Risultati del seminario su capitalizzare la cooperazione per il sistema Sardo

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1 Risultati del seminario su capitalizzare la cooperazione per il sistema Sardo Documento di lavoro a cura di Andrea Stocchiero 13 Settembre 2011 Indice EXECUTIVE SUMMARY... 1 RESOCONTO DEI GRUPPI DI LAVORO... 4 Gruppo 1 Titolarità (ownership) delle azioni... 4 Gruppo 2 Applicare l approccio territoriale... 7 Gruppo 3 L approccio processuale della cooperazione decentrata... 9 Gruppo 4 La comunicazione e capitalizzazione Gruppo 5 Formazione e assistenza tecnica nella cooperazione Gruppo 6 Concertazione, relazioni internazionali, lobby e mobilitazione di risorse Verso la creazione di un sistema sardo per la cooperazione internazionale Giugno 2011

2 EXECUTIVE SUMMARY Il 13 Settembre 2011 si è svolto il secondo seminario tematico del percorso di condivisione con gli attori del territorio sardo ai fini della creazione di un sistema della cooperazione decentrata, che la Regione Autonoma della Sardegna ha inteso promuovere con l assistenza del CeSPI. Obiettivo del seminario è stato quello di approfondire la condivisione degli attori del territorio sardo sui concetti di fondo della cooperazione decentrata e sulla necessità di articolare un sistema di cooperazione, approfondendo per quanto possibile il confronto attraverso lo scambio di esperienze e la individuazione di proposte, dotandosi di un sistema di conoscenza comune. L incontro, della durata di una giornata, è stato organizzato con diversi gruppi di lavoro su sei tematiche, che nel seminario precedente del 27 Maggio erano state individuate come quelle prioritarie per il sistema sardo 1. Le sei tematiche sono: la titolarità, l approccio territoriale e processuale della cooperazione decentrata; le funzioni di comunicazione e capitalizzazione, formazione e assistenza tecnica, concertazione, relazioni internazionali, lobby e mobilitazione delle risorse per il sistema sardo. Nonostante la suddivisione delle tematiche, le riflessioni e raccomandazioni emerse si incrociano e sovrappongono come evidente nel resoconto dei gruppi di lavoro. L incontro ha inteso capitalizzare alcune esperienze, sollecitare il confronto e individuare proposte per la Regione Sardegna. Di seguito si riassumono le principali conclusioni, mentre per una più articolata presentazione dei risultati si rimanda al resoconto dei gruppi di lavoro. Indicazioni e proposte I gruppi di lavoro hanno condiviso numerosi elementi sul partenariato quale focus attraverso il quale si genera la titolarità di processi di cooperazione che coinvolgono diversi attori secondo un approccio territoriale. In sintesi, l approccio processuale e territoriale che dovrebbe alimentare la cooperazione decentrata si esprime nel rapporto partenariale. Coltivare e creare un partenariato efficacie e corresponsabile della cooperazione significa adottare un approccio processuale che dura e si evolve nel tempo, saper ascoltare, individuare i bisogni e le reali esigenze dei partner, condividere motivazioni e convinzioni etiche e politiche. Per costruire il partenariato occorre quindi lavorare assieme, coinvolgere direttamente i partner, nella realizzazione progettuale ma anche oltre, accrescendo la consapevolezza comune sugli aspetti di contesto più generali che vincolano i risultati delle azioni. Il partenariato dovrebbe definire obiettivi chiari e raggiungibili attraverso azioni fattibili, fondate sulla conoscenza del contesto locale, attente alle condizioni reali e alle reali possibilità del partner, con tempi quanto più possibile certi di inizio e termine. Il partner locale deve avvertire questo approccio perché possa realmente considerare utile l intervento, farlo proprio, interessarsene a tal punto da essere poi in grado da solo di portarlo avanti. Le azioni devono essere trasferibili e su misura rispetto alle possibilità del partner e alla realtà del territorio su cui si va ad operare. Oltre il progetto occorre mantenere il dialogo, saper aspettare, darsi il tempo per conoscersi meglio e creare rapporti di fiducia. Dare continuità alla relazione e su queste basi elaborare eventuali accordi e protocolli per formalizzare l impegno politico e dare visibilità alla cooperazione. Si tratta, prima, di creare strategie di cooperazione con i partner locali a partire dalle progettazioni in essere, e successivamente di formalizzare accordi quadro (spesso si inizia con accordi quadro che poi 1 Si veda il documento: Risultati del seminario su Principi, efficacia, funzioni e strumenti per i partenariati territoriali, Documento di lavoro a cura di Raffaella Coletti e Andrea Stocchiero, CeSPI 1

