenze nel campo delle navi a tecnologia artica e dell unità di supporto del comparto offshore. Nell offshore sono presenti anche i pochi cantieri britannici ancora in attività che, con i colleghi scandinavi, beneficiano della vicinanza ai campi petroliferi gestiti da società nazionali. La cantieristica dei paesi dell Est Europeo, grazie ad un costo del lavoro relativamente basso, è prevalentemente concentrata nelle produzioni di navi standard o si propone come produttore di sezioni/scafi per le società occidentali. 102 Committee of EU Shipbuilders Associations, LeaderSHIP Una mappa per il futuro dell Industria Cantieristica Europea, CESA, Bruxelles, 2002, p CENSIS, III Rapporto sull economia del mare 2006, FrancoAngeli, Milano, 2006, pp In particolare vanno menzionati la Fincantieri, il gruppo norvegese Aker Yards, che produce anche in Francia e in Finlandia e la società tedesca Meyer Werft. 196

204 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Nel comparto dei ferries lo scenario è più complesso a causa della presenza di un numero maggiore di produttori che generano un clima di concorrenza più accesa che, a causa della pressione sui prezzi, ha portato molti piccoli cantieri ad uscire di scena. E, infine, si propone lo scenario delle produzioni militari, anch esso molto eterogeneo per l insieme di prodotti e di accessori che si devono produrre e anche per il tipo di clientela che si vuole soddisfare. Infatti, le Marine Militari, unico cliente del settore, investono dei budget sempre limitati, condizionati dai bilanci del proprio governo, ma richiedono prodotti complessi, sofisticati, armati e in grado di coordinarsi con i sistemi degli altri Paesi, alleati e non. Come si avrà modo di osservare nel capitolo dedicato alla Marina Militare italiana, i mezzi solitamente a disposizione sono obsoleti e i fondi per nuovi investimenti non coprono quasi mai le spese richieste per la costruzione del naviglio necessario ad una dotazione adeguata. In tal senso, e grazie alle strette forme di collaborazione internazionale sono stati varati dei programmi per la costruzione di un numero di mezzi in grado di soddisfare le esigenze di più nazioni. La produzione di mezzi uguali permette, da un punto di vista economico, di usufruire delle economie di scala e, da un punto di vista strategico, di omologare i mezzi che saranno utilizzati nelle operazioni interforze da componenti o comandanti di nazionalità diverse, con evidenti vantaggi. In particolare, la cantieristica italiana ha visto crescere le commesse militari a seguito del rinnovamento della flotta e delle maggiori necessità di pattugliamento delle coste nazionali. Nel 2004 è stata varata la portaerei Cavour e le due Fregate della classe Orizzonte erano in fase avanzata di costruzione assieme a due sommergibili U212A, frutto rispettivamente dei progetti multinazionali con le industrie francesi e tedesche. In questo quadro mondiale, politico ed economico, la cantieristica europea mira a consolidare e a migliorare le proprie posizioni sul mercato grazie al piano di rilancio, denominato LeaderSHIP 2015 La Competitività attraverso l eccellenza, definito dall industria e poi fatto proprio dalla Commissione dell Unione Europea. Questo progetto, la cui realizzazione è iniziata nel 2004, sta dando già risultati tangibili in termini di aumenti nell acquisizione di nuovi ordini. Per poter mantenere la propria posizione, l Europa in futuro dovrà investire massicciamente nelle attività di Ricerca, Sviluppo e Innovazione orientate al mercato, per poter soddisfare una clientela sempre più esigente con prodotti che rispecchino esattamente le loro aspettative. Le previsioni attuali propongono degli investimenti in RSI di circa il 10% del fatturato annuo, diretti soprattutto allo sviluppo di nuove tipologie di navigli e di nuove generazioni di componentistica navale. 197

205 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Da qui al 2015, poi, le preoccupazioni delle società in materia di ambiente e di sicurezza saranno ancora più marcate. L industria cantieristica, infatti, agirà di concerto con le istituzioni internazionali, con i legislatori e con gli amministratori, sia sul piano nazionale che su quello europeo, per la definizione e l applicazione di leggi e regolamenti più rigorosi in materia di ambiente e di sicurezza. I programmi futuri investono in molti ambiti dell industria navalmeccanica, proponendosi, quindi, i seguenti obiettivi 105 : - regole uguali per tutti a livello mondiale (cd. level playing field) l industria cantieristica non è protetta da regole anti-dumping, alcuni paesi incentivano i produttori a restare nei confini nazionali, altri impediscono a società straniere di produrre nel proprio paese navi destinate al proprio mercato di cabottaggio. L Europa da questo punto di vista è aperta ed è quindi direttamente minacciata da distorsioni concorrenziali, sia in atto che potenziali. Questo rende il ristabilimento delle regole di mercato una necessità assoluta; - investimenti in RSI gli investimenti in questo settore costituiscono l unico mezzo con cui l Europa può mantenere gli standards di efficienza che le hanno garantito la porzione di nicchia che, per quanto piccola, le assicura un mercato solido e in piena crescita per fornire un prodotto che soddisfa anche la clientela più esigente; - schemi avanzati di finanziamento e garanzia gli investimenti in RSI possono derivare da una quota del fatturato delle varie società o da particolari forme di finanziamento anche da parte di banche private specializzate; - navi più sicure ed ecologiche l Europa deve giocare un ruolo trainante nell innalzare gli standards internazionali riferiti alla sicurezza e all ambiente, sia dal punto di vista della progettualità normativa e istituzionale, che da quello pratico della realizzazione; - approccio europeo ai fabbisogni navali della difesa una politica comune degli approvvigionamenti in materia di difesa dovrebbe essere favorita da tutte le Autorità interessate con la creazione, ad esempio, di una task 105 Committee of EU Shipbuilders Associations, LeaderSHIP Una mappa per il futuro dell Industria Cantieristica Europea, CESA, Bruxelles, 2002, pp. 16 e segg.. 198

206 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio force di esperti militari impiegati nel processo volto ad accelerare la cooperazione tra le differenti marine; - protezione della proprietà intellettuale europea nei confronti dei concorrenti asiatici che riduce di molto la capacità competitiva dei nostri cantieri; - accesso a una forza lavoro qualificata in relazione allo spostamento del settore verso un tipo di produzione sempre più kowledge based, attirare professionisti qualificati, sia a livello operaio che impiegatizio, rappresenta una necessità assoluta. Obiettivi, questi, che gli operatori del settore qualificano come imprescindibili nello sviluppo futuro del settore. Bisogna, infine, ricordare che tutte le attività appena analizzate sono fondamentali per un paese come l Italia, che movimenta circa 5 milioni di passeggeri l anno nei propri porti, essendo la prima destinazione turistica di tutto il Mediterraneo. Si tratta di un importantissima opportunità le cui ricadute in termini economici ed occupazionali si estendono al comparto della cantieristica, dei porti, dei terminal passeggeri e di tutte le attività legate al turismo sia nella fascia costiera che in talune zone dell entroterra. Inoltre, il comparto della navalmeccanica ricopre una posizione strategica nell ambito della sicurezza, soprattutto nella realtà attuale in cui il libero e pacifico utilizzo delle vie marittime si impone come un esigenza vitale per il mantenimento della pace e per lo sviluppo economico. Se questo discorso è valido a livello internazionale, lo è ancora di più per il Mediterraneo, il cui contesto geopolitico è caratterizzato da teatri operativi ampi e politicamente eterogenei. Si vuole ora descrivere brevemente il cantiere nel quale sono state effettuate le ricerche per questo studio e che ricopre una posizione prioritaria sul territorio nazionale. La Fincanteri fu fondata nel dicembre del 1959 come holding finanziaria statale e da allora perpetua la grande tradizione in campo navale. Nei quasi due secoli di attività essa ha prodotto oltre navi, alcune delle quali sono rimaste nella storia della marineria mondiale e nell immaginario collettivo. Nel 1984 si trasformò in una società operativa connotandosi come uno dei più grandi e diversificati gruppi cantieristici esistenti al mondo. Essa è focalizzata sulla produzione di navi complesse ad alto contenuto tecnologico, quali navi da crociera e 199

207 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio traghetti di grandi dimensioni, ed è operatore di riferimento in campo militare attraverso l offerta di un ampia gamma tecnologica che comprende navi di superficie e sommergibili. Di recente, l offerta si è indirizzata anche al servizio di lusso, con la produzione di megayacht di 70 metri coi quali rivolgersi ad una clientela sempre più esclusiva. La compresenza delle produzioni militari accanto a quelle mercantili, ha consentito alla Fincantieri di trasferire da un settore all altro le rispettive best practice, attivando un circolo virtuoso tra tecnologie, qualità di prodotto e livello di costo tali da portare il nome della cantieristica italiana ai più alti livelli nel mercato internazionale. Alla perfezione tecnologica, inoltre, si associa il design estetico dei prodotti grazie alla collaborazione di esperti non solo di ingegneria navalmeccanica. Basti pensare, solo a titolo di esempio, che la Crown Princess, una delle più belle navi da crociera varate negli ultimi anni, è stata disegnata dall architetto di fama internazionale Renzo Piano. Il comparto, come più volte evidenziato, è concentrato sulla realizzazione di prodotti di nicchia, grazie ai quali il settore si sta espandendo e ci si auspica possa ingrandirsi ulteriormente in futuro. Nautica da diporto Accanto alla navigazione effettuata su navi, a scopi mercantili o turistici, si colloca il fenomeno, sempre più diffuso, della nautica da diporto, cioè dell impiego di piccole imbarcazioni a scopo turistico-ricreativo. Da un punto di vista cantieristico, sulla scia di quanto appena analizzato, questo settore ha registrato negli ultimi anni dei risultati molto positivi in termini di ordinativi, sia grazie alla domanda interna che a quella estera 106.(Tab 2.3) PRODUZIONE DELLE IMPRESE ITALIANE DELLA NAUTICA DA DIPORTO (milioni di euro) Produzione nazionale per il mercato italiano per esportazione Import per il mercato italiano per successiva esportazione fattibilità globale destinazione finale estero CENSIS, III Rapporto sull economia del mare 2006, Francoangeli, Milano, 2006, p

208 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio destinazione finale Italia Tab. 2.3 Produzione delle imprese italiane della nautica da diporto dal 2000 al (Fonte: Ucina Unione nazionale dei cantieri e delle industrie nautiche e affini, 2005) Ciò risulta di particolare importanza ai fini della valutazione settoriale, in quanto evidenzia il rinnovamento attuato mediante i processi si diversificazione e specializzazione della produzione, volti a migliorare la qualità finale dei prodotti offerti e a renderli altamente competitivi nei nuovi scenari internazionali. L entrata in vigore del nuovo Codice della Nautica da diporto 107 ha reso il 2005 un anno di particolare importanza per questo settore. Infatti, la nuova normativa, riprende ed amplifica lo spirito che aveva già ispirato la legge sul diporto nautico del , e che mirava a sgravare il settore da una legislazione troppo restrittiva. La nuova legislazione, infatti, prende atto dell attuale realtà, caratterizzata da un crescente utilizzo del mare da parte di una utenza sempre più vasta che, grazie a nuove tecnologie e strumentazioni, può affrontare la navigazione con meno difficoltà e più sicurezza 109 rispetto al passato. Lo sforzo normativo per la semplificazione del settore ha, inoltre, agevolato la costruzione dei porti turistici, portandovi nuovi investimenti e facilitando l accesso alle infrastrutture portuali, in modo da renderle molto simili a vere e proprie strutture turistiche. Tutto ciò anche nell ottica di fronteggiare la competizione con altri Paesi del Mediterraneo che vedono nel diporto nautico un interessante area per lo sviluppo economico e turistico delle proprie coste. Per l Italia, infatti, la concorrenza della Francia e della Spagna, da una parte, e della Croazia e della Grecia, dall altra, determina ogni anno notevoli problematiche nel tentativo di non perdere quote di diportisti. Il nuovo Codice della nautica da diporto ha unificato tutte le norme che trattano la materia e rappresenta un primo buon risultato di semplificazione anche nell ottica della promozione e dello sviluppo del turismo nautico. Oltre alla semplificazione delle procedure amministrative per l immatricolazione delle imbarcazioni, infatti, il nuovo codice prevede un inquadramento più preciso per le unità acquistate col sistema del leasing finanziario, un nuovo regime amministrativo per le imbarcazioni usate per il noleggio e la 107 Decreto Legislativo 18 luglio 2005, n DE FILIPPIS A., TRONCONE F., Codice della navigazione, Ed. Simone, Napoli, 2006, App. I, Sez. VII, pp. 659 e segg. 108 Legge 8 luglio 2003, n. 172 Disposizioni per il riordino e il rilancio della nautica da diporto e del turismo nautico. DE FILIPPIS A., TRONCONE F., op. cit, pp ROMAGNOLI E., Il diporto nautico nella sua disciplina legale ed amministrativa, Camera di Commercio, Trieste, 2004, pp. 9 e segg. 201

