Tabella 9.1 Elementi per l istruttoria di fido

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1 128 Economia e gestione della banca Tabella 9.1 Elementi per l istruttoria di fido Fasi e loro sviluppo 1. Accertamento dei dati e raccolta delle informazioni 1.1. Accertamento dei dati costitutivi e delle dichiarazioni rilasciate 1.2. Raccolta di informazioni desumibili dal lavoro bancario 1.3. Raccolta di informazioni da fonti esterne 2. Analisi qualitative 2.1. Struttura e andamento del settore di attività economica 2.2. Caratteristiche generali e politiche di gestione dell impresa 3. Analisi quantitative 3.1. Analisi consuntive: analisi di bilancio Natura, oggetto e strumenti delle analisi Iscrizione alla C.C.I.A.A. Proprietà immobiliari dichiarate (accertamenti ipotecari-catastali) Posizione legale delle persone giuridiche, responsabilità dei soci e poteri di firma degli amministratori Stato civile e regime patrimoniale delle persone fisiche Movimento del conto corrente Beneficiari degli assegni emessi Traenti degli assegni accreditati Firme, natura e regolarità del portafoglio cambiario Scadenze originarie, rinnovi e richiami del portafoglio cambiario Bollettino ufficiale dei protesti cambiari Posizione globale di rischio come da segnalazioni alla Centrale dei rischi Banche dati esterne Informazioni presso terzi Visite aziendali e sopralluoghi diretti Situazione generale del settore in rapporto allo stato della congiuntura economica nazionale e locale Struttura del settore: a) tipologia dei prodotti, tecnologia e sistemi di produzione, capacità produttiva installata e utilizzata, volumi di produzione, costi di produzione; b) numero e dimensione delle imprese, grado di concentrazione; c) fatturato e quote di mercato, prezzi di vendita, canali di distribuzione, politiche di marketing Previsioni sull andamento del settore Struttura organizzativa e capacità dei dirigenti Politiche di produzione: tipologia dei prodotti, tecnologia e sistemi di produzione, capacità produttiva Politiche di approvvigionamento e gestione delle scorte Politiche di vendita Posizione dell impresa nel settore e nei confronti della concorrenza Valutazione della fondatezza dei futuri programmi aziendali anche in funzione delle previsioni sull andamento del settore Previsioni sull andamento delle principali quantità economiche aziendali Quozienti di bilancio a. Quozienti di liquidità Rapporto corrente: attività correnti / passività correnti Prova acida: attività correnti-scorte / passività correnti

2 9 La valutazione dei fidi 129 Fasi e loro sviluppo 3.2. Analisi previsionali: previsione finanziaria 4. Relazione di fido Natura, oggetto e strumenti delle analisi b. Quozienti di impiego delle attività Tasso di rotazione del capitale investito: vendite / capitale investito Tasso di rotazione del capitale di esercizio: vendite / attività correnti Tasso di rotazione delle scorte: vendite / scorte Durata media dei crediti verso clienti: clienti / vendite giornaliere a credito c. Quozienti di indebitamento Rapporto di indebitamento: capitale investito / capitale netto d. Quozienti di redditività Redditività del capitale investito: risultato operativo / capitale investito Tasso di incidenza degli oneri e proventi extra gestione corrente: reddito netto / risultato operativo Tasso di incidenza degli oneri finanziari: oneri finanziari / vendite Redditività e capitale netto: reddito netto / capitale netto Flussi finanziari: a. Flussi finanziari globali b. Flussi di capitale circolante netto c. Flussi di cassa Bilanci preventivi: conto economico e stato patrimoniale Bilancio preventivo di cassa Valutazione e sintesi complessive delle fasi di cui sopra ai fini della decisione di affidamento 9.5 La scelta della struttura tecnica del prestito accordato Ciò premesso è ora necessario ricordare che, dopo aver accertato la capacità di credito delle imprese richiedenti fido, sorge il problema della scelta delle strutture tecniche da dare al prestito accordato. Le variabili che devono essere prese in considerazione sono di almeno due tipi: da un lato, occorre considerare le particolari esigenze di gestione dell impresa affidata; dall altro, i riflessi che tale scelta determina sulla gestione della banca. Per ciò che riguarda quest ultimo aspetto è sufficiente accennare alle implicazioni economiche e finanziarie derivanti dalle principali caratteristiche del prestito quali la scadenza, il grado di trasferibilità, le procedure di recupero coattivo, la variabilità dei tassi d interesse e delle altre condizioni di prezzo. Questa particolare fase dell attività di affidamento viene gestita in via prevalente dalle unità operative periferiche, dato che una fondamentale importanza riveste il rapporto di diretta e personale conoscenza che de-

3 252 Economia e gestione della banca Tabella 18.1 Esempio di bilancio bancario: stato patrimoniale Attivo Milioni di euro % sul totale 10 Cassa e disponibilità 700 0,3 20 Titoli del Tesoro ,8 30 Crediti verso banche ,2 40 Crediti verso clientela ,5 50 Obbligazioni ,9 60 Azioni 200 0,1 70 Partecipazioni ,4 80 Partecipazioni in imprese del gruppo ,7 90 Immobilizzazioni immateriali 500 0,2 100 Immobilizzazioni materiali ,2 110 Capitale sottoscritto non versato 120 Azioni proprie 130 Altre attività ,0 140 Ratei e risconti attivi ,7 TOTALE DELL ATTIVO ,0 Passivo Milioni di euro % sul totale 10 Debiti verso banche ,3 20 Debiti verso clientela ,3 30 Debiti rappresentati da titoli ,9 40 Fondi di terzi in amministrazione 50 Altre passività ,4 60 Ratei e risconti passivi ,9 70 Trattamento di fine rapporto di lavoro ,4 80 Fondi rischi e oneri (per imposte, altri) 700 0,3 90 Fondi rischi su crediti 100 0,1 100 Fondo per rischi bancari generali 110 Passività subordinate ,4 120 Capitale ,3 130 Sovraprezzi di emissione 140 Riserve (legale, statutarie, altre) ,4 150 Riserve di rivalutazione 160 Utili (perdite) portati a nuovo 170 Utile (perdita) dell esercizio 700 0,3 TOTALE DEL PASSIVO ,0 no presentate a sezioni contrapposte, separando cioè i conti dell attivo dai conti del passivo e del patrimonio. Un aspetto importante, che come si vedrà riguarda anche il conto economico, è quello dell articolazione molto rigida che la normativa impone ai documenti contabili. Lo schema di stato patrimoniale è infatti obbligatorio: esso si compone di una serie di voci, codificate con numeri arabi, a cui la banca deve fare unico riferimento per rappresentare le attività e le passività a fine esercizio. La

