Cambiamenti climatici CAMBIAMENTI CLIMATICI. di Vincenzo Romeo*

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1 CAMBIAMENTI CLIMATICI di Vincenzo Romeo* Il nostro futuro è scritto sulle montagne. Lo studio dell ecosistema montano, complesso e basato su delicati equilibri, è la spia del malessere del pianeta. Lo scioglimento dei ghiacciai, lo scarso innevamento, le precipitazioni violente alternate a periodi di siccità, sono i devastanti effetti del mutamento ambientale. Il costante monitoraggio della neve rapportato nel tempo, costituisce una fonte inesauribile di informazioni, un indicatore sensibile sulle variazioni climatiche. Da trent anni il Corpo Forestale dello Stato, attraverso il Servizio Meteomont in interforze con il Servizio meteorologico dell Aeronautica Militare e il Comando Truppe Alpine, fornisce una mappatura delle zone a rischio valanghe e analizza i dati relativi alla situazione meteonivologica nel nostro paese. I rilevamenti effettuati nelle zone dell Appennino, che per posizione geografica risulta la dorsale più ricettiva alle variazioni, conferma un innalzamento delle temperature e un aumento delle precipitazioni e della loro intensità. I controlli costanti effettuati nell arco di un periodo prolungato, studi approfonditi e l evoluzione delle tecniche scientifiche, contribuiscono alla diminuzione dei rischi e garantiscono, per quanto possibile, la conservazione del nostro ecosistema. Our future is written on mountains. The study of the mountain ecosystem, complex in itself and based upon frail balances, is the indicator of our planet s malaise. Glaciers melting, a reduced snowfall, heavy showers which interchange with dry spells are the devastating effects of environmental alteration. The continuous monitoring of snowfall, compared at intervals, is an inexhaustible source of information, a sensitive indicator of climate modifications. For over thirty years, in cooperation with the Met Office and the Alpine troops headquarters, the State Forest Corps, through the Meteomont Service, have been giving accurate maps of all the areas at avalanche risk and have been analysing all the data concerning the meteorological and snow conditions in our Country. The surveys, carried out in the Apennines areas, which appear to be the most sensitive ridge to variations, confirm a rise in temperature and an increase in rainfall and its intensity. A regular longterm monitoring together with detailed studies and always improving scientific techniques contribute to diminish risks and, as far as possible, grant the preservation of our ecosystem. La prossima guerra? Quella del clima e molto peggiore di Al Qaeda. Così intitolavano i quotidiani più diffusi al mondo qualche anno fa commentando la notizia circa l esistenza di un rapporto segreto del Pentagono che metterebbe in guar- * Vice Questore Aggiunto Forestale - Servizio Meteomont 93

2 94 dia il governo americano sui mutamenti climatici in atto e le loro tragiche conseguenze sugli equilibri sociali ed economici dell intero pianeta. Allarmi, allarmismi o prossima realtà? Una cosa è certa: l interesse dell opinione pubblica e dei mass-media è divenuto ormai quotidiano sui cambiamenti climatici. Lo studio del cambiamento climatico dell ambiente montano, ecosistema complesso, delicato e più sensibile di altri ai cambiamenti ambientali, assume un particolare interesse, per comprendere meglio il cambiamento globale ma ancora di più quello locale, che influisce direttamente sullo sviluppo socio-economico delle aree montane. È ormai sotto gli occhi di tutti le trasformazioni sempre più importanti a carico delle nostre montagne, a partire dal drammatico scioglimento dei ghiacciai, l innevamento scarso, le precipitazioni irregolari, i violenti temporali invernali. Tutto ciò determina crescenti incertezze nei confronti delle attività socio-economiche, della pratica degli sport invernali, del turismo invernale, degli equilibri ecosistemici (la neve è un importante fattore autoecologico che condiziona sia le componenti abiotiche che biotiche dell ambiente montano, compreso l uomo), delle

