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2 I 5 IMMIGRAZIONE: RIFLETTERE SULLE PROSPETTIVE IMMIGRAZIONE: RIFLETTERE SULLE PROSPETTIVE Enrico Allasino In Piemonte vi sono molti immigrati stranieri in quantità assolute, ma la capacità della regione di attrarli e inserirli sono relativamente ridotte rispetto alle regioni più dinamiche del Nord: la situazione dell immigrazione straniera in Piemonte può essere così caratterizzata sinteticamente. La regione, per dimensioni demografiche ed economiche è in grado di accogliere comunque oltre centomila stranieri, ma altre regioni italiane attraggono e inseriscono quote proporzionalmente più consistenti di immigrati. Dalle analisi disponibili risulta inoltre che il lavoro nero e le situazioni di irregolarità sarebbero più diffuse in Piemonte che in altre regioni centro settentrionali. Il rapporto della Commissione per le politiche di integrazione degli immigrati distingue tre modelli di inserimento nel mercato del lavoro degli immigrati in Italia: un modello industriale del Nord-Est e dell Italia centrale caratterizzato da forte e dinamica domanda nelle piccole medie imprese industriali, in edilizia e per il lavoro stagionale in agricoltura; un modello metropolitano con forte domanda nei servizi domestici e nel terziario; infine un modello meridionale, con lavoro domestico nelle città e attività in agricoltura e nella pesca. Né questa, né altre tipologie di diversa fonte, individuano nel sistema piemontese caratteristiche forti e tipiche. La nostra regione sembra piuttosto presentare caratteri misti e poco marcati, in parte del modello industriale, in parte del modello metropolitano a Torino, ma con toni più sfumati che in altre grandi città italiane. Vi è certamente una presenza di immigrati nelle grandi imprese piemontesi (alcuni tuttavia sono dipendenti di ditte appaltatrici), ma siamo lontani dalla situazione degli anni Cinquanta-Sessanta, quando venivano reclutati migliaia di immigrati. La particolare diffusione del lavoro nero tra i lavoratori immigrati in Piemonte viene dedotta da due elementi: i molti immigrati iscritti al collocamento, anche a seguito di una regolarizzazione che presupponeva un posto di lavoro (poiché nessun immigrato può restare davvero disoccupato a lungo, si presume che svolga una attività irregolare) e le verifiche degli ispettorati del lavoro. Questi dati sollevano interrogativi: in generale, infatti, non risulta che il lavoro nero e l economia informale siano assai più diffusi in Piemonte rispetto ad altre regioni del Nord Italia. Nel caso dei dati provenienti dalle ispezioni sul lavoro, si potrebbe ipotizzare che una azione particolarmente intensa o efficace di esse porti a sovrastimare in qualche misura le irregolarità, e in particolare la presenza di lavoratori irregolari senza permesso di soggiorno. La presenza di una quota di immigrati in condizioni occupazionali precarie non può invece essere spiegata semplicemente con l esistenza di vaste aree di illegalità o di crimine. Essi sono piuttosto lavoratori in sospeso che non vengono regolarizzati o non vengono mantenuti in condizioni di regolarità per l incertezza del quadro congiunturale, per il timore di gonfiare troppo gli organici, per la situazione di precarietà economica dell impresa o del privato datore di lavoro (per il lavoro domestico). La mancanza di alternative immediate può costringere molti regolari ad accettare questa soluzione. Va notato che il Piemonte ha comunque un elevato interscambio di popolazione con le altre regioni italiane, anche se i saldi migratori sono modesti. Si potrebbe ipotizzare che se in Piemonte arrivano meno stranieri rispetto ad altre regioni, è anche perché un numero maggiore di italiani trovano lavoro, e casa, in regione: questo, forse, grazie a reti di conoscenza e a legami familiari risalenti alla vecchia immigrazione interna. Soprattutto, la struttura industriale del Piemonte, a differenza di quella del Nord-Est, ha una maggiore produttività e una minore intensità di lavoro. La relativamente scarsa capacità di attirare immigrati, e la maggiore difficoltà a inserirli nel lavoro, non sarebbero quindi un sintomo di crisi o di rigetto degli stranieri, ma la specificità del modello di sviluppo regionale piemontese. Oramai ci troviamo in una fase di maturità dell inserimento di immigrati nel mercato del lavoro italiano e queste sembrano quindi situazioni strutturali, non legate a eventi contingenti o all effetto dei piccoli numeri e delle dinamiche iniziali. Sarebbe un errore andare a cercare la spiegazione di tale situazione, e tanto meno sarebbe utile individuare 123

