COSTRUENDO UN BENE PER TUTTI

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1 BUONENOTIZIE PERIODICO ANNUALE DI, ASSOCIATION DE VOLONTAIRES POUR L AIDE AU DÉVELOPPEMENT ASSOCIAZIONE VOLONTARI PER L AIUTO ALLO SVILUPPO - ANNO XVII - DICEMBRE SIRIA In aiuto a chi fugge dalla guerra pagina 4 UGANDA Centro educativo nello slum di Kireka pagina 6 KENYA Un futuro con le adozioni a distanza pagina 10 ECUADOR Asili familiari per i bimbi delle Ande pagina 12 COSTRUENDO UN BENE PER TUTTI ETIOPIA La nuova Università di Addis Abeba pagina 14

2 Aiuto allo sviluppo La persona al centro e FONDAZIONE AVSI: CHI SIAMO E CHE COSA FACCIAMO Per contattare Sedi, recapiti, orari: Lugano, Corso Pestalozzi, 14 Tel. e fax lunedì: 9-12 / Little Prince Primary School, Kibera-Nairobi Foto Silvia Morara Bellinzona, Via Nocca, 4 Tel. e fax mercoledì: venerdì: info@avaid.ch Il comitato di Christof Affolter, Vincenzo Bonetti (presidente), Gabriele Dall'Acqua, Gianni Rossi, Valerio Selle (responsabile), Alberto Toti segretaria operativa: Jessica Buloncelli 2 - Association de Volontaires pour l Aide au Développement - ( è un Organizzazione non governativa (Ong) svizzera, senza scopo di lucro, con sede a Lugano e Bellinzona. si è costituita nel 1995 dapprima per sostenere alcuni medici ticinesi allora attivi in Kenya e in Camerun e, in seguito, per realizzare progetti di aiuto allo sviluppo nei Paesi poveri. In particolare promuove il sostegno a distanza per i bambini di Kibera, il più grande slum africano, situato alla periferia di Nairobi, capitale del Kenya. Ogni anno, avvalendosi del supporto di numerosi volontari, propone una campagna di raccolta fondi denominata Tende di Natale e destinata a vari progetti nel mondo. è riconosciuta dal Cantone Ticino come associazione di pubblica utilità ed è membro della FOSIT, la Federazione che riunisce le ONG della Svizzera italiana. partecipa al network internazionale della Fondazione AVSI ( e usufruisce quindi di una consolidata ed efficace esperienza nella cooperazione allo sviluppo. AVSI, Ong nata in Italia nel 1972, è infatti attualmente impegnata con oltre 100 progetti in 38 Paesi di Africa, America Latina e Caraibi, Est Europa, Medio Oriente e Asia. AVSI opera nei settori della sanità, igiene, cura dell infanzia in condizioni di disagio, educazione, formazione professionale, recupero delle aree marginali urbane, agricoltura, am bien te, microimprenditorialità, sicurezza alimentare, emergenza umanita- ria. Nei progetti in corso è impegnato un centinaio di cooperanti italiani, (medici, ingegneri, educatori, agronomi) un migliaio di collaboratori locali qualificati. La Fondazione AVSI è riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri italiano; è registrata presso l Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (USAID); è accreditata presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), l Organizzazione delle Na zio ni Unite per lo Sviluppo dell Industria di Vienna (UNIDO) e il Fondo delle Na zio ni Unite per l Infanzia (UNICEF). Obiettivo di e AVSI è promuovere la dignità della persona attraverso attività di cooperazione allo sviluppo con particolare attenzione all educazione, nel solco dell insegnamento della dottrina sociale cattolica. Il dramma che molte popolazioni stanno vivendo va combattuto tenendo conto dell unicità dell uomo con un progetto che guardi all educazione come strumento per far emergere i talenti. Solo in questo modo è possibile consolidare un modello di sviluppo che faccia crescere gli uomini e, con loro, la pace. I valori guida - Centralità delle persona: realizzare progetti di sviluppo avendo come punto centrale la persona significa condividerne i bisogni, il senso della vita e commuoversi per il suo destino. Senza questo la risposta al bisogno è un gesto di bontà autogratificante o una strategia politica. La persona è vista come essere unico nelle sue relazioni fondamentali, famiglia e società, irripetibile e irriducibile a qualsiasi categoria sociologica o a un limite contingente (povertà, malattia, handicap, guerra). Partire dal positivo: ogni persona, ogni comunità, per quanto carente, rappresenta una ricchezza. Ciò significa valorizzare ciò che le persone hanno costruito. È un punto operativo fondamentale, che nasce da un approccio positivo alla realtà e aiuta la persona a prendere coscienza del proprio valore e dignità. Fare con: un progetto di sviluppo calato dall alto è violento perché non partecipato oppure inefficace e senza futuro in quanto solo assistenziale. La modalità con cui e AVSI attuano un progetto è quella di fare assieme alle persone, cioè attraverso il rapporto con coloro a cui il progetto si rivolge e costruire sulla base dei passi maturati insieme. Sussidiarietà: fare progetti di sviluppo significa favorire la capacità associativa e valorizzare il costituirsi dei corpi intermedi e di un tessuto sociale ricco di partecipazione e di corresponsabilità. Il diritto di ogni persona alla libertà di intrapresa si rivela, nei fatti, una forza potente di sviluppo e di arricchimento della convivenza civile e democratica. Partnership: nei progetti di sviluppo è fondamentale creare una reale partnership tra tutte le entità presenti sul terreno, siano esse pubbliche o private, locali o internazionali, evitando sovrapposizioni, favorendo sinergie e ottimizzando l uso delle già scarse risorse a disposizione.

3 Le Tende Le persone che costruivano le cattedrali, davano una parte di sé per l edificazione di una cosa grande che non era una loro proprietà. Quegli uomini davano tempo, denaro e materiali. C era chi dava solo un bottone o perfino tutto il proprio capitale come contributo per permettere la costruzione della cattedrale. Proprio come le persone che sostengono l associazione e la Fondazione AVSI promuovendo iniziative per la Campagna di solidarietà delle Tende o facendo una donazione. Certo erano e ancora oggi sono uomini che vivono la dimensione del bisogno di dare qualcosa di sé gratis e di partecipare alla realizzazione di una cosa grandiosa, come ne ces sa ria alla propria vita. In un contesto di sfaldamento generale, di crisi delle certezze, di chiusura in difesa, rilanciamo la sfida: ognuno di noi ha un desiderio di bello e di bene che può mettere a servizio di un grande progetto. Il grande progetto che le Ong e AVSI propongono è costruire un mondo umano, in cui tutti possano esprimere la propria innata dignità. Nell orizzonte di questo progetto, in questi anni migliaia di amici si sono uniti per realizzare pezzi piccoli e grandi, in tanti angoli del mondo: scuole, asili, centri educativi, università, formazione, inserimento al lavoro, cura, sostegno famigliare. Un grande progetto, partecipato e vissuto, in cui tante persone aiutate hanno a loro volta iniziato a partecipare attivamente. Duemila anni fa un Bambino nascendo in una grotta ha portato la gratuità sulla terra. L infinito entrava nel finito con una carezza eterna. Oggi con un piccolo gesto della Campagna di raccolta fondi delle Tende, una donazione, una cena, uno spettacolo, una partita di calcio, possiamo imitare quella stessa gratuità e portare la stessa carezza a persone che la aspettano dall altra parte del globo. E rilanciare la tensione al bello e al bene che nessuna crisi riuscirà a seppellire. Donatori generosi anche nel 2011 radice dello sviluppo: il fattore umano. Come forse qualcuno ricorderà, era questo lo Alla slogan della campagna di solidarietà promossa da nel 2011, campagna che ha permesso di raccogliere in Svizzera la considerevole somma di circa 43'000 franchi. I progetti proposti l anno scorso COSTRUENDO UN BENE PER TUTTI riguardavano l emergenza educativa e la carestia nel campo profughi di Dadaab in Kenya e, sempre in Kenya, il sostegno a distanza e le scuole di e AVSI a Nairobi; inoltre le altre situazioni di bisogno concernevano le scuole del Patriarcato in Egitto e la realizzazione di un Centro per giovani e famiglie a Port-au-Prince Foto Silvia Morara ad Haiti. A queste iniziative di aiuto allo sviluppo sono stati devoluti e ripartiti i fondi raccolti in Svizzera e quelli ricavati durante l analoga colletta effettuata in Italia dalla Fondazione AVSI, Ong di cui è partner. I resoconti dettagliati dei differenti progetti sono pubblicati e consultabili sul sito Con il titolo Costruendo un bene per tutti, la Campagna di solidarietà e di raccolta fondi dell Associazione e della Fondazione AVSI, quest anno si prefigge di sostenere i seguenti progetti: in Siria per le famiglie in fuga dalla guerra; in Uganda, per il Centro educativo High School Luigi Giussani nello slum di Kireka a Kampala; in Kenya, per il Sostegno a distanza e le scuole nello slum di Kibera a Nairobi; in Ecuador, per gli a- sili famigliari di Quito e in Etiopia, per la nuova Università cattolica di Addis Abeba. La Campagna di solidarietà di e AVSI, denominata Tende di Natale, è un importante gesto di carità, iniziato negli Anni 90, a sostegno dell opera dei volontari all estero, sia attraverso donazioni sia facendo conoscere il loro lavoro. Da allora, a partire dal periodo natalizio, le Tende delle Ong A- VAID e AVSI sono diventate occasione e strumento di sensibilizzazione e di raccolta fondi a favore delle popolazioni più fragili e si realizzano attraverso il coinvolgimento gratuito di molte persone. Ogni anno viene presentato un tema specifico, con uno slogan che vuol far riflettere sulla condizione dell essere umano nel mondo, e vengono indicati i progetti che hanno particolare necessità di essere sostenuti. Sostieni cc postale intestato a: 6900 Lugano-CH 3