3 stentano a tradursi in strategie di sviluppo). Per ascoltare i territori è necessario prevedere momenti di confronto e concertazione e realizzare missioni sul campo. La reciprocità della cooperazione dovrebbe essere alimentata attraverso scambi culturali e più visite dei partner nel territorio sardo. L accrescimento della mutua conoscenza nel tempo dovrebbe consentire l individuazione di possibili influenze anche sul territorio sardo. Il coinvolgimento degli immigrati a questo proposito è importante. La cooperazione decentrata adotta un approccio territoriale che deve prevedere la partecipazione e il coinvolgimento non solo dei partner ma anche delle istituzioni locali, comprese quelle con più poteri e competenze, e dei gruppi della società civile, in modo da sensibilizzare, motivare e capacitare il maggior numero di persone anche non direttamente coinvolte nella gestione progettuale (scuole, associazioni della società civili e del mondo economico, media, altri attori del territorio). Particolare attenzione va rivolta alla individuazione di attori chiave per i poteri e le capacità che hanno nel favorire o limitare i processi di cambiamento, per mobilitare le eccellenze e competenze locali, per creare rapporti tra i progetti e le politiche, in modo anche da favorirne la sostenibilità. Può essere utile avere tra i partner un rappresentante del mondo politico per facilitare i rapporti con i canali istituzionali. Per questo può essere rilevante l impegno della Regione nelle relazioni internazionali. Occorre da un lato fare attenzione alle politiche dei governi locali che in alcuni casi tendono ad accentrare il controllo e a rendere difficoltoso un approccio partecipativo, o che subiscono repentini cambiamenti, e dall altro promuovere attraverso i progetti l adozione di nuove modalità di governance democratica e di innovazioni visto che solo le istituzioni locali possono consentire cambiamenti strutturali. Per garantire l approccio territoriale è importante poter contare su attori presenti in loco, informati del contesto e con esperienze pregresse, e con espatriati capaci di rapportarsi con le istituzioni. Il partenariato dovrebbe dunque mobilitare diversi attori competenti ma essere ben dimensionato secondo le risorse a disposizione, i ruoli e i valori aggiunti di ogni attore, valorizzando le complementarietà, stabilendo in modo chiaro il sistema di governo e di gestione. Nonostante sia difficile gestire partenariati diversificati tra gli attori sardi, l esperienza risulta positiva nel raccordo tra Organizzazioni non governative (Ong), Università, Enti locali, nel momento in cui è chiara la distribuzione delle competenze e la complementarietà delle azioni Il partenariato dovrebbe essere liberamente scelto e non reso obbligatorio. Si propone quindi di sostituire la premialità alla obbligatorietà del partenariato tra enti diversi sardi così come attualmente richiesta nel bando della Regione per la cooperazione sarda. Tra gli attori, diversi gruppi di lavoro hanno indicato la necessità di coinvolgere e valorizzare gli immigrati quali ponti con le comunità locali. Per questo può essere utile relazionarsi con le consulte degli immigrati, laddove esistono, e prevedere percorsi di formazione. E necessaria un opera di regia e di promozione dell incontro tra attori diversi, attraverso anche meccanismi come le borse di offerta e domanda, con più informazione, più incontri, più scambio di esperienze per capitalizzare conoscenze, nel quadro di una programmazione integrata tra cooperazione e politiche sociali. E necessario quindi l intervento della Regione e possono essere utili tavoli tematici e paese che però devono avere le condizioni per essere efficienti (obiettivi chiari, metodo, risorse e tempi). La cooperazione dovrebbe essere mirata innanzitutto a rafforzare le capacità locali, trasferendo e scambiando competenze. Ciò significa avere tra le priorità di azione la formazione, per garantire più autonomia al partner e sostenibilità ai risultati. L aspetto che più può favorire il coinvolgimento dei partner e il relativo appropriarsi dell attività progettuale è la formazione. Attraverso azioni di formazione ed informazione destinate ad entrambi i territori implicati nelle attività è possibile 2

