VELA LATINA: PER I PIRATI LA N. 1 ORIGINI E SVILUPPO, DECLINO E RECUPERO
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- Beata Giglio
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1 ARMI MASSIMO DELLA ROCCA VELA LATINA: PER I PIRATI LA N. 1 ORIGINI E SVILUPPO, DECLINO E RECUPERO Per oltre tredici secoli le popolazioni rivierasche del Mediterraneo hanno fatto uso di imbarcazioni armate con tale vela di "taglio", sia che fossero destinate alla pesca, al carico o alla guerra. Le navi dell'antichità classica, quelle dei Fenici dei Greci e dei Romani erano per lo più dotate di vele quadre e quando la "latina" si diffuse nel Mediterraneo essa soppiantò del tutto la "quadra" per la sua precipua capacità di stringere meglio il vento. Questa sostanzialmente è stata la ragione della sua lunga sopravvivenza dall'epoca di Maometto sino alla metà del ventesimo secolo. Sull'origine del nome, diversi i pareri degli studiosi. Si esclude da parte dei più un esplicito riferimento alla romanità. Alcuni ritengono che il nome derivi dalla sua forma tri-angolare ovvero "trina". Altri che fu così chiamata perché i popoli del Nord Europa la osservarono nei mari latini. Sta di fatto che questa vela la troviamo tutt'oggi oltre che in molti Paesi del nostro mare, in Portogallo, nel Mar Nero, nel Mar Rosso nel Golfo Persico, sulle coste occidentali dell'india e su quelle orientali dell'africa, in sostanza su tutti quei mari dominati in passato dagli Arabi. Sembrerebbe infatti che la vela latina, originaria dell'india (Mar di Oman), sia stata introdotta nel nostro mare nel corso dell'espansione islamica, a partire dal VII secolo. Vero è che essa vi trovò la migliore delle sue collocazioni in relazione alla capacità del suo armo di adattarsi alle mutevoli condizioni dei nostri mari e soprattutto dei nostri venti. La sua relativa leggerezza, le sue doti boliniere, la capacità della sua antenna di flettersi "scaricando" le raffiche più violente senza bisogno di prendere i terzaroli, furono queste le caratteristiche che la imposero in alternativa alla tradizionale "quadra". Ampia fu quindi la diffusione di sciabecchi, tartane, feluche e galere presso numerose comunità rivierasche mediterranee: Provenzali, Catalane, Spagnole, Turche, Algerine, Tunisine, Egiziane, Dalmate e naturalmente Italiane, sia pure con diverse caratteristiche in funzione del tipo prevalente di vento, onda e natura del litorale. Nei nostri mari, durante tutto il Medioevo e sicuramente fino al Trecento la latina rimase l'attrezzatura più usata sia 4 Spagnoletta
2 Le linee d acqua della Spagnoletta simili a quelle del gozzo cercano di assumere la forma della goccia. dalle piccole imbarcazioni da pesca o da carico per il piccolo cabotaggio, sia dalle grandi galere destinate al commercio su rotte alturiere e che con tale armamento potevano raggiungere, nelle opportune condizioni, velocità di nodi. Un limite di questo armamento su queste grandi navi derivava dal fatto che era possibile armare una sola vela per albero e quindi la superficie velica di ogni imbarcazione non era facilmente frazionabile e per di più una vela latina su di una grossa galera del Cinquecento poteva avere una superficie di metri quadrati. I Paesi del Nord Europa rimasero esclusi dalla diffusione di tale armo e con lo sviluppo delle grandi navigazioni atlantiche svilupparono dei perfezionamenti tecnici dell'antic a attrezzatura a vele quadre, retaggio della cultura tecnica navale greco-romana. Progettarono grandi navi con tale armamento denominate "cocche", dotate di timone assiale e con i pennoni degli alberi provvisti di due manovre (boline) che consentivano l'orientamento verso prua nelle andature più strette al vento. Tale armamento s i diffuse rapidamente anche sulle grandi navi mediterranee, sulle caracche prima e successivamente sui galeoni dato che consentivano una migliore manovrabilità delle imbarcazioni con equipaggi relativamente ridotti. Anche su queste navi tuttavia la latina non scomparve del tutto essendo spesso armata sugli alberi di mezzana per agevolare le accostate al vento. Dal cinquecento in poi il declino delle marinerie mediterranee, per motivi diremo oggi di interesse geopolitico, in relazione alle nuove scoperte e ai traffici oceanici con le nuove terre, comportò anche u n ridi- Nomenclatura generale 5
3 mensionamento dell'impiego della vela latina limitatamente alla pesca e alle navi mercantili minori su rotte di piccolo cabotaggio Nel Mediterraneo tuttavia la latina sopravvisse anche, si potrebbe dire, grazie alla pirateria. Il nostro mare era sempre stato infestato, fin dal Medioevo, da fenomeni sia pure relativamente sporadici di pirateria condotti con estrema ferocia da parte delle popolazioni magrebine originarie dai Paesi costieri del nord Africa corrispondenti all'attuale Algeria, Tunisia e Libia, ma il fenomeno assunse un carattere endemico alla caduta di Costantinopoli, nel 1453, nelle mani del sultano turco. Gli ottomani infatti, nelle loro reggenze di Algeri, Tunisi e Tripoli si servirono delle numerose comunità locali di pirati barbareschi per agevolare la loro politica di espansione e controllo delle rotte mediterranee che impegnarono non poco le flotte delle potenze europee e delle superstiti repubbliche marinare. Ed è in questo contesto che la vela latina assunse un ruolo di primo piano poiché grazie alla elevata velocità che poteva imprimere ai vascelli essa era in uso sia sui legni "barbareschi" che su quelli "cristiani". La minaccia rappresentata dalle scorrerie dei pirati barbareschi poteva essere combattuta con imbarcazioni aventi le medesime caratteristiche di quelle degli aggressori e ciò spiega la lunga persistenza nei nostri mari di navi cosiddette remiere da guerra, sottili imbarcazioni quali sciabecchi sambuchi o mezzegalere, che tuttavia raggiungevano la loro massima velocità quando alzavano le loro grandi vele latine. Per dare un'idea della sopravvivenza di tali armi, basti ricordare che le ultime mezzegalere in forza alla marina del Regno di Sardegna "Beatrice" e "Liguria", furono varate nel 1815 in epoca in cui ormai il Mediterraneo era regolarmente percorso da piroscafi. La Regia Marina mantenne in servizio fino ai primi anni del Novecento una flotta di sambuchi arabi per la repressione del contrabbando e la pirateria nel Mar Rosso. In queste due pagine possiamo contemplare vele latine correntemente utilizzate per pesca e per lavoro nelle acque di Kerkenna
4 Significativo cimelio di tale attività è un ex voto presente nella chiesa di Vernazza che ricorda il naufragio del sambuco "Cervo" affondato nel 1884 a sud di Aden nel corso di una missione di servizio. Nel corso di tutto il XIX secolo e per i primi decenni del Ventesimo la vela latina sia pur limitata alle unità da pesca e cabotaggio venne adottata da numerosi tipi di imbarcazioni quali gozzi, leudi, caicchi, speronare, paranze, feluche e tartane. Nel corso dei decenni successivi si poterono contare sempre meno unità con vela latina in un sempre minor numero di località di pesca mediterranee. Una delle poche località in cui ancora oggi le imbarcazioni dei pescatori locali si avvalgono di tale velatura per lo svolgimento della loro attività, sono le isole dell'arcipelago Kerkenna, nel golfo di Gabes in Tunisia. In tutti gli altri centri di pesca del Mediterraneo le poche unità rimaste sono sopravvissute non tanto per assolvere la loro specifica attività funzionale quanto per la cura nostalgica delle famiglie di cui spesso la barca portava il nome, utilizzandole per lo più per attività di diporto e sempre meno per la pesca.
5 Ultimi ritocchi LA VELA LATINA OGGI LA RINASCITA Sulla scorta di questo legame ancestrale, nel 1983, Piero Aiello (già allievo della scuola di Caprera), di origini stintinesi, allo scopo di valorizzare il patrimonio storico culturale legato a quelle vecchie imbarcazioni tradizionali, concepì l'idea di farne una "classe" di regata e promuovendo una manifestazione denominata Regata della Vela Latina, giunta ai giorni nostri come Trofeo Presidente della Repubblica (in quanto sin dal suo esordio è stata sempre patrocinata dai vari Presidenti succedutisi) Manovra a remi in porto che si svolge in agosto tra Stintino, la spiaggia della Pelosa, l'isola Piana e l'asinara. Tale iniziativa contagiò di questo recupero della tradizione altre località italiane quali Varazze, Sestri, Lerici e Le Grazie in Liguria; Sorrento e Bacoli in Campania; Trapani e Pantelleria in Sicilia, e all'estero: Saint Tropez, Cassis e Corsica in Francia; Barcellona e Cadaques in Spagna; le già citate Kerkenna in Tunisia. Si vennero così a creare le migliori premesse per la costituzione di un "Circuito Mediterraneo della Vela Latina", nato infine nel 2001 grazie all'iniziativa di "AVeLa Tradizionale", "Vela idea" e di singoli appassionati favorevolmente impressionati dall'esperienza vissuta a Stintino. Questa competizione internazionale si è svolta sinora in città di mare di tre nazioni (Italia, Francia e Tunisia) e ha visto la partecipazione di numerose imbarcazioni tradizionali provenienti da sei diverse nazioni(italia, Francia, Spagna, Croazia, Tunisia, Turchia). Nel 2005 ho partecipato personalmente, sotto le insegne del Quadrante Capitolino dell'aacvc e con due altre socie, Dora e Marina (vedi foto), alla 23 edizione della Regata della Vela Latina, Trofeo Presidente della Repubblica" svoltosi dal 26 al 28 agosto di quell'anno. Nella circostanza i fratelli Piero e Paolo Aiello ci misero a disposizione una delle lance "storiche" della flotta
6 stintinese: la "Rossetti" con la quale nelle diverse prove dei due giorni di regata guadagnammo il terzo posto di "classe". L'esperienza fu cosi esaltante, non tanto e non solo per la prestazione agonistica quanto per la vera e propria festa popolare e le iniziative ludiche e conviviali che facevano corollario alla regata. Lo stesso svolgimento delle prove in mare era avvenuto all'insegna del più spontaneo e cordiale "fair play", nel doveroso rispetto delle rispettive capacità di manovra delle diverse classi di imbarcazioni impegnate e della capacità ed esperienza degli equipaggi, nello stile dei raduni AACVC di qualche anno fa. Nel 2006 sempre su invito dei fratelli Aiello, ho partecipato a tre tappe del circuito mediterraneo a Le Grazie, Stintino e Palma de Mallorca coinvolgendo sempre in equipaggio amici soci AACVC, ritrovando in ognuno dei campi di regata quello stesso sano spirito sportivo e festoso che mi aveva convinto a continuare l'esperienza e addirittura a proporre alla nostra Scuola dei corsi di formazione sullo specifico armo, costruendo le premesse di un protocollo d'intesa con gli organizzatori del circuito. Per chi vuole saperne di più: "Vela Latina" edito da Associazione Culturale "Storie di Barche" "Navigare a Vela Latina" (Armo, manovre e tecnica) autore Luigi Scotti; editore Mare Nostrum Siti Web: In regata
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