4 SIRIA In fuga dalla guerra Spari e granate anche sul monastero cistercense di Hazer Dispensari medici trasformati in rifugi Con la Campagna Tende 2012, e AVSI vogliono sostenere le persone in fuga dalla guerra aiutandole attraverso le attività della Custodia di Terra Santa e del vicino Libano, dove il gelo dell inverno sta peggiorando la situazione. I dispensari medici nei conventi francescani, seguendo la tradizione della Custodia di Terra Santa, sono diventati luoghi di rifugio e ospitalità per tutti, senza distinzione di etnia, religione e nazionalità. Il progetto in corso ha finora aiutato a garantire il mantenimento di quattro Centri di accoglienza già presenti nelle città di Damasco, Aleppo, Latakia e Knaye, fornendo cibo e beni di prima necessità sia alla popolazione locale sia a quella che in queste città ha cercato rifugio. 4 Finora sono quasi 30mila le vittime del conflitto siriano In fondo al fiume Janoubi, dove le montagne del Libano si separano dalle alture della Siria un boato. Tal Kalakh - mormora suor Marita. Come sempre - sussurra Maria Luisa. Le cinque trappiste del convento di Hazer conoscono bene quella voce. Da mesi accompagna le loro preghiere. Talvolta si fa fin troppo vicina. Marta Luisa, una comasca 53enne, ti spinge verso il tetto, spalanca una porta sull oscurità, indica vampe e boati. Lo senti? È il cannone. Li vedi i bagliori delle esplosioni? È Tal Kalackh, la città alla frontiera, lì ci sono i musalahin gli uomini armati, i ribelli. Questo monastero cistercense sulla collina sopra il villaggio cristiano di Hazer è all incrocio della guerra. Proprio in mezzo - sospirano in un fiato Mariangela, 73 anni di Brescia, suor Adriana, una sarda di 66 anni e suor Annunciata, una lodigiana 73enne ospite del convento per un breve periodo. Se per Annunciata il monastero Beata Maria Fons Pacis di Hazer è un esperienza a termine, per le altre è una scelta di vita. Quando siamo arrivate, la Siria era ancora il Paese della tolleranza. I cristiani maroniti di Hazer e gli alawiti del villaggio qui sotto lavoravano fianco a fianco con i sunniti dell altro villaggio all incrocio con l autostrada per Homs. Poi è arrivata la guerra ed è cambiato tutto - racconta suor Marita mostrando la collezione di schegge e proiettili raccolti all entrata. E non sono certo - sorride - tutte quelle piovute qua attorno. Un giorno arrivano anche i musalahin. Li vedo dopo la preghiera del mattino. Saranno una trentina. Si muovono incappucciati. Hanno i kalashnikov e altre armi. Capisco subito. Preparano un imboscata all esercito e allora incomincio a pregare, ma i soldati se ne accorgono e arrivano in forze - ricorda Marta Luisa. Quella mattina, due ribelli armati perdono la vita nel combattimento che s intreccia sul terreno sacro del convento. Nonostante la tragedia, nonostante il dolore, suor Marta Luisa e suor Marita non riescono a biasimare i soldati. È stata una grandissima tristezza, ma siamo qui per condividere e comprendere la realtà di questa terra insanguinata. Quando il mona- Le suore del monastero cistercense di Hazer stero viene colpito è quasi sempre perché i ribelli sparano sulla guarnigione. Solo una volta siamo stati colpiti per errore dalla granata di una milizia governativa. Questa è una guerra combattuta a colpi d inganni, una vera e propria invasione dissimulata. Noi lo vediamo con i nostri occhi. Certo il governo ha molte colpe e deve cambiare tante cose, ma i ribelli non sono la soluzione. Andate a vedere come vanno le cose al confine con il Libano. Lì sunniti e cristiani vivevano assieme, poi sono arrivati gli armati e hanno dettato le loro regole. I cattolici si guardano bene dal condividere le paure con altri stranieri. In

5 chiesa e nel villaggio si respira una paura palpabile, concreta. In questo labirinto di vicoli devastati dai combattimenti, i cecchini continuano a uccidere per il controllo di una linea del fronte tirata attraverso palazzi e abitazioni, moschee e chiese. I cristiani tentano, invece, di rimettere piede nelle loro case. Carla Bitan, 32 anni, madre di tre figli è una di loro. Guarda come hanno ridotto il nostro luogo di preghiera - strilla mentre si affaccia sulla porta di casa, proprio di fronte a quel che resta della chiesa cattolica. Difficile dire se a sfondarne il tetto, a devastarne la navata, a squarciarne banchi e altare siano stati i razzi e i mortai dei ribelli o le cannonate dei tank governativi. Di certo però la paura che ha tenuto Carla, il marito George e i tre figli lontani da quella casa l hanno propagata i ribelli. Quando hanno oc - cu pa to il quartiere hanno fatto chiudere la scuola; hanno chiesto a tutti noi cristiani di chiuderci in casa e non farci vedere in giro. Chi usciva rischiava di venir rapito e la famiglia doveva poi trovare i soldi per riaverlo indietro vivo. da Hazer - Gian Micalessin Migliaia di profughi tra freddo e miseria In Libano, nel campo profughi di Delhamiya, nel villaggio di Talabaya, nella valle della Bekaa, e in quello di Terbol, dove AVSI lavora da anni al fianco della popolazione, attualmente si trovano duecento fa - miglie provenienti dal la zona di Homs, in Siria. In maggioranza si tratta di donne e bambini, tutti musulmani. Sono famiglie che vivono in tende di fortuna costruite con stracci e teli. Hanno affittato un terreno agricolo ed hanno installato le loro tende. Pagano un affitto sia per la terra, sia per l'acqua che per l elettricità. Le condizioni igieniche sono drammatiche. Adesso, l urgenza più grande è capire come affrontare l inverno e qui, nella Bekaa, è sempre particolarmente freddo. Per ora i bambini non vanno a scuola. I genitori trovano lavori saltuari come operai agricoli giornalieri, ma una giornata di lavoro rende circa l equivalente di dodici franchi, insufficienti per far vivere una famiglia per un solo giorno. Il Ministero dell'educazione libanese ha accettato che tutti i bambini rifugiati siriani possano accedere alle scuole pubbliche libanesi, ma in realtà, l iniziativa Back to school è assai lenta perché il modello didattico liba- Campo profughi di Terbol nella valle delle Bekaa L impegno della Fondazione AVSI nei campi rifugiati del Libano Volontari AVSI nel campo profughi di Delhamia nel villaggio di Talabaya nese e quello siriano sono molto differenti: in Libano materie come scienze, matematica, geografia si imparano in francese o inglese, in Siria invece si studia tutto in arabo, e ciò provocherà difficoltà d integrazione e apprendimento. AVSI ha lavorato in ventuno scuole del sud del Libano, nelle Caza di Marjayoun, Hasbaya e Bentijbeil, tutte al confine con Israele. Di queste, ne sono state selezionate tredici che ospitano bambini, 542 dei quali siriani (18%). Per sostenerli, proponiamo corsi di recupero scolastico, alfabetizzazione, attività socio-educative e psicosociali. Ma occorrono aiuti da parte di tutti. 5 Una Clinica mobile per gli esuli Molti siriani in fuga si sono rifugiati in Libano. Insieme, AVSI e CARITAS hanno perciò predisposto una Clinica mobile, subito divenuta punto di riferimento per migliaia di persone, specialmente per quei profughi che non possono o non vogliono registrarsi presso i canali ufficiali. L idea è semplice quanto efficace: un equipe socio-sanitaria segue un percorso regolare e conosciuto e, di villaggio in villaggio, incontra le persone bisognose. Il progetto di AVSI e CARITAS risponde ad un solo indicatore: il bisogno della persona. L intervento si è da subito concentrato soprattutto nella zona della Bekaa perché meno interessata dall aiuto u- manitario istituzionale. L assistenza fornita consiste in consultazioni pediatriche, ginecologiche, fornitura di medicinali, assistenza infermieristica. La clinica serve specialmente bambini e donne, che finora hanno potuto usufruire di centinaia di cure mediche e medicinali. Sostieni cc postale intestato a: 6900 Lugano-CH

