Il nuovo Welfare in Europa: Interazione tra Riforme Sociali e Politiche del mercato del lavoro 1 di MARIALUISA CEPRINI

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1 Il nuovo Welfare in Europa: Interazione tra Riforme Sociali e Politiche del mercato del lavoro 1 di MARIALUISA CEPRINI Vorrei esprimere il mio particolare ringraziamento all amico e collega professor Francesco Balletta (Cattedra di Storia Economica) per avermi offerto l opportunità di tenere una serie di seminari dai quali ho ricevuto un proficuo contributo per le stimolanti discussioni avute con i partecipanti in una materia che è di grande interesse e complessità. Per questo motivo entrerò subito nel merito del mio intervento. Sulla base dell interazione tra Riforme Sociali e Politiche del Mercato del Lavoro, ampiamente riconosciuta da economisti e politici, il saggio discute la necessità di riforme sociali e politiche di mercato adeguate che, interagendo tra loro, al diminuire dei contributi del primo pilastro previdenziale obbligatorio, senza toccare i benefici promessi, producano effetti positivi sul secondo pilastro della previdenza complementare e sul mercato del lavoro, quali il recupero della competitività imprenditoriale, l abbattimento dell evasione e del lavoro nero, più occupazione. 1. Il nuovo Welfare del XXI secolo: Cause del cambiamento Il corso degli eventi economici e politici della prima metà dello scorso secolo (la Rivoluzione Industriale, prima, e la Grande Depressione del 1929, dopo) ha portato all affermazione dell intervento pubblico nell economia. Lo Stato Sociale, o Welfare System, prende le mosse da due documenti fondamentali: (1) il Rappor- 1 L argomento è stato oggetto di una serie di seminari tenuti nel 2003/04, presso la Facoltà di Economia dell Università di Napoli Federico II, nell ambito del corso di Storia Economica (prof. F. Balletta). La responsabilità del testo rimane dell Autore, Research Associate presso il MIT e docente del corso di Economia della previdenza sociale nel Master MAPA di II livello dell Università LIUC di Castellanza. 51

2 to di Beveridge, nel quale l autore affermava che dovevano essere eliminati cinque grandi giganti: povertà, squallore, malattia, disoccupazione, e analfabetismo; e (2) la General Theory di Keynes, nella quale l autore sosteneva che lo Stato, e non il mercato, deve essere il promotore del benessere sociale e della piena occupazione. Per cui, le politiche che seguirono hanno teso alla ricerca della giustizia sociale, consolidando gradualmente uno schema di Protezione Sociale a favore di una società dove lavoro e matrimonio erano a vita: l uomo, capofamiglia, lavorava e la donna, casalinga, cresceva i figli. Erano i tempi in cui predominava il modello famiglia tipo Beveridge, come mostrato in Tavola 1. Tav. 1 Tipologia della famiglia La Famiglia tipo BEVERIDGE La Famiglia tipo MODERNO Un capofamiglia (marito), lavoro a vita a tempo pieno matrimonio a vita figli (almeno 2/3) Due capifamiglia (marito e moglie), più esperienze lavorative, matrimonio finché dura figli programmati (1 massimo 2) Ma dalla metà del secolo scorso questo modello si è trasformato in un modello famiglia tipo Moderno (Tav. 1), a causa di graduali ma continui cambiamenti nella tipologia dei nuclei famigliari, nelle strutture demografiche (Tavv ), nel mercato del lavoro e nella crescente disoccupazione giovanile (problemi che, come vedremo, sono rimasti irrisolti dalle attuali Riforme Biagi e Maroni). Tav. 2 Maggiori Indicatori della Transizione Demografica in Italia Anziani: 65 e > 13,2 16,4 20,4 32,3 Speranza di vita alla nascita 77,8 81,7 84,7 84,6 Indice di Vecchiaia (1) 62,0 109,1 142,6 275,2 Indice di Dipendenza (2) 52,8 45,9 53,3 78,6 Anziani per Bambino (3) 1,8 2,8 3,6 7,4 Indice di Ricambio (4) 194,1 111,4 77,3 72,0 Fonte: Elaborazioni su Dati ISTAT 1) Rapporto % degli anziani (65>) sui giovani (0-14). 2) Rapporto % giovani (0-14) più anziani (65>) sugli attivi (15-64). 3) Numero degli anziani (65>) per bambino (0-5). 4) Rapporto % giovani (15-19) su anziani (60-64). Almeno quattro sono le cause fondamentali di questi rapidi cambiamenti. La prima è l aumento degli anziani. Purtroppo, se da un lato, il risultato positivo di una avanzata ricerca biomedica ha allungato la speranza di vita alla nascita; dall altro, l inquietante ampliarsi dello stato di povertà e disagio sociale di questa fascia della popolazione, ha evidenziato una scarsa efficienza dell attuale sistema di protezione sociale. La seconda è la caduta delle nascite. Entrambi i fenomeni 52

3 hanno cambiato le favorevoli prospettive delle economie. Infatti, da diversi anni, nei paesi più industrializzati del mondo si sono fortemente ridotti i tassi di crescita della produttività e della popolazione. In particolare, la caduta delle nascite e l allungamento della vita stanno causando un progressivo aumento dei tassi di dipendenza (rapporto pensionati/ lavoratori attivi), confermato dalle stime nel rapporto del G-10 per i paesi industrializzati (Tav. 3). Sembra quasi di essere passati dal famoso fenomeno dei baby boom a quello degli old boom. La terza è la crescente domanda di lavoro femminile. Fenomeno che, particolarmente accelerato in queste ultime due decadi, mostra una crescente percentuale di partecipazione alla forza lavoro delle donne entrando in competizione con quella maschile, marito e figli. Infine, la quarta, sono i problemi nella famiglia che includono una minore durata dei matrimoni con conseguente aumento dei divorzi, ed una allarmante crescita dei giovani a carico delle famiglie. Sono tante le statistiche che confermano lo slittamento dell età lavorativa e le difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro come le cause principali di questo fenomeno, e che, in modo diretto o indiretto, sono riconducibili alle politiche mal condotte sul mercato del lavoro. Tav. 3 Stime Rapporto di Dipendenza (1) nei Paesi Industrializzati Belgio 28,4 30,5 49,2 54,5 Canada 21,0 25,2 47,2 52,9 Francia 27,6 31,5 49,0 58,3 Germania 27,1 33,3 47,6 62,1 Giappone 22,0 38,3 53,0 70,1 Regno Unito 30,9 31,0 45,0 49,3 Italia 27,4 35,7 55,8 82,8 Paesi Bassi 24,1 27,2 50,3 57,3 USA 24,1 24,3 41,6 44,2 Svezia 35,2 35,0 46,9 49,3 Svizzera 26,2 29,9 53,4 61,5 Media 22,8 26,9 39,6 52,4 Fonte: Dati G-10.1) Rapporto % attivi (25-64)sui giovani (<24)e anziani (65>). Tav. 4 Tassi di fecondità di alcuni paesi Europei a confronto con la Media EURO Italia 2,42 1,64 1,34 1,22 1,15 Spagna 2,90 2,20 1,38 1,20 1,10 Grecia (1) 2,39 2,21 1,39 1,32 1,30 Finlandia (2) 1,83 1,63 1,78 1,74 1,65 Danimarca (3 1,95 1,55 1,67 1,74 1,64 Regno Unito (4) 2,43 1,90 1,8,3 1,70 1,60 Media Euro15 2,38 1,82 1,57 1,48 1,41 Fonte: Elaborazioni del Censis e proprie (per il 2020) su Dati Eurostat 53

