Intervento del giudice di merito

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1 Autotutela tributaria e giurisdizione tributaria: un felice connubio alla luce di una recente pronuncia del giudice di merito tributario (a cura Dott. Angelo Buscema) Intervento del giudice di merito La sentenza n. 16 del 27 febbraio 2007 della Commissione Tributaria Regionale di Roma sez. 2 merita di essere portata all attenzione dell operatore tributaria in quanto, aderendo all indirizzo espresso dalle sezioni unite della suprema Corte di Cassazione con la sentenza n del 10/08/2005, ha statuito la sussistenza della giurisdizione tributaria in ordine all impugnativa di un provvedimento espresso di diniego di autotutela in tema di Iva. Orbene, l'individuazione della giurisdizione competente a conoscere l'impugnazione del rifiuto d'autotutela, in materia tributaria, non costituisce, alla luce della sentenza n del 10 agosto 2005 delle sezioni unite della Cassazione (1), uno dei più spinosi problemi dell'ordinamento processuale tributario (2). Tale assunto trova conforto analizzando il citato intervento chiarificatore del giudice di legittimità, che denota i seguenti capisaldi: L articolo 12, comma 2, della l. 28 dicembre 2001 n. 448, ha stabilito che appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi d ogni genere specie, o relative alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari e agli interessi ed ogni altro accessorio. La giurisdizione tributaria è cosi divenuta, nell ambito suo proprio, una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario, o di sanzioni inflitte da uffici tributari. Restano così al di fuori di tale giurisdizione solo controversie in cui non è direttamente coinvolto un rapporto tributario, ma è impugnato un atto di carattere generale (art. 7, comma 5, ultimo periodo, del D.lg. n. 546/1992), o si chiede il rimborso di una somma, indebitamente versata a titolo di tributo, e di cui l Amministrazione riconosce pacificamente la spettanza al contribuente. Ove l ente impositore dopo una sentenza non passata in giudicato ad esso sfavorevole, rifiuti di procedere al rimborso delle 1

2 somme percepite il relativo contenzioso ricade nella giurisdizione del giudice tributario senza che possa ravvisarsi nel caso di specie una competenza del giudice tributario (Cassazione sentenza n dell 8 luglio 2005). La riforma del 2001 ha necessariamente comportato una modifica, dell art, 19 del D.lg. n. 546/1992; l aver consentito l accesso al contenzioso tributario in ogni controversia avente ad oggetto tributi, comporta, infatti, la possibilità per il contribuente di rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta la Amministrazione manifesti (anche attraverso la procedura del silenzio-rigetto) la convinzione che il rapporto tributario (o relativo a sanzioni tributarie) debba essere regolato in termini che il contribuente ritenga di contestare (in assenza di simile manifestazione di volontà espressa o tacita non sussisterebbe l interesse del ricorrente ad agire in giudizio cx articolo 100 del cpc). Occorre precisare che per il giudice di legittimità altra e diversa questione, di competenza del giudice tributario, è stabilire se il rifiuto sia o meno impugnabile così come valutare se con l istanza d autotutela il contribuente chieda l annullamento dell atto impositivo per vizi originari di tale atto o per eventi sopravvenuti (3). In definitiva, la nuova formulazione dell'articolo 2 del Dlgs n. 546/92, introdotta dall'articolo 12, comma 2, della legge n. 448/2001, rimette al giudice tributario tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi d'ogni genere e specie, nonché le sanzioni amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari, ed esclude dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata. La ratio della nuova formulazione dell'articolo 2 citato è quella di concentrare presso il giudice tributario la giurisdizione in materia di controversie con il fisco (cd. unicità della giurisdizione tributaria), senza le irrazionali frammentazioni della tutela, che deriverebbero dall'ammettere l'intervento del giudice amministrativo in tema d'autotutela tributaria. E ormai recessivo l'orientamento secondo cui il legislatore tributario attribuisce all'istante una posizione giuridica rilevante quanto meno a livello d interesse legittimo a conoscere gli esiti motivati del procedimento di riesame. Tra gli atti impugnabili dinanzi alle CT l articolo 19, lettera g), del dlgs 546/92 indica il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi 2