3 i r e s c e n a r i RAPPORTO TRIENNALE Fig. 1 Presenza di popolazione straniera residente nelle provincie italiane, 1999 % popol. straniera Tra 0.1 e 0.8 Tra 0.8 e 1.6 Tra 1.6 e 2.4 Tra 2.4 e 3.2 Tra 3.2 e 12.3 Fonte: ISTAT 124

4 5 IMMIGRAZIONE: RIFLETTERE SULLE PROSPETTIVE - I fattori di attrazione prospettive, linee di sviluppo ed elementi per gli scenari ragionando solo sul versante dell immigrazione. Nel seguito del capitolo indicheremo brevemente come le caratteristiche dell immigrazione siano largamente, anche se non esclusivamente, determinate dalla domanda di lavoro e dalle caratteristiche del sistema socioeconomico locale. Per la individuazione di possibili scenari assume del pari grande rilievo la politica di inserimento degli immigrati a livello locale, che influenza profondamente nel medio-lungo periodo la stabilità e le dinamiche sociali della popolazione immigrata. 1. I FATTORI DI ATTRAZIONE Tutto lascia pensare che i flussi di immigrati in entrata in Europa continueranno, pur senza assumere le dimensioni drammatiche che alcuni paventano. La usuale distinzione tra fattori di espulsione e fattori di attrazione è oggi vista nella letteratura in materia in modo articolato e problematico: i primi sono importanti, legati sia a fenomeni strutturali di medio lungo periodo crescita demografica, disoccupazione, disequilibri economici sia a eventi contingenti: guerre, carestie, crisi politiche ed economiche. I fattori di attrazione sono di grande importanza, perché determinano la distribuzione dei migranti tra aree di arrivo. Se vi è comunque una certa dispersione casuale di migranti, il grosso dei flussi si distribuisce secondo precise logiche, in un processo di reciproco adattamento fra caratteristiche ed esigenze delle aree di attrazione e caratteristiche e risorse dei diversi gruppi migranti. Anche quando non vi sono politiche di reclutamento attivo, la direzione e la composizione dei flussi è largamente controllata da fattori nazionali e regionali di attrazione. La maggior parte dei migranti scelgono la loro meta in base a considerazioni razionali, che proprio in quanto tali non considerano solo aspetti economici. Il problema classico è che dalla composizione di innumerevoli scelte individuali razionali non deriva necessariamente un risultato globalmente soddisfacente. La costruzione di scenari per l immigrazione nella nostra regione non dovrebbe quindi basarsi soprattutto sui flussi immigratori in base ai fattori di espulsione, talora difficili da prevedere e da controllare dal punto di vista dell area di arrivo, ma piuttosto sull analisi dei fattori di attrazione, e sulle condizioni di integrazioni a livello regionale, variabili sulle quali abbiamo maggior controllo. Questo vuol dire che se la disponibilità di potenziali migranti dipende da molti fattori esogeni, quanti e quali arriveranno in regione dipende largamente dalle caratteristiche del sistema socioeconomico dell area specifica. La domanda, in altri termini, non è tanto Quanti e quali immigrati arriveranno?, ma piuttosto, Quanti e quali immigrati il nostro sistema potrà attrarre? D altra parte, gli immigrati, e gli effetti dell immigrazione, non si distribuiscono in modo uniforme nella società e nell economia. Essi possono entrare in concorrenza con certi gruppi professionali e non con altri; i benefici economici che apportano possono andare a vantaggio di certi settori, ma a detrimento di altri. I vari attori in campo, imprenditori, lavoratori nazionali nelle varie posizioni, Enti