6 UGANDA Verso un futuro migliore Nuovo Centro educativo per centinaia di ragazzi dello slum di Kireka a Kampala Punto di riferimento Il desiderio per la nuova scuola di Kireka a Kampala è che sia un punto di riferimento, un luogo in cui gli insegnanti insieme con gli allievi vivano un esperienza educativa e di crescita umana, dove la famiglia e la comunità di appartenenza del ragazzo siano co-protagonisti. È sempre più urgente il bisogno di dare un impostazione unitaria alla proposta educativa. - afferma John Makoha, responsabile di AVSI in U- ganda - Ciò risulta ancora più evidente a Kireka, quartiere abitato da persone provenienti da ogni parte dell Uganda, di tribù diverse, spesso vittime di guerra o dell emarginazione sociale generata dal diffondersi dell Aids. L idea di costruire una nuova scuola sottolineano da Kampala Chiara Broggi e Mauro Giacomazzi di AVSI nasce proprio dal fatto che in Uganda nessuno educa i ragazzi a riconoscere il loro valore e la loro dignità. Nelle scuole, solitamente, questo non succede, i ragazzi sono trattati male, spesso picchiati, e al termine del percorso scolastico sono perfino peggio di quando hanno iniziato. 6 Lezione alla Luigi Giussani High School di Kireka a Kampala L Uganda è una nazione giovane e in fermento. La popolazione ha raggiunto quota trenta milioni ed è suddivisa in una trentina di gruppi etnici. Nonostante l alta mortalità infantile e la forte diffusione dell Aids, il tasso di crescita medio è del 3,5%. Il 40% degli abitanti ha un età inferiore ai quindici anni e gli orfani di almeno uno dei genitori sono un milione e mezzo. Nel 2007 il Governo ugandese ha Studenti della Luigi Giussani High School di Kireka a Kampala approvato, dieci anni dopo la riforma della scuola primaria, la riforma della scuola secondaria. Nel tentativo di garantire una libera educazione per tutti vi sono tuttavia numerosi problemi da superare: le strutture sono inadeguate e insufficienti, mancano i materiali didattici e gli insegnanti non sono formati. Il risultato è un sistema scolastico incapace di preparare gli adolescenti ad affrontare le sfide della vita. L introduzione di questa nuova riforma scolastica rischia di portare il già fragile e debole sistema ad un ulteriore impoverimento della qualità dei servizi offerti. Risulta quindi fondamentale avere una scuola secondaria dove lo studente sia accompagnato in ogni aspetto del processo formativo, in modo che il ragazzo maturi nella capacità di giudizio e sia in grado di affrontare la realtà. È perciò necessario formare persone che diventino punti di riferimento e che li seguano nelle loro scelte e decisioni. L ONG locale Meeting Point International, in collaborazione con il Permanent Centre for Education di Kampala, sta realizzando un Centro educativo d eccellenza attraverso la scuola secondaria Luigi Giussani High School nello slum di Kireka, alle porte della capitale, dove lavora Rose Busingye, direttrice del Meeting Point International. L iniziativa nasce dalla preoccupazione educativa di Rose e di un gruppo di genitori. Obiettivo della scuola: diventare un luogo dove allievi e docenti possano vivere un esperienza di crescita umana, dove la famiglia e la comunità di appartenenza siano coprotagonisti del cammino intrapreso dallo studente. Nel Duemila il progetto del Sostegno a distanza in Uganda di AVSI intrecciò la storia del Meeting Point International con il supporto a un centinaio di ragazzi figli delle donne ammalate di Aids e sostenute dal Meeting

7 Manifattura delle collane di Rose Point. Oggi i ragazzi sostenuti a di - stan za sono diventati novecento, 311 dei quali frequentano la Luigi Giussani High School. Ogni giorno molti di questi giovani camminano quattro ore per andare e tornare da Kireka, il quartiere dove ha sede l istituto, spinti solo dalla consapevolezza dello sforzo compiuto dai genitori per permettere loro di frequentare le lezioni e le attività promosse dalla scuola. Attualmente il Sostegno a distanza deve far fronte al grosso problema del continuo aumento del costo della vita che incide anche sulle tasse scolastiche. Se fino a qualche anno fa si riusciva a coprire interamente il costo degli studi, oggi si arriva soltanto al 30%. Per rafforzare le capacità economiche delle famiglie, AVSI aiuta le madri ad avviare piccole attività che portino un reddito, come la produzione di collane di carta riciclata, borse e altri oggetti. Una scuola fatta di... collane Con la vendita di pezzi costruita la Luigi Giussani High School Kampala, 3 febbraio Con una grande festa viene inaugurata la nuova scuola secondaria Luigi Giussani High School destinata a quattrocento ragazzi poveri dello slum di Kireka, le cui madri sieropositive sono aiutate dal Centro d accoglienza Meeting Point International. L edificio, tre piani, dodici aule, venti insegnanti, è stato costruito grazie alla vendita promossa da AVSI e di 32'000 collane di carta riciclata realizzate dalle donne del Meeting Point proprio allo scopo di edificare la scuola per i loro figli. La vulnerabilità è mancanza di educazione. Questa scuola nasce dal desiderio delle mamme di un futuro migliore per i propri figli. spiega Rose Busingye, direttrice del Meeting Point International. Con Ia campagna Tende di quest anno, AVSI e intendono ora costruire un secondo stabile. Esso comprenderà: uffici, aule per la formazione degli insegnanti e per la prevenzione dell AIDS, una biblioteca, tre laboratori, l aula magna e un campo sportivo. L. G. High School, Kireka, Kampala Meeting Point International, aiuti a 5'000 malati di Aids Il 95% degli studenti della scuola di Kireka proviene dal Meeting Point International, Ong u- gandese. Educazione e frequenza scolastica sono assicurate da AVSI con il programma del Sostegno a distanza e da Support International, il partner tedesco. Le mamme di questi giovani, quasi tutte affette dal virus dell HIV, hanno sempre chiesto di aiutarle a garantire una formazione per i loro figli. Chi li aiuterà quando non ci saremo più? Come diventeranno persone adulte se non potranno andare a scuola? Detto fatto. Queste madri sono commosse racconta Rose Busingye, responsabile del Meeting Point dal fatto che grazie anche alle loro belle collane di carta riciclata, instancabilmente proposte a tutti dai volontari di e degli AVSI Point, si sia costruita una scuola destinata ai loro figli. Sentono che quest opera nasce dalle loro mani e dall aiuto di tante persone in tutto il mondo. Attualmente il Meeting Point International di Kampala ( sostiene, con cure mediche, attività generatrici di reddito e aiuti per le scuole dei bambini, oltre persone malate di Aids. Sostieni cc postale intestato a: 6900 Lugano-CH 3 febbraio Inaugurazione della Luigi Giussani High School di Kireka a Kampala. Sopra, la targa con i donatori della scuola 7