4 1.1 Il sistema di protezione Sociale nell Unione Europea In un ottica di sensibilizzazione dai cambiamenti dell uomo e i suoi bisogni, l Unione Europea ha individuato otto classi di rischio della Protezione Sociale: Sanità, Invalidità, Vecchiaia, Superstiti, Famiglia/Figli, Disoccupazione, Alloggio, e Esclusione (altri rischi sociali non elencati). La classifica comprende tutti quegli interventi posti in essere da Istituzioni Pubbliche (Servizi Sociali) e Private (Volontariato Enti Non-Profit) allo scopo di assicurare certi rischi (vecchiaia, invalidità, malattia, istruzione e disoccupazione) a famiglie, o individui che sono gli aventi diritto, o c.d. beneficiari, purché allo stesso tempo non esistano contropartite di qualunque forma, o accordi di tipo individuale. Così definisce i beneficiari di un programma sociale: Tutti coloro sprovvisti di qualunque forma di reddito o al di sotto della sussistenza sociale, definizione che rende esplicito il concetto dello stato di bisogno. In diversi paesi europei, è da tempo in corso una serie di interventi per rendere adeguati gli attuali sistemi di protezione sociale sia ai rapidi cambiamenti, che si stanno verificando nella struttura demografica e nei bisogni dell uomo, sia alla necessità di contenere la spesa previdenziale per renderla compatibile con la spesa pubblica e rispettare l agganciamento alla crescita del PIL al di sotto di una soglia di guardia. Tali mutamenti richiedono risorse necessarie o, nell impossibilità di reperirle, una diversa redistribuzione di quelle attuali, in modo da renderle più efficienti. Tav. 5 Spesa (% PIL) per la Protezione Sociale nell Unione Europea Totale Previdenza (1) Sanità Famiglia Disoccupazione Alloggio Austria 27,9 56,7 25,8 10,5 5,6 1,4 Belgio 26,8 51,7 24,1 8,8 12,7 2,7 Danimarca 30,6 50,2 18,1 12,7 12,6 6,4 Finlandia 29,1 48,6 21,9 12,6 13,3 3,6 Francia 29,3 48,8 28,8 10,0 7,8 4,6 Germania 28,8 49,9 28,1 10,1 9,1 2,8 Grecia 22,7 57,5 25,2 8,2 4,6 4,5 Irlanda 16,8 29,9 35,8 13,2 15,7 5,4 Italia (1) 24,9 71,4 23,2 3,5 1,9 0,0 Lussemburgo 23,9 56,6 24,9 13,2 3,7 1,6 Olanda 28,9 52,8 30,8 3,7 11,0 1,7 Portogallo 19,8 55,5 33,3 5,3 5,0 0,9 Regno Unito 25,9 52,9 26,1 9,1 4,1 7,8 Spagna 20,9 53,9 28,8 2,0 14,1 1,2 Svezia 33,1 51,3 22,5 10,8 9,5 5,9 Media UE 27,1 53,5 26,8 8,4 7,6 3,7 Fonte: Rapporto annuale Istat 2000 su dati Eurostat 1997 (1) La spesa previdenziale copre tutti gli aventi diritto (anziani, vecchi, invalidi e superstiti) e include la quota sociale del 10% circa (GIAS). 54

5 Osservando la Tav. 5 emerge chiaramente che la spesa sociale Italiana, confrontata con la media dell Unione Europea, se da un lato, è quasi in linea con gli altri paesi, forse un po più bassa; dall altro, è fortemente sbilanciata nell assunzione dei rischi. Lo squilibrio è evidente nella ripartizione della spesa tra le varie prestazioni sociali che dedica al sistema previdenziale quasi tre quarti delle risorse (71,4%). E vero che il sistema pubblico mette a carico della prestazione previdenziale una quota sociale GIAS (Gestione degli Interventi Assistenziali e di Sostegno) di circa il 10%, e come tale dovrebbe avere una diversa collocazione (cioè distribuita tra malattia, famiglia e disoccupazione); ciononostante, rimane un vero e proprio drenaggio della ricchezza nazionale. 1.2 I seri problemi Europei del XXI secolo: Previdenza e Mercato del Lavoro Quanto premesso ci porta a considerare che tra i seri problemi che l Europa deve affrontare nel 21 mo secolo, due richiedono un immediata attenzione: l elevato e persistente tasso di Disoccupazione, problema di breve periodo ed il Finanziamento dei Sistemi Pubblici Pensionistici 2, problema di lungo periodo. Il primo riguarda la Riforma del Lavoro, il secondo la Riforma della Previdenza. Da tempo politici ed economisti concordano, ampiamente, sull interdipendenza delle riforme sociali. Ciononostante, sono ancora fortemente dibattuti sul tipo di incentivi o politiche da adottare affinché la loro interazione renda efficienti le riforme producendo gli effetti positivi desiderati, quali, ad esempio, aumento della ricchezza nazionale, aumento dei consumi e crescita degli investimenti, riduzione delle distorsioni sul mercato del lavoro (diminuzione della disoccupazione, in particolare quella giovanile), abbattimento del sommerso. Effetti realizzabili solo attraverso politiche coordinate tese a ridurre le aliquote contributive e fiscali, che in Europa sono alte ed in Italia quasi insostenibili. Le dinamiche che operano in questa interdipendenza sono: i) la Flessibilità del Mercato del Lavoro definita da: a) i sistemi fiscali, b) gli incentivi al lavoro, c) le politiche di investimento, e soprattutto d) le garanzie del lavoratore; ii) le Riforme dei Sistemi Previdenziali Obbligatori Social Security Reform definite da: a) i metodi di finanziamento (ripartizione e/o capitalizzazione) dei sistemi pensionistici, b) il livello del tasso di contribuzione obbligatoria, paternalisticamente imposto ai partecipanti, e c) il livello del tasso di sostituzione definito da uno schema dei benefici (inclusa la pensione) offerto dai sistemi previdenziali. 2 Il progetto è stato oggetto di una Testimonianza fatta dall Autore alla Commission s Broad Guidelines of the Economic Policies of the Member States and of the Community del Parlamento Europeo, Bruxelles. 55