assistenziali, ecc. in genere hanno valutazioni e interessi divergenti sul tema. È inoltre molto difficile, anche laddove sono disponibili ampie serie di dati, isolare l effetto dell immigrazione dagli effetti di altre trasformazioni. A maggior ragione, laddove i dati sono ancora scarsi, come in Italia, è molto difficile costruire un quadro attendibile di situazioni e di possibili sviluppi. Le caratteristiche dell immigrazione non sono quindi determinate solo dalle specifiche politiche migratorie, ma dagli effetti diretti e indiretti di più generali politiche industriali, dell impiego, sociali che disegnano la mappa complessiva delle opportunità e dei vincoli all ingresso di migranti nel sistema. Ad esempio, politiche industriali che favoriscano il mantenimento di attività ad alta intensità di lavoro non qualificato favoriranno l ingresso di lavoratori immigrati non qualificati. La lotta al lavoro nero può disincentivare l arrivo di immigrati irregolari più delle misure punitive verso costoro. Del pari l immigrazione può favorire certi distretti produttivi, ma danneggiare altre aree, anche solo in termini di minori alternative. È una situazione che esiste anche in Italia se l immigrazione di manodopera straniera al Nord può creare condizioni che scoraggiano ulteriormente la mobilità interna (ad esempio disincentivando il trasferimento di impianti o l offerta di condizioni contrattuali più attrattive per i cittadini). 125

5 i r e s c e n a r i RAPPORTO TRIENNALE Fig. 2 Presenza di popolazione straniera residente nei comuni del Piemonte,

6 5 IMMIGRAZIONE: RIFLETTERE SULLE PROSPETTIVE - I fattori di attrazione Altra variabile importante sono le politiche per gli immigrati, in particolare le attività a sostegno dell inserimento locale: assistenza nelle pratiche burocratiche, sostegno nei momenti di difficoltà, interventi a favore dei gruppi e delle persone in difficoltà, disponibilità di abitazioni, formazione e orientamento professionale. Queste iniziative non agiscono direttamente sull afflusso di lavoratori immigrati, ma sulla possibilità che essi si stabilizzino in condizioni degne e si facciano raggiungere dai familiari. Poiché un certo numero di immigrati con scarse risorse non riesce a trasferirsi altrove e continua comunque a trovare qualche occasione di lavoro, la carenza di politiche di sostegno può alimentare una sacca di marginalità fonte di problemi e di conflitti. 2. TENDENZE E SCENARI Senza dubbio la chiave interpretativa principale resta la conoscenza delle trasformazioni del sistema produttivo, occupazionale e della demografia piemontese: la disponibilità di manodopera immigrata entra come variabile in tale quadro. In linea di massima la crescita della domanda di manodopera generica può far crescere l afflusso di lavoratori immigrati, tanto più se queste attività sono rifiutate dagli italiani per qualche ragione (turni, nocività, rigidità di orario ). Anche una rapida crescita nella domanda di manodopera specializzata o altamente qualificata non immediatamente disponibile nel mercato del lavoro nazionale (informatici, ingegneri, tecnici) può far arrivare immigrati, ma in questo caso occorre ancora che le condizioni offerte siano competitive con quelle di altri Paesi sviluppati. Se in Italia arrivano molti immigrati irregolari che lavorano in nero è perché sanno che qui troveranno opportunità di questo tipo. Un migrante con qualifiche pregiate punterà probabilmente su Paesi che offrono migliori opportunità e migliori condizioni. Rispetto alla situazione piemontese, le tendenze prevedibili nell immediato futuro sono: a) I movimenti migratori nel loro insieme continueranno. La regione ha oramai una consistente popolazione straniera, in parte stabilizzata, e il suo sistema socioeconomico continuerà ad attrarre in qualche misura immigrati. b) Non è possibile costruire scenari sul Piemonte che considerino la possibilità di nuove crisi belliche, ecologiche, politiche, che potrebbero mettere in moto nuovi movimenti di profughi. Questo quadro può derivare solo da analisi internazionali. Va