Agricoltura e cambiamento climatico

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1 DOSSIER Agricoltura e cambiamento climatico Dossier a cura del SERVIZIO IDROMETEO - ARPA EMILIA-ROMAGNA Foto Fotolia 29

2 DOSSIER/AGRICOLTURA E CAMBIAMENTO CLIMATICO Impariamo a difenderci dal riscaldamento globale CARLO CACCIAMANI Arpa Emilia-Romagna, Servizio Idrometeorologico Le intense e protratte anomalie climatiche verificatesi nel corso dell'ultimo decennio hanno ormai quasi unanimemente indotto la comunità scientifica ad ammettere l'esistenza di una modificazione del clima osservato, dovuta alle attività umane.durante l'ultimo secolo l'uomo ha provocato un profondo mutamento nella composizione dell'atmosfera terrestre per quanto riguarda sostanze chimiche che,se pur presenti in quantità molto ridotte, contribuiscono in modo sostanziale alla determinazione dell equilibrio energetico del nostro pianeta. Variazioni anche piccole nelle concentrazioni dei cosiddetti gas serra possono infatti modificare gli scambi di energia radiante tra il sole, la Terra e lo spazio e l'equilibrio complessivo del sistema climatico terrestre sia a livello globale, che a livello regionale. Graf. 1 - Scostamento delle temperature massime (medie annuali) calcolato su 30 stazioni termometriche dell Emilia-Romagna nel periodo Il periodo di riferimento per il calcolo è quello internazionale Gradi centigradi IL RAPPORTO IPCC 2007 Dal IV rapporto pubblicato per l Onu dal primo gruppo di lavoro dell Ipcc (Gruppo intergovernativo per lo studio dei cambiamenti del clima, emergono per l intero Pianeta alcune conclusioni che possono essere così riassunte: l insieme crescente delle osservazioni disponibili presenta l immagine di un mondo in via di generale riscaldamento (global warming), con rilevanti evidenze di cambiamenti nel sistema climatico; le emissioni di gas serra ed aerosol dovute alle attività umane continuano ad alterare l atmosfera e ad influire sul clima; nuove e più stringenti prove confermano che il riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni si può attribuire alle attività umane; l uomo continuerà a modificare la composizione atmosferica per tutto il XXI secolo; tutti gli scenari esaminati conducono ad un futuro stato del nostro pianeta caratterizzato da un aumento globale delle temperature e del livello dei mari; il cambiamento climatico dovuto all attività umana persisterà per molti secoli; anche adottando interventi di mitigazione per limitare il riscaldamento globale al di sotto dei 2 C rispetto al periodo pre-industriale, dovranno essere comunque fronteggiati gli impatti dovuti al cambiamento climatico già in atto. IL QUADRO IN EMILIA-ROMAGNA I mutamenti climatici sono riscontrabili anche su scala locale: ad esempio in Emilia-Romagna si notano dei chiari segni di cambiamento sia per quanto concerne le temperature, sia per le piogge. Le temperature massime (vedi graf. 1) mostrano un evidente impennata dall inizio degli anni 80 sino ad oggi, con una crescita dell ordine di quasi 2 C in poco più di 40 anni (circa 0,5 C in più ogni 10 anni). Tale incremento è osservabile in tutte le stagioni. In particolare durante la stagione estiva si osservano valori di temperature massime sempre superiori ai dati di riferimento climatici. Per quanto concerne le precipitazioni (graf. 2) si nota una generale tendenza negativa che in realtà sembra essere dovuta, più che ad una graduale e costante diminuzione delle piogge in tutto il periodo, ad una diminuzione repentina del valor medio della distribuzione, avvenuta all inizio degli anni 80; è infatti abbastanza evidente come il tipico andamento altalenante che caratterizza la variabilità interannuale si sia spostato al di sotto dei valori della media climatica trentennale (calcolata nel periodo di riferimento ) a partire dall inizio degli anni Ottanta. Per quanto riguarda lo studio degli scenari futuri, i modelli globali sono il principale strumento a dispo- 30

