La grazia in Gesù Cristo

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1 La Grazia Quando si pensa alla grazia, si pensa perlopiù al perdono. E poiché tutti abbiamo peccato, tutti abbiamo bisogno della grazia. Ecco perché tutte le persone sotto il peso del peccato amano sentire parlare della grazia. Ma se pensiamo alla grazia solamente nel senso del perdono e se intendiamo che la grazia è abbondante vuoi dire che non temiamo talmente il peccato. Molti hanno questa idea, però Giuda scrive, a loro riguardo: «...degli empi che volgono in dissolutezza la grazia del nostro Dio...» (Giud. 4). Grazia non significa solamente perdono, ma allo stesso tempo aiuto (Ebr. 4:16), non ha solo il compito di perdonarci ma anche di insegnarci a non peccare più (Tit. 2:12). Se prendiamo in considerazione questi fatti, rifiuteremo questa falsa consolazione: «peccare non è una faccenda molto pericolosa perché c'è la grazia.» e riceveremo questa vera consolazione che dice: «benché sia prigioniero del peccato posso però essere liberato per mezzo della grazia e ricevere la vittoria». La Legge Quando si pensa alla legge, si pensa alla condanna, da ciò deriva lo stesso malinteso che si è creato con la grazia. Dio non diede la legge per condannare l'uomo ma perché gli servisse come regola di comportamento, per giungere alla conoscenza del peccato. Seguendo le indicazioni della legge molte persone hanno condotto una vita esemplare, ma avevano a disposizione solamente le proprie forze perciò nessuno ha potuto adempiere tutta la legge. La legge non ha aggiunto niente alla perfezione (Ebr. 7:19). Tutti questi uomini di cui leggiamo la storia nell'antico Testamento arrivarono al limite delle proprie forze e da ciò appariva la conoscenza del peccato. La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità sono venute per mezzo di Cristo (Giov. 1:17). Si introduce una speranza migliore Oggigiorno molte persone ragionano così: «la legge (la condanna) è stata data per mezzo di Mosè. Ma adesso abbiamo ricevuto una speranza migliore per mezzo di Gesù Cristo. Lui è venuto con la grazia (il perdono) e Dio ci vede ora attraverso Gesù come se non avessimo mai peccato. Mosè è venuto con delle richieste, delle condizioni, ma Cristo ci ha tolto queste richieste compiendole Lui stesso affinché noi potessimo evitare di compierle». Questo ragionamento è completamente falso. È ovvio che questa speranza migliore significhi che si possono ottenere migliori risultati che nel passato. La legge fu disapprovata perché non poteva aggiungere niente alla perfezione (Ebr. 7:19). Necessariamente una speranza migliore sta a significare che ora possiamo arrivare alla perfezione. Ecco perché gli apostoli potevano scrivere: tendiamo a quello che è perfetto (Ebr. 6:1). E Paolo scrive che corre verso la perfezione (Fil. 3:12). Non lo faceva nell'ignoranza ma spinto dalla sua conoscenza di Gesù Cristo dal quale aveva ricevuto questa migliore speranza. La sua conoscenza era la conoscenza di colui che condannò il peccato nella carne compiendo ciò di cui la legge non fu mai capace (perché la carne la rendeva debole), affinché la 1 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

2 giustizia della legge fosse adempiuta in noi che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito e non perché sfuggissimo alla giustizia della legge (Rom. 8:3-4). Pieno di grazia e di verità II fatto che si comprenda male l'argomento riguardante la grazia, ha come conseguenza che si toglie di mezzo la verità. Quello che resta è un mezzo Gesù o come scrive Paolo: «un altro Gesù e un altro Vangelo..., e voi lo sopportate volentieri» (2 Cor. 11:4). La grazia senza la verità va benissimo alla maggioranza, amano ascoltare questo tipo di predicazione, perciò ci sono tanti predicatori che viaggiano con questo «altro vangelo» e che predicano «un altro Gesù», e poiché le persone ascoltano volentieri un simile vangelo, ciò costituisce per questi predicatori un buon mezzo per guadagnarsi la vita. Tuttavia noi non siamo delle persone che falsificano la Parola di Dio per ricavarne un profitto (2 Cor. 2:17), vogliamo con la grazia anche la verità. Per noi non c'è alcuna consolazione in queste parole: «Benché siamo schiavi del peccato, la grazia è così grande che andremo lo stesso in ciclo», no, la nostra consolazione è questa: «La grazia è talmente grande che non abbiamo più bisogno di soccombere al peccato e questo è il ciclo sulla terra per noi». Gesù è venuto pieno di grazia e verità, era la sua gloria (Giov. 1:14). Se Gesù fosse venuto pieno di grazia senza la verità, sarebbe stato simile a un sepolcro imbiancato, noi saremmo rimasti nella nostra ignoranza e nel nostro peccato, ma ricoperti dalla grazia. Molti lo intendono in questo modo, ma ciò non produce alcuna gloria nella loro vita, divengono ipocriti. Ora, se Gesù fosse venuto solamente con la