comunque ricordato che il peso maggiore di questi movimenti di profughi viene sopportato da Paesi limitrofi in situazioni quasi altrettanto critiche. c) I ricongiungimenti familiari stanno aumentando e costituiscono, anche in Piemonte, una fonte rilevante di crescita dell immigrazione. Non è ovviamente possibile fare sì che i familiari di un lavoratore posseggano immediatamente caratteristiche ideali per l inserimento nel mercato del lavoro (occorre prevedere corsi di formazione e di orientamento). d) I ricongiungimenti familiari sono un indizio della stabilizzazione degli immigrati. Anche se resta il progetto o il sogno di un rientro definitivo, sempre più stranieri hanno il centro dei loro interessi qui: hanno acquistato una casa per sfuggire all incubo dell alloggio in affitto caro e introvabile, i figli crescono e studiano in Italia, si sono stabiliti legami affettivi e di parentela. Una quota di stranieri e di loro discendenti resterà qui. e) In particolare i giovani immigrati o figli di immigrati stanno crescendo sia in assoluto, sia in termini proporzionali. Socializzati in Italia, questi giovani avranno aspirazioni simili a quelle dei loro coetanei italiani, e troveranno sempre più inaccettabile adeguarsi a cattivi lavori, e ancor meno accetteranno discriminazioni aperte o minacce di rimpatrio. La letteratura specialistica ha mostrato che gli immigrati sono ricercati proprio in quanto posseggono preferenze e strategie occupazionali diverse da quelle dei nativi, e non solo come puro rinforzo numerico. Man mano che gli immigrati si integrano e perdono caratteristiche distintive, diventano meno interessanti per certi settori del mercato del lavoro e ciò può generare da un lato nuova immigrazione e dall altro disoccupazione, concorrenza o conflitto con i nativi. 127

7 i r e s c e n a r i RAPPORTO TRIENNALE f) Gli scenari relativi al mercato del lavoro e alla struttura produttiva piemontese per i primi anni del nuovo secolo prospettano un relativo decremento dei posti di lavoro poco qualificati, come effetto di un riposizionamento del sistema produttivo verso attività terziarie e a tecnologia avanzata. Poiché questi posti di lavoro sono spesso coperti da lavoratori stranieri immigrati, in quanto rifiutati dai lavoratori italiani, tale scenario prefigurerebbe una minor necessità di ricorrere a manodopera immigrata a bassa qualifica. Ciò potrebbe avere diversi aspetti positivi, riducendo la necessità da parte del sistema regionale di accogliere e inserire nuovi arrivati che cumulano le usuali difficoltà di chi deve trovare una prima sistemazione con un inserimento economico poco remunerato e povero di prospettive. Potrebbero invece crescere la possibilità di consolidare l inserimento dei già presenti e la prospettiva di assumere immigrati in attività più qualificate. Uno scenario quindi di rallentamento dei flussi e di miglioramento potenziale delle condizioni di vita e di inserimento. Altri elementi, tuttavia, costringono ad essere molto cauti e a ritenere che un miglioramento della situazione non sia automatico, ma richieda politiche adeguate e capacità progettuali. Da un lato, infatti, è noto che una espansione delle attività del terziario avanzato si accompagna con una maggiore necessità di manodopera nel terziario di servizio (pulizie, ristorazione ) che offrirà nuovamente posti di lavoro dequalificati. D altra parte molte attività ad alta intensità di lavoro poco qualificato non vengono decentrate in Paesi terzi perché le imprese hanno buone ragioni per mantenere comunque il controllo dell intera filiera produttiva. g) Last but not least, la diminuzione relativa dei giovani che si presentano sul mercato del lavoro, a causa della bassa natalità, aumenterà la necessità di lavoratori disposti ad occupare i posti vacanti, richiamando nuovi immigrati. Vi sono quindi alcuni caratteri del fenomeno in regione che non muteranno significativamente nel breve-medio periodo e altri che sono invece fortemente influenzati da dinamiche e decisioni locali, anche in materie in apparenza non direttamente legate