8 KENYA All opera, di fronte a tutto -AVSI: dal campo profughi di Dadaab allo slum di Kibera Dal deserto a New York... Nelle scuole del campo profughi di Dadaab mancano insegnanti qualificati. AVSI, in collaborazione con le università del Kenya, prepara i docenti scegliendoli tra gli stessi rifugiati. La maggior parte dei maestri kenioti ritiene infatti che quello nei campi profughi non sia un lavoro stimolante. AVSI e il Permanent Center for Education di Kampala (Uganda), insieme a UNHCR, UNICEF e FAO, hanno organizzato oltre trenta workshop a cui hanno partecipato più di duemila rifugiati. I workshop sono stati l occasione per superare le barriere che a priori avrebbero potuto dividere. Tutti i somali infatti sono musulmani, mentre molti altri rifugiati di Dadaab provenienti da Sudan e diverse regioni del Kenya sono protestanti. Coinvolgendo tutti i partecipanti in un avventura e- ducativa comune, a prescindere dalle differenze culturali e religiose, il progetto si è rivelato un successo, tanto da essere presentato come modello di cooperazione internazionale nel quartier generale delle Nazioni U- nite a New York lo scorso 27 settembre Nell ambito dell assemblea ONU intitolata La società civile e l educazione ai diritti umani come strumenti di promozione e diffusione della tolleranza religiosa, Deogracious Adrawa Droma, del Permanent Center for Education, è stato invitato a raccontare la sua esperienza di insegnante a Dadaab. 8 Lugano - AVSI Nairobi. Settemila chilometri di di - stan za eppure si lavora insieme, per un opera comune. I contatti sono regolari. Con Leo Capobianco, responsabile di AVSI in Kenya, facciamo il punto della situazione. Ecco il resoconto di una telefonata recente. Le notizie di attentati in Kenya, in particolare ai cristiani, sono frequenti. Perché? Rispetto ai Paesi dell Africa orientale, il Kenya è sicuramente il più stabile, sia dal punto di vista economico che politico. Inoltre c è in atto un forte incremento tecnologico che però non va di pari passo con la crescita delle persone. Quindi si acquisiscono modi d essere occidentali ma che in realtà non corrispondono alla vera natura del popolo keniota. Il Kenya, come diceva il cardinal Maurice Otunga, è un Paese religioso, ma la gente ha poca coscienza della propria religiosità e dunque non incide culturalmente. Questa debolezza d identità apre così le porte alla perenne aspirazione di conquista da parte del mondo islamico, che oggi avviene anche tramite l economia. Molto denaro proveniente dalle piraterie o da ricchi somali viene investito in Kenya, per cui un po alla volta si diventa succubi dei potenti. E tra questi si annidano forze estremiste che mirano a destabilizzare il Paese istigando alla guerra santa contro i cristiani, e ciò allo scopo di un controllo egemonico dell Africa orientale. Quali sono le ripercussioni nel vostro lavoro con la gente? A farne le spese tocca sempre ai più bisognosi e agli indifesi. I luoghi degli attentati sono infatti frequentati da poveri (chiese molto semplici con tanta gente, fermate dei bus, bar o ristoranti nelle zone più dimesse). Instabilità e insicurezza scoraggiano gli investitori e così diminuiscono le opportunità lavorative. Intanto i poveri diventano sempre più poveri. Per noi che ci viviamo accanto la sfida diventa ogni giorno più impegnativa. Una sfida che, pur dentro queste circostanze difficili, dà risultati positivi... La presenza di AVSI e di in Kenya sta avendo una svolta importante. Dopo tanti anni, diversi imprenditori, quindi estranei all ambito del non profit, si stanno interessando alle nostre opere. Così, semplicemente attraverso quel che facciamo, alcuni di loro hanno effettuato piccole donazioni a favore della Little Prince Primary School, la scuola elementare nello Dadaab: la situazione rimane sempre critica slum di Kibera. Non si tratta di grandi somme, ma è interessante il veder sorgere questa social responsibility. Oltre alle opere educative e sociali nello slum di Kibera a Nairobi, e AVSI sono attive con diversi progetti anche nell immenso campo profughi di Dadaab al confine con la Somalia. Com è la situazione? Dadaab è in continuo divenire. Il campo profughi non è più considerato un emergenza e il sostegno dell UNH- CR sta calando. Ma la situazione rimane la stessa: rifugiati che tutti i giorni hanno bisogno di cibo e di assistenza. La sicurezza è precaria. Si va da momenti di calma ad altri di tensione come quello attuale a causa dell infiltrazione nei campi di terroristi di Al Shabab (la falange di Al Qaeda in Somalia). Pur in questo clima AVSI e, in collaborazione con la Mount Kenya University, organizzano corsi di aggiornamento per 210 insegnanti, così come continuano la costruzione e la ristrutturazione di edifici scolastici. Il Sostegno a distanza di e AVSI continua a dimostrarsi un fattore decisivo nell'aiuto allo sviluppo. Di recente sono infatti nate importanti collaborazioni... Con nostra grande soddisfazione, anche l UNICEF ha riconosciuto l efficacia del metodo che utilizziamo nel Sostegno a distanza non solo nel campo educativo ma anche nella cosiddetta child protection, cioè la protezione dei bambini da abusi, del non rispetto dei loro diritti, di bambini abbandonati ecc. Per cui sta crescendo una bella e proficua collaborazione con questa grande organizzazione internazionale. Il che ci mostra quanto sia prezioso aiutare questi bambini e cercare nuovi sostenitori per poterne aiutare molti altri. v.s. Leo Capobianco (a sin.) e Richard Floyer Acland, capo UNHCR Dadaab visitano una scuola ristrutturata da AVSI-

