Laboratorio di Progettazione Architettonica II (A) Prof. Lorenzo Dall Olio
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- Rosalia Boscolo
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1 Laboratorio di Progettazione Architettonica II (A) Prof. Lorenzo Dall Olio Assistenti: Mario Augusti, Silvia Izzi, Valeria Mercuri, Elisa Vitali Modulo didattico di Materiali ed elementi costruttivi - Prof.ssa Chiara Tonelli, assistente Giuliano Valeri L inizio
2 «Amo gli inizi. Gli inizi mi riempiono di meraviglia. Io credo che sia l inizio a garantire il proseguimento». Louis Kahn
3 Il progetto come percorso La genesi di un progetto spesso si associa (nella fantasia dello studente) a un atto creativo puro, indipendente e istantaneo. Nella inconsapevolezza dell origine dell idea architettonica, si vive uno stato di attesa passiva di un intuizione folgorante. Non è (quasi mai) così, soprattutto quando non si ha alle spalle una qualche esperienza. L origine di qualsiasi idea progettuale (che nasca da una intuizione o da un ragionamento) risiede in una preventiva e profonda comprensione delle «condizioni» entro cui il progetto nasce e dei quesiti a cui il progetto deve dare risposta. Liberandoci dall ingovernabile aleatorietà dell intuizione istantanea, il progetto può essere definito un «percorso», con una propria durata. La meta del percorso è la materializzazione dell idea. Più l idea è chiara, più ha possibilità di rimanere vicina all intuizione iniziale, senza perdere forza e vividezza. In ogni caso è solo durante il progetto/percorso, che l idea trova le sue coerenze, la sua stabilità e, soprattutto, la sua fattibilità. Da qualsiasi punto prenda origine il progetto, il percorso per raggiungere il suo compimento passa più o meno sempre attraverso le stesse tappe/verifiche.
4 Quale inizio? La conoscenza del programma Le competenze di base e specifiche rispetto al tema La comprensione del luogo, delle sue caratteristiche e dei suoi vincoli L immedesimazione nell utente e la comprensione delle sue esigenze La propria cultura personale (la conoscenza del lavoro degli altri) Il primo passo è: l individuazione della domanda, la messa a fuoco dell obiettivo Ma Ogni progettista è diverso dagli altri. Esistono molti atteggiamenti - Approccio razionale - Approccio filosofico-concettuale - Approccio istintivo e gestuale - Approccio cultural-letterario Gli strumenti: il disegno, la costruzione di un modello tridimensionale, la scrittura, la geometria, la misura
5 L. Quaroni, Progettare un edificio, otto lezioni di architettura, ed. Mazzotta, Milano 1977, pag. 11 Le dimensioni del progettare sono molte e spesso tendenti all autonomia, sono fra loro contrastanti e per comporle, per arrivare all unità del progetto che le annulla nella loro nuova dimensione che è architettura, è necessario un telaio, un frame, una griglia che permetta la tessitura del sistema. L. Quaroni, Progettare un edificio, otto lezioni di architettura, ed. Mazzotta, Milano 1977, pag. 59/63. - Il percorso non è certo facile e spesso non è breve nemmeno per gente con anni di esperienza sulle spalle. Possono essere state fatte perfette analisi, può essere stato centrato con cura il problema, e tuttavia può restare difficile e lontana la risoluzione progettuale dello stesso. Altre volte può formularsi chiaro il fantasma di un idea brillante che tuttavia trova difficoltà ad essere studiata, sgrezzata, sondata, fino a diventare una vera ipotesi progettuale, pronta per lo sviluppo.