alla questione. Gli effetti di tali scelte possono per altro farsi sentire sul medio lungo periodo. Lo spazio per le politiche locali in materia è molto ampio. L alternativa fondamentale non è però tra apertura e chiusura o tra gestione e laisser faire. Si tratta piuttosto di decidere obiettivi e priorità, e di distribuire costi e risorse su gruppi sociali e su tempi diversi. Possiamo indicare tre scenari possibili: uno definibile nei termini di qualificazione dell immigrazione e attivazione di politiche di inserimento in una ottica di medio-lungo periodo; un altro che lega invece le politiche di inserimento alle esigenze del mercato del lavoro in una prospettiva di breve periodo; infine, uno scenario di crescita delle condizioni di precarietà e di incertezza socioeconomica per gli immigrati. Nel primo scenario l immigrazione viene considerata un fenomeno strutturale, legato alle trasformazioni economiche, ma anche demografiche della nostra area. Si prende sul serio l idea che gli immigrati dovranno restare, per limitare le conseguenze dell invecchiamento della popolazione. Si introducono misure dirette e indirette per far sì che la regione attragga non solo i lavoratori stranieri di cui necessita nell immediato, ma anche studenti, tecnici, imprenditori con le loro famiglie. Tali interventi non devono avvenire solo sul versante del controllo dell immigrazione, ma soprattutto con politiche strutturali: economiche, del lavoro, sociali. Occorre offrire condizioni che siano competitive con quelle delle altre aree di immigrazione. Del pari vengono attuate tutte le iniziative opportune per favorire la mobilità territoriale dei lavoratori italiani e stranieri, e in genere per evitare che si ricorra a nuovi immigrati laddove sarebbe invece possibile attingere a manodopera comunitaria o praticare soluzioni alternative nell interesse di tutti. Sul fronte sociale si attuano coerenti politiche che favoriscono la stabilizzazione degli immigrati e il pieno riconoscimento dei loro diritti, la formazione professionale e la scolarizzazione dei giovani, per evitare la formazione di ghetti. Primo scenario: immigrazione guidata con ottica di lungo termine Secondo scenario: immigrazione determinata da esigenze di breve termine Il secondo scenario prefigura invece il tentativo di legare più strettamente l immigrazione alle esigenze congiunturali del mercato del lavoro piemontese. È necessario un consistente lavoro di programmazione e di informazione per individuare tempestivamente le esigenze e calibrare le quote e i meccanismi di reclutamento in base a esse. Restano comunque necessarie azioni per favorire l arrivo e l inserimento di personale adeguato e occorre contrastare il lavoro nero, l assistenza domestica in condizioni irregolari, i lavori regolari, 128

8 5 IMMIGRAZIONE: RIFLETTERE SULLE PROSPETTIVE - Tendenze e scenari ma precari, nocivi, faticosi e che non offrono prospettive sul lungo periodo. La debolezza maggiore di questo scenario è data dall ottica di breve periodo in cui si muoverebbero gli attori. I ricongiungimenti familiari, come già ricordato, fanno giungere persone che non hanno necessariamente le caratteristiche richieste dal mercato del lavoro. Cambiamenti nella congiuntura o nelle esigenze di manodopera possono indurre tensioni, ancor più gravi se si introducono rigidità territoriali interne. Non è impossibile prevedere misure che consentano di accogliere dignitosamente veri lavoratori ospiti che rimpatriano alla scadenza del contratto (certi lavori in appalto già si svolgono con questa manodopera), ma ciò richiede ancora investimenti e si rischia comunque di introdurre forme di sfruttamento o di dura concorrenza con la manodopera locale. L ultimo scenario, che deriva anch esso da scelte poltiche e programmatorie, invece lascia spazio per le attività irregolari, precarie, per i cattivi lavori. Tutti gli italiani che non vi sono costretti dalla necessità nonché gli immigrati più dotati di risorse evitano tali occupazioni che diventano privilegio negativo degli irregolari, dei non qualificati e degli