3 sizione della comunità scientifica che hanno permesso di formulare le ipotesi di cambiamento climatico sopra riportate. Per spingersi alla scala regionale è necessario però fare un ulteriore passo, che consiste nell applicare delle tecniche di regionalizzazione di tipo dinamico/statistico, che permettono di definire degli scenari di cambiamento alla scala continentale ed inferiore (nazionale e regionale). Tali tecniche di regionalizzazione si basano sia su approcci di tipo statistico, sia su metodi di tipo deterministico. Arpa è attiva nello studio di queste ultime problematiche attraverso il proprio Servizio Idrometeorologico e le ha affrontate anche all interno di diversi progetti finanziati dalla Ue (ed esempio i progetti Stardex ed Ensembles). Per citare alcuni risultati già disponibili, nel grafico 3 a pag. 32 è raffigurato uno scenario di cambiamento delle temperature massime in Emilia-Romagna riferito al trentennio Si può notare come sia ben evidente una modifica rilevante, che mostra un aumento dell anomalia (nel valore mediano) di circa 5 C nella stagione estiva ed un po inferiore nelle altre stagioni. Le modifiche del clima brevemente descritte sopra, che interesseranno anche la scala locale, produrranno degli impatti sull uomo e sull ambiente in cui vive in modo diretto ed indiretto, interagendo con l intero sistema sociale ed economico. Le vulnerabilità associate ai molti sistemi suscettibili al cambiamento climatico riguardano la risorsa idrica, gli ecosistemi, le aree costiere, l approvvigionamento di cibo, l industria e la capacità produttiva, l agricoltura e la salute. Tale vulnerabilità, non solo dell ambiente e del territorio, ma anche delle attività e dei sistemi socio-economici, sta aumentando in tutto il mondo ed è estremizzata dalla presenza di altri fattori di stress. L IMPATTO NELL AREA DEL MEDITERRANEO Possiamo riassumere in alcuni punti gli impatti più rilevanti che il riscaldamento globale potrà determinare sull area del Mediterraneo, dove sono geograficamente localizzati il nostro Paese e l Emilia- Romagna: la maggior frequenza di episodi di precipitazione intensa avrà un impatto molto grande nell area mediterranea, aumentando il rischio idrogeologico-idraulico in aree già molto esposte. In parallelo, il ripetersi di più frequenti eventi di precipitazione intensa, alternati a lunghi periodi di siccità, potrà alterare il ciclo idrologico e creare seri problemi di disponibilità della risorsa idrica; Graf. 2 - Andamento delle anomalie di precipitazione annuale in Emilia-Romagna. Media regionale calcolata su circa 100 stazioni pluviometriche nel periodo l innalzamento del livello del mare e gli aumentati eventi di invasione marina delle aree costiere pianeggianti potranno accelerare l erosione delle coste e aumentare la salinità negli estuari e nei delta, a causa dell ingresso del cuneo salino; l aumento delle temperature e la diminuzione delle piogge potrà far estendere la durata dei periodi di siccità di molti mesi, soprattutto se questi periodi coincidono con i semestri caldi (evapotraspirazione molto alta e aridificazione acuta); l aumento delle temperature medie ed estreme potrà determinare un aumentata frequenza e durata delle ondate di calore. LE AZIONI DI ADATTAMENTO Considerate queste premesse, sarà sempre più strategico definire, oltre alle politiche di mitigazione che conducono ad una riduzione delle emissioni di gas serra, anche decise e razionali azioni di adattamento al cambiamento climatico, che siano orientate a limitare i danni potenziali delle conseguenze di tale cambiamento e a sfruttarne le opportunità. Le azioni di adattamento servono infatti ad ostacolare gli effetti del mutamento del clima, puntando a ridurre il rischio e i danni derivanti dagli impatti negativi (presenti e futuri) del fenomeno in maniera efficace anche dal punto di vista economico. Molti impatti del cambiamento climatico possono essere affrontati efficacemente attraverso l adattamento, in particolare gli impatti a breve termine, mentre all aumentare dell entità del cambiamento le opzioni efficaci diminuiscono ed i costi associati aumentano. Le conoscenze attuali consentono già la selezione di azioni di adattamento preventivo, che hanno costi limitati e non minacciano sistemi socia- 31

4 DOSSIER/AGRICOLTURA E CAMBIAMENTO CLIMATICO Graf. 3 - Scenario di cambiamento delle temperature massime per l'intera Emilia - Romagna e per le varie stagioni*. Temperatura (ºC) inverno primavera estate autunno *Lo scenario è rappresentato come differenza tra il clima futuro (anni ) e quello del trentennio La tecnica di regionalizzazione è applicata su ognuna delle stazioni meteorologiche dell'emilia - Romagna (una trentina) e i risultati vengono raffigurati in diagrammi che evidenziano la variabilità. Il quadratino rappresenta la mediana del cambiamento, che non è molto diversa dal valor medio areale sull'intera regione. All'interno dei rettangoli ricade l'80% delle stazioni meteo regionali, mentre le linee colorate in verde rappresentano i valori minimo e massimo. li e settori economici, rispetto all adozione di forme di adattamento di tipo reattivo, cioè applicate a seguito di frequenti crisi e disastri. Tuttavia tali opzioni sono attualmente applicate in modo limitato ed estemporaneo. Tra le misure di adattamento, vi sono quelle di tipo infrastrutturale e tecnologico, caratterizzate da tempi di realizzazione spesso lunghi e da investimenti maggiori, la cui sostenibilità deve essere dimostrata sulla base dei costi stimati del non-agire, in un contesto di conoscenze che presenta margini di incertezza tanto più elevati quanto più gli scenari di cambiamento sono a lungo termine. Poiché il dimensionamento dell impatto è importante per definire le priorità ed indirizzare di conseguenza gli interventi, l applicazione di queste misure, se non fortemente sostenute da politiche ambientali o sanitarie, potrebbe essere limitata. Le misure di adattamento moderato di tipo nonstrutturale sono invece basate su sistemi di ottimizzazione della gestione delle risorse, di prevenzione dei rischi e di adozione di buone pratiche in tutti i campi di attività dell uomo come, ad esempio, la gestione della risorsa idrica orientata ad un uso ottimale e conservativo; la variazione delle rotazioni delle colture e delle date di semina e l'uso di colture meno idroesigenti; i sistemi di preannuncio dei rischi che consentono l adozione di misure preventive; la sensibilizzazione della popolazione finalizzata all adozione di stili di vita consapevoli degli effetti del cambiamento climatico ed orientati a contrastarlo. I costi di queste forme di adattamento sono spesso trascurabili rispetto a quelli derivanti dalla mancata applicazione e sono già inclusi nei costi dell evoluzione socio-economica in quanto, rispondendo a necessità di tipo locale, implicano benefici ambientali complessivi e creano importanti sinergie con le politiche di sostenibilità ambientale. Queste forme di adattamento, se da un lato sono più facilmente realizzabili, richiedono però la formazione di un contesto sociale e culturale permeabile e pro-attivo, insieme ad una capacità di governo coordinata a tutti i livelli. L Autore (ccacciamani@arpa.emr.it) è in grado di fornire tutti i necessari riferimenti bibliografici. Si ringrazia Rodica Tomozeiu per la gentile collaborazione. Foto Fotolia 32

