INTRODUZIONE 7. Introduzione

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1 INTRODUZIONE 7 Introduzione La depressione è un termine generico con cui ci si riferisce sia a un grave abbassamento dell umore che a lievi turbamenti dell emotività. Nella sua accezione clinica, tale denominazione riguarda un insieme di sindromi con caratteristiche comportamentali, cognitive e neurovegetative ben definite. Spesso chi è affetto da una di tali sindromi trova notevoli difficoltà nel condurre una vita normale. Una persona depressa può perdere interesse per il lavoro o per gli studi, per gli amici, per quelli che erano i passatempi preferiti e per qualsiasi attività che una volta risultava gradevole. È ormai accertato che la depressione è una condizione emotiva abbastanza diffusa anche nei soggetti in età evolutiva. Uno dei più importanti studi epidemiologici, quello dell isola di Wight, aveva rilevato la presenza di un senso di infelicità e di tristezza nel 40% dei soggetti di 14 e 15 anni (Rutter, Tizard e Whitemore, 1970). Esistono tuttavia ancora pareri discordanti su diversi aspetti di questo tipo di psicopatologia infantile. Una posizione abbastanza diffusa fino agli anni Ottanta considerava molti dei disturbi dell età evolutiva una forma di depressione «mascherata». Tale ipotesi sosteneva che, nel tentativo di liberarsi dei sintomi depressivi, il bambino cerca di mascherare la sua condizione mostrandosi spesso aggressivo. Nell assumere tale punto di vista, diventava però molto difficile differenziare questa presupposta depressione mascherata da altri problemi quali i disturbi del comportamento. La maggior parte dei comportamenti disturbati riscontrabili in età evolutiva potevano infatti essere ricondotti a uno stato di depressione. Le uniche prove a sostegno di tale ipotesi andavano cercate nei sogni raccontati dai bambini, nell interpretazione dei disegni, nel contenuto simbolico di quanto il

2 8 MARIO DI PIETRO bambino riferiva. In breve, la diagnosi di depressione in questi casi era affidata più alla fervida fantasia del terapeuta che a prove cliniche sostanziali. Attualmente, la teoria della depressione mascherata è stata ormai quasi completamente abbandonata anche grazie all emergere di criteri diagnostici più obiettivi, diffusisi dopo la comparsa del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali III e IV (American Psychiatric Association, 1988, 1994). Ormai prevale la tendenza a considerare la possibilità che due o più disturbi possano coesistere. Vari studi riferiti da Matson (1989) hanno dimostrato che bambini e adolescenti possono manifestare il sovrapporsi di sintomi di depressione, di ansia, di disturbo del comportamento e di disturbo oppositivo-provocatorio. Un altra controversia in ambito diagnostico riguarda la linea di demarcazione tra disturbo depressivo maggiore e distimia (si veda il capitolo primo). Il disturbo depressivo maggiore comprende una costellazione di sintomi più gravi rispetto a quelli che compaiono nel disturbo distimico, ma quest ultimo ha un andamento più stabile nel corso del tempo. È stato riscontrato che la durata media del disturbo depressivo maggiore è di circa 32 settimane e nel 92% dei bambini il disturbo scompare entro un anno e mezzo (Kovacs et al., 1984). I bambini che hanno avuto un esordio precoce di sintomi depressivi tendono comunque ad avere una manifestazione più duratura del disturbo che tende a cronicizzarsi. Un dato che invece è ormai ampiamente confermato è l influenza dello sviluppo cognitivo sulla tipologia dei sintomi: durante l infanzia prevalgono un aspetto malinconico, disturbi fisici, agitazione; negli adolescenti si nota anedonia (perdita del piacere), senso d impotenza, ipersonnia, cambiamenti del peso, tentativi di suicidio. Inoltre, durante l infanzia il sesso non influisce sulla diversa incidenza dei sintomi depressivi, mentre durante l adolescenza si ha un incidenza maggiore tra le femmine rispetto ai maschi. La depressione secondo la prospettiva cognitivo-comportamentale Il primo modello comportamentale della depressione ad avere implicazioni cliniche sostanziali è stato quello di Ferster (1972), basato sul paradigma del condizionamento operante e rispondente. Ferster postulava all origine di uno stato di depressione clinica le seguenti condizioni (Durgoni, 1987): a) una diminuzione di rinforzi positivi provenienti dall ambiente; b) un aumento dei comportamenti di fuga e di evitamento di fronte a situazioni problematiche; c) la mancanza, nel repertorio comportamentale dell individuo, di abilità efficaci per affrontare circostanze spiacevoli.

