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1 Fiscal Approfondimento Il Focus di qualità N L'impugnabilità del diniego di autotutela in ambito tributario Alla luce dei più recenti indirizzi giurisprudenziali Categoria: Contenzioso Sottocategoria: Autotutela A cura di Alberto Nastasia Per comprendere pienamente le modalità con cui l autotutela può oggi essere richiesta dal contribuente allo scopo di disinnescare pretese impositive avanzate nei suoi confronti dall Amministrazione Finanziaria, è utile conoscere l evoluzione normativa che detto istituto ha avuto nel corso degli anni, nonché le indicazioni al riguardo fornite dalla prassi amministrativa e dalla giurisprudenza. All analisi delle previsioni che regolano oggi il potere di autotutela in campo tributario,seguirà la disamina dei principali profili di criticità affrontati dalla giurisprudenza di legittimità e, in particolare, quelli concernenti i termini e le modalità con cui il contribuente può impugnare il diniego di autotutela e gli effetti che l eventuale annullamento dell atto produce. La cornice normativa di riferimento Prima del 1992 non esisteva nel panorama normativo nazionale alcuna previsione che contemplasse la possibilità, per l Amministrazione Finanziaria, di rivedere la propria posizione, annullando d ufficio o revocando atti precedentemente emanati. Soltanto con l art. 68 del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, contenente il Regolamento degli uffici e del personale del Ministero delle finanze è stata, infatti, introdotta nel nostro ordinamento l esercizio - seppure entro individuati limiti soggettivi e oggettivi - del potere di annullamento degli atti tributari 1. 1 A tale riguardo S. CAPOLUPO, Autotutela: diritto del contribuente o facoltà dell'ufficio? in il fisco n. 20 del 2002, pag. 3043,osserva che non è affatto provato che ove il legislatore mutui un istituto da altro settore del 1

2 In particolare, il menzionato art. 68, rubricato tutela dei diritti dei contribuenti e trasparenza dell azione amministrativa, aveva previsto, al co. 1, la possibilità di annullare gli atti tributari che fossero affetti da vizi che li rendessero, anche in parte, illegittimi o infondati. L atto di rimozione -che doveva specificare, nella parte motivazionale, in quali termini l adozione dello stesso rispondeva a ragioni di interesse pubblico - andava comunicato al destinatario dell atto illegittimo o infondato. Due anni più tardi il legislatore, allo scopo di dirimere contrastanti orientamenti sorti in dottrina e giurisprudenza in ordine all interpretazione della menzionata disposizione - con l art. 2-quater del D.L. 30 settembre 1994, n , titolato autotutela, ha riconosciuto al Fisco la possibilità di procedere all annullamento o revoca degli atti illegittimi o infondati, rinviando,tuttavia, a successivi decreti la definizione degli organi competenti e dei criteri di economicità, sulla base dei quali l attività dell amministrazione deve essere intrapresa o abbandonata. Tale funzione è stata assolta dal D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, emanato dal Ministro Visco, contenente il Regolamento recante norme relative all esercizio del potere di autotutela da parte degli organi dell Amministrazione finanziaria, il quale, all art. 2, titolato ipotesi di annullamento d ufficio o di rinuncia all imposizione in caso di autoaccertamento,contempla la possibilità di annullare o revocare, senza l indicazione di un preciso termine, gli atti in autotutela, attivando la procedura - sia spontaneamente sia su istanza del contribuente - anche in pendenza di giudizio ovvero in caso di non impugnabilità dell atto. Sulla scorta di tale disposizione, il potere di autotutela può oggi essere esercitato, sia per rimediare a un conflitto attuale o potenziale tra amministrazione e contribuente, sia per eliminare atti ormai consolidati, dai quali possono derivare per l amministrazione ingiustificati vantaggi. Allo scopo di limitare l esercizio dell autotutela, il co. 2 del citato art. 2, prevede che l annullamento d ufficio dell atto non può aversi per motivi, in relazione ai quali i giudici di merito si siano già pronunciati con sentenza passata in giudicato favorevole all Amministrazione Finanziaria. diritto debba necessariamente recepirlo in tutte le sue possibili originarie manifestazioni. Anzi, sovente, si verifica l esatto contrario pur conservando, evidentemente, talune identità. Rientra in queste ultime ipotesi, almeno secondo una parte della dottrina, lo schema giuridico introdotto nel D.P.R. n. 287/1992 sebbene le motivazioni addotte non sempre siano soddisfacenti. 2 Inserito, in sede di conversione del Decreto, dall art. 1 della L. 30 novembre 1994, n