4 254 Economia e gestione della banca Tabella 18.2 Esempio di bilancio bancario: conto economico Milioni di euro % sul totale 10a Interessi attivi su crediti verso clienti ,0 10b Interessi attivi su titoli ,3 10c Interessi attivi su crediti verso banche ,6 20a Interessi passivi su debiti verso clienti (4.000) 363,6 20b Interessi passivi su titoli emessi (7.000) 636,4 20c Interessi passivi su debiti verso banche (4.500) 409,1 30 Dividendi 100 9,1 40 Commissioni attive ,9 50 Commissioni passive (100) 9,1 60 Profitti (perdite) da operazioni finanziarie ,5 70 Altri proventi di gestione ,3 80a Spese amministrative per il personale (2.500) 227,3 80b Altre spese amministrative (1.200) 109,1 90 Rettifiche di valore su immobilizzazioni (400) 36,4 100 Accantonamenti per rischi e oneri (300) 27,3 Milioni di euro % sul totale 110 Altri oneri di gestione 120 Rettifiche di valore su crediti (1.500) 136,4 130 Riprese di valore su crediti 140 Accantonamenti ai fondi rischi su crediti (100) 9,1 150 Rettifiche di valore su immobilizzazioni finanziarie 160 Riprese di valore su immobilizzazioni finanziarie 170 UTILE DELLE ATTIVITÀ ORDINARIE ,0 180 Proventi straordinari ,4 190 Oneri straordinari (300) 27,3 200 UTILE STRAORDINARIO 100 9,1 210 Variazione del fondo rischi bancari generali 220 Imposte sul reddito (500) 45,5 230 UTILE DELL ESERCIZIO ,6 Guardando alle voci più significative per le banche, sono messi in evidenza gli interessi attivi (voce 10) e gli interessi passivi (voce 20), le commissioni attive (voce 40) e le commissioni passive (voce 50), le spese amministrative (voce 80) del personale e non del personale e via dicendo. La somma algebrica delle voci positive e negative di conto economico determina ovviamente il risultato netto, detto utile (o perdita) di esercizio, che emerge alla voce 230 come ultima riga del conto economico verticale, corrispondente alla voce 170 del passivo/netto di stato patrimoniale. Si osservi nel-

5 19 L analisi delle dinamiche gestionali della banca attraverso i dati di bilancio 271 Tabella 19.1 Esempio di bilancio bancario: stato patrimoniale riclassificato Attivo Milioni di euro % sul totale Cassa e disponibilità 700 0,3 Titoli del Tesoro ,8 Obbligazioni ,9 Azioni 200 0,1 Crediti verso banche ,2 Crediti verso clientela ,5 Partecipazioni ,4 Partecipazioni in imprese del gruppo ,7 AF ATTIVITÀ FRUTTIFERE ,9 Capitale sottoscritto non versato Altre attività ,0 Ratei e risconti attivi ,7 ANF ATTIVITÀ NON FRUTTIFERE ,7 Immobilizzazioni immateriali 500 0,2 Immobilizzazioni materiali ,2 AR ATTIVITÀ REALI ,4 TA TOTALE DELL ATTIVO Passivo Milioni di euro % sul totale Debiti verso banche ,3 Debiti verso clientela ,3 Debiti rappresentati da titoli ,9 Passività subordinate ,4 PO PASSIVITÀ ONEROSE ,9 Fondi di terzi, in amministrazione Altre passività ,4 Ratei e risconti passivi ,9 Trattamento di fine rapporto di lavoro ,4 Fondi rischi e oneri (per imposte, altri) 700 0,3 PNO PASSIVITÀ NON ONEROSE ,0 Capitale ,3 Sovrapprezzi (meno) Azioni proprie Fondi rischi su crediti 100 0,1 Fondo per rischi bancari generali Riserve (Iegale, statutarie, altre) ,4 Riserve di rivalutazione Utili (perdite) portati a nuovo Utile (perdita) dell esercizio 700 0,3 PAT PATRIMONIO ,0 TA TOTALE DEL PASSIVO ,0 è quella delle attività fruttifere, così chiamate perché la loro presenza in portafoglio genera direttamente ricavi, rappresentati da interessi attivi, dividendi o

6 274 Economia e gestione della banca Tabella 19.2 Esempio di bilancio bancario: conto economico riclassificato Attivo Milioni di euro % sul MINT Interessi attivi su crediti verso banche ,8 Interessi passivi su debiti verso banche (4.500) -66,2 MARGINE DI INTERESSE VERSO BANCHE (500) -7,4 Interessi attivi su crediti verso clienti ,1 Interessi passivi su debiti verso clienti (4.000) -58,8 Interessi attivi su titoli ,9 Dividendi 100 1,5 Interessi passivi su titoli emessi (7.000) -102,9 MARGINE DI INTERESSE VERSO NON BANCHE ,8 MI MARGINE DI INTERESSE ,4 Commissioni attive ,7 Commissioni passive (100) -1,5 Profitti (perdite) da operazioni finanziarie 500 7,4 RS RICAVI NETTI DA SERVIZI ,6 MINT MARGINE DI INTERMEDIAZIONE ,0 Spese amministrative per il personale (2.500) -36,8 Altre spese amministrative (1.200) -17,6 Rettifiche di valore su immobilizzazioni (400) -5,9 Altri oneri di gestione Altri proventi di gestione 300 4,4 CO COSTI OPERATIVI (3.800) -55,9 Rettifiche e riprese di valore su crediti (1.500) -22,1 Accantonamenti ai fondi rischi su crediti (100) -1,5 Rettifiche e riprese su immobilizzazioni finanziarie 0 0,0 Accantonamenti per rischi e oneri (300) -4,4 RETT RETTIFICHE E ACCANTONAMENTI (1.900) -27,9 RG RISULTATO DI GESTIONE ,2 Proventi straordinari 400 5,9 Oneri straordinari (300) -4,4 Variazione del fondo rischi bancari generali 0,0 RL RISULTATO LORDO ,6 Imposte sul reddito (500) -7,4 RN RISULTATO NETTO ,3 In primo luogo, è necessario confrontare i ricavi e i costi, naturalmente di carattere finanziario, direttamente imputabili all attività di intermediazione creditizia (raccolta da banche e da clientela, impieghi in prestiti, titoli e crediti interbancari). Tale procedimento consente di misurare il margine di interesse, variabile critica per gli assetti reddituali di una banca moderna, che a prescindere dai più recenti sviluppi dell attività bancaria, spesso orientata verso l assunzione di partecipazioni azionarie o verso lo sviluppo dei servizi, fonda ancora per la gran parte la propria redditività sul consolidamento nel tempo dei margini di interesse. Per la banca dell esempio il margine di interesse è pari a milioni di euro, a sua volta formato da un margine negativo prodotto sul mercato interban-