9 KENYA Un nuovo inizio Medico ticinese con famiglia in missione al St. Matia Mulumba Hospital di Nairobi Un buon posto di lavoro, gli amici, una rassicurante routine nell agiata Ginevra. Finché un bel giorno, si prende il volo. Destinazione Nairobi, Kenya, biglietto di sola andata. Un viaggio speciale, soprattutto per una famiglia intera. Eppure può accadere. Come a Tommaso e Maria Leidi e alle loro due figliolette, Maddalena di tre anni e Agnese di un anno e mezzo. Da qualche mese vivono a Kahawa Sukari, un popoloso quartiere alla periferia nord di Nairobi. Proprio lo stesso quartiere dove hanno sede diverse realtà educative sostenute, in varie occasioni, da e AVSI: l istituto professionale Saint Kizito, l asilo Emanuela Mazzola, le scuole elementari Urafiki e La Carovana, il liceo Cardinal Otunga. Insomma, un intensa e vivace compagnia attorno, dentro la grande parrocchia - trentamila abitanti (!) - di Saint Joseph, retta dai Missionari della Fraternità di San Carlo Borromeo. Alla giovane famiglia ticinese da poco sbarcata in terra africana, abbiamo chiesto di raccontarci gli albori di questa loro avventura. Siamo arrivati a Nairobi il 24 agosto e l impatto è stato meno duro di quel che temevamo. Forse perché eravamo già stati qui per una settimana e quindi ci eravamo un po preparati all idea, ma sicuramente anche per grazia di Dio perché ci ha dato di scoprire questa realtà con la sua diversità e difficoltà pian pianino e non come shock iniziale. Il Signore ci ha mostrato la sua cura, tramite gli amici che ci ha fatto trovare qui e che ci hanno accolto, come pure regalandoci la compagnia quotidiana di belle persone: l amministratrice dell ospedale, una suora domenicana dello Zambia, e le sue consorelle, delle donne con una fede profonda, aperte e grate della nostra presenza qui. Doctor Vincent, giovane medico dell ospedale, unico medico prima del nostro arrivo, che ha accolto Tommaso con stima introducendolo alla realtà africana fuori e dentro all ospedale. Mary che ci aiuta in casa, attenta, desiderosa di imparare, cordiale e gioiosa. Siamo coscienti che non c è niente di scontato nell aver incontrato delle persone così, messe lì per noi nei luoghi della nostra quotidianità. Il dr. Vincent Njuguna e il dr.tommaso Leidi Da Ginevra alla savana... Il dr. Tommaso Leidi, medico internista fino a qualche mese fa in servizio all Ospedale universitario di Ginevra, oggi lavora al St. Matia Mulumba Mission Hospital di Thika, a circa trenta chilometri da Nairobi. L ospedale keniota conta trentacinque letti di medicina interna, u- na decina di chirurgia e quaranta tra maternità-ginecologia e pediatria. Alla mattina il dr. Leidi si occupa del reparto di medicina interna mentre nel pomeriggio segue l attività in ambulatorio (una ventina di pazienti). Le principali patologie che si riscontrano al St. Matia Mulumba Mission Hospital sono legate a complicazioni dell HIV, alla tubercolosi, alla malaria, a problemi derivanti dalla denutrizione (gravi ipovitaminosi) ma si osserva anche parecchia medicina occidentale come scompensi cardiaci, casi oncologici, spesso diagnosticati in stadi avanzati, diabete. Siamo grati di questa compagnia nell ambiente lavorativo e nella vita casalinga, perché entrambe queste realtà si sono presentate in modo molto diverso da ciò che eravamo abituati. Abitare nella periferia di una metropoli africana non è proprio come abitare a Ginevra. Non c è la Migros sotto casa o il parco giochi dietro l angolo, le case sono recintate e dopo mesi non sappiamo ancora chi siano i nostri vicini. Dopo il tramonto la vita sociale si ferma, quindi in settimana è tutto molto determinato dal lavoro. I mezzi pubblici sono un disastro, sono brutti sì, ma anche pericolosi per la guida spericolata degli autisti e quindi senza auto non si va lontano. Maria Leidi con le figlie Maddalena e Agnese All ospedale gli strumenti diagnostici sono molto limitati e quando ci sono non significa che funzionino, le persone molte volte non possono permettersi le analisi e le cure e spesso il personale manca di professionalità e di senso di responsabilità, ad un livello a cui non siamo abituati. Di fronte a questa diversità le domande sono tante e soprattutto ci chiediamo quale sia il nostro posto e il nostro compito qui. Noi siamo partiti per l Africa perché, per una serie d incontri e di amicizie e per una storia ricca di avvenimenti, abbiamo colto l invito del Signore a venire con la nostra famiglia a Nairobi. La scoperta più bella è che così come non siamo partiti con l idea di risolvere un bisogno, così ci stiamo accorgendo che il Signore non ci sta chiedendo di farlo ora. Quello Pranzo in compagnia a Nairobi che stiamo scoprendo è che ciò che ci sta dando la possibilità di stare nel modo più vero con le persone e di vivere intensamente questa realtà è partire da ciò che siamo e da ciò che ci fa muovere e ci rende lieti. Miracolosamente questo ci rende liberi nel rapporto con gli altri, ci libera dal disagio della diversità, perché io come te, per quel che ci è chiesto, stiamo prendendo sul serio la nostra vita: siamo in cammino. Tommaso e Maria Leidi, Nairobi 9 Sostieni cc postale intestato a: 6900 Lugano-CH

10 Il sostegno a distanza Cosa è? È una forma di solidarietà, un contributo economico stabile e continuativo destinato ad un bambino ben preciso, alla sua famiglia, alla sua comunità. L'impegno La quota annuale è di 600 franchi, l'impegno minimo è di un anno. Il versamento può essere trimestrale, semestrale o annuale. Si rinnova tacitamente salvo disdetta. L'importo è fiscalmente deducibile poiché è ufficialmente riconosciuta come ente di pubblica utilità. Cosa si riceve? All adesione una scheda anagrafica del bambino/a, una fotografia, la presentazione del progetto. Ulteriori notizie due volte all'anno. Il principio base Insieme agli aiuti materiali, la presenza di adulti che accompagnano il bambino nel suo percorso educativo. In Kenya il progetto è condotto da AVSI, ong di cui è partner. I coordinatori responsabili in loco sono Romana Koech-Jeptoo e Leo Capobianco. Costi amministrativi trattiene in totale il 10% della quota per i costi di gestione del progetto in Svizzera e in Kenya. 10 KENYA Come uno di famiglia... I racconti di chi sostiene a distanza con i giovani dello slum di Kibera a Nairobi Christian Grignola con Mary e Martin La mia seconda volta in Kenya, dopo il mio primo soggiorno durante l estate 2010, è durata solo una settimana, ma ancora una volta è stata un esperienza indimenticabile. Ho potuto vedere l evoluzione di alcuni progetti, e scoprirne altri che non conoscevo. Ho rivisto tanti amici, conosciuto nuove persone decise a fare di tutto per aiutare questi bambini, e soprattutto ho rivisto Martin e Mary, i miei bambini (anche se ormai Martin ha 16 anni ed è più alto di me ). Ho avuto la fortuna di passare una giornata intera con loro, con tanto di visita al National Park di Nairobi. Una splendida gita, abbiamo visto tantissimi animali e, per una volta, ho fatto un po il turista. Quelle poche ore passate assieme non le dimenticherò mai. Ma se per me era la seconda volta a Nairobi, per Laura, la mia ragazza, era una prima assoluta. Abbiamo iniziato a parlare di questo viaggio alcuni mesi fa, e non è stato facile convincerla a seguirmi. Come è normale che sia, all inizio era un po spaventata all idea di ritrovarsi in una bidonville. Non so se sono pronta, mi diceva. No, non lo sei. E non potrai mai esserlo le ho risposto. Non ci si può preparare ad andare a Kibera, e rendersi conto di cosa sia veramente la povertà più assoluta. È uno schiaffo violentissimo, che ti fa capire che certe cose non esistono solo in televisione, ma che purtroppo sono reali. La quotidianità di tanti bambini aiutati da è questa. Fa male, molto male, è qualcosa che ti entra dentro e non ti lascia più. Ma nonostante tutto, ha deciso di venire con me. Il giorno prima della visita allo slum, per aiutarla un po all impatto, le ho fatto una mia personale teoria del bicchiere mezzo pieno, in salsa kenyota. In poche parole, le ho detto di concentrarsi esclusivamente sui bambini, anche se non è facile. Non pensare alla miseria attorno a te, ma guarda il sorriso di questi bambini, la loro allegria, la gioia nei loro occhi quando gli darai una caramella. Non pensare a dove vivono, ma alla speranza che stiamo dando loro di avere un futuro migliore. Probabilmente più facile a dirsi che a farsi, ma forse un po è servito. Ad ogni modo, ha adorato questa esperienza, durante la settimana ha cominciato a parlarmi della prossima volta che torneremo in Kenya, e ha deciso di fare anche lei un adozione a distanza. Un altra bambina avrà la possibilità di andare scuola, e forse la sua vita sarà un po meno in salita. Anche solo per questo motivo, è valsa la pena di tornare a Nairobi. Christian Grignola, Losanna «Per noi sei come un fratello. Forza Martin!» Ricordi del Giovanna e Josè sono grandicelli: lei otto anni, lui undici. Si lavora insieme, la scuola è faticosa ma molto utile. Lo si dice spesso a casa nostra, nei pomeriggi che si dedicano ai compiti e ai ripassi. Fuori splende il sole. Sarebbe bello uscire ma ci sono le ultime tabelline, l analisi logica, le prime frasi di francese da imparare. La scuola è importante, bisogna dare ai bambini uno strumento necessario per il futuro. Da queste parole, tante volte ripetute, nasce il desiderio, dei nostri figli e nostro, di regalare un opportunità anche a chi, lontano da noi, non è così fortunato da dare per scontata un educazione scolastica sufficiente per migliorare le prospettive sul proprio avvenire. Da quel lontano 2003 abbiamo così iniziato con un sostegno a distanza. Martin ha un anno in più di Giovanna, è nato a Nairobi nel Ogni anno ci invia una lettera nella quale ci racconta le sue novità famigliari, scolastiche e, ultimamente, anche politiche. Dalla fotografia allegata vediamo il suo viso e il suo corpo cambiare: cresce e diventa adulto proprio come i nostri ragazzi. Tra poco finirà il suo percorso Martin scolastico. Sta frequentando il quarto anno alla Secondary School Cardinal Otunga. Siamo felici per lui, anche se sappiamo che purtroppo attualmente sta attraversando un momento difficile. A volte gli amici possono confonderci, l età è sicuramente tormentata, ma siamo contenti nel vedere che l assistente sociale lo segue, gli sta vicino e lo sta aiutando. Forza Martin! Siamo con te e siamo sicuri che con l esperienza acquisita e l educazione ricevuta, saprai combattere e trovare la giusta via. Claudia e Giorgio Calderari, Rancate Penso che sia molto importante e gratificante aiutare qualcuno, vederlo crescere e realizzare il suo sogno pur essendo distanti. Come figli, per noi Martin è come un fratello. Ricordo che eravamo contenti quando ricevevamo le sue prime lettere, ci raccontava di come si viveva giù in Africa e di quanti fratelli avesse. Martin è sempre stato nella nostra vita, perché, come noi, lui cresceva e superava i primi ostacoli della vita nonostante fosse in un altro paese. Adesso ci scrive ancora e siamo felici che lui stia seguendo il suo sogno, anche se, come noi, attraversa un periodo di incertezze, che gli insegneranno ad essere un uomo e ad affrontare la vita. L ultima cosa che aggiungo è: non conta la distanza, ma il sogno e la speranza che si avverino. Giovanna Calderari, Rancate