ultimi arrivati. La regolazione della presenza di immigrati è lasciata alla domanda, in base alle esigenze immediate, senza una vera politica di reclutamento lungimirante. Ciò consente vantaggi immediati per alcuni, mentre scarica i rischi del ciclo economico e la compressione del costo del lavoro su questi lavoratori. Le misure repressive si orientano solo verso gli immigrati, che vengono ulteriormente costretti a celare la loro attività e la loro presenza, senza per altro costituire un vero deterrente all immigrazione per chi giunge dalle situazioni più svantaggiate. Gli immigrati più capaci e intraprendenti evitano la regione o se ne vanno appena possibile, lasciando per altro spazio a nuovi arrivati. La risposta alle esigenze sociali e culturali di questi immigrati viene privatizzata, lasciata al volontariato o al mercato. Gli interventi sociali non favoriscono l inserimento e la stabilizzazione: tuttavia una quota rilevante di immigrati resta bloccata, impedita a rientrare o a trasferirsi proprio dalla mancanza di risorse economiche e di qualificazione. Anche le misure di regolazione dei flussi a livello locale rischiano di essere controproducenti se irrigidiscono e segmentano ulteriormente il mercato del lavoro. Si crea una sottoclasse senza speranze e profondamente disagiata, specie nelle fasce giovanili. Questi lavoratori potrebbero facilmente entrare in contrasto non solo con italiani a bassa qualifica, ma anche con ceti medi usi a forme di protezione, che potrebbero trovare negli immigrati dei temibili concorrenti. La carenza di diritti potrebbe pesare fortemente sui giovani di seconda generazione che stanno già crescendo. Il risultato potrebbe essere un acuirsi di tensioni sociali ed interetniche, in un circolo vizioso di tensioni e di diffidenze reciproche. I conflitti tra immigrati e autoctoni crescerebbero in una sorta di profezia che si autoadempie. Terzo scenario: immigrazione precaria e irregolare CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE I movimenti migratori contemporanei fanno parte di un più ampio insieme di fenomeni legati alla globalizzazione. Le situazioni locali si legano a trasformazioni di vasta portata e devono essere comprese e governate in tale ottica, senza dimenticare le loro peculiarità, ma anche senza limitarsi, in modo miope, al qui ed ora. L immigrazione risponde a logiche individuali e collettive molto varie, talora contrastanti. Politiche per la gestione dei flussi e dell inserimento degli immigrati sono non solo possibili, ma doverose. Tuttavia, se esse sono incoerenti, miopi o contraddittorie, gli effetti negativi possono essere numerosi, durare a lungo e risultare particolarmente difficili da contrastare. Ogni periodo storico ha le sue caratteristiche e non è la copia del passato, ma la storia delle migrazioni mostra che gli ospiti sgraditi di un tempo sono spesso divenuti i buoni cittadini di oggi: così è stato in particolare per i tanti emigrati italiani nel Mondo. Laddove i problemi sono rimasti è stato perché l ostilità e la discriminazione sono state mantenute e riprodotte. Sono quindi auspicabili politiche lungimiranti, che prendano in considerazione tutti gli aspetti del fenomeno economici, sociali, culturali e che ragionino in termini di lungo periodo, senza confondere gli auspici con la realtà. Sembra importante in particolare considerare gli effetti temporali delle migrazioni, la irreversibilità di certe scelte sul lungo periodo, e gli effetti diversificati sul territorio e sulle diverse componenti della società. 129

9 i r e s c e n a r i RAPPORTO TRIENNALE Politiche che limitano gli ingressi o la durata dei soggiorni possono essere economicamente e moralmente giustificate, ma solo se fondate su analisi corrette della situazione e su iniziative coerenti. Altrimenti il contributo che gli immigrati possono offrire allo sviluppo regionale e alla transizione demografica verrà a vanificarsi, e ciò lascerà spazio alle componenti devianti e conflittuali delle relazioni interetniche. 130

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