209 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio locazione, l introduzione della nuova figura del mediatore per le unità da diporto 110, l obbligo di avere a bordo una dichiarazione di potenza del motore 111, l obbligo della patente nautica 112 per condurre gli acquascooter nonché un progetto educativo volo ad istituire presso le scuole di ogni ordine e grado corsi di tecnica e cultura nautica 113. L approvazione di questo codice, tuttavia, non ha rappresentato la soluzione di tutte le problematiche del settore, che registra ancora ritardi soprattutto relativi al numero di posti barca, all organizzazione dei servizi portuali, alla comunicazione on-line dell effettiva disponibilità di ormeggi e ai servizi di collegamento tra i posti turistici e l entroterra. L offerta di infrastrutture a livello regionale risulta uno degli elementi di fondamentale importanza per lo sviluppo e la crescita del settore della nautica da diporto tradizionale. La consistenza dei posti-barca offerti lungo i litorali, la loro capillarità, la facilità di accesso e la qualifica delle infrastrutture nautiche risultano, infatti, gli elementi a cui si associano il maggior numero di unità da diporto a livello regionale. Una tale argomentazione è verificabile dall osservazione dei due parametri più significativi a riguardo, e cioè la distribuzione della tipologia delle infrastrutture e il numero di unità da diporto per regione. Le prime quattro regioni italiane, Liguria, Campania, Toscana e Lazio, per numero di unità da diporto iscritte negli uffici marittimi sono proprio quelle che presentano il maggior numero di posti-barca. Il caso della Sardegna, ad eccezione di quanto appena detto, appare, invece, fortemente condizionato dalla presenza turistica e non rispecchia la relazione appena evidenziata, presentando un numero elevatissimo di posti barca a fronte di una quantità esigua di unità da diporto locali iscritte nei registri. (Tab. 2.4) UNITA DA DIPORTO ISCRITTE NEGLI UFFICI MARITTIMI E NUMERO DI POSTI BARCA PER REGIONE AL UNITA DA DIPORTO ISCRITTE NUMERO DI POSTI BARCA Liguria Liguria Toscana Toscana Lazio Lazio Campania Campania Calabria Calabria Puglia Puglia Molise 29 Molise Codice della nautica da diporto, art. 50: Mediatore per le unità da diporto. 111 Codice della nautica da diporto, art. 28: Potenza dei motori. 112 Codice della nautica da diporto, art. 39: Patente nautica. 113 Codice della nautica da diporto, art. 52: Cultura nautica. 202

210 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Abruzzo 662 Abruzzo Marche Marche Emilia Romagna Emilia Romagna Veneto Veneto Friuli Venezia Giulia Friuli Venezia Giulia Sardegna Sardegna Sicilia Sicilia TOTALE TOTALE Tab. 2.4 Correlazione fra il numero di unità da diporto iscritte negli Uffici marittimi e il numero di posti barca presenti per Regione, al (Fonte: Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 2005) In generale sembra che il diportismo sia maggiormente sviluppato laddove è superiore il grado di accessibilità alle infrastrutture nautiche, la loro vicinanza ai grandi centri abitati e la connessione con la rete di trasporto nazionale. Altri due indicatori che permettono di quantificare la domanda del settore sono il numero di patenti nautiche rilasciate e rinnovate e il numero di nuove immatricolazioni di unità da diporto. (Tab. 2.5 e 2.6) PATENTI NAUTICHE RILASCIATE PER LA PRIMA VOLTA E RINNOVATE DAGLI UFFICI MARITTIMI PER REGIONE PATENTI RILASCIATE PER LA PRIMA VOLTA PATENTI RINNOVATE E SOSTITUITE Liguria Liguria Toscana Toscana Lazio Lazio Campania Campania Calabria 904 Calabria Puglia Puglia Molise 35 Molise 52 Abruzzo 331 Abruzzo 542 Marche 668 Marche Emilia Romagna Emilia Romagna Veneto Veneto Friuli Venezia Giulia Friuli Venezia Giulia Sardegna Sardegna Sicilia Sicilia TOTALE TOTALE Tab. 2.5 Patenti nautiche rilasciate o rinnovate dalle singole Regioni nel 2004 (Fonte: Ministero delle Infrastrutture e Trasporti) 203

211 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio NUOVE IMMATRICOLAZIONI DI IMBARCAZIONI DA DIPORTO IN ITALIA. ANNI Incremento Incremento assoluto percentuale Motore 1.137, , ,00 100,00 Vela 272, ,00 899,00 331,00 TOTALE 1.409, , ,00 144,00 Tab. 2.6 Nuove immatricolazioni di imbarcazioni da diporto in Italia dal 2000 al (Fonte: Ucina Unione nazionale dei cantieri e delle industrie nautiche e affini, 2005) Infine, il valore che permette di comprendere meglio le potenzialità di crescita del settore, è il numero di unità da diporto per abitante, che rappresenta un utile misura del grado di diffusione di questo fenomeno e della vocazione nautica presente in ciascun Paese. Questo indicatore 114, del quale si dispongono solo i valori sulla nazione e non per le singole regioni, colloca l Italia in posizione terribilmente arretrata rispetto agli altri Paesi (Tab. 2.7), anche se le speranze in un futuro migliore sono confortate da un trend di crescita positivo manifestato dal settore negli ultimi anni. INDICATORE DELLE IMBARCAZIONI DA DIPORTO OGNI 1000 ABITANTI, PER STATO EUROPEO. ANNO 2004 POPOLAZIONE TOTALE PARCO NAUTICO INDICATORE Norvegia Finlandia Svezia Croazia Paesi Bassi Svizzera Francia Regno Unito Italia Germania Portogallo Polonia Tab. 2.7 Indicatore delle imbarcazioni da diporto per ogni mille abitanti nei paesi europei. Anno (Fonte: Ucina Unione nazionale dei cantieri e delle industrie nautiche e affini, 2005) 114 Il valore è calcolato per il totale del parco nautico nazionale, comprendente le unità a vela, le unità a motore Eb o Efb, le unità con motore Fb o unità minori e le unità pneumatiche. 204

212 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio 2.2 La tutela degli ambienti marini e del territorio costiero Introduzione Gli aspetti appena evidenziati hanno dimostrato come il mare sia stato oggetto di uno sfruttamento sempre più intensivo, esplicato con l ampia rete degli usi disponibili, ma hanno anche messo in luce le problematiche legate alla salvaguardia di un ecosistema molto fragile e troppo spesso sovrasfruttato. La tutela del mare risulta di difficile attuazione dato l intreccio di diversi fattori che complicano le politiche di intervento. Infatti, in primo luogo, gli elementi inquinanti in esso immessi sono solo un aspetto della vasta gamma di azioni e agenti degradativi cui ogni governo deve far fronte nella predisposizione di politiche nazionali, che però possono essere esplicate solo nelle fasce soggette alla propria giurisdizione, limite terribilmente penalizzante per combattere gli effetti nocivi che in un fluido, come l acqua o l atmosfera, si diffondono con estrema facilità, senza poter essere arginati. La necessità di politiche condivise fra Paesi confinanti è sentita in modo molto forte nel caso degli interventi in mare, tanto più se attuati nel Mediterraneo, bacino chiuso che vede ben ventuno Paesi 115 affacciarsi su di esso con i propri litorali. Per poter, quindi, analizzare le linee guida delle politiche di salvaguardia per il Mediterraneo, bisogna ricorrere ai trattati che sono stati stipulati fra i Paesi costieri negli anni, ma la cosa non appare assolutamente semplice. Ripercorrendo cronologicamente il susseguirsi degli atti giuridici miranti a regolamentare queste problematiche, infatti, si evincono con chiarezza due grossi limiti che rendono complesso il ruolo del ricercatore. Innanzitutto, i testi degli accordi non sono stati tradotti, nemmeno a distanza di anni, nelle lingue principali dei Paesi contraenti, ma possono essere reperiti solo in inglese, francese, spagnolo e arabo, limite questo particolarmente sentito non tanto per la comprensione globale del testo, che è resa possibile a tutti coloro i quali conoscono almeno in parte una di queste lingue, ma per la terminologia giuridica che deve essere precisa e che non trova riscontro in una versione ufficiale approvata dal nostro governo. In secondo luogo, non esistono delle raccolte 115 Si vogliono ricordare i nomi dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: Spagna, Francia, Principato di Monaco, Italia, Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Albania, Grecia, Turchia, Cipro, Siria, Libano, Territori israelo-palestinesi, Egitto, Libia, Tunisia, Malta, Algeria, Marocco. 205

213 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio normative che accolgano i testi dei trattati assieme ad un supporto critico che ne esplichi la dottrina o ne analizzi gli emendamenti e la reale applicazione 116. Come si è avuto modo di analizzare approfonditamente nel primo capitolo, un testo normativo molto spesso è soggetto ad interpretazioni che si distanziano dalla lettera della norma e che possono essere comprese esclusivamente con un analisi dettagliata della dottrina che si è soffermata ad elaborarne l applicazione. Per le politiche di tutela del Mediterraneo, ciò non è stato fatto. L unico studio possibile risulta quello di ripercorrere l evoluzione del corpus giuridico sviluppatosi dopo la seconda guerra mondiale, per poter giungere alle attuali discipline, cercando di accompagnare alla citazione dei testi normativi, l interpretazione ed il comportamento che i governi hanno proposto. A ciò va, inoltre, aggiunto che anche la filosofia alla base delle prospettive di tutela ambientale è maturata con gli anni, passando da una posizione iniziale, definita conservazionista, cioè che mirava a conservare gli ambienti naturali solo allo scopo di garantire stabilità e prosperità all economia umana, ad una posizione preservazionista, nella quale la natura diveniva un valore in sé, meritevole di tutela indipendentemente dall interesse che l uomo poteva ricavarne. Questa prospettiva di azione è a tutt oggi esistente e ha portato i governi dei vari Paesi del mondo a confrontarsi sulla necessità di predisporre interventi mirati alla salvaguardia degli ecosistemi, sempre più compromessi dal comportamento tenuto negli ultimi decenni. L impulso originario al lento processo di difesa del Mare Mediterraneo venne fornito dalla FAO nel 1949, con l istituzione di un Consiglio Generale della Pesca per il Mediterraneo, poi ribattezzato semplicemente Commissione, cui veniva affidato il difficile compito di realizzare le linee guida per fronteggiare l impoverimento ittico generato dalle forme di pesca non regolamentate e devastanti. Si trattava, dunque, di una presa di posizione ancora strettamente antropocentrica, orientata cioè a tutelare le risorse marine in relazione agli interessi economici che l umanità poteva ricavarne 117. Conformemente ai principi enunciati durante la Conferenza delle Nazioni Unite sull ambiente umano, svoltasi a Stoccolma nel 1972, il direttore esecutivo del Programma 116 La raccolta denominata Repertorio degli Accordi, Convenzioni e Trattati internazionali per la Protezione dell Ambiente, pubblicata nel 2001 a cura del Servizio per lo Sviluppo Sostenibile del Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio, di cui si trova copia nel sito riporta, infatti, i testi normativi senza però presentarne un apparato critico e senza esporre il contenuto degli emendamenti apportati ai vari testi legislativi. 117 La Commissione è a tutt oggi esistente e la sua attività ha seguito l evoluzione del pensiero internazionale, conformandosi al principio di ecocompatibilità e di sviluppo sostenibile. Dal 1998 l Unione Europea ha adottato i modelli internazionali di comportamento da essa proposti, che schematizzano le modalità ottimali di pesca, precisando dettagli quali i sistemi, i periodi, le zone, le quantità e le taglie minimie della fauna ittica, nonché la determinazione delle specie sotto tutela perché in pericolo di estinzione. 206