7 276 Economia e gestione della banca Tabella 19.3 Conto economico semplificato Milioni di euro Margine di interesse Ricavi netti da servizi Margine di intermediazione Costi operativi Rettifiche e accantonamenti Risultato di gestione Saldo gestione straordinaria Risultato lordo Imposte sul reddito Risultato netto classificazione dei documenti di sintesi rappresentano gli strumenti che completano il set di informazioni a disposizione dell analista Gli indici di bilancio La costruzione di indici di bilancio risponde all esigenza di rielaborare i dati contabili per disporre di informazioni sintetiche e affidabili, attraverso le quali leggere i fatti di gestione e le condizioni economico-patrimoniali della banca. Gli indici di bilancio derivano dalla costruzione di rapporti (in senso matematico) tra voci del conto economico, dello stato patrimoniale o tra voci dell uno e dell altro documento. In funzione del tipo di informazione che sono in grado di offrire, spesso si distinguono in indici di: redditività, se offrono indicazioni sugli equilibri economici (cioè tra costi e ricavi) della banca; efficienza, se indagano il livello e la tipologia delle strutture di costo e le modalità di utilizzo delle risorse da parte della banca; solvibilità, se misurano le relazioni esistenti tra le diverse forme di finanziamento, tipicamente tra quelle a titolo di debito o di patrimonio (cosiddetto effetto di leva finanziaria ). Di seguito sono proposti (e misurati, facendo riferimento ancora ai dati di quella grande banca di cui ormai conosciamo bene il bilancio) alcuni indici, segnalando per ognuno di essi il tipo di informazione che emerge con più evidenza ed effettuando infine una lettura coordinata degli stessi. L indice dal quale ogni analista parte per avviare il proprio esame è il noto ROE (return on equity). Il ROE è un indice di redditività che rapporta il risultato

8 282 Economia e gestione della banca ad accrescere i volumi intermediati dovrebbe essere valutata, come già accennato in precedenza, facendo riferimento ai tassi marginali in luogo dei tassi medi, in quanto soltanto i primi sono in grado di incorporare la variazione complessiva dei ricavi e dei costi imputabile a una variazione dei volumi intermediati. La definizione di costo ( IP/ PO) e di ricavo marginale ( IA/ AF) assume particolare rilevanza se spostiamo l attenzione dalla banca considerata nel suo complesso alle singole filiali che operano sul territorio e la cui azione deve essere opportunamente coordinata affinché tutte lavorino per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Qualora ci limitassimo a considerare le filiali come delle piccole banche e rappresentassimo il loro modello di economicità in modo analogo a quanto osservato per una banca nel suo complesso, trascureremmo una caratteristica tipica dell impresa bancaria, che in quanto azienda divisa opera attraverso una pluralità di punti operativi distribuiti sul territorio e responsabili dei risultati conseguiti sulle aree di rispettivo insediamento. Ipotizzando per semplicità la presenza di una banca con due sole filiali, che presentano rispettivamente uno squilibrio di raccolta e uno squilibrio di impiego, emerge chiaramente che la filiale di impiego, replicando il calcolo del margine di interesse a livello di banca, sarebbe favorita dal fatto di utilizzare parte della raccolta messa a disposizione dall altra filiale, senza subire alcun costo. Tabella 19.4 Schema di funzionamento del pool di tesoreria a flussi lordi Filiale 1 Impieghi=200 Depositi =100 Filiale 2 Impieghi=100 Depositi =200 Tasso attivo = 10% Tasso passivo = 5% Interessi attivi = 200* 10% = 20 Interessi passivi = 100* 5% = 5 Margini di interesse = 20-5 = 15 Tasso attivo = 10% Tasso passivo = 5% Interessi attivi = 100* 10% = 10 Interessi passivi = 200* 5% = 10 Margini di interesse = = 0 Impieghi figurativi = 100 Depositi figurativi = 200 Tasso interno di trasferimento = 7,5% Impieghi figurativi = 200 Depositi figurativi = 100 Pool di tesoreria Impieghi = 300 Depositi = 300 Filiale 1 Interessi attivi = 200* 10% = 20 Interessi passivi figurativi = 200* 7,5% =15 Margine di interesse sugli impieghi = =15 Interessi passivi = 100* 5% = 5 Interessi attivi figurativi = 100 *7,5% = 7,5 Margine di interesse sulla raccolta = 7,5-5 = 2,5 Filiale 2 Interessi attivi = 100* 10% = 10 Interessi passivi figurativi = 100* 7,5% = 7,5 Margine di interesse sugli impieghi = 10-7,5 =2,5 Interessi passivi = 200* 5% = 10 Interessi attivi figurativi = 200 *7,5% = 15 Margine di interesse sulla raccolta = = 7,5