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4 96 riserve idriche, dell assetto idrogeologico, della sicurezza in montagna. La dorsale appenninica, in virtù della sua ubicazione geografica, al centro del mediterraneo e nel settore montano più meridionale d Europa, dove ricordiamo è presente il ghiacciaio più a sud d Europa, diventa ancora più sensibile ai cambiamenti climatici e pertanto importante da monitorare e studiare. La neve è un eccezionale sensore dei cambiamenti climatici, in virtù della sua forte dipendenza dalle precipitazioni e dalle temperature, pertanto l appennino innevato diventa una straordinaria biblioteca a cielo aperto dove poter raccogliere, tradurre e leggere informazioni e dati non solo da studiare ma anche da utilizzare per gestire meglio i rischi e le risorse naturali peculiari dell ambiente montano. Il Corpo forestale dello Stato fin dal 1957 garantisce il monitoraggio degli eventi valanghivi e dal 1978 il monitoraggio meteonivometrico quotidiano nelle aree montane del paese (Romeo V., 2001), attività queste che hanno consentito, oggi, di avere, tra le altre cose, preziose banche dati che si prestano ad analisi ed elaborazioni. Utili non solo alle attività di monitoraggio, di previsione e gestione delle emergenze (neve, valanghe, piene, frane, idriche, etc.) ma anche per studi finalizzati a capire cosa è cambiato e quali nuovi

5 scenari climatici ci attendono nelle aree montane dell Appennino (Romeo V., 2001). E per migliorare i modelli di monitoraggio e previsione meteonivologici e di pericolo valanghe (Romeo V., 2002). Materiali e strumenti Per la gestione e l elaborazione dei dati è stato impiegato il SIM, il Sistema Informativo della Montagna, un sistema informatico sviluppato dalla Pubblica Amministrazione, in particolare dal Mipaaf e dal M.I.T., a disposizione di tutti i servizi pubblici (statali, regionali, comunali, comunità montane, etc.), che si occupano di montagna. In particolare, il servizio territoriale del SIM rappresenta lo strumento tecnologico in ambiente GIS utilizzato dal Corpo forestale dello Stato per la conoscenza delle risorse naturali ed ambientali presenti sul territorio e per la previsione e prevenzione dai rischi ed il monitoraggio degli eventi. Il Meteomont del Corpo forestale dello Stato utilizza tale sistema per gestire il servizio nazionale neve e valanghe, svolto in collaborazione col Comando truppe Alpine ed il Servizio meteorologico dell Aeronautica militare, la rete di monitoraggio meteomont nazionale, 97

6 manuale ed automatica, la banca dati meteonivometrica, il catasto e la cartografia delle valanghe, il catasto degli incidenti in montagna (Romeo V., 2005). Permette, attraverso specifiche funzioni, di elaborare una elevata mole di dati ed informazioni con aggiornamenti quotidiani di serie storiche di diversi decenni, di importanza statistica ed utili per studi e ricerche non solo nel settore neve e valanghe, ma anche meteorologi- Fig. 1 98

7 Fig. 2 co, climatico, idrogeologico, per la definizione di modelli impiegati per la previsione e la gestione del rischio neve sulla viabilità, di valanghe, di piene e di quello connesso alle emergenze idriche in relazione al contributo apportato dalla fusione nivale. Area di studio e dati Considerata l elevata mole di dati ed informazioni (n. 30 anni di dati per n. 130 stazioni montane), in questa prima analisi si è ritenu- 99

8 to opportuno elaborare soltanto le serie storiche trentennali di alcuni parametri meteonivologici (altezza della neve, neve fresca, giorni di precipitazioni, temperatura), rilevati presso n. 13 stazioni ubicate in Abruzzo, in particolare nel comprensorio del Gran Sasso Monti della Laga (Fig. 1) e nel comprensorio della Majella (Fig. 2). Poste in comprensori montani importanti dal punto di vista delle precipitazioni e del fenomeno delle valanghe, i più alti dell intera dorsale appenninica, le stazioni in esame (Fig. 3) hanno quote comprese tra i 1075 m di Civitella del Tronto (TE) ed i 1950 m di Campo Imperatore (AQ). Risultati Le precipitazioni nevose. La distribuzione stagionale delle precipitazioni nevose (Fig. 3), calcolate come media mensile per un periodo di 30 anni, è prevalentemente di tipo unimodale (Fig. 4), con un massimo nel mese di gennaio o di febbraio, a seconda della stazione, che pertanto risultano essere i mesi più nevosi. Gennaio risulta essere il mese più nevoso in assoluto in relazione alla media di tutte le stazioni analizzate (cm 64). Presentano invece un regime nivometrico prevalentemente equilibrato le stazioni ubicate nel comprensorio della Macella (Fig. 5), con una distribuzione delle precipitazioni più o meno uniforme tra i mesi invernali (dicembre-marzo). Fig