214 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio delle Nazioni Unite per l ambiente 118 convocò, poi, a Barcellona i governi dei paesi costieri del Mediterraneo, allo scopo di studiare un piano d azione comune. Da questa consultazione nacque il cd. Plan d action pour la Mediterranée 119, che sviluppò la creazione di un programma coordinato di controllo continuo dell inquinamento, l elaborazione di una pianificazione integrata di sviluppo e gestione delle risorse del bacino mediterraneo e, infine, la predisposizione di una convenzione internazionale che fornisse un supporto giuridico per applicare lo stesso piano d azione. Nacque così nel 1976 la Convenzione di Barcellona 120, che si prefiggeva di contrastare l inquinamento in tutte le sue manifestazioni ed introduceva un nuovo parametro, ossia l esigenza di ostacolare quegli elementi che comportassero il degrado des valeurs d agrément 121 degli stessi ambienti marini, cioè quel valore estetico molto importante sia da un punto di vista sociologico che economico, per tutte le attività condotte nei paesi rivieraschi, fossero esse riconducibili agli sport acquatici, alle attività ricreative marittime o a qualunque altra forma di fruizione degli ambienti marini. Veniva cioè introdotto il concetto di inquinamento estetico, che rivelava, comunque, una visione ancora prevalentemente antropocentrica del problema, fondata cioè sulla concezione di danno ambientale in stretta connessione con le 118 Il Programma delle Nazioni Unite per l ambiente, nato nel 1972, si prefiggeva l obiettivo di applicare in regioni determinate le disposizioni dei principali trattati internazionali dedicati alle questioni ambientali. Il Programma ha pertanto elaborato una serie di strumenti per la protezione dell ambiente marino specifici per otto zone marittime e costiere del mondo. Uno di questi è il Plan d action pour la Mediterranée. 119 La riunione intergovernativa sulla protezione del Mediterraneo che approvò il Plan d Action pour la Mediterranée, si tenne a Barcellona dal 28 gennaio al 4 febbraio del Vi parteciparono i rappresentanti di Algeria, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Libia, Malta, Marocco, Principato di Monaco, Siria, Spagna, Tunisia, Turchia, Repubblica Federale Socialista di Jugoslavia. Il testo, approvato dai partecipanti, fu redatto in lingia inglese e, solo successivamente, in francese, arabo e spagnolo. 120 I paesi promotori della Convenzione, che firmarono il testo definitivo il 16 febbraio 1976 sono di seguito riportati in ordine alfabetico: Cipro, Egitto, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Malta, Marocco, Principato di Monaco, Spagna e Turchia. La Convenzione entrò in vigore il 12 febbraio Le parti contraenti, enumerate in base alla data di ratifica, sono attualmente: Spagna, Tunisia, Principato di Monaco, Libano, Malta, Israele, Francia, Unione Europea, Egitto, Siria, Grecia, Libia, Italia, Cipro, Marocco, Algeria, Turchia, Albania, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro e Slovenia. Questo elenco, così come tutti i dati relativi alle ratifiche dei suoi protocolli, è aggiornato al 1 ottobre Non risultano modifiche all autunno Il Piano d azione per il Mediterraneo fu la prima concreta realizzazione del Regional Seas Programme dell United Nations Environment Programme. Esso fu articolato in tre componenti: 1. Componente giuridica, che consistette nella Convenzione di Barcellona e nei suoi protocolli di attuazione. La convenzione aveva lo scopo di combattere l inquinamento nel Mediterraneo e di proteggerne l ecosistema; 2. Componente conoscitiva ambientale, in base alla quale si doveva eseguire un fitto programma di ricerca e di rilevazione delle condizioni ecologiche del Mediterraneo. Questa componente prese il nome di MEDPOL (Mediterranean Pollution). 3. Componente conoscitiva economica e sociale, che consisteva nel produrre studi e ricerche dirette a promuovere lo sviluppo delle economie delle regioni costiere del Mediterraneo, attraverso una stretta cooperazione tra stati costieri e insulari. In questo quadro rientrava anche il Priorità Actions Programme, concepito per favorire il miglioramento dell ambiente e delle risorse naturali. 207

215 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio ripercussione che esso poteva presentare per la vita dell uomo, nella fruizione dell ambiente per il suo tempo libero e per il godimento estetico. Pur tuttavia, la Convezione di Barcellona è stata molto importante nella storia della lotta alla salvaguardia ambientale, in quanto ha posto in evidenza, per la prima volta, le cinque forme di inquinamento contro cui i contraenti si impegnavano a lottare, e cioè: 1. lo scarico in mare di rifiuti e di altre sostanze nocive da parte di imbarcazioni e di navi; 2. l inquinamento generato dal traffico marittimo e dalle attività delle imbarcazioni (residui di combustibile, lavaggi con detergenti, scarico delle acque usate, ecc.); 3. inquinamenti di origine terrestre, da scarichi e fognature, da corsi d acqua a loro volta inquinati; 4. inquinamenti da incidenti in mare con rovesciamento di combustibili e altre sostanze tossiche trasportate; 5. inquinamento derivante da operazioni di sfruttamento del fondale marino e del suo sottosuolo. Oltre a ciò, un punto cruciale della suddetta Convenzione resta l introduzione del concetto di responsabilità per i danni causati all ambiente marino, con la conseguente previsione di un eventuale risarcimento in capo al soggetto ritenuto responsabile. La prima volta in cui il concetto di chi inquina, paga venne introdotto nella legislazione internazionale, fu con la Convenzione internazionale sulla responsabilità civile per i danni provocati da inquinanti da idrocarburi 122, promossa dall Organizzazione Marittima Internazionale, depositata a Bruxelles ed entrata in vigore solo nel 1975, con successivi emendamenti fino al Essa, però, contemplava solo la fattispecie degli equi indennizzi alle persone che avessero subito dei danni, limitatamente al territorio o alla fascia di mare sotto giurisdizione dello Stato contraente. 121 Non esistendo una traduzione ufficiale si è voluta riportare l espressione usata nel testo originario, della quale si fornirà la spiegazione nelle righe seguenti del testo. 122 Convenzione internazionale sulla responsabilità civile per danni da inquinamento da idrocarburi (CLC 1969), entrata in vigore il , ratificata e resa esecutiva in Italia con la L , n. 185 (per le norme di attuazione si rimanda al d.p.r , n. 504, in DE FILIPPIS A., TRONCONE F. (a cura di), Codice della navigazione (marittima, interna e aerea), Ed. Giuridiche Simone, Napoli, Sez. V Inquinamento e tutela ambientale, App. 1, pagg

216 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Successivamente, vennero adottati altri atti 123 nei quali si confermava l opportunità di provvedere ad un risarcimento nel caso di disastri ambientali, ma i limiti di questo principio applicato al mare, resero impraticabili le disposizioni sancite. Infatti, un danno inferto all ecosistema marino, innanzitutto non si manifesta immediatamente in tutta la sua portata, ma continua a produrre i suoi effetti nei decenni successivi, colpendo anche quegli elementi che all inizio sembravano essere stati risparmiati. In secondo luogo, determinare la congruità del risarcimento risulta quasi impossibile a causa della difficoltà che si incontra nell attribuire un valore economico-pecuniario ad un bene tanto delicato e universale quale è l ambiente. Infine, bisognerebbe poter determinare i responsabili dell illecito che ha causato il danno, e questo è il tema che più ha diviso la comunità internazionale sull argomento. Infatti, chi ha aderito alle Convenzioni può, a ragione, parlare di illecito che determina un danno ambientale, ma si deve rilevare che molte legislazioni dei Paesi in via di sviluppo non hanno ancora adottato misure di tutela ecocompatibili e non possono quindi essere accusate di compiere illeciti. Inoltre, i governi di molti paesi industrializzati hanno dislocato i loro impianti di produzione industriale proprio nelle aree in cui la legislazione ambientale è più blanda, se non addirittura nulla, al fine di poter comunque utilizzare tecniche molto inquinanti, ma altrettanto economiche. Ecco, quindi, che gli stessi paesi aderenti ai trattati internazionali per la tutela dell ambiente, causano inquinamento in altre zone del globo. Ma senza limitarsi ai casi più eclatanti, basta pensare agli scarichi abusivi di sostanze in mare che in ogni parte del mondo sono una delle principali cause di immissioni inquinanti. In conclusione, la responsabilità per danni ambientali può essere applicata e trasformarsi in risarcimento del danno solo in presenza di tre elementi indispensabili, e cioè qualora ne siano individuati i colpevoli, sia chiaramente stabilito il nesso causale tra l autore e l illecito e, infine, quando il danno, causato dall illecito, sia quantificabile in termini economici, comprendenti anche le azioni di bonifica per il ripristino dello status quo. Nella sua realizzazione pratica, il principio del chi inquina, paga ha trovato un riscontro disomogeneo tra i paesi mediterranei. Infatti, mentre gli Stati membri storici 123 Sul piano internazionale tale principio venne ripreso dalla Conferenza di Rio del A seguire, nel giugno del 1993, il Consiglio d Europa adottava a Lugano la Convezione concernente la responsabilità civile per i danni risultanti da attività pericolose per l ambiente, depositata presso il Consiglio stesso. Si deve sottolineare come l Italia, sebbene firmataria già nel 1993, non l abbia ancora ratificata. Poiché non vi sono state ancora ratifiche, la Convenzione, nonostante il suo altissimo significato concreto, non è ancora entrata in vigore. 209

217 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio hanno già emanato normative nazionali a riguardo 124, non si hanno dati certi per i Paesi di recente adesione né, tanto meno, per i governi extra-ue. Un importante passo avanti per i Paesi che rientrano nella sfera dell Unione, fu rappresentato dalla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale 125, proposta dalla Commissione nel gennaio del 2002 e rimasta assai a lungo all esame del Parlamento e del Consiglio. Riflettendo complessivamente su questa direttiva, il punto che lascia maggiormente delusi della sua versione definitiva, è come in essa sia venuto meno il pilastro stesso della tutela ambientale previsto nella proposta iniziale. I paesi aderenti, infatti, non hanno evidentemente voluto assumersi in modo inderogabile le responsabilità, molto onerose sul piano economico, di intervenire nella riparazione dei danni o nella prevenzione di incidenti imminenti, nel caso di responsabili rimasti ignoti o insolventi. Nella versione definitiva ormai in vigore, cioè, se il responsabile non viene individuato o non si conforma agli obblighi previsti, l autorità ha la facoltà di adottare le necessarie misure, ma non di assicurarne l esecuzione in sua vece 126. Un ulteriore punto debole è che la direttiva non ha valore retroattivo e pertanto i siti già depauperati o contaminati, così come tutti i danni precedenti alla sua entrata in vigore e rimasti senza responsabili, non potranno ricevere azioni di riparazione in forza di leggi europee. Infine, sul piano della tutela del mare, in essa continuano a rimanere escluse le aree fuori dalla giurisdizione dei 124 A tale riguardo può essere interessante il documento contrassegnato con la sigla COM(2002)/17 def pubblicato sul sito Per quanto concerne la normativa nazionale italiana, in attesa che sia recepita quella europea, ci si deve riferire all art. 18 della legge 349 dell 8 luglio 1986, che dispone che l autore del fatto doloso o colposo risarcisca lo Stato e che l azione venga promossa dallo Stato stesso o dagli enti territoriali compromessi dall evento; associazioni e cittadini possono altresì denunciare fatti lesivi a danno dei beni ambientali. Il giudice incaricato è quello ordinario e dispone, ove possibile, anche il ripristino dello stato dei luoghi a spese del responsabile. Va comunque citato il fatto che tutta la legislazione italiana in materia ambientale e le misure di applicazione della stessa sono oggetto di riordino e di integrazione sulla base della legge delega del governo (ddl 1753-B), con testo approvato dal Senato in data 14 ottobre 2004; in essa non viene citata la direttiva europea del 2004 incentrata sul danno ambientale e il cui recepimento da parte italiana sembra quindi piuttosto lontano, data la complessità del riordino legislativo in atto. In data 24 novembre 2004, il governo ha chiesto e ottenuto la fiducia alla Camera sulla suddetta legge delega, che è stata infatti approvata dalla Camera stessa in via definitiva. In sostanza, un limite dell attuale situazione italiana è la prerogativa di Stato ed enti territoriali a essere titolari delle azioni concernenti il danno ambientale e delle somme derivanti dal risarcimento. Le azioni possono venir promosse pure dalle associazioni ambientaliste, ma destinatari del risarcimento restano comunque lo Stato e gli enti territoriali; diversamente, in taluni paesi del mondo (ad esempio la Germania), esse possono essere condotte da soggetti privati, come singoli individui o associazioni, che divengono attori anche del ripristino ambientale. Sull argomento possono essere colti interessanti spunti in: VIVIANI G., Il danno ambientale. Profili di diritto pubblico, Cedam, Padova, 2003, pagg ; POZZO B., La nuova responsabilità civile per danno ambientale. Le problematiche italiane alla luce delle iniziative dell Unione Europea, Giuffrè, Milano, 2004; CARAVITA B., Diritto dell ambiente, Il Mulino, Bologna, 2001; CROSETTI A., Diritto dell ambiente, Laterza, Roma e Bari, Il testo definitivo venne approvato nell aprile 2004 ed entrò in vigore il 30 dello stesso mese con il numero 2004/35/CE. 126 Artt. 5/4 e 6/3 della stesura definitiva, che vanno a sostituire gli artt. 4, 5 e 6 della proposta. 210