6 Due sono i gruppi di politiche da considerare perché una riforma produca effetti positivi sul mercato del lavoro e permetta alle imprese di guadagnare quella competitività internazionale, condizione fondamentale per sopravvivere in un mercato loco-globalizzato: i) politiche dal lato della domanda (tese a favorire la domanda aggregata) e ii) politiche dal lato dell offerta (tese a stimolare il mercato del lavoro, dei prodotti e del sistema dei sussidi ai disoccupati). Più specificatamente, come mostrato dalla Fig. 1, si possono riassumere in tre gruppi di politiche: 1) Politica monetaria (per la domanda) che, avvalendosi di capitali pubblici e privati, stimoli la ripresa degli investimenti nel settore delle infrastrutture, della ricerca, della tecnologia e delle risorse umane; 2) Politica economica (per l offerta) che, avvalendosi di misure adeguate, supporti il sistema nel passaggio da mercato protetto a mercato flessibile. Tali misure includono: a) Revisione delle garanzie del lavoratore per evitare che venga schiacciato o emarginato (demotivazione e scarsa produttività) uscendo dal sistema rigido e paternalistico, e aiutarlo con programmi di formazione e training ad inserirsi in un mercato del lavoro flessibile e mobile; b) Revisione della contrattazione collettiva ed individuale, attraverso una diversa ma più efficiente copertura territoriale degli accordi sindacali; c) Libera mobilità lavorativa, garantita da una vera portabilità dei fondi previdenziali e dalla attivazione di una stimolante gamma di incentivi che basicamente conducono alla d) Flessibilità delle politiche salariali, attraverso una revisione del salario minimo ed una mirata politica dei sussidi di disoccupazione; 56

7 3) Politica fiscale (per l offerta) che conduca a) ad una riduzione del cuneo fiscale, anche attraverso crediti e inventivi fiscali, e b) al recupero di efficienza, attraverso la lotta alla frode, all evasione e alla burocrazia. Mentre la complementarità o sostituibilità delle politiche, e del loro impatto, sono ancora un dibattito aperto, non è più controverso che la pesante contribuzione dei correnti sistemi previdenziali obbligatori a ripartizione, quindi un alta forbice tra costo del lavoro e busta paga, produce effetti negativi sul sistema economico. Primo, e più ovvio, è quello di impoverire i lavoratori riducendo la busta paga. Secondo, quello di incentivare l evasione contributiva e fiscale attraverso la piaga del lavoro nero. Terzo, quello di disincentivare il lavoro riducendo il tasso di partecipazione ed il reddito. Infine, tende ad aumentare il costo del lavoro rispetto alla concorrenza internazionale con effetto negativo sulle esportazioni nette, e quindi sull occupazione. È dimostrata l evidenza che l enorme contribuzione obbligatoria rilevata in Europa tre volte di più rispetto a quella negli Stati Uniti è una delle cause dell enorme tasso di disoccupazione. A questa vanno aggiunte le politiche ingannevoli, o mal condotte, della domanda e dell offerta, in particolare la politica economica e monetaria. In un recente lavoro abbiamo dimostrato l evidenza empirica di una mancata politica degli investimenti 3, sia pubblici che privati e una scarsa fantasia nell articolare un programma politico in grado di produrre un apprezzabile diminuzione del tasso di disoccupazione. Quanto discusso ci porta a dedurre che una soluzione alle distorsioni nel mercato del lavoro e nella previdenza passa attraverso l attivazione di riforme sociali tra loro armonizzate (previdenza, lavoro, sanità, ammortizzatori sociali) in modo tale da garantire la piena efficienza di un sano e sicuro scudo di protezione sociale. La risposta del Governo Italiano a questi seri problemi sono la Riforma Biagi (Legge Delega n 30/2003) per il mercato del lavoro e la Riforma Maroni (Legge Delega n 243/2004) per la previdenza. Riforme che analizzeremo separatamente cominciando dalla prima. 2. La Riforma Italiana del Mercato del Lavoro: Legge Biagi La Legge Biagi, per risolvere le distorsioni del mercato del lavoro, articola la riforma in due livelli tesi alla: a) Creazione dei soggetti dei nuovi contratti di lavoro (Tav. 6/A) e b) Classificazione e Tipologia dei nuovi contratti di lavoro (Tav. 6/B). 3 MODIGLIANI, CEPRINI (2000b) Rivista di Politica Economica vol. XC Luglio-Agosto 2000: Il nuovo Welfare in Europa: Disoccupazione e Previdenza. «A Misguided Monetary Policy bears the main responsibility for the European unemployment», Working paper WEL (World Economy Laboratory) al MIT No. 03,

8 Obiettivo del primo livello (Tav. 6/A), è quello di creare una rete capillare (nodi regionali) di operatori (Albo delle Agenzie) autorizzati alla collocazione e ricollocazione dei lavoratori. A sua volta, collegati ad un organo centrale nazionale (Borsa continua del Lavoro), regolano i flussi informativi dell entrata (IN) e dell uscita (OUT) dell occupazione al fine di garantire la trasparenza di mercato. Mentre, obiettivo del secondo livello (Tav. 6/B), è quello di articolare il mercato del lavoro con nuovi contratti e clausole adeguate allo scopo di tutelare il lavoratore nel passaggio da un mercato protetto ad un mercato flessibile e aiutarlo a raggiungere una qualifica professionale. Tav. 6/a La Riforma Biagi I soggetti dei nuovi contratti di lavoro Albo delle Agenzie Regolano l IN e l OUT dell occupazione (operatori abilitati con autorizzazione amministrativa alla collocazione, o ricollocazione professionale) Borsa continua del Lavoro È un sistema aperto per l incontro della Domanda e dell Offerta di lavoro al fine di garantire la trasparenza di mercato. È imperniata su quattro punti distinti: a) Caratteristiche del lavoro, b) Flussi informativi di scambio tra nodi regionali e sistema nazionale, c) Soggetti che vivono nel sistema e richiedono le varie tipologie di lavoro, d) Fasi di adempimento Soggetti sindacali Ai quali è delegata la gestione della flessibilità e delle tutele (valorizzazione dei contratti individuali) Altri soggetti Che intervengono nei contratti di lavoro e possono essere sia pubblici che privati Fonte: Elaborazione propria su dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali Tav. 6/b La Riforma Biagi Classificazione e Tipologia dei nuovi contratti di lavoro Affitto di manodopera Staff leasing per servizi in tutti i settori produttivi inclusi quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro Lavoro su chiamata Job on call per prestazioni previste dal Ccnl (contratto collettivo nazionale del lavoro) e decreti ministeriali Lavoro ripartito Job sharing la prestazione è a capo di due lavoratori obbligati in solido Part-time Con clausole flessibili part-time orizzontale per la distribuzione degli orari, e clausole elastiche part-time verticale per la durata della prestazione Apprendistato Allo scopo di raggiungere una qualifica professionale Inserimento Analoghi, e sostituitivi nel tempo, ai contratti di formazione Prestazioni Occasionali Usualmente di tipo accessorio A progetto Per parte, uno, o più progetti Fonte: Elaborazione propria su dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali 58