verità, avremmo visto la nostra vera situazione e ciò ci avrebbe portato alla condanna perché non abbiamo in noi stessi la capacità di vivere secondo la verità. Tutto questo non avrebbe prodotto gloria. Ma Dio sia benedetto! Gesù è venuto con tutto ciò di cui avevamo bisogno, cioè: Grazia e verità. Ora possiamo conoscere la nostra vera situazione e la volontà di Dio per noi, nello stesso tempo possiamo ottenere l'aiuto necessario, per vivere secondo la Sua volontà e questo produce realmente una gloria nella nostra vita. Pieno di grazia e di verità, non manca di niente, per questa ragione Egli può salvare perfettamente quelli che si avvicinano a Dio per mezzo di Lui (Ebr. 7:25). È questa la migliore speranza per mezzo della quale ci avviciniamo a Dio. La legge rappresentava una parte della volontà di Dio, ma Gesù è venuto con tutta la volontà di Dio, è venuto pieno di verità. Non ha tolto la legge come molti credono, ma ha adempiuto la legge; lo vediamo nel sermone sul monte: «Avete udito che fu detto ai nostri padri: «Tu non commetterai adulterio»; ecco la legge, essa mirava all'atto stesso, si poteva osservare questo comandamento con le proprie forze ma non si raggiungeva la perfezione. Allora Gesù viene con la verità, la perfezione, e dice: «Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per appetirla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore». Qui condanna il peccato nella carne (Rom. 8:3-4). Questo discorso non mira solo alla purificazione esterna del vaso, ma anche a quella interna. Ecco la perfezione! Nessuno può vincere il desiderio con la propria forza per questo si ha bisogno della potenza di Dio. Per la stessa ragione Gesù veniva ugualmente in aiuto. Gesù continua 2 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

3 allo stesso modo per tutto il sermone sul monte, e dice di lui stesso che predica il vangelo ai poveri. Il vangelo è la buona novella (le promesse). Il sermone sul monte è dunque il vangelo, è ciò che Egli desidera compiere con ogni uomo che si dà a Lui con tutto il cuore. Cominciò la predicazione dicendo: «Beati i poveri in spirito, beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, beati gli afflitti, etc.». È come se qualcuno avesse preparato un grande banchetto con i piatti più saporiti e dica agli invitati: «Beati voi che avete fame, beati voi che siete afflitti perché non avete avuto cibo per molto tempo, beati voi che siate poveri, oggi potete saziarvi, ora c'è la libertà». C'erano molte persone in Israele che desideravano una vita perfetta, ma erano arrivate alla conclusione che la legge non poteva condurvele. Oggi Gesù viene con la perfezione, apparecchia la tavola con piatti a lungo desiderati e dice: «Beati quelli che hanno fame e sete, ecc...». Ora il tempo è arrivato, ora voi sarete saziati di giustizia, di perfezione, ora c'è la libertà di servirsi per chiunque lo voglia. Oggi noi contempliamo la sua gloria, una gioia come la gloria del Figlio unico venuto dal Padre, pieno di grazia e di verità (Giov. 1:14). Dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata Molti pensano così: «Sì, sono un miserabile, ho peccato in pensieri, in parole e in opere, ma poiché là dove il peccato è grande, la grazia è ancora più grande, questo non ha dunque importanza». Ma questo pensiero al quale molti sono attaccati, è combattuto da Paolo quando scrive: «Che diremo dunque? Rimarremo noi nel peccato affinché la grazia abbondi? Così non sia. Noi che siamo morti al peccato, come vivremo ancora in esso?» (Rom. 6:1-2). Se il pensiero delle persone citate fosse vero, sarebbe impossibile realizzare la gloria. Se per esempio un uomo ruba, cadrebbe sotto la legge e si sentirebbe condannato e perseguito. Ma supponiamo che sia liberato dalla legge e posto sotto la grazia, allora potrebbe rubare quanto vorrebbe perché la dove il peccato è grande, la grazia è ancora più grande! Se noi persistiamo in questo pensiero, giungeremo a compiere delle cose terribili. Qual è il significato allora, chiedete? Manteniamo lo stesso esempio. Quando l'uomo ruba è sotto la legge. La legge lo condanna, lo punisce, nel migliore dei casi in modo che non osi più rubare. Ma in quest uomo il peccato è diventato potente, rubare è una malattia per lui. Ha la cleptomania, un'eredità da generazioni. Anche punendolo severamente l'uomo non riesce ad abbandonare il furto. Ma là dove il peccato ha abbandonato, la grazia (l'aiuto per uscire dal peccato) ha sovrabbondato. Se si rifugia vicino a Gesù, riceverà la grazia (la potenza del cielo) non solo per abbandonare il furto, ma anche per non desiderare più i beni del suo prossimo. Sì, voi dite, è chiaro che deve abbandonare il furto. Non si può essere cristiani e rubare! No, ma è anche evidente che bisogna smettere di mormorare, di essere gelosi, di farsi valere, di cercare il proprio interesse, di essere irritato, di essere offeso o adirato etc. Voi dite: «Sì, ma non si può diventare perfetti, e queste cose sono troppo radicate in noi». Certamente, ma là dove il peccato ha abbandonato (dove si trova radicato in noi) là, la grazia (l'aiuto per essere liberati e uscire da questi peccati) ha sovrabbondato. L'uomo non poteva liberarsi del furto con la propria forza, ma per mezzo della grazia che ha ricevuto da Gesù. Essa non sarebbe 3 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