3 Sempre in ossequio alla previsione dell art. 2-quaterdel D.L. 30 settembre 1994, n. 564, il regolamento fornisce anche un catalogo esemplificativo delle principali patologie da cui potrebbero essere affetti gli atti dell Amministrazione Finanziaria. Si tratta di vizi-concernenti la persona e/o l oggetto della pretesa tributariacosì gravi da rendere assolutamente indispensabile l annullamento d ufficio dell atto. Più in dettaglio, essi sono: - errore di persona; - evidente errore logico o di calcolo; - errore sul presupposto di imposta; - doppia imposizione; - mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti; - mancanza di documentazione successivamente sanata (non oltre i termini di decadenza); - sussistenza di requisiti per fruire di deduzioni/detrazioni; - errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile dall Amministrazione. Il successivo art. 3 del D.M. n. 37/ nello stabilire i criteri di priorità che gli uffici finanziari devono adottare nelle attività di annullamento o di rinuncia all imposizione afferma, poi, che devono essere privilegiate le fattispecie di rilevante interesse generale e, fra queste ultime, quelle per le quali sia in atto o vi sia il rischio di un vasto contenzioso. I chiarimenti dell Agenzia delle Entrate Ulteriori elementi utili a comprendere i termini di operatività dell istituto possono essere tratti dalle interpretazioni che l Agenzia delle Entrate ha fornito delle previsioni normative sopra esaminate. Innanzitutto, la circolare 8 luglio 1997, n. 197, avente ad oggetto la protocollazione dei documenti di prassi amministrativa e la loro acquisizione nella banca dati del servizio di documentazione tributaria,emanata dall Agenzia delle Entrate allo scopo di assicurare la necessaria uniformità di indirizzo e un organica visione dei principi applicabili. Ai fini dell individuazione dell ufficio cui spetta il potere di autotutela, tale documento di prassi ha precisato, che esso spetta all ufficio che ha emesso l atto da annullare, a meno che l ufficio stesso non incorra in «grave inerzia»: in tal caso il potere verrà esercitato, in via sostitutiva, dalla Direzione delle Entrate. 3