3 INTRODUZIONE 9 Questo modello non è affatto in contraddizione con la prospettiva cognitivista, anzi ha costituito la base su cui altri modelli cognitivo-comportamentali si sono sviluppati. Come affermava Ferster (Ferster, Culberston e Perrot Boren, 1975): L analisi comportamentale degli eventi umani non preclude l inclusione di dati quali le valutazioni di sé del paziente. Il modo in cui un paziente depresso fa commenti su di sé costituisce una classe importante di informazioni che diventa non comportamentale e non oggettiva solo quando viene considerata come sintomatica di qualcosa che si verifica altrove, e non un attività avente una sua propria rilevanza» (p. 663). L assunto fondamentale su cui si basano i vari approcci all interno della prospettiva cognitivo-comportamentale sostiene che una determinante essenziale di molti disturbi emotivi è costituita dal modo di pensare dell individuo. Attualmente i più importanti contributi alla comprensione dei meccanismi cognitivi collegati alla depressione rimangono quelli di Aaron T. Beck e dei suoi collaboratori (Beck, 1967, 1976; Beck, Rush, Shaw e Emery, 1979). La teoria cognitiva di Beck propone tre determinanti fondamentali della depressione note come la «triade cognitiva»: 1) una visione negativa di se stessi (l individuo depresso tende a considerare se stesso come totalmente inadeguato e incapace); 2) una visione negativa delle proprie attuali esperienze (l individuo depresso considera le richieste del mondo esorbitanti, gli ostacoli insormontabili); 3) una visione negativa del futuro (l individuo considera la sofferenza e le difficoltà attuali come immodificabili, e crede che dureranno per sempre). Beck e e suoi collaboratori (Beck et al., 1979; 1987) ritengono che il modo in cui gli individui elaborano e distorcono le informazioni li conduce ad acquisire gradualmente una visione negativa di se stessi, del mondo e del loro futuro. Come reazione a un evento particolarmente stressante o a una serie di eventi minori implicanti una qualche forma di perdita, di fallimento o di rifiuto, l individuo comincia a impiegare schemi cognitivi disfunzionali contenenti varie forme di distorsioni cognitive (si veda la tabella 1). Un altro contributo importante alla comprensione dei meccanismi cognitivi della depressione proviene dalla teoria attribuzionale (Abramson, Seligman e Teasdale, 1978). Essa sostiene che la modalità di attribuzione del proprio insuccesso determinerà il modo in cui l individuo reagirà a tale insuccesso. Ne consegue che la riduzione di autostima dipende dal fatto di imputare i propri fallimenti esclusivamente alle inadeguatezze personali. L individuo tende quindi a deprimersi quando ritiene che i risultati desiderati siano fuori dalla sua portata, o quando si convince che si possano verificare solo risultati negativi.

4 10 MARIO DI PIETRO TABELLA 1 Principali forme di distorsione cognitiva Lettura del pensiero Si verifica quando vengono attribuiti ad altre persone pensieri, atteggiamenti, intenzioni, senza neanche accertarsi che le cose stiano veramente come si crede. Svalutazione di ciò che è positivo È una sorta di autoinganno mentale che porta a rifiutare gli aspetti positivi di una situazione pensando che «non contino». Con questo meccanismo esperienze positive possono essere trasformate in negative. Filtro mentale Consiste nel cogliere solo un dettaglio negativo di una situazione ignorando gli altri aspetti positivi. Si verifica questo modo di pensare quando, ad esempio, in un lavoro appena terminato viene notato l unico errore commesso, trascurando di notare tutte le altre cose fatte bene. Previsione del futuro Si verifica quando prevediamo che possa accadere qualcosa di negativo e ci convinciamo di questo come se fosse un fatto accertato. Ragionamento emotivo Consiste nel ritenere che le proprie sensazioni sono la dimostrazione che le cose sono proprio come noi le vediamo. Ad esempio: «Mi sono sentito escluso, quindi vuol dire che a loro non importa niente di me». Oppure: «Mi sento incompetente, e questo significa che non valgo niente». Personalizzazione Consiste nell assumersi la responsabilità di un evento negativo senza che esista alcuna ragione obiettiva. Questo modo di pensare è caratterizzato da espressioni di autoaccusa («È colpa mia se...») e di autocondanna («Sono un verme...»). L errore sta nel ritenere di essere in grado di controllare totalmente eventi sui quali si può solo esercitare una certa influenza.

