IPERPARATIROIDISMO SECONDARIO PERSISTENTE DOPO TRAPIANTO DI RENE FATTORI EZIOPATOGENETICI E POSSIBILI INTERVENTI TERAPEUTICI

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1 Sede Amministrativa: Università degli Studi di Padova Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche SCUOLA DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE MEDICHE, CLINICHE E SPERIMENTALI: INDIRIZZO: FISIOPATOLOGIA CLINICA CICLO XXIII IPERPARATIROIDISMO SECONDARIO PERSISTENTE DOPO TRAPIANTO DI RENE FATTORI EZIOPATOGENETICI E POSSIBILI INTERVENTI TERAPEUTICI Direttore della Scuola : Ch.mo Prof. Gaetano Thiene Coordinatore d indirizzo: Ch.mo Prof.ssa Elena Ossi Supervisore :Ch.mo Prof. Sandro Giannini Dottorando: Dott. Matteo Ciuffreda

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3 INDICE Pagina RIASSUNTO 1 ABSTRACT 2 Capitolo 1: INTRODUZIONE 1.1 Metabolismo osseo Formazione e riassorbimento osseo Regolazione del rimodellamento osseo Fattori locali Fattori sistemici Estrogeni Paratormone Vitamina D Fisiopatologia dell osteoporosi Osteoporosi Polimorfismi genetici ed osteoporosi Il recettore della vitamina D (VDR) Polimorfismo VDR ed osteoporosi Il Calcium Sensing Receptor (CaSR) Polimorfismo CaSR ed osteoporosi Trapianto d organo Generalità Metabolismo del Calcio e dell osso pre e post-trapianto Osteoporosi nel trapianto d organo Trapianto di rene e rischio di frattura Polimorfismo del CaRS ed iperparatiroidismo 30

4 Capitolo 2: SCOPO DELLA TESI 31 Capitolo 3: STUDIO TRASVERSALE 3.1 Materiali e metodi Pazienti Metodi Esami di laboratorio Determinazione dei genotipi del CaSR Densitometria ossea Radiografia del rachide dorsolombare Statistica Risultati 37 Capitolo 4: STUDIO LONGITUDINALE 4.1 Materiali e metodi Pazienti Metodi Esami di laboratorio Statistica Risultati 43 Capitolo 5: TABELLE E FIGURE 5.1 Studio trasversale Studio longitudinale 54 Capitolo 6: DISCUSSIONE 61 Capitolo 7: CONCLUSIONI 69

5 BIBLIOGRAFIA 71

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7 RIASSUNTO Il trapianto di rene è gravato da numerose complicanze cliniche. L osteoporosi è una delle più frequenti e rilevanti. La patogenesi dell osteoporosi dopo trapianto di rene è multifattoriale e la persistenza di iperparatiroidismo secondario (SHPT) costituisce un ulteriore fattore di rischio di danni scheletrici di tipo osteoporotico. La presente tesi si compone di due parti. Nella prima parte (STUDIO TRASVERSALE) scopo dello studio è stato indagare i parametri clinici, metabolici e genetici, con particolare riguardo allo stato vitaminico D ed al polimorfismo del recettore sensore del calcio (CaSR), che possono influenzare l SHPT in una popolazione di 125 pazienti (87 M, 38 F, età 51±11) trapiantati di rene da 1 a 120 mesi, con creatininemia 227 µmol/l. Il 40 % dei pazienti è risultato carente di vitamina D (25OH-D 3 30 nmol/l). I livelli di 25OH-D 3 rappresentano un fattore predittivo significativamente associato a persistenza di iperparatiroidismo secondario. Il polimorfismo del CaSR non sembra giocare un ruolo centrale nella patogenesi della persistenza di iperparatiroidismo. Nella seconda parte (STUDIO LONGITUDINALE) scopo dello studio è stato quello di valutare come si modificano i livelli di PTH dopo terapia con colecalciferolo (30 gocce settimanali pari a 7500 U.I./settimana) in un sottogruppo di 51 pazienti (39 M, 12 F, età 53±11). Dopo 8 mesi di terapia solo 11 pazienti (22%) hanno raggiunto un valore di 25-idrossicalciferolo maggiore di 80 nmol/l, indicativo di un quadro di sufficienza. Per quanto riguarda i livelli di PTH sono state osservate lievi ma significative riduzioni dei valori ematici. Questi risultati dimostrano che l ipovitaminosi D risulta estremamente frequente nei pazienti trapiantati di rene e costituisce un ulteriore fattore di rischio per la persistenza di alti valori di PTH. La supplementazione con colecalciferolo riduce i livelli sierici di PTH. 1

