Sentenza n. 767/2015 pubbl. il 03/09/2015 RGn. Repert. n. 814/2015 del 03/09/2015

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1 R.G./C. n. TRIBUNALE DI MATERA * * * REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La dott.ssa Mariadomenica MARCHESE, giudice unico in funzione monocratica, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa civile iscritta al n.-dell'annom,ie1 Ruolo Generale degli Affari Contenziosi vertente tra codice fiscale - codice fiscale, rappresentati e difesi dall'avv.tollllllj -in forza di mandato a margine_ dell'atto introduttivo ed elettivamente domiciliati press~ lo studio dell'avv.t~via_, -ATTORI- convenuti in riconvenzionale e rappresentato e difeso dall'avv.to come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta ed elettivamente domiciliato presso lo studio di questi in -via n. - CONVENUTO - attore in riconvenzionale OGGETIO: azione di rivendica; riconvenzionale di usucapione. CONCLUSIONI: come da verbale di udienza e rispettivi scritti difensivi.

2 RG n. RAGIONI DI FATIO E DI DIRITIO - Con atto di citazione notificato il e convenivano in giudizio, innanzi alla Tribunale di Matera, per ottenere la declaratoria del loro diritto di proprietà sul terreno meglio descritto nell'atto introduttivo, e, correlativamente, l'illegittimità del decreto ex art bis e.e. emesso in favore del convenuto Gli attori deducevano: che il loro dante causa, acquistato dal padre, aveva, nel 1959 alcuni beni immobili tra cui l'appezzamento di terreno per cui è causa in forza di scrittura privata - che con atto di citazione del successivo 16 luglio 1959 il un'azione di accertamento giudiziale della scrittura privata citata - intraprendeva che con sentenza del 20 novembre 1959 il Tribunale di Matera riconosceva la scrittura così sancendo definitivamente l'acquisto della proprietà dei beni in favore dell'attore - che il - che gli attori, in qualità di, in occasione di alcuni accertamenti volti ad un riconfinamento del terreno, apprendevano dell'occupazione senza titolo del bene da parte di, fratello del defunto - che sporgevano denuncia nei confronti dello stesso apprendendo in quella circostanza che il aveva chiesto ed ottenuto un decreto di accoglimento della domanda di usucapione speciale - che a seguito di accertamenti svolti in Cancelleria scoprivano che la procedura si era svolta senza la corretta instaurazione del contraddittorio nei loro confronti - che, pertanto, il riconoscimento giudiziale dell'accertamento della proprietà del bene in capo a oveva ritenersi illegittimo previo accertamento della loro titolarità del bene - che sia il loro dante causa che essi eredi non avevano mai abbandonato l'appezzamento di terreno per cui è causa. Ciò posto agivano in giudizio per ottenere l'accertamento della propria esclusiva proprietà degli immobili in oggetto e la declaratoria di illegittimità del decreto ex art bis e.e. prima citato.

3 Si costituiva in giudizio Sentenza n. 767/2015 pubbl. il 03/09/2015 chiedendo il rigetto della domanda perché infondata e spiegando domanda riconvenzionale di accertamento dell'intervenuto acquisto dei beni per maturata usucapione. In via pregiudiziale assumeva l'inammissibilità dell'azione esercitata essendo trascorso il termine utile alla proposizione di eventuali opposizioni ai sensi dell'art. 3 co. 3 e 5 della legge n. 346/1976. Il giudizio veniva istruito con prove orali e documentali. Veniva quindi trattenuto in decisione all'udienza del 12 febbraio 2015 con la concessione dei termini di cui all'art. 190 c.p.c. per il deposito di note conclusionali e repliche. I - Non è fondata l'eccezione di inammissibilità della domanda proposta dagli attori perché tardiva ai sensi dell'art. 3 co. 3 e 5 della legge n. 346/1976. In via principale gli attori hanno chiesto, come detto, la declaratoria di nullità del decreto reso ai sensi dell'art bis e.e. perché emesso in assenza di contraddittorio. Lamentavano infatti che, nonostante il decesso del loro dante causa, - il ricorso del non era stato compiutamente notificato a coloro che figurano come titolari di diritti reali sull'immobile (art. 3 citato) in quanto, pur risultando il decesso del destinatario, non veniva disposta alcuna notifica in favore degli eredi, collettivamente ed impersonalmente. In assenza di tale inadempimento insomma la procedura doveva dirsi viziata e l'accertamento lì svolto non poteva far stato nei loro confronti. L'assunto è fondato. La notifica dell'atto introduttivo e del decreto di fissazione dell'udienza effettuata in favore di una parte già deceduta deve considerarsi giuridicamente inesistente né può operare in quest'ipotesi il principio per cui invece si considera validamente effettuata la notificazione alla parte deceduta dopo la pubblicazione della sentenza, qualora la controparte abbia ignorato senza sua colpa il decesso, poiché esso trova giustificazione solo in ambito endoprocessuale.

