Capitale, funding e liquidità: una crescita possibile perbancheeimprese
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1 Capitale, funding e liquidità: una crescita possibile perbancheeimprese di Matteo Coppola (*) Banche e imprese dovranno fare un salto di qualità nella gestione delle risorse finanziarie, oggi scarse e ad elevato costo, e trovare quindi un nuovo punto di equilibrio nel loro rapporto. Un mondo di risorse scarse Il sistema produttivo italiano è investito quotidianamente dalle gravi evoluzioni della crisi dei debiti sovrani, un rischio «ad effetto domino» giunto a mettere in gioco la stessa sopravvivenza dell euro. Solo per citare un elemento emblematico del quadro attuale, si registra come nella classifica mondiale della produzione manifatturiera l Italia sia scivolata dalla quinta all ottava posizione tra il 2007 e il Inoltre, secondo il Centro Studi di Confindustria, a rischio si trova «la stessa sopravvivenza di comparti importanti del tessuto produttivo nazionale». Un effetto che sì è stato prodotto, secondo gli analisti di viale dell Astronomia, dalla recessione, ma che poi è stato aggravato dal credit crunch. In effetti, al centro delle analisi di coloro che cercano di comprendere e contrastare la crisi attuale, c è proprio la relazione tra banche e imprese. Da una parte, gli istituti di credito nostrani, come del resto anche quelli stranieri, temono un eccessiva esposizione che possaminarnelasopravvivenzaesonooggisottoposti a vincoli che impongono dettami più rigidi nel rilascio dei prestiti: così, gli istituti hanno necessità di controllare il flusso di credito alle imprese. Dall altra, le aziende accusano le banche di essere troppo accorte nella concessione del credito e di non utilizzare i sostegni «istituzionali» - come nel caso dei due LTRO rilasciati dalla Bce guidata da Mario Draghi - per rilanciare o almeno sostenere l economia nazionale: così, le imprese si dicono costrette a chiudere. La realtà dei dati può aiutareacomprendere questi fenomeni. Da un lato, è innegabile che l aumento degli spread sui titoli di Stato a partire soprattutto dalla seconda metà del 2011 abbia avuto un impatto rilevante sul funding delle banche italiane, con un aumento del suo costo a livelli insostenibili e con un inaridimento delle fonti di finanziamento. Dall altro lato, va considerato come la crisi stia avendo un impatto diretto e molto incisivo anche sul conto economico delle banche, che se anche giocano indubbiamente un ruolo chiave a sostegno dell economia, sono esse stesse delle imprese con necessità di mantenere una loro sostenibilità economicofinanziaria. Si consideri ad esempio il livello dei cosiddetti non performing loans (NPL) che per le banche italiane è raddoppiato dall inizio della crisi, e continua tutt ora a crescere in modo preoccupante. Se si guarda però alla portata del credito in Italia (Tavola 1), sorprende come il livello degli impieghi alle imprese sia rimasto sostanzialmente invariato nel corso del 2011 e nei primi mesi del 2012, conservando un livello comparabile a quello di inizio 2011, con una riduzione inferiore al punto percentuale. Ben diversa appare la situazione per esempio in Spagna, dove il deleveraging ha portato a una contrazione importante del livello degli impieghi alle imprese. A sentire il mondo produttivo, sono proprio i cospicui LTRO della BCE ad essersi trasformati nelle smoking gun che accusano le ban- (*) Principal di The Boston Consulting Group, 70