9 Fig. 4 Fig. 5 La media stagionale per il periodo considerato (30 anni) oscilla da un minimo di cm 168 per la stazione di Civitella del Tronto (TE) ad un massimo di cm 310 per la stazione di Pretoro (CH). Non esistono relazioni statisticamente significative tra la media stagionale e la quota altimetrica delle stazioni (Fig. 6), chiaro segnale della presenza di numerose situazioni locali microclimatiche, orografiche, topografiche e geografiche che condizionano i fenomeni nevosi. Nel comprensorio del Gran Sasso Monti della Laga i dati esaminati rivelano che le stazioni poste sul versante meridionale della catena, hanno 101

10 Fig. 6 Fig medie stagionali inferiori a quelle poste sul versante settentrionale: tra quest ultime emergono invece valori più elevati per quelle poste all interno dei grandi massicci, in strette e profonde valli a ridosso delle vette più alte, rispetto a quelle più distali e scoperte. Meno accentuate le differenze tra le stazioni della Maiella, la cui media dei valori è decisamente più alta di quella relativa alle stazioni del Gran Sasso-M.ti della Laga. Probabilmente a causa della ravvicinata distanza dal mare e la maggior compattezza ed uniformità geografica ed orografica che, assieme alle perturbazioni balcaniche provenienti da est, producono diffuse, uniformi ed elevate precipitazioni nevose. Non solo in termini spaziali ma anche temporali, considerata la prevalenza di regimi nivometrici equilibrati.

11 Fig. 8 L esame delle tendenze degli ultimi 30 anni della media mensile e della media stagionale rivela un generale ed importante aumento delle precipitazioni nevose su gran parte delle stazioni prese in esame (Fig. 7), specialmente nei mesi di dicembre, gennaio ed aprile. I mesi di febbraio e marzo mostrano invece diffusi segnali negativi che tuttavia non incidono più di tanto sull andamento complessivo della media stagionale. Tale aumento è molto più importante di quello riscontrato in stazioni dell Appennino Settentrionale (Meneguzzo F. e Romeo V., 2003), dove in alcuni casi è stata anche registrata una diminuzione delle precipitazioni. Anche in questo caso, tra le tendenze stagionali e la quota delle stazioni, non vi è nessuna relazione statisticamente significativa (Fig.8). L inverno in assoluto più nevoso, con diffuse ed elevate precipitazioni nevose, risulta essere quello (Figg. 15 e 16), durante il quale sono stati rilevati i valori più alti di precipitazioni nevose totali stagionali, da un massimo di cm 640 misurati nella stazione di Rocca S. Maria (TE) ad un minimo di cm 310 nella stazione di Pescocostanzo (Fig. 9). Seguono in ordine decrescente gli inverni , , , , L inverno meno nevoso risulta essere quello della stagione , durante il quale sono stati misurati i valori più bassi degli ultimi 30 anni, dai 23 cm di Lettomanoppello ai 112 cm misurati presso la stazione di S.Eufemia (CH). Seguono gli inverni e Nell analizzare tali valori, minimi e massimi stagionali degli ultimi

12 Fig anni, ed in particolare l indice SAI di innevamento elaborato per esprime la maggiore o minore nevosità di una stagione invernale, si intravede una sorta di ciclicità, un alternarsi di inverni con scarse-moderate nevicate, e inverni con elevate precipitazioni. A periodi di 4-5 anni, caratterizzati da moderate o deboli nevicate, si evidenziano periodi di 4 anni consecutivi contraddistinti da inverni con elevate precipitazioni nevose. Inverni particolarmente avari di neve si alternano ogni 6-8 anni (Figg ). È evidente la concentrazione di valori particolarmente elevati registrati negli ultimi anni, in particolare nel quadriennio dicembre 2002 aprile 2006, durante il quale tutte le stazioni oggetto della presente analisi hanno misurato sopra i 300 cm di neve fresca (totale stagionale), il 50% delle stazioni sopra i 400 cm. La media stagionale dell altezza del manto nevoso al suolo non si è sostanzialmente modificata a differenza di quella esaminata per le stazioni dell Appennino Settentrionale (F. Meneguzzo e Romeo V., 2003), dove in alcune di esse si è addirittura dimezzata.