9 19 L analisi delle dinamiche gestionali della banca attraverso i dati di bilancio 283 L introduzione di un pool di tesoreria evita il sorgere di questo problema mediante un artificio contabile che comporta per ogni filiale l impiego figurativo della raccolta nel pool e l indebitamento presso il medesimo pool, per ottenere le disponibilità finanziarie necessarie per l erogazione degli impieghi. I trasferimenti figurativi di risorse tra il pool e le filiali vengono rimunerati a un tasso interno di trasferimento. La tecnica appena illustrata ipotizza il funzionamento del pool di tesoreria a flussi lordi, in quanto le filiali trasferiscono al pool di tesoreria l intera raccolta e si indebitano per un valore analogo agli impieghi erogati. In alternativa, potrebbe essere utilizzato il pool di tesoreria a flussi netti, che invece implica il trasferimento al pool soltanto dell eccesso di raccolta rispetto agli impieghi della filiale o, viceversa, l indebitamento per un valore pari alla differenza tra gli impieghi e la raccolta. Le considerazioni sin qui esposte hanno volutamente lasciato sullo sfondo il problema della definizione del tasso interno di trasferimento (TIT) che è invece cruciale, in quanto una sua modifica al rialzo favorisce le filiali di raccolta e una sua modifica al ribasso favorisce le filiali di impiego. Questo è uno dei motivi per cui è opportuno che il tasso interno di trasferimento sia scelto facendo ricorso a parametri di mercato, come avviene per la quasi totalità delle banche che adottano come tasso interno di trasferimento un tasso interbancario. Il tasso interno di trasferimento, inizialmente nato per individuare il diverso contributo alla redditività aziendale offerto dall attività delle filiali, ha dunque assunto la funzione di strumento di coordinamento dei comportamenti finanziari delle filiali secondo la convenienza generale della banca. Il tasso interno di trasferimento è, dunque, la causa della presenza di filiali di raccolta e di impiego e non la conseguenza. In assenza del tasso interno di tra- Grafico 19.1 Gli effetti dell introduzione del tasso interno di trasferimento: il caso delle filiali di impiego Ricavi marginali Costi marginali TIT Depositi R E I Impieghi Impieghi Depositi

10 284 Economia e gestione della banca sferimento, infatti, ogni filiale dovrebbe assumere comportamenti tali da uguagliare il ricavo marginale dell attività di impiego al costo marginale dell attività di raccolta. L introduzione di un tasso interno di trasferimento, invece, modifica il punto di equilibrio della filiale (E) consentendo di individuare un primo punto di equilibrio per l attività di impiego (I) e un secondo punto di equilibrio per l attività di raccolta (R). In particolare quando il tasso interno di trasferimento si colloca al di sopra del tasso di equilibrio originario la filiale avrà convenienza a trasformarsi in una filiale di raccolta; viceversa quando il tasso interno di trasferimento si colloca al di sotto del tasso di equilibrio originario la filiale avrà convenienza a trasformarsi in una filiale di impiego. Grafico 19.2 Gli effetti dell introduzione del tasso interno di trasferimento: il caso delle filiali di raccolta Ricavi marginali Costi marginali TIT Depositi I R E Impieghi Impieghi Depositi Affinché si verifichi quanto rappresentato nei grafici 19.1 e 19.2 è opportuno che il TIT: rifletta reali opportunità di tesoreria con cui coprire (allocare) gli sbilanci di ciascuna decisione (i costi e ricavi figurativi dovrebbero essere il più possibile effettivi e non fittizi); induca comportamenti ottimali, nel senso di non spingere le unità periferiche a comportamenti non in linea con la dinamica dei mercati (non impiegare e raccogliere a tassi antieconomici per la banca nel complesso); sia uno standard di riferimento obiettivo e facilmente conoscibile dai responsabili delle unità periferiche; sia facilmente e frequentemente aggiornabile. La crescente incidenza dell attività fee-based e la sempre maggiore attenzione verso il contenimento dei costi rende tuttavia opportuna una revisione delle mo-

11 19 L analisi delle dinamiche gestionali della banca attraverso i dati di bilancio 285 dalità di calcolo del ricavo e del costo marginale, che nella versione sinora considerata si limitano a prendere in considerazione la sola componente finanziaria connessa a una variazione dei volumi intermediati. In realtà è verosimile che una variazione dei volumi di raccolta e di impiego generi anche una variazione dell indotto creato dai ricavi da servizi, come anche l assorbimento di una maggiore quantità di costi. La nozione di ricavo e di costo marginale risulta così modificata al fine di tener conto anche dell indotto dei ricavi da servizi e dell aggravio di costi operativi (con esclusione di quelli di impianto) generato da ogni relazione di clientela, secondo la seguente formula: CM = Interessi passivi Ricavi da servizi + Costi operativi Depositi RM = Interessi attivi + Ricavi da servizi Costi operativi Impieghi La revisione della modalità di calcolo del costo e del ricavo marginale comporta inevitabilmente uno spostamento del punto di equilibrio della filiale, sia sul mercato dei depositi, sia su quello degli impieghi, modificando il risultato economico realizzato dal canale distributivo. Grafico 19.3 Spostamento del punto di equilibrio sul mercato dei depositi in funzione della nozione di costo marginale Ricavi marginali Costi marginali TIT Interessi attivi RM= Impieghi CM = Interessi passivi Ricavi da servizi + Costi operativi Interessi passivi CM= Depositi CM = Depositi Interessi passivi Ricavi da servizi Depositi Impieghi Depositi La diversa inclinazione della curva di domanda dei depositi sposta il punto di equilibrio, generando nelle diverse ipotesi un differente volume ottimale di depositi. Simulando il comportamento della clientela al variare delle condizioni economiche praticate da una filiale possiamo dimostrare come il punto di equili-