218 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio paesi dell Unione Europea, che rischiano di trasformarsi in discariche senza alcuna regolamentazione, fonti di un inquinamento distruttivo per un bacino chiuso come quello del Mediterraneo. L unica possibilità di salvaguardia globale del bacino, risiede nella volontà di tutti i Paesi che vi si affacciano di impegnarsi in accordi internazionali che regolamentino la tutela ambientale, ma i grossi ostacoli in questa direzione sono già stati ampiamente evidenziati. La Convenzione di Barcellona su cui prima ci si era soffermati, venne accompagnata, nella sua stesura definitiva, da quattro Protocolli, adottati tra il 1976 e il 1982, indirizzati ad individuare le azioni concrete da porre in essere per la lotta all inquinamento, nonché per la salvaguardia e la valorizzazione del Mediterraneo 127. In particolare va segnalato il Protocole relatif aux aires spécialment protégées de la Mediterranée che, relativamente alle problematiche appena viste, rivela una notevole evoluzione nello spirito alla base della tutela ambientale, non più vista come arginamento del fenomeno inquinante, ma proprio come esaltazione dell intrinseco valore naturalistico, riconosciuto non solo al mare, ma, per la prima volta, alle zone umide che separano il mare dalla terraferma e che costituiscono un importantissima cerniera di contatto ecologico e biologico. Nel maggio del 1976, subito dopo la stipula della Convenzione di Barcellona, un altro importante passo venne compiuto con la firma dell Accordo RAMOGE 128, con il quale la Francia, l Italia ed il Principato di Monaco istituirono una stretta collaborazione scientifica, tecnologica, giuridica e amministrativa al fine di lottare contro l inquinamento nelle loro acque territoriali. Gli sforzi furono inizialmente concentrati su una zona, cd. pilota 129, all interno della quale furono effettuati molti campionamenti chimico-biologici e rilevamenti fotografici per determinare il potenziale inquinante dei bacini idrografici della zona, ritenuti la principale fonte di immissione delle sostanze tossiche dalla terraferma. Gli 127 Gli argomenti oggetto dei suddetti protocolli riguardano: ~ la prevenzione dell inquinamento causato dallo scarico di rifiuti solidi e sostanze inquinanti da parte di navi e imbarcazioni; ~ la lotta all inquinamento da idrocarburi e sostanze tossiche conseguente a incidenti in mare; ~ la lotta agli inquinamenti derivanti da attività sulla terraferma; ~ la creazione di aree protette per la salvaguardia di siti di particolare interesse biologico ed ecologico, o di quelli dotati di particolare valore scientifico, estetico, storico-archeologico e culturale. 128 Il testo dell Accordo RAMOGE, redatto in lingua francese, fu adottato il 10 maggio 1976 ed entrò in vigore nel 1981, in Inizialmente questa zona si estendeva dall abitato di Saint Raphael, in Costa Azzurra, fino al confine orientale di Genova, comprendendo, ovviamente, le acque territoriali del Principato di Monaco. Dalle sillabe 211

219 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio studi, compiuti secondo dei criteri che si sono andati uniformando negli anni al fine di rendere comparabili i risultati, hanno consentito alla commissione tecnica dell accordo, composta dai delegati dei tre paesi, di proporre ai governi le misure in grado di proteggere le acque, nonché di incitare le amministrazioni competenti a censire le zone inquinate e ad informarsi sulla non pericolosità dei progetti di pianificazione del territorio da ciascuno ipotizzati. Questo accordo è stato il primo tentativo di collaborazione internazionale finalizzata ad un efficace gestione congiunta dell ambiente marino mediterraneo ed ha consentito la successiva istituzione del Santuario dei mammiferi marini, nuovo e importante passo avanti nella protezione della biodiversità marina a rischio di estinzione. Già nel 1996 la comunità internazionale aveva aderito all Accord sul la preservation des cétacés de la Mer Noire, de la Mediterranèe et de la zone adjacente 130, chiamato comunemente ACCOBAMS 131, con l obiettivo di tutelare le specie di cetacei presenti nel Mediterraneo 132. Infatti, studi condotti da esperti di vari paesi, hanno posto in evidenza come questi animali siano particolarmente vulnerabili alle minacce derivanti dalle attività umane in mare, dall inquinamento all impoverimento della fauna ittica di cui essi si nutrono, dai ferimenti prodotti con le collisioni contro le imbarcazioni alle catture accidentali da parte di pescatori poco attenti. A ciò si è aggiunta la scoperta che anche l inquinamento acustico generato dai sonar, dai dispositivi militari, dalle prospezioni minerarie, o da altre fonti pubbliche o private, lede profondamente gli organi uditivi di questi animali, causando uno stato confusionale che può portare al drammatico fenomeno degli spiaggiamenti. Ovviamente, a cause per così dire indirette che colpiscono i cetacei, va aggiunta la caccia che in molti paesi viene perpetrata senza regolamentazione. Nel luglio del 2004 a Sorrento si tenne il meeting annuale della Commissione Internazionale per la Caccia alle Balene, istituita in base a quanto previsto dalla Convenzione internazionale per la regolamentazione della caccia alla balena, stipulata nel 1946 a Washington. Gli attuali 57 iniziali dei nomi di queste località, inoltre, prese il nome l accordo. Con gli anni la zona soggetta al controllo fu estesa fino a comprendere anche Marsiglia e La Spezia. 130 Notizia tratte dal sito: Il testo di questo accordo, redatto con testo ufficiale in francese, inglese, arabo, spagnolo e russo, è stato approvato il 24 novembre del 1996 ed è entrato in vigore il 1 giugno del Alcuni paesi firmatari non hanno ancora ratificato l accordo, mentre quelli che lo hanno fatto sono: Albania, Bulgaria, Croazia, Francia, Georgia, Grecia, Libia, Malta, Marocco, Principato di Monaco, Romania, Siria, Spagna, Tunisia e Ucraina. 132 Le specie di cetacei comunemente presenti nel Mediterraneo sono la balenottera comune, il delfino comune, la focena comune, il globicefalo, il grampo e la stenella striata. Tali specie sono tutte rappresentate, sia nel Mediterraneo che nel Mar Nero, da individui stanziali. Per le informazioni riguardo ai cetacei può essere consultato il testo NOTARBARTOLO di SCIARA G., Cetaceans Species in the Mediterranean and Black Seas, in AA.VV., Cetaceans of the Mediterranean and Black Seas: State of Knowledge and Conservation Strategies, 2002, redatto appositamente per il segretariato dell Accordo ACCOBAMS. 212

220 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio membri della Commissione si riuniscono annualmente per stabilire le linee da adottare per proteggere da una pesca eccessiva tutte le specie di cetacei, e in particolar modo per le balene, da sempre oggetto di una caccia non regolamentata. Durante l incontro, il Giappone propose di aumentare nuovamente il limite di catture a scopi commercialialimentari a 100 esemplari l anno di balenottera minore e a 150 esemplari di balenottera di Bryde. La mozione venne respinta a fatica, in quanto le balene sono ancora una fonte molto redditizia di profitto e la loro tutela, anche se teoricamente professata da ogni governo, al lato pratico è ancora osteggiata. Come accennato in precedenza, l Italia, la Francia ed il Principato di Monaco si sono fatti promotori di un iniziativa molto importante per la salvaguardia dei cetacei nel Mediterraneo, creando un Santuario per i mammiferi marini 133. Si tratta di un progetto molto ambizioso sotto vari profili a cominciare dalla volontà di introdurre nel linguaggio giuridico internazionale il termine santuario attribuendogli la connotazione di luogo intoccabile e meritevole di rispetto, necessario per la sopravvivenza di queste specie, e degno di una posizione di maggiore importanza rispetto alle aree marine, ai parchi naturali o alle riserve. Un secondo elemento di grande rilevanza riguarda l estensione spaziale della zona che, formando un triangolo, le cui estremità cadono in Costa Azzurra, in Sardegna ed in Toscana, copre circa 500 km 2 di mare e consente ai governi contraenti di condurre delle azioni di tutela e di intervento anche sulle fasce di acque internazionali in esso ricomprese, elemento questo di indiscussa novità. La zona non è stata delimitata a caso, ma ha voluto ricomprendere l area naturalmente scelta dagli esemplari di diverse specie per la riproduzione. Basti pensare che dal 1980 al 1990 sono state avvistate diverse centinaia di balenottere comuni, circa stenelle striate, capodogli, globicefali, grampi, tursioni, zifi, nonché, ovviamente, delfini comuni. Ma i mammiferi non sono gli unici animali che hanno trovato in quest area le condizioni ideali per la riproduzione e per la nascita dei propri piccoli, infatti i biologi marini hanno rivelato la presenza di aree di ripopolamento anche per numerose specie di squali, tra cui anche il Carcharodon Carcharias, cioè lo 133 L Accordo relativo alla creazione nel Mediterraneo di un santuario per i mammiferi marini, è stato adottato nel 1999 ed è entrato in vigore nel Gli obiettivi del Santuario sono prima di tutto la conservazione dei mammiferi marini e dei loro habitat dagli impatti negativi diretti o indiretti delle attività umane e, in secondo luogo, il monitoraggio continuo delle popolazioni in modo da approfondire anche le conoscenze scientifiche sulle stesse, che ancora oggi risultano molto lacunose. I tre paesi contraenti si sono impegnati a combattere contro ogni forma di inquinamento marino, incluso quello proveniente da fonti situate sulla terraferma. Sono inoltre state bandite la caccia, la cattura, l uccisione dei cetacei anche se solamente allo stato di tentativo, e ogni forma di disturbo alla vita degli animali che vivono nella zona. Proprio a questo proposito è stato elaborato un codice di comportamento per i turisti che causano pesanti azioni di disturbo contro gli animali, al fine di renderli degli spettatori ecocomatibili. 213

221 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio squalo bianco. Questa circostanza, temuta a livello umano, è in realtà molto importante per l equilibrio dell ecosistema marino e delle dinamiche che si esplicano tra gli animali. Questa lunga introduzione ha avuto lo scopo di presentare la normativa vigente a livello internazionale nel contesto Mediterraneo per poter poi meglio inquadrare le azioni promosse in Italia. Proseguendo la trattazione, ci si soffermerà, innanzitutto, su come viene affrontato il problema dell inquinamento, per poi passare all analisi del monitoraggio costiero, attuato costantemente per registrare utili dati ambientali e, infine, si analizzerà il fenomeno delle aree marine protette. Nella parte finale del capitolo si affronteranno due argomenti che sono risultati di difficile collocazione all interno della ricerca, in quanto, più di altri, presentano aspetti tipici sia dello sfruttamento che della tutela. Si sta facendo riferimento alla ricerca scientifica condotta in mare e al reperimento di oggetti aventi valore storico-archeologico depositati sui fondali. Alla fine si è preferito inserire nel paragrafo dello sfruttamento l utilizzo economico di quelle risorse, biologiche o minerari, che naturalmente possono essere reperite all interno dell ambiente marino. Si è, cioè, voluto sottolineare, sia nel caso della ricerca scientifica in mare che nell ipotesi dell archeologia subacquea, che alla base di ogni attività condotta in questi ambiti vi sia il desiderio di valorizzare il mare e ciò che racchiude o può offrire e non solo il mero fine di introito finanziario, e per tale motivo le si è inserite nel secondo paragrafo Il problema dell inquinamento. Cenni Il problema dell inquinamento è, in realtà, stato già trattato nei paragrafi precedenti e troverà spazio anche in quelli successivi a causa della forte correlazione che lega le tematiche affrontate. Infatti, poter parlare di sfruttamento degli idrocarburi, di trasporti marittimi, di monitoraggio dell ambiente e di tutela della biodiversità, senza menzionare, di volta in volta, gli aspetti legati all inquinamento, renderebbe assolutamente incompleta la trattazione e tale lacuna non potrebbe essere colmata rimandando ad un solo paragrafo in cui affrontare il tema nel suo complesso. Si è quindi preferito concentrare in questa sede la sola menzione della normativa che a livello internazionale disciplina gli obblighi degli Stati e le misure che devono essere adottate per la salvaguardia ambientale. La Convenzione sul Diritto del Mare di Montego Bay propone nella sua Parte XII gli articoli che riguardano la protezione e la preservazione dell ambiente marino e, in 214