8 ABSTRACT A number of complications can occur after renal transplant and among them, posttransplantation bone disease is one of the most frequent. Post-transplantation bone disease is influenced by multiple factors. An important risk factor is represented by secondary hyperparathyroidism (SHPT). In the first part of the present study (CROSS-SECTIONAL STUDY) the clinical, metabolic and genetic factors, in particular vitamin D status and Calcium Sensing receptor polymorphism (CaSR), that can influence the persistence and severity of SHPT in 125 patients (87 males and 38 females, age 51±11), who had undergone kidney transplantation 1 to 120 months before and with serum creatinine 227 µmol/l, were investigated. Vitamin D deficiency (25OH-D 3 30 nmol/l) was found in 40 % of the patients. 25OH-D 3 levels were significant predictors of PTH levels. CaSR polymorphisms cannot play any central role as a risk factor for SHPT. The aim of the second part of this study (LONGITUDINAL STUDY) was to evaluate the effect of a vitamin D therapy (cholecalciferol, 30 drops once a week corresponding to 7500 IU) on PTH levels in a sample of the above-mentioned population. We studied 51 patients (39 males and 12 females, age 53±11) After 8 months of therapy only in 11 (22%) patients 25OH-D 3 levels had normalized (> 80 nmol/l). As far as PTH levels were concerned, we observed a slight but significant decrease. These data show that hypovitaminosis D is extremely frequent in kidney-transplanted patients and it represents an important risk factor for the persistence and severity of secondary hyperparathyroidism and thus for skeletal morbidity. Vitamin D supplementation decreases PTH levels in this setting as well.. 2

9 Capitolo 1 INTRODUZIONE 1.1 METABOLISMO OSSEO Lo scheletro è un organo complesso, lo sviluppo del quale dipende dall intergioco dei tessuti osseo, cartilagineo, fibroso ed emopoietico. La particolare struttura dell osso, compatto e spugnoso, unisce caratteristiche di resistenza e di compattezza ideali per il movimento. Inoltre è una riserva di calcio, magnesio, fosforo, sodio ed altri ioni necessari per il mantenimento dell omeostasi di molte funzioni dell organismo. L osso infatti costituisce un enorme deposito di calcio, che può essere mobilizzato quando le esigenze omeostatiche lo richiedano. La fisiologia dell ormone paratiroideo e quella della calcitonina sono strettamente correlate con il metabolismo del calcio-fosforo, con la funzione della vitamina D e con la formazione dell osso. Gli ormoni citati regolano la concentrazione degli ioni calcio, stabilita dall assorbimento intestinale, dall escrezione renale e dall assunzione o cessione di calcio dall osso. L omeostasi del calcio e del fosforo sono strettamente correlate. Il calcio gioca un ruolo fondamentale in situazioni fisiologiche quali la formazione ossea, la contrazione muscolare, la stabilizzazione del potenziale di membrana cellulare delle cellule neuronali, la coagulazione del sangue. Nel corpo umano adulto è presente circa 1-2 Kg di calcio, il 99% del quale risiede nei denti e nell osso sotto forma di cristalli di idrossiapatite, che conferisce allo scheletro le sue proprietà meccaniche e lo rende adatto a svolgere le sue funzioni di sostegno, di supporto alla locomozione, di protezione agli organi interni. Del rimanente, approssimativamente l 1% è intracellulare, e una piccola frazione, meno dello 0,1%, è presente nel liquido extracellulare. E questa piccola frazione extracellulare di calcio che è omeostaticamente regolata dagli ormoni e da cui dipende il bilancio del calcio. Il range del calcio plasmatico è pari a 2-2,6 mmol/l, sebbene solo 1 mmol/l esista come calcio libero ionizzato; solo il calcio onizzato è biologicamente attivo, 3

