PRESENTAZIONE... 3 SISTEMA DI PAGAMENTO DEL LATTE A QUALITÀ: STORIA E SCHEMA ATTUALE... 14

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2 Indice PRESENTAZIONE... 3 CENTRO PER L INNOVAZIONE SIQUILACA... 5 LE TAPPE DEL LAVORO DI SIQUILACA... 7 BACTOSCAN: CARATTERISTICHE E PRESTAZIONI... 8 CURVA DI CONVERSIONE CARICA BATTERICA TOTALE: RESAZZURINA VS BACTOSCAN SISTEMA DI PAGAMENTO DEL LATTE A QUALITÀ: STORIA E SCHEMA ATTUALE SIGNIFICATO QUALITATIVO E TECNOLOGICO DEI PARAMETRI DI VALUTAZIONE DEL LATTE ACIDITÀ SH LATTODINAMOGRAFIA - LDG CARICA BATTERICA TOTALE - CBT Importanza della carica batterica L impatto della carica batterica del latte sulla trasformazione in Parmigiano-Reggiano Gestione e lavaggio impianti di mungitura e di stoccaggio del latte alla stalla (a cura di A. Pazzona Università di Sassari e M. Capasso Associazione Italiana Allevatori di Roma) CELLULE SOMATICHE La mungitura Come intervenire e prevenire Il rischio residui CLOSTRIDI Come si determinano le spore dei clostridi I difetti provocati nel formaggio Come limitare i danni Regolamento di alimentazione delle bovine da latte (DM20/07/2006) GRASSO CASEINA ELABORAZIONI DEI RISULTATI OTTENUTI PER I DIVERSI PARAMETRI ANALITICI PROPOSTA DI MODIFICA DEL PARAMETRO CBT NEL METODO DI PAGAMENTO SIMULAZIONE E VALUTAZIONE DEGLI EFFETTI SUL SISTEMA DI PESATURA ECONOMICA I PARTNER DI SIQUILACA

3 Presentazione La carica batterica è un parametro fondamentale per la valutazione della qualità del latte. Esigenze sanitarie e tecnologiche impongono una conoscenza e una gestione molto approfondita e attenta della problematica, tanto più in un prodotto come il Parmigiano-Reggiano in cui il ruolo della microflora nativa del latte gioca un ruolo così importante: è infatti ben noto che è possibile reperire anche nel formaggio stagionato cariche rilevabili di batteri lattici mesofili provenienti dal latte, batteri che costituiscono un fattore importante di legame con il territorio di produzione e che nel corso della maturazione contribuiscono a caratterizzare dal punto di vista organolettico e sensoriale il prodotto. Per questo motivo il Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano ha utilizzato la possibilità prevista dal Regolamento (CE) n. 853/2004 di richiedere adattamenti dello stesso regolamento idonei a consentire l utilizzazione ininterrotta dei metodi tradizionali, dato che è tradizionalmente accettato che un contenimento eccessivo della carica batterica totale comporti un impoverimento anche della flora filocasearia. Con provvedimento del la Conferenza Stato-Regioni ha accettato le richiesta del Consorzio relativamente alle modalità di applicazione del regolamento consentendo ai produttori di Parmigiano- Reggiano l impiego di latte non corrispondente ai criteri fissati per il tenore in germi ritenendo, da un lato, motivate dal punto di vista tecnologico le richieste e,dall altro, adeguate le garanzie di sicurezza fornite dal processo di produzione e dalla sua gestione tramite i piani di autocontrollo. Non vi è dubbio, però, che sia necessario accrescere le conoscenze sulla componente microbica del latte e sulla sua gestione, dato che ai vincoli normativi, che perlatro non si può escludere che possano in futuro divenire più restrittivi, si affiancano anche esigenze di tipo tecnologico: è necessario mantenere la flora filocasearia presente nel latte, ma si può e si deve comunque lavorare per contenere quella non filocasearia o anticasearia che, chiaramente, in nessun caso è funzionale a una produzione di qualità. In questo contesto e con questi obiettivi, mentre si è avviata, sempre con il contributo della Regione Emilia- Romagna, una approfondita ricerca sulle connessioni tra flora lattica mesofila e carica batterica totale del latte, è nato SiQuILaCa, Centro per l Innovazione Sicurezza e Qualità nell Industria Lattiero-Casearia, che fa parte della rete dell Alta Tecnologia dell Emilia-Romagna ed è stato finanziato nell ambito del Programma Regionale per la Ricerca Industriale, l Innovazione e il Trasferimento Tecnologico (PRRIITT). Obiettivo delle attività del Centro è quello di innovare gli strumenti e i servizi a supporto della sicurezza igienica e della qualità del Parmigiano-Reggiano. Gli scopi specifici che SiQuILaCa si propone sono: sensibilizzare le imprese, in particolare caseifici e loro fornitori, sulle potenzialità di nuovi strumenti analitici che permettono di rilevare in forma diretta la carica batterica del latte e sviluppare e/o adeguare le metodologie per il trasferimento e la valorizzazione tecnica ed economica di questi dati analitici. Il presente volume raccoglie alcuni prodotti dell attività svolta dal Centro dei primi due anni di lavoro. 3

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5 Centro per l Innovazione SiQuILaCa SiQuILaCa, Centro per l Innovazione Sicurezza e Qualità nell Industria Lattiero-Casearia, fa parte della rete dell Alta Tecnologia dell Emilia-Romagna ed è stato finanziato nell ambito del Programma Regionale per la Ricerca Industriale, l Innovazione e il Trasferimento Tecnologico (PRRIITT) - Misura 4 Azione B. La rete, supportata da ASTER, è formata da 57 nodi (27 Laboratori di ricerca industriale e trasferimento tecnologico, 24 Centri per l innovazione e 6 Parchi per l Innovazione) che, da Piacenza a Rimini, compongono il network voluto dalla Regione Emilia-Romagna per garantire al territorio un sistema per la ricerca industriale. Il PRRIITT - Programma Regionale per la Ricerca Industriale e il Trasferimento Tecnologico - definisce gli indirizzi strategici, i criteri e le priorità per l'attuazione delle azioni previste dalla L.R. 7/02 "Promozione del sistema regionale delle attività di ricerca industriale, innovazione e trasferimento tecnologico" dell Emilia- Romagna. Il Programma mira a rafforzare le dinamiche del sistema produttivo regionale verso l'attività di ricerca applicata, di sviluppo pre-competitivo e di innovazione; a favorire l'aumento del contenuto tecnologico delle produzioni e lo sviluppo dell'economia della conoscenza. Inoltre, punta a definire schemi di intervento molto focalizzati sulle specificità regionali, considerando le tipologie dei protagonisti, le eccellenze presenti nel sistema regionale, la loro messa in Rete e la valutazione del loro potenziale rispetto all'assetto tecnologico della regione. SiQuILaCa è gestito da un Associazione Temporanea di Imprese costituita da CRPA, Arte Casearia, Centro Lattiero-Caseario, Consorzio del formaggio Parmigiano-Reggiano e Salchim. Il Centro gode della collaborazione scientifica del Laboratorio di Tecnologia e Microbiologia di latte, carne e derivati Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell Università di Bologna. La struttura organizzativa si configura come un centro a rete di sedi: Consorzio Parmigiano-Reggiano e Dipartimento di Scienze degli Alimenti (Univ. di Bologna): elemento aggregante e di indirizzo; CRPA SpA (mandatario dell ATI): supporto organizzativo e tecnico-scientifico; Arte Casearia (MO), Centro Lattiero-Caseario (PR) e Salchim (RE): sedi operative distribuite sul territorio comprensoriale. SiQuILaCa ha la sua sede principale presso il Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano, mentre l insieme delle attività è coordinato da CRPA SpA - Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia Le attività del Centro per l Innovazione SiQuILaCa sono finalizzate al raggiungimento dei seguenti obiettivi: diffondere la determinazione della carica batterica totale, rilevata in modo diretto, sul latte conferito a tutti i caseifici del comprensorio di produzione; innovare lo schema di pagamento secondo qualità della materia prima inserendovi questa tipologia di analisi; acquisire conoscenze fondamentali sullo stato igienico della materia prima in entrata nelle imprese di trasformazione; consentire il trasferimento di conoscenze e metodologie di controllo dei rischi igienici nelle strutture casearie. Il Centro interessa in particolare il comparto del Parmigiano-Reggiano, pilastro del settore lattiero-caseario regionale e italiano. Le attività portate avanti da SiQuILaCa consentono di: far fronte alle crescenti esigenze, anche cogenti, di dimostrare l igienicità delle produzioni; mantenere la competitività del comparto; contribuire al permanere di insediamenti produttivi in aree in cui il caseificio rappresenta l ultimo presidio per la presenza umana (zone svantaggiate dell Appennino). Il comparto di produzione del formaggio Parmigiano-Reggiano è tuttora caratterizzato dalla presenza di un numero elevato di strutture di trasformazione e, per contro, da un ridotto numero medio di addetti per unità di produzione. 5

6 In genere, le singole strutture non sono in grado di essere autosufficienti sia dal punto di vista delle conoscenze tecnico-scientifiche sia sul versante delle dotazioni strumentali rispetto a una serie di problematiche, in primis quelle legate alla valutazione dell idoneità della materia prima in ingresso. La trasformazione del latte in Parmigiano-Reggiano è, pertanto, storicamente supportata da una serie di fornitori di servizi, tra i quali spiccano sul fronte tecnico i laboratori di analisi privati e lo stesso Consorzio del formaggio Parmigiano Reggiano. Il modello organizzativo e la dotazione strumentale esistenti a supporto del comparto sono adeguati a definire la qualità della materia prima, e relativi rapporti contrattuali, secondo uno schema sviluppato e messo a punto nei primi anni 90. Le profonde modificazioni delle realtà produttive così come delle tecnologie in grado di darne lettura, oltre che della stessa filosofia di approccio alla qualità e igienicità delle produzioni, hanno fatto emergere esigenze pressanti di adeguamento degli strumenti e dei servizi in essere. L Unione Europea ha stabilito principi e requisiti generali della legislazione alimentare e ha fissato procedure per la sicurezza alimentare, non solo intesa come condizione preliminare per la tutela della popolazione ma anche come componente del normale funzionamento del mercato, della tutela degli interessi delle parti coinvolte nella filiera e della fiducia dei consumatori. Sul fronte delle imprese di produzione e trasformazione sono, inoltre, stati emanati nuovi regolamenti relativi alla produzione e commercializzazione del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Questa evoluzione comporta la necessità di aggiornare i metodi di valutazione della qualità igienico-sanitaria della materia prima latte in ingresso al processo di trasformazione, attualmente effettuata con metodologie indirette e poco efficienti, sfruttando la recente disponibilità di nuovi strumenti analitici dotati di notevoli prestazioni in termini di numerosità di campioni processati e di affidabilità del dato analitico fornito. E noto infatti che le tecnologie utilizzate per la produzione di formaggi con latte crudo e a lunga stagionatura consentono di ottenere prodotti con ottime qualità dal punto di vista organolettico nonchè di sicurezza igienica purchè si rispettino quei parametri di qualità microbiologica imposti dai disciplinari di produzione. In linea generale i rischi microbiologici degli alimenti lattiero-caseari dipendono dalla contaminazione della materia prima, dalle tecnologie di trasformazione e dalla possibilità di sopravvivenza e sviluppo dei batteri nel corso del processo di maturazione. L uso del latte crudo nella produzione di formaggio rappresenta un argomento controverso e gli interrogativi sollevati in merito alla sicurezza igienica chiamano in causa soprattutto le produzioni casearie tradizionali, le cui caratteristiche qualitative sono legate a codici di lavorazione che escludono trattamenti termici del latte utilizzato. I formaggi a lunga stagionatura sono generalmente ottenuti da latte non refrigerato, crudo e con siero innesto naturale proprio per mantenere un legame anche microbiologico con il territorio d origine. La questione coinvolge anche il Parmigiano-Reggiano, benchè sia ampiamente riconosciuta la sua affidabilità sia per la mancanza di correlazioni epidemiologiche tra casi di tossinfezioni alimentari e consumo di questo formaggio sia per l evidenza degli effetti avversi della tecnologia sulla sopravvivenza dei batteri potenzialmente patogeni. I fattori che impediscono la sopravvivenza di batteri potenzialmente patogeni nel Parmigiano-Reggiano sono: la temperatura raggiunta nella fase di cottura (55 C e anche oltre), la permanenza della cagliata a questa temperatura per circa 60 minuti, il rapido sviluppo dei batteri lattici termofili apportati con il sieroinnesto che determinano un repentino abbassamento del ph nelle prime ore dopo la lavorazione e la completa idrolisi degli zuccheri. Inoltre la cagliata, dopo la caseificazione, viene sottoposta a salatura per giorni e sono necessari almeno 12 mesi di stagionatura per ottenere un prodotto pronto al consumo. Durante la stagionatura la presenza del sale, la diminuzione dell attività dell acqua, il contenuto di acido lattico e i valori di ph raggiunti escludono la possibilità di pericoli che potrebbero verificarsi nell ipotesi che i batteri patogeni possano superare stress sub-letali subiti durante la caseificazione. Pertanto l utilizzazione di latte crudo non costituisce un rischio per la sicurezza del consumatore. Già nelle prime 24 ore la tecnologia è in grado di abbattere anche eventuali elevate contaminazioni del latte conferito ai caseifici. In genere si tratta di una evenienza poco probabile ma, nondimeno e soprattutto per questo, occorre disporre di metodologie in grado di valutare in modo particolarmente efficace, in tempi estremamente contenuti e a basso costo la corretta applicazione delle buone prassi igieniche negli allevamenti e il rispetto di rigide regole per il trasporto e la raccolta del latte. Questo modo di procedere consente di poter intervenire tempestivamente nel caso in cui si presentino situazioni a rischio e di confermare ulteriormente che il Parmigiano-Reggiano fatto con latte crudo, condizione imprescindibile per mantenere le caratteristiche peculiari di questo prodotto, assicura per mezzo 6

7 del processo produttivo nel suo insieme (produzione igienica del latte e relativi controlli, unitamente alla tecnologia di trasformazione casearia) obiettivi di sicurezza alimentare assolutamente paragonabili a quelli ottenuti da latte sanificato termicamente. Le tappe del lavoro di SiQuILaCa I laboratori di analisi che partecipano a SiQuILaCa, unitamente al Consorzio del formaggio Parmigiano- Reggiano, si sono dotati ciascuno di una apparecchiatura per la conta diretta delle cellule batteriche basata sulla citometria di flusso. Ogni laboratorio, con il coordinamento del Consorzio, ha individuato una serie di caseifici rappresentativi delle diverse tipologie dimensionali, strutturali e di collocazione geografica. Questi caseifici, e relativi conferenti, sono stati oggetto di una fase pilota di sperimentazione della nuova metodologia di valutazione della qualità igienica della materia prima latte. Acquisita una sufficiente mole di dati analitici, la metodologia è stata validata mediante effettuazione di ringtest fra i tre laboratori e il Consorzio ed è stato effettuato il confronto dei risultati con quelli ottenuti grazie a metodi convenzionali. Queste informazioni sono state successivamente elaborate ed analizzate nel quadro complessivo dei parametri che concorrono alla definizione della qualità compositiva e attitudinale del latte destinato a Parmigiano-Reggiano e che consentono la determinazione del prezzo della materia prima. La nuova determinazione analitica (CBT diretta) può sostituire la valutazione della carica batterica totale effettuata attraverso valutazioni indirette (imprecise, poco oggettive e lunghe). Una volta verificata la fattibilità della sostituzione e dell adeguamento parametrico si è proceduto: alla predisposizione degli strumenti informativi e telematici di supporto; alla divulgazione dell efficacia della nuova metodica analitica presso la totalità delle imprese di trasformazione e della valenza tecnico-economica della sua utilizzazione nello schema di valutazione della qualità della materia prima. 7

8 Bactoscan: caratteristiche e prestazioni Lo strumento analitico individuato per raggiungere gli obiettivi esplicitati in premessa è BactoScan FC mod. 50H prodotto dalla ditta Foss. Bactoscan FC è uno strumento optofluorimetrico per il conteggio della carica batterica nel latte. Si tratta di una apparecchiatura che in un breve volgere di tempo è divenuta lo standard industriale in molte nazioni per l effettuazione di tale misurazione. Il suo funzionamento si basa sulla tecnologia della citometria di flusso: è cioè in grado di contare le cellule presenti in un fluido durante il loro passaggio in un capillare in cui sono forzate dopo essere state colorate. Il capillare è illuminato e ripreso da un obiettivo in grado di registrare il passaggio di ogni cellula. Recentemente i miglioramenti tecnologici nel campo dell elettronica, della chimica dei reagenti e dell informatica hanno enormemente migliorato le prestazioni degli apparati flussocitometrici, permettendo valutazioni anche delle dimensioni e della forma delle particelle rilevate. Sinteticamente il processo avviene attraverso i seguenti passaggi: 8

9 1. il latte, aggiunto al liquido di incubazione, viene trattato meccanicamente fino alla rottura di tutte le componenti corpuscolari: salvo i batteri, eventuali altri aggregati vengono in buona parte disaggregati; 2. durante l incubazione i batteri vengono colorati con un colorante specifico per il DNA; 3. nel punto di misurazione il campione viene illuminato da una sorgente laser: le cellule batteriche colorate riflettono tale fonte determinando un segnale luminoso per ogni corpuscolo; il passaggio del campione avviene in un capillare di precisione che garantisce che i batteri siano allineati in una monofila; 4. gli impulsi vengono conteggiati e gestiti da un apposito software. Rispetto alle metodiche tradizionali il sistema garantisce maggiore accuratezza, ripetibilità e riproducibilità, in particolare non dipendendo, se non marginalmente, a differenza della conta in piastra, dalla manualità e da valutazioni soggettive dell operatore. In sintesi l operatività, e il risultato analitico, di Bactoscan FC: dipende in minore misura dall operatore; richiede un minore impiego dell operatore; comporta minori costi di reagenti (circa 18%) e di campioni di controllo (50%) e conseguentemente determina: produce una minore quantità di rifiuti; presenta una più veloce accensione e spegnimento della macchina, elemento prevalente nel miglioramento del fattore di utilizzazione da 69 a 80%. Il modello utilizzato dai laboratori di SiQuILaCa ha una produttività di 50 campioni/ora; con la macchina in condizioni di operatività servono meno di 10 per ottenere il risultato dall arrivo del campione in laboratorio dal momento che non è necessario un pretrattamento per riscaldare il campione stesso. Nel corso della fase pilota del Centro sono state considerate anche le modalità di gestione e le esigenze operative in merito alla conservazione dei campioni, legate prevalentemente alla necessità di prevenire le proliferazioni batteriche che possono intervenire tra il prelievo e l analisi. A differenza di quanto avviene in caso di uso delle metodiche di semina in piastra, l effettuazione delle misure di carica batterica con Bactoscan FC non risente in alcun modo dell aggiunta al latte di conservanti come Bronopol o sodio azide. La prassi corrente nel Comprensorio del formaggio Parmigiano-Reggiano prevede che le analisi vengano effettuate entro un massimo di 2-4 ore dal prelievo e che, nel frattempo, il campione sia conservato al freddo. Tali condizioni sono sufficienti a bloccare la crescita batterica, per cui si è stabilito di limitare l uso del conservante alle specifiche situazioni in cui non sia possibile garantire tali parametri di tempo/temperatura. 9

10 Curva di conversione Come detto l apparecchiatura rileva impulsi luminosi. Per esprimere la carica batterica nella corrente unità di misura delle CFU (colony forming units o UFC = unità formanti colonia) è pertanto necessario individuare e applicare una curva di conversione. Purtroppo le curve utilizzate nel mondo sono numerose e neppure in Italia il panorama è omogeneo. Sono state sottoposte a verifica diverse curve di conversione, non rientrando ovviamente fra gli obiettivi del Centro quello della costruzione di una specifica curva di conversione. Tra le soluzioni possibili, la scelta più razionale è sembrata essere quella relativa all utilizzazione da parte di tutti i laboratori del Centro della curva messa a punto per il latte bovino dalla sezione di Brescia dell Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell Emilia-Romagna [Bolzoni, G. et al. Evaluation of the Bactoscan FC. Milk Science International (55), (2000)]. Questa curva è stata costruita analizzando 384 campioni di latte fresco mediante l utilizzazione di Bactoscan FC in confronto con la metodica ufficiale [conta in piastra secondo le norme FIL-IDF (Standard n. 100/B 91)]. L analisi statistica dei dati finalizzata a definire la relazione esistente tra valori degli impulsi BactoScan (IBC) e il relativo valore di UFC/ml ha evidenziato che: non è necessaria una relazione polinomiale ma è sufficiente una regressione lineare; la retta che può rappresentare la relazione tra IBC e UFC, dopo opportune modifiche, è y=1.0317x ; tale equazione è confrontabile con quella utilizzata in Germania [ref.: Surhen G., et al. Kieler Milchwirtschaftliche Forschungsberichte (50), (1998)]; i risultati confermano la possibilità di utilizzare un unica equazione di primo grado per convertire i dati da impulso a UFC. Nello stesso lavoro riportato precedentemente, Bactoscan FC è stato anche confrontato con il precedente modello Bactoscan 8000, rispetto al quale ha mostrato una ripetibilità maggiore, una migliore accuratezza nella determinazione della CBT, in particolar modo nella fascia di contaminazione bassa che rappresenta la maggioranza del latte prodotto, e un trascinamento complessivo inferiore a quello dichiarato dal costruttore. E stato infine studiato l effetto del conteggio in cellule somatiche che non è apparso richiedere l inserimento di un fattore di correzione. 10