3 sanzioni pecuniarie ed interessi o altri accessori non dovuti ed, in effetti, la vertenza, sia pure attraverso la contestazione del diniego d'annullamento dell atto impositivo ha quale oggetto sostanziale la persistente validità di quest ultimo e cioè il diritto del fisco di riscuotere e ritenere la sanzione stessa. Nell'ambito di tale giurisdizione, necessariamente confluiscono anche i dinieghi di autotutela emanati nelle medesime materie, tanto più nei casi in cui essi vengono impugnati per motivi attinenti alla sostanza della pretesa che sarebbe stato necessario dedurre nei confronti dell'atto impositiva. Autotutela tributaria L autotutela, in materia tributaria, denota caratteri peculiari e differenti rispetto all autotutela amministrativa e si pone in una prospettiva diversa rispetto a quest ultima. Occorre conciliare il principio fondamentale o dogma dell indisponibilità dei crediti tributari (rectius: il dovere di esigere le entrate tributarie per gli atti di imposizione divenuti definitivi) e la necessità di assicurare la par condicio tra i contribuenti con interessi concreti, riconducibili a valori garantiti dalla costituzione, quali l interesse ad un equa ripartizione del carico fiscale, l interesse ad una tassazione giusta e conforme alle regole dell ordinamento, l interesse ad evitare inutili o antieconomiche (cd. rapporto costi-benefici ovvero rapporto tra l esiguità della pretesa ed i costi amministrativi connessi alla difesa della pretesa stessa) spese giudiziali. Il potere di autotutela tributaria non può essere esercitato senza limiti temporali e pertanto il lungo tempo trascorso fa venir meno l interesse primario all annullamento ossia l interesse al mero ripristino della legalità. esso va esercitato, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari, dall organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalle legge. Ha efficacia preclusiva all esercizio dell annullamento in autotutela, il decorso di uno spazio temporale tale da avere determinato situazioni ormai consolidate. Nell esercizio dell autotutela in materia tributaria, così come in quella amministrativa, è fondamentale una preliminare valutazione e comparazione tra l interesse pubblico all annullamento e gli altri interessi secondari pubblici e privati eventualmente coinvolti, con particolare riferimento all eventuale consolidamento di situazioni o posizioni 3

4 giuridiche sorte sulla base dell atto (provvedimento) oggetto di riesame che possono rendere totalmente o parzialmente inattuabile il provvedimento emesso in sede di autotutela. Sembra preferibile per l autotutela tributaria la tradizionale facoltatività dell autotutela spontanea (Cassazione sentenza n del 04/10/1996) e la connotazione di doverosità nella sola ipotesi di istanza di parte, stante l intervento sostitutivo dell ufficio gerarchicamente sopraordinato in caso di grave inerzia dell ufficio subordinato, l obbligo dell ufficio incompetente a trasmettere la domanda di autotutela a quello competente, comunicando al contribuente l avvenuta trasmissione, e la riconosciuta possibilità di procedere ad autotutela in assenza dell istanza dell interessato. La questione sulla natura (discrezionale o doverosa) dell autotutela deve tener conto dello Statuto dei diritti del contribuente, che ha enfatizzato il rapporto tributario basandolo sulla correttezza e buona fede. D altra parte, il cittadino non è più considerato come destinatario passivo di provvedimenti ma come utente di servizi. Il giudicato sostanziale favorevole al fisco costituisce un limite invalicabile. Tale limite opera in rapporto ai profili di legittimità dell atto ed alle questioni esaminate dal giudice e dunque coperti dalla cosa giudicata; i profili di legittimità e le questioni che non sono stati oggetto di specifico esame da parte del giudice, ancorché riferiti al medesimo provvedimento di imposizione fiscale, possono essere oggetto di valutazione in autotutela da parte dell ufficio accertatore. Il giudicato in rito basato su ragioni processuali (es. irricevibilità, difetto di giurisdizione, incompetenza, inammissibilità ) non blocca l'autotutela. Il giudicato sostanziale di merito favorevole al fisco costituisce un limite invalicabile. Nel caso di rigetto del ricorso i poteri di autotutela subiscono un limite, poiché l'atto non può essere annullato sulla base delle censure di merito respinte dalla CT; in sostanza, il rigetto del ricorso produce un accertamento negativo sull'esistenza del vizio lamentato per cui il fisco non può ritenere la sussistenza di tale vizio che la CT ha categoricamente escluso. La pronuncia della CT che rigetta nel merito il ricorso ha natura dichiarativa; con essa si accerta l'infondatezza delle censure dedotte dal ricorrente ; la dichiarazione di rigetto differisce, sotto il profilo del contenuto da quella di inammissibilità in quanto è una pronuncia in merito 4