4 sufficiente per liberarci ugualmente da tutti gli altri peccati? O volete diminuire la gloria con la quale Gesù è venuto? La mia grazia ti basta Paolo riceveva delle grandi rivelazioni e perché non s inorgoglisse ricevette una scheggia nella carne. Egli pregò il Signore di togliergliela, ma ottenne questa risposta: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza». Paolo dice inoltre: «Perciò molto volentieri mi glorierò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su me» (2 Cor. 12:9). Molte persone traggono da questi versetti una falsa consolazione. Essi conoscono i loro peccati e le loro sconfitte, così sono molto deboli e dicono: «Sì, Paolo non poteva gloriarsi che delle sue debolezze; fortunatamente la grazia di Dio ci basta». Secondo questo ragionamento non avremo bisogno di vivere una vita giusta, poiché la grazia di Dio ci basterebbe. Questo significherebbe gloriarsi dei propri peccati. È certo che Paolo non lo faceva! Non bisogna credere che la scheggia nella carne fosse un peccato del quale egli era schiavo. Al contrario! La scheggia gli fu data perché non peccasse, cioè perché non s inorgoglisse. Essa lo aiutò a riconoscere che senza la grazia di Dio non sarebbe stato niente, e a mantenerlo in piedi. Non doveva essere privato di qualche cosa, la grazia ne era garante perché la grazia gli bastava. La grazia non doveva sostituire una vita giusta, ma essere l'aiuto per realizzarla, rendendolo capace, senza difetti e completamente sufficiente. Voi che soccombete al peccato e pensate che si tratti delle stesse debolezze di cui Paolo scrive, non pensate che la potenza di Dio divenisse perfetta in lui in maniera che quando era debole, era allora che era forte? Voi volete dire invece che quando peccate (per es. quando vi arrabbiate) la potenza di Dio riposa su di voi? Non si potrebbe sbagliare di più! Ma non potete dire, quando vi arrabbiate per esempio, che siete deboli... al contrario è là che siete forti! Non sarebbe piacevole starvi davanti! E non avete la potenza di Dio ma solamente la potenza della carne. Essere debole è il contrario di essere forti. Essere debole vuol dire essere umili e curarsi poco di se stessi. Allora otterrete la grazia (la potenza di Dio) su voi e vincerete i vostri peccati. Per questo Dio deve darci di quando in quando certe cose che ci ricordino la nostra miseria e ci facciano dipendere da Lui. Quando Dio ci benedice, fa riuscire la nostra opera, ci dà magari delle rivelazioni, allora ci s inorgoglisce facilmente e si pensa di essere qualcuno. Ma Dio sa darci una scheggia nella carne, possono essere delle circostanze difficili, delle malattie o una cosa del tutto diversa che ci ricordano che siamo polvere e non siamo assolutamente niente senza la grazia di Dio. Una tale scheggia costituisce un contrappeso di benedizioni, mostrandoci (può darsi nonostante le grandi rivelazioni) il nostro posto e rivelandoci la nostra debolezza. Voi dite: «Ah sì, abbiamo notato che non riuscivamo». Certamente! Ma è proprio là che Paolo riceveva la promessa che la grazia (la potenza di Dio) gli sarebbe bastata pienamente e non avrebbe 4 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

5 avuto necessità di niente. In altre parole: la grazia gli era stata data come una provvista di potenza alla quale poteva attingere di continuo. Quando sentiva la sua debolezza (quando erano insufficienti la sua forza e la sua capacità) non doveva scoraggiarsi, perché la provvista di grazia doveva essere una sorgente inestinguibile di potenza, per renderlo capace di compiere la sua opera (fare la volontà di Dio in ogni cosa). Grazia per essere aiutato Perché non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze; al contrario egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza però peccare. Avviciniamoci dunque con fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per essere soccorsi nei nostri bisogni al momento opportuno. (Eb. 4:15-16). Potremo domandare: «Qual è il momento propizio per ottenere grazia?» Voi dite quando si è peccato. Questa risposta deriva da una falsa comprensione della grazia. Si tratta in questo passo di grazia per essere aiutato, e non abbiamo bisogno di aiuto per peccare. Voi rispondete no, ma abbiamo bisogno di aiuto quando abbiamo peccato. Sì, è giusto, ma è proprio quello il momento opportuno? Non sarebbe invece quando la tentazione arriva, prima