11 Carica batterica totale: resazzurina vs Bactoscan Il metodo convenzionale utilizzato nel Comprensorio del Parmigiano-Reggiano per definire il livello di carica batterica totale presente nel latte è quello della stima della carica batterica tramite resazurina. Il valore ottenuto entra come parametro nel modello per il pagamento del latte a qualità. Il test si basa sulla capacità di taluni enzimi batterici di trasferire idrogeno da un substrato a degli accettori biologici: il colorante (resazurina) funge da accettore e subisce una riduzione in funzione dell attività enzimatica o della concentrazione di enzimi, a loro volta utilizzate come indice della presenza di batteri. L eventuale riduzione trasforma la resazurina in resorufina (rosa) che può essere ulteriormente ridotta a idroresorufina (incolore) tramite reazioni di cui non è ancora ben chiarita la natura enzimatica intracellulare o biochimica extracellulare: l entità della carica batterica viene stimata in funzione dell entità della variazione di colore del mezzo. Sono state proposte scale a 3, 4, 5 o 6 valori di variazione di colore. Quella utilizzata è di norma la seguente: Colore blu viola rosa bianco Carica batterica normale normale/elevata elevata elevatissima L attività delle reduttasi, e perciò il cambiamento di colore della resazurina, dipendono dal tipo di batteri presenti, dalle caratteristiche biochimiche o dalle condizioni fisiologiche delle cellule batteriche: tutto ciò fa sì che il test, per altro in pratica solo di tipo qualitativo, non venga più da molti ritenuto sufficientemente accurato per le attuali esigenze. Per meglio definire i rapporti tra le due metodiche sono stati letti in doppio (resazurina e Bactoscan FC) 442 campioni di latte di massa. I valori rilevati con Bactoscan FC sono stati raggruppati in base alla classificazione ottenuta dagli stessi campioni con resazurina evidenziando i seguenti dati di statistica descrittiva. Numero di campioni per classe di resazurina: Classe resazurina n. campioni % N ,54 N/E 57 12,90 E 75 16,96 EE 38 8,60 Media e deviazione standard dei valori, valori minimi e massimi di carica batterica totale (x 1.000) determinati con Bactoscan FC per classi di resazurina Classe resazurina N N/E E EE Media di BACTOSCAN 364, , , ,32 D.S di BACTOSCAN 370,51 721, , ,83 Min di BACTOSCAN 3,00 55,00 325, ,00 Max di BACTOSCAN 1577, , , ,00 11

12 M e d ie B A C T O S C A N Ba cto sc an N N / E R E S A Z U R IN A E E E Appare evidente come vi sia una netta differenza tra le medie delle diverse classi di resazurina; tali differenze sono statisticamente significative, come dimostrato tramite test di analisi della varianza. ANOVA. Variabile dipendente: BACTOSCAN Sorgente Somma dei quadrati Tipo III df Media dei quadrati F Sig. Modello corretto ,776(a) , ,689,000 Intercetta , , ,279,000 RESAZURINA , , ,689,000 Errore , ,131 Totale , Totale corretto , Sono statisticamente significative le differenze reciproche tra ognuno dei gruppi: Student-Newman- Keuls a,b,c HSD di Tukey a,b,c RESAZURINA N N/E E EE Sig. N N/E E EE Sig. BACTOSCAN Sono visualizzate le medie per i gruppi di sottoinsiemi omogenei. Basato sulla somma dei quadrati Tipo III Il termine di errore è Media dei quadrati(errore) = ,131. a. Utilizza dimensione campionaria media armonica = 65,714 Sottoinsieme N , , , ,32 1,000 1,000 1,000 1, , , , ,32 1,000 1,000 1,000 1,000 b. Le dimensioni dei gruppi non sono uguali. Verrà utilizzata la media armonica delle dimensioni. Non sono garantiti i livelli di errore di Tipo I. c. Alfa =,05 Dai risultati sopra descritti emerge che indubbiamente la prova della resazurina può discriminare diverse entità di carica batterica: ciò però avviene solo per differenze molto rilevanti. Queste differenze elevate, di 12

13 fatto, non sono più attuali in quanto le condizioni igieniche degli allevamenti sono molto migliorate negli ultimi decenni e, inoltre, indipendentemente da questo, negli attuali contesti è necessario discriminare cariche basse da cariche batteriche bassissime (in particolare < o > UFC/ml). Il test della resazurina non rende possibile tali discriminazioni, dato che, nel nostro caso, la media del gruppo più basso ( N ) è di ben UFC/ml. Il raggruppamento inferiore delle classi di resazurina comprende valori di CBT che si posizionano sia al di sotto, sia ben al di sopra della soglia che attualmente interessa ( UFC/ml). Analizzando i dati risulta inoltre evidente una notevole dispersione dei valori (D.S.= , con min=3.000 UFC/ml e max= UFC/ml) che rende impossibile il raggiungimento di sensibilità e specificità soddisfacenti, quale che siano gli estremi della classe prescelti. La rappresentazione grafica delle distribuzioni dei valori di UFC Bactoscan FC in funzione delle diverse classi di resazurina evidenzia, anche visivamente, l elevato grado di compattamento dei valori nella classe inferiore di resazurina (nella figura sottostante il box colorato rappresenta il 50% dei dati) peraltro la classe che presenta la frequenza maggiore e la vistosa sovrapposizione tra le code delle stesse. R E S A Z U R IN A N N /E E E E F req ue nz a B A C T O S C A N Si può pertanto concludere che i dati rilevati confermano che la resazurina non è un test adeguato alla stima della carica batterica del latte in un contesto in cui sono richiesti livelli di definizione molto fini (valori di riferimento molto bassi pari a UFC/ml) e le necessità di accuratezza sono molto rilevanti essendo il parametro possibile oggetto di prescrizioni di legge. 13

14 Sistema di pagamento del latte a qualità: storia e schema attuale La produzione di latte di qualità per Parmigiano-Reggiano richiede un forte impegno tecnico-economico da parte dei produttori, un costante aggiornamento sulle risultanze della sperimentazione e della ricerca, un disegno organico di intervento nel settore dell assistenza tecnica e dei servizi alle imprese. Una giusta remunerazione degli sforzi profusi in direzione della qualità rappresenta una condizione necessaria al raggiungimenti di tale obiettivo. La storia degli sforzi degli operatori del comparto del Parmigiano-Reggiano in questo senso è molto lunga e ha seguito l evolversi delle problematiche del comparto stesso e delle tecnologie a disposizione. Fin dal 1954 il Consorzio ha promosso il pagamento del latte a titolo incentrato sul tenore in grasso e caseina, quindi sulla resa di trasformazione, integrato nel 1970 con altri parametri qualitativi (acidità, cellule somatiche, attitudine alla coagulazione, cariche microbiche). Un ulteriore impulso è stato dato a partire dal 1983 dalle politiche congiunte di Assessorato regionale agricoltura e Consorzio che è sfociato nel 1992 in una nuova proposta di valutazione economica della qualità del latte affiancata da strumenti innovativi di supporto quali l acquisizione dei dati analitici periodici finalizzati alla assistenza tecnica degli allevamenti e dei caseifici e l elaborazione e diffusione dei dati con supporti informatici per l integrazione e il coordinamento degli interventi nei vari momenti esecutivi (azienda, caseificio, ecc.). La tabella per la valutazione tecnico-economica del latte messa a punto nel 1992 attualmente ancora in uso è la seguente: Tabella per la valutazione tecnico-economica del latte ANALISI Acidità SH /50ml Conteggio cellulare n. x.000 Esame LDG Carica coliformi Carica batterica totale Ricerca clostridi Grasso % peso Caseina % peso VALORI >=3,00 <=3,90 <3,00 - >3,90 <300 >=300 <=500 >500 <=750 >750 <=1.000 >1.000 A B C D E F DD FF < >= <= > Normale (N) Elevata (E) Elevatissima (EE) Negativa Positiva Ogni 0,1 in più di 3,20 3,20 Ogni 0,1 in meno di 3,20 Ogni 0,1 in più di 2,10 2,10 Ogni 0,1 in meno di 2,10 sera ,3 0-0,3 2,5 0-2,5 PUNTI mattina ,3 0-0,3 2,5 0-2,5 Per l applicazione dello schema soprastante le analisi vengono effettuate ogni 15 giorni, una volta sul latte della sera e una volta su quello della mattina. Alcune analisi vengono effettuate ad ogni prelievo, altre solo alla sera o solo alla mattina. Ogni quindici giorni viene fornito un prospetto con i risultati a cui ne segue uno riassuntivo con le medie mensili per ogni singolo conferente. La tabella riporta i punteggi attribuiti ai diversi parametri analitici di valutazione. Nel 1992 furono adottati punteggi negativi per rendere più evidenti i dati analitici particolarmente anomali, mentre a valori buoni o 14

15 sufficienti vennero assegnati valori positivi. Occorre mettere in evidenza che il punteggio pari a 0 non è attribuito a valori considerati medi e tanto meno deve essere considerato come un valore soglia o franchigia. Il latte di qualità media corrisponde al punteggio medio di caseificio e a questo vengono riferite in sede di riparto del prezzo del latte le differenze in più o in meno dei singoli conferenti. Questo schema presenta incidenza dei diversi parametri sulla valutazione del latte piuttosto equilibrata e che tiene conto della loro importanza ai fini della trasformazione casearia. Alla % di caseina viene assegnato circa il 48-50% del peso, al grasso il 5, all acidità il 5, alle cellule somatiche 10-15%, alla LDG il 10-12% alla presenza di spore di clostridi il 5-7, mentre alla componente microbiologica il 5-7%. Per il calcolo del prezzo del latte con questi schemi sono necessari: il punteggio globale mensile e le relative quantità di latte conferito dai singoli soci il prezzo di riparto del caseificio le medie ponderali annue dei singoli soci e del caseificio. L applicazione di questo sistema di calcolo presenta una certa elasticità perché ogni caseificio sulla scorta degli obiettivi qualitativi che intende raggiungere, può scegliere il peso economico che intende dare al latte a qualità a tale fine può stabilire il valore massimo della differenza di prezzo (forbice prezzo) fra il socio con il punteggio più basso e quello con il punteggio più alto. Per la forbice può essere stabilità un valore assoluto o una cifra corrispondente a una quota percentuale del prezzo di riparto. Nella tabella sottostante viene riportato un esempio di applicazione. Socio n. Quantità latte in q.li Punteggio medio annuo caseificio Prezzo di bilancio = 40 /q Forbice di prezzo = 3 (differenza fra prezzo minimo e massimo) Differenza fra punteggio più alto e più basso = ( ) = Valore di 1 punto in più o in meno rispetto alla media = 3/12.83 = 0.23 Socio n. Calcolo della differenza rispetto al punteggio medio di caseificio Calcolo della differenza rispetto al prezzo di bilancio Calcolo del prezzo di riparto 1 ( ) = x 0.23 = = ( ) = x 0.23 = = ( ) = x 0.23 = =

16 Significato qualitativo e tecnologico dei parametri di valutazione del latte Acidità SH L acidità e il ph dipendono dalle proprietà acide e basiche dei costituenti del latte stesso. Il latte normale presenta, anche allo stato fresco, una reazione leggermente acida, la quale è dovuta in parte all incompleta neutralizzazione dei gruppi acidi della caseina e per il resto alla particolare composizione del suo sistema salino (presenza di fosfati e citrati acidi). L acidità titolabile o acidità SH è una caratteristica chimica che si determina nel laboratorio di analisi con una titolazione. A un volume noto di latte, in genere 50 ml, si aggiungono alcune gocce di indicatore e successivamente un quantitativo di soluzione alcalina fino alla comparsa di una colorazione rosa, che in termini tecnici rappresenta il punto di viraggio dell indicatore utilizzato. L acidità si esprime in gradi SH (Soxhlet-Henkel); un grado SH equivale a 1 ml di soda N/4 necessario per titolare 50 ml di latte. L acidità del latte ha una componente naturale che dipende da alcuni costituenti del latte stesso quali la caseina, le sostanze minerali e gli acidi organici, e una acidità sviluppata che dipende principalmente dalla quantità di acido lattico proveniente dalla degradazione microbica del lattosio. Il latte fresco in cui il lattosio non è ancora stato trasformato in acido lattico è caratterizzato dalla sola acidità naturale, mentre un latte conservato a temperatura ambiente, acidificando spontaneamente e in modo progressivo, presenta una acidità naturale a cui si somma l acidità sviluppata dovuta alla trasformazione del lattosio in acido lattico ad opera dei diversi microrganismi contenuti. L acidità reale o ph si misura con un apparecchio apposito, il phmetro, e il valore indica lo stato di equilibrio dei vari componenti del latte. Il ph di un latte fresco è compreso fra 6.65 e L acidità, oltre che dai costituenti nativi del latte, dipende da fattori ambientali e individuali dell animale: fattori ambientali (stagione, condizioni climatiche): periodi prolungati di caldo intenso determinano un forte calo dell acidità, questa variazione non deve essere confusa con le conseguenze del caldo sul latte già munto, quando l acidità può aumentare considerevolmente a causa di processi fermentativi innescati da inadeguate condizioni igieniche delle attrezzature legate a un elevato inquinamento microbico; l acidità appare elevata in condizioni di stress dell animale; stadio di lattazione: l acidità si presenta molto elevata al parto per ridursi rapidamente entro i primi giorni di lattazione; tende nuovamente ad aumentare verso la fine della stessa; tipo di mungitura: la mungitura meccanica determina una diminuzione del contenuto in anidride carbonica disciolta nella fase acquosa del latte, determinando un abbassamento della acidità; stato sanitario della mammella: la latte presenta una acidità più bassa quando lo stato funzionale della mammella non è ottimale; alimentazione delle bovine: si manifesta acidità elevata in presenza di razioni troppo ricche in carboidrati fermentescibili o a squilibri alimentari in genere; l ipoacidità può essere dovuta a carenza energetica, eccesso di sostanze proteiche, carenze saline; inquinamento microbico del latte: un elevato inquinamento microbico del latte causa la fermentazione degli zuccheri del latte aumentandone l acidità. Valori normali di acidità sono compresi fra 3,20 e 3,80 SH/50 ml. Valori anomali di acidità possono avere conseguenze sulla caseificazione a Parmigiano-Reggiano. I latti ipoacidi, acidità inferiore a 3,20 SH/50 ml, sono più lenti in fase di coagulazione e di norma producono cagliate con poca consistenza e minore capacità di spurgo. I latti iperacidi, con acidità maggiore di 3,80 SH/50 ml sono molto rapidi in fase di coagulazione, ma la caseina tende a essere poco stabile Lattodinamografia - LDG L attitudine alla coagulazione è una caratteristica tecnologica del latte particolarmente importante nella produzione di formaggio a pasta cotta, dura e con lungo periodo di stagionatura, quale il Parmigiano- Reggiano. 16

17 Il processo di caseificazione consiste nella formazione e disidratazione di una cagliata lattico-presamica, e requisiti fondamentali del latte sono: una buona attitudine alla coagulazione; condizioni favorevoli di reattività del latte con il caglio, velocità di rassodamento e forza del coagulo, capacità e velocità di sineresi della cagliata. Sono tutti elementi che si riflettono sull andamento del processo di caseificazione e sulla buona riuscita del formaggio. La coagulazione del latte è un processo alquanto complesso: consiste in una fase primaria di natura enzimatica in cui il caglio agisce sulla K-caseina e una fase secondaria di natura chimico-fisica in cui avviene la coagulazione propriamente detta a cui segue la sineresi del coagulo. La micella caseinica, composta dalla aggregazione di subunità costituite dalle caseine as 1, as 2, β e k con il concorso determinante del fosfato di calcio colloidale, subisce una profonda alterazione a seguito della azione dei costituenti del caglio sulla k-caseina, distribuita in gran parte nello strato superficiale della micella. Con il distacco, ad opera del caglio, della porzione terminale fortemente idrofila della k-caseina, il sistema micellare diventa instabile e la diminuzione dello strato periferico dell acqua di idratazione determinano la formazione di aggregati micellari e la formazione del gel. L azione enzimatica specifica del caglio sulla frazione k della caseina non determina nessun cambiamento dello stato fisico del latte tuttavia si ha una sorta di destabilizzazione delle micelle caseiniche. La formazione degli aggregati micellari provoca il passaggio della caseina da sol (micelle in sospensione colloidale) a gel (cagliata semi-solida) che occupa tutto il volume iniziale del latte. Queste due fasi avvengono contemporaneamente. Il processo di coagulazione porta alla formazione di un reticolo proteico tridimensionale dapprima a maglie larghe contenente i globuli di grasso, i microrganismi e la fase acquosa del latte, che a seguito dell instaurarsi di un crescente numero di interazioni fra le micelle si contrae con conseguente espulsione della fase acquosa (sineresi o spurgo del gel). La sineresi può essere spontanea o indotta: il processo spontaneo è lentissimo mentre alcuni fattori possono favorire lo spurgo della cagliata e vengono utilizzati nella produzione del formaggio. Essi sono acidificazione, riscaldamento e rottura del coagulo: acidificazione: l aggiunta dell innesto fa abbassare il ph con conseguente tendenza alla demineralizzazione della caseina, contrazione della struttura e spurgo uniforme del siero; riscaldamento: aumentano le interazioni idrofobiche che fanno avvicinare le micelle, i grumi caseosi diventano sempre più consistenti; rottura del coagulo: aumenta la superficie di espulsione del siero, tanto più duro deve essere il formaggio, tanto più piccoli dovranno essere i pezzi di cagliata. La coagulazione dipende dalle caratteristiche compositive del latte, un ruolo importante è dato dalla acidità reale o ph, dal contenuto in caseina e dall equilibrio tra le proteine e i sali minerali. L esame lattodinamografico (LDG) descrive le caratteristiche di coagulazione del latte mediante l impiego di una apparecchiatura chiamata lattodinamografo, che fornisce un tracciato dal quale si ricavano: il tempo di coagulazione - r, la velocità di presa del coagulo (rassodamento) - k 20, la consistenza del coagulo a 30 minuti dalla coagulazione - a 30. I valori che queste caratteristiche possono assumere vengono riassunte in un sistema di valutazione del latte a classi individuate da lettere dell alfabeto A B C D - E F. L esecuzione della prova consiste nell aggiungere una determinata quantità di caglio a una quantità nota di latte previamente posto alla temperatura di 35 C e di seguire mediante registrazione la fase di coagulazione che avviene all interno dello strumento per un periodo di 30 minuti. Al termine della prova si ottiene un tracciato la cui interpretazione fornisce i parametri indicativi delle caratteristiche di coagulazione del latte analizzato. La diversa combinazione di questi parametri va a definire l appartenenza del latte a una delle classi citate in precedenza. 17

18 Dove: t = tempo totale della prova = 30 minuti primi (corrispondenti a 60 mm di lunghezza, essendo 2 mm = 1 minuto primo). r k 20 a 30 = tempo di coagulazione in minuti primi (dall inizio della prova fino a che il tracciato raggiunge un apertura di 1 mm). = velocità di formazione del coagulo in minuti primi: si calcola misurando la distanza fra l inizio della formazione del coagulo e l apertura a 20 mm delle branche del tracciato. = consistenza del coagulo a 30 minuti primi (corrisponde alla distanza in mm fra due estremità del tracciato). r I k 20 (min) (min) (mm) CLASSE r I < DD 6 r I < < 9 - D 6 r I < C r I < < 9 - AD r I < AC r I < A r I < AE r I < E r I < < B r I < EF r I F r I > FF r I < D r I B r I 18 - < 20 E a 30 Le diverse tipologie di LDG corrispondono a diverse caratteristiche del latte. 18