5 La mappa del rischio: un indagine nazionale Durante la scorsa estate,in preparazione della Conferenza nazionale sui cambiamenti climatici tenutasi a Roma il settembre 2007, l Aiam (Associazione italiana di agrometeorologia) ha realizzato un indagine tra i propri associati, destinata ad appurare quale fosse tra gli agrometeorologi operanti in Italia la percezione e la conoscenza sui segnali più evidenti di cambiamento climatico, sugli impatti visibili del cambiamento sull agricoltura e, infine, sulle azioni di contrasto e adattamento in corso o previste. Il materiale pervenuto è stato utilizzato anche per una relazione alla Conferenza di Roma (consultabile sul sito Riteniamo utile darne qui conto con maggiore dettaglio, dato che diciotto persone di dodici diverse regioni italiane hanno risposto all indagine, fornendo indicazioni riguardanti un campione rappresentativo dell intero territorio nazionale. Il documento completo con i risultati dell indagine è disponibile sul sito dell Aiam ( LE CONSEGUENZE IN ITALIA Ecco, in rapida sintesi, le principali risposte fornite dagli agrometeorologi interpellati ai tre quesiti sopra illustrati: aumento delle temperature medie, con segnalazione di specifici studi (Puglia); nuovi record delle temperature massime,con segnalazione dalla Sicilia di "eventi sciroccali" più frequenti, in tutti i periodi dell'anno, con temperature massime oltre 40 C in estate, durata di questi eventi spesso più lunga che in passato, mediamente 4-5 giorni. Dalla Calabria notizie di temperature massime anche di 46 C; abbassamento delle falde ipodermiche di circa 25 centimetri nei 25 anni di monitoraggio alla stazione di Cadriano, nella pianura bolognese; diminuzione del numero di giorni di pioggia e maggiore intensità delle piogge, con segnalazioni da Lombardia, Toscana e Basilicata; variazione della distribuzione stagionale delle piogge; interessante la segnalazione dal Friuli che il mese di giugno, un tempo caratterizzato da elevato numero di giorni di pioggia, ha ora assunto carattere prettamente estivo; incremento della durata e intensità dei periodi aridi, segnalata da Marche, Abruzzo e Toscana; aumento del deficit idroclimatico (precipitazioni-evapotraspirazione potenziale), segnalato dal Veneto. L IMPATTO SULL AGRICOLTURA Modificazione dei ritmi stagionali sull olivo in Calabria e sul mais in Lombardia; aumento delle necessità irrigue, segnalato in particolare sulla vite (Friuli) e sul mais (Lombardia); difficoltà di approvvigionamento idrico (Lombardia, Marche); abbandono di coltivi irrigui in favore di quelli seccagni (Lombardia e Marche); VITTORIO MARLETTO Arpa Emilia-Romagna e Presidente Aiam DOMENICO VENTO Direttore CRA-Cma, Roma Foto Fotolia 33

6 DOSSIER/AGRICOLTURA E CAMBIAMENTO CLIMATICO distruzione di vaste aree verdi percorse da incendi (Sicilia); anticipo di semine e raccolte e dello sviluppo fenologico in generale (due settimane almeno); effetti negativi qualitativi e quantitativi dello stress da caldo (sul vino in Trentino e in Abruzzo, sulla frutta in Calabria, sull ortofrutta in Romagna); diminuzione della sostanza organica dei terreni e aumento dei nitrati in falda a causa del maggiore dilavamento meteorico (Basilicata e Calabria). LE STRATEGIE DI ADATTAMENTO Maggiore impiego dell irrigazione, con tecniche di risparmio idrico (bilanci idrici, abbandono dell aspersione), segnalazioni dalle Marche,Veneto, Basilicata; scelta di materiale genetico più adatto alle nuove condizioni climatiche (Toscana, Emilia-Romagna); nuovo interesse per portinnesti rustici (Marche, Puglia); scelta di coltivazioni meno idroesigenti (Veneto); migliore selezione delle zone di impianto (Puglia); adozione di piani e tavoli di gestione della siccità (Friuli, Emilia-Romagna, Lombardia); introduzione di colture a ciclo autunno-primaverile (Calabria); aumento dell informazione tecnica per l agricoltura (Veneto, Basilicata, Abruzzo). Come si desume da questa succinta esposizione, è senz altro possibile concludere che il cambiamento climatico sta già influenzando l agricoltura del nostro Paese e che in molti casi sono presenti reazioni di adattamento sia a livello di singola azienda agricole, che istituzionale. È indubbio che il nuovo programma nazionale specifico di ricerca finalizzata Agro Scenari, previsto in realizzazione tra quest anno e il 2013 su finanziamento del Mipaaf, non potrà che partire da questa situazione per cercare di dare risposte organiche e scientifiche a molte delle questioni ancora aperte sulla migliore strategia di adattamento agricolo alle nuove condizioni climatiche già visibili e a quelle attese per i prossimi decenni. Gli autori ringraziano gli agrometeorologi che hanno voluto contribuire all indagine, in particolare i colleghi e colleghe Acutis, Botarelli, Caterisano, Chiaudani, Craveri, Di Lena, Eccel, Lobianco, Marani, Marchegiani, Niccolai, Orlandini, Pasqualoni, Pastore, Pratizzoli, Rossi Pisa, Scalcione, Stanca, Stel, Ventura. Foto Fotolia 34