12 286 Economia e gestione della banca brio della stessa si modifichi in virtù della funzione obiettivo di volta in volta considerata. La tabella 19.5 consente di verificare come, al variare dell obiettivo reddituale che la filiale è chiamata a raggiungere, si modifica il volume di attività finanziarie che consente di ottimizzare il risultato economico della filiale stessa. Se l obiettivo è, per esempio, l ottimizzazione del margine di contribuzione appare ragionevole accettare un minore risultato in termini di margine di interesse e di margine di intermediazione rispetto a quelli ottenibili nell ipotesi (a), in quanto giustificati da un migliore risultato complessivo finale. Tabella 19.5 Volumi intermediati e funzione obiettivo della filiale Max Max Max Margine di Margine di Margine di interesse intermediazione contribuzione Interessi attivi 333,61 350,89 329,99 Interessi attivi su ROE 0,85 1,38 0,78 Interessi passivi 40,53 91,52 35,39 Interessi figurativi 76,29-54,12 77,95 Margine di interesse 217,64 206,63 217,43 Ricavi da servizi 79,34 101,27 76,34 Margine di intermediazione 296,98 307,90 293,77 Costi operativi 260,88 285,89 257,47 Margine di contribuzione 36,09 22,02 36,30 Volume prestiti 2908, , ,31 Volume depositi 1411, , , Cenni sui problemi di controllo di gestione nelle banche Alcune variabili sinora discusse dal punto di vista dell analista esterno (i volumi intermediati, i margini unitari, la redditività, il peso delle strutture di costo) rappresentano, in ultima istanza, aspetti critici anche per chi dall interno della banca deve prendere decisioni in grado di consolidare e sperabilmente migliorare la posizione di mercato della stessa. In questo senso, i dati di contabilità emergenti dalle diverse operazioni svolte dalla banca, dati che insieme alle valutazioni soggettive di fine esercizio contribuiscono alla definizione del bilancio annuale, diventano utili per esprimere condizioni di equilibrio (o squilibrio) gestionale soggette a forme di controllo e di governo. D altra parte, i sistemi tradizionali di controllo di gestione, ormai consolidati con riferimento alle imprese non finanziarie, trovano più difficile applicazione all interno delle banche, soprattutto a causa delle specificità dell attività tipica di queste ultime. Gli studiosi della materia hanno spesso fatto notare come rispetto a un impresa manifatturiera una banca presenti, in particolare, un processo produttivo di più difficile definizione.

13 21 Il rischio di interesse e le politiche di asset-liability management Il concetto di gap e gli effetti sul margine di interesse Il punto fondamentale nella lettura delle condizioni di rischio di tasso di interesse assunte da una banca in un dato istante risiede nella dimensione relativa delle attività e delle passività sensibili, nel senso precedentemente indicato, allo stesso istante. La differenza tra i due aggregati in esame è detta gap. In simboli, a una certa data: G = As Ps dove G è il gap, As è il totale delle attività sensibili, Ps è il totale delle passività sensibili. In un ipotesi di scuola, se il valore delle attività e delle passività sensibili (con t 1 -t 0 = 3 mesi) è identico (come rappresentato nella figura che segue), il margine di interesse di competenza del trimestre in esame, che si forma per differenza tra i ricavi e i costi per interessi rispettivamente attivi e passivi, è immune alle variazioni dei tassi di mercato, se tali variazioni sono uniformi per le attività e le passività. Si osservi che potrà senz altro variare il livello dei tassi di mercato (attivi o passivi) e con essi il livello assoluto degli interessi (attivi o passivi) incassati nel corso del trimestre, ma non varierà il margine di interesse. In simboli: se G = 0, MI = 0 dove MI esprime la possibile variazione in valore assoluto del margine di interesse. Tabella 21.1 Un esempio di gap nullo Attività sensibili Attività non sensibili Passività sensibili Passività non sensibili Nelle descritte condizioni, dette di matching per scadenza delle attività e delle passività, la banca non assume rischi di tasso di interesse, perché il suo conto economico (nella componente margine di interesse) non è influenzato dalle variazioni dei rendimenti di mercato. Un semplice esempio può sostenere il concetto. Si ipotizzi al tempo t 0 non sensibili: 1. As = 1000 milioni 2. Ps = 1000 milioni 3. rendimento annuo delle As = 6% 4. costo annuo delle Ps = 4%. Per semplicità, si può immaginare che all ipotizzato costo/rendimento annuo corrisponda un costo/rendimento su base trimestrale rispettivamente dell 1% e

14 308 Economia e gestione della banca dell 1,5%. Si osservi che i costi e i rendimenti delle attività e delle passività non sensibili semplicemente non rilevano ai fini del modello in esame, dal momento che per definizione i flussi di interessi alimentati da tali poste di bilancio nell intervallo di tempo considerato non subiscono alcuna variazione. Sulla base dei dati dell esempio, il margine di interesse di competenza del trimestre t 1 -t 0 è pertanto pari a: (1000 milioni * 1,5%) (1000 milioni * 1%) = 5 milioni. Se al tempo t 0 i rendimenti di mercato subissero un rialzo pari ad un punto percentuale su base annua, il costo/rendimento trimestrale delle attività/passività si incrementerebbe analogamente dello 0,25%, comportando un margine di interesse di competenza dello stesso trimestre pari a: (1000 milioni * 1,75%) (1000 milioni * 1,25%) = 5 milioni e dunque identico alla situazione di partenza. Allo stesso risultato si perviene ovviamente se la variazione dei tassi fosse stata maggiore o minore, e/o di segno contrario (cioè al ribasso e non al rialzo). Come già detto, l indifferenza del margine di interesse alle variazioni dei tassi, se queste colpiscono in misura analoga il costo delle passività e il rendimento delle attività, è infatti garantito da una struttura di bilancio perfettamente matched e dal gap corrispondentemente nullo. Diverso dal caso appena visto è invece quello in cui il valore delle attività sensibili a un certo tempo t 0 differisce dal valore delle passività sensibili alla stessa data. Si parla allora di una condizione di mismatch nelle strutture di bilancio, e nel caso di shock sui tassi la situazione può essere sintetizzata così: Tabella 21.2 Un esempio di gap positivo poiché G 0, MI 0 Attività sensibili Attività non sensibili Passività sensibili Passività non sensibili Tabella 21.3 Un esempio di gap negativo Attività sensibili Attività non sensibili Passività sensibili Passività non sensibili