19 Per la trasformazione a Parmigiano-Reggiano i tipi A, B e C sono considerati buoni, i tipi D ed E sono considerati mediocri, l F scadente e l FF pessimo. Latti di tipo E ed F presentano minore reattività al siero, al caglio e al fuoco, sono più difficili nella conduzione del processo di coagulazione e spurgano male; la resa è in genere peggiore e la pasta del formaggio tende a trattenere maggiore umidità e avrà minore consisitenza. Latti rapidi come il tipo D reagiscono immediatamente alla aggiunta di siero e al caglio rendendosi difficili nella corretta conduzione della fase di caseificazione. Tipo LDG A B C D E F FF AE Caratteristiche del latte Latte con buone caratteristiche di coagulazione Latte con tempo di coagulazione lungo ma con buona velocità di presa del coagulo e consistenza finale relativamente elevata. Latte con tempo di coagulazione breve ma con bassa velocità di presa del coagulo e consistenza finale relativamente scarsa. Latte con breve tempo di coagulazione alta velocità di presa e consistenza finale eccessiva Latte con tempo di coagulazione lungo,bassa velocità di presa e scarsa consistenza finale Latte con tempo di coagulazione lunghissimo, velocità di presa molto bassa e scarsissima consistenza finale del coagulo Latte che non coagula nei tempi tecnici della prova lattodinamografica Latte con buone caratteristiche di coagulazione ma con lunghi tempi di coagulazione (intermedio fra il tipo A e il tipo E) Carica batterica totale - CBT Importanza della carica batterica La carica batterica totale presente nel latte destinato alla produzione di formaggio Parmigiano-Reggiano rappresenta uno degli aspetti più importanti per definire la sua qualità casearia e, in particolar modo, la sua attitudine tecnologica. Il contenuto e la qualità microbica del latte, infatti, rispecchiano lo stato sanitario della mandria, l igiene e la corretta operatività della mungitura, nonchè le condizioni di raccolta e di conservazione del latte soprattutto durante il riposo notturno nelle vasche di affioramento. I batteri presenti nel latte sono tanti e appartenenti a specie assai diverse le une dalle altre, quasi tutti, però, riconducibili a due categorie di appartenenza: i batteri filocaseari utili alla caseificazione e quelli, invece, anticaseari dannosi per la caseificazione stessa, in quanto in grado di provocare, all interno della forma prodotta, fermentazioni anomale con gravi danni strutturali della pasta. Possono, inoltre, essere presenti in funzione dello stato sanitario delle bovine, e comunque sempre in piccola percentuale, anche germi patogeni che non rappresentano, però, sotto l aspetto caseario, un ruolo importante dal momento che la tecnologia a Parmigiano-Reggiano ne riduce drasticamente, addirittura entro poche ore dalla fabbricazione del formaggio, la loro attività, eliminando, di fatto, qualsiasi rischio igienicosanitario per il consumatore. La carica microbica totale presente nel latte varia moltissimo e può essere soggetta anche a forti incrementi legati, soprattutto, alla presenza di germi anticaseari. La carica batterica filocasearia è rappresentata da batteri lattici mesofili che, da alcune recenti rilevazioni analitiche effettuate su campioni di latte di stalla, di latte di vascone, di latte magro e di latte di caldaia, sono rilevabili nel latte con cariche di norma attorno ai per ml che in genere restano abbastanza stabili durante le prime fasi della lavorazione. La flora lattica mesofila nativa nel latte è fondamentale per le caratteristiche del formaggio Parmigiano- Reggiano. Essa, infatti, rappresenta, un vero e inscindibile legame con il territorio, capace di conferire al formaggio prodotto, attraverso l utilizzo del foraggio comprensoriale, i requisiti per la DOP e, cosa molto importante, è in grado di indirizzare e condizionare i processi chimico-fisici, biologici ed enzimatici che intervengono durante la maturazione del formaggio conferendo al formaggio stesso, soprattutto attraverso le peculiari caratteristiche organolettiche, la sua tipicità. 19

20 Il contenuto della carica batterica anticasearia presente nel latte mostra invece valori molto variabili, condizionati da diversi fattori ambientali, strutturali, igienici, gestionali o operativi, nonchè dalle condizioni di raccolta e di conservazione del latte alla stalla e in caseificio. La raccolta in cisterna del latte alla stalla, prassi ormai consolidata in quasi tutti i caseifici, raffrescato alla temperatura compresa tra i 18 e i 21 C (per il rispetto del disciplinare di produzione del Parmigiano- Reggiano non si può scendere al di sotto dei 18 C), ha consentito di contenere lo sviluppo delle cariche batteriche migliorando di molto la qualità microbiologica del latte prodotto. Infatti, se la mungitura avviene correttamente nel rispetto sia della buone prassi igieniche e operative che della temperatura di stoccaggio, la carica batterica totale contenuta nel latte prodotto si mantiene al di sotto dei germi per ml. Visto che i due tipi di flora devono mantenersi in equilibrio, è importante che la carica batterica non cresca in modo incontrollato in quanto la flora lattica mesofila è di solito presente nel latte da trasformare a cariche inferiori. E anche importante impedire forti proliferazioni della CBT in caseificio dal momento che, in questa fase la flora lattica tende invece a rimanere stabile. Un altro aspetto rilevante, che può condizionare fortemente lo sviluppo della carica batterica totale e quindi la riuscita del formaggio, riguarda il modo di conservare il latte della sera durate il riposo notturno nelle vasche di affioramento. Tale passaggio, soprattutto in un lungo periodo dell anno almeno da aprile a ottobre è estremamente delicato e va gestito in modo corretto. E importante impedire al latte munto correttamente e altrettanto correttamente stoccato in cisterna di incrementare, durante il tempo di affioramento nelle vasche, la propria temperatura. Per fare ciò occorre utilizzare alcuni sistemi efficaci di raffreddamento quali il ricircolo dell acqua gelida all interno delle vasche di affioramento o il condizionamento ambientale della sala latte. Se questo passaggio è corretto, la temperatura del latte stesso nelle vasche riesce, entro breve tempo, a scendere anche di alcuni gradi centigradi favorendo il processo di affioramento dei globuli di grasso e, soprattutto, impedendo, quasi certamente, qualsiasi proliferazione microbica anticasearia. Conseguentemente, il relativo latte magro è in grado di presentare un contenuto in carica batterica totale ampiamente al di sotto dei germi per ml. Tale condizione è fondamentale per indirizzare tutto il latte di caldaia verso una adeguata tecnologia di trasformazione, favorendo un regolare spurgo della cagliata, una intensa e completa acidificazione della pasta e, infine, una corretta e uniforme maturazione del formaggio sia sotto il profilo strutturale che organolettico. Al fine di garantire tutto questo è, pertanto, importante che la carica batterica totale presente sia nel latte di stalla che nel latte magro e di caldaia, si mantenga su valori relativamente bassi. Aspetto, questo, estremamente importante soprattutto per il latte raccolto in cisterna dove il rispetto e il mantenimento della temperatura di stoccaggio diventa condizione prioritaria per la riuscita del formaggio. Una eccessiva proliferazione batterica è, infatti, in grado di compromettere la riuscita del formaggio condizionando negativamente le principali fasi tecnologiche e favorendo, conseguentemente, lo sviluppo di fermentazioni anomale all interno della pasta, riconducibili, prevalentemente, a fermentazioni precoci di tipo propionico ed eterolattico e a fermentazioni più tardive di tipo butirrico. Elevate cariche batteriche possono, inoltre, essere concausa dell insorgenza di alcuni difetti legati anche alla mancanza di elasticità e di coesione della pasta tali da provocare la formazione di spacchi e fessurazioni più o meno accentuate nella forma durante la sua stagionatura. L impatto della carica batterica del latte sulla trasformazione in Parmigiano- Reggiano La fase dell affioramento è una delle più delicate nel processo produttivo del Parmigiano-Reggiano: in questa fase il latte riposa varie ore durante le quali, se da un lato viene pulito dall affioramento, dall altro, per l impossibilità di agitare la massa proprio per permettere l affioramento, difficilmente si raffredda in modo omogeneo restando di norma nella parte centrale della vasca, più distante dalle pareti, più caldo. Per tali motivi se il latte non è molto pulito all origine, può succedere che la carica batterica del latte magro si innalzi rispetto a quella del latte della sera anziché calare, come dimostrato anche da molti dati rilevati dal CFPR in caseificio che dimostrano che non è solo il latte intero della mattina il responsabile delle cariche batterica del latte in caldaia. Se il latte della sera non ha all arrivo in caseificio valori di carica batterica molto bassi, non è raro che tali valori crescano anziché calare a causa di inquinamento per contatto con superfici lavate senza la dovuta accuratezza (cisterne trasporto latte, gomme di carico-scarico, vasconi di affioramento, canale di servizio, 20

21 tanks per latte di riporto ma soprattutto per camere latte insufficienti per portata e condizionamento (troppo latte steso per vasca e/o non raffreddato a sufficienza in rapporto all altezza del battente). Il tutto può essere accentuato in presenza di affioramenti bassi o medio-bassi o di lavorazioni tendenti al grasso. Sono ormai solo rare situazioni quelle in cui si assiste, corrispondentemente a valori di CBT elevata del latte a fine affioramento, ad un incremento dell acidità SH e ad un abbassamento del valore del ph, ovvero ad una maturazione lattica-acidificante e comunque più specifico-casearia; molto più spesso si rileva che a latti magri, caratterizzati da elevate CBT, corrispondono caratteristiche acidimetriche (sia acidità titolabile che reale) normoacide se non con tendenza addirittura a ipoacidità, a dimostrazione di come lo sviluppo batterico durante la notte in vasca non sia in questi casi prevalentemente di interesse caseario, ovvero lattico-acidificante, quanto piuttosto ad indirizzo aspecifico se non anticaseario (maturanza-proteolisi). In situazioni di questi tipo è importante applicare misure tecnologiche preventive prima della lavorazione o di rimedio in fase di lavorazione. Senza bisogno di ribadire che la prima profilassi consiste nel miglioramento della carica batterica del latte alla stalla, in caseificio la prevenzione è rappresentata dalla buona prassi legata dell esame visivo ed olfattivo della panna in vasca: la panna di latte fermentato si presenta grinzosa, con odore di fermentato, di verdura lessa, di cotto e comunque con odore sgradevole tendente alla soda o all acido a seconda del tipo di fermentazione prevalente. Altra misura importante è rappresentata dall anticipo netto del tempo di coagulazione fin dalle prime caldaie, anche di 4-5 in meno rispetto al normale tempo di coagulazione. Infine, quando si verificano queste situazioni si registra di norma l emanazione di odore di verdura cotta dalla caldaia fin dalle prime fasi di asciugatura. In lavorazione può servire: - una riduzione del dosaggio del siero innesto in caldaia; - l eventuale riduzione, moderata, del caglio; - un ridotto rassodamento della cagliata ed un anticipo della rottura con lo spino; - una spinatura breve e veloce; - l apertura del fuoco in spinatura con apertura a tutto vapore a fine spinatura con l attenzione a non superare la temperatura di cottura classica per effetto della grossa spinta-inerzia di vapore erogato; - l eventuale ulteriore rottura della cagliata ancora con spino + agitatore; - la riduzione del tempo di giacenza. Come si vede in tali situazioni i secondi, a questi livelli di instabilità del latte, possono salvare o danneggiare in modo importante la forma. Chiaramente non si è opportuno utilizzare il siero cotto di latte maturo per fare l innesto. A seguito di lavorazioni di latte maturo, all estrazione post-giacenza il rischio più frequente è quello di una forma con bocca molto compromessa nell impasto, ovvero caratterizzata da diverse morfologie di slegatura che vanno dalla bocca finita con polvere, alla bocca schioppettata, alla bocca con fontanelle o fontane nonché slabbrature. Sullo spersore il danno rende manifesto il mancato impasto con la forma della pelle che si attacca alla pezza e che viene strappata via ai primi cambi (soprattutto alle prime due voltature); la pasta al tatto si sbirciola, si sgrana facilmente e sono evidenti già dalle prime ore delle screpolature della pasta arida che fa fatica a stare legata. Il siero che spurga dalla forma è bianco-lattiginoso, e non chiaro-limpido come dovrebbe essere, a causa della demineralizzazione della pasta a seguito del ristagno di umidità e dell eccesso di acidificazione all interno (dove la pasta disidratatasi in lavorazione tende a trattenere il siero (effetto spugna ) entro la forma). In stagionatura i difetti più eclatanti, conseguenti a mancato o scarso impasto ed ad eccesso di acidificazione e demineralizzazione, manifestano in paste slegate (sfoglie, strappi, bocche di pesce) spesso associate a colorazioni più o meno intense, uniformemente estese o sbandierate e localizzate internamente o anche sull esterno della forma. 21

22 Ai difetti strutturali possono sovrapporsi anche problemi di tipo microbiologico favoriti dal trattenimento di eccesso di umidità nella pasta ovvero dal ristagno nella forma di un eccesso di siero con rischio di presenza di zuccheri non completamente metabolizzati pur ad acidificazione avvenuta. Segue spesso l insorgenza di difetti organolettici per alterazione dei normali processi enzimatici (proteolisi in particolare) o per acidificazioni spinte (ristagni di siero): un formaggio prodotto con latte maturo risulta di norma al palato più piccante e più acido ed è pronto al consumo, rispetto ad un formaggio di pari età prodotto con latte non inquinato, in tempi ben più brevi ovvero non ha le caratteristiche idonee per una stagionatura classica di mesi ma tende ad essere un formaggio da destinarsi al consumo poco oltre i 12 mesi. Gestione e lavaggio impianti di mungitura e di stoccaggio del latte alla stalla (a cura di A. Pazzona Università di Sassari e M. Capasso Associazione Italiana Allevatori di Roma) In qualsiasi processo produttivo le caratteristiche del prodotto finale sono influenzate da numerosi fattori, fra questi il più rilevante risulta la qualità della materia prima. Nel settore lattiero-caseario, in particolare, la qualità della materia prima appare di fondamentale importanza per l ottenimento di prodotti di pregio, sia che siano destinati al consumo diretto, sia alla trasformazione in formaggi. Gli allevatori che intendono accrescere qualitativamente la propria produzione debbono, in primo luogo, curare le condizioni di igiene e pulizia nel corso dell estrazione del latte. A questo riguardo si può affermare che la mungitrice ed il serbatoio refrigerante in precarie condizioni igieniche divengono le fonti primarie e più dannose d inquinamento del latte. Difatti, la scarsa pulizia degli impianti favorisce l insediamento e la proliferazione di una flora microbica composta prevalentemente da germi termoresistenti. Il contenuto microbico rappresenta, pertanto, un componente essenziale della qualità e dell intima struttura del latte che, una volta alterata, ne riducono in misura considerevole sia il valore dietetico che il pregio caseario. Pertanto, per garantire la salubrità del prodotto appare sempre più importante la formulazione di un piano d igiene per l analisi del rischio dell intera filiera alimentare. Di seguito sono sinteticamente esposte le principali norme da seguire per effettuare correttamente la gestione igienico-sanitaria dell impianto di mungitura e del refrigeratore del latte alla stalla. 22

23 Igiene e qualità del latte I batteri e la loro azione I microrganismi o germi sono esseri unicellulari dell ordine un milionesimo di millimetro che non si originano spontaneamente dalla materia inanimata, ma derivano da altri microrganismi. Appartengono a questa categoria virus, batteri e funghi. Il latte costituisce un buon terreno di coltura per molti ceppi di microrganismi che vi si trovano naturalmente e che provengono dall interno della mammella, nel caso di animali ammalati, e dall ambiente esterno. Alcuni di questi microrganismi possono essere dannosi per la salute dei consumatori, altri provocano l alterazione dei costituenti del latte ponendo problemi di conservazione e di trasformazione, altri ancora sono indice di una scarsa igiene aziendale. I germi patogeni sono presenti nella pelle, nelle mammelle delle vacche con infezioni in atto, nelle ferite, negli impianti di mungitura e di refrigerazione, nella lettiera, nell aria dei locali, nelle mani e negli indumenti dell uomo. I batteri che penetrando all interno della mammella causano la mastite si possono suddividere in due grandi gruppi: batteri contagiosi e batteri ambientali. I batteri contagiosi vivono principalmente all interno dei quartieri mammari o nelle screpolature dei capezzoli, quindi l infezione si può trasmettere per contagio da un animale all altro. La contaminazione avviene nel corso della mungitura per mezzo delle mani del mungitore, del panno utilizzato per la pulizia della mammella e delle guaine dei prendicapezzoli (fig. 1). I batteri contagiosi non causano di norma mastiti cliniche acute ma, più frequentemente, infezioni subcliniche croniche. I batteri ambientali vivono e proliferano anche nell ambiente della stalla; i più importanti di questa famiglia arrivano dalle feci degli animali. L ingresso nella mammella avviene soprattutto quando gli animali sono sdraiati, per contatto dei capezzoli con la lettiera. Rispetto ai contagiosi, sono responsabili di infezioni di minore durata, ma molto acute, accompagnate generalmente da segni clinici. La carica batterica è un fattore molto importante in quanto, oltre che costituire un importante parametro qualitativo che definisce il prezzo del latte, il rischio per l organismo umano di contrarre la malattia infettiva è proporzionale al numero di batteri. Fra i fattori che favoriscono la crescita dei microrganismi, vi è innanzitutto il substrato dal quale traggono nutrimento. Sotto questo aspetto il latte e i depositi di sporcizia in genere rappresentano un ottimo terreno per lo sviluppo dei batteri. Un altro fattore, a volte sottovalutato, che agevola la moltiplicazione batterica è l umidità, in quanto i batteri hanno necessità d acqua per vivere e riprodursi. Alcuni batteri vivono solo in presenza di ossigeno (batteri aerobi) ed in generale la presenza di ossigeno accelera il processo di deterioramento del latte. Figura 1. Modalità di trasmissione dell infezione per contagio da un animale all altro La flora dominante in un latte appena munto è rappresentata da tre gruppi principali: i batteri lattici, i coliformi, gli psicrotrofi. I batteri lattici (lattobacilli e streptococchi) ed i coliformi demoliscono il lattosio provocando l acidificazione del latte; i batteri psicrofili producono lipasi e proteasi termoresistenti che determinano difetti nei prodotti caseari. Ciascun ceppo di batteri si riproduce attivamente entro un determinato campo di temperature, nell ambito del quale vi è un valore ottimale cui corrisponde la massima velocità di crescita. I microrganismi per moltiplicarsi hanno bisogno di tempo; in condizioni favorevoli ogni 20 23

24 minuti raddoppiano il loro numero. Ad esempio, da un solo batterio si passa in circa 10 ore a 60 milioni di microrganismi. Per rallentare o, nel migliore dei casi, arrestare la moltiplicazione batterica occorre abbassare rapidamente la temperatura del latte. La refrigerazione costituisce il miglior mezzo per contenere la proliferazione dei germi, e la sua efficacia è legata tanto alle prestazioni degli impianti quanto alla qualità iniziale del prodotto. Infatti, poiché il freddo non uccide i germi, sia in fase di allevamento che di mungitura, devono essere messe in atto tutte quelle procedure che consentono di limitare al massimo il grado di contaminazione iniziale del latte. La normativa cogente Dal punto di vista normativo sono state da tempo definite le prescrizioni che devono essere rispettate negli allevamenti in tema d igiene, sia attraverso la fissazione di limiti di carica batterica massima, sia mediante la precisazione dei requisiti igienici cui le aziende devono attenersi. In particolare il DPR 54/97 (Regolamento recante attuazione delle direttive 92/46 e 92/47/CEE in materia di produzione e immissione sul mercato di latte e di prodotti a base di latte) prima, ed il Reg. CEE n. 853 del 29/04/2004 (che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale) hanno stabilito le condizioni per: locali ed attrezzature igiene della mungitura, della raccolta e del trasporto igiene del personale I citati provvedimenti normativi stabiliscono alcune condizioni strutturali cui le aziende devono attenersi ed alcune modalità operative da rispettare. Ad esempio, per quanto riguarda i requisiti di locali ed attrezzature, viene sottolineata la necessità di costruirli e utilizzarli in modo da evitare le contaminazioni del latte; inoltre viene messo in evidenza l obbligo di pulizia e disinfezione delle attrezzature stesse. Analogamente, per quanto riguarda le operazioni di mungitura, il reg. 853/04 ribadisce quanto già previsto dal DPR 54/97, ovvero alcuni accorgimenti da osservare per una corretta routine di mungitura (es. pulizia della mammella e dei capezzoli prima dell attacco dei gruppi, eliminazione dei primi getti per controllare il latte). Infine, per ciò che concerne il personale, particolare importanza viene data alle condizioni igieniche degli operatori, i quali rappresentano uno dei fattori di trasmissione di microrganismi in una stalla di vacche da latte. Il passaggio fondamentale sancito dai regolamenti afferenti al cosiddetto pacchetto igiene (reg. 852 ed 853 del 2004) consiste nell attribuire piena responsabilità al produttore primario per quanto concerne la sicurezza degli alimenti. Tale concetto rappresenta un obiettivo del Libro Bianco sulla sicurezza alimentare che l Unione Europea ha definito sin dall anno 2000 ed ha rappresentato il comune denominatore di tutta la normativa emanata negli anni successivi (es. reg. 178/2002 relativo alla tracciabilità degli alimenti, reg. 183/2005 sui requisiti per l igiene dei mangimi, oltre ai già citati regolamenti sul pacchetto igiene). I principi fondamentali su cui si basano tali regolamenti comunitari in tema di sicurezza alimentare interessano quindi tutti gli operatori della catena alimentare, compresa la produzione primaria. Tali principi possono essere così riassunti: la responsabilità principale per la sicurezza degli alimenti è dell operatore del settore alimentare, garante del rispetto delle disposizioni della relativa legislazione nell impresa alimentare posta sotto il suo controllo; la sicurezza degli alimenti va garantita lungo tutta la catena alimentare, a cominciare dalla produzione primaria, anche attraverso l introduzione di un sistema di tracciabilità dei prodotti. In definitiva la necessità di garantire l igiene dei prodotti passa da un esigenza del consumatore finale, oggi molto più attento ed intransigente rispetto al passato su tale aspetto qualitativo, esigenza pienamente recepita dal Legislatore che ha indirizzato tutta la normativa relativa ai prodotti alimentari sulla garanzia dei requisiti di igiene e sicurezza. Igiene della mammella L obiettivo di una corretta igiene di mungitura è quello di eliminare dai capezzoli depositi organici che ospitano batteri ambientali e, allo stesso tempo, di non favorire il passaggio di batteri contagiosi fra i quarti delle mammelle. La probabilità d insorgenza di una nuova infezione è proporzionale al numero di batteri presenti sulla superficie del capezzolo; il rischio aumenta ulteriormente se vi sono lesioni della cute o dello sfintere capezzolare, facilmente contaminati dai batteri che causano la mastite. Pertanto, risulta indispensabile 24