della caduta in modo da essere aiutato a non peccare? È impossibile, rispondete. La grazia non sarebbe sufficiente? L'aiuto di Gesù non basterebbe? Facciamo un esempio: «Un uomo stava per cadere in un profondo abisso, ma riuscì ad aggrapparsi e a trovare un appiglio. Riconosce però che gli è impossibile salvarsi senza un aiuto e grida aiuto! Nessuno lo ode; alla fine, non essendo capace di tenersi aggrappato, cade. Avrebbe potuto uccidersi, ma vive ancora. Eccolo con le gambe e le braccia fratturate. Di nuovo grida aiuto finché delle persone accorrono, lo aiutano e lo trasportano all'ospedale, dove guarisce dopo un lungo soggiorno. Ora possiamo chiedere: «Ha ricevuto l'aiuto al momento opportuno?» «No, avrebbe avuto bisogno di aiuto prima della sua caduta», rispondete: È giusto. È lo stesso con noi. Quando siamo tentati, rassomigliano a quest uomo che stava per cadere. Come lui anche noi siamo incapaci di tenerci in piedi con le nostre forze, ma siamo invitati a chiedere aiuto con fiducia. È proprio questo il momento opportuno. Se noi facciamo così, riceviamo la grazia per essere aiutati a non cadere. O credete che la grazia non basti? Non credete che possa bastarvi? Ma l'errore consiste nel fatto che la maggior parte delle persone non sono così umili nei momenti delle tentazioni da riconoscere la loro debolezza e gridare aiuto. È per questo che la potenza di Dio non si compie in essi in modo da permettere loro di restare in piedi, cadono e restano distesi (spiritualmente) con le gambe e le braccia fratturate. Ora possono gloriarsi della loro debolezza e gridare aiuto. Avrebbero un grande bisogno di riconoscere la loro presunzione e la loro ostinazione, avrebbero potuto uccidersi in questa caduta. Molti sono così caduti nel peccato da non essere più capaci di avvicinarsi a Dio per chiedergli perdono, altri (anche se hanno ricevuto il perdono) hanno sporcato la loro vita con una macchia incancellabile. Tutte queste persone dovranno essere ospedalizzate per un tempo più o meno lungo, a meno che non siano già troppo indurite e avranno comunque bisogno di un certo tempo per ritrovare la loro fiducia e la loro gioia in Cristo. 5 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

6 Perché possiamo avvicinarci con fiducia e gridare aiuto? Perché abbiamo un sommo sacerdote che fu tentato come noi in ogni cosa (e non altrimenti) senza peccare, nonostante le prove e le tentazioni restò senza peccato. Egli fu tentato senza commettere peccato. Tutto ciò non gli accadeva soltanto per se stesso, ma per poterci venire in aiuto. Ora sa quello di cui è necessario per resistere nella tentazione e può compatire le nostre debolezze. Egli sa ciò di cui abbiamo bisogno ed è comprensivo per aiutarci nel momento opportuno. Perciò noi possiamo avere fiducia, non abbiamo bisogno di esitare, di avere paura di essere mal compresi o che non possa aiutarci. Lui stesso è rimasto saldo e può ugualmente aiutarci a restare saldi, a seguire le sue orme, poiché non ha commesso peccato (1 Piet. 2:21). Il peccato non regna sopra di quelli che sono sotto la grazia. Adesso possiamo comprendere questa frase: «Infatti il peccato non avrà più potere su di voi; perché non siete sotto la legge ma sotto la grazia.» (Rom. 6:14). Che quelli che sono sotto la legge pecchino non c'è da stupirsi, non hanno che la loro forza. Ma peccare quando si è sotto la grazia è del tutto insensato perché in questo caso abbiamo l'intera potenza divina a nostra disposizione (2 Piet. 1:3). La mia giustizia «E di essere trovato in Lui avendo non una giustizia mia derivante dalla legge ma quella che si ha mediante la fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio basata sulla fede» (Fil. 3:9). Molti capiscono questo versetto così: «La mia giustizia non è che peccato e miseria ed io non posso appoggiarmi su di essa, ma credo in Gesù che ha vissuto una vita giusta per me e che è morto per me; così la sua giustizia mi è messa in conto nonostante che sia un grande peccatore e che le mie opere possono essere cattive. Per questo motivo non bisogna mai guardare verso me ma verso Gesù». Si direbbe che queste parole sono giuste, ma lo spirito che vi si nasconde è cattivo e non sono in accordo con la scrittura perché Paolo dice: «Siate miei imitatori come anche io lo sono di Cristo» (1 Cor. 11:1-4:16 Fil. 3:17). La giustizia che viene dalla legge è la mia perché è adempiuta per mezzo della mia stessa forza. La legge non poteva aiutarmi altrimenti che dandomi delle istruzioni. Paolo era un uomo zelante e andava lontano nel compimento della sua giustizia, ma poiché la legge non ha aggiunto niente alla perfezione, Paolo riconobbe che la giustizia proveniente dalla legge era insufficiente. Ma ora aveva ricevuto la conoscenza di Gesù Cristo (la conoscenza della grazia che è stata data agli uomini per mezzo di Lui) e poteva riconoscere la sua debolezza e cominciava a credere a Gesù, alla grazia (questa potenza di resurrezione) che Lui poteva concedere, sapeva che essa bastava che poteva condurlo alla perfetta giustizia. Noi leggiamo più avanti nella Scrittura che nient altro lo interessava se non di raggiungere la perfezione. Tutte le altre cose le ha considerate come una perdita, ogni guadagno secondo la carne era una perdita in confronto al valore della vittoria da conseguire, per questo correva con perseveranza e ci esorta a prestargli attenzione e a imitarlo. Possiamo farlo con tutta la nostra fiducia perché non correva in modo incerto, non batteva l'aria (1 Cor. 9:26). Sapeva in chi aveva creduto! 