4 La nullità della notifica perciò non consente di ritenere operante il termine decadenziale di cui al co. 5 dell'art. 3 citato proprio perché l'adempimento della pubblicazione presuppone la validità della precedente notifica del ricorso. Ciò posto, contrariamente a quanto sostenuto dal convenuto, l'azione proposta non è inammissibile e comporta la legittimità dell'azione di rivendica esperita dagli attori oltre che la possibilità, a contraddittorio instaurato, di entrare nel merito della domanda di usucapione proposta in via riconvenzionale dal convenuto {cfr. Cass. n. 975/2000 secondo cui "nello speciale procedimento disciplinato dall'art. 3 della legge 10 maggio 7976 n. 346 (usucapione speciale per la piccola proprietà rurale) il decreto pretorile di accertamento della proprietà emesso in assenza di qualsiasi contraddittorio non ha valore di sentenza e non è quindi suscettibile di passaggio in giudicato in ordine alla titolarità del diritto di proprietà con esso riconosciuto in pregiudizio delle situazioni giuridiche effettive di coloro che siano rimasti estranei al procedimento ed agiscono in giudizio contro il beneficiario del provvedimento pretorile per far valere i loro pretesi diritti reali sui beni oggetto del provvedimento stesso, in conflitto con la situazione in questo riconosciuta e che possono pertanto, nell'ambito di un giudizio contenzioso, chiedere la disapplicazione del decreto di riconoscimento ovvero proporre in via principale o incidentale un'ordinaria azione di nullità del provvedimento stesso"). Il - La domanda principale spiegata dagli attori concerne la rivendica dell'immobile de quo nei confronti di colui che ne ha l'attuale disponibilità sine titulo. Tanto emerge dal complessivo tenore delle difese svolte da parte attrice. Il materiale istruttorio non consente di ritenere soddisfatto l'onere della prova del presupposto di tale azione, ovvero il diritto di proprietà degli attori. In via preliminare, va osservato che agli attori deve essere riconosciuta la legittimazione ad agire strictu sensu intesa {cioè, la titolarità in astratto del diritto controverso, alla stregua della situazione di fatto e di diritto per come prospettata nell'atto introduttivo; per tutte Cass. n. 6894/1999 e Cass. n. 1188/1998). Essi, come emerge dall'atto introduttivo del giudizio, hanno inteso agire in qualità di eredi di e, a tale scopo, non è necessaria la trascrizione dell'accettazione dell'eredità essendo sufficiente, in mancanza di

5 specifica contestazione da parte convenuta, la prova della parentela e dunque della qualità di eredi del de cuius (cfr. Cass. n /2005 secondo cui "in tema di "legitimatio ad causam", colui che promuove l'azione (o specularmente vi contraddica) nell'asserita qualità di erede di altro soggetto indicato come originario titolare del diritto (ne/là specie rivendicazione della proprietà) deve allegare la propria legittimazione per essere subentrato nella medesima posizione del proprio autore, fornendo la prova, in ottemperanza all'onere di cui all'art cod. civ., del decesso della parte originaria e della sua qualità di erede, perché altrimenti resta indimostrato uno dei fatti costitutivi del diritto di agire (o a contraddire): per quanto concerne la delazione dell'eredità, tale onere - che non è assolto con la produzione della denuncia di successione - è idoneamente adempiuto con la produzione degli atti dello stato civile, dai quali è dato coerentemente desumere quel rapporto di parentela con il "de cuius" che legittima alla successione ai sensi degli artt. 565 e ss cod. civ.. D'altra parte, con riguardo all'accettazione dell'eredità, poiché ai sensi dell'art. 476 cod. civ. l'accettazione tacita può desumersi dall'esplicazione di un'attività personale del chiamato incompatibile con la volontà di rinunciarvi, "id est"con un comportamento tale da presupporre la volontà di accettare l'eredità secondo una valutazione obiettiva condotta alla stregua del comune modo di agire di una persona normale, l'accettazione è implicita nell'esperimento, da parte del chiamato, di azioni giudiziarie, che - essendo intese alla rivendica o alla difesa della proprietà o ai danni per la mancata disponibilità di beni ereditari - non rientrano negli atti conservativi e di gestione dei beni ereditari consentiti dall'art. 460 cod. civ., sicché, trattandosi di azioni che travalicano il semplice mantenimento della stato di fatto quale esistente al momento dell'apertura della successione, il chiamato non avrebbe diritto di proporle e, proponendole,dimostra di avere accettato la qualità di erede"}. lii Nel merito tuttavia, la domanda di rivendica proposta dagli attori è infondata. Gli attori non hanno infatti offerto idoneo riscontro istruttorio del titolo in base al quale rivendicano il diritto di proprietà pur tenendo conto del più tenue onere