6 Il percorso più corretto, quello capace di dare il prodotto migliore è quello deduttivo diretto Quello che occorre in ogni caso fare è esaminare le varie attività che si svolgeranno nell edificio, immedesimandosi e vivendo quasi in prima persona le varie figure che si dovranno muovere negli spazi da progettare, così da chiarirsi bene le qualità di spazio necessarie e ottimali per ogni attività, considerando queste funzioni sia coll ottica positivista del movimento razionalista sia con un ottica postrazionalista che consideri non soltanto le dimensioni metriche degli spazi, in rapporto alle dimensioni metriche del corpo umano, fisicamente e fisiologicamente inteso, ma anche le dimensioni psicologiche e ideologiche degli spazi, in rapporto alle dimensioni sociali dell uomo stesso Una serie di prove diverse, disegnate in piccolo, a mano libera, senza scala precisa, solo cercando di mantenere le differenze dimensionali fra i locali e i corpi, imbrattando senza preoccupazione un foglio o più pezzi di carta, aiutano il cervello in questo prioritario lavoro di organizzazione, che dovrà trarre giovamento anche dal ragionare e dal figurarsi l operazione grafica cogli occhi della mente, nei momenti adatti, cioè senza carta e senza un mezzo per scrivere. Si tenteranno automaticamente strade, ipotesi diverse, e altrettanto automaticamente si ritornerà indietro, con variazioni più o meno accentuate su alcune, poche, delle ipotesi fatte, sulle quali quindi si concentrerà l elaborazione finché, messa insieme molta carta scarabocchiata, si potrà passare alla selezione e alla classificazione delle ipotesi
7 Questa semplice cernita-selezione-classificazione è già di per se stessa capace di orientare il progettista, nel senso che a cose fatte e ad autocritica operata sarà convinto dell opportunità di verificare meglio una o due delle ipotesi stesse Ma potrà darsi che l operatore non rimanga soddisfatto e che ricominci tutto da capo, tenendo ben fermo tuttavia quanto era emerso giusto e importante dall analisi e quanto è risultato poi dall esperimento fallito (e quindi non inutile) Questo processo, che prima abbiamo chiamato deduttivo e diretto, è in realtà un cammino molto incerto e tortuoso. Nella lenta costruzione dello schema progettuale entrano molti materiali, oltre a quelli desunti razionalmente dall analisi. In questo grande deposito di idee che non sono ancora immagini e di immagini più o meno legate a idee di possibili utilizzazioni progettuali, può trovarsi di tutto: ci possono essere suggestioni avute vedendo un giorno, anche lontano, un edificio costruito, un particolare dello stesso, un oggetto d uso, un progetto o un disegno letto magari male. Il caso più conosciuto è quello dei progetti per Rio de Janeiro (1929) e per Algeri (1930) di Le Corbusier, che lui stesso ha riconosciuto originati da due impressioni avute durante un viaggio in Italia, e cioè dallo stabilimento della Fiat Lingotto, e dalla linea orizzontale, costruita attraverso le ondulazioni della campagna romana, dei resti dell acquedotto di Claudio.
8 Le Corbusier - Piano di Algeri 1930
9 Dalla domanda all idea
10 L. Kahn - Unitarian Church Rochester
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12 Il Luogo
13 Campo Baeza - Casa de Blas Madrid 2000
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18 Souto de Moura casa Alcanena 1992
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20 R. Gabetti, A. Isola Residenze Olivetti Ivrea 1971
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22 R. Moneo - Museo archeologico Merida 1985
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25 C. Baeza, Banca centrale, Granada 2001 Guillermo Pérez Villalta - El navegante interior 1990
26 IMPLUVIUM DE LUZ
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31 Le funzioni e la loro relazione
32 L. Kahn, Convento delle suore domenicane, Media Pennsylvania, 1968
33 A. Aalto Cimitero di Malm Cappelle funerarie Helsinki 1950
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35 R. Koolhaas Biblioteca centrale Seattle 2004
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39 K. Sejima- Museo del XXI secolo - Kanazawa 2004
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42 Misura - Geometria - Struttura
43 R. Gabetti, A. Isola - Uffici Snam - San Donato milanese 1990
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45 R. Meier, Casa (II) Falk - Hardwick, 1970
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47 R. Meier, Casa III Lakeville 1970
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49 Gli elementi del progetto
50 Peter Zumthor Edificio termale Vals 1997
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52 T. Ando Casa Soseikan Yamaguchi Tea House Hyogo 1982
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55 P. Zumthor Museo d'arte - Bregenz 1997
56 L. Vacchini, Casa Koerfer Ronco Sopra Ascona, Canton Ticino 2004
57 F. Venezia Palazzo Di Lorenzo Gibellina 1986
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59 R. Koolhaas Ambasciata olandese Berlino 2003
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62 S. Holl Residenze universitarie MIT Cambridge 2004
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64 La forma
65 Erich Mendelsohn - Osservatorio Einstein Postdam 1920
66 G. Michelucci Chiesa di San Giovanni Battista Firenze 1964
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68 F. O. Gehry Walt Disney Concert hall Los Angeles 2003
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71 A. Anselmi Centro direzionale Pietralata e Municipio di Fiumicino 2003
72 Superstudio Monumento continuo 1969
73 A. Siza - Fundação Iberê Camargo - Porto Alegre 2003
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75 Tutto comincia con una telefonata. Quando mi hanno chiesto di progettare il nuovo museo di Porto Alegre lo hanno fatto per telefono, era un concorso ad invito ; io non ero mai stato in Brasile e la prima cosa che ho pensato è che il Brasile è un posto lontano lontano e ci vogliono ore e ore di volo per arrivarci. Il museo sarebbe stato per un pittore brasiliano di cui non sapevo niente e perciò non ho detto di sì immediatamente. Ma loro hanno insistito tanto. Hanno iniziato a mandarmi foto, video del posto. Mi ha chiamato perfino la vedova del pittore. Il progetto quindi nasce senza che Siza abbia mai visto il posto dal vero, ma questo non impedisce che vinca lo stesso il concorso con il progetto preliminare. E' arrivata l'ora di volare in Brasile. Quando ho visto il posto con i miei occhi ho capito che c'era la possibilità di fare un altro edificio. "Il posto per il museo era un buco in una scarpata immersa nella naturaleza del Brasile: questa naturaleza lussureggiante. Era un buco bellissimo lungo un viale che dà su un fiume. Un fiume come ce ne sono tanti in Brasile, di quelli che sembrano il mare.