25 effettuare la disinfezione della mammella, una pratica che ancora oggi viene a volte trascurata. Inoltre, curando l igiene della mammella si favorisce l eiezione del latte che, come è noto, avviene soprattutto in seguito a stimoli tattili (mani del mungitore) e termici (acqua tiepida). Figura 2. Si raccomanda di pulire solo il capezzolo con detergenti e carta a perdere, oppure con panni imbevuti di disinfettanti. I metodi di pulizia della mammella sono riconducibili a due gruppi: la pulizia con acqua, adottata soprattutto in presenza di lettiera, e la pulizia a secco. Si deve procedere alla pulizia con acqua solo se la mammella presenta evidenti tracce di sporco, perché il lavaggio può provocare un incremento della carica batterica totale (CBT). Si raccomanda, quindi, di pulire solo il capezzolo utilizzando detergenti e carta a perdere o fazzoletti imbevuti di disinfettante (fig. 2). Si possono utilizzare anche panni in stoffa, ma dopo ogni mungitura devono essere lavati ad alta temperatura, disinfettati e asciugati. Quando la disinfezione avviene per immersione del capezzolo in apposita soluzione, ed è questa la pratica più comune, si parla di dipping (fig. 3). La cosa importante è che al momento dell attacco del gruppo il capezzolo risulti perfettamente asciutto, poiché anche solo poche gocce di acqua possono favorire le infezioni mammarie. Di norma, i prodotti per la disinfezione, se applicati correttamente, riducono la percentuale di infezioni dei capezzoli di oltre il 50%. Il tempo richiesto per completare la preparazione della mammella, compreso l attacco del gruppo, risulta mediamente di secondi per vacca. Figura 3. La disinfezione per immersione del capezzolo in apposita soluzione (dipping) è la pratica più comune Immediatamente dopo lo stacco del prendicapezzoli si deve procedere con la disinfezione post-mungitura; queste operazioni si effettuano in circa 40 secondi per vacca. Per facilitare la chiusura ermetica dello sfintere, il cui orificio rimane aperto per almeno mezz ora dopo la mungitura, è importantissimo impiegare prodotti disinfettanti ad azione filmante (fig. 4). L applicazione post-mungitura svolge il ruolo essenziale di 25

26 rimuovere dalla mammella i batteri contaminanti esterni e, contemporaneamente, di bloccarne la diffusione all interno del canale capezzolare. Prima della successiva mungitura si rimuove il film lavando i capezzoli con acqua potabile ed eliminando i primi getti di latte. Figura 4. Per il post-dipping è bene impiegare prodotti disinfettanti ad azione filmante Le sostanze attive contenute nei prodotti per la disinfezione dei capezzoli sono molteplici, fra le principali troviamo i prodotti a base di cloro (candeggina) e di iodio, le clorexidine, il perossido di idrogeno (acqua ossigenata), l acido lattico, ecc.. La presenza di screpolature della pelle richiede, in fase di pre-mungitura, un trattamento con un emolliente, al fine di mantenere la cute al giusto grado di umidità e limitare la possibilità di colonizzazione batterica. Il prodotto emolliente va aggiunto alle soluzioni disinfettanti in concentrazioni ridotte per non comprometterne l attività battericida. Igiene degli impianti Le operazioni igienico-sanitarie inerenti gli impianti sono comunemente riassunte col termine di lavaggio. In realtà il lavaggio comprende una serie di operazioni specifiche alle quali corrispondono appropriate definizioni. La detersione consiste nella completa rimozione dello sporco visibile utilizzando acqua e detergenti; le superfici trattate, tuttavia, pur essendo perfettamente pulite presentano ancora colonie microbiche. Per eliminare il 99,999% dei microrganismi patogeni, ad eccezione delle spore, si deve procedere alla disinfezione utilizzando prodotti registrati P.M.C. (Presidio Medico Chirurgico). Si parla invece di sanitizzazione quando la disinfezione avviene impiegando prodotti non registrati come P.C.M.. Col termine di sanificazione, infine, si intende l insieme delle operazioni di detersione e di disinfezione. Natura dei depositi I depositi di latte si possono distinguere in depositi molli e in depositi duri; la presenza dei primi è un chiaro indice di lavaggio giornaliero insufficiente da effettuarsi con prodotti alcalini. Oltre ai residui di latte intero si trovano delle molecole di grasso identificabili dallo stato delle superfici e dalle goccioline d acqua sulle pareti. I residui duri non appaiono subito, quando l impianto è ancora nuovo, ma dopo qualche tempo; essi sono indice sia di lavaggio giornaliero incompleto, sia dell assenza o della scarsa frequenza di lavaggi acidi disincrostanti (fig. 5). I depositi duri si presentano sotto diverse forme: minerale e metallica. I sedimenti minerali, comunemente chiamati pietra di latte, sono originati dai minerali dell acqua e del latte insieme, mentre i depositi metallici si formano, ad esempio, nelle regioni in cui l acqua è molto ricca di ferro e presentano una colorazione rossastra. Talvolta compaiono anche depositi di colore grigio di natura argillosa. I residui di latte aderiscono differentemente alle superfici a seconda della natura e dello stato di usura delle stesse e del tipo di microrganismi che colonizzano il materiale. Di solito i residui si accumulano negli angoli e nelle parti concave o sporgenti; lasciati a contatto con l aria si disseccano rapidamente aderendo fortemente ai loro supporti. Il deposito risulta tanto più difficile da asportare quanto più esso è anziano. 26

27 La colonizzazione microbica dei depositi di latte non è immediata, essa dipende dalla natura e dallo spessore della pellicola, dalla tecnica di disinfezione adottata e dalla temperatura ambiente. Le superfici, in particolare quelle costituite da materiale diverso dell acciaio, divengono porose con l invecchiamento naturale e sotto l azione del latte e dei detersivi. Figura 5. I depositi duri sulla valvola di chiusura del collettore indicano la mancanza di lavaggi acidi disincrostanti I detersivi Il lavaggio, che mira all eliminazione dei depositi di varia natura formatisi sulla superficie interna degli impianti di mungitura e di refrigerazione, deve esercitare tre azioni: azione detergente, per mezzo di prodotti alcalini, per allontanare i depositi di natura organica (grassi e proteine) e rendere le superfici fisicamente pulite; azione detartrante, con composti acidi, per asportare i depositi minerali; azione disinfettante, con formulati principalmente a base di cloro, per eliminare i microrganismi. Evidentemente un solo prodotto chimico non può avere tutte le proprietà richieste. Pertanto, si dovranno impiegare delle combinazioni di differente costituzione per arrivare ad una soluzione di lavaggio veramente efficace (fig. 6). Figura 6. Per arrivare ad un efficace soluzione di lavaggio è necessario impiegare i prodotti chimici in diverse combinazioni I detergenti alcalini sono composti solitamente da tre frazioni attive: alcali, tensioattivi, agenti complessi. Come alcali si utilizzano principalmente silicati, fosfati e carbonati, ma non di rado si trova nello stesso prodotto un'associazione di questi composti. I tensioattivi o agenti bagnanti (saponi, oli solfonati, ecc.) hanno il compito di abbassare la tensione superficiale della soluzione circolante e far sì che l'agente lavante possa infiltrarsi sotto i depositi di sporcizia. 27

28 Gli agenti complessi intervengono neutralizzando i sali di calcio e magnesio presenti nell'acqua mantenendoli in soluzione e impedendone la deposizione. Un'eccessiva durezza dell'acqua potrebbe determinare nel tempo la formazione di incrostazioni difficili da eliminare anche col lavaggio acido. E' importante, quindi, effettuare preventivamente l'analisi dell'acqua per conoscere con precisione il suo contenuto in sali di calcio e di magnesio, così da poter effettuare un corretto dosaggio del prodotto e prevenire le deposizioni. L'azione degli agenti complessi si esplica anche su ferro e sali di rame. I detergenti acidi sono prodotti composti da acidi, tensioattivi e agenti inibenti. Come acidi o detartranti, si utilizzano acidi organici deboli (acido citrico, lattico e acetico) e acidi organici forti (acido cloridrico, solforico, nitrico, fosforico e altri ancora). In considerazione del fatto che l'azione degli acidi non è selettiva, in quanto assieme ai depositi minerali agiscono anche sui materiali dell'impianto, si è resa necessaria l'introduzione di agenti inibenti per limitare al massimo eventuali danni alla mungitrice. Gli impianti sono costruiti con diversi materiali come il vetro, la plastica, la gomma, l'acciaio e l'alluminio. Questi materiali sono diversi da pulire e i detergenti devono possedere le qualità per pulirli tutti ugualmente bene e senza intaccarli. Fra i disinfettanti più usati si ricordano il cloro, lo iodio, i composti iodofori e l'acido paracetico. Le soluzioni clorate sono a base di ipocloriti (varechina), di fosfati trisodici clorati e, non di rado da clorammine. Questi prodotti, che agiscono contro i batteri e i virus, vanno utilizzati in soluzioni alcaline (ph maggiore di 8) e a caldo, ma ad una temperatura inferiore a 65 C per non incorrere nel rischio di rendere inattivo il cloro. Considerata l'azione corrosiva del cloro sulle gomme e sui metalli, acciaio inossidabile compreso, la concentrazione di questo sanitizzante non deve superare le ppm ed il tempo di contatto con le parti in gomma non deve eccedere i 20 minuti. Lo iodio, pur essendo un eccellente disinfettante, non è solubile nell'acqua. Perciò, lo si deve associare con un tensioattivo e con un acido per costituire ciò che si chiama un composto iodoforo. Quest ultimo offre il vantaggio di essere attivo anche a freddo, di possedere le medesime qualità battericide dei derivati del cloro e di risultare meno corrosivo del cloro. I detergenti sono dotati, in genere, di un potere disinfettante assai modesto: essi agiscono nei riguardi dei batteri rimuovendo i depositi di latte che servono loro da supporto, ed è per questo che il lavaggio, anche se eccellente, non assicura la completa disinfezione. E' consigliabile, pertanto, utilizzare una soluzione disinfettante sia da sola, dopo il lavaggio, sia miscelata con i detergenti che si identificano allora col termine di sanificanti. Il principio di azione del lavaggio è fondato sulla combinazione di cinque fattori: l acqua, l azione meccanica, la temperatura, la concentrazione e la durata di azione della soluzione detergente. L acqua ha la funzione di rammollire e quindi disgregare i depositi di sporcizia e di solubilizzare alcuni componenti. Essa, inoltre, serve da veicolo ai detergenti e ai depositi da rimuovere. Risulta indispensabile assicurarsi che l acqua sia potabile secondo quanto prescritto dal D.P.R. N. 236/88. L azione meccanica risulta essenziale per completare l azione della soluzione detergente sui residui di latte la cui aderenza sovente è assai forte (fig. 7). Un energica azione meccanica può esercitarsi con la spazzolatura, con la circolazione o con l iniezione sotto pressione della soluzione detergente. A seconda del metodo di lavaggio e del tipo di materiale da lavare si utilizzano uno o più di questi trattamenti. La temperatura elevata migliora ed accelera il processo di lavaggio. La pulizia risulta più efficace quando la temperatura della soluzione detergente è più alta del punto di liquefazione del grasso (30 35 C). il grasso allo stato fuso viene così eliminato facilmente. Si ottiene la massima azione di una soluzione detergente a C, per temperature superiori esiste il rischio di calcificazione delle proteine sulle superfici degli impianti. In ragione delle difficoltà che possono avere alcuni allevatori nel disporre di acqua calda in quantità sufficiente, si può ricorrere ai sistemi di lavaggio a freddo che utilizzano acqua a temperatura ambiente. La concentrazione della soluzione detergente è variabile in funzione del prodotto, di norma è compresa tra l uno e il due percento. L aumento della dose prescritta dal fornitore non migliora l efficacia del lavaggio ma costituisce una spesa inutile e si corre il rischio di danneggiare il materiale. La durata d azione della soluzione detergente è diversa a seconda del sistema di lavaggio adottato e del prodotto impiegato. In alcuni casi bastano pochi minuti, mentre in altri sono necessari fino a trenta minuti circa. Anche in questo caso risulta inutile andare oltre il tempo prescritto. 28

29 Figura 7. Per staccare i depositi di sporcizia che aderiscono tenacemente alle superfici dell impianto è indispensabile che la soluzione di lavaggio sia animata da moto turbolento Detersione e disinfezione degli impianti di mungitura Gli impianti di mungitura possono essere lavati secondo due procedimenti fondati sullo stesso principio: l uno manuale, l altro automatico. Quest ultimo presenta il vantaggio di ridurre l intervento umano, di evitare sprechi d acqua e di detergenti e di non richiedere sforzi fisici. Lavando manualmente non sempre è possibile ottenere un buon risultato, in quanto si possono commettere errori nel dosaggio dei detergenti, nella scelta della temperatura, nella successione delle fasi e dei tempi più appropriati per ciascuna di esse. Inoltre, risultando il lavaggio manuale un operazione abbastanza faticosa, si ha sovente la tentazione di semplificarla e, a volte, di non effettuarla. I sistemi automatici evitano il rischio di questi inconvenienti ed offrono la garanzia di un lavaggio accurato. Le modalità comunemente adottate per la sanificazione delle macchine mungitrici, a prescindere dalla tipologia delle stesse, sono determinate dalla temperatura dell'acqua utilizzata per la preparazione della soluzione di lavaggio. Pertanto, si possono distinguere i sistemi di lavaggio seguenti: a freddo, si effettua di norma manualmente utilizzando speciali detersivi efficaci a temperature inferiori a C. In realtà come composizione chimica sono simili agli altri detersivi, però sono più concentrati e corrodono in misura maggiore soprattutto le parti in gomma; a caldo, prevede l'uso di acqua a C e risulta il metodo più diffuso e adatto ad ogni tipo di impianto. Una buona detersione, senza dover ricorrere a controlli microbiologici, può evidenziarsi già ad occhio nudo con la prova cosiddetta dell'acqua. Questa, sparsa su di una superficie pulita si diffonde sotto forma di un velo continuo, mentre sparsa sopra una superficie non ben detersa si riunisce in piccole goccioline. Lavaggio manuale Le superfici esterne delle mungitrici a secchio e a carrello vanno lavate con getto d'acqua e spazzola, mentre per la pulizia dei componenti che entrano a contatto col latte, in particolare per i gruppi prendicapezzoli, è necessario dotarsi di apposite spazzole e di un lavello della capacità di almeno 50 litri. Si deve misurare attentamente il volume dell'acqua per evitare errori di diluizione: di norma occorrono una quindicina di litri d'acqua a 60 C per ciascun gruppo prendicapezzoli. Sarebbe opportuno operare ad una temperatura non inferiore a 40 C, perché tanto più è bassa la temperatura della soluzione e quanto più lungo risulta il tempo di contatto per ottenere il medesimo effetto; tutto ciò in contrapposizione al fatto che proprio nel lavaggio a mano si desidera far presto. Risulta indispensabile, inoltre, scegliere un prodotto detergente-disinfettante specifico per il lavaggio manuale. La soluzione detergente dovrebbe essere preparata in precedenza per poi immergervi le singole parti da trattare; nel caso di detersivi in polvere converrà assicurarsi che tutto il prodotto risulti ben disciolto prima di iniziare le operazioni. Inoltre, è consigliabile lasciare agire la soluzione per qualche minuto sui materiali 29

30 prima di intervenire con spazzole le cui setole risultino sufficientemente morbide per non graffiare o rigare le superfici. Al termine del risciacquo finale, durante il quale possono essere aggiunti 8 ml di ipoclorito di sodio (la comune candeggina) in 12 litri d'acqua per ogni gruppo prendicapezzoli, tutti i componenti puliti si fanno sgocciolare appendendoli ad una rastrelliera al riparo dalla polvere. Lavaggio automatico Per la pulizia degli impianti esistono numerosi prodotti, ma non sempre sono impiegati in modo corretto. Non di rado il mungitore effettua il lavaggio una sola volta al giorno, di norma dopo la mungitura del pomeriggio, o addirittura saltuariamente al fine di risparmiare i minuti necessari per l'operazione. Risulta, perciò, importante dotare l'impianto di un dispositivo automatico di lavaggio che provveda a riscaldare l'acqua e a regolare elettronicamente i detergenti alcalini e acidi in funzione della quantità e della qualità dell'acqua. E' sufficiente premere un pulsante per avviare il programma che a fine ciclo si arresta automaticamente (fig. 8). Anche col lavaggio automatico, ovviamente, la pulizia delle superfici esterne deve essere curata quotidianamente con interventi manuali, facendo ricorso a spazzole e a panni inumiditi. Si procede poi a fissare i gruppi prendicapezzoli alle coppette di lavaggio. La pulizia dell'impianto, che deve eseguirsi entro un ora al massimo dalla conclusione della mungitura per prevenire l'essiccazione dei residui di latte, comprende di regola i seguenti interventi operativi: prelavaggio, sanificazione (detersione e disinfezione), risciacquo finale. Per il lavaggio degli impianti di mungitura a lattodotto il fabbisogno giornaliero di acqua risulta di litri/gruppo. Prelavaggio. Tutte le superfici venute a contatto con il latte dovranno subire un risciacquo semplice o doppio, detto comunemente prelavaggio, con acqua fredda d estate e tiepida (30-35 C) d inverno della durata di 2-3 minuti. E necessario far circolare nell impianto circa 10 litri d acqua per ogni gruppo prendicapezzoli, in modo da allontanare i residui di latte. Da evitare l uso di acqua calda (superiore a 45 C) poiché il calore, determinando la calcificazione delle proteine, favorisce la formazione dello sporco ostinato. Si commette un grosso errore se, per risparmiare tempo, si omette questa fase e si inizia il lavaggio con acqua calda e detersivo; infatti, la sostanza organica presente nel latte residuo annulla l effetto del disinfettante e causa la progressiva formazione di una pattina batterica, untuosa al tatto. Figura 8. Lavatrice automatica: 1) spia lumisosa attivazione lavaggio; 2) programmatore elettronico; 3) serbatoio detersivo e disinfettante; 4) valvola pneumatica a tre vie; 5) tubo riempimento acqua; 6) pressostato; 7) vaschetta acqua Sanificazione. Questa fase ha lo scopo di staccare i depositi di sporcizia che aderiscono ai materiali e di tenerli in sospensione, evitando agli stessi di depositarsi nuovamente sulle superfici pulite. Il lavaggio classico in circuito prevede la circolazione per circa 15 minuti di una soluzione calda (65-70 C) con l aggiunta di specifici prodotti che, di norma, contengono soda come sostanza detergente e cloro come sostanza disinfettante. In questo caso, come nel prelavaggio, è bene non superare le temperature consigliate per evitare il rischio della calcificazione delle proteine sulle superfici. 30