4 creare delle reti, dei contatti, degli scambi, condividere delle problematiche e delle relative soluzioni. Tale situazione di assoluta parità e di scambio reciproco sarebbe alla base di una forte motivazione e consapevolezza dei partner. La sostenibilità si crea anche collegando i progetti ad altre iniziative, se possibile nel quadro di programmi di sviluppo locale e creando reti tra i diversi attori. Occorre inoltre riconoscere ai progetti tempi più lunghi di un anno, come invece richiesto dal bando della Regione. Le condizioni previste dall approccio processuale e territoriale, e per favorire la titolarità della cooperazione, richiedono dimensioni adeguate. E allora da favorire una progettazione che coinvolga cofinanziamenti da fonti diverse da quelle offerte dalla Regione. Le risorse regionali possono anzi fungere da punto di partenza o di completamento di un insieme di cofinanziamenti capaci di sostenere iniziative più grandi. Per questo può essere utile avere un organo istituzionale, per esempio gli uffici della Regione a Bruxelles, che informi regolarmente sui bandi di cooperazione aperti per poter accedere a finanziamenti e dare sostenibilità agli interventi. La formazione è una priorità per la cooperazione e per la creazione di un sistema sardo più capace. Occorre realizzare e mantenere una ricognizione e una rete con data base sull offerta formativa, sulle professionalità esistenti, sugli stage e le opportunità di scambio di personale. Potrebbe essere organizzato un programma di formazione continua per i diversi attori della cooperazione decentrata, di sostegno alle associazioni (soprattutto quelle più piccole) e agli enti locali, per rafforzarli e creare così nuove opportunità di lavoro. I target della formazione possono essere: i dipendenti (desk officer, responsabili delle attività di educazione allo sviluppo, gestori finanziari, ), i cooperanti, i volontari, i tirocinanti in servizio civile, e altri, su tematiche quali la progettazione, la rendicontazione, la mediazione culturale, il fund raising. E sentita l esigenza di dotarsi in questo modo di un pool di esperti nella progettazione e gestione degli interventi. A proposito della formazione e più in generale della cooperazione si nota la debolezza e la scarsa partecipazione degli enti locali che quindi avrebbero bisogno di una sensibilizzazione e di un sostegno specifico per creare capacità di progettazione, gestione e rendicontazione. Questo è vincolato all esistenza di un impegno politico duraturo che appare però debole e saltuario. Sembra sia necessario un ulteriore approfondimento della questione. La creazione del sistema sardo di cooperazione ha bisogno di un importante impegno di comunicazione. A livello di informazione interna (ma con visibilità anche esterna) è necessario realizzare un censimento e un elenco ufficiale degli attori della cooperazione decentrata, una piattaforma multimediale (sito web, database, pagine di presentazione degli attori e delle esperienze, ) come luogo virtuale di informazione ed incontro, che consenta a tutti gli attori sardi di sapere chi fa cosa, dove e con chi. Come già scritto dovrebbero essere organizzati più momenti di confronto delle esperienze per capitalizzarle e creare anche contenuti da comunicare all esterno. La capitalizzazione ha bisogno di un sistema efficiente di archiviazione e catalogazione creando un lessico e un sistema informativo omogeneo, e di momenti organizzati di incontro e scambio. Per l informazione e la sensibilizzazione esterna è preferibile puntare sulla popolazione studentesca, e quindi istituzionalizzare una giornata nelle scuole sui temi dell intercultura, utilizzando le opportunità offerte dalle normative regionali. L informazione esterna dovrebbe essere mirata anche a coinvolgere maggiormente istituzioni ed esperti del territorio sardo (è stato portato l esempio delle ASL), sia per migliorare la qualità degli interventi sia per avere una maggiore capacità di dialogo con le istituzioni dei paesi terzi. Infine, presso la regione dovrebbe essere istituito un desk specifico per il rapporto con gli enti territoriali. 3