2 che italiane: la liquidità generata dai prestiti dell istituto di Francoforte doveva andare a sostegno dell economia. Tra fine 2011 e inizio 2012, la Bce ha immesso negli istituti di credito continentali miliardi di euro: di questi, 267 sono andati alle banche italiane. Questa grande quantità di liquidità addizionale è stata in parte utilizzata per sostenere acquisti di obbligazioni governative (circa 60 miliardi ad oggi), e si è trasformata per una buona parte del rimanente, in autentico «fieno in cascina»: in pratica l ammontare complessivo dei due LTRO servirà in gran parte per coprire i fabbisogni di rifinanziamento dei prossimi due anni (circa 130 miliardi) e consentire un mantenimento del livello del credito. In generale, l intervento della BCE ha consentito di evitare, come ha dichiarato lo stesso governatore Draghi, «un ben più severo rischio di restrizione creditizia», permettendo di «comprare tempo» all intero sistema. I problemi che hanno indotto la crisi attuale sono, infatti, strutturali e la mancanza di liquidità è statasolounsintomodellascintilla scatenante la situazione congiunturale, non la causa. Infatti, la crisi dei debiti sovrani che ha investito il Vecchio continente trova motivazioni che nascono al di fuori del sistema bancario: debito pubblico insostenibile, bassa competitività e quindi bassa crescita. Una cosa è certa: la minore disponibilità di credito per le imprese non è un fenomeno transitorio. E ciò accade perché sono cambiati i presupposti e le prospettive operative degliistitutidicreditoacausadicondizioni oggettive, che in parte esulano dalla grave situazione congiunturale. Basilea III - accordo che prevede delle modifiche alle attuali regolamentazioni a cui sono soggetti gli istituti di credito - imporrà requisiti molto stringenti su capitale, funding di medio e lungo termine e liquidità a breve. Come si traduce questo nella restrizione del credito alle imprese? Alla fine dello scorso anno, la stima riportava una necessità di 354miliardidieurodicapitaleaddizionale o in alternativa 5000 miliardi di minori attività ponderate per il rischio (circa il 20% del totale) per le 145 maggiori banche mondiali (1). Insomma, parametri molto rigidi che necessitano la ricerca di un nuovo punto di equilibrio nel rapporto tra banche e imprese. Quali direttrici di evoluzione per le banche? Con meno risorse a disposizione a livello di stato patrimoniale e più stringenti requisiti (1) The Boston Consulting Group Risk Report annual. Tavola 1 - Credito alle imprese 71
3 La banca deve diventare un partner industriale, oltre che finanziario, per accompagnare il cliente nella crescita. di gestione del rischio, come dovranno comportarsi le banche? Innanzitutto dovranno fare un salto di qualità importante nella gestione dei rischi definendo in modo molto raffinato l allocazione delle risorse. Ad esempio, se prima il piano industriale si definiva in base alla crescita su ricavi e asset per occuparsi poi solo successivamente di organizzare il funding necessario, in futuro si dovrà partire dalla disponibilità di capitale, funding e liquidità di breve per decidere poi se procedere o meno su un progetto di finanziamento. Una delle conseguenze di questa nuova logica riguarderà direttamente il modello digoverno:ceo,cfo,croeresponsabili delle singole unità di business dovranno agire in modo molto più integrato, dovendo allineare visioni diverse per determinare i passi necessari verso la sostenibilità del business creditizio, considerando le interdipendenze tra risorse di stato patrimoniale ed effetti di conto economico. È questa la grande sfida che attende le banche: comprendere e adeguarsi alla nuova scarsità di risorse e quindi acquisire un ottica manageriale per valutare ed assistere il cliente. Non si tratta di un passaggio naturale, ma di una vera e propria rivoluzione copernicana. Il rapporto tra banca e impresa nel panorama italiano non potrà quindi più reggersi sui presupposti che finora lo hanno contraddistinto, dove la rischiosità del cliente e le potenzialità di ricavo derivanti dal progetto specifico segnavano, usando una metafora cartesiana, le ascisse e le ordinate entro le quali si stabiliva l ammontare e la durata del credito. In un sistema molto più prudenziale secondo quanto previsto da Basilea III e considerata la scarsità strutturale e l elevato costo di liquidità di breve, funding di medio termine e capitale, le banche dovranno procedere applicando un sistema di analisi «granulare» di ogni singolo business, prodotto e cliente. Un esempio di questo nuovo approccio relazionale tra istituti e imprese si legge in un