6 probatorio sugli stessi incombente alla luce della domanda riconvenzionale di usucapione proposta dal convenuto. Essi infatti non hanno prodotto la scrittura privata della compravendita immobiliare in base alla quale il proprio dante causa avrebbe acquistato gli immobili per cui è causa. Come noto, i trasferimenti immobiliari esigono la forma scritta ad substantiam di talchè, a prescindere dalle difese del convenuto, e tenuto conto che la verifica della titolarità costituisce un accertamento da compiersi ex officio trattandosi di una condizione dell'azione di cui all'art. 948 e.e. (cfr. Cass. n. 4704/1985, n /2009) gli attori avrebbero dovuto produrre la scrittura privata invocata. Deve rilevarsi peraltro che sia la forma scritta sotto pena di nullità richiesta ai sensi dell'art e.e. per il trasferimento della proprietà di beni immobili, sia l'effetto traslativo che deve ricollegarsi alla scrittura privata e non già alla successiva sentenza di accertamento giudiziale della stessa (art e.e.), comporta l'insufficienza della sola produzione della sentenza citata. E' noto peraltro il divieto, a fronte di un contratto che richieda la forma scritta ad substantiam, di far luogo ad una prova per presunzioni ai sensi dell'art secondo comma e.e. tenuto conto anche del fatto che nel caso di specie il contratto suddetto è invocato come fonte del diritto petitorio degli attori. Tali assorbenti considerazioni comportano il rigetto della domanda di rivendica. D'altra parte, anche la mera denuncia di successione, laddove si ipotizzasse un'azione iure proprio degli odierni attori, è insufficiente allo scopo, trattandosi di adempimento di carattere meramente fiscale e dunque inidoneo a provare la titolarità del bene (Cass. n /2002). Le considerazioni che precedono peraltro non possono essere scalfite dal meno intenso onere probatorio incombente sull'attore in rivendica quando il convenuto abbia proposto, come nel caso di specie, domanda riconvenzionale di usucapione. Quel minor rigore, in tale ipotesi, si traduce nella facoltatività della prova dell'acquisto a titolo originario mediante i vari trasferimenti della proprietà sino alla

7 copertura del tempo sufficiente ad usucapire, essendo tuttavia sufficiente ed al contempo assolutamente necessaria però la dimostrazione del titolo del proprio acquisto. Sicchè, nelle predette ipotesi, l'onere probatorio del rivendicante può legittimamente ritenersi assolto con la prova della validità del titolo in base al quale quel bene gli è stato trasmesso dal precedente titolare (Cass., sez. Il, n del 10/09/2002; Cass., sez.11, n del 4/12/1997). Per contro, non è ritenuta sufficiente la sola produzione di documentazione amministrativa (nota di trascrizione nei registri immobiliari, nota dell'ufficio del registro, denuncia di successione del presunto dominus, dati ricavati dai registri catastali), ovvero l'assenza di contestazioni o l'ammissione da parte del convenuto (Cass., sez. Il, n del 21/11/1997). Nel caso di specie, pertanto, tenuto conto della mancata produzione della scrittura privata del 1959 la prova suddetta non può dirsi raggiunta. Né le risultanze delle prove orali sono sufficienti a sostenere il possesso ultraventennale del terreno per cui è causa in capo a parte attrice. In particolare, non possono assumere peso decisivo le sole dichiarazioni rese dal teste [udienza dell'8 giugno 2009) in quanto relative ad un arco temporale in cui era poco più che un bambino essendo nato nel IIIIJji talchè, in assenza di ulteriore conforto istruttorio non appaiono idonee, da sole considerate, a ritenere assolto l'onere probatorio dell'usucapione eventualmente maturata in favore degli odierni attori. Sempre l'arco temporale circoscritto (dal 1988 al 1999) lascia emergere l'insufficienza, allo scopo, delle dichiarazioni rese dall'altro teste, se alla stessa udienza. Alla luce delle considerazioni che precedono l'azione di rivendicazione va rigettata. IV - Si è detto che parte convenuta ha proposto domanda riconvenzionale di usucapione. Anche tale domanda merita la sorte del rigetto perché infondata. Gli elementi istruttori assunti, documentali ed orali, non consentono infatti di ritenere acquisita la prova dell'intervenuta usucapione dei beni per cui è causa in favore del convenuto.

8 In particolare, in mancanza di ulteriori decisivi riscontri istruttori, non possono assumere rilievo decisivo le sole prove orali. Le risultanze della prova testimoniale infatti, tenuto conto anche delle dichiarazioni rese dai testi di parte attrice, non trovano conforto nei documenti prodotti dal convenuto in quanto le cartelle esattoriali prodotte risultano nella maggior parte notificate alla moglie del anche in epoca successiva al dedotto possesso esclusivo intrapreso dal convenuto, né dalle stesse è dato evincere l'esatta imputazione e dunque la certa riferibilità ai beni immobili per cui è causa. Lo scarso materiale probatorio insomma induce, a fronte delle contestazioni svolte da parte attrice, al rigetto della domanda di usucapione. Tenuto conto della reciproca soccombenza sono interamente compensate le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale di Matera, definitivamente pronunciando sulla domanda in epigrafe trascritta, così provvede: in parziale accoglimento della domanda di parte attrice dichiara la nullità di tutti gli atti successivi e conseguenti al ricorso depositato il 21 maggio 2003, ivi compreso il decreto ex art bis e.e. emesso in data 27 maggio 2004 dal Tribunale di Matera; rigetta nel resto; rigetta la domanda riconvenzionale di usucapione proposta dal convenuto; compensa interamente tra le parti le spese di lite. Così deciso in Matera, 01/09/2015 IL GIUDICE Dott.ssa M. Marchese

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