9 2.1 Considerazioni sulla Riforma Biagi Premesso che è prematuro affermare cosa realizzerà la Legge Biagi, non avendo ancora raggiunto la sua piena operatività, ciononostante possiamo anticipare alcune considerazioni. La legge Biagi è una legge di riordino del Mercato del Lavoro, che organizzando soggetti e tipologia dei contratti, tenta di avvicinare il sistema Italiano a quelli vigenti in Europa e ridurre il divario tra l Italia e il resto di Euroland. Una Legge che coraggiosamente affronta alcuni problemi (come la contrattazione collettiva ed individuale, parziale revisione delle tutele del lavoratore e dell impresa, ma, inserita nel quadro economico generale, è discutibile quanto potenziale realizzerà se non è accompagnata da: Altre Riforme Sociali (Previdenza, Sanità, Istruzione ed altre, in sintesi tutti i rischi riconosciuti nel Sistema di protezione sociale dell Unione Europea) che, solo se armonizzate tra di loro, possono produrre gli effetti positivi desiderati; Politica Monetaria adeguata per stimolare gli investimenti pubblici e privati e restituire competitività al sistema imprenditoriale (vedi Fig.1); Incentivi decisivi e coraggiosi per diminuire sia la disoccupazione giovanile, che in Italia è ancora una piaga, sia il pernicioso divario economico tra il Nord ed il Sud dell Italia, problema che va coraggiosamente ma definitivamente affrontato e curato. Tav. 7 Stime Occupazione e Disoccupazione (1) in Campania Occupazione Disoccupazione var var. Caserta 25,5 26,7 1,2 27,0 26,8-0,2 Benevento 32,6 32,4-0,1 15,7 15,6-0,1 Napoli 25,5 26,5 1,1 26,4 24,8-1,6 Avellino 30,5 31,2 0,8 18,1 16,4-1,7 Salerno 30,2 30,0-0,2 18,6 20,0 1,4 Media (2) 29 29,4 0,6 21,2 19,5 0,4 Sud (3) 28,3 29,0 0,7 21,6 20,3-1,3 Italia 36,6 37,4 0,7 11,0 9,7-1,3 Fonte: Elaborazioni proprie su dati ISTAT. 1) Rapporto % degli Occupati e Disoccupati sugli attivi (15-64). 2) Media dei cinque capoluoghi. 3) Intera aerea del Sud I dati della Tav. 7 ci dimostrano che, nonostante gli sforzi compiuti nel tempo dai vari governi, persistono due realtà inaccettabili, soprattutto pensando che l Italia è uno dei paesi fondatori dell Unione Europea. Mi rendo allo stesso tempo conto che diversi fattori, tra i quali è fondamentale la prossima sospensione dei finanziamenti europei, per il Sud d Italia e per tutti i Sud dei paesi di Euroland, non aiute- 59

10 ranno a risolvere il problema; almeno che non si verifichino cambiamenti di opinione, fortemente e necessariamente auspicabili, all interno del Parlamento Europeo. 3. Scenario Europeo dei sistemi previdenziali Una volta i sistemi pensionistici tradizionali privati, o del pubblico impiego, garantivano ai partecipanti una pensione o vitalizio commisurato al reddito vitale del lavoratore, così detto sistema a Prestazioni Definite o DB (Defined Benefit). I contributi erano versati dal lavoratore e dal datore di lavoro che li considerava parte del salario ed erano accumulati per costituire un capitale dal quale venivano poi pagate le pensioni (sistema ad accumulazione). In questo sistema, che aiutava l individuo a comportarsi rispetto al risparmio nel modo razionale del modello del Ciclo Vitale del Risparmio CVR 4, era il datore di lavoro ad assumere il rischio di un beneficio garantito contro un rendimento incerto ed era pertanto il responsabile della gestione del patrimonio accumulato. In una forma alternativa, chiamata sistema a Contributo Definito o DC (Defined Contribution), i contributi venivano versati dai partecipanti che, all età del pensionamento, ricevevano non un vitalizio prestabilito ma un capitale pari all ammontare versato più un rendimento ovviamente incerto. In questo sistema il responsabile della gestione del fondo è generalmente il lavoratore che assume il rischio. Ma al giorno d oggi, in gran parte del mondo industrializzato questi sistemi sono stati sostituiti o integrati con un sistema pensionistico pubblico obbligatorio a ripartizione, meglio conosciuto in Italia come INPS 5. Per questa ingegnosa invenzione, cosiddetto Tacito Patto intergenerazionale relativamente recente, introdotta da Bismark, ma ampiamente diffusa con il sistema previdenziale obbligatorio Americano Social Security che, negli anni 30, ne fu il precursore, i contributi non vengono accumulati per finanziare le pensioni future ma usati subito per pagare le pensioni correnti. In una prospettiva un po diversa il concetto è che gli attivi pagano le pensioni ai ritirati con il tacito patto che quando anche loro si ritireranno, gli attivi di quel momento pagheranno le loro pensioni. Ciò significa che ogni generazione assicura un diritto sulle risorse future attraverso un patto intergenerazionale, imposto dallo Stato, per il quale il lavoratore aderisce a mantenere il 4 MODIGLIANI (1966), CEPRINI, MODIGLIANI (1998). Il modello CVR implica due stadi nella ricchezza di un individuo durante il corso della sua vita: positiva fino al momento del ritiro e negativa nella fase successiva, quando la ricchezza, accumulata durante la fase lavorativa, è spesa per sostenere la fase del pensionamento (consumi del pensionato). 5 L INPS rappresenta il fondo di social security più numeroso in termini di iscritti rappresentando quasi due terzi dell intera previdenza obbligatoria in Italia. Accanto a questo ci sono fondi più piccoli che includono il Ministero del Tesoro, l INPDAI, i fondi delle Casse professionali ed altri. 60