5 RESOCONTO DEI GRUPPI DI LAVORO 2 Gruppo 1 Titolarità (ownership) delle azioni Facilitatore: Concetta Amato Testimone: Prof. Fadda - Università di Sassari Raccomandazioni del testimone sulla base della sua esperienza diretta: 1) Rispondere alle reali esigenze e richieste del partner estero; 2) Cercare di dare continuità a partenariati già consolidati, sviluppando e costruendo nel tempo un rapporto di fiducia e rispetto grazie ad una comunicazione costante, un continuo aggiornamento e ad una comunione d intenti ben definita; 3) Avere un partner forte, ad esempio un rappresentante del mondo politico che possa garantire dei solidi canali istituzionali, fondamentali per la riuscita e la sostenibilità del progetto; 4) Dare vita ad un sistema di reti Trasferimento di competenze - complementarietà; 5) Mantenere una comunicazione ed un rapporto di vicinanza con il partner a prescindere anche una volta che il progetto si è concluso; 6) Avere la pazienza di aspettare, perché dar seguito ai precedenti 5 punti richiede tempo, lavoro e pazienza. I partecipanti sono stati suddivisi in 4 sotto-gruppi distinti, chiamati gruppi A, B, C e D. GRUPPO A Il Gruppo A ha individuato alcuni elementi che permettono il raggiungimento del senso di titolarità, condivisione e reciprocità della cooperazione: - Lavorare con i gruppi di immigrati presenti nel proprio territorio provenienti dal paese in cui si intende intervenire; - Individuare dei partner realmente interessati, motivati e capaci di portare avanti un progetto; - Responsabilizzare i partner, coinvolgendoli direttamente nelle attività; - Far partecipare al progetto non solo il partner ma anche gruppi della comunità locale, in modo da sensibilizzare, motivare e capacitare il maggior numero di persone anche non direttamente coinvolte con i partner (scuole, altri attori del territorio etc); - Coinvolgere le Istituzioni Locali Partner forte - Trovare altre fonti di finanziamento, come per esempio donazioni private, per garantire una sostenibilità ed una prosecuzione del progetto. 2 Le relazioni sui gruppi di lavoro sono state redatte da Concetta Amato, Roberta Fais, Dario Conato e Andrea Stocchiero 4

6 Il Gruppo A ha quindi individuato nei seguenti elementi dei limiti al raggiungimento della dimensione di titolarità e reciprocità: - Carenza di un quadro normativo istituzionale stabile Ribaltamento repentino della situazione politica nei paesi partner che spesso coincide con l insediamento di nuovi rappresentanti istituzionali da dover nuovamente coinvolgere, a cui dover rispiegare il problema, il progetto, le azioni etc. causando un rallentamento ed una perdita di motivazione; - Piccoli progetti scollegati tra loro, poco impattanti e non inseriti all interno di un programma più ampio; - La scarsità di risorse finanziarie ed i nuovi tagli alla cooperazione rendono difficoltose le possibilità di rifinanziamento volte a dare sostenibilità alle azioni; - Debolezza strutturale e incapacità di alcuni partner, soprattutto se associazioni o ONG. Il Gruppo A ha quindi stilato una serie di raccomandazioni affinché i partner possano appropriarsi dei progetti: - Concepire la cooperazione e le azioni poste in essere come qualcosa che ha un inizio, si spera abbia una prosecuzione, ma che ha soprattutto una fine. Il partner estero deve avvertire questo approccio perché possa realmente considerare utile l intervento, perché possa farlo proprio, interessarsene a tal punto da essere poi in grado da solo di portarlo avanti sostenibilità; - Le azioni devono essere trasferibili e su misura rispetto alle possibilità e alla realtà del territorio su cui si va ad operare. Portare, ad esempio, una tecnologia molto avanzata non garantisce né una sostenibilità né la titolarità, in quanto probabilmente il partner non sarà in grado di gestirla autonomamente e con successo una volta chiuso il progetto; - Cercare sinergie, reti e continuità tra progetti su uno stesso territorio; - Cercare nuove forme di finanziamento che permettano di consolidare i risultati delle azioni attraverso nuove attività; - Gestire al meglio i tempi, le risorse e la dimensione del progetto, e tenere in considerazione le reali possibilità del partner (capacità organizzative, risorse umane, difficoltà logistiche etc.); - Coinvolgere e sensibilizzare le istituzioni locali, le uniche che possono consentire un cambiamento strutturale a lungo termine. GRUPPO B Il Gruppo B ritiene che per favorire il processo di appropriazione/titolarità sia necessario: - Favorire il trasferimento di competenze e capacitare il partner per sviluppare la sua autonomia decisionale ed operativa; - Coinvolgere e realizzare azioni con i gruppi di immigrati provenienti dal territorio su cui si intende operare; - Creare delle reti e mantenere dei contatti attraverso il dialogo e gli scambi culturali; Al contrario, il processo di acquisizione della titolarità da parte del partner può venir inficiato dai seguenti aspetti: 5