4 Con riferimento ai presupposti per l applicazione dell autotutela, sempre la circolare n. 197/1997 osserva che l esercizio del potere di annullamento d ufficio trova le sue ragioni di legittimità nella sussistenza, oltre che del requisito dell illegittimità dell atto (per l individuazione del quale può farsi riferimento al catalogo dei vizi di cui all esaminato art. 2 del D.M. n. 37/1997), anche di uno specifico, concreto e attuale interesse pubblico all eliminazione dell atto, diverso dal generico interesse al ripristino della «legalità» che, in esito a un apposito processo logico di comparazione, risulti prevalente rispetto all interesse pubblico alla stabilità delle situazioni giuridiche. 3 La menzionata circolare, con riguardo poi all oggetto dell autotutela, ha fornito indicazioni ai propri uffici periferici affinché, una volta riconosciuta, con l annullamento d ufficio di un certo provvedimento, l esistenza e la prevalenza dell interesse pubblico specifico, concreto e attuale verifichino se la realizzazione di tale interesse trovi o meno impedimento negli atti subordinatamente collegati a quello annullato provvedendo in caso affermativo, a meno di non voler incorrere in una evidente insanabile contraddizione, anche all annullamento di essi. Sul punto, la successiva circolare 5 agosto 1998, n. 198 dell Agenzia delle Entrate ha affermato che l annullamento dell atto, da qualunque organo sia stato disposto, travolge necessariamente e automaticamente tutti gli altri atti a esso consequenziali (ad esempio, il ritiro di un avviso di accertamento determina, automaticamente, la nullità delle cartelle di pagamento emesse in base all avviso stesso) e comporta l obbligo di restituzione delle somme indebitamente riscosse. Sarebbe, infatti, del tutto contraddittorio che l amministrazione annullasse un atto in quanto lo riconosce illegittimo e infondato, e poi lasciasse che le procedure di riscossione proseguano indisturbate ovvero trattenesse le somme riscosse in forza di esso. E ancora l ufficio stesso non possiede una potestà discrezionale di decidere a suo piacimento se correggere o no i propri errori. Infatti, da un lato il mancato esercizio dell autotutela nei confronti di un atto patentemente illegittimo, nel caso sia ancora aperto o comunque esperibile il giudizio, può portare alla condanna alle spese dell amministrazione con conseguente danno erariale (la cui responsabilità potrebbe essere fatta ricadere sul dirigente responsabile del mancato annullamento dell atto); dall altro, essendo previsto che in caso 3 Sempre secondo la menzionata circolare n. 195/1997, quest ultimo requisito, in campo tributario sussiste certamente quando consista nella necessità di assicurare che il contribuente sia destinatario di una tassazione in misura giusta e conforme alle regole dell ordinamento o di soddisfare l esigenza di eliminare per tempo uncontenzioso inutile ed oneroso. 4

5 di grave inerzia dell ufficio che ha emanato l atto, può intervenire in via sostitutiva l organo sovraordinato, è evidente che l esercizio corretto e tempestivo dell autotutela viene considerato dall amministrazione,non certo come una specie di «optional» che si può attuare o non attuare a propria discrezione, ma come una componente del corretto comportamento dei dirigenti degli uffici e, quindi, come un elemento di valutazione della loro attività dal punto di vista disciplinare e professionale. La posizione della giurisprudenza. Dopo aver illustrato l evoluzione normativa che ha interessato l istituto in rassegna ed esposto le considerazioni al riguardo fornite dall Amministrazione Finanziaria, è ora possibile analizzare gli approdi cui è giunta la giurisprudenza di legittimità sul tema dell impugnabilità del diniego di autotutela. Una prima tematica posta all attenzione della Cassazione concerne l impugnabilità o meno del diniego di autotutela. In una prima fase la Corte di Cassazione aveva negato la giurisdizione delle Commissioni tributarie in quanto il mancato esercizio del potere di autotutela, assolutamente discrezionale, attribuito all Amministrazione Finanziaria dall art. 68 del D.P.R. 27 marzo 1992, n. 287, rispetto al quale il sopra richiamato D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, si configura come atto di normazione secondaria, non è passibile di sindacato in sede di contenzioso tributario, e, quindi, la deduzione della relativa riscontrabilità, nel caso esaminato, resta del tutto irrilevante ai fini della decisione della vertenza 4. Espressione del medesimo filone interpretativo è la successiva sentenza della Suprema Corte 5 febbraio 2002, n. 1547, secondo cui l annullamento in via di autotutela degli atti dell Amministrazione Finanziaria viziati, costituisce un potere discrezionale degli uffici il cui mancato esercizio non può essere sindacato dalle Commissioni tributarie, il cui giudizio risulta comunque limitato ai vizi dell'atto presupposto, i quali assorbono ogni altro vizio del diniego di autotutela 5. Tale orientamento è stato fatto proprio dal Consiglio di Stato nella sentenza 19 ottobre 2004, n. 6758, in cui i giudici amministrativi hanno precisato che l amministrazione non ha alcun obbligo di provvedere sulle istanze di riesame, annullamento o revoca d ufficio di provvedimenti divenuti 4 In questi termini, Cass., sez. trib., 9 ottobre 2000, n Su analoga posizione si sono attestati i giudici di legittimità anche nella successiva sentenza 28 ottobre 2004, n