7 Gli effetti sulle colture e le strategie di adattamento In Emilia-Romagna per il periodo si prevedono temperature più elevate, precipitazioni più concentrate ed un aumento dell'intensità e durata degli episodi estremi di caldo e siccità. Il cambiamento sarà progressivo ed e già verificabile nelle analisi dei dati e degli eventi estremi. Per esempio le anomalie climatiche del 2003 e del hanno evidenziato quali potrebbero essere le condizioni meteorologiche abituali nei prossimi anni, con livelli di evapotraspirazione e di deficit idrico finora considerati impossibili. Gli impatti sulle produzioni agricole sono stati particolarmente intensi, con cali di resa, in caso di irrigazione insufficiente, fino al 50 %, ed hanno interessato anche colture collinari, come il castagno ed i prati-pascoli. Le alte temperature hanno influito negativamente sullo sviluppo fenologico delle colture e invece positivamente sulla crescita e sull aggressività dei fitofagi.in frutticoltura importanti ricadute negative si sono osservate sulla pezzatura.in viticoltura l aumento della gradazione zuccherina è stata accompagnata da una diminuzione dell acidità, con modifiche delle caratteristiche organolettiche dei vini. L agricoltura regionale si troverà quindi in condizioni di accentuata vulnerabilità a fronteggiare nuove sfide: maggiore aleatorietà delle rese finali, aumento dei costi produttivi ed assicurativi, degrado della qualità del suolo e delle acque, danni da eventi estremi.il quadro generale impone di seguire puntualmente le dinamiche in atto in Emilia - Romagna, attraverso il monitoraggio delle variabili meteorologiche ed agro-ambientali e la messa a punto di strumenti di analisi e previsione, quali bollettini, modelli ed indicatori. COSA CAMBIA PER L IRRIGAZIONE Con il cambiamento climatico, i cui effetti saranno il progressivo scioglimento dei ghiacciai alpini e il diradamento degli eventi piovosi sul territorio regionale, la disponibilità di acque superficiali diminuirà nel tempo; la ricarica delle falde sarà inferiore all attuale ed i livelli si abbasseranno. Le strategie di adattamento dovranno prevedere una gestione più attenta al consumo, una maggiore efficienza irrigua e un risparmio complessivo che salvaguardi il deflusso minimo vitale (dmv) dei torrenti appenninici e riduca i prelievi di acque sotterranee. Per il settore irriguo, che assorbe la quota maggiore dei consumi, il Piano regionale di tutela delle acque (Pta) prevede al momento le seguenti misure, integrabili nei prossimi anni: miglioramento delle reti di trasporto e distribuzione dell acqua; maggior ricorso alle acque reflue depurate degli impianti di trattamento; realizzazione di invasi di accumulo in aree golenali o ex aree di cava; riduzione delle superfici irrigate per scorrimento superficiale ed infiltrazione laterale, convertendole all irrigazione per aspersione e, dove possibile, alla microirrigazione; sensibilizzazione, formazione ed educazione ambientale degli operatori agricoli sulle procedure e le tecniche di uso ottimale dell acqua. Molti consorzi di bonifica hanno elaborato un piano di conservazione, prevedendo ulteriori azioni da mettere in atto nel territorio di competenza, tra cui figurano: il miglioramento delle procedure di gestione della rete di distribuzione consortile (riduzione dei rilasci non produttivi, attuazione di sistemi di regolazione dinamica ed automatizzata dei livelli e delle portate per i canali, passaggio dalla fornitura a turno dell acqua irrigua alla fornitura a domanda); il ricorso alla fitodepurazione e al riutilizzo delle acque reflue; Foto Samaritani WILLIAM PRATIZZOLI, LUCIO BOTARELLI Arpa Emilia-Romagna, Servizio Idrometeorologico, Area Agrometeorologia e Territorio 35

8 DOSSIER/AGRICOLTURA E CAMBIAMENTO CLIMATICO Graf. 1 Sviluppo fenologico del frumento tenero: confronto tra le annate 2005, 2006 e 2007 nella pianura bolognese. 20/10 3/11 17/11 1/12 15/12 29/12 12/1 26/1 9/2 23/2 9/3 23/3 6/4 20/4 4/5 18/5 1/6 15/6 Periodo lo sviluppo di un piano contributivo e tariffario incentivante il risparmio dell acqua; la fornitura agli agricoltori in tempo reale di un bilancio idrico delle colture; la sperimentazione di metodologie agronomiche e tecnologiche di risparmio idrico. LE PREVISIONI DEL PTA DELL EMILIA - ROMAGNA Per fare fronte alle annate più siccitose, il Pta prevede la realizzazione del Programma per la gestione del fenomeno della siccità con misure che dovranno essere sviluppate e rese operative anche dai Consorzi di bonifica. Per supportare il Programma con i dati e le informazioni necessarie per l adozione delle misure è stato istituito un sito internet come Osservatorio per la siccità ( A livello aziendale le misure di adattamento dovranno quindi prevedere l aggiornamento degli impianti irrigui, di cui è necessario migliorare l efficienza, e l adozione di metodi di gestione irrigua basati sul controllo dell umidità del suolo, sui bilanci idrici e sull applicazione dello stress idrico controllato. Le condizioni ambientali renderanno inderogabile l inserimento nei piani di investimento di colture più resistenti alla siccità e la diffusione di tecniche ricavate dall arido-coltura.queste pratiche hanno come obiettivo l aumento dell efficienza del suolo nell immagazzinare e trattenere l acqua nello strato esplorato dalle radici attraverso il miglioramento della struttura del terreno e la diminuzione del ruscellamento.alcune tecniche di arido-coltura,che in passato erano in netto contrasto con le indicazioni di riduzione della profondità d aratura (minima lavorazione del terreno, semina su sodo), potrebbero essere ora riconsiderate alla luce delle mutate esigenze produttive legate alla crisi mondiale delle produzioni agricole. Nella scelta colturale si dovranno poi privilegiare le specie a sviluppo autunno-primaverile, un periodo che mantiene maggiori probabilità di precipitazione, nonostante si siano verificati recentemente anche episodi di siccità invernale. Altre misure di adattamento saranno indirizzate alla ricerca di portainnesti e cultivar resistenti alla salinità, che sarà un fenomeno crescente in alcune aree costiere e di bonifica. GLI EFFETTI SULLE PRODUZIONI Gli effetti diretti dell'aumento della CO2 sulla fotosintesi delle colture sono positivi, pur variando in relazione ai livelli di temperatura ed alla disponibilità idrica, con differenze tra le specie C3 (frumento, riso, soia, ecc.), che rispondono positivamente ad alte concentrazioni di CO2, e le specie C4 (mais, sorgo, canna da zucchero, miglio, ecc.), che sono meno sensibili. Dalle colture C3 si potrebbero quindi attendere maggiori produzioni, purché non siano limitanti le condizioni idriche e meteorologiche. Per quanto riguarda l'efficienza d'utilizzo dell'acqua, un elevata concentrazione di CO2 determina la diminuzione dell'apertura stomatica e della traspirazione unitaria. Questo favorirà la resistenza alla siccità agricola, che in Emilia-Romagna si manifesterà con maggior frequenza sia per i ridotti apporti pluviometrici, sia per l aumentata evapotraspirazione dovuta alle alte temperature. Gli effetti positivi dell aumento della CO2 non saranno comunque in grado di controbilanciare le conseguenze negative sulla produzione del progressivo aumento termico e della maggior secchezza dei suoli, man mano che il riscaldamento progredirà. La risposta produttiva delle colture agrarie all'aumento della temperatura non sarà univoca;potrà essere positiva nel caso di specie a ciclo indeterminato (pomodoro e soia) e per le specie e varietà caratterizzate da più elevate esigenze termiche. La stagione di crescita potenziale per queste colture si allungherà, permettendo l inserimento di varietà erbacee ed arboree a sviluppo tardivo ed un aumento delle possibili specie erbacee da inserire in rotazione, con introduzione di colture intercalari, utili anche per la 36