5 INTRODUZIONE 11 Pensiero dicotomico Significa considerare le cose secondo categorie estreme: «Se non è bianco allora è nero». Se una cosa non è stata fatta in modo perfetto, allora vuol dire che è completamente sbagliata. Oppure, se non si riceve l approvazione da tutti, allora vuol dire che la propria opinione non vale. Ipergeneralizzazione Si verifica quando un evento spiacevole viene considerato parte di una catena interminabile di eventi negativi. Ciò avviene facendo ampio uso di parole come «mai», «sempre», «tutto», «nessuno». Così se, ad esempio, capita di perdere il treno, si conclude che «le cose vanno sempre storte». Ingigantimento e minimizzazione Ingigantire si riferisce in questo caso alla tendenza a esagerare la gravità dei propri difetti o dei propri errori. È come se si guardasse le cose attraverso un binocolo che le ingrandisce. Minimizzare significa sminuire i propri aspetti positivi. In questo caso è come vedere le cose attraverso un binocolo rovesciato che le rimpicciolisce. Si verifica quando, ad esempio, pur avendo fatto bene qualcosa, si ritiene che il risultato sia ugualmente mediocre. La variabili cognitive che entrano in gioco nei disturbi depressivi sono state attentamente studiate anche nell ambito della Terapia Razionale-Emotiva (RET) di Ellis (De Silvestri, 1981; Ellis, 1962; 1993). Hauck (1977), uno dei principali esponenti della RET, propone una teoria trifattoriale della depressione che, pur non essendo in contrasto con la teoria di Beck, considera un altro tipo di variabili cognitive. Secondo Hauck non sono le considerazioni pessimistiche di per sé a creare depressione, ma il fatto di autocondannarsi, autocommiserarsi e commiserare gli altri per gli aspetti negativi della realtà (reali o presunti che siano). Hauck sostiene che sotto ciascuno di questi atteggiamenti siano riscontrabili alcune delle convinzioni irrazionali di base individuate da Ellis: 1. Autoaccusa: a) «Sono una persona completamente negativa e merito di essere severamente condannata e punita»; b) «Si deve essere sempre bravi e competenti per essere considerati degni di valore».