76 Il primo problema è sempre lo spazio. Dove metto i parcheggi, come fanno ad entrarci le auto. Il futuro museo sorgerà, infatti, in un'area limitrofa ad una superstrada. Di qui in poi il racconto è anche aiutato delle immagini. Siza commenta gli schizzi che hanno accompagnato il formarsi delle idee. Nel primo schizzo l'edificio è un cubo circondato dalle curve della scarpata, poi il cubo si agita per entrare nel buco stretto, qualcosa deve salire fuori. Ecco il secondo schizzo in cui il parcheggio è nella zona alta del cubo ed è collegato ai piani inferiori da un ascensore panoramico. La seconda serie di schizzi è fatta di schizzi mostruosi. Per l'ultima volta ritorna l'idea impossibile di un piano unico, nell'ultimo si vede addirittura una boveda (cupola) al di sopra del tutto. Ma è giusto anche che alcuni schizzi non abbiano senso: è il subcosciente che funziona. Nell'ultimo, infatti, nasce un'idea che rimarrà fino alla fine. Il cubo si buca e prende luce dall'alto con dei lucernari. In questa fase c'è la presa di coscienza di non poter fare il parcheggio all'ultimo piano perché si tratta di una zona residenziale e mancano le autorizzazioni.
77 Però abbiamo ottenuto l'autorizzazione per un parcheggio al di sotto della strada che segue la linea di costa. Si iniziano a definire 4 livelli... Uno sotterraneo. Un'altra cosa diventa evidente: l'edificio deve essere staccato dal muro della scarpata così, in questo spazio di risulta, possono passare i camion che portano materiale al museo. Poco a poco il volume più alto si fa curvo sulla strada e dritto contro la scarpata. Per ultime Siza mostra le piante del progetto definitivo. Al piano interrato si vede il grande parcheggio. Nella pianta a piano terra si vede la rampa. Mi sono reso conto che questa rampa non poteva essere tutta all'interno dell'edificio e perciò è per metà all'interno e per metà fuori. Definisce inoltre uno spazio centrale a tutta altezza che prende luce dai lucernari che bucano il tetto. Per visitare il museo si può prendere l'ascensore e scendere lungo la rampa che quando è interna all'edificio rende partecipi di questo spazio a tutta altezza e delle opere esposte. Quando è esterna all'edificio estrania e tramite delle piccolissime finestre si può guardare fuori, verso il fiume.
78 Molti mi chiedono come mai, con una naturaleza così lussureggiante ci siano delle finestre così piccole. La verità è che gli ingegneri mi hanno detto di limitare le dimensioni di queste aperture. Guardando le foto dell'edificio quasi finito si vede una torre una torre brutta, residenziale. Ma il contesto è anche questo. Durante i lavori abbiamo imparato a considerarla come un amico. Un brutto amico. Naturalmente se guardo la rampa penso al Gugghenheim e, per come le curve dell'edificio seguono le curve del paesaggio, ad Oscar Niemeyer. Tutti da giovani all'università avevamo un mito specifico: chi Le Corbusier, chi Mies. Poi ti guardi intorno e vedi che c'è un mondo pieno di architettura che ci circonda.
79 Il controllo totale del progetto
80 C. Scarpa - Sistemazione museale di Castelvecchio Verona
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82 M. Ridolfi - Casa Lina - Marmore, Terni 1967
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84 Quando mi accingo a risolvere un problema di architettura, mi trovo senza eccezione arrestato nel mio lavoro dall idea della realizzazione si tratta di una specie di coraggio delle tre del mattino dovuto probabilmente alle difficoltà causate dal peso dei differenti elementi all atto della loro realizzazione architettonica. Le esigenze sociali, tecniche, umane ed economiche che si presentano spalla a spalla con i fattori psicologici concernenti ogni individuo e ogni gruppo, i loro ritmi e il colloquio interiore, tutto ciò è una matassa che non può essere sbrogliata in modo razionale. Ne deriva una complicazione che impedisce all idea madre di prendere forma. In casi simili io agisco in un modo completamente irriflessivo; dimentico per un istante lo sviluppo dei problemi, li caccio dalla memoria e mi occupo di qualcosa che posso chiamare arte astratta. Disegno, lasciandomi interamente guidare dall istinto e, all improvviso, l idea madre nasce, un punto di partenza che riunisce i differenti sopracitati elementi, spesso contraddittori, e li mette in armonia. A. Aalto, Architettura e arte concreta, (1947), in Casabella, n. 299, dicembre 1965, pag.42.
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