7 - tempi troppo brevi determinati dai bandi pubblici che non permettono un dettagliato studio di fattibilità sulla cui base definire un progetto; - partner non realmente mossi da uno spirito etico, ma mossi da altri diversi e discutibili interessi; Le raccomandazioni formulate dal Gruppo B sono state le seguenti: - Fare rete, appoggiandosi ad attori già presenti nel territorio estero che possono dare informazioni utili e con cui si può creare un rapporto di complementarietà; - Utilizzare le risorse del posto, se presenti; - Comunicare in maniera chiara e diretta affinché si concertino altrettanti chiari e condivisi intenti, obiettivi e modus operandi; - Favorire attività di sensibilizzazione e formazione sui temi della cooperazione allo sviluppo nel territorio sardo; - Mantenere rapporti stabili e duraturi nel tempo e creare delle reti anche all interno dello stesso territorio sardo, spesso troppo chiuso e poco disponibile alla condivisione. GRUPPO C Il Gruppo C ha ritenuto che l aspetto che più può favorire il coinvolgimento dei partner ed relativo appropriarsi dell attività progettuale è la formazione. Attraverso azioni di formazione ed informazione destinate ad entrambi i territori implicati nelle attività è possibile creare delle reti, dei contatti, degli scambi, condividere delle problematiche e delle relative soluzioni. Tale situazione di assoluta parità e di scambio reciproco sarebbe alla base di una forte motivazione e consapevolezza dei partner. Componente fondamentale sono i gruppi di immigrati, reale ponte tra i due territori. Due invece sono stati gli elementi che il Gruppo C ha valutato essere d ostacolo all affermazione del principio di titolarità: - le differenze sociali e culturali che spesso inficiano una comunicazione diretta e chiara tra i partner e sono causa di difficoltà operative; - la presenza di referenti nel paese partner inadeguati, corruttibili, mossi da interessi economici e non etici. GRUPPO D Il Gruppo D tra gli elementi positivi a favore della appropriazione della cooperazione elenca i seguenti: - attivazione di scambi culturali; - coinvolgimento diretto delle amministrazioni locali, delle associazioni, delle università multiattorialità della cooperazione decentrata; - creazione di rapporti duraturi tra i partner che vengano formalizzati anche con Protocolli d Intesa; - spirito etico, motivazione ed entusiasmo per i temi della cooperazione; - avvantaggiarsi di contatti locali già esistenti ed operativi nel paese in cui si vuole operare. Gli elementi negativi sono: - diversità dei regimi fiscali difficoltà nel reperire le pezze giustificative; 6

8 - tempi e modalità operative complicate e lunghe se il capofila è un partner istituzionale; - instabilità politica; - scarsa disponibilità e conoscenza dei temi della cooperazione da parte degli enti locali, poco propensi a partecipare in modo attivo ai progetti spesso proposti dalle Associazioni e/o ONG; - debolezza strutturale del partner. Le raccomandazioni formulate dal Gruppo D sono state: - creare delle reti/ fare sistema; - avere accesso ad un data-base/portale-online che contenga tutte le informazioni relative agli attori della cooperazione Sarda Regione Sardegna; - ricercare altre modalità di finanziamento per dare continuità e sostenibilità ai progetti; - capacitare gli enti locali attraverso dei corsi formativi sulle tematiche della Cooperazione allo Sviluppo e della progettazione; - avere un organo istituzionale, per esempio gli uffici della Regione a Bruxelles, che informi regolarmente sui bandi di cooperazione aperti; - investire sulle visite dei partner esteri in Sardegna. Gruppo 2 Applicare l approccio territoriale Facilitatore: Andrea Stocchiero Testimone: Prof. Giorgio Ghiglieri - Università di Sassari Raccomandazioni del testimone sulla base della sua esperienza diretta: 1) avere un partner progettuale con una profonda e continua conoscenza del contesto territoriale 2) lavorare con le popolazioni locali e cementare rapporti di fiducia 3) fare attenzione alle politiche dei governi locali che in alcuni casi tendono ad accentrare il controllo e a rendere difficoltoso un approccio partecipativo 4) contare su progetti di una certa dimensione e in raccordo con altri programmi di cooperazione (ad esempio della Commissione europea) per avere risorse tali da assicurare una buona conoscenza del territorio 5) nonostante sia difficile gestire partenariati diversificati, l esperienza risulta positiva nel raccordo tra Organizzazioni non governative (Ong), Università, Enti locali, nel momento in cui è chiara la distribuzione delle competenze e la complementarietà delle azioni 6) lavorare assieme è fruttuoso se si trova un equilibrio utile tra un approccio alle volte troppo teorico delle Università e un approccio troppo pragmatico delle Ong. La ricerca risulta importante se di tipo applicativo e replicabile. Accanto alla realizzazione concreta di azioni sul terreno è possibile la produzione di pubblicazioni che accrescono la conoscenza. 7) il coinvolgimento delle imprese è possibile ma occorre evidenziare che deve essere fondato su fini solidaristici, considerando che comunque in contesti poveri non vi sono opportunità di affari. 8) occorre prevedere la copertura di costi dei partner locali per garantirne la partecipazione 7