6 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

7 La giustizia della fede Ma la legge non si basa sulla fede, anzi essa dice: «Chi avrà messo in pratica queste cose vivrà per mezzo di esse» (Gal. 3:12). Noi sappiamo che l'uomo non è giustificato per mezzo delle opere della legge, per questo si ha bisogno delle opere della fede. Ma possiamo arrivarci solamente dopo avere perduto ogni fiducia in noi stessi, solo allora otteniamo la promessa, per questo Paolo cita l'esempio di Abramo e sappiamo che Abramo ricevette suo figlio Isacco solo quando non trovò più niente, né in lui, né in Sara, in cui riporre la sua fiducia, dovette attendere fino alla vecchiaia dei loro corpi. Allora erano diventati così deboli che la potenza di Dio poteva manifestarsi in loro pienamente, allora conseguirono la promessa per mezzo della fede. La sua fede gli fu messa in conto di giustizia. Ebbene, voi dite, Abramo non era di certo così giusto, la giustizia gli fu semplicemente messa in conto. Così parlando voi direste che Abramo considerò la promessa come se avesse ricevuto Isacco, senza tuttavia averlo ricevuto realmente! Era così? In qualche modo si, perché quando ricevette la promessa credette, senza avere ancora Isacco (Gen. 15:1-6). Ma sapeva che si trattava solo di una questione di tempo per riceverlo, e il fatto che abbia avuto Isacco era una prova della sua fede. Noi vediamo, dunque, che questa «giustizia messa in conto» non era un'immaginazione, ma significava che la promessa avrebbe avuto un compimento effettivo; perciò Isacco è il figlio della promessa, che Abramo ricevette in maniera reale (per mezzo della fede) quando non aveva più alcuna fiducia, né in lui stesso, né in Sara. Questa è la fede di Abramo e quelli che possiedono questa fede sono i figli di Abramo e gli eredi delle promesse. Le promesse le abbiamo ricevute per mezzo di Gesù Cristo, egli ci renderà giustizia verso il nostro avversario «il Diavolo», ci sazierà di giustizia (dal sermone sul monte). Voi dite: «Impossibile», pensando alla vostra forza e alla vostra miseria. Abramo credette in Dio (ciò era altrettanto «impossibile») e questo gli fu messo in conto di giustizia. Bisognerebbe che fosse messa in conto anche a me, dite. Pensate che ciò si realizzi in voi senza mettere in pratica il sermone sul monte? Allora non avete la fede di Abramo perché per lui la promessa si realizzò, ma la maggioranza delle persone guarda a se stessa e allora la loro fede s indebolisce. Abramo glorificò Dio e bisogna che voi facciate la stessa cosa. Se perdete ogni fiducia in voi stessi e credete che chi vi ha dato la promessa è potente da realizzarla, allora la vostra fede vi sarà messa in conto di giustizia e vedrete la gloria di Dio. È solo una questione di tempo perché la promessa si realizzi in voi personalmente. Quello che si può produrre con la propria forza sarà al più un «Ismaele»; un tale amore, una tale misericordia e bontà non sono molto profondi, ma ciò che si riceve per mezzo della fede è verità dall'inizio alla fine; questa è natura divina (2 Piet. 1:4). 7 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

8 Liberato dalla legge «Ma ora siamo stati sciolti dai legami della legge, essendo morti a quella che ci teneva soggetti, perciò serviamo in novità di spirito e non in vecchiezza di lettera» (Rom. 7:6) «Egli, che ha portato egli stesso i nostri peccati nel suo corpo, sul legno, affinché, morti al peccato, vivessimo per la giustizia, e mediante le cui ferite siete stati sanati» (1 Piet. 2:24). Ci sono due modi per essere liberati dalla legge. Uno consiste nel togliere la legge. Molti pensano che Gesù abbia tolto la legge e che in tale maniera ne siamo liberati, ma è evidente da quello che abbiamo letto fino ad ora che tale ragionamento è completamente errato. L'altro modo è di compiere la legge (Rom. 8:4). Torniamo all'esempio del ladro, il suo desiderio è di essere liberato dalla legge riguardante il furto. Dalla legge è punito e a causa di essa si sente condannato, se si sopprime la legge sul furto, si sentirebbe libero e felice. Ma il ladro però non smette di rubare e tutti gli altri restano con la collera, la calunnia, l'avarizia, la