222 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio particolare, impone agli Stati di eliminare o, almeno, di ridurre al minimo le fonti inquinanti 134, di agire tempestivamente 135 per ridurre gli effetti di un fenomeno inquinante e di cooperare 136 a livello locale, nazionale o internazionale 137 sia nelle fasi di progettazione che di azione in ogni campagna si debba attuare, con lo scopo di intervenire tempestivamente 138 a tutela dell ambiente, come patrimonio comune dell umanità. I principi sanciti in questa sede sono relativamente pochi, considerando l importanza e la diffusione del fenomeno, ma essi hanno costituito la base fondamentale sulla quale sono stati elaborati numerosissimi atti normativi successivi da parte della comunità internazionale. Anche in questo caso, quindi, si può ritenere che la Convenzione sul diritto del mare costituisca la legge-quadro entro la quale poter inserire una normativa molto più dettagliata e specifica sia per area geografica, che per circostanza pratica. Come già evidenziato in precedenza, appare comunque importante ricordare che ogni intervento di tutela ambientale, per poter essere realmente efficace, non deve risentire dei limiti politici imposti dalle nazioni, ma deve poter arginare il fenomeno in questione con ogni mezzo e in ogni luogo sia necessario Monitoraggio dell ambiente marino e costiero Il Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, da ormai dieci anni, ha istituito un servizio di monitoraggio costante dell ambiente marino e costiero italiano 139, al fine di individuare eventuali situazioni di degrado o possibili fonti di inquinamento 140. Il programma, che interessa circa km di coste, viene attuato in collaborazione con le Regioni, con le Agenzie Regionali per la protezione dell Ambiente, con le Università e con gli Enti di ricerca pubblici e privati. Infatti, il solo organismo centrale non sarebbe in grado di svolgere un indagine così costante e capillare, necessaria per un controllo efficace. 134 UNCLOS, art. 194: Misure atte a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l inquinamento dell ambiente marino 135 UNCLOS, art. 198: Notifica dei danni imminenti o in atto 136 UNCLOS, art. 200: Studi, programmi di ricerca e scambi di dati e informazioni 137 UNCLOS, art. 197: Cooperazione a livello mondiale o regionale 138 UNCLOS, art. 199: Piani di intervento urgente contro l inquinamento 139 Le informazioni sono state tratte dal sito del Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare: Conformemente alla normativa internazionale sancita dalla UNCLOS, Parte XII, Sezione 4, Monitoraggio e accertamenti ambientali, artt

223 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Ogni triennio viene varato un nuovo programma di monitoraggio che, sulla base dei dati ricavati dagli studi precedenti, focalizza l attenzione e le risorse su quei siti considerati più a rischio e, quindi, meritevoli di una tutela maggiore. Proprio in quest ottica, il programma varato per il triennio aveva modificato 141 i parametri di ricerca utilizzati in precedenza, in quanto era stato visto che molte aree, analizzate separatamente, avevano manifestato lo stesso basso grado di rischio e presentavano, quindi, minori esigenze di controllo. Le indagini furono allora focalizzate solo su 81 aree inquinate, di cui 63 vennero identificate come aree critiche. Il programma di controllo si proponeva, come obiettivi primari: 1.- la valutazione parallela, per ciascuna Regione, dello stato di qualità ambientale, sia delle aree particolarmente sottoposte ad impatti antropici, sia di quelle caratterizzate da alti gradi di neutralità; 2.- la raccolta di tutti i dati emersi a livello nazionale e la loro diffusione al pubblico; 3.- la raccolta e la distribuzione delle metodiche analitiche di riferimento per le analisi previste; 4.- l applicazione e la valutazione su scala nazionale delle metodiche di nuova introduzione; 5.- l organizzazione di un programma di formazione incentrato sia sulla didattica delle metodiche analitiche di nuova introduzione sia sugli esercizi di intercalibrazione tra i vari laboratori, per ottimizzare ed uniformare il livello di conoscenze degli operatori periferici. I campionamenti, condotti da ogni Regione, vengono effettuati contemporaneamente in due tipologie di area. Le prime, cd. aree di controllo o bianchi, sono costituite da quelle zone che maggiormente si avvicinano alle condizioni naturali che il mare dovrebbe avere in assenza di turbative. Esse costituiscono, quindi, un parametro di riferimento da cui partire per valutare lo stato di degrado delle aree in condizioni più critiche. Ovviamente, qualora nella Regione siano presenti delle aree marine protette, i bianchi sono fissati all interno di esse e le analisi chimiche vengono 141 Così come dettato dall Allegato 1 del Decreto Legislativo n. 258 del 18 agosto

224 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio contemporaneamente effettuate sia per monitorare le condizioni dell ecosistema tutelato che per determinare i parametri di partenza per le altre aree. Il monitoraggio delle altre zone permette di individuare quelle con valori di inquinamento maggiormente significativi e di identificarle quali aree critiche, da sottoporre a controlli più frequenti. (Fig. 2.6) Fig. 2.6 Mappa delle aree critiche dislocate sul territorio nazionale (Fonte: sito del Ministero dell Ambiente Tutti i laboratori coinvolti nell esecuzione delle analisi previste dal monitoraggio utilizzano le medesime metodiche analitiche al fine di garantire la confrontabilità dei risultati sul territorio nazionale 142. I parametri di riferimento riguardano tutti gli elementi che possono dare informazioni sullo stato di salute dell ecosistema marino e sulla presenza di fattori che ne turbano l equilibrio 143. I principali sono: 142 Per maggiori informazioni si può consultare la pubblicazione a cura del Ministero dell Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Metodologie analitiche di riferimento, ICRAM, Ogni triennio i risultati conseguiti vengono raccolti in una relazione. In questa sede sono stati analizzati i dati del triennio pubblicati in: Ministero dell Ambiente Servizio Difesa Mare, Qualità degli ambienti marini costieri italiani Valutazione del monitoraggio realizzato in convenzione con le regioni costiere., ICRAM. 217

225 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio ~ Temperatura: la temperatura media dell acqua di mare oscilla tra 0 e 30 C: ~ PH: il ph misura l acidità o l alcalinità di una sostanza e riveste una fondamentale importanza per gli organismi della fauna marina che possono sopravvivere solo in certe condizioni e per i quali anche piccole variazioni di ph sono letali; ~ Salinità: la salinità misura il contenuto dei sali disciolti nell acqua e presenta dei valori abbastanza tipici per ogni mare, anche se sottocosta può venire pesantemente influenzata dall apporto fluviale di acqua dolce; ~ Ossigeno disciolto: l ossigeno nel mare deriva principalmente dall atmosfera e dai processi di fotosintesi delle piante acquatiche ed è determinante per la sopravvivenza di molte specie; ~ Clorofilla a: è il principale pigmento fotosintetico delle piante verdi; ~ Azoto totale, azoto ammoniacale, azoto nitroso, azoto fosforo totale, o- fosfato, silicati: sono sostanze che in bassi quantitativi favoriscono la crescita delle alghe, ma in dosi più elevate, portate dagli scarichi fognari o da altre fonti di inquinamento, possono provocare fenomeni di eutrofizzazione; ~ Trasparenza: la trasparenza indica la proprietà dell acqua di mare a lasciarsi attraversare dalla radiazione solare visibile. Questo è un parametro molto importante nel processo di fotosintesi delle piante acquatiche; ~ Fitoplancton: negli ecosistemi acquatici il fitoplancton ricopre un ruolo molto importante perché grazie al processo di fotosintesi è in grado di trasformare la materia inorganica in composti utilizzati dagli animali per i loro processi vitali; ~ Composti organoclourati: sono dei composti ampiamente usati nei pesticidi, negli erbicidi e nei fungicidi, che risultano tossici per l uomo e per le specie animali. Soprattutto a causa della loro non biodegradabilità la loro presenza nell ambiente è molto pericolosa in quanto possono penetrare nella catena alimentare; ~ Metalli pesanti: comunemente presenti in natura, vengono però considerati inquinanti se il loro livello eccede quello naturale; 218

226 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio ~ Policlorobifenili: sono un gruppo di sostanze chimiche, ampiamente usati come fluidi refrigeranti, come plastificanti, solventi, impermeabilizzanti, che una volta immessi in natura non si dissolvono, ma tendono a concentrarsi negli esseri viventi e a produrre effetti tossici soprattutto negli apparati riproduttori sia dell uomo che delle altre specie animali; ~ Idrocarburi Policiclici Aromatici: sono composti altamente cancerogeni che derivano da attività umane e industriali, dal semplice fumo di sigaretta, alla produzione nelle raffinerie o da ogni altra fonte di combustione incompleta di materiali organici contenenti carbonio; ~ Composti organostannici: solitamente presenti nelle sostanze antivegetative applicate agli scafi delle imbarcazioni o alle banchine, risultano molto persistenti e tossici per l ecosistema marino; ~ Posidonia oceanica: è una fanerogama marina presente nel Mediterraneo, particolarmente sensibile a ogni fonte di inquinamento e di turbativa dell ecosistema marino. La sua presenza è, quindi, un importante indicatore dello stato di salute del mare. Essa svolge una funzione assimilabile a quella delle foreste sulla terraferma, creando un consolidamento per i fondali mobili, soprattutto sabbiosi e fangosi, nonché un valido riparo per molte specie di pesci 144. Risulta evidente che i parametri oggetto di studio, di cui sono stati citati solo quelli che per un lettore non esperto possono avere un certo significato, senza entrare nella trattazione chimico-biologica troppo specifica, consentono di presentare un quadro completo dell ecosistema marino e costiero. Ciò non significa che in ogni momento sia possibile intervenire per rimediare alle turbative immesse da diverse fonti, ma permette, quantomeno, di conoscere la reazione dell ambiente alle attività che vi si svolgono. Tutti i dati raccolti sono trasmessi e conservati presso il Si.Di.Mar., cioè il Sistema Difesa Mare alle dipendenze del Ministero dell Ambiente, che permette a tutti gli utenti di accedere alla rete di monitoraggio, ormai anche via Internet Tutela della biodiversità 144 VALLEGA A., op. cit, 1996, p. 125 e CINELLI F., L effetto delle praterie di posidonia oceanica sulla dinamica costiera in La gestione delle aree costiere, Edizioni Autonomie, Firenze, 1985, p

227 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Per biodiversità si intende la variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia gli ecosistemi terrestri, marini e gli altri ecosistemi acquatici, nonché i complessi ecologici di cui fanno parte. Questo concetto, studiato con molta attenzione dalla comunità internazionale negli ultimi decenni, riveste una fondamentale importanza nel contesto della gestione delle risorse naturali per la salvaguardia del futuro dell intera umanità ed è l oggetto di una Conferenza delle Nazioni Unite, che si è tenuta a Rio de Janeiro nel giugno del L obiettivo della Convenzione che venne siglata in quella sede era quello di regolamentare lo sfruttamento delle risorse, attuato da ogni Stato sovrano sulla base del diritto riconosciuto dalla comunità internazionale, ma per il quale era necessario porre dei limiti, fondamentali per la salvaguardia dell ecosistema mondiale. La gestione errata dei decenni passati, infatti, ha seriamente compromesso l integrità ambientale e prima di potervi porre rimedio, risulta fondamentale cominciare a modificare la mentalità dei governi statali, che associano l ecologia ad un danno economico o, quantomeno, ad un ingente investimento che non trova adeguato ritorno. Da un punto di vista teorico, gran parte dei Governi mondiali si sono impegnati nella cooperazione e nell elaborazione di progetti a lungo termine che potessero ovviare al degrado ambientale. Basti pensare all Agenda 21, un documento, composto da quaranta capitoli e redatto assieme alla Convenzione sulla biodiversità da ben 180 paesi che si propone di fornire una serie di indicazioni utili ad individuare e realizzare le azioni prioritarie per il futuro 146. In questo documento la situazione demografica, il consumismo e la tecnologia vengono indicati come i principali responsabili dei cambiamenti climatici e gli studiosi di tutto il mondo, interrogandosi sul problema, propongono possibili modelli per ridurre i consumi inutili e per adottare tecnologie ecocompatibili, supportate da adeguate legislazioni nazionali 147. Il documento, quindi, si propone di raggiungere un equilibrio sostenibile fra consumo, situazione demografica e reali potenzialità economiche di ciascun paese, promuovendo, tra le altre ipotesi, l istituzione di ulteriori aree protette, che possono costituire un interessante strumento per la salvaguardia della biodiversità e per la diffusione di una cultura ecologica anche a vantaggio delle generazioni future. Già nel 1987, infatti, all interno del Rapporto della Commissione mondiale sull ambiente e lo sviluppo, era stato definito il principio dello sviluppo sostenibile, come quello sviluppo 145 Convenzione sulla biodiversità, Rio de Janeiro, 5 giugno 1992, in VERRILLI A., Codice del diritto e delle organizzazioni internazionali, Ed. Simone, Napoli, 1995, pp. 276 e ss. 146 In quella sede il futuro veniva individuato come il XXI secolo, da cui deriva il nome dell Agenda. 147 Gazzetta Ufficiale n. 47 del