6 inoppugnabili per mancata tempestiva d impugnazione, fermo restando il potere discrezionale di adottare provvedimenti in via di autotutela,essendo libera l amministrazione stessa di verificare se l inoppugnabilità di detti atti meriti di essere superata da successive valutazioni che tengano conto del decorso del tempo, dell esigenza di certezza dei rapporti giuridici e delle disponibilità di bilancio. Occorre segnalare che la dottrina e la giurisprudenza si era divisa, non solo in ordine all impugnabilità o meno del diniego di autotutela, ma anche sull individuazione del giudice competente nella specifica materia. Da un lato, si riteneva, infatti, che la giurisdizione in materia competesse al giudice amministrativo, mentre, dall altro, veniva attribuito al giudice tributario il dovere di statuire sulla legittimità del provvedimento di diniego di autotutela. A favore della giurisdizione della giustizia amministrativa sono state nel tempo prodotte due distinti argomenti. Innanzitutto, è stato rilevato che l art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nell elencare gli atti autonomamente impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie, non comprendeva il provvedimento di diniego di autotutela. Inoltre - sempre secondo tale impostazione - anche ammettendo che l elencazione di cui al richiamato art. 19 non fosse tassativa, potevano essere ritenuti accessibili soli atti riconducibili per natura, fondamento o effetti agli atti ivi espressamente elencati. Tuttavia il provvedimento di diniego di annullamento in autotutela non sarebbe stato riconducibile a nessuno degli atti compresi nella predetta elencazione perché l oggetto del giudizio, da parte delle Commissioni tributarie eventualmente adite, non avrebbe riguardato l accertamento di un rapporto tributario, bensì il corretto esercizio della discrezionalità amministrativa. Sulla questione sono successivamente intervenute le Sezioni unite della Cassazione nella sentenza 10 agosto 2005, n ,in cui è stato affermato che con l art. 12, co. 2, della L. 28 dicembre 2001, n. 448 (secondo cui appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie ) la giurisdizione tributaria è divenuta nel suo proprio ambito una giurisdizione a carattere generale, competente ogni qual volta si controverta di uno specifico rapporto tributario, o di sanzioni inflitte da uffici tributari. Di conseguenza, è stato modificato l art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto il contribuente può rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta abbia interesse a contestare la convinzione espressa dall Amministrazione in ordine alla disciplina del rapporto tributario. 6

7 Conseguentemente, rientrano nella giurisdizione del giudice tributario le controversie relative all esercizio (o al mancato esercizio) da parte dell Amministrazione del potere di autotutela, spettando a tale giudice anche stabilire se l atto (o il rifiuto) sia o meno impugnabile. A distanza di un anno e mezzo, le Sezioni unite della Cassazione sono tornate ad affrontare la questione nella sentenza 27 marzo 2007, n. 7388, affermando che, indipendentemente dalla natura e contenuto dell atto impugnato, laddove il rapporto controverso verta in materia di tributi di qualunque genere e specie, la cognizione è affidata alla giurisdizione delle Commissioni tributarie «rationemateriae». Inoltre, sempre secondo i giudici, l allargamento della giurisdizione tributaria include attesa l insussistenza di una riserva assoluta al giudice amministrativo della tutela degli interessi legittimi - il sindacato del giudice circa il corretto esercizio del potere discrezionale dell Amministrazione Finanziaria prima ancora dell esistenza dell obbligazione tributaria. I giudici di legittimità sono, quindi, giunti ad affermare che il giudice tributario investito del rifiuto dell Amministrazione Finanziaria di adottare un provvedimento di annullamento in autotutela di un avviso di liquidazione, ha facoltà di giudicare sulla legittimità di tale rifiuto ma non sulla fondatezza della pretesa fiscale che costituirebbe indebita sostituzione della funzione giurisdizionale a quella amministrativa. La posizione della Cassazione sulla questione - anche in ragione della forte contrarietà espressa dalla più autorevole dottrina 6, secondo cui non è comunque possibile prescindere dalla tassatività dell elencazione di cui al menzionato art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 è stata successivamente ribadita e puntualizzata in alcuni più recenti arresti, tra i quali la sentenza 29 dicembre 2010, n , in cui i giudici di legittimità hanno sostenuto che: - l esercizio del sindacato sulla attività di autotutela costituisce procedimento autonomo e ben distinto da quello di impugnazione di atto impositivo, cui non interferisce; - l autotutela non rappresenta, in ogni caso, un mezzo di tutela del contribuente, sostitutivo dei rimedi giurisdizionali che non siano stati esperiti. I giudici di legittimità hanno, quindi,individuato un limite all impugnabilità del diniego, così da evitare che il contribuente possa farvi ricorso, allo scopo di contestare la pretesa tributaria già divenuta definitiva, in tal modo 6 Fra i tanti, P. RUSSO, Manuale di diritto tributario. Il processo tributario, Enc. Diritto, Milano 2005, pag