recente studio (2) sul portafoglio Corporate di una grande banca italiana (Tavola 2). L analisi realizzata mostra la presenza di clienti con consumi e rendimenti anche molto differenti su capitale, liquidità e funding. È interessante ed estremamente utile ai fini dell analisi stessa aver riscontrato, ad esempio, che esistono cluster di clienti con presenza importante di linee di credito accordate ma non utilizzate, che in uno scenario di stress potrebbero richiedere molta liquidità. Tali clienti rendono necessario quindi lo stanziamento di asset altamente «liquidabili», come titoli a breve termine, con rendimento basso. Un altro esempio considerato nell analisi è stato identificare clienti con importanti assorbimenti di capitale e funding a medio termine legati al credito a loro concesso, ma con redditività molto bassa e limitato cross-selling di servizi: anche in questo caso i ricavi possono essere inadeguati se paragonati alle risorse assorbite. Per queste ragioni le azioni commerciali che interessano capitale, funding e liquidità dovranno tenere conto di impatti ed interdipendenze tra queste tre dimensioni. In ogni caso, per il sistema creditizio italiano, si potrebbe comunque usare l espressione «di necessità, virtù» visto che segmentare e studiare la propria clientela è sicuramente un percorso ottimizzante nella gestione del credito, dato che ciascun cliente consuma in modo differente le risorse che gli vengono assegnate e approfondirne i comportamenti o consigliarlo sulla gestione migliora l uso delle risorse: in pratica, la banca dovrà comprendere il consumo del credito e la sua stessa efficienza. A questo punto, i primi interrogativi che si pongono agli istituti riguarderanno la misurazione del rendimento di queste risorse e quindi i trade-off da applicare per i clienti che consumano le stesse risorse in modo diverso. Le banche si dovranno quindi organizzare per affrontare questo passaggio epocale, sviluppando nuovi modi di relazionarsi con le imprese clienti. Quali direttrici di evoluzione nella relazione tra banche e imprese? Il recente Corporate Benchmarking di BCG fornisce un indicazione della direzione da intraprendere. Nella Tavola 3 si vedono confrontati (2) Svolto da The Boston Consulting Group. 72
4 il mix ricavi del segmento mid-corporate italiano con quello di altri paesi Europei. Da quest analisi emerge la differenza tra la media italiana e quella europea nel mix e quindi nel ritorno economico, ma la differenza si amplia di quasi tre volte rapportando le banche italiane ai full service champions, cioè a quegli istituti di credito che hanno sviluppato un modello di relazione ampio e profondo con i loro clienti. Tali full service champions non sono solo un opzione operativa, ma un modello utile per rendere la relazione tra banca e impresa sostenibile economicamente nel nuovo panorama strutturale che affronteremo nei prossimi anni. Tavola 2 - Non tutte le imprese sono uguali Il primo passo, come già detto, è strategico più che tattico: la banca deve diventare un partner industriale, oltre che finanziario, per accompagnare il cliente nella crescita. Quindi bisogna ricordare che l eterogeneità elaqualitàsono valori che pagano: la banca dovrà quindi allargare la relazione a più prodotti, per poter servire in modo efficace i propri clienti, anche con pacchetti a basso assorbimento di capitale e/o funding, e in ogni caso l istituto dovrà offrire una service experience di eccellenza. Non si tratta di cambiamenti di poco conto, ma come già detto di una vera e propria rivoluzione copernicana nelle relazioni tra istituti Tavola 3 - Composizione ricavi nel segmento Mid-Corporate 73