5 e non in rito poiché la CT esamina i motivi del ricorso e ritiene i motivi stessi infondati. È priva di pregio la tesi che ammette l'esercizio dell'autotutela per gli stessi motivi oggetto del ricorso riconosciuti infondati dal giudice a nulla rilevando il richiamo al principio di capacità contributiva; è coperto da giudicato di merito il motivo del ricorso respinto dal giudice (si pensi al motivo del ricorso rigettato con sentenza passata in giudicato per insufficienza di prove da parte del contribuente). Tale limite opera in rapporto ai profili di legittimità dell atto ed alle questioni esaminate dal giudice e dunque coperti dalla cosa giudicata; i profili di legittimità e le questioni che non sono stati oggetto di specifico esame da parte del giudice, ancorché riferiti al medesimo provvedimento d imposizione fiscale, possono essere oggetto di valutazione in autotutela da parte dell ufficio accertatore. L annullamento dell atto è altresì consentito con esclusivo riferimento agli eventuali motivi d illegittimità che non formarono oggetto della pronuncia dei giudici. Per l'esercizio dell'autotutela è possibile, secondo una corrente di pensiero, tenere conto di motivi di merito diversi da quelli presi in considerazione nella pronuncia della CT favorevoli all'erario ovvero degli stessi motivi dedotti con il ricorso introduttivo ma non esaminati dalla CT. Con la sentenza di rigetto non è dichiarata la legittimità dell'atto ma l'immunità dell'atto dai vizi denunciati dal ricorso In definitiva, la sentenza di rigetto è una sentenza di accertamento dell infondatezza dei motivi del ricorso in quanto non annulla alcunché. Il favor legis per l'esercizio dell'autotutela fa superare il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto (quid disputatum) ed il deducibile (quid disputandum) senza distinzione tra ragioni formali e ragioni sostanziali; il giudicato sulla decisione di rigetto non si traduce nella dichiarazione incontrovertibile di legittimità dell'atto impositivo. La CT nell'ipotesi di rigetto del ricorso si pronuncia solo sulle questioni trattate e non sulla spettanza definitiva del bene della vita controverso; essa non conosce di tutti gli aspetti del rapporto o di tutti i vizi dell'atto ma soltanto di quelli circoscritti dal ricorso. L'efficacia preclusiva della sentenza di rigetto, passata in giudicato, deve essere limitata al dispositivo e agli accertamenti della motivazione che ne sono la premessa logica: nella sentenza di rigetto abbiamo l'aspetto di accertamento della premessa logica (motivazione) e l'aspetto di comando(dispositivo). 5

6 Secondo altra ricostruzione ermeneutica il vincolo del giudicato esclude che si possano far valere questioni che rimettano in discussione la statuizione contenuta nella sentenza, anche se non furono proposte e non furono oggetto d esame da parte del giudice, poiché il giudicato di rigetto copre il dedotto ed il deducibile (4). A tal riguardo, si precisa che, per esigenze pubblicistiche, l'oggetto della pronuncia della CT non è limitato alle sole affermazioni contenute nella domanda, ma abbraccia anche quei fatti che non sono stati esplicitamente dedotti, pur essendo deducibili. È configurabile, nell ordinamento tributario, la cd. autotutela implicita ossia una diffusione degli effetti di un provvedimento di ritiro ad altri atti della sequenza procedimentale allorché, tra l atto ritirato e gli altri atti della serie, sussista un nesso di pregiudizialità-dipendenza (es. l annullamento dell atto presupposto comporta anche l annullamento dell atto consequenziale ). È interessante precisare che è ammissibile, in materia tributaria, un ripensamento del fisco in ordine ad un precedente autoannullamento. Giova sottolineare che l esatta portata del provvedimento di autotutela deve essere accertato, caso per caso, e che, di conseguenza, è necessario fare riferimento al contenuto più che alla denominazione. Angelo Buscema Marzo 2007 Note 1) Le controversie inerenti al potere di autotutela dell'amministrazione finanziaria, incluse quelle che si esplicano attraverso la procedura del silenzio-rigetto, sono di competenza del giudice tributario. Sono altresì devolute alla sua cognizione anche le controversie relative all'esercizio, o al mancato esercizio, di tale potere, spettando a tale giudice anche stabilire se l'atto o il rifiuto sia impugnabile o meno (Cassazione sentenza n /05). 2) Il diniego di autotutela non rientra tra gli atti impugnabili, tassativamente indicati all'articolo 19 del Dlgs n. 546/92. Pertanto, il ricorso avverso l'atto di diniego è da dichiararsi inammissibile. L'autotutela è una facoltà della Pubblica amministrazione che non fa sorgere in capo al contribuente alcun diritto azionabile con il ricorso. E' quanto affermato dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia, nella decisione n. 47/3/06, depositata in data 21 giugno Se l accertamento è divenuto definitivo per mancata impugnazione, il contribuente non può ricorrere contro il diniego di autotutela (in tal senso Commissione tributaria di Potenza sentenza del 5 dicembre 2006 n. 195). Il mancato esercizio da parte del Fisco del potere di autotutela non è sindacabile in sede giudiziaria, trattandosi di esercizio di un potere meramente discrezionale e non di un 6