228 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio che fa fronte alle necessità del presente senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare le proprie esigenze. Nell ambito dell Agenda 21 vengono suggerite alcune indicazioni per raggiungere questi obiettivi 148 : - trovare le strategie atte a consentire una crescita e un potenziamento dell economia riducendo l uso di energia e di materie nonché la produzione di rifiuti nocivi; - individuare modelli equilibrati di consumo a livello mondiale che la Terra sarà in grado si sopportare a lungo termine; - promuovere una produzione efficiente ridurre forme di consumo dispendiose; - elaborare politiche che consentano la transizione verso modelli sostenibili di produzione e di consumo; - promuovere il trasferimento di tecnologie rispettose dell ambiente nei paesi in via di sviluppo. Gli stessi principi si ritrovano nella Convenzione di Rio de Janeiro, che nei suoi 42 articoli ripercorre gli aspetti principali della materia. Innanzitutto i governi mondiali vengono invitati ad individuare e a monitorare 149 tutte le componenti di diversità biologica che siano presenti nel proprio ambito giurisdizionale e a promuoverne la conservazione sia in situ 150, cioè nell ambiente naturale in cui la flora e la fauna si siano insediate, sia, qualora ciò non risulti possibile, la ricostituzione ex situ 151, cioè l adozione di tutte quelle misure che possono portare alla ricomposizione della popolazione minacciata 152, con l obiettivo di ricondurla nella sede originaria. Ogni impatto, individuato durante la fase di monitoraggio, deve costituire oggetto di studio al fine di ridurne gli effetti nocivi 153 e di predisporre la tecnologia adeguata 154 che consenta di perseguire tali obiettivi. La convenzione prevede che i progetti di ricerca siano finanziati da ciascuna parte contraente che vi partecipi 155, ma auspica che la collaborazione internazionale 156, necessaria per rendere effettivi i risultati sperati, possa anche aprire nuovi canali 148 DIVIACCO G., Aree protette marine. Finalità e gestione, Ed. Comunicazione, Forlì, 1999, p Convenzione sulla biodiversità, art. 7, Individuazione e monitoraggio. 150 Convenzione sulla biodiversità, art. 8, Conservazione in-situ. 151 Convenzione sulla biodiversità, art. 9, Conservazione ex-situ. 152 HAMILTON L.S., FOX J.M., Protected area systems and local people. Workshop on Fields and Forests, Xishuangbanna, Yunnan, China November, 1987, pp Convenzione sulla biodiversità, art. 14, Valutazione dell impatto e minimizzazione degli impatti nocivi. 154 Convenzione sulla biodiversità, art. 16, Accesso alla tecnologia e trasferimento di tecnologia. 155 Convenzione sulla biodiversità, art. 20, Risorse finanziarie. 156 Convenzione sulla biodiversità, art. 18, Cooperazione tecnica e scientifica. 221

229 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio finanziari 157 con cui sostenere la ricerca. In particolare, questi investimenti mirano ad essere indirizzati ai paesi in via di sviluppo, che pur non potendo permettersi autonomamente la spesa per attuare tali studi o per porre in essere le misure ritenute necessarie, costituiscono un fondamentale anello nella catena della salvaguardia ambientale. Ma veniamo al caso del Mediterraneo, considerato una delle principali eco-regioni del pianeta, nonché uno dei più importanti ecosistemi. Il suo ambiente naturale, infatti, è una combinazione di elementi geomorfologici e climatici omogenei e la sua diversità biologica è dovuta principalmente all adattamento di molte specie animali al clima, caratterizzato da estati calde e secche e inverni miti, al quale va però aggiunto l importante elemento delle correnti marine fredde, che mettono in circolazione elementi nutritivi a disposizione degli organismi planctonici, primo anello della catena alimentare. Un altro elemento importante è costituito dalle correnti che attraversano lo stretto di Gibilterra e circolano nella parte occidentale del Mediterraneo, trasportando masse di grandi pelagici, tonni o pesci spada, nella migrazione verso le zone di riproduzione o di deposizione delle uova. Altre specie marine vengono attratte dall abbondanza di cibo e in particolar modo da piccoli crostacei che costituiscono il krill mediterraneo, base della catena alimentare pelagica. La maggiore concentrazione di questi piccoli animali si ha nella zona compresa fra Liguria, Provenza e Sardegna dove, non a caso, è stato istituito il Santuario dei Mammiferi marini, già analizzato in precedenza. L antropizzazione delle coste del Mediterraneo, caratterizzata dall esponenziale incremento demografico e produttivo avvenuto nell ultimo secolo, ha portato ad una progressiva diminuzione della biodiversità stessa, anche in considerazione del fatto che si tratta di un bacino semichiuso a lentissimo ricambio idrico. Le principali minacce che stanno mettendo a rischio le specie, gli habitat e gli interi ecosistemi del nostro patrimonio naturale sono effetto proprio dell impatto umano, dell urbanizzazione, dell uso intensivo di fertilizzanti ricchi di azoto e di fosforo, dell inquinamento, della crescente pressione turistica, del sovrasfruttamento, dell introduzione di specie alloctone, tutti fattori già più volte evidenziati, che devono essere arginati. In Italia, le azioni in materia di tutela della biodiversità sono affidate dal Ministero dell Ambiente 158 alla Direzione per la Difesa del Mare Dipartimento per le risorse 157 Convenzione sulla biodiversità, art. 21, Meccanismo di finanziamento

230 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio idriche, che realizza azioni mirate alla tutela e alla gestione delle specie segnalate dagli accordi internazionali sottoscritti, come prioritarie per il Mediterraneo. In particolare, i filoni di attività in corso riguardano tutti i cetacei presenti nelle acque italiane, sia sotto forma di protezione all interno del Santuario che nell emergenza dei casi di spiaggiamento, le tartarughe marine, le praterie di Posidonia e le specie alloctone invasive Aree naturali protette Introduzione Come si è potuto capire dalle considerazioni fatte nei precedenti paragrafi, risulta evidente che una corretta gestione dell ambiente, soprattutto costiero, costituisce un passo preliminare e fondamentale per poter salvaguardare le sue risorse, conservandole per le generazioni future. Infatti, i litorali degli Stati sono le zone che maggiormente generano impatti antropici sugli ambienti marini e sulle zone umide di contatto con essi, dove gli ecosistemi risultano più delicati e vulnerabili. Nella zone costiere, cioè, si svolgono numerosissime attività umane (urbanizzazione, industria, cantieristica, agricoltura, pesca, turismo, ecc.), spesso in conflitto tra loro e, ancora più frequentemente, in contrasto con gli obiettivi di conservazione dell ambiente naturale. Per soddisfare alcune delle esigenze appena viste, si ricorre con sempre più frequenza all istituzione di aree marine protette, cioè di zone, sottoposte a particolari forme di tutela e di gestione, nelle quali l ecosistema risulta particolarmente tutelato da ogni forma di turbativa possa generargli danno. Inoltre, tali aree sono strutturate in modo tale, da consentire al pubblico di avvicinarsi agli ambienti tutelati per imparare l importanza dell ecologia e per potersi rendere conto di come un ambiente possa presentarsi, se ben conservato. Ciò è fondamentale per diffondere quella cultura ecologica di cui tanto si parla a livello nazionale e internazionale e che dovrebbe spronare ogni singolo cittadino a tenere un comportamento ecocompatibile in ogni propria azione. Certo, questa è una politica dei 223

231 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio piccoli passi, ma ci si augura che possa frenare i disastri ambientali che ci aspettano nel futuro 159. Nel loro complesso le aree marine protette rivestono un ruolo di grande rilievo per favorire il mantenimento dell integrità e la produttività degli ecosistemi marini, per la salvaguardia degli habitat critici e della biodiversità e per lo sviluppo sostenibile delle zone costiere 160. Molti paesi del Mediterraneo, tra i quali ovviamente compare anche l Italia, hanno intrapreso la strada della creazione lungo le proprie coste di aree sottoposte a tutela, e i presupposti lasciano sperare che in futuro si mantenga questa tendenza. Legislazione, pianificazione e gestione Tutti gli interventi finalizzati alla protezione dell ambiente marino devono essere inseriti in un contesto di azioni opportunamente programmate e coordinate tra loro, mirate alla gestione razionale ed integrata della fascia costiera. I programmi, cioè, devono prendere in considerazione, contemporaneamente, tutte le esigenze naturalistiche e tutte quelle socioeconomiche, al fine di realizzare un piano che sia valido per tutto il litorale e che non penalizzi gli insediamenti antropici in esso già strutturati, proponendo però delle misure di salvaguardia ambientale. Nella pianificazione concreta e realistica di un area marina protetta, ed in particolare nel caso italiano, bisogna, quindi, considerare contemporaneamente questi due aspetti e localizzare, innanzitutto, quelle zone in cui la protezione sia attuabile. Il piano proposto dall I.U.C.N. 161, applicabile sia su scala nazionale che internazionale, prevede la predisposizione di mappe tematiche, realizzate attraverso lo studio della bibliografia già esistente o di ricerche ad hoc, che permetta di individuare delle aree critiche dal punto di vista della conservazione delle risorse marine e costiere. Accanto a queste, vanno individuate le attività socio-economiche che si svolgono nella zona e che vanno divise tra quelle che non influiscono in maniera rilevante sull ambiente e quelle, invece, che generano un impatto negativo il quale, a lungo termine, potrebbe ripercuotersi anche sullo stesso insediamento umano. 159 DIVIACCCO G., Il ruolo delle aree protette marine nel contesto della gestione integrata dell ambiente costiero: aspetti generali e considerazioni sull esperienza italiana, in AA.VV., La gestione integrata delle coste e il ruolo delle aree protette, Pubblicazioni ENEA, Osimo, 2001, pp. 184 e ss. 160 FOSTER N., LEMAY M.H., Managing marine protected areas An action plan, U.S. Department of State Publication 9673, Washington D.C., 1989, pp I.U.C.N.,Principles, criteria and guidelines for the selection, establishment and management of Mediterranean marine and coastal protected areas, UNEP, 1981, pp

232 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Tutti i dati raccolti devono essere opportunamente elaborati e classificati sulla base di cinque categorie di criteri che l I.U.C.N. propone per identificare la priorità di intervento. Applicando opportuni indici numerici alle seguenti categorie, ad ogni area individuata verrà associato un valore numerico che costituirà il punteggio dell area in un apposita graduatoria 162. Criteri pratici: tengono conto delle azioni da compiere. 1. urgenza: indica la priorità delle azioni di tutela da intraprendere, prima che le peculiarità ambientali dell area vengano minacciate o modificate; 2. opportunità: indica la possibilità di agire con nuovi interventi laddove le condizioni preesistenti lo consentano; 3. facilità di protezione: rappresenta chiaramente la capacità di proteggere un area senza difficoltà; 4. difendibilità: è legata alla possibilità di protezione sulla base della regolamentazione esistente; 5. accessibilità: indica il grado con cui l area è accessibile a coloro che la gestiscono; 6. ripristinabilità: rappresenta il grado con cui l area può essere riportata alla condizione naturale originaria. Criteri ecologici: sono legati al valore naturalistico degli ecosistemi e delle specie. 1. dipendenza: costituisce il grado con cui una specie dipende dall area o il grado con cui un ecosistema dipende dai processi ecologici dell area; 2. naturalità: rappresenta il grado con cui l area non è disturbata o alterata dalle attività umane; 3. rappresentatività: indica il modo in cui l area è rappresentativa di un tipo di habitat o particolari caratteristiche ecologiche; 4. unicità: indica la presenza di specie rare o minacciate; 5. diversità: rappresenta il grado di ricchezza di habitat, comunità o specie; 6. autonomia: è legata alla possibilità, per un area, di funzionare come un entità ecologica autosufficiente, quindi con maggiore facilità di protezione; 162 DIVIACCO G., Aree Protette Marine. Finalità e gestione, Ed. Comunicazione, Forlì, 1999, p