15 21 Il rischio di interesse e le politiche di asset-liability management 311 tivo sul margine di interesse ottenibile dalle variazioni previste dei tassi di mercato (assunzione deliberata di un rischio di tasso di interesse). La scelta gestionale soggettiva e alternativa tra immunizzazione e massimizzazione si fonda oltremodo sull elevata capacità della banca di prevedere, in particolare con sufficiente anticipo rispetto alla generalità degli operatori del mercato, l andamento dei tassi di interesse. Più precisamente, occorre essere in grado di prevedere la futura struttura dei tassi di interesse sulle diverse scadenze, relativamente cioè ai diversi orizzonti temporali considerati. Infine, la gestione attivo-passivo presuppone da parte della banca una conoscenza analitica e approfondita, da un lato, della propria struttura degli attivi/passivi per scadenze e, dall altro lato, delle concrete opportunità offerte dal mercato di modificare tali strutture. Ciò significa avvalersi di sistemi informativi progrediti e articolati, che consentano sofisticate misurazioni e simulazioni: tali sistemi possono di fatto essere considerati un prerequisito sine qua non per garantire un adeguata operatività dei modelli gestionali in esame. Sulla base delle considerazioni appena svolte, è possibile rilevare come l obiettivo perseguito dalla gestione attivo-passivo dipenda in primo luogo dalla scelta di posizionamento del soggetto economico sulla curva rischio-rendimento, ma anche dal grado di prevedibilità dei tassi di interesse di mercato. Se infatti le condizioni di funzionalità dei mercati finanziari e le scelte operate dagli organi di politica economica e monetaria non consentissero previsioni attendibili, la banca tenderebbe fisiologicamente a privilegiare una gestione prudente e passiva del rischio di tasso, ricercando l immunizzazione del margine di interesse attraverso l annullamento del gap. Viceversa, in condizioni di scenario diverse e/o in presenza di un soggetto economico propenso a sfruttare le opportunità di maggiore rendimento possibile, in presenza di rischi più elevati ma calcolati, la manovra del gap può diventare attiva. Tale manovra, impostata in funzione delle aspettative sui rendimenti di mercato, è sintetizzata nella tabella che segue. Tabella 21.4 Aspettative sui tassi e manovra del gap Andamento atteso dei tassi Manovra del gap Aumento Diminuzione Aumento del gap positivo Riduzione del gap positivo Riduzione del gap negativo Aumento del gap negativo Nella fase effettivamente applicativa della manovra dei gap, si consideri peraltro che essa anticipa la variazioni attese dei tassi di mercato, così da predisporre adeguatamente per tempi e dimensioni la struttura ottimale per scadenze dell attivo e del passivo in funzione dei tempi e della dimensione delle stesse variazioni.

16 21 Il rischio di interesse e le politiche di asset-liability management 313 Tabella 21.5 Un esempio di gap analysis incrementale (dati in milioni di euro) Attivo Non Totale mesi mesi mesi mesi sensibili Cassa Riserva obbligatoria Impieghi in conto corrente Impieghi a tasso variabile Impieghi a tasso fisso Titoli a tasso variabile Titoli a tasso fisso Altre attività TOTALE DELL ATTIVO Passivo e Patrimonio Depositi Interbancario Certificati di deposito a tasso fisso Certificati di deposito a tasso variabile Obbligazioni a tasso fisso Obbligazioni a tasso variabile Patrimonio TOTALE DEL PASSIVO E PATRIMONIO Gap periodico Gap cumulato Come si nota, il periodo di valutazione di un anno è stato ulteriormente scomposto in quattro intervalli temporali: da zero a 1 mese (nel quale ricadono anche le attività e le passività a vista), da 1 a 3 mesi, da 3 a 6 mesi e, infine, da sei a dodici mesi. Tutte le poste dello stato patrimoniale che non subiscono variazioni delle loro condizioni economiche all interno del gapping period vengono assimilate alle poste insensibili e, quindi, collocate in una fascia a sé stante. Per ognuno dei sottoperiodi individuati, poi, si è effettuato il calcolo del gap periodico (o incrementale) che consente di monitorare con maggior dettaglio l esposizione della banca al rischio di variazione delle condizioni di mercato. Una posizione negativa per milioni di euro relativa al primo intervallo temporale ci indica che la banca è esposta al rischio di una riduzione del margine di interesse in caso di variazione al rialzo dei tassi di interesse nel brevissimo termine; la stessa valutazione vale, poi, per gli altri sottoperiodici caratterizzati da segni alterni e da entità del gap variabile. La rappresentazione dei gap sottoperiodali non ha solo l obiettivo di consentire una valutazione più puntuale rispetto a quella in precedenza offerta dal modello del gap base ma permette anche, e soprattutto, alla banca di individuare le azioni correttive da intraprendere al fine di ridurre la propria esposizione al rischio. Qualora, infatti, la banca desiderasse azzerare la propria esposizione alla variabilità dei tassi di mercato dovrebbe assumere diver-

17 21 Il rischio di interesse e le politiche di asset-liability management 317 vo e del passivo, diventava via via più evidente il fatto che le banche erano chiamate ad affrontare in misura sempre crescente anche rischi diversi dalla variabilità dei soli tassi di interesse; altre grandezze di mercato, quali i corsi azionari, i tassi di cambio, i prezzi dei diversi strumenti derivati, infatti, iniziavano a influenzare sempre più pesantemente i risultati economici degli intermediari creditizi. La considerazione congiunta del fatto che, da un lato, si fosse ampliata la gamma dei fattori di mercato da tenere sotto controllo per la misurazione dell esposizione al rischio complessivo di una banca e, dall altro, che il capitale fosse diventato il perno intorno al quale era destinata a ruotare la nuova filosofia di vigilanza prudenziale ha spinto le funzioni di risk management bancario a ricercare nuove misure di sintesi in grado di fornire un denominatore comune alle diverse tipologie di rischio. Il ricorso agli strumenti di vigilanza prudenziale ha, infatti, legato la possibilità delle banche di assumere rischi alla disponibilità patrimoniale. Il diritto del banchiere di esprimere con i necessari margini di autonomia la propria vocazione imprenditoriale e nel contempo di preservare la stabilità della banca, assegna alla dotazione patrimoniale un importanza cruciale, in quanto a essa è parametrata la capacità della banca di concedere finanziamenti, di investire in valori mobiliari, di crescere territorialmente, di emettere obbligazioni e, più in generale, di trasformare le scadenze (tabella 21.6). La capacità di assunzione del rischio non è dunque illimitata, ma deve tener conto sia delle regole imposte dalle autorità di vigilanza, sia delle esigenze gestionali connesse alla salvaguardia del valore economico dell azienda. Tabella 21.6 Alcuni vincoli gestionali connessi alla dotazione di patrimonio di vigilanza Rischio di credito Rischi di mercato: * rischio di posizione * rischio di regolamento * rischio di controparte * rischio di concentrazione * rischio di cambio Regole per la partecipazione al capitale delle imprese industriali Regole per la trasformazione delle scadenze Il patrimonio di vigilanza deve essere almeno pari all 8% delle attività in bilancio e fuori bilancio ponderate in relazione ai rischi di inadempimento dei debitori Il patrimonio di vigilanza deve essere almeno pari alla somma dei requisiti patrimoniali derivanti dall applicazione dei coefficienti minimi connessi alle diverse tipologie di rischio Il rispetto dei coefficienti patrimoniali minimi obbligatori e la disponibilità di un patrimonio di vigilanza consistente, ovvero almeno pari a 1 miliardo di euro, sono condizioni necessarie per accedere allo status di banca abilitata o specializzata Le immobilizzazioni e le partecipazioni devono essere interamente coperte dal patrimonio di vigilanza; ulteriori vincoli sono definiti relativamente all equilibrio della struttura per scadenza dell attivo e del passivo.