11 ritirato. Pertanto, ogni lira riscossa in contributi è spesa immediatamente consumata e non investita in attività finanziarie, vale a dire che il fondo della social security è un fondo virtuale consistente di obbligazioni morali e finanziarie contratte da un governo, e garantite non da un capitale accumulato ma da un ipoteca sulle generazioni future 6. Questo è un sistema che può funzionare solo se i contributi sono obbligatori, altrimenti i partecipanti potrebbero decidere di ritirarsi lasciando i pensionati senza la copertura necessaria a pagare le pensioni. Le caratteristiche fondamentali di questo sistema sono: Lo Stato decide come e quando l individuo deve risparmiare, secondo un piano obbligatorio e rigido, fissato paternalisticamente dalla legge, in concertazione con il sindacato. In particolare è la legge che stabilisce il così detto Tasso di Sostituzione (rapporto Pensione/Salario) e l età del pensionamento, che a loro volta determinano la quota di contribuzione; La pensione è garantita da uno schema DB (Prestazione Definita) basata sulla storia salariale del lavoratore, che a seconda dei paesi varia tra la media degli ultimi 5 anni (caso dell Italia) o dei migliori 20. Qui i benefici sono fissati contrattualmente da una formula specifica e il rischio di finanziare i benefici promessi (inclusa la pensione) è a carico dello Stato, o per lui l istituzione preposta. Tav. 8 Copertura dei Sistemi previdenziali nell Unione Europea Pilastro Caratteristiche % di Copertura (1) 1 mo Pilastro Sistema Pubblico, o privato, obbligatorio Metodo di finanziamento del sistema: a Ripartizione o Capitalizzazione Garanzie del sistema: Schema DB o DC offerto da Istituzioni pubbliche o private 88,8% 2 do Pilastro Sistema complementare a base volontaria (solo in Germania sono basati su riserve di bilancio) offerto da Istituzioni pubbliche e Private 8,0% 3 zo Pilastro Sistema Integrativo a base volontaria offerto attraverso Compagnie di Assicurazione Ramo Vita, o Gestori finanziari 2,2% Altro Ulteriore pilastro a base volontaria, più tecnico e selettivo rispetto al pilastro 3 offerto attraverso Compagnie Assicurative Ramo Vita, Datori di Lavoro, o Gestori finanziari 1,0% Fonte: Green Paper della Commissione Europea Affari Economici e Monetari, Giugno ) Stima percentuale della copertura sul totale del settore privato dell occupazione. Dallo scenario Europeo, mostrato dalla Tav. 8, notiamo che in media l 88% del 1 mo pilastro previdenziale è provvisto da questi schemi pubblici, o privati, a contribuzione obbligatoria. Solo l 8% delle pensioni è offerto attraverso piani disposti dalle istituzioni (datori di lavoro), ed il rimanente attraverso schemi volon- 6 CEPRINI, MODIGLIANI (1998). 61

12 tari offerti da compagnie di Assicurazione Ramo Vita. Nella stessa tavola vediamo anche che il 2 do e 3 zo pilastro sono rispettivamente distinti come sistema complementare e integrativo. Le differenze tra questi due pilastri dipendono: a) dal gestore che li offre, b) dal pacchetto di benefici che li distingue e c) dai costi di gestione. In realtà, escluso il 1 mo pilastro che rappresenta risparmio obbligatorio, dovrebbero tutti essere considerati 2 do pilastro, dal momento che rappresentano risparmio volontario che il lavoratore liberamente decide come e dove investire. In questa ottica, la Tav. 9 ci illustra quale è la percentuale di partecipazione dei lavoratori Europei (copertura) ai piani complementari sul totale degli schemi previdenziali del secondo pilastro. Belgio Paese Danimarca Germania Grecia Spagna Francia Irlanda Italia Lussemburgo Olanda Portogallo Regno Unito Tav. 9 Copertura del risparmio volontario 2 do pilastro nell Unione Europea % di copertura 31% 80% 46% 5% 15% 90% 40% 5% 30% 85% 15% 48% % piani Caratteristiche complementari sul totale Schemi previdenziali Volontario/ Capitalizzato/ Fondi Pensione e gruppi assicurativi. 8% Completamente capitalizzato/ Fondi professionali e di 18% datori di lavoro per contrattazioni collettive Volontario/55% con riserve di bilancio/45% con fondo 11% pensione capitalizzato, Fondi di sostegno e Fondi collettivi. Volontario/In fase di ristrutturazione/ Parzialmente capitalizzati. n.a. Volontario/In fase di ristrutturazione per futuri alti livelli di 3% pensione pubblica/ Parzialmente capitalizzato/ Formazione di riserve di bilancio per finanziare la previdenza. Obbligatorio paygo/negoziazioni imprenditoriali collettive/ Parziale schema a capitalizzazione in fase di ristrut- 21% turazione in parte volontaria. Volontario/Capitalizzato/Fondi pensione e gruppi assicurativi. 18% Principalmente paygo in ristrutturazione per futuri alti 2% livelli di pensione pubblica/parzialmente capitalizzato/ Assicurazione volontaria. Volontario/Principalmente piani con riserve di bilancio/parzialmente capitalizzato. n.a. Tutti fondi capitalizzati/contrattazioni collettive di lavoro. 32% Volontario/Piani autorizzati assicurativi e di lavoro/ Capitalizzati/ In fase di ristrutturazione per futuri alti livelli di n.a. pensione pubblica. Volontario/Capitalizzato/Fondi pensione e gruppi assicurativi. 28% Fonte: Green Paper della Commissione Europea Affari Economici e Monetari. 1) Stima percentuale della copertura sul totale del settore privato dell occupazione 62

13 Fatta eccezione per paesi come la Danimarca, la Finlandia e la Svezia, caratterizzati da un sistema, che gradualmente sarà in parte a ripartizione ed in parte a capitalizzazione, i sistemi pubblici in Europa sono principalmente Sistemi a Ripartizione, o paygo, e normalmente rappresentano l unica risor- Tav. 10 Statistiche dei sistemi previdenziali nella Unione Europea Tassi di sostituzione Contributo medio Età pensionamento Aspettativa di vita M F M F Austria 79,5 22, ,4 77,6 80,8 83,7 Belgio 67,5 16, ,4 77,1 81,1 83,6 Danimarca 56,2 10, ,4 73,5 78,5 78,6 Finlandia 60,0 17, ,6 75,1 80,6 81,5 Francia 64,8 19, ,6 78,0 83,0 86,5 Germania 55,0 18, ,7 75,7 80,1 81,9 Grecia 120, ,0 77,0 81,1 83,2 Irlanda 39, ,7 76,4 79,4 82,4 Italia 80,0 32,7 B) 62 C) 57 C) 75,9 78,3 82,3 84,7 Lussemburgo 93, Paesi Bassi 45,8 14, ,3 77,8 80,6 81,6 Portogallo 82,6 13, Spagna 100,0 28, ,1 76,0 81,9 83,7 Svezia 74,4 19, ,2 79,6 82,0 83,8 Regno Unito 49,8 13, ,1 77,6 80,1 82,6 Media 71,2 17,9 64,5 62,7 Fonte: Dati Eurostat e OCSE a) I tassi di sostituzione europei sono in fase di cambiamento a seguito di processi di ristrutturazione dei sistemi pensionistici; b) Le categorie di lavoratori sono soggetti a diversa contribuzione (per l Italia è il tasso del FLDP al quale va aggiunto il 7,7% del TFR), c) ) L età di pensionamento, fissata per legge, per la Dini a regime sarà 65 (M) e 60 (F); d) Stime Eurostat dell aspettativa di vita dalla nascita nell Unione Europea. 63