vanità, l'orgoglio, le preoccupazioni, ecc.. Che essi si rallegrino malgrado questi peccati provino le loro cattive disposizioni. Abbiamo letto nel testo: «Ora siamo stati sciolti dai legami della legge, essendo morti a quella che ci teneva soggetti». Il ladro è prigioniero della cleptomania, se muore a quello che lo tiene prigioniero (cioè se non ruba più) allora sarà liberato dalla legge. E la legge non lo tormenterà più, al contrario ora è divenuta sua amica perché ciò che causava la sua condanna prima, contribuisce ora alla sua lode. Ormai può realmente rallegrarsi, chi ha dei buoni sentimenti non può mai rallegrarsi salvo quando il peccato sparisce. E solamente le persone che hanno una tale disposizione hanno la base per comprendere a fondo la Scrittura, gli altri la torcono a loro rovina. Gesù non è morto solamente per il perdono dei nostri peccati, ma è scritto: «Affinché morti al peccato viviamo per la giustizia». «Perché Egli è morto, morto nei confronti del peccato una volta per sempre, ma ora vive e vive per Dio. Così anche voi consideratevi morti nei confronti del peccato, ma viventi per Dio in Gesù Cristo» (Rom. 6:10-11). La morte sul peccato è chiamata la morte di Cristo poiché è Lui che l ha portata, Paolo dice che portò la morte di Gesù nel suo corpo (2 Cor. 4:10-11). Invece di raccogliere tutte le proprie forze (come un tempo) per mantenere la legge, si donò (la fiducia in se stesso, il suo onore, il suo desiderio di dominare, la sua bramosia, la sua collera, le sue preoccupazioni, ecc...) nella morte di Cristo, perché il contrario (la vita di Cristo) potesse manifestarsi nel suo corpo mortale. Egli faceva ciò costantemente perché scopriva sempre più la propria natura, grazie alla luce di Dio che aumentava del continuo. Morì al peccato e visse per la giustizia, in questo modo fu liberato dalla legge. La libertà che ci porta questa morte è una libertà perfetta che pone fine alla schiavitù. Ma raccogliere tutte le proprie forze secondo la carne per mantenere la legge, ecco una vita di schiavitù. «Ora le opere della carne sono manifeste, sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizia, discordia, gelosia... e altre simili cose, circa le quali io vi prevengo come anche vi ho già prevenuti, che quelli che fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio» «Sì, mi chiedete, ma se io chiedo perdono dei miei peccati?». La parola di Paolo non cambia: «Quelli che commettono tali cose non erediteranno il regno di Dio. Se chiedete perdono, dovete anche smettere con questi peccati» «Non ne sono capace, rispondete». Per questo dovete credere al Signore Gesù Cristo e in 8 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

9 qualunque modo siate, non avete alcuna scusa se avete ascoltato il Vangelo di Gesù, il Vangelo di chi è venuto «pieno di grazia e di verità». «II frutto dello Spirito, invece, è amore, allegrezza, pace, longanimità, benignità, bontà, fedeltà, dolcezza, temperanza; contro tali cose non c'è legge» (Gal. 5:19-23). Tali persone sono dunque libere dalla legge e capiamo che questa è la sola maniera d'esserlo. Io, il primo dei peccatori Certa è questa parola e degna di essere pienamente accettata: che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo» (1 Tim. 1:15). Per tutti quelli che vogliono falsificare la Parola di Dio (la grazia) questo versetto è il benvenuto, e dicono: «Quando Paolo dice che è il più grande (il primo) dei peccatori allora io non posso sperare di più». Una massa di predicatori e di emissari che circolano per il paese consola queste persone con questa idea e citano un versetto ben conosciuto e che è loro caro: «Quando Paolo cominciò il suo ministero, diceva: «Io sono l'ultimo degli apostoli» (1 Cor. 15:9). Dopo avere vissuto un certo tempo con Dio, diceva: «Io che sono l'ultimo di tutti i santi» (Efes. 3:8). E alla fine della sua vita diceva: «Io il primo dei peccatori», Essi continuano e dicono: «La vita di Paolo andava in discesa, così è anche per noi; ma per fortuna abbiamo la grazia!». Ogni persona sincera riconoscerà che questo rappresenta una falsa consolazione poiché non è d'accordo né con lo Spirito né con la Scrittura. Leggiamo quello che dice Paolo alla fine della sua vita: «Quanto a me sto per essere offerto e il tempo della mia partenza è giunto. Io ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione» (2 Tim. 4:6-8). Questa frase si differenzia molto da: «Io sono il più grande dei peccatori». Paolo dice che l'ora della partenza si avvicina, sapeva che la corona della giustizia gli era riservata, non perché Dio gli faceva grazia, non imputandogli il suo peccato, ma il giusto giudice gliela avrebbe donata perché aveva combattuto un buon combattimento e terminata la corsa. Ma non si possono però togliere le parole «il più grande dei peccatori». No, non vogliamo toglierle, ma vogliamo leggerle nel