9 protezione del suolo. Un esempio interessante è quello dell olivo, presente storicamente in Emilia- Romagna e scomparso a seguito di una lunga fase climatica fredda avviata all inizio del Settecento,che sta già riaffermandosi in ampie aree collinari. Per altre colture l aumento delle ondate di calore produrrà l accelerazione dello sviluppo fenologico, riducendo i tempi utili alla sintesi dei carboidrati ed al loro trasferimento negli organi di accumulo, con conseguenti riduzioni produttive. Un esempio recentissimo di come questo processo possa influenzare le produzioni ad ettaro si può ricavare dal forte calo delle rese dei cereali autunno-vernini nel 2007 rispetto alle due annate precedenti.l applicazione di modelli fenologici ha permesso di ricostruire lo sviluppo delle colture nei tre anni e metterle a confronto (graf.1); il ciclo 2007 si è concluso con un anticipo di circa 15 giorni, come confermato nella realtà. LE PREVISIONI DEGLI ESPERTI In generale,secondo l ultimo rapporto Ipcc,alle medie latitudini si avrebbe un aumento nominale delle produzioni di frumento con un riscaldamento fino a 1º C e del mais fino a 2 C. Un ulteriore riscaldamento ridurrebbe i rendimenti per entrambe le colture al di sotto dei livelli attuali. Con temperature più alte di 4º C, i rendimenti del mais sarebbero ridotti del 15% rispetto ai livelli attuali (frumento - 25%). Quindi, se gli aumenti termici globali saranno contenuti con efficaci interventi di mitigazione, gli effetti potrebbero anche essere favorevoli, mentre aumenti incontrollati finirebbero per deprimere fortemente la produzione. In Emilia-Romagna le annate caratterizzate da temperature elevatissime nella fase di riempimento delle cariossidi (stretta da caldo) sono in generale caratterizzate da minori produzioni del frumento tenero. L analisi delle serie storiche evidenzia nella regione la tendenza all aumento delle temperature massime di maggio oltre la soglia superiore della temperatura ottimale di crescita del frumento tenero (20-22 C). I nuovi valori paiono in compenso più favorevoli al frumento duro, il cui optimum termico è di qualche grado superiore (graf. 2). Particolarmente importanti per la produzione agricola saranno gli impatti degli eventi climatici estremi (gelate, siccità, grandinate, ondate di calore), la cui frequenza è prevista in aumento. Le coltivazioni insistenti su aree marginali, già caratterizzate da un livello di rischio piuttosto elevato, saranno più vulnerabili.saranno proprio gli eventi estremi a determinare la sostenibilità delle scelte produttive agricole. Le conseguenze del cambiamento climatico sugli aspetti più prettamente qualitativi della produzione potrebbero essere molteplici.sulla diminuzione della pezzatura dei frutti (pomacee e drupacee, castagne) a causa della scarsità idrica, le misure di adattamento dovranno prevedere tecniche evolute e più efficienti di irrigazione, che potranno anche prevenire l aumento dell insorgenza di fisiopatie ( spacco fisiologico delle ciliegie). L aumento termico, inoltre, provocherà una variazione delle caratteristiche organolettiche ed alcoliche dei vini nelle zone Doc, come studi recenti con indici bioclimatici hanno già riportato in aree vocate alla produzione di vini di qualità. La diminuzione dell acidità dei mosti potrà essere affrontata attraverso adeguate pratiche agricole, come l adozione di forme di allevamento che prevengano il riscaldamento eccessivo dei grappoli, o con la rivalutazione di ecotipi autoctoni in grado di valorizzarsi nelle nuove condizioni. Una maggior cura nella scelta varietale e nei sistemi di impianto potrà infine prevenire altri effetti negativi sui prodotti dovuti all aumentata insolazione (scottature). In generale, le scelte varietali dovranno indirizzarsi verso cultivar in grado di esprimere al massimo le proprie caratteristiche qualitative nelle mutate condizioni ambientali.gli adattamenti a cui sono chiamati gli agricoltori dovranno comunque corrispondere ad analoghe misure di adattamento e valorizzazione in tutta la filiera produttiva. Graf. 2 Andamento della temperatura massima media di maggio dal 1951 al 2007 nella pianura bolognese e confronto con i valori ottimali per frumento tenero e duro. Temperatura (ºC) Anni 37