13 Fig

14 Fig. 11 Fig Giorni nevosi L esame delle medie mensili del numero di giorni nevosi, durante i quali sono state registrate precipitazioni nevose maggiori di 1 cm di spessore (Fig. 13), evidenzia una distribuzione mensile dei giorni con fenomeni a favore del mese di febbraio, seguito da gennaio e marzo, mentre l elaborazione delle medie stagionali rivela un massimo di 31 giorni nevosi nella stazione di Pietracamela ed un minimo di 15 giorni in quella di Assergi (AQ). L analisi delle tendenze medie mensili e stagionali degli ultimi 30 anni (Fig. 14), evidenzia un aumento dei giorni nevosi nei mesi di dicembre ed aprile ed una diffusa diminuzione dei giorni nevosi nel mese di febbraio. La tendenza della media stagionale rivela una diminuzione dei giorni nevosi specialmente per le stazioni poste a quote inferiori. L intensità delle precipitazioni nevose In relazione al rapporto tra precipitazioni e giorni con nevicate si è ottenuta una media mensile e stagionale dell intensità dei fenome-

15 Fig. 13 ni (cm di neve fresca nelle 24 ore), la cui tendenza per la maggior parte delle stazioni in esame mostra un generale e diffuso aumento dei valori (Fig. 17). La temperatura L analisi delle temperature minime mostra un diffuso riscaldamento nelle stazioni dell Appennino centrale (con qualche eccezione, p.es. nella stazione di Nerito di Crognaleto TE), riscaldamento che varia dai 0,3 C ad 1 C nei trent anni esaminati (Figg. 18 e 19). Maggiori aumenti delle temperature nei mesi primaverili, in particolare nel mese di marzo. Ciò in accordo a quanto emerso anche dall elaborazione dei dati registrati dalle stazioni dell Appennino settentrionale, anche se quest ultime mostrano valori più alti di riscaldamento. Le divergenze nell ambito dell Appennino sono evidentemente imputabili alla maggiore prevalenza dell anticiclone atlantico nel perio- 107

16 Fig. 14 Fig do invernale, che indirizza masse d aria temperate verso il settore settentrionale e favorisce d altra parte occasionali irruzioni d aria fredda sul versante adriatico e sul settore centro-meridionale. Ulteriori analisi a confronto Nell andamento delle tendenze sino ad ora qui esaminate probabilmente influisce la NAO (North Atlantic Oscillation) che a seconda di

17 Fig. 16 Fig. 17 quando è negativa (Fig. 20) o positiva, porta più o meno importanti flussi di aria fredda, proveniente dalla Siberia e dai Balcani, con conseguenti forti ed intense precipitazioni sull Appennino centro-meridionale (M. Fazzini et al., 2005). L analisi delle temperature è confermata dalla ricerca prelimina- 109

18 Fig. 18 Fig re sui dati forniti dalle rianalisi atmosferiche globali realizzate dal NCEP degli USA (National Center for Environmental Predictions). In particolare si conferma un innalzamento della quota media stagionale dello zero termico, più importante e fino a 150 metri sul setto-

19 Fig. 19 re settentrionale dell Appennino, meno sensibile su quello centrale, probabile indizio della persistenza della massa d aria fredda di origine nord-orientale su quest ultimo settore. Cenni sugli scenari climatici La situazione che si prefigura, con tutte le dovute e necessarie cautele ed incertezze, è quella di diffuse ed intense precipitazioni nevose, a quote di poco superiori a quelle odierne, con formazione di estesi ed abbondanti accumuli di neve, sempre più umida e pesante. Seguite da rapidissime fusioni che, oltre a ridurre repentinamente la durata della copertura nevosa, potranno determinare influenze importanti sull instabilità del manto nevoso e, più in generale, sul rischio idrogeologico, sul bilancio idrologico, sulla distribuzione stagionale delle riserve idriche montane, sulla portata delle sorgenti e dei corsi d acqua. Conclusioni L analisi delle serie storiche di temperatura e di innevamento delle stazioni meteomont dell Appennino centrale, dal 1978 ad oggi, conferma la tendenza al riscaldamento nelle aree montane appenniniche. 111