31 Si deve misurare con precisione la quantità di acqua utilizzata e calcolare la giusta quantità di detersivo da aggiungere. Se le istruzioni di lavaggio prevedono, ad esempio, una concentrazione della soluzione di lavaggio pari all 1%, bisogna diluire 100 grammi per ogni 10 litri di acqua. Se la soluzione è troppo diluita perde di efficacia, se troppo concentrata corrode le parti in gomma ed espone il rischio di inibenti nel latte. Col sistema di lavaggio in circuito possono formarsi dei depositi visibili in alcuni punti dell'impianto, quali il collettore del latte ed il separatore igienico, che vengono raggiunti con minore efficacia dalla soluzione detergente. In tal caso occorre smontare il componente dell'impianto ed eliminare il deposito con l'ausilio di spazzole speciali. Per i pulsatori, che vanno mantenuti al riparo dell'umidità e protetti dai liquidi di lavaggio, ci si limiterà ad una pulitura esterna con panno lievemente inumidito. Con frequenza di norma settimanale o quindicinale, in funzione della durezza dell'acqua, si pratica il lavaggio con detergente acido e acqua calda per rimuovere eventuali formazioni di pietra di latte o di tartaro che divengono visibili sulle parti in vetro dell'installazione. Il lavaggio acido deve seguire quello alcalino, in caso contrario la patina di grasso e proteine che avvolge i depositi calcarei li difende dall azione dell acido. Risciacquo finale. Il ciclo di lavaggio ha termine col risciacquo finale, della durata di poco meno di 10 minuti, da effettuarsi con acqua fredda o tiepida per asportare i residui di detersivo. Questi ultimi, oltre ad alterare il sapore degli alimenti, nella produzione del formaggio hanno effetti dannosi simili a quelli provocati dalla presenza di antibiotici. Dopo lo scarico dell'acqua, viene aspirata dell'aria per asciugare perfettamente le condutture. Con l'asciugatura, a volte trascurata nel lavaggio manuale, viene esclusa qualsiasi proliferazione dei batteri che, seppure in numero limitato, sono presenti nell'acqua di risciacquo. Poco prima l'inizio della mungitura, in particolare nei mesi caldi, è buona norma attivare il programma di disinfezione, per il quale si utilizza una soluzione disinfettante fredda che viene fatta circolare per 4 minuti. Detersione e disinfezione dei serbatoi refrigeranti I metodi ed i prodotti utilizzati per la detersione e la disinfezione dei serbatoi refrigeranti sono gli stessi già descritti per il lavaggio manuale ed automatico degli impianti di mungitura. La tecnica di lavaggio delle vasche prevede in sequenza le fasi di: prelavaggio, con acqua tiepida o fredda per allontanare il latte residuo; sanificazione, con detergente-disinfettante e acqua calda (60-70 C); risciacquo finale, con acqua fredda per eliminare i residui di detersivo. La pulizia può essere eseguita manualmente solo negli impianti di piccole-medie dimensioni di tipo aperto, mentre per le vasche di grande capacità ed in quelle di tipo chiuso si deve necessariamente ricorrere ad un sistema meccanico. Lavaggio manuale La prima operazione da effettuare, non appena la vasca è stata vuotata, è il risciacquo con acqua corrente di tutte le parti venute a contatto col latte, preferibilmente eseguito con un getto a pressione per aumentarne l efficacia. In questa fase lo scarico di fondo della vasca deve essere lasciato in posizione aperta, in modo da allontanare completamente tutti i residui di latte. La soluzione detergente viene preparata a parte, in un recipiente di plastica, miscelando acqua calda (60-70 C) e detersivo in una percentuale dello 0,5-1% (ossia 5-10 g per ogni litro di acqua). Per il lavaggio vero e proprio si impiega una spazzola con setole sufficientemente morbide in modo da non graffiare le superfici della vasca. Le parti rimovibili, come il tappo del condotto di scarico, l agitatore e l asta di misurazione, vanno smontate, immerse nella soluzione e spazzolate accuratamente. Si chiude quindi lo scarico della vasca e si esegue un energica spazzolatura, con la soluzione detergente, delle superfici interne, compreso il coperchio, procedendo dall alto verso il basso. E consigliabile lavare anche la superficie esterna della vasca e qualunque altro accessorio venuto a contatto con il latte. Dopo la spazzolatura non deve rimanere alcuna impurità visibile. A questo punto si apre lo scarico di fondo della vasca, si fa allontanare tutta la soluzione detergente e si risciacqua accuratamente con acqua potabile, in modo da eliminare qualsiasi traccia di detersivo che potrebbe altrimenti alterare il latte. Completato il risciacquo e scaricata l acqua residua, è bene rimontare il tappo di scarico e chiudere il coperchio del tank per evitare contaminazioni successive (insetti, polvere, ecc.). Assolutamente da evitare l impiego di prodotti non specifici per il lavaggio delle vasche refrigeranti: i comuni detersivi hanno un potere schiumogeno troppo elevato e contengono profumazioni che conferiscono sapori ed odori sgradevoli al latte. 31

32 Lavaggio automatico I principali componenti di un sistema automatico di lavaggio sono: il circuito di distribuzione dell acqua il sistema per il dosaggio e il riscaldamento dell acqua il sistema per il dosaggio dei detergenti l elettrovalvola di scarico il programmatore elettronico di azionamento e controllo La parte fondamentale dell impianto di lavaggio è il dispositivo di aspersione costituito da irrigatori o doccette che, sotto l azione di una pompa, provvedono a spruzzare le superfici interne della vasca con un getto a pressione. Per un lavaggio efficace l azione meccanica dell acqua deve raggiungere con la stessa intensità tutti i punti della vasca. Gli irrigatori possono essere fissi o dinamici (fig. 9). Quelli di tipo fisso sono montati nella parte alta della vasca oppure sul fondo attraverso il rubinetto di scarico. Con questi sistemi si ottiene in genere un buon lavaggio, a patto che l irrigatore sia posizionato verso la parte centrale del serbatoio per avere una buona distribuzione dell acqua. Inoltre le pale dell agitatore possono creare delle "zone d ombra che non vengono risciacquate e l ostruzione dei fori dell irrigatore diminuisce direttamente l efficienza del lavaggio. Nei sistemi dinamici l irrigatore può essere o rotativo o accoppiato ad un diffusore rotativo. Viene posizionato nella parte alta del serbatoio o, più frequentemente, sull albero o sulle pale dell agitatore, il che assicura un azione più efficace. Un interessante soluzione consiste nel montare le doccette al centro delle pale e nell utilizzare l albero cavo dell agitatore per il passaggio dei fluidi di lavaggio. In questo modo si sfrutta la rotazione dell agitatore per ottenere l aspersione di tutte le superfici interne della vasca. Il circuito di distribuzione può essere separato dalla vasca, nel caso venga posizionato al momento del lavaggio, ma più frequentemente è integrato nella vasca; alcune installazioni prevedono due circuiti indipendenti, uno per l acqua ed uno per la soluzione di lavaggio. Figura 9. Dispositivi di lavaggio dei serbatoi refrigeranti con irrigatore fisso o rotativo. Le posizioni dell irrigatore riportate negli schemi 5 e 6 sono le più funzionali Il ciclo di lavaggio è controllato da una centralina elettronica, contenuta in un pannello di comando, che determina la sequenza e la durata di ciascuna fase, comanda l ingresso e lo scarico dell acqua, stabilisce la 32

33 temperatura di riscaldamento e la dose di detersivo (fig. 10). All avvio del programma, l elettrovalvola di immissione dell acqua si apre ed ha inizio il prelavaggio. Questo (come anche il risciacquo finale) può essere semplice o doppio e viene effettuato con la valvola di scarico aperta in modo che non si abbia ricircolo di acqua. Terminata questa fase, la valvola si chiude e si passa al lavaggio con acqua calda e detergenti che ha una durata di circa minuti (alcuni sistemi prevedono più fasi di lavaggio). Il dosaggio del detergente può essere completamente automatico, per cui l operatore deve provvedere solo al rifornimento periodico del contenitore, oppure semiautomatico se il dosaggio deve essere effettuato manualmente all inizio di ogni ciclo. Figura 10. Serbatoio da litri di capacità con dispositivo per il lavaggio automatico Il riscaldamento dell acqua può essere ottenuto tramite una resistenza elettrica incorporata nel sistema, oppure mediante un boiler elettrico o a gas. Alla fine del lavaggio, l elettrovalvola di scarico si apre per permettere l evacuazione della soluzione detergente e si procede al risciacquo semplice o doppio con acqua fredda. Lavaggio e progettazione degli impianti Molti dei problemi legati all igiene dell impianto sono la diretta conseguenza di errori commessi nella progettazione e nell installazione della sala di mungitura. L impianto deve risultare quanto più possibile compatto, l eccessiva lunghezza delle condutture del latte e del lavaggio aumentano i volumi d acqua, le dispersioni di calore e le perdite di carico delle condutture stesse. L incremento delle perdite di carico, vale a dire degli attriti interni che l acqua deve vincere per muoversi all interno delle condutture, si tramuta in una riduzione della velocità dei fluidi di lavaggio e, quindi, dell azione meccanica esercitata da questi ultimi sui depositi di sporco. L eventuale incremento della volumetria di un impianto preesistente per l installazione di equipaggiamenti extra, come ad esempio i vasi misuratori, richiede l adeguamento del volume d acqua immessa in circolo e la verifica della turbolenza con la quale essa si muove all interno dell impianto. Per modificare il volume d acqua è sufficiente agire sulla posizione del galleggiante situato nella vaschetta di lavaggio, mentre per valutare la turbolenza bisogna adottare metodi empirici osservando il movimento dell acqua nel terminale del latte, se questi è realizzato in vetro pirex, e l ampiezza del movimento dei tubi lunghi del latte. Prima di utilizzare un nuovo impianto è indispensabile un test di collaudo sia per la mungitura che per il lavaggio. Limitatamente al lavaggio, il certificato di collaudo dovrebbe riportare anche le misurazioni sulla portata d aria che penetra nel circuito di lavaggio attraverso l iniettore d aria e sulla portata d acqua attraverso il singolo gruppo prendicapezzoli. Si rammenta che l ingresso d aria supplementare durante il lavaggio viene di norma utilizzato per aumentare la turbolenza della soluzione circolante, in particolare nel lattodotto che costituisce la conduttura di diametro maggiore. La portata di 3 litri/min di soluzione di lavaggio è considerata sufficiente a garantire una buon livello di pulizia dei gruppi; per impianti con lattometri o vasi misuratori la portata richiesta sale a 4,5-6 litri/min. Nel caso l iniettore di aria venga installato in impianti preesistenti, si deve verificare se la portata della pompa è sufficiente per estrarre l ingresso supplementare d aria durante il lavaggio. La progettazione e l installazione dell impianto devono essere effettuate in modo che tutte le tubazioni e i componenti possano scaricare l acqua residua di lavaggio anche per gravità, attraverso le apposite valvole di 33

34 drenaggio. Come si è detto in precedenza, eventuali ristagni d acqua creano le condizioni ottimali per la proliferazione microbica tra le due mungiture. L installatore è tenuto a fornire all allevatore le opportune istruzioni per eseguire correttamente le operazioni di lavaggio. Devono essere definite chiaramente le procedure di preparazione dell impianto per il lavaggio, includendo le operazioni di controllo delle valvole e degli interruttori, di manipolazione dei detergenti e di lavaggio delle parti esterne di alcuni componenti. Persino negli impianti più moderni ci sono ancora dei componenti che devono essere smontati per una più accurata pulizia manuale utilizzando, in alcuni casi, specifici detergenti. Figura 11. Nel caso di lavaggio insufficiente, il terminale del latte è uno dei componenti dell impianto dove è più frequente trovare depositi di sporcizia Gli effetti di un lavaggio insufficiente si manifestano con la comparsa di residui organici e inorganici, di sottili pellicole di natura organica e di decolorazioni dovute a corrosione di alcune superfici. Di norma i punti critici per il lavaggio sono il collettore del latte, le guaine e il vaso terminale (fig. 11). I sistemi automatici di lavaggio degli impianti di mungitura e di refrigerazione, essendo oramai ampiamente collaudati, richiedono scarsissima manutenzione. Per prevenire guasti, tuttavia, è consigliabile curare la pulizia esterna dell apparecchiatura, tenere dei fusibili di riserva e verificare con frequenza mensile i filtri che proteggono gli ingressi di acqua calda e fredda nell unità di comando. Nel caso di anomalie di funzionamento è bene tentare di porvi rimedio senza ricorrere al servizio assistenza; nella maggior parte dei casi, infatti, si tratta di inconvenienti di poco conto le cui cause, unitamente ai possibili rimedi, sono riassunte nelle tabelle seguenti. Operazioni di piccola manutenzione della lavatrice dell'impianto di mungitura SINTOMI CAUSE RIMEDI Il programma di lavaggio non parte e la spia luminosa non si 1.Selettore di programma mal posizionato 1.Spostare il selettore nella posizione di partenza accende 2. Fusibile bruciato 2.Sostituire il fusibile 3. Assenza di corrente elettrica L'acqua arriva molto lentamente, 1.Rubinetti dell'acqua chiusi 1.Aprire i rubinetti o non arriva affatto, alla 2.Pressione dell'acqua non sufficiente 2.Valore normale 1-6 bar vaschetta di lavaggio 3.Filtri ostruiti 3.Pulire i filtri Il riempimento della vaschetta non si arresta anche quando raggiunge il livello prefissato 1.Il pressostato è starato o non funziona 2.La posizione del galleggiante del pressostato è troppo alta 1.Verificare il funzionamento del pressostato 2.Fissare il galleggiante nella giusta posizione Il programma di lavaggio non si 1.Viti del pannello programmatore 1.Serrare viti di fissaggio svolge normalmente allentate Sulle parti in vetro dell'impianto di mungitura si rendono visibili 1.Detergente acido mal dosato 1.Controllare le istruzioni sull'uso del detersivo e la durezza acqua dei depositi di tartaro 2.Temperatura dell'acqua non sufficientemente alta 2.Verificare il funzionamento del boiler 3.Assenza di lavaggi acidi 3.Effettuare il lavaggio acido 34

35 Operazioni di piccola manutenzione della lavatrice della vasca refrigerante SINTOMI CAUSE RIMEDI Il programma di lavaggio non parte e la spia luminosa non si accende 1.Selettore di programma mal 1.Spostare il selettore nella posiposizionato zione di partenza 2. Fusibile bruciato 2.Sostituire il fusibile 3. Assenza di corrente nella rete elettrica L'acqua arriva molto 1.Rubinetti dell'acqua chiusi 1.Aprire i rubinetti lentamente, o non arriva affatto 2.Pressione dell'acqua non suffi- ciente 2.Valore normale 1-6 bar all'interno del serbatoio del latte 3.Filtri ostruiti 3.Pulire i filtri L'agitatore non funziona 1.Agitatore difettoso 1.Verificare il collegamento Depositi di calcare sulle pareti della vasca L'acqua non è proiettata con forza sulle pareti del serbatoio Il programma di lavaggio non si svolge normalmente 1.Prodotto mal dosato 2.Temperatura dell'acqua non sufficientemente alta 3.Assenza di lavaggi acidi 1.Pompa difettosa 2.Un corpo estraneo ha ostruito l'irrigatore 1.Viti del pannello programmatore allentate elettrico 1.Controllare le istruzioni sull'uso del detersivo e la durezza acqua 2.Verificare il funzionamento del boiler 3.Effettuare il lavaggio acido 1.Interpellare il servizio assistenza 2.Smontare e pulire l'irrigatore 1.Serrare le viti di fissaggio Formulazione del piano d igiene Per garantire l igiene del prodotto è necessario che ogni azienda sviluppi un analisi specifica delle proprie condizioni operative, al fine di definire le modalità con cui garantire il controllo igienico del proprio processo. L obiettivo è quello di individuare i punti critici della gestione di stalla ed operare con costanza affinché siano tenuti sotto controllo, vale a dire entro confini prestabiliti. Per effettuare una completa valutazione dei rischi si deve prendere in considerazione la storia del prodotto, riuscendo a: individuare le sostanze potenzialmente pericolose, i microrganismi patogeni o alteranti e i composti chimici dannosi; identificare le impurità fisiche e le fonti di contaminazione chimica e microbica; valutare la probabilità di sopravvivenza e di moltiplicazione dei microrganismi, la presenza di residui di sostanze chimiche e fisiche alla fine del processo; stimare i rischi e la severità dei pericoli; individuare eventuali limiti minimi di accettazione nel prodotto. Successivamente è necessario identificare tutte le operazioni su cui può essere esercitato un controllo al fine di eliminare, prevenire o, nel peggiore dei casi, minimizzare il pericolo di contaminazioni. Nello schema a blocchi di figura 12 sono riportate le fasi di processo inerenti la mungitura e la refrigerazione del latte. I fattori di contaminazione si possono suddividere in tre grandi gruppi: biologici, chimici e fisici. Fra i contaminanti di natura biologica, si tratta di organismi vitali e/o loro tossine, si distinguono due grosse categorie: microrganismi (batteri, lieviti e muffe, patogeni o alterativi) e gli organismi superiori (insetti ecc.). Le fonti di contaminazione sono: suolo, acque, aria, animali, uomo e piante. I contaminanti chimici possono derivare da pratiche agronomiche, veterinarie, zootecniche e dal trattamento di lavaggio e disinfezione degli impianti e delle mammelle. I contaminanti fisici sono spesso di tipo accidentale, quindi difficilmente prevedibili; possono derivare dagli operai, dalle operazioni di pulizia e di manutenzione dei macchinari. 35

36 1. Ingresso animali sala mungitura 2. Lavaggio mammelle 3. Controllo primi getti di latte 4. Attacco prendicapezzoli 5. Mungitura 6. Invio latte al tank 7. Refrigerazione del latte 8. Stacco prendicapezzoli 9. Disinfezione mammelle 13. Consegna del latte 10. Uscita animali sala mungitura 14. Lavaggio tank refrigerante 11. Lavaggio impianto mungitura 12. Lavaggio sale attesa, mungitura, latte Figura 12. Per impostare un piano d igiene è necessario definire la fasi di processo della mungitura e della refrigerazione del latte. Prevenzione rischi biologici Il rischio di contaminazione biologica è presente nelle fasi di pulizia della mammelle, di refrigerazione del latte di lavaggio della mungitrice e del serbatoio refrigerante. Il lavaggio e l asciugatura delle mammelle deve essere effettuato con cura da personale adeguatamente addestrato, con abiti puliti e mani deterse. Risulta di fondamentale importanza trattare ogni animale individualmente e asciugare completamente la mammella. Il serbatoio refrigerante deve essere efficiente, deve portare cioè il latte alla temperatura di 4-5 C entro due ore dalla fine della mungitura e mantenere tale temperatura durante tutto il tempo di conservazione, indipendentemente dalla temperatura esterna. Il lavaggio dell impianto, compresi alcuni componenti esterni, deve avvenire alla fine di ogni mungitura. Particolare attenzione si deve prestare alla temperatura e alla turbolenza dell acqua durante il lavaggio, alla quantità d acqua con cui viene lavato ciascun gruppo ed alla quantità ed al tipo di detergente impiegato. Particolare attenzione va fatta all acqua che si utilizza in azienda per tale operazione, questa deve essere potabile secondo il D.P.R. N. 236/88. Il lavaggio del serbatoio refrigerante deve essere effettuato ogni qual volta si consegna il latte. Anche in questo caso i parametri da tenere sotto controllo sono gli stessi indicati per gli impianti di mungitura. Prevenzione rischi chimici Il rischio di contaminazione chimica è limitato alle fasi di lavaggio degli impianti. Occorre prestare attenzione al risciacquo, questo deve essere abbondante e completo in modo da eliminare qualsiasi traccia di residui di detergenti. A fine lavaggio l impianto dovrebbe risultare perfettamente asciutto o, quantomeno, privo dei ristagni d acqua. 36