7 obbligo giuridico; tuttavia, nei casi in cui sia lamentata la duplicazione d'imposta, è auspicabile che l'attività dell'amministrazione si informi ai principi di buona fede e collaborazione previsti dallo Statuto del contribuente. La stessa Amministrazione, quindi, deve sempre verificare la veridicità delle affermazioni del contribuente. È quanto ha affermato la Corte di cassazione con la sentenza n. 1710/07. 3) È impugnabile avanti alla giustizia tributaria la risposta negativa dell'amministrazione alla richiesta di condono contenuta nell'istanza con cui il contribuente rinuncia al credito di imposta indebitamente esposto e chiede, per quanto attiene alle sanzioni, l'applicazione di un condono successivamente sopravvenuto, in quanto la medesima non costituisce, in senso proprio, richiesta di intervento in autotutela. Occorre premettere che nel caso di specie con l istanza di autotutela il contribuente non ha chiesto l'annullamento dell'atto impositivo per vizi originari di tale atto; ha invece invocato eventi sopravvenuti come il condono o la modifica del sistema sanzionatorio (Sent. n del 7 dicembre 2005 dep. il 20 febbraio 2006 della Corte Cass. sez. ) 4) La sentenza n del 23 marzo 2006 (dep. il 12 luglio 2006) della Corte Cass. sez. tributaria così recita La pronuncia passata in giudicato che rigetti le domande del contribuente copre il dedotto ed il deducibile e quindi non è consentito proporre un secondo ricorso in cui siano dedotti motivi di impugnazione non contenuti nel primo ricorso (nel caso di specie dopo il rigetto di un ricorso in cui si deducevano vizi della notifica, il contribuente aveva proposto un secondo ricorso deducendo l'illegittimità sostanziale dell'avviso di accertamento). ALLEGATO SENTENZA P R E M E S S O I N FATTO CHE 1 ) L'ufficio IVA ha notificato il a M.N. avviso di rettifica per mancata presentazione della dichiarazione IVA annuale ed ha chiesto E a fronte di un omesso versamento di E ; 2 ) l'interessata ha chiesto la revisione dell'avviso di rettifica, con istanza di autotutela del che l'ufficio non ha ritenuto tale, per cui non ha inteso emettere il provvedimento; 3 ) l'interessata ha ricorso contro detto rifiuto di emanazione del provvedimento di autotutela; 4 ) l'ufficio si è costituito ed ha controdedotto; 7

8 La Commissione Tributaria Provinciale ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione; 5 ) Ha appellato la contribuente, precisando in linea di fatto che sia la C.T.P. che il TAR hanno dichiarato inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione. La questione pende anche innanzi al Garante del Contribuente per la Regione Lazio. in diritto ha lamentato: 1) Vizio di motivazione; 2) Legittimità del potere di autotutela; 3) Sussistenza di giurisdizione della Commissione Tributaria; 4) Fondatezza delle eccezioni di merito. 5) Ha chiesto che fosse dichiarata la illegittimità del provvedimento di diniego n e di ogni altro atto,con vittoria di spese e rimborso delle somme pagate. Nel merito la contribuente ha presentato ulteriori censure all'atto impositivo. 6 ) L'UFFICIO HA CONTRODEDOTTO e CHIESTO che a) fosse dichiarata la giurisdizione negata dal primo giudice; b) fosse rinviata la causa alla C.T.P.; c) fosse rigettato l'appello, con vittoria di spese. La Commissione Tributaria Regionale - considerato, preliminarmente, che debba statuirsi in ordine alla sussistenza o meno della giurisdizione della Commissione: Tributaria per le questioni attinenti alla autotutela; - ritenuto che sulle questioni riguardanti l'autotutela, ex art. 12, co 2, L n 448, è competente giurisdizionalmente la. Commissione Tributaria, come statuito dalla Suprema Corte di Cassazione a sezioni unite (v. sent. n del ); P.Q.M., La Commissione in riforma della decisione di l grado dichiara la giurisdizione della Commissione Tributaria Provinciale di Roma alla quale vengono rimessi gli atti. 8

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