11 «Ti vediamo crescere» Nel 2005 abbiamo aderito con gioia al Sostegno a distanza dopo aver conosciuto attraverso don Carlo Scorti, parroco a Bellinzona. Ci è così stato affidato il piccolo Joseph di Nairobi che oggi ha dodici anni. Joseph abita nella baraccopoli di Kibera, una delle più grandi dell'africa. Per guadagnarsi da vivere, sua madre vende pomodori in strada mentre il padre è senza lavoro. Joseph, che allora frequentava l asilo, ha una sorella più grande. Due volte l anno riceviamo regolarmente notizie di Joseph: disegni, lettere, fotografie e informazioni dall'assistente sociale che lo segue. In modo chiaro e profondo ci descrivono la situazione e le condizioni di vita lì. Questi racconti ci fanno capire una volta di più quanto noi qui siamo fortunati. Ogni lettera, attesa con impazienza, ci avvicina a Joseph facendoci in un Joseph, 12 anni e il suo gatto J.B. certo senso partecipare alla sua vita, quindi alla sua crescita, al suo impegno scolastico, al matrimonio della sorella, alla sua "casa" con il tetto di lamiera e le pareti di fango secco. A Joseph piace molto andare a scuola, è allegro e in salute. Ci racconta della sua classe, dei suoi compagni (55 allievi), della maestra Mrs. Onikunji e del suo amico Kabwea. Ci scrive che ha un'uniforme e che pranza a scuola. Possiede un gatto di nome J.B. e gioca a scacchi con gli amici. Termina sempre le sue lettere ringraziandoci tanto, augurandoci buone feste e che Dio ci benedica. Nelle foto che ci invia cerchiamo ogni particolare - l'abito, le scarpe, lo sfondo - per conoscere lo sua quotidianità, forse inimmaginabile. Leo Capobianco, responsabile di AVSI in Kenya, una volta ha scritto: "Cosa è l'africa? Cosa è il Kenya? Uomini e donne come noi che si svegliano al mattino con il desiderio che sia un giornata diversa, che ci sia qualcuno che ti ama ancora". Speriamo un giorno di intraprendere il viaggio per Nairobi e condividere con Joseph e la sua famiglia i ricordi di questi anni di conoscenza "intercontinentale". Antonietta e Vincenzo Iovanna, Giubiasco «La foto di Ryan accanto alle nostre» Natale 2009 se gna l inizio per noi del padrinato di Ryan, un bellissimo bimbo di nove anni che abita nello slum di Kibera a Nairobi. A casa nostra abbiamo diverse sue fotografie sparse un po ovunque accanto a quelle degli altri nostri cari. Si può dire che Ryan fa parte della nostra famiglia e, anche se non lo abbiamo mai incontrato, ci siamo affezionati a lui e a coloro che concorrono al suo benessere. Quando lo scorso anno siamo venuti a sapere che il bambino aveva seri problemi di salute, ci siamo allarmati e ci siamo preoccupati di conoscerne l entità e le possibilità di aiuto diretto. Grazie al coordinamento degli amici di e alle notizie del team operativo in loco, abbiamo appreso che in effetti il bambino doveva ricorrere con una certa Ryan Mudaki con la sorella maggiore frequenza a cure mediche specialistiche presso l ospedale di Nairobi al fine di combattere delle gravi infezioni batteriche alla testa; inoltre la cura si prospettava difficile anche per la mancanza di condizioni igieniche adatte. La nostra risposta è stata immediata nell offrire tutto l aiuto necessario: Ryan è stato opportunamente curato ed è stato possibile adottare misure adeguate dal punto di vista igienico. Le ultime notizie ci indicano un bambino ristabilito e in piena forma (le fotografie che ci ha inviato ci mostrano un bellissimo bambino sorridente). Siamo evidentemente contenti che abbiamo potuto contribuire al suo recupero. È difficile da spiegare chi ha un padrinato a distanza ci capirà ma il fatto di poter aiutare un bambino a distanza è sì un atto di solidarietà verso chi è nel bisogno, ma anche una preziosa occasione di arricchimento umano: per questo siamo noi a dire grazie a Ryan e al team di. Paola e Giorgio Noseda, Vacallo Kibera, Nairobi Kibera è una delle baraccopoli più grandi dell Africa. Ci vivono circa 800mila persone, tutte in case fatte di niente. Fango, legno, pezzetti di legno come muri e lamiera ondulata come tetto. A Kibera non ci sono servizi, non c è acqua potabile, non c è corrente e- lettrica, la spazzatura è ovunque. Quando piove il fango si trascina dietro un mondo. I bambini nascono e vivono in un clima di estrema violenza. Poter frequentare una scuola, se poi così bella come la Little Prince, è una grandissima opportunità di crescita e sviluppo. Biscotti per Emmanuel, il compagno africano Gli allievi della scuola elementare La Caravella di Bellinzona hanno un compagno un po speciale che abita piuttosto lontano. Si chiama Emmanuel Oloo, ha nove anni e vive in povertà nello slum di Kibera a Nairobi. Emmanuel però è fortunato: può andare a scuola, nutrirsi, vestirsi e avere qualcuno che gli è vicino. Tutto questo è possibile perché i suoi piccoli amici bellinzonesi hanno sottoscritto un adozione a distanza con. Ma per aiutare concretamente Emmanuel occorre trovare il denaro necessario. E così, negli scorsi mesi, alcuni alunni della scuola elementare hanno allestito al mercato cittadino di Bellinzona una bancarella dove hanno venduto biscotti e lavoretti da loro confezionati per sostenere Emmanuel, il loro amico africano. La bancarella degli allievi de La Caravella al mercato di Bellinzona 11 Sostieni cc postale intestato a: 6900 Lugano-CH