37 Prevenzione rischi fisici I rischi di contaminazione fisica con frammenti organici (insetti e altri animali infestanti) o di corpi estranei (metallo, plastica, oggetti personali) possono interessare le fasi di attacco dei prendicapezzoli, di lavaggio della mungitrice e di controllo del serbatoio refrigerante. Durante la manipolazione dei gruppi, soprattutto se questi sono collegati al vuoto, è opportuno prestare attenzione affinché nessun corpo estraneo o insetto si depositi all interno della guaina e venga così aspirato durante la mungitura. Impiegare prodotti chimici adatti e specifici per il proprio impianto e non aumentare, per il desiderio di lavare più a fondo, la concentrazione e la temperatura della soluzione di lavaggio per evitare l allontanamento di materiale, soprattutto delle parti in gomma. Al termine della mungitura si deve cambiare il filtro del latte che, come è noto, contribuisce alla riduzione della carica microbica totale ed evita l introduzione di impurità grossolane nel serbatoio refrigerante. Allo stesso modo, bisogna prestare attenzione ogni qual volta si solleva il coperchio della vasca refrigerante, onde evitare l ingresso di un qualsiasi corpo estraneo che potrebbe ritrovarsi durante la conservazione del latte. Considerazioni conclusive Fino ad oggi il problema igienico-sanitario è stato rivolto principalmente sull animale e sull ambiente, trascurando la componente meccanica che può invece costituire la fonte primaria d inquinamento. Un insufficiente pulizia degli impianti di mungitura e di refrigerazione del latte si ripercuote immediatamente sulla qualità del prodotto. Le carenze igieniche che si riscontrano negli impianti sono dovute in molti casi a negligenza o imperizia dell operatore; altre volte, invece, le cause vanno ricercate nei dispositivi di lavaggio per mancanza di manutenzione, montaggio difettoso e usura di alcuni componenti. La scelta dei prodotti santificanti non deve essere lasciata al caso o fondarsi solo sul parametro del prezzo. E consigliabile indirizzarsi verso fornitori specializzati e competenti, capaci d individuare il tipo di prodotto e le modalità di impiego più rispondenti alle esigenze di ogni specifico caso. Al momento dell acquisto dei prodotti l allevatore dovrà effettuare un attenta lettura dell etichetta posta sulla confezione che dovrà riportare: l azione svolta dal prodotto (detergente, disinfettante, santificante, disincrostante); la composizione e la quantità dei principi attivi; la quantità di prodotto da utilizzare in soluzione (espressa in % o in grammi/litro); le variazioni da apportare alla concentrazione della soluzione di lavaggio in funzione della durezza dell acqua. Cellule somatiche La causa più frequente e importante di innalzamento del contenuto cellulare del latte è lo stato infiammatorio della mammella, la mastite. In base al tipo di manifestazione, le mastiti vengono classificate come: cliniche, che a loro volta, in base al decorso e all intensità dei sintomi, vengono distinte in: iperacute, con risentimento generale (temperatura, atonia ruminale, collasso, ecc.), vistose alterazioni del quarto e del latte e talvolta morte dell animale, acute: caratterizzate da mammella con il quarto o i quarti colpiti ingrossati, induriti, edematosi, arrossati, caldi, dolenti. La secrezione lattea è di norma macroscopicamente alterata (coaguli di fibrina, latte acquoso con colorazione anomala) con gravi alterazioni della composizione. La produzione di latte si riduce fortemente fino alla agalassia. È talvolta presente una sintomatologia generale nelle bovine, con febbre e alterazioni della funzionalità ruminale, subacute (leggere): caratterizzate da riduzione del latte prodotto, aumento delle cellule somatiche, presenza di materiale coagulato almeno nei primi getti; sub-cliniche: contraddistinte da una diminuzione ed una alterazione della composizione del latte prodotto mentre l esame batteriologico è generalmente positivo e si ha sempre un aumento delle cellule somatiche e in particolare dei neutrofili polimorfonucleati. 37

38 La mastite può essere clinica, quando vi è interessamento del quarto, o subclinica, quando l unico sintomo è l aumento delle cellule Molto spesso si osserva un andamento cronico della malattia: si tratta di un evoluzione delle forme acuta o sub-acuta non completamente risolte in quanto non curate o curate male, cioè con antibiotico inadatto o, più spesso, con posologia insufficiente. La produzione di latte si riduce significativamente per mancata funzionalità del parenchima mammario, mentre la conta cellulare è elevata e le alterazioni del latte possono non essere evidenti. La causa di gran lunga più frequente di mastite è l ingresso (per via ascendente attraverso il canale del capezzolo) di microrganismi all interno della mammella con successiva loro proliferazione. Tali microrganismi vengono di norma classificati in: contagiosi, come Streptococcus agalactiae e Staphylococcus aureus. Si tratta di microrganismi in grado di moltiplicarsi a livello della cute e all interno della mammella che ne diviene il serbatoio, ma con scarsa o nulla capacità di sopravvivere nell ambiente: la trasmissione dell infezione avviene quasi esclusivamente attraverso la mungitura che veicola attraverso le mani del mungitore, il gruppo di mungitura, salviette o spugne non monouso residui di latte infetto da una bovina malata a una sana. Queste infezioni tendono ad essere sub-cliniche o croniche per cui determinano importanti rialzi nelle conte cellulari del latte di massa. Il risanamento, cioè l eliminazione dell agente infettivo dalla stalla, è possibile mediante l applicazione scrupolosa di programmi appositamente studiati a livello di singola azienda e imperniati su un attenta profilassi in quanto, per lo meno per S. aureus, la terapia in lattazione è poco efficace; Il post dipping è una misura fondamentale di controllo delle mastiti causate da microbi contagiosi ambientali, come coliformi e streptococchi diversi da S. agalactiae. Questi batteri albergano normalmente nelle lettiere e possono penetrare nella mammella in ogni momento del ciclo produttivo della bovina, compreso il periodo di asciutta durante il quale il rischio di infezione è anzi molte volte più elevato che in lattazione. Non è evidentemente possibile eliminare questi microrganismi dalla stalla; vanno perciò controllati riducendone il più possibile il numero nell ambiente mediante una pulizia accurata e mantenendo elevate le difese delle bovine. Infatti, non va dimenticato che la mastite, clinica o sub-clinica, non dipende solo dalla presenza del microbo, ma è il risultato della sua interazione con l ospite e che questa interazione può essere mediata da molti fattori che giocano un ruolo importante nel determinare la malattia stessa. Questi sono fondamentalmente: 38

39 la pulizia delle bovine e della stabulazione e più in generale tutte le misure di profilassi in grado di condizionare la quantità di microbi presenti in prossimità del capezzolo; tutti i fattori che possono ridurre le difese (fisiche, immunitarie biochimiche, ecc.) della bovina. Tra questi vanno ricordati: ambienti e microclima poco confortevoli, altre patologie ricorrenti, improvvisi cambi alimentari e alimenti di qualità scadente o squilibrati, il sovraffollamento e la mungitura meccanica, perché è dimostrato che le sollecitazioni provocate da questa pratica possono causare alterazioni del trofismo dei tessuti e lesioni alla punta del capezzolo in grado di aumentare il rischio di mastite. Fra gli aspetti della mungitura particolarmente pericolosi vi è la sovramungitura, cioè la mungitura a flussi bassi, sia all inizio che alla fine della mungitura stessa. E fondamentale curare la pulizia della mammella La sanità e la funzionalità dell apparato mammario delle bovine sono di fondamentale importanza per la migliore riuscita degli allevamenti di bovine da latte. Da questi due aspetti, infatti, dipende direttamente la qualità igienico-sanitaria e casearia del latte: le alterazioni del latte causate dalle mastiti, anche quando non ne pregiudicano l uso, influenzano in modo rilevante la quantità e la qualità dei prodotti trasformati e di conseguenza la redditività delle produzioni. Ne consegue che tutto ciò che ha riflesso, diretto o indiretto, sullo stato sanitario della mammella può essere rilevante, a vario livello, sulla qualità della materia prima. Al di là di quelli più facilmente riconoscibili, come spese per farmaci, i costi più elevati collegabili alla mastite sono quelli legati: alla mancata produzione di latte: ad ogni raddoppio della conta cellulare media della lattazione si ha una minore produzione di circa 700 gr di latte/giorno; il che vuol dire che una vacca che ha una conta media di cellule/ml produce nella lattazione circa due quintali in meno di latte, a parità di alimentazione, genetica, altre patologie ecc. di quello che avrebbe prodotto se avesse fatto la lattazione a cellule. Il tutto anche senza mostrare nessun segno di mastite. alle alterazioni biochimiche della materia prima (particolarmente importanti quando il latte è destinato alla trasformazione casearia): riduzione dei tenori in grasso, proteine e lattosio; modificazione della composizione delle proteine del latte con aumento delle sieroproteine e riduzione della caseina (da 77% a 73%) e, con essa, della resa; aumento di sodio e cloro e conseguente calo dell acidità; attivazione del plasminogeno la cui attività proteolitica condiziona negativamente la forza del coagulo. La mungitura Una mungitura inadeguata è uno tra i principali fattori capaci di causare mastite. Infatti può essere responsbile della trasmissione tra vacche di batteri della mastite, e ciò tramite le tettarelle, le mani del mungitore o spugne/stracci usati per la pulizia: è questo il meccanismo attraverso cui si diffondono le mastiti causate da microbi contagiosi, come Staphiloccus aureus o Streptococcus agalactiae. Ricordiamo che i microbi entrano dal capezzolo: la mungitura può rendere meno resistente la punta del capezzolo quando lo danneggia. E possibile valutare questo effetto osservandone la punta: quando si formano delle callosità, specialmente se screpolate o sanguinanti, allora aumenta il rischio di mastite. 39

40 I capezzoli lesionati da sovramungitura sono molto più esposti al rischio di mastite Tra le cause che favoriscono queste situazioni c è innanzitutto la sovramungitura, cioè la mungitura troppo lunga. Per evitare la sovramungitura vanno ridotte al massimo le fasi di basso flusso di latte: all inizio della mungitura questo è possibile preparando accuratamente le vacche tramite una massaggio vigoroso (che coincide con l eliminazione del primo latte e la pulizia dei capezzoli ed una sufficiente attesa prima dell attacco: in tal modo la vacca darà subito molto latte appena attaccata. Al termine, la sovramungitura si evita facendo regolare adeguatamente lo stacco automatico o manuale dell impianto. Nelle bovine ben conformate la trazione non serve. Una mungitura scorretta può facilitare la penetrazione dei batteri nel capezzolo quando si verificano repentini ingressi d aria ( soffi ). Quando un gruppo soffia durante la mungitura porta nella mammella i microbi della mastite In tali situazioni l aria aspirata dalla tettarella forma in direzione dei capezzoli un flusso retroverso che può spingere all interno di questi i microbi. Ovviamente questa situazione è tanto più pericolosa quanto più è sporca, cioè carica di microbi, la mammella al momento della mungitura! Per una corretta gestione della mungitura è fondamentale un efficace e regolare controllo dell impianto eseguito da tecnici preparati: sono infatti molti i malfunzionamenti dell impianto (zoppicamenti dei pulsatori, carenze della pompa ecc) che aumentano il rischio di mastitie. E però importante che il tecnico, al di là dell individuazione di tali malfunzionamenti, sappia fornire anche indicazioni sulla corretta configurazione dell impianto (livello di vuoto, rapporto di pulsazione, taratura stacchi ) in funzione delle caratteristiche srutturali dell impianto stesso, del tipo di bovine, del tipo di routine. 40

41 Sulla base di quanto sopra sinteticamente esposto, è possibile fissare alcuni criteri per una corretta routine di mungitura. E probabile che la formazione del mungitore abbia sull incidenza della mastiti un influenza maggiore di molte sottigliezze sul funzionamento dell impianto. I cardini di una corretta routine di mungitura ( attacca tardi e stacca presto ) sono i seguenti: garantire alle bovine un ambiente pulito e privo di stress: è ben documentato che soli in tali condizioni le vacche danno correttamente e velocemente il latte; eliminare un po di latte per ogni capezzolo prima di attaccare le tettarelle per: vedere se ci sono delle mastiti anche lievi, cioè con solo un po si stoppini anche senza gonfiore del quarto. garantire una massaggio adeguato, cioè di almeno assieme o in alternativa al lavaggio; Vanno sempre eliminati i prirmi getti di latte per effettuare un buon massaggio e per individuare piccoli stoppini segno di mastite pulire i capezzoli in modo efficace. Quando si devono lavare le mammelle perché entrano sporche in sala, è necessario anche asciugarle perfettamente dato che l attacco del gruppo a tettarelle bagnate è per vari motivi quanto di più pericoloso si possa fare: d altro canto è ben noto che questa operazione spesso viene tralasciata. Al di là del fatto che l intervento fondamentale da fare in questi casi è sulla stalla in modo da avere vacche che entrano pulite in sala, e la cui pulizia può pertanto essere effettuata facilmente e velocemente, dove ciò non avviene è da valutare l opportunità dell utilizzo del predipping. Il predipping consiste nella pulizia della mammella con appositi prodotti prima dell applicazione del gruppo di mungitura. Può essere effettuato solo con prodotti appositamente registrati che danno adeguate garanzie di innocuità. Dopo la distribuzione sui capezzoli (spray o per immersione) devono essere lasciati agire per secondi quindi accuratamente rimossi con carta a perdere. Specialmente se i prodotti utilizzati sono a base di acqua ossigenata, questa pratica manifesta spesso anche una notevole efficacia nella prevenzione della contaminazione del latte da parte di clostridi sporigeni. se le mammelle sono state lavate, asciugare perfettamente i capezzoli con tovaglioli individuali di carta a perdere o di stoffa lavati dopo ogni uso; attaccare il gruppo di mungitura entro due minuti dall inizio della stimolazione. E importante applicare i gruppi non prima di 60 dopo l inizio della stimolazione in modo da ottenere l immediata emissione del latte al momento dell attacco e così accorciare il tempo di permanenza del gruppo sui capezzoli. Durante la mungitura solo il latte della cisterna della mammelle esce per differenza di pressione tra interno ed esterno. Per raggiungere la cisterna deve venire spinto dagli alveoli del tessuto alveolare: tale movimento avviene perche gli alveoli sono spremuti dalle cellule mioepiteliali che le circondano, e siò avviene grazie allo stimolo dell ossitocina. 41

42 Serve un buon massaggio ed un tempo adeguato perché l ossitocina raggiuga la mammella L ossitocina viene liberata dalla postipofisi dopo che il capezzolo è stato stimolato dal vitello o dal massaggio del mungitore. L ossitocina impiega circa un minuto a raggiungere la mammella. Finchè ciò non avviene, se il gruppo è già attaccato vi sarà l aspirazione del gruppo di mungitura senza che vi sia sufficiente latte pronto per scendere e ciò crea un stress fisico molto intenso ai capezzoli, un aumento dei danni causati da eventuali soffi, una risalita del gruppo di mungitura che verrà così a stozzare la base del capezzolo rallentando ulteriormente la mungitura se necessario, aggiustare la posizione dei gruppi in modo da ridurre al massimo ingressi d aria e sbilanciamento della mungitura tra quarti anteriori e posteriori. E ben noto ad ogni bravo mungitore come questa attenzione, nella sua apparente banalità, sia importante; a fine mungitura staccare tempestivamente il gruppo disattivando il vuoto prima di rimuovere il gruppo. E ormai ben dimostrato che non serve, anzi è pericoloso, sovramungere: una piccola quantià di latte residuo nella cisterna della mammella non dà problemi né di mastite nè di calo della produzione, mentre sono ben documentati i danni della sovramingitura; almeno dove vi sono o sono state solo da poco tempo eliminate infezioni da contagiosi, è importante effettuare il postdipping subito dopo la rimozione del gruppo. Il post-dipping, eliminando in modo semplice, efficace ed economico la massima parte dei microrganismi che si trovano sul capezzolo a fine mungitura, riduce drasticamente il rischio che questi entrino nel capezzolo e, con esso, quello di nuove infezioni mammarie in una misura variabile dal 50 al 95%. In definitiva in una stalla è importante avere per la maggior parte delle vacche curve di emissione del latte che crescano velocemente, mantegano per alcuni minuti un emissione costante e che poi calino in modo repentino, con periodi di flusso basso (=< 400 gr/min) ridotti al minimo; in particolare sono da evitare l andamento bimodale (uscita immediata del latte cisternale, calo del flusso a seguito della svuotamento della cisterna, ripresa del flusso collegabile all emissione del latte alveolare ((a) nella figura) e la sovramungitura finale per ritardato stacco ((b) nella figura). 42

43 Esistono oggi dispositivi (sia mobili che fissi e collegati ai software di gestione della sala di mungitura) che permettono di studiare gli andamenti delle curve di emissione fornendo un potente strumento di assistenza tecnica e di gestione della mungitura. Come intervenire e prevenire Quando ci sono dei problemi di cellule o di mastiti è importante chiedere al veterinario di fare analisi specifiche, chiamate esami colturali per capire che microbi stanno causando la mastite dato che per risolvere il problema si devono fare cose diverse a seconda dei microbi che prevalgono. Le mastiti si controllano: tenendo le vacche su una lettiera pulita (anche in asciutta, che è il periodo in cui entrano nella mammella molti dei microbi che daranno poi le mastiti durante la lattazione); curando la manutenzione dell impianto e mungendo con molta attenzione per non trasmettere le infezioni e per non danneggiare la punta del capezzolo che è la porta della mammella; individuando le vacche mastitiche (anche subcliniche) per: eliminare il latte mastitico; curare la mastite; separarle dalle altre se ha un infezione contagiosa; riformare le vacche. Quando la mastite è subclinica non si vedono segni esterni: le vacche malate si possono individuare tramite il CMT (California Mastitis Test, comunemente detto padellino o la conta individuale delle cellule, molto più precisa. L esecuzione mensile dell analisi delle cellule su ogni singola vacca permette di ottenere molte e importanti informazioni sia a livello di vacca (età dell infezione, sull prognosi, sulla causa ecc.) che di allevamento (efficacia degli interventi effettuati, nuove infezioni ecc.); Il CMT permette di individuare in modo economico e veloce le mastiti subcliniche alimentando le vacche esclusivamente con alimenti di ottima qualità dato che prodotti mangimi ma anche foraggi- scadenti possono abbassare le difese immunitarie delle bovine rendendole più esposte alle infezioni; usando correttamente, secondo le indicazioni del veterinario, la terapia antibiotica, sia in lattazione che in asciutta. La terapia è uno strumento fondamentale per il controllo delle cellule: è perciò necessario rivolegersi al veterinario per aver tutte le indicazioni del caso, prima di tutto la scelta del farmaco. Le indicazioni vanno applicate scrupolosamente perchè molto spesso le modalità ed i tempi di esecuzione incidono sul successo della terapia più del tipo di antibiotico scelto. In particolare è importante: intervenire nelle primissime fasi della mastite; 43

44 non sospendere la terapia prima del tempo; non usare i farmaci con modalità (via di somministrazione, terapia combinata, dosagg, associazioni) diverse da quelli prescritte); somminstrare il farmaco in adeguate condizioni di igiene. La terapia antibiotica va gestita con la massima cura per prevenire il rischio di residui nel latte. L asciutta è un momento fondamentale per il controllo delle cellule: infatti molte delle mastiti che si manifestano in lattazione vengono contratte durante questo periodo (in particolare le prime e le ultime due settimane quando il capezzolo non è chiuso perfettamente). Per questo è importante il trattamento antibiotico in asciutta che serve: per curare le mastiti delle vacche asciugate con le cellule alte (in asciutta la terapia è più efficace perchè si possono usare dosaggi più alti e perchè l antibiotico resta in mammella più tempo non venendo munto con il latte); per prevenire nuove infezioni eliminando i microbi che dovessero entrare in mammella prima che i capezzoli si chiudano (circa due settimane); l abbinamento all antibiotico di un sigillante ha dimostrato la capacità di aumentare molto questa attività preventiva del trattamento ed è un potente strumento di controllo delle nuove infezioni da microbi ambientali. Se è vero che le bovine devono sempre essere tenute in una ambiente pulito, garantire un ambiente pulitissimo in particolare nelle due settimane prima e dopo il parto (quando le difese delle vacche sono ridotte al minimo), è sicuramente il principale intervento di profilassi della mastiti ambientali. Il rischio residui Quando si cura una vacca con dell antibiotico e importantissimo accertarsi che non ne rimangano residui nel latte. Questi residui costituiscono le cosiddette sostanze inibenti, chiamate così perché sono capaci di inibire la crescita di un particolare batterio utilizzato nei test di laboratorio che si utilizzano per individuarne la presenza nel latte. I residui di sostanze inibenti nel latte costituiscono un grave rischio per il consumatore: in particolare negli individui allergici si possono verificare sintomi variabili da lievi manifestazioni cutanee a gravi shock anafilattici e per questo motivo la consegna di latte con residui di antibiotici può comportare responsabilità penale ai sensi degli art.5,6,12 L.283/62. I residui di sostanze inibenti possono compromettere la vitalità dei batteri lattici del sieroinnesto che di conseguenza non è in grado di acidificare la cagliata che perciò molto spesso si gonfia precocemente per lo sviluppo di germi ad attività anticasearia, con relativi enormi danni economici per il caseificio. Le sostanze inibenti non arrivano al latte solo da trattamenti effettuati direttamente in mammella, ma possono essere eliminati attraverso il latte, a seguito di trattamenti terapeutici per altre vie (intramuscolare, endovenosa, orale, intrauterina, cutanea, sottocutanea). Il trattamento di un solo quarto non dà garanzie che l antibiotico non passi in quantità rilevabili negli altri quarti. Le regole per prevenire i residui di sostanze inibenmti nel latte: utilizzare i farmaci solo quando necessario e sempre sotto la guida del veterinario; rispettare scrupolosamente i tempi di sospensione successivi ad ogni trattamento, anche non intramammario, ricordando che quelli riportati sul foglietto si riferiscono all utilizzo dell antibiotico strettamente nelle dosi e con le modalità descritte. Ogni altro uso è improprio e richiede un adeguamento del tempo di sospensione; identificare in almeno 2 modi ben visibili e non rimovibili accidentalmente gli animali al momento del trattamento; mungere le bovine il cui latte deve essere scartato per ultime oppure utilizzare un gruppo di mungitura a parte da lavare accuratamente dopo la mungitura; utilizzare adeguati sistemi di registrazione dei trattamenti; utilizzare test di screening per individuare la presenza di residui prima di riprendere a consegnare il latte o se vi sia un dubbio sull identificazione dell animale trattato; il test non va mai eseguito prima del termine del tempo di sospensione; 44