233 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio 7. produttività: costituisce il livello in cui i processi produttivi dell area contribuiscono al benessere dell uomo ed alla sopravvivenza della specie. Criteri legati alla ricerca, educazione ed addestramento: 1. accessibilità: la facilità di accesso per attività di ricerca, educazione ed addestramento; 2. area di riferimento: il grado in cui un area può servire come controllo in senso scientifico, cioè come area intatta e non alterata, per poter valutare le modificazioni ecologiche che avvengono altrove 163 ; 3. interesse scientifico. Criteri legati a benefici economici e sociali: 1. benefici economici: indicano il grado in cui la protezione può arrecare benefici all economia locale a lungo termine; 2. accettabilità sociale: rappresenta il livello di sostegno delle popolazioni locali; 3. salute pubblica: il grado in cui la protezione dell area può contribuire a ridurre i problemi di salute legati all inquinamento; 4. ricreazione: la capacità di un area di fornire opportunità di svago e di divertimento, legate alle sue caratteristiche naturali; 5. turismo: possibilità di forme di turismo compatibili con le finalità di conservazione. Criteri paesaggistici e culturali: 1. proprietà paesaggistiche; 2. proprietà culturali. Dalla pianificazione di un sistema nazionale di aree protette, che tenga conto della situazione naturale ed antropica della fascia costiera e delle conseguenti priorità di intervento, si dovrà quindi passare alla progettazione ed alla pianificazione di ogni singola area protetta 164. Questa dovrà, innanzitutto, essere delimitata entro confini ben precisi, che tengano conto delle sue caratteristiche naturali, geomorfologiche e antropiche, e sottoposta 163 Di questo si è già parlato nel paragrafo sul Monitoraggio costiero, quando si è rilevato che i punti di controllo, cd. bianchi, vengono preferibilmente localizzati nelle aree marine presenti sul litorale. 164 PAOLELLA A., La pianificazione della tutela in ambiente marino costiero, in AA.VV., Pianificazione e progettazione delle riserve marine, Consorzio Pelagos, Roma, 1992, pp

234 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio a due fasi successive di indagine 165 che consentiranno di predisporre il progetto dell area protetta da presentare alla comunità locale per la successiva discussione. La fase conoscitiva tenderà a rielaborare i dai raccolti al fine di riproporre il quadro completo dell area in esame. La successiva fase progettuale, invece, dovrà predisporre la concreta definizione del parco, dal punto di vista geografico e strutturale, nonché stabilire i settori di attività in cui esso andrà a specializzarsi 166. La delimitazione esterna dei confini e la suddivisione interna delle aree a differente regime di tutela (cd. zonizzazione) sono dei processi molto delicati, in quanto una delimitazione poco appropriata può, da un lato, vanificare gli sforzi di salvaguardia e, dall altro, creare conflitti con la comunità locale, per cui risulta di fondamentale importanza utilizzare al meglio le informazioni raccolte nella fase conoscitiva. Il processo di zonizzazione, seguendo gli standard previsti dal Ministero dell Ambiente, prevede la suddivisione del parco in tre zone contraddistinte con le lettere A, B e C e alle quali viene applicato un regime di tutela 167 via via meno rigido 168 : A. La zona A, che nella cartografia ufficiale viene evidenziata con il colore rosso, rappresenta la riserva integrale, interdetta a tutte le attività che possano arrecare danno o disturbo all ambiente marino. Essa costituisce il cuore della riserva e solitamente è aperta alla sola ricerca scientifica o a limitate attività di servizio; B. La zona B, che nella cartografia ufficiale viene evidenziata con il colore giallo, rappresenta la riserva ufficiale, è aperta alla fruizione del pubblico 165 DIVIACCO G., TUNESI L., Criteri naturalistici nella realizzazione di aree protette marine, in AA.VV., Pianificazione e progettazione delle riserve marine, Consorzio Pelgos, Roma, 1992, pp ZATTERA A., L istituzione di aree marine protette: elementi conoscitivi e progettuali, in Atti I Convegno Internazionale, San Teodoro, 1990, pp L art. 19 della legge 394/91 individua le attività vietate nelle aree protette marine, quelle cioè che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell ambiente oggetto della protezione e delle finalità istitutive dell area. I Decreti Istitutivi delle aree marine protette, considerando la natura e le attività socio-economiche dei luoghi, possono però prevedere alcune eccezioni (deroghe) ai divieti stabiliti dalla L.394/91 oltre e dettagliare in modo più esaustivo i vincoli. A tale proposito si rimanda ad ogni singolo Decreto Istitutivo o eventuale successivo decreto di modifica e, laddove presente, al regolamento, per ognuna delle aree marine protette. In generale la legge 394/91 vieta nelle aree marine protette: a) la cattura, la raccolta e il danneggiamento delle specie animali e vegetali nonché l asportazione di minerali e di reperti archeologici; b) l alterazione dell ambiente geofisico e delle caratteristiche chimiche e idrobiologiche delle acque; c) lo svolgimento di attività pubblicitarie; d) l introduzione di armi, esplosivi e ogni altro mezzo distruttivo e di cattura; e) la navigazione a motore; f) ogni forma di discarica di rifiuti solidi o liquidi. 168 Notizie tratte dal sito: 227

235 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio con un numero limitato di attività rigidamente regolamentate e controllate dall organismo gestore del parco; C. La zona C, che nella cartografia ufficiale è evidenziata con il colore azzurro, rappresenta la riserva parziale, che funge da cuscinetto tra le aree di maggiore interesse naturalistico e i settori esterni all area marina protetta, nella quale è consentito un maggior numero di attività, sempre sotto il controllo dell ente gestore. Accanto a questo, opera una Commissione di Riserva 169, cui è affidato il compito di formulare proposte e suggerimenti per tutto ciò che attiene il funzionamento dell area protetta. In particolare, la commissione dà il proprio parere alla proposta del regolamento di esecuzione del decreto esecutivo e di organizzazione della riserva, ivi comprese le previsioni relative alle spese di gestione, formulate dall ente delegato. L intera disciplina sulla creazione e sulla gestione delle aree marine protette è stata aggiornata nella legge 6 dicembre 1991, n. 394, attualmente in vigore. Essa costituisce un grosso passo in avanti nella salvaguardia delle risorse naturali italiane con l introduzione, anche per l ambiente marino, dei concetti di parco nazionale, di parco regionale, di riserva naturale statale e di riserva naturale regionale. Tuttavia, nemmeno la nuova disciplina è riuscita a rimediare ad alcuni punti oscuri, già presenti nelle leggi precedenti, che lasciando spazio a varie possibili interpretazioni, causano spesso momenti di stallo nelle varie fasi di creazione di un area marina protetta. L intera legge viene riportata nell Allegato n. 4, cui si rimanda per i dettagli che non sono stati riportati in questa sede per non appesantire la trattazione. 169 La Commissione di Riserva è stata istituita sulla base della L. n. 979/82, art. 28 e della L. n. 426/98 art. 2 comma 16. Essa risulta così composta: ~ un Presidente, designato dal Ministero dell Ambiente; ~ il Comandante della Capitaneria di Porto di zona, o un suo delegato; ~ due rappresentanti dei comuni rivieraschi designati dai comuni medesimi; ~ un rappresentante delle regioni territorialmente interessate; ~ un rappresentante delle categorie economico-produttive interessate designato dalla camera di commercio per ciascuna delle province nei cui confini è stata istituita la riserva; ~ due esperti designati dal Ministero dell Ambiente in relazione alle particolari finalità per cui è stata istituita la riserva; ~ un rappresentante delle associazioni ambientaliste maggiormente rappresentative scelto dal Ministro dell Ambiente; ~ un rappresentante del Provveditorato agli studi; ~ un rappresentante dell Amministrazione per i beni culturali e ambientali; ~ un rappresentante del Ministero dell Ambiente. 228

236 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Il passo successivo a quello della pianificazione di un area protetta marina è quello della gestione, che permette, attraverso le operazioni giornaliere, il raggiungimento delle finalità istituzionali previste dal Piano. Gli obiettivi della gestione razionale sono costituiti dal funzionamento complessivo della riserva e, in particolare dall esecuzione di attività riguardanti la conservazione degli equilibri naturali, l educazione ambientale, la fruizione compatibile, la ricerca, e le attività produttive compatibili. Il rapporto I.U.C.N. già analizzato in precedenza, individua i sei elementi principali che dovrebbero costituire l apparato gestionale di un area protetta: 1) Amministrazione: ogni paese dovrebbe predisporre tutte le strutture istituzionali per consentire il raggiungimento degli obiettivi di un area marina protetta; 2) Personale e formazione: il personale cui viene affidata al progettazione e la gestione di un area protetta, dall esecuzione degli studi iniziali, fino alla manutenzione o alla sorveglianza, dovrebbe essere adeguatamente formato e responsabilizzato nell esecuzione della propria attività. La gestione di un area protetta richiede un notevole impegno e una profonda conoscenza per il bene che si sta tutelando, che deve essere trasmessa alle comunità locali ed ai visitatori; 3) Attrezzature ed infrastrutture: la presenza delle attrezzature e delle infrastrutture necessarie ad assicurare la corretta protezione e fruizione dell area è fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi che essa si pone; 4) Finanze: le entrate finanziarie di un area protetta di dividono in due categorie. Innanzitutto ci sono i fondi stanziati a livello istituzionale, che devono essere disponibili nei tempi necessari a permettere il regolare svolgimento delle attività istituzionali e, in secondo luogo, ci possono essere delle entrate aggiuntive derivanti dall offerta, all interno dell area stessa, di servizi (visite guidate, ingresso ai musei o agli acquari, corsi di biologia, ecc.) o di prodotti (guide, carte, souvenirs, ecc.); 5) Educazione e sensibilizzazione del pubblico: lo scopo principale dell educazione e della sensibilizzazione del pubblico che accede all area protetta, dovrebbe essere quello di far comprendere l importanza della salvaguardia ambientale e di ottenere un supporto nella sua conservazione. A tal fine è importante coinvolgere ogni visitatore nei processi biologici ed ecologici che si svolgono all interno dell area, grazie all ausilio di attrezzature didattiche opportunamente create, o percorsi guidati che permettono in contatto con gli ecosistemi tutelati; 229

237 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio 6) Usi e loro regolamentazione: la superficie delle aree protette, come abbiamo già visto, viene in genere suddivisa, con il processo di zonizzazione, in aree in cui possono essere regolamentati o limitati i tipi di uso, consentendo le attività umane compatibili con gli scopi per cui l area è sottoposta a protezione. L adeguamento di ciascuno di questi sei aspetti alla specifica riserva marina, costituisce, in concreto, il Piano di gestione di cui essa dovrà dotarsi e di cui disporrà il personale per svolgere le attività quotidiane 170. Ma passiamo ora all analisi di un aspetto spinoso della questione, cioè il costo di un area protetta e la sua eventuale rilevanza economica per la comunità confinante. Economia e aree marine protette La comunità internazionale tende sempre più a giustificare le aree marine protette anche da un punto di vista economico, affermando che i benefici offerti da queste aree sono superiori ai costi sostenuti per istituirle, ma tale affermazione spesso non è facile da dimostrare 171. Infatti, i benefici apportati dalle aree marine costiere protette per la riproduzione e l accrescimento delle specie di interesse commerciale, per la conservazione delle specie minacciate, per le attività di interesse turistico e ricreativo e per la tutela della biodiversità, sono difficilmente quantificabili in termini monetari 172. Un area protetta, da un punto di vista economico, presenta innanzitutto un valore in sé, attribuibile alla risorsa che si sta tutelando, ma comporta anche un impatto economico per le sue capacità intrinseche di produrre delle attività, dirette o indotte, soprattutto in termini di posti di lavoro e di richiesta di servizi. Spesso gli amministratori si limitano a considerare soltanto il beneficio del secondo tipo, trascurando il primo e quindi non attribuendo un adeguato peso all esistenza dell area marina in sé. In realtà il valore economico della risorsa presenta molti più aspetti di quelli che si possono immaginare ed un interessante schematizzazione di questo argomento è fornita dagli studi di Rockland 173 e di Di Nora, di cui si tracceranno le considerazioni principali. 170 SALM R.V., CLARCK G.R., Marine and coastal protected areas: a guide for planners and managers, IUNC, Gland, Svizzera, pp.10 e segg. 171 FOSTER N., LEMAY M.H., Managing marine protected areas An action plan, U.S. Department of State Publication 9673, Washington D.C., pp SALM R.V., CLARCK G.R., op. cit., p ROCKLAND D., The economic beneits of a fishery resource: a practical guide, Sport Fishing Institute, Tech Report, 1985, pp