18 318 Economia e gestione della banca Il banchiere deve, pertanto, risolvere un duplice problema gestionale. Il primo consiste nell allocare il capitale disponibile tra le diverse aree di operatività al fine di massimizzarne il rendimento; il secondo consiste nel minimizzare il costo del capitale necessario alla copertura dei rischi assunti in eccesso rispetto alla dotazione patrimoniale disponibile. L ampiezza della nozione di patrimonio di vigilanza, comprendente oltre al patrimonio netto anche i fondi rischi, le passività subordinate e gli strumenti ibridi di patrimonializzazione (tabella 21.7) consente, infatti, di affiancare alla raccolta di capitale di rischio l utilizzo di capitale di debito e di ridurre in questo modo l onerosità dei requisiti imposti dai ratios patrimoniali. Tabella 21.7 Nozioni di patrimonio di vigilanza Definizione Patrimonio di base Patrimonio supplementare primario Patrimonio supplementare secondario Elementi componenti Capitale versato, riserve, il fondo per i rischi bancari generali e gli strumenti innovativi di capitale al netto delle azioni proprie, dell avviamento, delle immobilizzazioni immateriali e delle perdite registrate negli esercizi precedenti. Le riserve di rivalutazione, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione, le passività subordinate, il fondo rischi sui crediti al netto delle minusvalenze su titoli, delle perdite su crediti di rilevante entità e delle perdite sui crediti connesse al rischio paese. Passività subordinate con durata originaria pari o superiore a due anni La massimizzazione del rendimento della dotazione patrimoniale Si ipotizzi, per semplicità, di considerare una banca che abbia un patrimonio di vigilanza interamente rappresentato dalle voci componenti il patrimonio di base e che si proponga di conseguire un obiettivo di massimizzazione del profitto, mantenendo inalterata la propria capacità di assunzione del rischio. La stessa definizione di ROE consente di evidenziare come questo obiettivo debba essere necessariamente raggiunto allocando i mezzi propri alle singole unità organizzative, in modo tale da uguagliare il rendimento marginale del patrimonio rispettivamente assorbito. Il problema della corretta allocazione del capitale può essere sintetizzato, dunque, nella definizione della dimensione ottimale del portafoglio prestiti e del portafoglio titoli e, a livello di singola unità organizzativa, nella scelta tra diverse modalità di erogazione dei finanziamenti (es. mutuo ipotecario vs prestito non garantito) e tra diverse forme di investimento (es. obbligazioni vs azioni). Ai fini

19 322 Economia e gestione della banca Grafico 21.1 Distribuzione di probabilità delle variazioni settimanali dell azione XYZ Area della predita Area del profitto 16% Intervallo di confidenza = 68% 16% 2,5% Intervallo di confidenza = 95% 2,5% 1,96 σ 1σ 0 +1σ +1,96 σ Le considerazioni sin qui esposte, a prescindere dalle metodologie utilizzate, consentono di risolvere il problema della massimizzazione del rendimento del patrimonio. A consuntivo, infatti, l analisi della redditività prodotta e del capitale assorbito permettono di individuare quali unità organizzative hanno distrutto valore per gli azionisti, offrendo un contributo al ROE minore rispetto a quello atteso in funzione del rischio assunto, e quali invece hanno creato valore, rispettando le attese, in termini di rendimento del capitale assorbito. A preventivo, al contrario, la definizione di un obiettivo in termini di ROE conduce alla definizione di una soglia di redditività minima che le unità organizzative devono garantire, in virtù del capitale a esse assegnato, ovvero della loro capacità di assunzione del rischio. Si ipotizzi che una banca debba ripartire i propri investimenti tra mutui ipotecari, crediti non garantiti e titoli, per un importo complessivo pari a milioni di euro, in condizioni di non modificabilità della dimensione e della composizione del passivo. In una logica ex ante è necessario chiedersi quale peso attribuire alle diverse categorie di attività, conoscendo sia i loro rendimenti attesi sia l assorbimento di capitale a esse connesso, nell ulteriore ipotesi che il valore del patrimonio disponibile per la copertura degli investimenti finanziari sia pari a 6500 milioni di euro. Tabella 21.8 Indicatori di rendimento/rischio per attività Attività Rendimento atteso Assorbimento capitale Assorbimento capitale (Vigilanza) (Worst case scenario) Mutui 8% 4% 5% Crediti 10,5% 8% 7,5% Titoli 6% 1% 0,75%