45 aumentare la consapevolezza del personale sul corretto utilizzo del farmaco spiegando chiaramente le conseguenze della eventuale positività e definendo chiaramente le mansioni per iscritto; utilizzare correttamente disinfettanti e detergenti, che devono essere autorizzate per l uso specifico. Clostridi I clostridi sono batteri a forma di bastoncino, sporigeni, che possono quindi formare al loro interno una cellula dormiente, chiamata endospora. Il processo che porta alla formazione delle spore inizia quando una popolazione di cellule batteriche, cosiddette vegetative, rallenta la fase di moltiplicazione esponenziale a causa di fenomeni stressanti, per esempio per carenza di una sostanza necessaria allo sviluppo. La specie di clostridi che più comunemente viene ritrovata nei formaggi difettosi è Clostridium tyrobutyricum; meno frequentemente vengono identificati batteri appartenenti alle specie Clostridium butyricum e Clostridium sporogenes. Clostridium butyricum e Clostridium tyrobutyricum. Si tratta di specie in grado di fermentare carboidrati solubili, amido e pectine con la formazione di acido acetico e soprattutto butirrico, anidride carbonica e idrogeno. Per questo motivo i clostridi che provocano gonfiore vengono generalmente indicati come butirrici; Clostridium sporogenes. Specie responsabile di degradazioni putrefattive dei composti azotati, quindi fortemente proteolitica. I clostridi hanno il loro habitat naturale nel terreno; l entità della loro presenza varia in funzione della tessitura dello stesso (i suoli ricchi di scheletro contengono meno spore) e della quantità e qualità delle concimazioni organiche da deiezioni zootecniche. La diffusione dei clostridi segue uno schema preciso: le spore presenti nelle produzioni vegetali imbrattate di terra influenzano la quantità di quelle degli alimenti conservati (essiccati o insilati); il numero di spore negli alimenti condiziona quello nelle feci, che inevitabilmente contaminano l ambiente di allevamento, gli animali, gli impianti di mungitura e di conseguenza il latte; le feci, a loro volta, tornando come concimi organici al terreno le restituiscono e possono indurre fenomeni di arricchimento di spore nello stesso. Anche se non è sempre possibile mettere in relazione il numero di spore con l inquinamento da terra degli alimenti zootecnici, è importante che questo sia il più possibile ridotto. Gli alimenti possono essere imbrattati di particelle di terreno, sia in seguito all adesione di polvere direttamente sugli steli, sulle foglie e sulle granelle, sia perché durante la fase di raccolta può determinarsi l incorporazione nella massa di quantità di terra più o meno rilevanti a seconda delle condizioni operative dei cantieri di raccolta. La presenza di terra nei foraggi, ad esempio, diventa particolarmente importante quando si adottano tecniche di alimentazione che non consentono alle bovine di operare una selezione in mangiatoia. Per valutare la quantità di terra presente nei foraggi può essere utilizzato come indice il contenuto di ceneri. Generalmente si ritengono troppo contaminati da terra quei foraggi che presentano percentuali di ceneri superiori al 10-12%, anche se non è raro riscontrare valori che superano, e di molto, il 15%. La presenza di terra nel fieno è influenzata principalmente dall altezza di taglio dei foraggi. Da dati sperimentali si è riscontrato un generale maggior contenuto in ceneri in tagli effettuati ad altezze intorno ai 4 cm, mentre oltre i 7 cm il contenuto in ceneri diminuisce drasticamente. I livelli di spore risultano molto variabili sia per tipo di alimento sia all interno di ogni categoria dello stesso. Risultati di numerose analisi mostrano che è possibile ottenere alimenti praticamente esenti da spore, ma emerge altrettanto chiaramente che tutti possono essere a rischio. Il potenziale inquinante è comunque diverso: gli insilati risultano mediamente più contaminati, seguono i concentrati e i fieni. Nel caso di alimenti conservati mediante insilamento, infatti, le spore possono trovare condizioni di sviluppo e moltiplicazione. Il numero di spore presenti nella razione dipende dalla sua composizione e dal grado di contaminazione dei vari componenti. Nell alimentazione delle bovine da latte per Parmigiano Reggiano assume molta importanza il contenuto sporale dei mangimi. 45

46 Il numero di spore emesse con le feci dipende strettamente dal numero di quelle ingerite con gli alimenti. Le spore non vengono degradate nel tratto digerente delle bovine, e generalmente nelle feci se ne riscontrano più di quante ne siano state ingerite. Il numero di spore nel latte è legato strettamente al numero di spore presente nelle feci. La contaminazione del latte dipende, in linea generale, dal grado di imbrattamento delle bovine e più specificatamente delle mammelle, quindi dal sistema di allevamento e di mungitura adottati e dal livello di cura posto nella loro gestione. Come si determinano le spore dei clostridi Ancora oggi disporre di un metodo affidabile e uniformemente applicato per valutare la presenza dei clostridi nel latte, nei prodotti caseari e in altri materiali, rappresenta un problema non completamente risolto. Il metodo MPN (Most Probable Number), generalmente adottato dai laboratori fiduciari dei caseifici, fornisce una stima del numero di spore presenti nel campione. Questa tecnica prevede la pastorizzazione del campione in modo da eliminare tutte le specie batteriche non sporigene, ma anche le forme vegetative degli stessi sporigeni. Il campione viene inoculato in provette che contengono il terreno nutritivo seguendo schemi che dipendono dal grado di precisione voluto e dal livello di contaminazione atteso: in genere vengono effettuate 3 diluizioni per 3 o 5 ripetizioni. L anaerobiosi si ottiene attraverso la formazione di un tappo sulla superficie delle provette inoculate costituito da una miscela di vaselina e paraffina o agar-acqua. L eventuale spostamento verso l alto di questo tappo, in seguito alla formazione di gas all interno del terreno sottostante, dovuto alla germinazione delle spore e allo sviluppo dei clostridi anaerobi gasogeni, rappresenta il sistema attraverso il quale viene determinato il risultato. Dalla lettura delle positività ottenute sulla serie di provette inseminate per ogni campione, attraverso apposite tavole numeriche, costruite mediante l elaborazione statistica di dati sperimentali, viene individuato il numero più probabile di spore presenti nel campione, cioè quello che più si avvicina al numero di spore che sarà in grado di germinare e quindi di creare danni nel corso della maturazione del formaggio. La frequenza dei campioni positivi alla ricerca di spore di clostridi nel latte per Parmigiano-Reggiano negli ultimi 10 anni è decisamente aumentata: si è passati da circa il 10% di campioni positivi al 20% e oltre. Gli stessi dati, visualizzati per trimestre, mostrano un tipico andamento ciclico stagionale: la frequenza minima, nel corso dell anno, si ottiene sempre nel secondo trimestre (da aprile a giugno), con un innalzamento repentino nel trimestre. Si può affermare, sebbene con cautela, che negli anni non solo è aumentato il numero di campioni di latte positivi, ma aumenta pure il numero di spore che li rendono tali. I difetti provocati nel formaggio I clostridi sono fra i principali responsabili della comparsa di difetti, anche gravi, nei formaggi a lunga stagionatura, con notevole deprezzamento del prodotto. Le forme di formaggi grana con difetto da fermentazione butirrica risultano caratterizzate dalla presenza, nella zona centrale, di numerosi occhi composti, di grosso diametro, per lo più accompagnati da spacchi e fessurazioni longitudinali; la pasta, in tale zona, può presentare anche una densa e minuta occhiatura e un colore paglierino più intenso tendente al bruno. A questi difetti di struttura si accompagnano alterazioni organolettiche. La germinazione delle spore presenti nel latte da caseificare, e la successiva attività metabolica delle forme vegetative, comporta una considerevole produzione di anidride carbonica e di idrogeno, di acidi organici volatili, principalmente acido butirrico e acido acetico, e di sostanze azotate di basso peso molecolare. La produzione di gas è responsabile del gonfiore, delle occhiature e delle spaccature della pasta del formaggio. La produzione di acidi organici e l attività proteolica portano, invece, ad alterazioni di sapore e aroma. Le spore di Clostridium butyricum e Clostridium sporogenes, le specie che più frequentemente sono presenti nel latte, trovano difficilmente nel formaggio le condizioni chimico-fisiche favorevoli per la germinazione e la moltiplicazione delle forme vegetative. Per contro, anche se meno frequente nel latte, Clostridium tyrobutyricum, può moltiplicarsi facilmente nel formaggio in corso di stagionatura. I difetti da gonfiore vengono classificati in base al momento della stagionatura del formaggio in cui compaiono. Il gonfiore precoce insorge quando nella cagliata è ancora presente lattosio ed è correlato allo sviluppo di batteri coliformi o di clostridi. 46

47 In quest ultimo caso il responsabile è Clostridium butyricum. Questa specie sviluppa molto rapidamente, dando luogo alla formazione di microcolonie composte da un numero elevato di cellule con intensa produzione di gas e conseguente gonfiore, con evidente deformazione delle forme. La fermentazione butirrica precoce non è molto frequente ma, per contro, è violenta. Lo sviluppo termina con la sporificazione e la lisi delle cellule. Il ciclo fermentativo di Clostridium butyricum interessa i primi giorni di vita del formaggio, soprattutto nei casi in cui l acidificazione lattica da sieroinnesto è lenta e debole. Il gonfiore tardivo è un difetto largamente diffuso nella produzione di formaggi a pasta dura. In genere le cause di questo difetto sono da ricercare nella presenza nel latte destinato alla caseificazione di microrganismi che possono fermentare i lattati (sali dell acido lattico): si tratta in genere di clostridi e/o di batteri propionici. Il gonfiore tardivo da clostridi è nella maggior parte dei casi dovuto allo sviluppo di Clostridium tyrobutyricum; la germinazione delle sue spore può avvenire nelle prime ore di vita del formaggio ma le cellule vegetative hanno una riproduzione molto lenta che dura per alcuni mesi prima che l accumulo di gas sia consistente e determini gonfiore nella forma. Il gonfiore si manifesta in genere a 5-6 mesi di età del formaggio. Anche i processi di sporificazione e di autolisi sono altrettanto lenti. Clostridium tyrobutyricum rappresenta senz altro la specie che più interessa l industria casearia in quanto, oltre a resistere in ambienti acidi quale la pasta fermentata del formaggio, può utilizzare a fini energetici proprio l acido lattico derivante dalle fermentazioni batteriche filo-casearie trasformandolo in acido butirrico, acido acetico, anidride carbonica e idrogeno. Anche Clostridium sporogenes dà luogo a una fermentazione tardiva. Si tratta di una specie frequente nelle zone dove non si utilizzano insilati. Il difetto provocato da Clostridium sporogenes è particolarmente subdolo: si può manifestare anche oltre i 12 mesi di età, si evidenzia solo al taglio delle forme e rende il formaggio non commestibile per lo sviluppo di sapori e odori sgradevoli dovuti alla degradazione delle sostanze azotate. Come limitare i danni In azienda: l obiettivo è quello di limitare al massimo l ingresso delle spore nel sistema di produzione del latte. Ciò si realizza con una corretta produzione e preparazione degli alimenti. È necessario: tagliare i foraggi ad un altezza non inferiore a 7-8 cm; regolare l altezza dal terreno degli organi di lavoro di voltafieno, ranghinatori e pick-up di raccolta in modo che questi sfiorino appena il terreno, soprattutto nel caso di terreni non livellati, in pendenza e in presenza di scarsa produzione foraggera; adottare accorgimenti e attrezzature per separare la terra dal fieno prima dell utilizzazione; raccogliere i residui in mangiatoia; curare la pulizia dei sili e operare lo svuotamento completo degli stessi prima della immissione di nuovo mangime; controllare l umidità dei prodotti immagazzinati; effettuare controlli analitici sulle forniture e selezionare i fornitori di mangime. In stalla: l obiettivo è quello di limitare al massimo l inquinamento del latte da spore, mettendo in atto accorgimenti che permettano di migliorare la gestione dell ambiente di allevamento e della mungitura, riducendo l imbrattamento delle mammelle con materiali fecali. È necessario: evitare il sovraffollamento delle stalle e rimediare a errori di dimensionamento e progettazione delle superfici di stabulazione; curare la pulizia delle aree di stabulazione interne ed esterne, e in particolare della zona di riposo, mediante la frequente asportazione delle deiezioni e il ricambio della lettiera; pulire accuratamente la mammella prima della mungitura; evitare per quanto possibile il contatto delle apparecchiature di mungitura con superfici sporche di feci (caduta prendicapezzoli, ecc.); lavare e pulire accuratamente i locali di mungitura, le attrezzature e gli impianti che possono venire a contatto con il latte. 47

48 Regolamento di alimentazione delle bovine da latte (DM20/07/2006) Per evitare che gli insilati, anche attraverso il terreno ed i foraggi, possano contaminare l'ambiente di stalla, negli allevamenti delle vitelle, delle manze fino al sesto mese di gravidanza e delle bovine da latte, sono vietati l'uso e la detenzione di insilati di ogni tipo. L'eventuale allevamento di animali da carne deve avvenire in ambienti distinti e separati da quelli degli animali della filiera latte. E', comunque, vietata anche la semplice detenzione in azienda di insilati di erba e di sottoprodotti, quali le polpe di bietola, le buccette di pomodoro, ecc., conservati in balloni fasciati, trincee, platee o con altre tecniche. Le bovine da latte provenienti da filiere produttive diverse da quella del Parmigiano-Reggiano, possono essere introdotte negli ambienti delle vacche in lattazione ed in asciutta dopo non meno di quattro mesi dall'introduzione nell'azienda. In tale periodo le bovine da latte devono essere alimentate conformemente alle norme del presente Regolamento e il latte, eventualmente prodotto, non può essere conferito in caseificio. Le aziende agricole non appartenenti alla filiera Parmigiano-Reggiano sono autorizzate al conferimento del latte dopo non meno di quattro mesi dalla visita ispettiva Grasso Il grasso del latte rappresenta un importante componente ad alto valore energetico che apporta anche sostanze nutritive nobili quali le vitamine A, D, E e K. La sua importanza va oltre la determinazione del valore energetico e la resa in burro perché influenza la resa casearia ed interviene nella maturazione dei formaggi partecipando attivamente alla determinazione della qualità. La composizione del grasso nel latte è formata da una miscela di acidi grassi a diverso peso molecolare il 50% dei quali (circa) sono leggeri e sono sintetizzati dalla mammella a partire dall acido acetico proveniente dalla fermentazione ruminale della fibra contenuta nella razione mentre gli altri provengono sia direttamente dagli alimenti ingeriti sia dalla mobilizzazione dei grassi di deposito presenti nel corpo dell animale. Nel latte il grasso si trova sotto forma di globuli di piccolissime dimensioni che tendono ad affiorare essendo più leggeri della fase acquoso proteica. Se si può stabilire che mediamente il latte di vacca contiene tra il 3,5 e il 3,7% di grasso, occorre anche specificare che la variabilità di questo valore è altissima e dipende da una molteplicità di fattori alcuni dei quali sono modificabili in breve tempo altri invece solo nel lungo periodo ed altri ancora difficilmente influenzabili. I più importanti fattori di variazione sono i seguenti: genetici: determinano il limite oltre il quale quella bovina non può andare ma che a causa di varie influenze ambientali essa può solo scendere. Generalmente la selezione può aiutare ad innalzare il tenore di grasso essendo questo un carattere ad alta ereditarietà che si muove spesso in coppia con le proteine. alimentari: attraverso l alimentazione si può influenzare la produzione di grasso che la mammella sintetizza utilizzando i precursori derivati direttamente dagli alimenti ( acidi grassi a catena lunga) sia risintetizzando alcuni prodotti delle fermentazioni ruminali come l acido acetico. periodo di lattazione: con la massima produzione di latte (primo periodo post parto) si ha la minima concentrazione di grasso che poi cresce via via fino al raggiungimento del valore massimo in prossimità dell asciutta. sanitari: una mammella attaccata da germi patogeni sintetizza più difficilmente provocando quindi una diminuzione del grasso. altri fattori: la modalità e la qualità di mungitura così come il clima nei suoi valori di temperatura più alti e bassi influenzano la quantità di grasso sintetizzato. La pratica dell'affioramento naturale del grasso durante la sosta del latte nelle bacinelle o vasche, in attesa della trasformazione in formaggio grana, è nata con il formaggio stesso. La risalita del grasso risulta inversamente proporzionale all'altezza dello strato del latte posto a riposo ed è correlata negativamente con la temperatura del latte; essa viene influenzata sfavorevolmente dallo sbattimento che il latte subisce durante la mungitura e le operazioni di trasporto. Nel determinismo del fenomeno giocano un ruolo 48

49 importante le proteine agglutinanti presenti nel latte, nonché la durata, le condizioni di riposo e della camera del latte. La capacità di affioramento varia in rapporto alla influenza di numerosi fattori, quali alimentazione e stato metabolico delle vacche, parametri produttivi e fase fisiologica della lattazione, caratteristiche del latte, etc.. Da tale proprietà dipendono l'entità e la quantità dello strato della panna, aspetti di indubbio interesse caseario, in quanto al fenomeno sono legati, da un lato, il tenore in grasso e la quantità di latte lavorabile e, dall'altro, il titolo della crema da burrificare. L'affioramento del grasso in quanto tale è fondamentale non soltanto per la standardizzazione del rapporto grasso:caseina, ma anche ai fini del conseguimento di una certa "debatterizzazione" del latte in caldaia, fenomeno legato sia ai processi di agglutinazione dei batteri sia alla stessa aggregazione e risalita dei globuli di grasso. In particolare, la capacità di affioramento può esercitare un'influenza significativa sul grado di "depurazione" microbica del latte che passa in caldaia e che interessa soprattutto i batteri "anticaseari". Caseina Le proteine sono l elemento più importante dei nutrienti del latte e sono in grado di determinare in modo decisivo la resa alla caseificazione. Per queste caratteristiche il parametro proteine è alla base di qualunque sistema di pagamento differenziato del latte. I tre raggruppamenti principali che compongono le frazioni azotote del latte sono: le caseine, le siero proteine e l azoto non proteico. In verità l insieme dei componenti di ciascuna delle tre classi è molto più complesso: Caseine: sono diverse (alfa, beta, k e caseine minori) e sono molecole che formano micelle di diametro variabile unendosi insieme. Proteine del siero: sono quelle che non restano imprigionate nella cagliata all atto della coagulazione e sono rappresentate principalmente da alfa lattoalbumina e beta lattoglobulina. Azoto non proteico: costituito soprattutto da urea che, sintetizzata dal fegato passa direttamente al latte senza modifiche. Questa è una frazione che non ha interesse particolare dal punto di vista caseario. Di queste componenti la frazione più importante è costituita dalle caseina che sono il 77% del totale, seguite dalle proteine del siero (18%) e dall azoto non proteico (5%). La sintesi delle proteine avviene ad opera delle cellule mammarie a partire dagli amminoacidi contenuti nel sangue e provenienti per lo più dall assorbimento intestinale. Il contenuto medio di proteine nel latte varia tra 3,1% e 3,4% ma, come per il grasso, il dato è soggetto ad altissima variabilità dovuta a cause che si possono sovrapporre a quelle del grasso: Quali sono dunque gli accorgimenti che l allevatore deve adottare per massimizzare il tenore di grasso e di proteine? Premesso che la selezione genetica è in grado di mettere le basi per produrre latte con buoni contenuti, l allevatore può intervenire in maniera determinante agendo sul fattore più importante che è l alimentazione, curando e controllando lo stato sanitario della mandria, adottando una tecnica di mungitura precisa e igienicamente corretta, migliorando laddove possibile le condizioni di stabulazione degli animali. La caseina costituisce la vera e propria materia prima del formaggio da cui dipendono gran parte delle caratteristiche reologiche della cagliata, la capacità di contrazione della massa caseosa ed il rendimento della trasformazione casearia, nonché le proprietà fisico-chimiche e funzionali del prodotto finito. Il contenuto di caseina svolge un ruolo fondamentale, con il grasso, nella determinazione della resa della trasformazione casearia. La quantità di formaggio varia quindi in relazione diretta con la caseina e in misura tanto più stretta quanto più basso è il rapporto grasso:caseina del latte in caldaia. Per quanto riguarda il Parmigiano-Reggiano le osservazioni disponibili indicano chiaramente che la resa in formaggio è fortemente associata al contenuto in caseina del latte. Il contenuto di caseina concorre in misura importante alla determinazione delle caratteristiche reologiche del latte con particolare riferimento alla consistenza del coagulo ed alle proprietà funzionali del reticolo caseinico, cui si rapportano i requisiti di elasticità, permeabilità, omogeneità e compattezza della massa caseosa. È noto che i latti più ricchi di caseina danno normalmente origine a cagliate dotate di maggiore consistenza. Questo peculiare ruolo della caseina risulta cruciale nelle specifiche condizioni tecnologiche di produzione dei formaggi Grana Padano e Parmigiano-Reggiano. Il latte con più caseina fornisce un coagulo dotato di maggiore consistenza e di migliore attitudine alla sineresi. Esso manifesta una maggiore forza di 49