12 ECUADOR La famiglia che diventa asilo A Pisulli, quartiere povero di Quito, luoghi sicuri per i bimbi di genitori che lavorano Il cuore e l orizzonte Amparito Espinoza, e- ducatrice ecuadoregna e direttrice esecutiva della Fundacion Sembrar, partner di AVSI a Quito, osserva che: Gli asili familiari sono l attività dove più si gioca la libertà e il coinvolgimento della persona, perchè le madri educatrici si ritrovano nella loro casa nelle attività quotidiane, curando i piccoli come se fossero figli loro. Quando sento che mi sto dimenticando il senso del lavoro che faccio, vado a visitare un asilo familiare. Vedere la dedizione con la quale si prendono cura dei bambini e vedere l affetto riflesso nel volto di questi piccoli, mi fa tornare a ciò che dà senso alla grande o- pera che stiamo svolgendo. Nessuno di noi sarà la stessa persona, perché qualcuno ha creduto in noi, nelle nostre capacità. Non siamo cose, ma persone capaci di servire la propria comunità e di essere parte dell opera di Dio nel mondo. Il nostro cuore stava solo aspettando la possibilità di svegliarsi. Il nostro sguardo è cambiato e l orizzonte è o- gni volta più grande. Questo è tutto quello che penso ogni volta che visito un asilo familiare. È come tornare a sentire il palpito del cuore. 12 L asilo «Ojos de Cielo» a Quito Era il maggio del 2005 quando a Quito avevamo da poco iniziato il programma Prescolar en la casa (Pelca). Ancora non esisteva Ojos de Cielo, l asilo poi aperto con la campagna Tende Tutti i giorni, dei gruppetti di madri, e a volte di nonne o di zie, insieme ai loro piccoli, partecipavano alle riunioni con le educatrici per imparare a fare la mamma. Qui ricevevano nozioni sull educazione, il nutrimento, il gioco. Le lezioni continuavano anche a casa facendo i compiti con i figli, ossia proponendo loro attività didattiche e ludiche tramite l ausilio di un quaderno e del materiale consegnatogli. Tra le partecipanti v era anche Josefa (adesso in cielo, morta per un tumore quattro anni fa). Josefa era una buona nonna, di quelle sagge e che amano tanto, con parecchi figli e figlie e nipoti a carico. Dell educazione dei nipoti si occupava lei poiché i loro genitori erano via tutto il giorno al lavoro. Josefa veniva alle riunioni al nostro Centro educativo di Pisulli, come tutte le altre mamme, ogni quindici giorni, dopo aver fatto una camminata in salita di mezz ora. Pisulli è una grande collina con terreni di proprietà di alcuni latifondisti. Vent anni fa questi terreni furono occupati da gruppi di famiglie alla ricerca di un luogo dove costruire una casa e di un lavoro nella grande metropoli. Oggi il quartiere di Pisulli conta circa ventimila abitanti. Josefa arrivava sempre molto stanca (per lei il bus era troppo caro) con aggrappati attorno i cinque nipoti di cui si occupava. Anche a costo di una grande fatica, la nonna aveva preferito educarli personalmente e non iscriverli ai fatiscenti asili statali del quartiere. È stato un gran pomeriggio quello in cui, guardandola arrivare, mi sono rivolta all amica Amparito Espinoza e le ho detto: Ma perché non andiamo noi a casa sua e l aiutiamo ad educare i suoi nipoti senza che debba fare tutta questa fatica? Il giorno dopo eravamo lì, a vedere la sua casa e che cosa si poteva fare. Sono nati così gli asili familiari. Da allora ne abbiamo aperti in media cinque all anno, alcuni diventati ormai storici e stabili. Gli asili familiari sono una forma agile e originale per rispondere al bisogno di un luogo sicuro dove lasciare i bambini per i genitori che lavorano e, allo stesso tempo, un modo per valorizzare i talenti della gente del posto e, in particolare, della famiglia e della famiglia allargata. Si tratta di luoghi il più possibile simili a una casa (anche vicino alla propria casa), animati da persone di fiducia, capaci di dare tutto l affetto possibile. All inizio chi si occupava dell educazione di questi piccoli erano solo i parenti dei bambini come nonna Josefa. Poi, con il progetto di AVSI e, diverse donne volontarie e le nostre educatrici hanno iniziato ad aiutare numerose famiglie come questa, andando regolarmente a casa loro e portando del materiale didattico. Era sempre una sorpresa visitare queste case così spoglie e piccole eppure così colorate e piene della festosa Stefania Famlonga e Amparito Espinoza

13 allegria dei bambini. Nel quartiere di Pisulli, le case che hanno un tavolo sono poche. Di solito le famiglie mangiano sedute sul bordo del letto, in molti casi il solo mobilio, oltre ad una minuscola cucina. La spontaneità di questa iniziativa non poteva però durare molto. Dopo un anno, notando la precarietà dovuta principalmente alle difficoltà economiche delle famiglie delle donne che curavano i bambini (da un giorno all altro eravamo spesso costretti a chiudere l asilo), nel progetto abbiamo introdotto un contributo mensile e siamo stati aiutati dagli amici del Sostegno a distanza. Successivamente abbiamo poi destinato delle quote fisse per l alimentazione dei bambini e abbiamo coinvolto i genitori chiedendo loro una piccola somma, facendoli così diventare più responsabili del progetto. In tutti questi anni lo spirito di questa iniziativa non solo non è cambiato, ma ha dato tanti frutti. Dall inizio della nostra presenza è sempre stata evidente la necessità di ricreare un tessuto sociale di fiducia tra la gente povera di questi quartieri. Perché la povertà piú grande è proprio quella di essere soli e con la paura di chi ti vive accanto. Questi quartieri sono nati sotto il segno della violenza, tra scontri per occupare le terre e continui flussi migratori di persone provenienti da tutte le parti dell Ecuador, senza una storia comune e alla ricerca di espedienti per sopravvivere. Silvia, madre coraggio Silvia è una mamma di cinque bambini che lavora nella scuola materna della comunità Ojos de Cielo della Fondazione Avsi a Quito. Questa è la sua storia. Sono entrata nella Fondazione nel 2006 come madre partecipante alle riunioni quindicinali. Da due anni sono separata. Mio marito faceva uso di droghe e alcool, maltrattava i nostri figli e me, in particolar modo mio figlio Byron che ha iniziato anche lui a far uso di droghe. Successivamente sono rimasta sola, senza marito e senza mio figlio, ma grazie a Dio, mi sono ritrovata in un ambiente lavorativo con persone di valore con le quali ho potuto condividere la mia situazione. Le mie colleghe mi hanno sostenuto e mi sono sempre state vicine. Sentivo la presenza di Qualcuno di più grande al mio fianco, che non mi avrebbe mai abbandonata. Così ho capito che i miei figli avevano bisogno di me e che mi guardavano con orgoglio. Ora Silvia sorride alla vita. Grazie alla fede e alle colleghe è riuscita ad affrontare anche le più difficili sfide. Suo figlio Educatrici e mamme collaborano al progetto educativo di AVSI e a Quito Allievi del Centro educativo nel quartiere di Pisulli Dopo una prima diffidenza e tante difficoltà abbiamo infine deciso di rischiare. Abbiamo lottato e abbiamo imparato, abbiamo fatto errori e abbiamo avuto anche delusioni. Ma i rapporti creatisi attorno a questi asili sono speciali. Penso sia ai rapporti tra le donne che conducono gli asili familiari sia alla fiducia dei genitori. Oggi le richieste delle mamme che chiedono di lasciare i figli in un asilo familiare sono superiori alle disponibilità. I genitori sono coinvolti ogni giorno. Dalle sette e mezzo del mattino quando accompagnano i bimbi all asilo (dopo aver imparato a far colazione insieme prima di uscire di casa), alle tre e mezzo del pomeriggio quando passano a prenderli e, se i genitori non possono, vengono i fratelli più grandi. Una volta al mese poi, il sabato mattina, le educatrici si incontrano con i genitori per ricor- Bambini delle «Invasiones» a Quito dare loro che noi di AVSI, secondo il nostro metodo di lavoro, siamo dei semplici accompagnatori e che i veri protagonisti della crescita dei bambini sono loro, i genitori. Stefania Famlonga responsabile AVSI Ecuador Byron ha frequentato un gruppo di sostegno, ora sta bene e vive con la famiglia e lavora per aiutare i fratelli più piccoli. Wendy e Mabel vanno già al collegio e Andrés e Stalin a scuola grazie al progetto del Sostegno a distanza. Nelle Invasiones di Quito Quito, capitale dell Ecuador, è situata a metri sul livello del mare ed ha una popolazione di circa due milioni di abitanti. I bambini e le famiglie beneficiarie del progetto di AVSI e vivono nelle Invasiones, i quartieri marginali della capitale, cinque aree caratterizzate da alti livelli di povertà, carenza di servizi di base, scarsa sicurezza e bassa qualità di vita. Molti abitanti hanno un lavoro precario e le loro proprietà non sono regolari e appartengono a diversi proprietari illegali. In queste famiglie, normalmente le madri si dedicano alle faccende domestiche e alla cura dei figli mentre i padri trovano impiego come operai, soprattutto nel settore edile. Il reddito medio delle famiglie è di circa 170 dollari, insufficiente per soddisfare le necessità fondamentali, considerato che il costo urbano della vita è piuttosto elevato. Molti dei bambini aiutati sono figli di ragazze madri, normalmente ancora adolescenti e abbandonate dal futuro papà all inizio della gravidanza. 13 Sostieni cc postale intestato a: 6900 Lugano-CH