20 112 Ma mostra anche chiaramente un aumento delle precipitazioni nevose e dell intensità dei fenomeni, analogo a quello riscontrato parzialmente sulle Alpi orientali, a differenza invece di quanto riscontrato sull Appennino settentrionale e sulle Alpi centro-occidentali. Probabilmente a conferma della riduzione della frequenza delle perturbazioni atlantiche a favore di quelle provenienti dai settori nordorientali dell Europa. I regimi nivometrici risultano prevalentemente prealpini o unimodali, si riscontra un evidente aumento delle precipitazioni nevose (probabilmente correlata ad una maggiore frequenza di avvezioni dal 1 e 4 quadrante), un ruolo importante delle condizioni micro e mesoclimatiche, un aumento generalizzato ed importante della temperatura (variabile tra 0,3 e 1 C), una diffusa e generale diminuzione dei giorni nevosi specie nel mese di febbraio (quello con importanti aumenti delle precipitazioni), un evidente aumento dell intensità dei fenomeni nevosi, che sono poi seguiti da repentine fusioni nivali. I primi risultati contribuiscono a far sorgere alcuni interrogativi che, considerando i dati in possesso e l intenzione di sviluppare ulteriori e più dettagliate analisi, potranno trovare una risposta: qual è la tendenza della copertura nevosa al suolo? Si può parlare di estremizzazione degli eventi meteonivologici? E la sicurezza in montagna tende ad aumentare o diminuire? Ed il pericolo valanghe? Ci saranno maggiori o minori contributi utili della fusione nivale alla realizzazione delle riserve idriche montane? Quale ruolo gioca l esposizione, la quota e la distanza dal mare? L evoluzione del clima regionale verso un importante riscaldamento ed il cambiamento della circolazione atmosferica, associati all influenza sulle attività antropiche (economia, società, turismo, protezione civile, gestione risorse idriche e rischi naturali, etc.) suggeriscono di continuare a monitorare ed analizzare i dati meteonivologici dell ambiente innevato dell Appennino che, grazie alla sua ubicazione geografica, è più di altri indicatore sensibile ai cambiamenti del clima fisico. Un contributo per approfondire le conoscenze sui cambiamenti climatici locali in atto, per migliorare la gestione dei rischi e delle risorse naturali delle aree montane, per continuare la ricerca di indicatori sensibili.

21 Bibliografia FAZZINI M., LANZARONE D., ROMEO V., GADDO M. E BILLI P., Inverno 2005: nevicate eccezionali sull Italia centrale. Aineva, 55: 6 5. MENEGUZZO F. E ROMEO V., Ricerche preliminari sugli impatti del cambiamento climatico sulla quantità e qualità dell innevamento. Atti del Convegno La montagna in sicurezza: prevenzione e soccorso. Collana verde 107/2004. L Aquila, 8 marzo ROMEO V., Il Meteomont del Corpo forestale dello Stato: un monitoraggio costante e continuo della montagna innevata. Giornata di studio sui cambiamenti climatici negli ultimi anni e loro influenza sul manto nevoso delle Alpi e degli Appennini. Castello Tesino (TN), 25 maggio ROMEO V., Le condizioni meteonivometriche negli Appennini. Giornata di studio sui cambiamenti climatici negli ultimi anni e loro influenza sul manto nevoso delle Alpi e degli Appennini. Castello Tesino (TN), 25 maggio Linea Ecologica, 4: ROMEO V., Forecasting, prevention and management of natural disasters in mountain areas. Mountain sustainable development in the Carpathians and in the Alps. UNEP. Bolzano, Italy, June ROMEO V., Le banche dati Meteomont per la prevenzione delle valanghe. SILVAE, 3: Riferimenti Internet Ringraziamenti Al Prof. Massimiliano Fazzini per l elaborazione statistica dei dati. Alla Dr.ssa Spernanzoni, per l aggiornamento della banca dati meteonivometrica centro settore Abruzzo. Al personale del Servizio Meteomont del Corpo forestale dello Stato che ha garantito 30 anni di costante e quotidiano monitoraggio meteonivologico, spesso anche con difficili condizioni meteorologiche ed ambientali tipiche della montagna invernale. 113

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