20 21 Il rischio di interesse e le politiche di asset-liability management 323 La soluzione della funzione di massimizzazione del ROE conduce a risultati differenti in funzione del criterio di allocazione del capitale utilizzato. Tabella 21.9 Alternative di investimento e allocazione del capitale (dati in milioni di euro) Ipotesi A Ipotesi B Ipotesi C Mutui Crediti Titoli Utile banca Capitale assorbito (coeff. di vigilanza) Capitale assorbito (worst case scenario) Il ricorso al criterio imposto dalle autorità di vigilanza porta (ipotesi A) a un investimento nullo nel portafoglio titoli e a un livello di assorbimento del capitale, secondo la logica del worst case scenario, inaccettabile dal punto di vista gestionale. Questa ripartizione degli investimenti, infatti, sebbene praticabile da un punto di vista regolamentare, rischia di compromettere la solvibilità della banca al verificarsi dello scenario peggiore, mettendo a rischio una quantità di capitale superiore rispetto al patrimonio disponibile. Il ricorso al criterio del worst case scenario (ipotesi B) porta a un investimento nullo nei mutui e a un assorbimento di capitale insostenibile per far fronte alle esigenze di rispetto dei ratios patrimoniali imposti dagli organi di controllo. Questa soluzione, dunque, sebbene accettabile dal punto di vista gestionale, non è praticabile, in quanto non in linea con quanto previsto dalla disciplina di vigilanza. L ipotesi C, infine, ottimizza la funzione di massimizzazione dell utile soddisfacendo entrambi i criteri di assorbimento del capitale. La simulazione effettuata dimostra che la scelta del criterio di valutazione dell assorbimento del capitale distorce le scelte di investimento e genera soluzioni non sempre accettabili sia dal punto di vista regolamentare, sia da quello gestionale, richiedendo un opportuna integrazione al fine di conseguire l obiettivo della massimizzazione del profitto aziendale in condizioni di solvibilità La minimizzazione del costo del patrimonio Sinora si è considerata l ipotesi restrittiva secondo cui la capacità di assunzione di rischio della banca non potesse essere aumentata, essendo vincolata alla dotazione patrimoniale iniziale. La rimozione di questa ipotesi offre al banchiere l opportunità di valutare una pluralità di investimenti alternativi che, generando un fabbisogno di capitale aggiuntivo, impongono il reperimento delle risorse patrimoniali necessarie per soddisfare i vincoli regolamentari e gestionali.

21 23 Le crisi bancarie 349 Tabella 23.1 Prompt corrective action del FDICIA Classe di rating Soglie di capitalizzazione Azioni correttive Ben capitalizzate Adeguatamente capitalizzate Sottocapitalizzate Significativamente sottocapitalizzate Seriamente sottocapitalizzate Coeff. di solvibilità >= 10% Leva finanziaria >= 5% Coeff. di solvibilità >= 8% Leva finanziaria>= 4% Coeff. di solvibilità < 8% Leva finanziaria< 4% Coeff. di solvibilità < 6% Leva finanziaria < 3% Capitale primario / Totale attivo <= 2% Nessuna Nessuna 1. Piano di ricapitalizzazione 2. Sospensione del pagamento dei dividendi 3. Limitazione alla crescita dell attivo 4. Autorizzazione preventiva dell espansione territoriale 1. Piano di ricapitalizzazione 2. Restrizione delle transazioni con le controllate 3. Riduzione dei tassi di interesse pagati 4. Ulteriore limitazione alla crescita dell attivo 5. Proibizione di emissione di depositi nei confronti di corrispondenti 6. Licenziamento dei senior manager Amministrazione straordinaria entro 90 giorni se non disposto diversamente dalle autorità di vigilanza Per leva finanziaria si intende il rapporto tra TIER 1 e l attivo ponderato per il rischio. predisposizione del loro rapporto, evidentemente non disponibili mediante il controllo cartolare. Con riferimento all Italia, anche la Banca d Italia si è dotata di un early warning system, denominato PAT.R.O.L., finalizzato a ottenere una serie di informazioni sul livello di patrimonializzazione, sulla redditività, sull organizzazione e sulla liquidità delle banche aggiuntive rispetto a quelle desumibili dalle segnalazioni di vigilanza. L obiettivo è evidentemente quello di individuare con tempestività le banche in difficoltà, allo scopo di minimizzare gli effetti della manifestazione della crisi. Un altro tentativo di costruzione di un indicatore sintetico di solidità delle banche è stato realizzato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi di cui si dirà in seguito che attribuisce alle istituzioni consorziate un rating sulla base di una serie di profili gestionali concernenti la rischiosità, la solvibilità, la trasformazione delle scadenze, l efficienza e la redditività. Tuttavia questo sistema di screening, oltre a risentire degli stessi difetti del controllo cartolare della Banca d Italia, essendo costruito sulla base delle segnalazioni inviate periodicamente dalle banche al Fondo, si limita ad avviare procedure sanzionatorie interne, che spaziano dalla maggiore frequenza dell invio delle segnalazioni alla esclusione dal Fondo stesso.

22 350 Economia e gestione della banca Un discorso a parte merita il problema dei controlli interni, ovvero degli early warning system sviluppati dalle banche per finalità gestionali. La reciproca consapevolezza delle autorità di vigilanza di non essere in grado di percepire tutti i profili di rischio delle banche e delle banche di non poter riposare sui coefficienti di vigilanza imposti dagli organi di controllo per salvaguardare il valore economico dell azienda ha sollecitato le stesse autorità di vigilanza a imporre alle banche di dotarsi di un efficace sistema di controlli interni. Obiettivo di tale regolamento è quello di conciliare la redditività dell impresa bancaria con l assunzione di rischi gestionali che sia al tempo stesso consapevole e compatibile con le caratteristiche economico-patrimoniali della banca. Ciò ha indotto la nascita di apposite unità organizzative incaricate della valutazione dell esposizione al rischio della banca nel suo complesso. Il compito assegnato a queste unità, che nelle diverse esperienze nazionali sono alternativamente denominate Risk management unit, Comité d audit, Comitato di gestione del rischio, le colloca necessariamente in posizione di staff rispetto all Alta direzione, dovendo essere preservata la loro più ampia autonomia dalle unità organizzative direttamente coinvolte nella gestione delle diverse aree d affari. La logica sottostante alla costituzione di questa funzione aziendale è quella di giungere a una gestione globale e unitaria dei rischi della banca che passi attraverso le seguenti fasi: individuazione dei rischi; mappatura dei rischi per unità organizzative; verifica del patrimonio assorbito dalle singole unità organizzative; allocazione del capitale disponibile. Tabella 23.2 Un esempio di mappatura dei rischi economici e finanziari per unità organizzative Unità organizzative Direzione Direzione Filiali EDP Ufficio legale Rischi Finanza Crediti Controparte X X X Tasso di interesse X Tasso di cambio X Posizione X Illiquidità X Errore X X X X X Frode X X X Informatico X X Giuridico e fiscale X Lo sviluppo di simili sistemi di controllo interni, ancor prima che gli organi di controllo li imponessero, ha determinato anche effetti retroattivi sulle modalità di

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