10 ed è questo che ha importanza per la maggior parte delle funzioni che esso svolge (Nussey S.S., 2001). Nel plasma infatti il calcio è legato per il 46% alle proteine circolanti e quindi non può diffondere attraverso la parete dei capillari, per l 8% è complessato con vari ioni (fosfato, citrato di calcio), e per il 46% è presente in forma ionizzata (Guyton A. C., 2006). Oltre al calcio, nello scheletro sono contenuti altri ioni. Un adulto contiene circa 25 g di magnesio di cui 2/3 sono presenti nello scheletro ed 1/3 nei tessuti molli. Nell osso il magnesio è localizzato sulla superficie cristallina dell idrossiapatite. Solo una piccola frazione del magnesio dell osso è scambiabile con quello extracellulare. Il magnesio è il catione bivalente intracellulare più importante ed è un cofattore per diverse reazioni enzimatiche. Infine un adulto contiene circa 60 g di fosforo, di l 80% è presente nello scheletro in forma cristallina e un 15% si trova nel liquido extracellulare sotto forma di ioni, e nei tessuti molli nella forma di esteri di fosfato, coinvolti in molti processi biochimici (Broadus A., 1990). Il calcio e il fosforo vengono assunti entrambi in misura da 1000 mg al giorno. Normalmente i cationi bivalenti come gli ioni calcio vengono scarsamente assorbiti attraverso la mucosa intestinale. In assenza di vitamina D solo il 10% o il 15% del calcio assunto con la dieta e del fosforo è assorbito. L interazione dell 1,25(OH) 2 -D 3 con il recettore per la vitamina D incrementa l efficienza dell assorbimento intestinale di calcio del 30-40% e del fosforo approssimativamente dell 80% (Holick M.F., 2007). A livello renale, sia il calcio non legato alle proteine plasmatiche sia il calcio ionizzato viene filtrato e poi riassorbito a livello dei tubuli prossimali, dell ansa di Henle e della parte prossimale del tubulo distale. Quando la concentrazione è bassa il riassorbimento del calcio aumenta, quando invece la concentrazione aumenta, anche se di poco, l escrezione renale di calcio aumenta rapidamente. Il fattore più importante che controlla il riassorbimento di calcio nelle porzioni distali del nefrone è l ormone paratiroideo, che aumenta il riassorbimento tubulare di calcio e stimola il rene a produrre 1,25(OH) 2 -D 3 (Holick M.F., 2007). Il fosfato possiede una soglia renale. La sua escrezione renale viene fortemente aumentata per l azione dell ormone paratiroideo, che svolge perciò un importante 4

11 ruolo nella regolazione della concentrazione plasmatica sia del calcio che del fosforo. Le proprietà dell osso dipendono dalle sue componenti extracellulari; la sua struttura è costituita da due fasi: una solida minerale e una organica, in stretta associazione tra loro. La fase organica è formata da una matrice, costituita per il 90% di fibre collagene tipo I e per la restante porzione da altre proteine non collageniche (albumina ed α2-hs glicoproteine), osteocalcina, osteonectina, osteopontina ed altre ancora, che formano un mezzo omogeneo detto sostanza fondamentale (costituita da liquido extracellulare contenente proteoglicani, specialmente condroitin-solfato e acido ialuronico). Le fibre collagene sono disposte principalmente lungo le linee delle forze di tensione alle quali l osso è sottoposto. Queste fibre conferiscono all osso la sua elevata resistenza alla tensione. La fase minerale è costituita da calcio e fosfato e può essere paragonata ad una idrossiapatite poco cristallizzata [Ca 10 (PO 4 ) 6 (OH) 2 ]. I Sali di calcio, le cui proprietà fisiche sono simili a quelle del marmo, offrono all osso una grande resistenza alla compressione. Oltre al calcio, nell osso sono contenuti anche altri ioni come il sodio, il potassio, il carbonato ed il magnesio. Questi ioni sono presenti nei Sali dell osso, e sono coniugati ai cristalli di idrossiapatite Formazione e riassorbimento osseo L osso è costantemente sottoposto a turnover attraverso il rimodellamento osseo. Questo processo include la distruzione (riassorbimento) dell osso pre-esistente, una funzione esercitata da cellule specializzate, gli osteoclasti, seguita dalla formazione de novo dell osso, una funzione di altre cellule specifiche dell osso, gli osteoblasti. Normalmente riassorbimento e formazione ossea avvengono sequenzialmente ma in modo bilanciato per mantenere una massa ossea costante durante la maggior parte dell età adulta (Rodan G.A., Martin J., 2000). L osso infatti consta anche di diverse componenti cellulari. Gli osteoblasti, di origine mesenchimale, sintetizzano e secernono la matrice organica. Vi sono due popolazioni di osteoblasti: 5