9 9) la rendicontazione deve essere resa flessibile visto che in diversi territori non è possibile la produzione di pezze giustificative I partecipanti sono stati suddivisi in 4 sotto-gruppi distinti, chiamati gruppi A, B, C e D. GRUPPO A Il Gruppo A dopo aver condiviso alcune esperienze ha proposto le seguenti raccomandazioni: - contare su organizzazioni che hanno sede nel territorio estero e che quindi possono garantire una conoscenza e operatività locale - scegliere partenariati con enti con esperienze pregresse - lavorare con attori dotati di forte convinzione e sensibilità - mettere in rete gli attori attraverso tavoli di conoscenza e tecnici - sensibilizzare le popolazioni locali (qui e là) attraverso scambi di esperienze GRUPPO B Il gruppo B ha potuto scambiare esperienze diverse di tipo imprenditoriale, associative, istituzionali individuando le seguenti criticità: - il bando obbliga al partenariato - esiste una asimmetria tra enti pubblici e privati nel senso che la Regione sembra dare preferenza ai primi - d altra parte gli enti pubblici mostrano sempre più difficoltà nel garantire risorse finanziarie Emergono le seguenti raccomandazioni: - è importante un opera di regia e di promozione dell incontro tra attori diversi, attraverso anche meccanismi come le borse di offerta e domanda - occorre diffondere più informazioni, restituire risultati delle esperienze, organizzare più momenti pubblici di confronto - occorre formare partenariati tra livelli diversi, fare attenzione ai ruoli, stabilire chi governa e chi gestisce. GRUPPO C I partecipanti al gruppo hanno individuato le seguenti criticità: - risorse scarse e durata troppo breve dei progetti finanziabili - obbligatorietà del partenariato E hanno proposto le seguenti raccomandazioni: - individuare i bisogni del territorio e gli attori principali, trovando il modo di coinvolgerli, motivando e sensibilizzando - mettere in rete più attori in funzione anche del finanziamento - cercare di accedere a più fonti finanziarie - costruire i progetti pensando e individuando le possibili ricadute sul territorio sardo 8

10 - creare un data base degli attori con cui condividere le esperienze GRUPPO D Il gruppo ha individuato i seguenti punti di criticità: - manca un sistema di relazioni e conoscenze - il partenariato è vissuto alle volte come un vincolo e non come una opportunità Le raccomandazioni sono: - realizzare un censimento e un elenco ufficiale degli attori della cooperazione decentrata, e una piattaforma multimediale come luogo virtuale di incontro - promuovere partenariati come valori aggiunti Gruppo 3 L approccio processuale della cooperazione decentrata Facilitatore: Dario Conato Testimone: Prof.ssa Cabras, Osvic Raccomandazioni del testimone sulla base della sua esperienza diretta: 1) acquisire una conoscenza diretta del territorio, delle sue istituzioni, delle popolazioni, attraverso visite di campo articolate e che aiutino ad avere una comprensione dei problemi basata sulla condivisione di esperienze 2) costruire condizioni per la durabilità della relazione partenariale anche al di là del progetto 3) mantenere rapporti costruttivi sia con i partner istituzionali pubblici, privati o associativi, sia con i partner reali, che spesso si identificano con la comunità locale 4) promuovere l assunzione di responsabilità dalle autorità locali a quelle nazionali, per garantire la sostenibilità delle strutture create dal progetto e la loro integrazione nelle politiche pubbliche. I partecipanti hanno quindi preferito mantenere la discussione in plenaria, senza suddividersi in gruppi. Pertanto le conclusioni qui indicate sono il frutto di un dibattito che ha coinvolto tutti i partecipanti al gruppo 3. Sono stati individuati i seguenti punti critici: - una visione centrata sul progetto fa perdere la complessità degli aspetti sociali, antropologici e culturali del territorio con cui si coopera - la dimensione progettuale, per durata e limitatezza del respiro, non permette un vero dialogo sul piano politico-istituzionale - in particolare, le dimensioni e le regole dei finanziamenti regionali non permettono che questi ultimi possano essere considerati come strumenti unici per il sostegno a processi di cooperazione fra territori. L eventuale riforma della legge regionale non fa venir meno la necessità di attivarsi per accedere anche ad altre fonti di finanziamento, che possano rendere sostenibili nel tempo i processi e le innovazioni. - Non si sfrutta appieno la ricchezza di esperienze e capacità del territorio sardo (v. esempio ASL) Sono state avanzate le seguenti raccomandazioni/proposte: 9