10 DOSSIER/AGRICOLTURA E CAMBIAMENTO CLIMATICO Le buone regole per mitigare l impatto VITTORIO MARLETTO Arpa Emilia-Romagna ENRICO CEOTTO CRA-Cin, Bologna Nel gergo degli esperti che studiano cause ed effetti del cambiamento climatico per mitigazione si intende la riduzione delle emissioni di gas serra attraverso una serie di misure di interesse internazionale e nazionale. Gli interventi di mitigazione possono riguardare grandi emettitori di gas serra come le industrie siderurgiche,per esempio fissando dei limiti alle emissioni di ogni singola acciaieria, come prevede il protocollo di Kyoto. Altre misure riguardano invece il comportamento individuale dei consumatori, per esempio vietando il commercio delle vecchie lampadine a incandescenza, da sostituire con altre più efficienti che riducono di molto i consumi elettrici e, di conseguenza, le emissioni di carbonio in atmosfera, come sta avvenendo in Australia e in altri Paesi del mondo. La mitigazione si distingue dall adattamento, che consiste nell adozione di opportune tecniche e provvedimenti per ridurre e contenere gli effetti negativi del cambiamento climatico o addirittura per sfruttarne eventuali vantaggi. Per esempio, un aumento di due gradi della temperatura media della Terra potrebbe costringere ad abbandonare la coltivazione del frumento nelle zone più aride, ma potrebbe creare nuove opportunità di coltivazione nelle latitudini nordiche,finora inadatte alla coltivazione. Naturalmente è possibile studiare misure di adattamento al cambiamento climatico che abbiano in sé elementi di mitigazione e viceversa. LE FONTI DEI GAS SERRA In agricoltura le emissioni di gas serra in atmosfera possono derivare da varie fonti: emissioni di anidride carbonica (CO2) derivanti in primis dal cambiamento di uso del suolo (ad esempio da foresta a seminativo), ma anche dal consumo diretto e indiretto di carburanti fossili; emissioni di metano (CH4, vedi tabella 1) dalle risaie e dalle fermentazioni ruminali dei bovini; infine emissioni di protossido d azoto (N2O) dai suoli a seguito delle concimazioni. Per fare degli esempi concreti,ogni chilogrammo di azoto contenuto nei fertilizzanti di sintesi emette dai 3 ai 6 chilogrammi di CO2 equivalente prima di raggiungere il campo coltivato a causa dell energia fossile utilizzata nel processo produttivo. Ma non è finita, poiché una frazione del 3-5% dell azoto totale applicato, sotto forma di concimi minerali o organici, viene riemesso in atmosfera come N2O. Infatti, dai terreni concimati del nostro pianeta si liberano circa 7 milioni di tonnellate di protossido d azoto ogni anno, che producono un effetto serra equivalente a ben 2 miliardi di tonnellate di CO2 (vedi tab.1). Naturalmente i concimi azotati svolgono un ruolo irrinunciabile, poiché permettono di ottenere elevati livelli produttivi nei terreni più fertili, rendendo disponibili per la forestazione o il pascolo quelli marginali, che costruiscono degli eccellenti depositi di carbonio (carbon sinks). In buona sostanza, se puntassimo su forme di agricoltura a basso input di azoto, saremmo costretti a coltivare superfici molto più ampie per sfamare la popolazione mondiale, con un danno complessivo in termini di bilancio globale del carbonio. Possiamo quindi affermare che il ruolo dell azoto applicato con i fertilizzanti è controverso: da un lato è fonte diretta ed indiretta di gas serra, dall altro permette di aumentare la produttività dei terreni fertili e, quindi, di tutelare le superfici adibite a foreste o ad altri usi naturalistici. Passando ad un altro esempio, ogni capo bovino emette ogni giorno grammi di metano du- Tab. 1 - Concentrazione attuale dei principali gas serra in atmosfera a confronto con la situazione del periodo pre-industriale. Tipo di gas Concentrazione pre-industriale (1750) Concentrazione attuale Potenziale di effetto serra rispetto alla CO2 Anidride carbonica (CO2 ) Metano (CH4) Protossido di azoto (N2O) 277 ppm* 600 ppb** 290 ppb** 387 ppm* ppb** 318 ppb** * ppm=parti per milione; ** ppb=parti per miliardo 38

11 rante la digestione (fermentazioni ruminali), tanto che i ricercatori dell istituto olandese Alterra hanno stimato che per ogni chilogrammo di latte prodotto in Olanda in media vengono emessi gas serra per 1,6 chilogrammi di CO2 equivalenti. Mangiare carne bovina è ancora più oneroso in termini di emissioni serra: un gruppo di ricercatori giapponesi (Ogino et al. 2007, Animal Science Journal) ha calcolato che produrre 1 chilogrammo di carne bovina comporta l uso di 196 MJ di energia e l emissione di 36,4 chilogrammi di CO2. Per avere un termine di paragone, una vettura con motore Euro 4 da 115 cavalli emette 200 grammi di CO2 al chilometro. Di conseguenza, con un viaggio in auto Modena-Milano (182 km) vengono emessi circa 36,4 chilogrammi di CO2, equivalenti a quella emessa per produrre 1 chilo di carne. Lo schema sopra presenta i principali flussi di carbonio (C) e azoto (N) nell'ambito rurale e mostra nelle nuvolette le diverse fonti di composti liberati in atmosfera, tra i quali i gas serra anidride carbonica (CO2), metano ( CH4) e protossido d'azoto ( N2O). Fonte: Università di Wageningen (NL), IL RUOLO DELLA ZOOTECNIA Nei Paesi industrializzati il consumo annuo pro-capite di carne si aggira sui 75 chili per persona ed è tendenzialmente in calo, sia per la stasi demografica, sia a causa degli effetti negativi sulla salute dovuti ad un consumo eccessivo di grassi saturi di origine animale.nei Paesi in via di sviluppo,specie in Cina, nel giro di pochi anni si è invece passati da un consumo annuo di 20 chilogrammi a persona a livelli in continuo aumento, cosa che ha fatto impennare la domanda globale di carne. Da un lato, una dieta che comprende il consumo di carne,latte e formaggi viene vista come simbolo di prosperità; dall altro, soltanto un consumo equilibrato di prodotti di origine animale può garantire un adeguato apporto di aminoacidi essenziali per la nutrizione umana. In ragione di ciò è prevedibile che un eventuale riduzione delle emissioni di gas serra potrà derivare da una migliore efficienza delle filiere produttive e della gestione dei reflui, ma non da una riduzione dei capi allevati. Complessivamente le stime più recenti dicono che l agricoltura dell intero pianeta emette una frazione significativa di gas serra (si ricorda che attualmente il genere umano emette in atmosfera l equivalente di 30 miliardi di tonnellate di anidride carbonica,ovvero 30 Gt di CO2 equivalenti, e che la cifra sfiora le 50 Gt se si tiene conto di tutti i gas serra). L analisi più completa e recente della letteratura tecnica su questa materia è stata pubblicata nel e curata dal ricercatore Pete Smith dell Università di Aberdeen per Greenpeace (rapporto in inglese scaricabile dal sito I dati disponibili indicano che l agricoltura nel suo complesso rappresenta addirittura il secondo più grande emettitore di gas serra, dopo l industria energetica. Le emissioni agricole derivano direttamente dall attività produttiva (in particolare dai suoli conci- 39