contesto: «Io che prima ero un bestemmiatore, un persecutore, un uomo violento (1 Tim. 1:13), io non sono degno d'essere chiamato apostolo perché ho perseguitato la chiesa di Dio» (1 Cor. 15:9). Da questi versetti vediamo perché si chiamava il primo o il più grande dei peccatori. Ora molti dicono: «Ma è scritto che egli è e non che egli lo era». Con questo si pensa di avere provato che Paolo era il più grande dei peccatori quando scriveva l'epistola a Timoteo. Secondo questo pensiero Paolo sarebbe stato più peccatore di Timoteo al quale indirizzava le sue esortazioni. È chiaro che questa idea è falsa. Leggiamo di nuovo il passo nel suo contesto: «Certa è questa parola e degna di essere pienamente accettata, che Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo» (1 Tim. 1:15). Vediamo qui che egli era il più grande dei peccatori per la salvezza dei quali Gesù era venuto nel mondo. 9 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

10 Parla di lui stesso e degli altri peccatori nello stato in cui si trovavano quando Gesù venne per salvarli, e non dello stato in cui erano dopo aver camminato per un certo tempo con lui. Dice più avanti: «Ma ho ottenuto misericordia affinché Gesù dimostrasse in me per primo tutta la sua longanimità e io servissi d'esempio a quelli che per l'avvenire crederanno in lui per avere la vita eterna (v. 16)». Non continuava a essere il più grande dei peccatori, ma diventava un modello nella pietà ed è in vista di questa pietà che esorta Timoteo. Ecco perché Paolo poteva dire che era una parola pienamente degna di essere accettata, che Gesù era venuto per salvare i peccatori. Non era una bella parola, ma una realtà; è quello che noi possiamo costatare nella vita trasformata di Paolo. Quando si parla di una vita santa, s incontra spesso quest obiezione: «Sì, ciò valeva per Paolo, ma non per noi»! Poiché Paolo dice che era il più grande dei peccatori per la salvezza dei quali Gesù era venuto, egli spazza ogni obiezione. Se Gesù poteva fare in lui un'opera così grande, può farla in qualsiasi altra persona. O il Vangelo avrebbe perduto la sua potenza? Non è l'opera della grazia? Non sarebbe sufficiente per noi, per la stessa salvezza? «Chi vuole prenda gratuitamente dell'acqua della vita» (Apoc. 22: 17). Ciò dipende dalla nostra volontà. La grazia invano «Noi vi esortiamo pure a far sì che non abbiate ricevuto la grazia di Dio invano» (2 Cor. 6:1). Chi commette le opere della carne (Gal. 5:19-21) ha ricevuto la grazia di Dio invano. «Perché la grazia di Dio, fonte di salvezza per tutti gli uomini, è stata manifestata e ci ammaestra a rinunziare all'empietà e ai desideri mondani, per vivere in questo mondo temperatamente, giustamente e pienamente» (Tit. 2:11-12). Quando non si ha la vittoria sul peccato, si riceve la grazia, di Dio invano. «Infatti, la terra che beve la pioggia che viene spesse volte su lei e produce erbe utili a quelli per i quali è coltivata, riceve benedizione da Dio; ma se porta spine e triboli è riprovata e vicina ad essere maledetta e la sua fine è d'essere arsa». (Ebr. 6:7-8). Avverrà la stessa cosa anche a noi se riceviamo la grazia di Dio e le sue benedizioni, ma restiamo sempre in collera, gelosi, mentitori, ecc... Allora la grazia sarà inutile. «Per la grazia di Dio io sono quello che sono, la grazia sua verso di me non è stata vana, anzi ho faticato di più di tutti loro, non io però ma la grazia di Dio che è con me» (1 Cor. 15:10). Meditiamo da questa affermazione che la grazia conduce al lavoro, all'attività. Chi sostituisce le opere che dovrebbe fare per mezzo della grazia, la cambia in dissolutezza (Giud. 4). La grazia deve regnare «Affinché come il peccato regnò per mezzo della morte, così anche la grazia regni, mediante la giustizia, a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore» (Rom.5:21). La morte è frutto del peccato. Il peccato regna dunque per mezzo del frutto della sua opera. Noi leggiamo di quelli che sono morti nei loro peccati e nelle loro trasgressioni, che hanno ucciso la loro coscienza e sui quali la morte regna. È così che la grazia deve regnare per mezzo della giustizia. La giustizia è il frutto dell'opera della grazia, per mezzo di essa la grazia regna. «Se per il fallo di quell'uno la morte ha regnato quell'uno, tanto più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia, regneranno nella vita per mezzo di quell'uno che è Gesù Cristo» (Rom.5:17). 10 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