6 12 MARIO DI PIETRO 2. Autocommiserazione: a) «È terribile e catastrofico se le cose non vanno come vogliamo»; b) «La sofferenza umana dipende solo da cause esterne e non possiamo fare nulla per controllare o cambiare le nostre emozioni». 3. Eterocommiserazione: a) «Non si può evitare di turbarsi enormemente per i problemi e i disturbi degli altri»; b) «Ci deve essere sempre una soluzione giusta e perfetta per qualsiasi problema ed è una cosa orribile non riuscire a trovarla». (p. 33) La differenza principale tra la posizione di Beck e quella di Ellis e Hauck sta nel fatto che il primo dà maggior rilevanza agli errori cognitivi di tipo inferenziale (come l individuo interpreta la realtà), mentre i secondi, coerentemente con la teoria della RET, pongono maggiormente in rilievo gli errori cognitivi di tipo valutativo (come l individuo giudica la realtà). Ellis indica due principali eventi attivanti collegati alla depressione: il non riuscire in qualcosa e l essere rifiutati da qualcuno. Secondo Ellis comunque non è tanto il fallimento o il rifiuto a causare la depressione, quanto: (1) il considerare indispensabile la riuscita e l approvazione degli altri e (2) lo svalutarsi e condannarsi per gli aspetti negativi della propria esistenza. In base a ciò si desume che, qualora un bambino si ritenga totalmente responsabile per qualsiasi risultato negativo ottenga, considerandosi anche incapace di influenzare negli altri un atteggiamento positivo nei suoi confronti, possa diventare un probabile candidato a sviluppare un disturbo depressivo. Tutto questo ha trovato ampia conferma nella ricerca clinica. Gli studi condotti al fine di individuare le caratteristiche cognitive dei bambini e degli adolescenti depressi concordano nell evidenziare la tendenza a effettuare distorsioni nella valutazione di sé e nell interpretazione di eventi presenti e passati (Kaslow, Rehm e Siegel, 1984). I bambini depressi tendono inoltre a effettuare attribuzioni negative in misura molto maggiore rispetto a soggetti della stessa età che non presentano sintomi clinici. Alcuni autori hanno dimostrato che nei bambini con diagnosi di disturbo depressivo prevale la tendenza a manifestare un locus of control di tipo esterno (Mullins, Siegel e Hodges, 1985). Essi cioè non si ritengono capaci di poter influenzare il verificarsi o meno di certi eventi attraverso il proprio comportamento. Un altro aspetto sottoposto a indagini cliniche è stato il rapporto tra depressione e autostima. Tutte le ricerche concordano nell indicare che i bambini depressi hanno un basso livello di autostima, soprattutto per come essi percepiscono le proprie abilità sociali e scolastiche. Le distorsioni cognitive che intervengono sono caratterizzate da ipergeneralizzazioni che portano il bambino a effettuare valutazioni globali negative su di sé. In aggiunta a questi errori nei

7 INTRODUZIONE 13 processi valutativi sono stati riscontrati anche deficit nei processi di problem solving caratterizzati dal predominare di strategie autolesive, aventi talvolta gravi ripercussioni nella vita del bambino (Asarnow, Carlson e Guthrie, 1987) Conclusioni Pur se rimane ancora molta strada da percorrere per una completa comprensione della depressione in età evolutiva, i contributi nell ambito della prospettiva cognitivo-comportamentale sono stati notevoli. Questo volume è il primo testo pubblicato in lingua italiana sul trattamento cognitivo-comportamentale della depressione in età evolutiva. Una delle caratteristiche che contraddistinguono questo tipo di trattamento è il fatto di aver sottoposto a verifica sperimentale le proprie procedure e di averne accertato la validità (Kendall, 1993). Ciò tra l altro smentisce un opinione erronea diffusa negli ambienti clinici, secondo la quale i vari tipi di psicoterapia si equivarrebbero per quanto riguarda il livello di efficacia. Per il clinico che opera con bambini e adolescenti, come pure per chi svolge una funzione educativa, questo volume risulterà prezioso e di immediata utilità. L argomento viene infatti affrontato in modo estremamente chiaro e secondo una prospettiva empirica, diversamente dalla maggior parte delle pubblicazioni italiane che trattano questo tema secondo un ottica prevalentemente speculativa. Nel nostro Paese infatti troviamo frequentemente trattazioni molto fantasiose, ma in gran parte prive di fondamento scientifico, oppure ci imbattiamo in posizioni estremamente riduzioniste che riconducono la depressione esclusivamente a meccanismi biochimici. In questo volume l autore affronta il problema della depressione in età evolutiva prendendo in considerazione quella molteplicità di fattori emersi da ricerche longitudinali e ad ampio spettro che hanno potuto confermare l opportunità e l utilità di interventi di psicoterapia cognitivo-comportamentale. Inoltre si tratta di un testo che si integra perfettamente con altri due volumi pubblicati presso questa stessa collana: Migliorare l autostima, di Pope et. al. (1992) e Terapia scolastica dell ansia, di Kendall e Di Pietro (1995). Questa «trilogia» costituisce un vero e proprio compendio di psicoterapia cognitivo-comportamentale dell età evolutiva, che finalmente rende disponibile anche in Italia la descrizione di metodiche d intervento innovative e di dimostrata efficacia. Mario Di Pietro Servizio per l Età Evolutiva U.L.S.S. 23 della Regione Veneto

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