11 - Creare sistema nel territorio partenariati territoriali in Sardegna - Prima, creare strategie di cooperazione con i partner locali, e successivamente formalizzare accordi quadro (spesso si inizia con gli accordi quadro che poi stentano a tradursi in strategie di sviluppo) - Valorizzare le associazioni dei migranti (attraverso le consulte delle comunità migranti) - Puntare a costruire partenariati di lungo periodo, la valorizzazione delle conoscenze e delle esperienze - Individuare indicatori relativi ai processi di sviluppo, e non fermarsi ai singoli progetti - Costruire fiducia reciproca e corresponsabilità con i partner locali. Gruppo 4 La comunicazione e capitalizzazione Facilitatore: Dario Conato Testimone: Dr. Carboni, Associazione amici del mondo Raccomandazioni del testimone sulla base della sua esperienza diretta: 1) La tessitura di relazioni di solidarietà fra comunità può contribuire a creare forme più ampie di partenariato fra territori 2) Nella costruzione di modalità stabili di partenariato, giocano ruoli diversi ma complementari e necessari i mass media, i cittadini e le istituzioni dei due paesi. 3) In Italia è particolarmente rilevante la comunicazione istituzionale e la circolazione di informazioni fra reti di volontariato. 4) La capitalizzazione delle esperienze permette di coinvolgere nuovi attori e creare comunicazione tra organizzazioni di tipo diverso Anche questo gruppo ha preferito proseguire nella discussione in forma plenaria intorno a tre definizioni concettuali: - la comunicazione, intesa come complesso di flussi informativi interni fra le istituzioni, fra i partner del nord e del sud, verso altri attori interessati - l informazione propriamente detta, avente come destinatari i cittadini in generale o specifici settori della società - la capitalizzazione, consistente nella sistematizzazione delle esperienze e nella loro condivisione attraverso un sistema efficiente di archiviazione e catalogazione. Sono emerse le seguenti criticità: - Spesso la mancanza di esperienza, di competenze o anche solo di flessibilità non aiuta a individuare il linguaggio per comunicare con i partner locali - L informazione istituzionale non riesce a raggiungere l insieme della società sarda - Mancano spazi organizzati per l interscambio fra le esperienze, condizione indispensabile per la capitalizzazione: ogni progetto, agenzia o gruppo pubblica on-line informazioni sulle proprie attività in modo disomogeneo, spesso non è facile cogliere i dati che potrebbero interessare - La Regione non offre un servizio di raccordo fra i diversi soggetti che agiscono nella cooperazione decentrata Sono state proposte le seguenti misure/raccomandazioni: 10

12 - Puntare sulla popolazione studentesca, e quindi istituzionalizzare una giornata nelle scuole sui temi dell intercultura, utilizzando le opportunità dei regolamenti regionali - Coinvolgere maggiormente istituzioni ed esperti del territorio sardo (è stato portato l esempio delle ASL), sia per migliorare la qualità degli interventi sia per avere una maggiore capacità di dialogo con le istituzioni dei paesi terzi - Approfondire l utilizzo della formula master & back per le attività di cooperazione decentrata - Creare uno spazio web che permetta di interscambiare esperienze ed accedere alle migliori pratiche della cooperazione decentrata sarda - Istituire presso la Regione un desk per il rapporto con gli attori territoriali. Gruppo 5 Formazione e assistenza tecnica nella cooperazione Facilitatore: Andrea Stocchiero Testimone: Dr.ssa Mori, Coopi Raccomandazioni del testimone sulla base della sua esperienza diretta: 1) occorre un sistema più diffuso di informazione sulle opportunità di formazione e sul mercato del lavoro nel settore della cooperazione 2) sostenere la disponibilità di borse di studio 3) promuovere stage presso i diversi attori della cooperazione sarda 4) creare un data base degli enti e delle professioni possibili nella cooperazione 5) creare un master sardo sulla cooperazione Il gruppo di lavoro non è stato suddiviso in sotto-gruppi perché si è sviluppata una discussione partecipata e ordinata sul tema che ha consentito di approfondire alcune questioni poste dal testimone e di avanzare nuove riflessioni. In particolare sono state individuate le seguenti criticità: - esistono dei vuoti professionali nella cooperazione ma non appare necessario creare nuovi master oltre a quelli già esistenti in Italia e all estero, in quanto in Sardegna sembra vi sia una sovra-offerta di professionalità rispetto alla domanda - il mercato di lavoro della cooperazione è limitato - comunque vi è una scarsa conoscenza dell offerta formativa che appare inoltre debole per alcune figure come i mediatori interculturali, il fund raising, l europrogettazione - non esiste una rete che sappia collegare offerta e domanda di figure professionali - i giovani formati quando tornano non trovano opportunità di inserimento - gli enti locali hanno bisogno di formazione sulla cooperazione ma vivono un periodo di crescente crisi Le proposte avanzate sono: - realizzare e mantenere una ricognizione e una rete con data base sull offerta formativa, sulle professionalità esistenti, sugli stage e le opportunità di scambio di personale - potrebbe essere organizzato un programma di formazione continua per i diversi attori della cooperazione decentrata, di sostegno alle associazioni e agli enti locali, per rafforzarli e creare così nuove opportunità di lavoro. I target della formazione possono essere: i dipendenti (desk officer, responsabili delle attività di educazione allo sviluppo, gestori finanziari, ), i 11