11 Vediamo che la potenza del peccato e della morte è all'opera e che gli uomini soffrono. La caduta è grande, così grande che pochissime persone solamente credono a un ristabilimento completo. Ora la caduta in Adamo sarà più grande della salvezza di Gesù Cristo? Non ha gridato prima di spirare: «Tutto è compiuto»? È il riscatto della caduta che è compiuto. E noi che abbiamo ricevuto l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia, non regneremo tanto più, nella vita, sul peccato e la morte? Quando non si crede alla vittoria sul peccato, non si crede neanche che l'opera sia compiuta. Non si crede che la grazia in Cristo basti. Ma dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia sopra grazia. Per il tempo in cui abbiamo vissuto senza Dio, sotto la potenza del peccato, abbiamo ricevuto il perdono. Egli ha inchiodato sulla croce l'atto di accusa che ci condannava. Questa è la grazia. Inoltre ci ha dato, per il futuro, la potenza per regnare sul peccato. Questa è grazia sopra grazia. Perfetto È possibile divenire perfetti? Che cosa si vuole dire con questo? Leggiamo riguardo alle offerte, nell'antico patto, che esse non possono renderci perfetti sotto il profilo della coscienza, «poiché si tratta solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, insomma di regole carnali imposte fino al tempo della riforma» (Ebr. 9:9-10). Qui si rimprovera alle antiche offerte di non avere reso gli uomini perfetti secondo la loro coscienza; esse non facevano che ricordare i peccati (Ebr. l0:3). Ma in Gesù Cristo il tempo della riforma è arrivato. Ora posso diventare perfetto secondo la coscienza. La mia coscienza giudica del bene e del male. Essere perfetto vuol dire dunque: mettere tutto in ordine in base alla sensibilità della mia coscienza. A questo punto io non ho più coscienza dei peccati. Gesù ci chiama per essere suoi discepoli (o scolari) e dice: «Chiunque tra voi non rinuncia a tutto quel che possiede, non può essere mio discepolo». Un perfetto scolaro è chi abbandona tutte le sue opinioni e i propri progetti per obbedire al suo maestro. Bisogna che dica come Gesù quando venne sulla terra: «Eccomi per fare, o Dio, la tua volontà». E per nient altro! Allora si è un discepolo perfetto, ma non ancora compiuto come il Maestro. Quando Paolo dice: «Non è che io abbia di già riportato il premio, o che io abbia di già raggiunto la perfezione, ma io corro», allora vuoi dire: «Non è che io sia perfetto come il Maestro, ma corro». Più avanti dice: «Tutti noi che siamo perfetti, abbiamo questo stesso sentimento». (Fil.3:12-15) In questo passo dice che sono perfetti, cioè come discepoli. Essi avevano abbandonato tutto, niente poteva impedire loro di assentire a ciò che il maestro insegnava. Erano là solo per fare la volontà del Maestro. Avevano messo tutto in ordine secondo la loro coscienza, perciò Paolo continua: «Al punto in cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via (seguiamo le stesse orme, trad. norvegese)». Non avrebbe potuto dirlo a qualcuno che non avesse abbandonato tutto, che per esempio fosse ancora legato dalla menzogna, dalla maldicenza, ecc... se una tale persona dovesse continuare nello stesso cammino sarebbe terribile. Ora a una persona che aveva messo tutto in ordine, secondo la propria coscienza, poteva dire: «camminiamo per la stessa via, seguiamo le stesse orme, secondo la luce e le rivelazioni che il Signore ti darà nelle differenti cose». 11 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

12 Quando si parla della perfezione, è secondo la coscienza, in qualità di discepolo; e ciò è possibile. E per questo noi dovremmo aspirare a essere perfetti. Gesù disse: «Ogni discepolo perfetto sarà come il suo maestro». Durante tutta questa trasformazione dobbiamo essere poveri in spirito, avere fame e sete. Le ultime parole di Gesù furono : «Fate dei discepoli da ogni nazione». È facile, in un certo senso, fare sì che le persone chiedano perdono dei loro peccati a Gesù, ma per farne dei discepoli (condurli ad abbandonare ogni cosa e insegnare loro a osservare tutto ciò che Gesù ha prescritto) è un lavoro immenso. Da molto tempo i predicatori contemporanei non lo fanno più, né per se stessi, né per gli altri, sono contenti quando possono condurre le persone al banco della penitenza e iscriverli come membri nella loro chiesa. Se poi questi acconsentono a dare la decima allora è eccellente! La considerano come un'impresa disperata insegnare alle persone ad abbandonare tutto. Può darsi che si possano contare di tali membri a migliaia, ma se si fosse detto: «Tutti noi dunque che siamo perfetti, abbiamo questo sentimento...camminiamo per la stessa strada», quante persone sarebbero rimaste? Ah!, quando si tratta di una salvezza così grande, non si crede alla grazia in Cristo, benché Gesù ci assicuri: «Ogni potere mi è stato dato in ciclo e sulla terra». Ma il Signore sia lodato, ce ne sono di quelli che hanno visto la sua gloria, una gloria come quella del Figlio unico venuto dal Padre, pieno di grazia e di verità e dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto GRAZIA SOPRA GRAZIA. Sigurd Bratlie 12 COPYRIGHT STIFTELSEN SKJULTE SKATTERS FORLAG, NORWAY brunstad.org

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