5 italiani ed aziende. Infatti, da una parte le banche dovranno compiere un salto di qualità articolato nel proprio modello di servizio, mentre dall altro le imprese dovranno aprirsi con coerenza e costanza e lavorare più in un ottica di partnership con il settore bancario. Sono compromessi reciproci che i player dovranno assumersi visto lo stato dell arte dell economia globale. Nei prossimi anni - e già da adesso - la stretta del credito si pone come un dato di fatto, più che una minaccia: il mondo produttivo e quello creditizio dovranno trovare un percorso comune, imponendosi dei cambiamenti nell approccio specifico al fine di venirsi incontro. Guardando alle banche, già oggi si possono individuare delle direttrici importanti in grado di ottimizzare questo rapporto economico, senza per questo pregiudicare i bisogni bancari delle imprese. Per esempio le banche possono lavorare per offrire prodotti più efficienti a minore assorbimento di capitale (per es. asset based lending), oppurelavorare per rafforzare la qualità del collaterale, o anche fornire un vero e proprio advisory per migliorare il rating intervenendo sul profilo industriale e finanziario dell impresa. La necessità di incidere meno sullo stato patrimoniale delle banche sta già portando oggi alla disintermediazione, con l accesso diretto al mercato dei capitali (DCM), con emissioni obbligazionarie possibili anche per imprese di taglia inferiore rispetto alle imprese large corporate, con importanti benefici per le imprese anche in termini di profili di finanziamento con durate maggiori. In questo contesto, alcune grandi banche internazionali stanno anche sviluppando modelli innovativi distribute-to-originate, opposti ai tradizionali originate-to-distribute, dove in modo attivo si fanno partnership con investitori istituzionali per costruire un flusso di business da «originare», strutturato in modo tale da essere appetibile alla «distribuzione», non andando quindi ad incidere sullo stato patrimoniale bancario. Quali direttrici di evoluzione per le imprese? Guardando dall altro lato alle imprese italiane, bisogna sottolineare ancora una volta come le aziende nostrane dovranno affrancarsi 74 da un rapporto di forte dipendenza creditizia rispetto agli istituti bancari. Il livello di indebitamento delle imprese nazionali è andato crescendo in maniera rilevante dal 2000 (60% del PIL) ad oggi (quasi 90% del PIL). Analizzando nel dettaglio qualitativo il tipo di indebitamento delle imprese, si scopre come 2/3 dei debiti sono di natura bancaria e il 60% a breve scadenza (2 anni). Inoltre, c è scarso ricorso all equity da parte delle impreseescarsaèanche la propensione delle imprese di piccole e medie dimensioni ad avvicinarsialmercatodeicapitali.bastipensare cheinitalialeimpresequotateconcapitalizzazione inferiore ai 300 milioni di euro sono il 62%, mentre in Francia, Germania e Regno Unito sono all incirca l 80%. Il sistema imprenditoriale italiano deve evolvere: è necessario che le aziende crescano in dimensione per poter accedere con vigore ed efficacia al mercato dei capitali e in sofisticazione finanziaria per gestire in maniera equilibrata il bilancio aziendale. Questo dovrà avvenire con aumento dei livelli di patrimonializzazione ove possibile e con un attenta gestione dei rischi aziendali: in entrambi i casi, si tratta di alcuni dei cambiamenti che sono richiesti anche alle banche italiane. Così, è evidente come l unica possibilità di crescita per entrambi gli attori - banche e imprese - sia un percorso proficuo di partnership. Riflessioni conclusive Si attende un mondo diverso, dove le risorse economiche saranno scarse e quindi avranno un costo elevato: bisogna assumere questa condizione come un fatto, accettarlo e comportarsi di conseguenza. Questo elemento riguarda principalmente il rapporto tra bancheeimprese,chedovrannotrovareunnuovo punto di equilibrio per crescere sia attraverso un rapporto più ampio, profondo e per entrambi proficuo, sia trasformando gli istituti di credito in delle guide per le aziende, cioè in veri e propri advisor finanziari e industriali. Concretamente, entrambi gli attori dovranno compiere un salto di qualità. Perché la realtà della crisi dei debiti sovrani morde il tessuto economico e creditizio nazionale e solo uno sforzo congiunto di entrambi gli attori potrà consentire ad entrambi di affrancarsi e tornare a correre.
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