12 DOSSIER/AGRICOLTURA E CAMBIAMENTO CLIMATICO mati e dal bestiame) e, indirettamente, dal consumo energetico legato alle lavorazioni e alla produzione di fertilizzanti di sintesi. La più importante fonte indiretta di emissioni è però la conversione di terreni forestati o di pascoli naturali in terra arabile. Qui non è soltanto il carbonio emesso per combustione del legname a farla da padrone, quanto la liberazione di anidride carbonica a seguito della conversione di terreni vergini ricchissimi di sostanza organica che, a seguito di ripetute lavorazioni, si ossida gradualmente emettendo grandissime quantità di CO2 (ben 6 miliardi di tonnellate l anno, un quinto del totale, secondo le stime più recenti). Ricordiamo a questo proposito che in tempi preistorici l intera pianura padana era interamente ricoperta da foreste. A questo punto ci si potrebbe chiedere: ma che c entriamo noi italiani con questi processi di deforestazione, che avvengono in Brasile o in Indonesia? Ebbene, secondo le ultime ricerche, il dissodamento di zone vergini dell Amazzonia, che sta procedendo a velocità inaudita (è la motivazione che ha recentemente spinto alle dimissioni il ministro brasiliano dell Ambiente, Marina Silva, in contrasto su questo punto con la politica del presidente Lula),è sostenuto dalla sempre crescente domanda di carne bovina, etanolo per l autotrazione e soia per l alimentazione animale. Soia di cui il porto di Ravenna costituisce un importante terminale europeo e che finisce nelle mangiatoie dei nostri bovini da latte. Ecco la risposta alla domanda iniziale che ci siamo posti. Dobbiamo comunque ricordare che lo scopo primario dell agricoltura è quello di garantire la produzione di cibo, di sufficiente qualità e quantità, per tutta la popolazione umana. Per ragioni etiche, quindi, l agricoltura dovrebbe essere l ultima ad essere penalizzata. Ma certamente una migliore efficienza, anche per quanto riguarda la riduzione delle emissioni, è conseguibile in ogni settore. Foto Banzi LE RACCOMANDAZIONI DEGLI SCIENZIATI Quali sono dunque le raccomandazioni proposte dalla ricerca per la mitigazione dell impatto climatico di origine agricola? Proviamo a riassumerle schematicamente di seguito: adozione di rotazioni colturali che favoriscano un incremento ed un mantenimento di elevati livelli di sostanza organica nel terreno, con una maggior diffusione dei prati (es. di erba medica) e la riduzione, ove possibile, delle lavorazioni del terreno; razionalizzazione delle fertilizzazioni azotate:da un lato è necessario evitare gli sprechi, dall altro applicare quantitativi che permettano di massimizzare le rese. In questo modo si tutelano indirettamente le foreste dall abbattimento. Infatti, alcuni scienziati hanno dimostrato che la diffusione su larga scala dell agricoltura biologica non garantisce i livelli di produzione necessari all umanità e, quindi, può determinare effetti perversi sul ciclo globale del carbonio; razionalizzazione dell uso dell acqua: una corretta gestione delle risorse idriche a scopi irrigui è necessaria,insieme ad un uso efficiente dei concimi, ad assicurare elevate produzioni nei terreni più fertili e, quindi, ad evitare la coltivazione di terreni marginali che possono così fungere da depositi di carbonio; contrasto e, dove ancora consentito, abolizione dell incendio di stoppie e di altri simili interventi, tradizionali anche nella pastorizia; miglioramento dell efficienza energetica e di processo negli impianti per la sintesi dei fertilizzanti. Parte dell urea presente sul mercato mondiale è prodotta in Cina con impianti a bassa efficienza ed elevata emissione; corretta gestione delle superfici non coltivate.un articolo sulla prestigiosa rivista Nature titolava: Kyoto comincia a casa propria. In buona sostanza ciascuno di noi, agricoltore o meno, piantando alberi e siepi in giardino e nelle superfici non coltivate, può contribuire ad incrementare i depositi di carbonio; moderazione nel consumo di carne bovina; miglioramento dell efficienza delle filiere zootecniche e della gestione dei reflui zootecnici, che hanno un valore di sostituzione rispetto ai concimi minerali. migliore integrazione tra attività zootecniche e coltivazione dei terreni, evitando eccessive concentrazioni degli allevamenti. L attuazione dell insieme delle misure proposte potrebbe ridurre sostanzialmente l impatto climatico dell agricoltura e finanche trasformarla in un comparto assorbitore netto di gas serra. 40