13 cooperanti, i volontari, i tirocinanti in servizio civile, e altri, su tematiche quali la progettazione, la rendicontazione, la mediazione culturale, il fund raising, - un altra pista di formazione riguarda i migranti e i partner locali, e i servizi per l imprenditorialità. Gruppo 6 Concertazione, relazioni internazionali, lobby e mobilitazione di risorse Facilitatore: Concetta Amato Testimone: Dott. Dessì Raccomandazioni del testimone sulla base della sua esperienza diretta: 1) Rispondere alle reali esigenze e richieste del partner estero; 2) Investire nella formazione e nel trasferimento di competenze; 3) Avvalersi, se possibile, di un collegamento istituzionale; 4) Utilizzare risorse locali (risorse umane, risorse naturali, microeconomia interna etc.) 5) Creare delle relazioni durature e stabili con i partner; 6) Considerare l Invito regionale a valere sulla L.R. 19/96 un punto di partenza per la messa in opera di un progetto, ed essere attivi nella ricerca di nuovi finanziamenti che diano sostenibilità e struttura al progetto; 7) Riconsiderare il ruolo degli enti privati nella costituzione di partnenariati Multiattorialità; 8) Coinvolgere, animare e aiutare nella crescita le piccole associazioni e non solo quelle già grandi e strutturate con un nome riconosciuto alle spalle; 9) Concepire la Cooperazione come un insieme di piccoli successi che vanno ad incidere su processi che poi col tempo creano i grandi cambiamenti. I partecipanti sono stati suddividi in due sotto-gruppi di lavoro, il Gruppo E ed il Gruppo F. GRUPPO A Il Gruppo E riconosce l importanza di mantenere relazioni dirette più o meno formali con le ambasciate, i consolati, le UTL, in quanto possono fornire informazioni più rapide e dettagliate e possono facilitare ed accelerare passaggi e lungaggini burocratiche. L attività di lobby allo stesso modo viene considerata molto utile, ed ancor più se svolta per gli attori della cooperazione sarda dagli Uffici della Regione Sardegna a Bruxelles. Le raccomandazioni formulate dal Gruppo E sono: - La Regione Sardegna dovrebbe dar vita ad una rete informativa (sito web, piattaforma ondine...) che consenta a tutti gli attori sardi di sapere chi fa cosa e dove e chi quindi ha già possibili contatti in un dato territorio; - Necessità di formare gli attori sardi e poter disporre di un pool di esperti nella progettazione; - Necessità di avere un espatriato nei paesi partner che possa direttamente agire sul territorio. 12

14 GRUPPO B Il Gruppo F ritiene che i Tavoli Tematici a livello regionale, provinciale e comunale possano essere utili per confrontarsi su un dato tema, concertare delle richieste comuni da portare nelle opportune sedi per poi influenzare e dirottare scelte delle politiche. Tuttavia il Gruppo, pur riconoscendo la grande utilità del Tavoli Tematici che si riuniscono in maniera programmatica e continua, ritiene che nella pratica questi non siano mai stati particolarmente efficienti, che scarseggiassero di coordinamento e costanza e non avessero in realtà ben chiari gli obiettivi da perseguire. Le raccomandazioni dal Gruppo sono: - Formalizzare l impegno di tutti i partner di progetto fin dalla fase dell identificazione delle problematiche; - Avere fin dai primi rapporti tra partner una chiara idea della divisione del lavoro e dei ruoli; - Ascoltare il territorio, sia quello sardo che ovviamente quello partner, con le sue necessità attraverso momenti di concertazione e confronto; - Tenere conto delle competenze e delle eccellenze dei territori; - Cercare di avere un programmazione regionale integrata in cui le politiche sociali e di cooperazione si complementino; - Avviare una formazione strutturata destinata agli attori sardi della cooperazione. 13

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