14 ETIOPIA Università, un bene per tutti Nuovo ateneo ad Addis Abeba: investimento per i giovani e il Paese Terra antica e misteriosa Con i suoi tremila anni di storia, l Etiopia è un punto chiave dell Africa. Mantiene una sua chiara identità, un arte originale, u- na tradizione letteraria unica nella parte sub-sahariana del continente, una liturgia cristiana affascinante e una convivenza con l Islam rispettosa. È la sede dell Unione Africana. Paese misterioso di antichi monasteri e montagne quasi impenetrabili, una scrittura con alfabeto semita, un calendario di tredici mesi, miti di dinastie salomoniche e resistenza e- roica all Islam. Oggi l Etiopia ha u- na popolazione di circa novanta milioni di abitanti, l 85% dei quali vive in zone rurali. Metà della popolazione ha meno di vent anni. Paese povero, ma con una crescita e- conomica del 7,5% nel Nel Corno d Africa, l Etiopia è il potere politico che mantiene la stabilità della regione. Il 44% degli etiopi - una sessantina di gruppi etnici diversi - è cristiana ortodossa, il 34% è musulmana. I cattolici, pur non raggiungendo l 1% della popolazione, sono molto attivi a favore dello sviluppo del Paese con scuole, ospedali, progetti agricoli. Emergenza educazione in Africa. La Campagna delle Tende di e AVSI vuole sostenere anche la nascente Università cattolica in Etiopia. Un Paese e una realtà che monsignor Silvano Tomasi, osservatore per la Santa Sede all ONU di Ginevra conosce bene. Già segretario del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti, dal 1996 mons. Tomasi è Nunzio apostolico in Etiopia ed Eritrea. L Etiopia è il più antico stato dell Africa e uno dei più ricchi per diversità di popoli. Oggi, che Paese è? L Etiopia si trova in una fase di risveglio economico grazie alla tenacia della gente e all aiuto della Cooperazione internazionale che molto investe. Mondo complesso, dinamico, l Etiopia cerca la via per includere gruppi etinici come Amara, Oromo, Tigrini, Afar, Somali, Guraghe in un sistema democratico federale che rispetti la varietà di etnie e religioni. I giovani desiderano uno stato moderno e aspirano ad un educazione che apra loro un futuro sereno in un Paese che lasci ormai dietro a sé carestie periodiche, povertà e disoccupazione, scontri tribali ed esclusione politica. L Etiopia ha il potenziale per diventare un modello anche per gli altri Stati africani, se il cammino intrapreso verso una maggiore democrazia e sostenibilità economica terrà il passo dando segni concreti che confermino ai giovani fiducia e speranza. L educazione come strumento per il dialogo e lo sviluppo dei popoli. È davvero possibile? La strada sicura per un futuro migliore è certamente quella dell educazione. Negli anni che ho speso nel Corno d Africa ho toccato con mano come una piccola scuola potesse cambiare un intero villaggio impegnando famiglie a lavorare assieme, cambiando mentalità, dando una visione più fiduciosa per il futuro. Le persone prendono coscienza della loro dignità e sono incoraggiate a mettere i loro talenti a servizio di tutti Studenti etiopi al Graduation Day attraverso un educazione che trasmette tecnica e valori insieme. La piccola Chiesa cattolica in Etiopia gestisce oltre 360 scuole elementari e superiori perché crede, e l esperienza lo dimostra, che lo sviluppo del Paese ha la sua via maestra nell educazione. Il Governo sta allargando la rete educativa in ogni regione, anche nelle più remote. Ed è per questa convinzione che il Primo ministro Meles Zenawi, da poco scomparso, nella sua visita a Giovanni Paolo II domandò che la Chiesa potesse contribuire con un Università di qualità. Non si tratta solo di sviluppare competenze, ma nel contesto multietnico etiope l educazione avvicina le persone e facilita incontri che rendono la convivenza più pacifica e creativa. Basti pensare che la maggioranza degli studenti in tutte le scuole cattoliche in Etiopia è costituita da ortodossi e musulmani. L apporto alla pace sociale e al rispetto reciproco diventa la base per lo sviluppo. Su richiesta della popolazione e del Governo, la Chiesa cattolica in Etiopia sta avviando un Università cattolica ad Addis Abeba, la San Tommaso d Aquino. A che punto è? L iniziativa dell Università cattolica dell Etiopia è una sfida enorme per la piccola comunità cattolica del Paese. Però la solidarietà della Chiesa universale trasforma i sogni in realizzazioni concrete. Il Governo ha dato sessanta acri di terreno in una zona di Addis Abeba in pieno sviluppo per costruire il nuovo campus universitario e la costruzione dei primi edifici è partita. Attualmente dei corsi sono proposti in un edificio messo a disposizione dall arcidiocesi. L obiettivo è di rispondere alle necessità prioritarie del Paese. Adesso la grande sfida è realizzare il campus per accogliere i ragazzi e ospitare i corsi di laurea in scienze della salute e tecnologia con classi, laboratori tecnici, biblioteche e uffici. Garantire una formazione superiore di qualità per la futura classe dirigente è fondamentale, sia per lo sviluppo e la stabilità dell Etiopia che per l intero Corno d Africa come pure per le relazioni con l Islam in tutto il continente. L iniziativa dell Università è stata accolta favorevolmente da tutti, come un investimento per i suoi giovani e per il futuro della nazione. Il sogno sta diventando realtà, ma la solidarietà internazionale è indispensabile per la trasformazione di questo Paese culturalmente e politicamente strategico. Il sostegno offerto per la costruzione, le borse di studio, gli strumenti di ricerca, nel nostro mondo globalizzato, rappresenta un beneficio per tutti. Elisabetta Ponzone 14 Il progetto del nuovo campus universitario di Addis Abeba Mons. Silvano Tomasi

15 Uno di famiglia Grazie ad un piccolo contributo economico (1,65 frs., meno di un caffè al giorno) un bambino in condizioni difficili può andare a scuola, ricevere alimenti, vestiario, cure mediche ed essere accompagnato da un adulto nel suo percorso educativo. Sostieni cc postale intestato a: 6900 Lugano-CH PARTECIPO AL SOSTEGNO A DISTANZA IN KENYA Compila il modulo e invialo a:, Via Nocca 4, 6500 Bellinzona - CH tel. e fax info@avaid.ch - Cognome (o nome azienda o gruppo di sostenitori): Nome: Via e numero: Telefono: Comune: Cellulare: Versamento: annuale (1 quota frs ) semestrale: (2 quote frs ) trimestrale: (4 quote frs ) bonifico bancario bollettino postale Mi impegno a sostenere: Un/a ragazzo/a in scuola secondaria o professionale Un/a bambino/a Un/a bambino/a o ragazzo/a in base al bisogno Note: Impressum BUONENOTIZIE Redazione: Valerio Selle Elisabetta Ponzone Editore: Corso Pestalozzi Lugano-CH tel. e fax info@avaid.com Tiratura: copie Impaginazione e stampa: Procom SA 6934 Bioggio Luogo e data: Firma:

16 Da 70 anni portiamo il piacere di guidare a Lugano Macelleria MANZOCCHI Carne di qualità Salumeria nostrana Gastronomia Produzione propria 6818 MELANO Tel Fax mac.manzocchi@bluewin.ch quartiere maghetti tel

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