238 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Innanzitutto il valore dell area protetta va distinto tra l uso effettivo dei suoi fruitori e l uso potenziale di coloro i quali ancora non hanno fruito della riserva. I fruitori sono, ovviamente, coloro i quali si recano nell area protetta utilizzando una qualunque forma di servizio, dalla semplice passeggiata lungo i percorsi didattici alla visita ai musei o agli acquari. In termini economici è possibile stimare la Disponibilità a Pagare (DaP) da parte dei visitatori per poter usufruire della risorsa e dei servizi da essa offerti, e in questo modo si riesce a calcolare un indicatore monetario del valore che essi le attribuiscono. Al valore d uso effettivo, appena visto, si affianca il valore d uso potenziale, molto più difficile da quantificare, che si riferisce all importanza che la riserva riveste anche per coloro i quali ancora non vi si sono avvicinati, ma che comunque la considerano un valido investimento per le generazioni future e per l ambiente nel suo complesso, e che, ad ogni modo, costituiscono dei potenziali fruitori. Dall altra parte ci sono i benefici economici generati dalle aree protette e per i quali sono stati elaborati diversi modelli. I più usati sono l Hedonic Method, il Travel Cost Method, il Contingent Value Method e l Unit Day Method. 174 Quest ultimo è sicuramente il più semplice da calcolare, anche se risulta uno dei meno attendibili. Si tratta di un sistema basato sul calcolo empirico del valore economico giornaliero prodotto dalle attività all interno di un area marina che, moltiplicato per il numero di giorni di svolgimento, fornisce il beneficio economico netto di tali attività nell area. Nonostante la relativa facilità nella raccolta e nell elaborazione dei dati, questo metodo si è dimostrato troppo rudimentale, soprattutto se applicato in zone di dimensioni limitate 175. L Hedonic Method individua varie componenti per ogni bene ed assegna un valore ad ognuna di esse. Dalla successiva comparazione dei beni complessi che differiscono tra di loro solo per alcune caratteristiche, si può quindi ottenere il valore di queste ultime, altrimenti non quantificabile. Per esempio, confrontando il valore a mq di abitazioni pressoché identiche, ma localizzate lungo strade di scorrimento o nei pressi di un area naturale, si può quantificare il valore attribuito al silenzio, all aria pulita, ecc. Benché più preciso del precedente, anche questo metodo presenta dei limiti evidenti, in quanto risulta molto soggettiva la definizione dei singoli elementi che compongono il bene. DI NORA T., Elementi di marketing strateico nella gestione di un parco marino, Atti 3 seminario Ecosistema marino, Formia, 1993, pp DIVIACCO G, op. cit., p MARINI L., DIVIACCO G., Il valore delle aree marine protette, in Parchi, 11, 1994, pp

239 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Clawson e Knetsch 176 e, più di recente, Tobias e Mendelsohn 177 hanno applicato il Travel Cost Method ad alcuni casi pratici di valutazione all interno di parchi nazionali. Tale sistema è basato sul calcolo del Surplus del consumatore, applicato alle spese sostenute per raggiungere l area protetta, considerando anche fattori come la cultura, l età ed il reddito dei visitatori. La valutazione complessiva viene effettuata con modelli statistici che però sembrano, almeno in alcuni casi, non rispondere perfettamente alla complessità dei fenomeni. Infine, il Contingent Value Method, elaborato da Davis nel 1963, è basato sulla volontà di pagare per ottenere un determinato bene o servizio, o perché certe opere vengano realizzate, come ad esempio la bonifica o il disinquinamento di un area. La valutazione di tale parametro si ottiene attraverso inchieste dirette ad un campione della popolazione, ed il risultato viene estrapolato all intera comunità. Calcolando la differenza tra la disponibilità a pagare e il costo effettivo, si ha una stima del Surplus del Consumatore. I limiti di tale sistema sono dovuti essenzialmente alla raccolta dei dati, ovvero ai fattori psicologici e culturali legati al sistema dell intervista. Questi calcoli rivestono anche una fondamentale importanza per dimostrare, a livello istituzionale, la valenza dell area protetta, non solo dal punto di vista naturalistico, ma anche economico, sociale e occupazionale, al fine di ottenere maggiori finanziamenti dagli organi preposti, o sponsorizzazioni e finanziamenti esterni, per la gestione quotidiana della riserva. A questo proposito è opportuno ricordare le numerose fonti di finanziamento di programmi comunitari nel campo della protezione della natura, della gestione delle risorse e dell occupazione, a cui si possono aggiungere finanziamenti privati per progetti specifici, campagne pubblicitarie a favore dei prodotti legati alla natura, al tempo libero ed alle varie attività. Un altra fonte di finanziamento è costituita dalle entrate locali derivanti dalla vendita di prodotti (carte, video, souvenir, magliette, ecc.) o di servizi (visite guidate, biglietti d ingresso a musei o acquari, permessi di pesca, corsi, ecc.) e da eventuali sanzioni per trasgressioni ai divieti imposti. Tra le possibili fonti di finanziamento di possono, infine, citare le donazioni, non solo di somme di denaro, ma anche di attrezzature, di immobili, di terreni ed anche di manodopera, sotto forma di volontariato. 176 CLAWSON M. e KNETSCH J., Economics of outdoor recreation., The John Hopkins University Press, Baltimora,

240 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Senza entrare troppo in dettaglio nella materia finanziaria, basta dire che tutte le risorse pubbliche o private, ordinarie o straordinarie, ottenute dall Ente gestore, concorrono a far parte del Bilancio annuale dell Ente, cioè dello strumento per la gestione finanziaria di tutte le attività dell area protetta. Fruizione delle aree marine protette La didattica costituisce uno strumento fondamentale nella gestione delle aree protette in quanto, attraverso di essa si perviene alla diffusione della conoscenza delle risorse, dell importanza della conservazione e delle sue implicazioni a livello socioeconomico 178. Già l art. 9 della Costituzione pone come principio fondamentale della Repubblica la promozione dello sviluppo, della cultura e della ricerca scientifica e tecnica, nonché della tutela del paesaggio e del patrimonio artistico della Nazione. La legge 394/91 fa esplicito riferimento all art. 9 della Costituzione, ma ne amplia la portata, sostituendo il termine tutela, con quello di valorizzazione del patrimonio naturale, considerando anche la promozione di forme di fruizione e la volontà di rendere fruttifero un bene potenziale, in termini scientifici, storici, culturali, sociali ed economici 179. Un area protetta può offrire diverse forme di attività di tipo ricreazionale o di tipo didattico, che spesso si integrano tra di loro, per fornire a ogni visitatore utili nozioni sulla riserva, senza però rendere noioso l apprendimento. I programmi strettamente turistico-ricreativi sono rivolti a quella fascia di utenza che desidera usufruire del parco senza particolari impegni o esigenze, mentre quelli didattico-educativi sono diretti a chi vuole svolgere qualche forma di attività, fra quelle proposte dalla riserva. Ogni riserva può disporre di alcune strutture in grado di avvicinare il pubblico all ambiente marino, secondo modalità diverse e, soprattutto, adattandosi alle diverse esigenze manifestate dai singoli visitatori e alle capacità e competenze che ciascuno di essi possiede. Il centro visite, il museo, l acquario, le mostre fotografiche, l auditorium, per esempio, sono tutte strutture che possono essere facilmente frequentate da un pubblico molto ampio ed eterogeneo e forniscono molte informazioni sulle varie attività svolte nell area sui progetti naturalistici perseguiti, sulla flora e sulla fauna presenti e sottoposte a tutela. 177 TOBIAS D., MENDELSOHN R., Valuing ecotourism in a tropical rain-forest Riserve., Ambio, 20 (2). 178 DIVIACCO G., MARINI L., L educazione ambientale e le aree protette marine, Parchi, 12, pp

241 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Il centro subacqueo, al contrario, si rivolge ad un utenza più selezionata, di visitatori già in possesso di brevetto che, dotati di apposite attrezzature, sono in grado di toccare direttamente gli ambienti marini tutelati. Solitamente, sono ammessi a queste visite solo sommozzatori esperti che non rischiano di danneggiare gli ecosistemi, essendo in grado di muoversi con una certa sicurezza in ambiente acquatico. Infine, c è una categoria intermedia di attrezzature, che consente a molti visitatori di avvicinarsi agli ambienti marini, senza richiedere particolari competenze. Si tratta, per esempio, delle imbarcazioni con fondo trasparente, delle torrette subacquee, dei piccoli battelli sommergibili a scopo turistico. Il problema del contatto dei visitatori con le aree marine protette è molto importante: l interpretazione e l educazione ambientali divengono veramente efficaci quando attraggono, contemporaneamente, le facoltà cognitive, per apprendere i concetti, e quelle emotive, per adottare nuovi valori. Aree istituite Attualmente in Italia le Aree Marine Protette istituite sono 20, alle quali si aggiungono il Santuario per i mammiferi marini e i due parchi sommersi di Baia e di Gaiola. Esse sono: 1) Isola dell Asinara; 2) Capo Caccia o Isola Piana; 3) Capo Carbonara; 4) Capo Gallo o Isola delle Femmine; 5) Capo Rizzuto; 6) Isole Ciclopi; 7) Cinque Terre; 8) Isole Egadi; 9) Miramare; 10) Isole Pelagie; 11) Porto Cesareo; 12) Portofino; 179 DI NORA T., op. cit., p

242 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio 13) Punta Campanella; 14) Penisola del Sinis o Isola di Mal di Ventre; 15) Secche di Tor Paterno; 16) Tavolara o Punta Coda Cavallo; 17) Torre Guaceto; 18) Isole Tremiti; 19) Isola di Ustica; 20) Isola di Ventotene; (Fig. 2.7) 235

243 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Fig. 2.7 Aree protette istituite (Fonte: Aree di prossima istituzione Le aree Marine Protette di prossima istituzione sono le aree di reperimento per il quale è stato avviato l iter istruttorio. (Fig. 2.8) Questo iter è previsto per le aree comprese nell elenco delle 48 aree di reperimento indicate dalle leggi 979/82, art. 31 e 394/91, art. 36. Esse sono: 1) Arcipelago della Maddalena; 2) Arcipelago Toscano; 3) Isole Eolie; 4) Capo Testa o Punta Falcone; 5) Costa degli Infreschi; 6) Costa del Monte Conero; 7) Golfo di Orosei o Capo Monte Sannu; 8) Isola di Bergeggi; 9) Isola di Capri; 10) Isola di Gallinara; 11) Isola di Pantelleria; 12) Isole Pontine di Ponza, Palmarola e Zannone; 13) Parco Marino del Piceno; 14) Penisola Maddalena o Capo Murro di Porco; 15) Regno di Nettuno (Isole di Ischia, Vivara e Procida); 16) S.Maria di Castellabate; 17) Secche della Meloria; 18) Torre del Cerrano. 236

244 Capitolo 2 Politiche di gestione e strutture degli usi degli ambienti marini e dell area costiera e relazione con il territorio Aree di reperimento Fig. 2.8 Aree protette di prossima istituzione (Fonte: Infine, citiamo le aree per le quali ancora non è stato avviato l iter istitutivo dell area marina protetta, ma che sono comunque state definite aree marine di reperimento, e quindi hanno già cominciato il cammino verso una maggiore forma di salvaguardia. (Fig 2.9) Esse sono: 1) Monti dell Uccellina; 2) Monte di Scauri; 3) Costa di Maratea; 4) Promontorio di Monte Cofano; 5) Stagnone di Marsala; 6) Capo Passero; 7) Pantani di Vindicari; 8) Grotta di Acicastello; 9) Penisola Salentina; 10) Capo Spartivento; 11) Isola di San Pietro. 237

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