14 sa di reddito durante il pensionamento. Potremmo quasi anticipare che l eccessivo contributo obbligatorio, imposto per mantenere questo tipo di sistema, riduce la capacità di molti lavoratori a versare contributi volontari in piani pensionistici privati per mantenere i loro standard di vita durante il pensionamento. In un confronto tra i vari paesi europei della Tav. 10 è evidente che, in paesi come l Italia e la Spagna, la contribuzione obbligatoria è piuttosto elevata, di gran lunga eccede il 25%, e corrisponde a benefici molto generosi, misurati dal tasso di sostituzione e dall età di pensionamento 7. Infatti, il tasso di sostituzione medio per l Unione Europea va oltre il 70%, in almeno due terzi dei paesi eccede il 60%, mentre, l Italia con l 80% è la più generosa e, non a caso, il paese con i contributi più elevati. Viene quasi da pensare che riflettano scelte del passato quando il paternalismo era giustificato dalla scarsa fiducia delle decisioni individuali. Tav. 11 Previsioni (1) della Spesa Pensionistica Pubblica nei paesi OECD (% PIL a prezzi 1994) Austria 8,8 12,1 15,0 13,5 Belgio 10,4 10,7 15,0 14,3 Danimarca 6,8 9,3 11,6 11,7 Finlandia 10,1 15,2 18,0 17,8 Francia 10,6 11,6 14,3 14,0 Germania 11,1 12,3 18,4 15,5 Irlanda 3,6 2,7 2,9 2,2 Italia 13,3 15,3 21,4 17,0 Paesi Bassi 6,0 8,4 12,1 11,0 Norvegia 5,2 8,6 11,8 11,1 Portogallo 7,1 9,6 15,2 14,8 Spagna 10,0 11,3 16,8 16,0 Svezia 11,8 13,9 14,9 15,1 Regno Unito 4,5 5,1 5,0 3,1 US 4,1 5,2 7,1 7,4 Giappone 6,6 12,4 14,9 14,4 Fonte: Invecchiamento della popolazione, Sistemi pensionistici e Bilanci Pubblici. Simulazioni per i paesi OECD con dati Copyright OECD. Diritti riservati. (1) Le previsioni contengono solo parziali effetti delle ristrutturazioni, visto che sono in corso. A noi sembra che oggi sia venuto il momento opportuno di rivedere al ribasso sia i tassi di sostituzione che i contributi, anche se sappiamo che tale 7 Sarebbe interessante conoscere la contribuzione obbligatoria della Grecia che deve mantenere un tasso di sostituzione del 120%. 64

15 decisione non è facile da attuare per i sistemi finanziati con la ripartizione per diverse ragioni che indicheremo avanti. Certo, le previsioni della Tav. 11 ci dicono che se qualcosa non cambierà, non abbiamo di che essere ottimisti. Dalla Tavola appare chiaro che l invecchiamento della popolazione, in tutti i paesi dell OECD, richiede quote crescenti del PIL per pagare le pensioni promesse con uno schema paygo. Nella Tavola vediamo che le proiezioni del costo delle pensioni, nel 2040, per paesi come la Finlandia, la Germania, e la Spagna eccedono il 15%; mentre, per l Italia sono più alte del 20%; la qual cosa è consistente con la generosità degli schemi paygo (tassi di sostituzione della Tavola 10), con la caduta delle nascite, e con l allungamento dell aspettativa di vita. Oggi, in Europa, in media 3.5 lavoratori contribuiscono al reddito di pensionamento per un pensionato. Ci si aspetta un peggioramento di questo rapporto entro il 2020 quando per ciascun pensionato ci saranno 2,5 lavoratori. Questi dati, confermano la forte pressione che subiscono i sistemi a ripartizione, dando all Europa il chiaro messaggio del bisogno urgente di intraprendere subito un azione in comune. 4. Il sistema previdenziale in Italia: Le riforme Amato, Dini, Prodi Fino alle riforme dell ultima decade l Italia offriva un buon esempio di un sistema pensionistico pubblico miseramente strutturato, pensato malamente e pieno di ingiustizie principalmente a favore dei ricchi, forse intenzionalmente o forse per ignoranza. Le conseguenze di questi problemi potrebbero essere ritrovate nei tassi di contribuzione obbligatoria, incredibilmente alti, che ammontano ad oltre il 40% del salario, e 1/3 del costo totale del lavoro (questi sono i contributi del maggior istituto del sistema che copre i lavoratori dipendenti di imprese private e istituzioni pubbliche, ma ci sono anche contributi di altri fondi con ogni tipo di regole). Il sistema ha diverse caratteristiche uniche. La più notevole è che ha tre distinti istituti che determinano irragionevoli benefici di pensionamento. Il primo istituto, il maggiore (rappresenta circa il 60% dell intero sistema previdenziale Italiano) e tutt ora esistente, è l INPS, un sistema a ripartizione strutturato dopo il Social Security Americano, del quale ne condivide i problemi ma in una scala inverosimilmente più larga, a causa dell effetto eccezionalmente forte dell invecchiamento della popolazione e di altri sfortunati elementi negativi. Il primo è rappresentato dai tassi di sostituzione incredibilmente alti, pari all 80% del «reddito» (che teoricamente dovrebbero corrispondere a 40 anni di lavoro, ma realmente non è proprio così). Il secondo, collegato al primo ma recentemente eliminato, era quello di utilizzare il reddito dell ultimo anno (finale) per determinare il tasso di sostituzione. Con le riforme viene utilizzato 65

16 il reddito medio degli ultimi 5 anni e, solo quando la Dini andrà a regime (la successiva riforma Maroni non tocca la Dini), verrà utilizzato il reddito medio degli ultimi 10 anni. Il secondo istituto, in lenta via di estinzione 8, è anch esso un invenzione puramente Italiana: la pensione di anzianità che comprende due fenomeni. Il primo, assolutamente orripilante per chiunque sia familiare con i principi attuariali, rappresenta le pensioni di anzianità cosiddette privilegiate e permettono di andare in pensione dopo un certo numero di anni di contribuzione, ricevendo la stessa pensione piena alla quale un individuo avrebbe diritto se avesse raggiunto l età ordinaria di pensionamento (vecchiaia), senza riguardo all età effettiva della persona. È una «bonanza» per coloro che ricevono molto di più di quanto hanno contribuito a spese di altri, generalmente i più poveri, che pagano per tutte le pensioni, quelle regolari di vecchiaia e quelle di anzianità, con il gigantesco contributo della ripartizione. Il secondo, rappresenta le pensioni di anzianità vere maturate dai lavoratori c.d. precoci (coloro che vanno a lavorare molto presto, intorno ai 14 anni), e che, dopo i previsti anni di contribuzione, permettono di andare in pensione molto prima rispetto alla pensione di vecchiaia. Indubbiamente, questa seconda categoria non è orripilante come la prima, tuttavia è ingiusta nei confronti del resto dei partecipanti. L attuale governo 9 ha emanato due manovre che attenuano notevolmente, questa ingiustizia: a) l istruzione obbligatoria portata fino all età di 16 anni con l intento di slittarla fino a 18 anni, armonizzandola finalmente al resto dell Europa, e b) la laurea a breve (tre anni) che incentiva il giovane a proseguire gli studi fino al suo raggiungimento. Ma l assurdità delle pensioni di anzianità è diventata ancora più assurda nel momento in cui il Governo, resosi conto di avere creato una classe di privilegiati, ha cercato di scoraggiare il lavoro di questi pensionati minacciandoli con il divieto di cumulo. Il risultato atteso e inevitabile è stato quello di incrementare il lavoro nero e l evasione contributiva e fiscale. Nel 2001, la contribuzione evasa con il lavoro nero, accertata solo nella piccola industria, eccedeva largamente il 2% della spesa pensionistica (oltre 2 miliardi di Euro). A tutt oggi è un problema irrisolto Le riforme hanno predisposto l eliminazione graduale delle pensioni di anzianità dal sistema, che dovrebbero scomparire definitivamente nel La riforma Maroni ha disposto l accelerazione della loro eliminazione. 9 Le manovre sono considerate nell ambito della Riforma della Pubblica Istruzione del Ministro Moratti. 10 È proposta dell attuale Governo la graduale eliminazione del divieto di cumulo lavoropensione. Abolizione che non si estenderà ai dipendenti pubblici che comunque non potranno lavorare oltre i 67 anni (70 per i dirigenti) 66