50 contrazione, cui corrisponde una più elevata capacità di spurgo per unità di tempo, condizione importante per ottenere un formaggio con idoneo gradiente di umidità. Nella produzione del Parmigiano-Reggiano la cagliata ottenuta da un latte ricco di caseina raggiunge un buon grado di rassodamento; i granuli caseosi sono dotati di maggiore consistenza ed elasticità e manifestano una buona capacità di coesione e di spurgo; il siero risulta meno torbido (indice di minori perdite di grasso e di caseina); la massa caseosa all'estrazione dalla caldaia presenta migliore impasto e maggiore uniformità e la forma sul banco risulta giustamente elastica, consistente e permeabile. Il contenuto di caseina rappresenta non soltanto il più importante criterio nella valutazione della qualità del latte da un punto di vista del suo rendimento caseario (resa industriale), ma anche un parametro indubbiamente significativo ai fini della determinazione della qualità del formaggio (resa commerciale). La caseina allo stato nativo, strutturata in micelle che si originano dalla aggregazione di subunità costituite dalle frazioni α s1, α s2, β e k con il concorso del fosfato di calcio colloidale, è interamente destinata a formare la massa caseosa, il formaggio. Le variazioni quanti-qualitative della caseina si ripercuotono, oltre che sulla resa della trasformazione, su tutte le caratteristiche reologiche della cagliata, con riflessi diretti sulla tessitura della pasta e sulla qualità del formaggio. La composizione, le proprietà fisico-chimiche, nonché la struttura intima del sistema micellare del latte rappresentano la risultante di complesse interazioni tra le numerose componenti in gioco (concentrazione ripartizione e tipo genetico delle caseine, fosfato di calcio colloidale, calcio caseinato, etc.), viste in stretto rapporto dinamico con la fase solubile del latte. Anche piccole variazioni possono esercitare un'influenza importante sullo stato di aggregazione delle submicelle e quindi sul grado di dispersione dell'intero sistema micellare. I sistemi micellari più uniformi, comunque contraddistinti da maggiori proporzioni di micelle di piccole dimensioni, come, ad esempio, quelli caratterizzati dalla presenza della k-caseina B, tendono a coagulare in minor tempo. Le varianti delle caseine k e β esercitano un ruolo fondamentale in tutte le fasi della coagulazione presamica del latte. Il latte k-caseina B manifesta una maggiore reattività con il caglio e presenta una migliore attitudine alla formazione del coagulo, il cui reticolo tende ad essere più compatto e più elastico rispetto a quello di tipo k-caseina A. In tali condizioni le perdite di caseina e di grasso risultano inferiori, con ripercussioni favorevoli sulla resa e sulla qualità del formaggio. Anche il latte β -caseina B tende a coagulare in tempi sensibilmente inferiori rispetto a quello di tipo β -caseina A, con effetti importanti sulla velocità di formazione del coagulo e di riflesso anche sulla sua consistenza. Un carattere distintivo importante, comune alle varianti B di k-caseina e di β -caseina, è quello di determinare condizioni fisicochimiche particolarmente favorevoli alla velocità di aggregazione delle micelle di paracaseina, in misura tale da rendere sensibilmente più breve il tempo di rassodamento del coagulo, caratteristica di preminente interesse tecnologico-caseario. 50

51 Elaborazioni dei risultati ottenuti per i diversi parametri analitici Si riportano i risultati analitici ottenuti dai tre laboratori che partecipano a SiQuILaCa in 13 mesi di attività. Nell insieme i record afferiscono a un totale di allevamenti che conferiscono il latte a 175 caseifici delle 5 provincie del comprensorio del Parmigiano-Reggiano. Sono stati sottoposti ad elaborazione statistica, utilizzando il software di elaborazione SPSS, record analitici. I dati sono relativi a tutti parametri che concorrono a definire la qualità del latte per Parmigiano-Reggiano e che vengono utilizzati per la valutazione tecnico-economica dello stesso. La carica batterica totale è stata effettuata utilizzando a regime le apparecchiature Bactoscan FC50 in dotazione ai tre laboratori. La distribuzione dei record analitici per provincia del comprensorio è la seguente: Mantova Parma Reggio Emilia Modena Bologna Totale complessivo La tabella sottostante mostra la media dei singoli parametri, che presentano valori continui, nelle diverse provincie: Parametri Mantova Parma Reggio Emilia Modena Bologna MediaTotale Acidità SH/50 ml 3,25 3,19 3,21 3,22 3,29 3,21 Cellule somatiche x ,58 383,27 306,60 313,71 297,21 348,68 Coliformi ufc 1264,10 340, , , , ,87 Grasso % 3,53 3,56 3,56 3,63 3,62 3,57 Caseina % 2,50 2,51 2,47 2,49 2,50 2,50 CBT ufc x ,05 113,35 119,09 139,91 311,67 116,63 Come si può notare tutti i parametri presentano, fra le diverse provincie, una discreta uniformità di valori medi, in particolare acidità, grasso e caseina. La numerosità dei campioni che afferiscono alla provincia di Parma condiziona la media generale. Per ottenere un quadro abbastanza completo delle analisi effettuate e di come queste si pongono rispetto a risultati storici e/o ad andamenti tipici è stato analizzato l andamento dei valori medi mensili dei diversi parametri. Dai grafici che seguono si evidenzia un normale effetto stagionale sui valori medi assunti dai parametri nel corso del Andamento stagionale Acidità SH/50ml - Valori medi mensili 3,28 3,26 3,24 3,22 3,2 3,18 3,16 3,14 3,12 3,1 nov-05 dic-05 gen-06 feb-06 mar-06 apr-06 mag-06 giu-06 lug-06 ago-06 set-06 ott-06 nov-06 I valori massimi di acidità vengono raggiunti nel mese di dicembre mentre quelli minimi nel mese di luglio. L andamento dei dati in grafico è tipico rispetto a quanto rilevato in letteratura. Nel mese di agosto si deve rilevare un innalzamento dell acidità leggermente superiore all atteso, forse a causa di particolari condiziono climatiche favorevoli che si sono registrate in questo mese nel

52 Lo stesso fenomeno positivo si evidenzierà successivamente anche a carico di altri parametri. Andamento stagionale conteggio cellule somatiche - Valori medi mensili di linear score 4,8 4,7 4,6 4,5 4,4 4,3 4,2 4,1 nov-05 dic-05 gen-06 feb-06 mar-06 apr-06 mag-06 giu-06 lug-06 ago-06 set-06 ott-06 nov-06 Anche l andamento dei valori delle cellule somatiche, espresso come punteggio linear score, è tipico: i valori più favorevoli vengono raggiunti all inizio della primavera mentre quelli che denunciano una maggiore sofferenza dell apparato mammario si evidenziano nei mesi estivi, in particolare luglio e agosto. Andamento stagionale conteggio coliformi - Valori medi mensili nov-05 dic-05 gen-06 feb-06 mar-06 apr-06 mag-06 giu-06 lug-06 ago-06 set-06 ott-06 nov-06 Per quanto riguarda i coliformi si evidenziano valori medi al di sopra della media annuale nei mesi relativi alla tarda primavera ed estate. Come accennato in precedenza il mese di agosto, caratterizzato da temperature non troppo elevate, ha consentito di ottenere buoni risultati per quanto riguarda questo parametro. Il grafico relativo ai contenuti percentuali di grasso e caseina dei latti di massa mostra anche in questo caso un tipico andamento stagionale. I dati assumono i valori massimi mesi invernali e i minimi in luglio. Lo stesso si può affermare per quanto riguarda l andamento dei valori medi di carica batterica totale effettuata mediante Bactoscan. Anche nel caso della CBT il mese di agosto caratterizzato da temperature non troppo elevate ha, probabilmente, consentito di ottenere buoni risultati. I grafici e le tabelle offrono una visione d insieme dei dati che consente di formulare un giudizio di normalità complessiva sul set di dati riferita allo storico e all espressione di variabili che dipendono dalla stagione. 52

53 Andamento stagionale grasso e caseina % - Valori medi mensili 3,75 2,6 3,7 2,58 2,56 3,65 2,54 grasso % 3,6 3,55 2,52 2,5 2,48 caseina % 3,5 2,46 2,44 3,45 2,42 3,4 nov-05 dic-05 gen-06 feb-06 mar-06 apr-06 mag-06 giu-06 lug-06 ago-06 set-06 ott-06 nov-06 2,4 Andamento stagionale CBT totale - Valori medi Mensili ufc x nov-05 dic-05 gen-06 feb-06 mar-06 apr-06 mag-06 giu-06 lug-06 ago-06 set-06 ott-06 nov-06 L analisi statistica vera e propria ha permesso di individuare di range effettivi di normalità dei dati dei singoli parametri e pertanto di individuare i dati analitici al di sopra o al di sotto dei quali i valori ottenuti possono essere considerati frutto di un errore (di campionamento, di analisi, di trascrizione, ecc.). Per ogni parametro è stata individuata la media, il valore minimo e massimo presente all interno del database, la deviazione standard, il coeficiente di variazione %, il limite inferiore e superiore di normalità. Tali limiti sono stati utilizzati per stabilire i valori al di sopra o al di sotto dei quali i risultati analitici vengono considerati anomali e sottoposti a verifica. Per quanto riguarda i parametri cellule somatiche e CBT vengono effettuate apposite trasformazioni logaritmiche al fine di rendere la distribuzione dei valori normale. Per questo motivo nella tabella che segue sono indicati in un caso il cosidetto linear score per quanto riguarda le cellule somatiche e il log in base 10 per la CBT. In entrambi i casi, per facilitare la lettura, segue anche il valore corrispondente ritrasformato in numeri normali; ovviamente, in questo caso - ad esempio - la media non corrisponde al valore precedentemente indicato frutto della media aritmetica dei valori. Media Massimo Minimo Dev Std CV% Limite inf Limite sup Acidità 3,21 5,00 2,50 0,17 5,18 2,78 3,63 Cellule punt. Linear Score 4,53 9,38-0,64 0,89 19,73 2,20 6,90 Cellule n. x , ,00 23,23 8,05 57, ,85 Grasso % 3,57 7,94 1,17 0,31 8,66 2,70 4,43 Caseina % 2,50 4,12 3,64 0,12 4,83 2,19 2,80 log CBT 4,58 7,48 3, ,88 4,55 4,57 CBT ufc x

54 I grafici che seguono mostrano la distribuzione dei parametri sopra tabulati. 54

55 55

56 Per quanto riguarda i coliformi in considerazione dell elevato numero di analisi con risultato pari a zero e la bassa frequenza di esecuzione dell analisi stessa si è optato per mostrare la distribuzione dei dati in base a classi di frequenza. 56

57 Coliformi f F (%) < , , , ,41 > ,09 Totale ,00 Entro le ufc/ml si posizione oltre il 97% dei campioni: devono essere considerati anomali valori che portano ad innalzare la frequenza delle due ultime classi. La tabella e il grafico che seguono mostrano la distribuzione dei campioni fra due classi: positivi e negativi alla ricerca delle spore di Clostridium con metodo indiretto. Scostamenti rapidi della frequenza di queste classi devono destare sospetto. Clostridium f F (%) Negativo ,54 Positivo ,46 Totale ,00 Tipo LDG f F (%) A ,22 AB 57 0,35 AD 18 0,11 AE ,93 B 959 5,88 C 6 0,04 D 8 0,05 DD 1 0,01 E ,72 EA ,30 EF 161 0,99 F 31 0,19 FF 37 0,23 Totale ,00 57

58 90,0 82,8 80,0 70,0 60,0 percentuale 50,0 40,0 30,0 20,0 16,8 10,0 0,0 0,2 0,2 A-B-C D-E F-DD FF LDG La frequenza del tipo LDG, vale a dire le caratteristiche del latte che individuano l attitudine alla coagulazione dello stesso, sono mostrate nella tabella e nel grafico soprastanti. Anche in questo caso rapide importanti variazioni di queste frequenze devono essere considerate anomale. 58

59 Proposta di modifica del parametro CBT nel metodo di pagamento Il metodo convenzionale sinora utilizzato nel Comprensorio del Parmigiano-Reggiano per definire il livello di carica batterica totale presente nel latte è quello della stima della carica batterica tramite resazurina. Il valore ottenuto entra come parametro nel modello per il pagamento del latte a qualità. Il confronto fra la metodica BactoScan e quelle di uso convenzionale nel comprensorio, al fine di validarne l'uso e stabilire un legame fra i risultati ottenuti con i due metodi tale da consentire di ridefinire la griglia parametrica per il pagamento latte qualità, ha permesso di mettere in evidenza che la prova della resazurina può discriminare diverse entità di carica batterica ma solo se le differenze sono fra loro molto rilevanti. Nel contesto attuale è necessario discriminare cariche basse da cariche batteriche bassissime e pertanto sono richiesti livelli di sensibilità e accuratezza analitica molto elevate, prestazioni queste che, alla luce dei risultati ottenuti, l apparecchiatura fluoroptimmetrica acquisita dai laboratori di SiQuILaCa sembra in grado di garantire. Sulla base di queste considerazioni non sono state utilizzate direttamente le classi medie di CBT individuate dal confronto diretto fra le due metodiche ma, al fine di individuare classi di CBT determinata in modo diretto più aderenti agli obiettivi e alla realtà produttiva, è stato sottoposto ad analisi statistica il set di analisi sulla carica batterica frutto della fase pilota di applicazione della metodica. L elaborazione statistica dei dati analitici disponibili del CBT attraverso l analisi della varianza e il test di separazione delle medie di Duncan ha permesso di individuare classi di CBT differenti fra loro con un livello di probabilità del 0.95 %. Le elaborazioni statistiche sono state effettuate con il programma statistico SPSS. ANOVA univariata Somma dei quadrati df Media dei quadrati F Sig. Fra gruppi , , ,018,000 Entro gruppi , ,037 Totale , Test di Duncan CBT CBT N Sottoinsieme per alfa = , , , , Frequenza CBT <= CBT 59

60 Come si può notare l elaborazione statistica, effettuata utilizzando la trasformazione logaritmica usale per le elaborazioni dei dati microbiologici - successivamente ritrasformati in numeri naturali -, permette di individuare 4 classi di carica batterica significativamente differenti: <= > <= (per semplicità di seguito indicato in ) > <= > Simulazione e valutazione degli effetti sul sistema di pesatura economica Sono stati simulati gli effetti dell introduzione di una nuova griglia parametrica per la valutazione della qualità microbiologica del latte sul punteggio della qualità del latte. Nelle discussioni con il gruppo di lavoro si è optato per valutare non solo la griglia derivata dall analisi statistica ma anche altre che da questa discendono ma che, almeno in via preliminare sembravano rappresentare un passaggio meno brusco fra sistemi di valutazione sia dal punto di vista tecnico, sia tenendo in considerazione la psicologia dei fruitori. Si seguito si riportano le griglie di valutazione con i relativi punteggi assegnati alle diverse classi adottate nella fase di simulazione. Griglie classi punteggio CBT met CBT met. 1 n. x.000 CBT met 2 n. x.000 CBT met 3 n. x.000 CBT met 4 n. x.000 Normale (N) Elevata (E) Elevatissima (EE) <=300 >300 <=800 >800 <=100 >100 <=300 >300 <=600 >600 <=1.000 >1.000 <=300 >300 <=600 >600 <=1.000 >1.000 <=100 >100 <=300 >300 <=1.000 > Gli effetti della simulazione di queste 5 griglie di valutazione sul set di analisi (n. 442 analisi) che prevedevano la doppia determinazione resazurina e CBT diretta, sono riportati nelle tabelle che seguono. Lo scopo è stato quello di individuare gli scostamenti delle nuove potenziali griglie rispetto a quella in uso. RESAZURINA Valori E EE N Totale complessivo n. campioni Media punti per analisi ,59 Dati Totale Media CBT 1357,82 Punteggio tot met Media punti met ,59 Punteggio tot met 1-84 Media punti met 1-0,19 Punteggio tot met Media punti met 2-1,71 Punteggio tot met Media punti met 3-1,43 Punteggio tot met Media punti met 4-0,61 Come si può notare la CBT media di questo set di analisi è piuttosto elevata, ma ciononostante il met 1992 assegna un punteggio medio per analisi pari a 1,59 punti, al contrario di quanto avviene utilizzando tutte e 4 le altre griglie che addirittura assegnano un punteggio medio per analisi negativo seppure con severità diverse; vale a dire che in questi 60

61 casi il punteggio assegnato alla CBT andrebbe sottratto a quello complessivamente assegnato agli altri parametri di valutazione delle caratteristiche qualitative del latte. La scala in ordine crescente di severità è la seguente: 1. met 1 2. met 4 3. met 3 4. met 2 La griglia che tende, su questo set di dati, a penalizzare maggiormente una scarsa qualità microbiologica del latte è pertanto la seguente. CBT met 2 n. x.000 <=100 >100 <=300 >300 <=600 >600 <=1.000 > Questa griglia al contrario delle altre, in situazioni abbastanza scadenti dal punto di vista della qualità microbiologica del latte, presentando due classi di valore al disopra dei germi per ml, determina una maggiore penalizzazione per i valori analitici che si posizionano in questa zona. Le quattro griglie di valutazione della CBT diretta sono state utilizzate anche in riferimento a situazioni reali di strutture di trasformazione. In ognuno di questi casi sono stati calcolati i punteggi quindicinali e mensili ottenuti utilizzando assieme ai punteggi delle 4 distinte griglie anche tutti gli altri parametri di valutazione della qualità del latte con lo scopo di valutare la reale incidenza di un metodo rispetto all altro sul punteggio finale e di conseguenza sulla valutazione tecnicoeconomica del latte base per la determinazione del pagamento dello stesso. I risultati ottenuti visti nel loro insieme non differiscono in modo sostanziale fra i diversi caseifici. Mediamente il met 2 risulta sempre quello più severo seguito dal 4, dal 3 e dall 1. Dai risultati ottenuti si evince che l incidenza del parametro CBT a seconda della griglia utilizzata varia dal 7 al 7,8% e che, sulla totalità dei dati, il metodo 2 è sostanzialmente analogo al metodo 4, così come il 3 agisce in modo simile al metodo 1. In conclusione si può affermare che il met 2 seguito dal 4 sono quelli che più tendono a penalizzare una qualità microbiologica del latte scadente, anche se non pessima. In entrambi i casi viene distinta e premiata maggiormente la fascia di carica batterica < germi/ml. Il met 3 si posiziona in modo intermedio: porta a premio solo latte con cariche inferiori a germi e penalizza fortemente quello particolarmente scadente. La scelta pertanto dovrebbe essere effettuata fra queste 3 griglie. Opinione del gruppo di lavoro è che il passaggio da un sistema tutto sommato sempre premiante ad altri anche fortemente penalizzanti debba essere ponderato e graduale, tenendo conto anche del fatto che l applicazione dello schema di pagamento del latte a qualità da parte dei caseifici resta una scelta del tutto volontaria e autonoma. 61

62 I Partner di SiQuILaCa CRPA SpA promuove innovazione e trasferimento di conoscenze e tecnologie individuate con la conduzione e la gestione di progetti di ricerca e sperimentazione. Corso Garibaldi Reggio Emilia Paola Vecchia - p.vecchia@crpa.it Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano attua tutte le iniziative dirette al miglioramento tecnico e qualitativo del formaggio sottoposto alla sua tutela. Via JF Kennedy Reggio Emilia Marco Nocetti - nocetti@parmigiano-reggiano.it I tre laboratori di analisi aderenti a SiQuILaCa forniscono servizi complessivamente a circa il 60% dei caseifici (a cui fa riferimento circa il 75% delle aziende zootecniche che producono latte per Parmigiano- Reggiano) per il controllo qualità del latte e del formaggio, per l assistenza tecnica al processo di produzione, oltre che per la creazione e il mantenimento di Sistemi Qualità, HACCP e rintracciabilità. Via Polonia Modena Alessandra Carletti acarletti@artecasearia.it Str. Torelli Parma Sandro Sandri clc@interfree.it Via Quaresimo Reggio E. Massimo Vergnani salc.analisi@tin.it Il Centro per l Innovazione SiQuILaCa si avvale della collaborazione scientifica del Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell Università degli Studi di Bologna. I testi, salvo diversamente indicato, sono a cura dei componenti del gruppo di lavoro: Alessandra Carletti (Arte Casearia), Luigi Grazia (Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell Università degli Studi di Bologna), Marco Nocetti e Paolo Reverberi (Consorzio del Formaggio Parmigiano-Reggiano), Sandro Sandri (Centro Lattiero Caseario), Paola Vecchia (Centro Ricerche Produzioni Animali- C.R.P.A. S.p.A.), Massimo Vergnani (Salchim). 62

SiQuILaCa. Centro per l Innovazione. Sicurezza e Qualità nell Industria Lattiero-Casearia. a cura di C.R.P.A. S.p.A. ISBN 978-88-901789-4-8

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