13 «Efficienza e flessibilità nell uso delle risorse» Intervista a Giampiero Maracchi, decano della ricerca climatica in Italia. Che impatto avranno i cambiamenti climatici sull agricoltura e in che misura essa può contribuire a mitigare l effetto serra? Abbiamo girato queste e altre domande a Giampiero Maracchi, Accademico dei Georgofili, professore ordinario di climatologia all Università di Firenze, e direttore dell Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche del capoluogo toscano. Professore, cosa sta succedendo e cosa potrebbe succedere al clima del nostro pianeta? «Il sistema climatico terrestre è regolato sia dal bilancio annuale fra la radiazione solare entrante e la radiazione emessa dalla Terra, cioè dalla radiazione netta, sia dalla variazione della radiazione nel percorso che il sole compie fra i solstizi, sia anche dalla distribuzione spaziale delle terre emerse. Il bilancio della radiazione è eccedentario nella fascia intertropicale e deficitario nelle zone temperate e polari: questa differenza di energia mette in moto le masse d aria, dando origine al fenomeno della grande circolazione atmosferica. Negli ultimi decenni molti dati di osservazione sembrano indicare che,a causa della modifica della temperatura superficiale del mare e della temperatura dell aria, si stanno verificando importanti variazioni nei meccanismi che regolano la grande circolazione atmosferica, come ad esempio avviene alla cella di Hadley, il cui braccio discendente durante l estate mostra un avanzamento verso nord rispetto al passato; il che, a sua volta, ha effetto sulla collocazione e sull ampiezza dell anticiclone atlantico, con l avanzamento verso il mediterraneo dell anticiclone della Libia. Ciò comporta modifiche stagionali importanti, come il flusso di aria calda da sud verso il Mediterraneo. Se si analizzano le maggiori anomalie verificatesi sul pianeta e pubblicate dalla Omm (Organizzazione meteorologica mondiale) a partire dagli anni Novanta, si verificherà che molti degli eventi estremi trovano una spiegazione plausibile nelle modifiche della circolazione generale». Quali sono a suo parere i fenomeni di cambiamento climatico di maggior rilevanza ed impatto per l agricoltura globale? «La modifica della circolazione generale non solo ha effetto sul numero e sulla intensità degli eventi estremi, ma determina anche delle modifiche stagionali che possono avere conseguenze sull agricoltura, esponendo le colture ai rischi di gelate tardive e creando microclimi in grado di variare la suscettibilità ad agenti biologici avversi: è il caso ad esempio delle micotossine del mais,che sono particolarmente favorite dalle temperature estive elevate. Un'altra modifica importante, per ciò che riguarda l Europa, emerge dalla combinazione della diminuzione delle piogge invernali, e quindi di un ridotto rifornimento delle falde, con il crescente numero di ondate di calore estive. L insieme di questi fenomeni, con l aggiunta del modificato regime delle piogge primaverili in termini di intensità, determina un quadro preoccupante per le risorse idriche,anche in zone precedentemente non toccate dal problema della siccità. Ciò potrebbe comportare, insieme all aumento delle temperature nella regione europea, uno spostamento verso nord di alcune specie e/o cultivar agricole, e non solo». Foto Ibimet-CNR Che impatto potrebbe avere il cambiamento climatico sull agricoltura italiana? «Gli aumenti delle temperature potranno determinare riduzioni delle rese, a causa della minore efficienza con la quale si svolgono i principali processi coinvolti nello sviluppo e nella crescita delle piante. Un altro effetto importante dell aumento della temperatura è legato all accelerazione dello sviluppo, con conseguente maturazione anticipata e riduzione dei rendimenti. Il professor Giampiero Maracchi. 41

14 DOSSIER/AGRICOLTURA E CAMBIAMENTO CLIMATICO Foto Fotolia Il settore agricolo è inoltre fortemente condizionato dalla disponibilità idrica: le variazioni in atto a livello di precipitazioni, evaporazione, perdite per scorrimento ed umidità del suolo potranno incidere sulle capacità produttive delle colture agricole. Condizioni di carenza idrica durante la fioritura, l'impollinazione e il riempimento della cariosside sono estremamente nocive per la maggior parte delle colture e in particolare per la produzione di mais, soia e frumento; mentre l'aumento di evaporazione dal terreno e di traspirazione dalle piante potranno causare un incremento della siccità,con conseguente esigenza di introdurre varietà con una maggiore tolleranza allo stress idrico». In che misura l agricoltura contribuisce ai cambiamenti climatici e che contributo può dare alla mitigazione dell effetto serra? «Secondo le ultime stime internazionali,l agricoltura intensiva contribuisce per il 25% all aumento dei gas serra, in particolare metano, attraverso le deiezioni degli animali allevati, e protossido di azoto, attraverso le concimazioni.l impiego massiccio di fertilizzanti azotati ha inoltre comportato l immissione nell ambiente di una grande quantità di composti reattivi dell azoto, come l ammoniaca, con gravi problemi di inquinamento dei suoli e delle falde idriche. D altra parte, l agricoltura può contribuire fortemente alla mitigazione dell effetto serra, attraverso il processo fotosintetico delle colture, purché sia condotta tramite pratiche sostenibili,che permettano ad esempio l accumulo della materia organica nel suolo». Qual è o quale dovrebbe essere il ruolo della ricerca agraria italiana ed internazionale in questo delicato settore? «I compiti della ricerca sono diversi e riguardano sia uno studio più approfondito degli effetti che i cambiamenti climatici hanno sulle colture in termini di qualità e quantità dei prodotti, sia lo studio di possibili adattamenti per mitigare tali effetti.un settore di studi che potrebbe assumere sempre maggior importanza riguarda lo studio di pratiche agricole che permettano di contrastare l aumento dei gas serra». Cosa dovrebbero fare le istituzioni che ai diversi livelli (internazionale,nazionale,regionale) si occupano di agricoltura per affrontare efficacemente la questione? «La politica può sostenere l'adattamento dell'agricoltura europea ai cambiamenti climatici incoraggiando il più possibile la flessibilità nell impiego delle terre, nella scelta delle colture e dei sistemi di coltivazione.ciò può essere ottenuto agendo sulle principali risorse agricole: rivedere la politica agricola per incoraggiare un utilizzazione più flessibile delle terre; riformare i mercati dell'acqua e aumentare il valore delle colture sulla base del volume d acqua usato,per incoraggiare un uso più ponderato dell acqua. La sua gestione in quelle regioni dove essa già limita l'agricoltura, è cruciale per adattarsi ad un clima più secco; migliorare l efficienza di produzione degli alimenti, adottando nuovi combustibili biologici e cercando nuove strategie per immagazzinare più carbonio negli alberi e nel terreno; ricercare, conservare e caratterizzare geni di animali e piante e condurre studi su colture e razze di bestiame alternativi; incoraggiare la ricerca sui sistemi agricoli già esistenti e sugli adattamenti necessari per quelli nuovi, e sviluppare alimenti alternativi; integrare le politiche ambientali, agricole e culturali per preservare il patrimonio degli ambienti rurali».(intervista raccolta da Vittorio Marletto) 42

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