17 Il terzo istituto, anch esso tipicamente Italiano, almeno in espansione, ed esistente, consiste in un «pagamento o salario differito» legalmente riconosciuto e noto come il Trattamento di Fine Rapporto (TFR). Secondo questo istituto, quando un lavoratore lascia un lavoro, ha diritto ad una liquidazione corri- Tav. 12 Le Riforme: Amato, Dini, Prodi Riforma Amato (L. 503 del 1992): frena la spesa pensionistica per renderla coerente alla crescita economica del Paese. Allunga l età pensionabile, con scatto biennale, portando uomini a 65 e donne a 60 anni. Introduce il requisito dei 35 anni di contribuzione per le pensioni di anzianità. Riforma Dini (L. 335 del 1995): modifica il calcolo della pensione sostituendo gradualmente il metodo retributivo con il contributivo e realizzando il principio di coerenza sancito da Amato allaccia il livello delle pensioni future alla crescita del PIL. Inoltre, fissa requisiti di accesso alle prestazioni per scaglioni di età ed anni di contribuzione. La riforma cambia regole intergenerazionali (ripartizione contributiva a regime) e intragenerazionali (aggiustamenti operativi tendenti a restringere i benefici). Riforma Prodi (L. 449 del 1997): rende compatibile la spesa per la spesa pensionistica ed assistenza sociale con la spesa pubblica per rispettare l agganciamento alla crescita del PIL al di sotto di una soglia di guardia misurata del 15%. 11 In effetti la proposta di riforma Modigliani-Ceprini discute come correggere l inefficienza di questa impropria quota a capitalizzazione trasformandola da quota passiva a quota attiva. Vogliamo ricordare al lettore che nelle Casse professionali una minima parte (circa il 10%) di questa quota impropria è costituita dal TFR, ma riguarda il personale dipendente assunto dalle Casse che, per questo motivo, sono motivate a seguire la normativa relativa a tali lavoratori. Invespondente ad un salario mensile per ogni anno di lavoro reso. Questo ammontare è accantonato alla fine di ogni anno in forma di contributo obbligatorio del 7,70% (1/13) dal salario annuale e accumulato ad un tasso di interesse composto fino al tempo della liquidazione. L ammontare, che è stato accumulato a credito del lavoratore, in qualunque momento può essere considerato come un suo prestito all impresa. Una volta tale prestito era senza interessi. Ora è stato cambiato e il tasso contrattuale fissato ad un livello nominale di 1% più 2/3 dell inflazione. Alcuni difetti di cui sopra sono in via di correzione in virtù delle riforme, Tav. 12, che hanno stabilito un graduale taglio del tasso di sostituzione, tra il 2000 e il 2050, ed un graduale allacciamento dei contributi alla media dei guadagni percepiti durante gli ultimi 5 anni (10 a regime) della vita lavorativa (metodo contributivo ), invece che all ultimo salario (metodo «retributivo») e hanno cercato di ridurre gradualmente, ed eventualmente eliminare, lo scandalo delle pensioni di anzianità. Le tre riforme hanno mantenuto la struttura base del sistema, parzialmente a capitalizzazione (TFR) 11 e parzialmente a ripartizione (INPS, e gli altri 67

18 fondi obbligatori), ed hanno avuto successo nell allontanare il sistema dalla bancarotta o quantomeno da un pesante drenaggio al Tesoro revisionando molte caratteristiche dubbie. In particolare hanno introdotto una modifica unica e fondamentale nella componente a ripartizione: i benefici non saranno più calcolati usando un predeterminato tasso di crescita fisso dei salari ma usando il tasso di crescita effettivo realizzato. Da un punto di vista concettuale, ciò cambia la natura del sistema da benefici definiti a contributi definiti. Da un punto di vista finanziario, rimuove il pericolo dell insolvenza che sorge da una inconsistenza tra il tasso fisso, usato per calcolare i benefici, e il tasso realizzato. Dal momento che la crescita Italiana è prevista in diminuzione, a causa di un drammatico calo del tasso di natalità e dell agganciamento della pensione ai contributi, il tasso di sostituzione è previsto in calo abbassando il livello della pensione di almeno 10 punti. Inoltre, a regime nel 2050, sarà eliminato lo scandalo delle pensioni di anzianità. Dai risultati della Tavola 13 possiamo dedurre che quando la Riforma Dini andrà a regime, nel 2050, il sistema rimane a rischio perché sarà un contributivo a ripartizione che chiederà continui, pesanti e dolorosi aggiustamenti ai benefici e ai requisiti per realizzare una stabilità finanziaria permanente di lungo periodo. Gli svantaggi ed i rischi della Dini si possono così riassumere: 1. un sostanziale taglio ai benefici (misurati dal tasso di sostituzione); 2. un contributo obbligatorio sfortunatamente ancora eccessivo 12, se oggi è il 40,4% del salario lordo (32,7% dell INPS più il 7,7% del TFR come negoziato tra datore e lavoratore) a regime sarà 33% (24,4% per l INPS e 7,7% per il TFR) 13, rimanendo in testa alla classifica dell Unione Europea come il paese con i più alti contributi; ce, la parte maggiore, quasi il 90% di questa quota impropria, è costituita dall accantonamento del patrimonio del fondo, per loro ancora esistente dal momento che i fondi previdenziali obbligatori delle Casse non sono giunti a regime, a seconda delle condizioni di ciascuna cassa, hanno ancora da una a due decadi di surplus progressivamente decrescenti fino al punto di maturità. A quel tempo, anche per loro, se non procederanno nel frattempo con interventi strutturali, inizierà la fase negativa come da tempo sperimentata dai fondi pubblici. 12 Il deficit pensionistico, che oggi è del 3% (era previsto nella misura di circa 4,10% ma è sceso intorno al 3% per effetto della riforma Maroni che, nel paragrafo 4.1, spiegheremo come è stato slittato di tre anni ma non eliminato) ma in aumento fino al 6% e tale rimane fino al 2038), si azzererà solo nel La rimanente parte del 10%, che rimarrà anche dopo il 2050, è un deficit di protezione sociale (GIAS); pertanto, dovrebbe essere nella spesa sociale. Per questo motivo non lo includiamo nei dati usati per le nostre simulazioni. La manovra di trasferire volontariamente il 2,50% del TFR a schemi di pensione complementari, o integrativi, come innovativamente disposto dalla Riforma Dini, non ha avuto successo per almeno due ragioni: a) eccessivi contributi obbligatori che non lasciano spazio ad ulteriore risparmio, e b) mancanza di incentivi specifici per investire nei fondi complementari. 13 Stime di MODIGLIANI, CEPRINI ( ) su dati INPS. 68