8 riproponendo al giudice tributario, oltre i limiti temporali previsti dall ordinamento, questioni attinenti il merito 7. Un altro profilo di interesse valutato dalla giurisprudenza, è quello che attiene alla risarcibilità del danno prodotto dalla mancata o tardiva attivazione da parte dell amministrazione dell autotutela o dalla sua inerzia a fronte dell obbligo, imposto dal giudice tributario, di riscontrare la richiesta di annullamento proposta dal contribuente. Sul punto la Cassazione è ormai orientata a ritenere che il contribuente possa convenire in giudizio l amministrazione, al fine di ottenere il risarcimento, nel caso in cui il mancato o tradivo esercizio dell autotutela abbia cagionato un danno ingiusto. Ciò, in quanto ogni attività della pubblica amministrazione anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, codificato nell art c.c., che consente al giudice ordinario di appurare se vi sia stato da parte dell ufficio un comportamento doloso o colposo, tale da determinare la violazione di un diritto soggettivo 8. Considerazioni conclusive. In base al quadro dianzi tratteggiato, ritengo di poter conclusivamente affermare che, è oggi innegabile per il contribuente, il diritto - seppure nei limiti evidenziati - di impugnare l atto con cui l Amministrazione Finanziaria gli abbia negato autotutela in relazione ad accertamenti esperiti nei suoi confronti. Resta invece da esaminare la questione, scarsamente affrontata dalla giurisprudenza, degli effetti derivanti dall annullamento di un precedente annullamento di un atto impositivo. Interessante spunto per trattare il tema è offerto dalla recente sentenza della Cassazione 8 ottobre 2013, n , in cui gli Ermellini hanno affermato che tutte le volte in cui, come nel caso oggetto di pronuncia, l Amministrazione Finanziaria abbia, in un primo momento, annullato l atto di accertamento emanato radiandolo in tal modo definitivamente dal mondo giuridico - non sarà più possibile, attraverso l annullamento dell atto di annullamento, rianimarlo. 7 Nello stesso senso, nell ordinanza della Cassazione 18 giugno 2012, n , si legge che contro il diniego dell amministrazione di procedere all esercizio del potere di autotutela può essere proposta impugnazione soltanto per dedurre eventuali profili di illegittimità del rifiuto e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria. Ciò in quanto, fuori da tale situazione, l atto con il quale l amministrazione finanziaria manifesta il rifiuto di ritirare in autotutela un atto impositivo divenuto definitivo stante la relativa discrezionalità non è suscettibile di essere impugnato innanzi alle commissioni tributarie. 8 Cfr. Corte di Cassazione, Sezione III, 3 marzo 2011, n

9 In tali ipotesi si renderà, pertanto, necessaria l emissione, da parte dell Amministrazione finanziaria sempre ché i termini di accertamento lo consentano - di un nuovo atto di accertamento. La soluzione cui sono giunti gli Ermellini pare assolutamente coerente con il quadro normativo, nonché rispettosa dei diritti del contribuente e, pertanto, non suscettibile di determinare contrasti giurisprudenziali. - Riproduzione riservata - 9

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