19 3. un pesante deficit che fino al 2045 in percentuale della spesa pensionistica va dal 3% nel 2005 al 6% tra il 2025 e il 2038 ed al quale, ricordiamo, va aggiunta la quota GIAS del 10%; 4. la redistribuzione rimane a favore dei redditi alti; 5. il sistema rimane inefficiente perché il risparmio obbligatorio continua a finanziare i consumi (pensioni); 6. il sistema ostacola la crescita del 2 do pilastro di previdenza complementare. Ma allora perché i lavoratori non si ribellano chiedendo un ulteriore riforma? Un importante motivo è che dell alto contributo solo il 10% rappresenta una esplicita trattenuta dalla busta paga. Il resto è pagato direttamente dal datore di lavoro. È deludente vedere che i lavoratori non danno alcuna importanza alla quota maggiore perché pensano che non li riguarda visto che «la paga il padrone». In realtà, la distinzione fra quanto è dedotto dal costo del lavoro e quanto dalla busta paga è puramente formale. In ultima analisi tutto il costo dei contributi pensionistici ricade sui lavoratori. Fin qui abbiamo a lungo discusso che l elevato tasso contributivo, se capito o meno, è il vero disastroso problema del sistema previdenziale Italiano, con gli effetti drastici sulla busta paga, il sommerso e la disoccupazione. Da ultimo, ostacola la previdenza complementare e perde l opportunità di intraprendere una riforma che coordinata con il resto dell Europa condurrebbe ad un sistema previdenziale armonizzato per l intera Zona dell Euro veicolata dalla portabilità dei fondi e vera mobilità dei lavoratori. Nel prossimo paragrafo ci occuperemo di come la Riforma Maroni ha pensato di risolvere questo preoccupante problema, per poi confrontarla con la proposta Modigliani-Ceprini. 4.1 Riforma della Previdenza: Legge Maroni La Riforma Maroni (2004), senza toccare quanto disposto dalla riforma Dini (che continuerà ad andare a regime così come predisposte), e oltre a diverse disposizioni tecniche, dispone di 1. Offrire ai lavoratori che hanno maturato il diritto alla pensione di anzianità, la possibilità di rimanere a lavorare per altri tre anni senza dover versare i contributi obbligatori c.d. bonus (32,7% su un salario lordo fino a e 37,883 o 33% su salari più alti). La manovra, slittando in avanti il periodo di pensionamento di coloro che accettano, posticipa parte del deficit corrente che andrà ad aumentare i già previsti deficit futuri. Con questa alchimia finanziaria, se oggi il sistema mostra un fuorviante miglioramento per un valore pari all importo delle pensioni slittate meno il costo totale del bonus accettato dai lavoratori che rimangono a lavorare domani mostrerà un reale peggioramento per un valo- 69

20 Tav. 13 Simulazioni (in % dei salari netti aggregati) della Riforma Dini (gestione Fondo INPS/FPLD) Anno Fondo INPS Altre fonti Totale sistema Uscite Entrate Sussidio Entrate Uscite Entrate Uscite Pensione Contributo Statale (b) Contributo Contributo Contributo Contributo Contributi Benefici INPS (a) INPS TFR (c) TFR (d) TFR (e) TFR (f) Totali Totali (alle imprese) (ai C.I.) (debito imprese) (dai C.I.) 1 2 3=(2-1) =(2+4+5) 9=(1+6+7) ,36% 32,70% 2,66% 5,00% 2,50% 8,83% 0,06% 40,20% 44, ,77% 32,70% 4,07% 5,00% 2,50% 8,64% 0,34% 40,20% 45,75% ,78% 32,70 5,08% 5,00% 2,50% 8,30% 0,75% 40,20% 46,83% ,27% 32,70 5,57% 5,00% 2,50% 7,96% 1,25% 40,20% 47,48% ,40% 32,70 5,70% 5,00% 2,50% 7,59% 1,86% 40,20% 47,85% ,52% 32,70 5,82% 5,00% 2,50% 7,20% 2,60% 40,20% 48,32% ,35% 32,35 6,00% 5,00% 2,50% 6,80% 3,51% 40,20% 48,66% ,05% 30,35 6,00% 5,00% 2,50% 6,37% 4,60% 40,20% 47,02% ,30% 28,30 4,00% 5,00% 2,50% 5,93% 5,94% 40,20% 44,17% ,14% 26,04 2,10% 5,00% 2,50% 5,93% 5,94% 33,54% 40,01% ,44% 24,44 0 5,00% 2,50% 5,93% 5,94% 31,94% 36,31% ,44% 24,44 0 5,00% 2,50% 5,93% 5,94% 31,94% 33,31% ,44% 24,44 0 5,00% 2,50% 5,93% 5,94% 31,94% 36,31% (*) Fonte: Simulazioni proprie su dati INPS relative al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (FPLD. Modello Modigliani-Ceprini). (a) Le pensioni (o aliquota di equilibrio) sono al netto della quota sociale GIAS del 10% che rappresenta una quota di protezione sociale; pertanto, dovendo avere differente collocazione, non è inclusa nelle simulazioni. (b) Il sussidio è un deficit che non comprende la quota fissa GIAS. (c) Quota TFR del 5% che l impresa trattiene secondo gli accordi con i lavoratori. (d) Quota TFR del 2,50% che la Dini ha trasferito ai C.I. (Conti Individuali) volontari. (e) La colonna comprende: a) il beneficio della liquidazione, ad un tasso di interesse composto del 1% per la quota TFR del 2,50% diretta dalla riforma Dini ai C.I. volontari, che si azzera per l impresa; più b) il beneficio della liquidazione, ad un tasso di interesse composto del 1%, per la quota TFR del 5% che rimane a carico dell impresa secondo gli accordi con i lavoratori. (f) Beneficio, ad un tasso di interesse composto del 4%, maturato con il trasferimento della quota 2,50% del TFR ai C.I. 70

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