12 1) Quelli che si trovano nel midollo osseo, che si differenziano direttamente in cellule che formano osso, e che sono atti a formare il microambiente stromale nel quale le cellule ematopoietiche sono collocate; essi hanno un ruolo chiave nella funzione del microambiente osteomidollare, ed insieme alle proteine della matrice extracellulare e ai Sali minerali, concorrono a formare una entità particolare designata come nicchia. Il concetto di nicchia, elaborato da Schofield nel 1978, può essere visualizzato come uno spazio ben distinto nel quale risiedono le cellule staminali che possono andare incontro ad automantenimento e, per differenziazione, produrre una serie numerosa di discendenti. 2) Della seconda popolazione di osteoblasti fanno parte quelli che si trovano nei tessuti non ossei e che vengono indotti a differenziarsi in osteoblasti. Il primo stadio nella formazione dell osso è la secrezione, da parte degli osteoblasti, della sostanza fondamentale (in particolare una fosfatasi alcalina specifica per il tessuto osseo e l osteocalcina) e delle fibre collagene tipo I. Ne risulta un tessuto osteoide, simile a cartilagine, da cui differisce per il fatto che vi precipitano Sali di calcio. Appena questo tessuto si forma, in esso restano intrappolati alcuni osteoblasti che, a questo punto, si possono definire osteociti. Pochi giorni dopo che si è formato il tessuto osteoide, i Sali di calcio cominciano a precipitare sulla superficie delle fibre collagene. Lungo ciascuna di queste fibre i precipitati compaiono ad intervalli secondo il periodo delle fibre stesse, formando minuscoli nuclei, che rapidamente danno luogo ad un prodotto finito, i cristalli di idrossiapatite. Quindi l osso viene continuamente depositato ad opera degli osteoblasti e continuamente riassorbito ad opera degli osteoclasti, grandi cellule fagocitarie, polinucleate che derivano da monociti o cellule monocito-simili formate nel midollo osseo. La fase di assorbimento osseo è svolta principalmente dagli osteoclasti, che appaiono spesso accolti in fossette scavate sulla superficie delle trabecole ossee, definite fossette o lacune di Howship, che si formano proprio per l azione erosiva degli osteoclasti. Gli osteoclasti emettono proiezioni a guisa di villi verso la matrice ossea, a da questi villi secernono due tipi di sostanze: enzimi proteolitici, liberati dai loro lisosomi; vari acidi, tra cui l acido citrico e l acido lattico, liberati principalmente dai mitocondri. 6

13 Normalmente, tranne che durante l accrescimento, la quantità di osso che si forma corrisponde a quella che viene assorbita, cosicché la massa totale rimane costante. Il processo di neoformazione ossea e riassorbimento osseo continua durante tutta la vita. Circa il 5-10% dell osso di un individuo adulto viene sostituito ogni anno di vita. L osso si adatta alle linee di tensione determinate dal peso corporeo rimodellando la sua struttura; ciò implica che l erosione e la deposizione siano continuamente controllate. I fattori di crescita e l osteocalcina intrappolati nella matrice vengono liberati quando l osso è degradato o danneggiato in modo inappropriato, come nel caso di fratture ossee. La continuità della formazione e del riassorbimento osseo serve a numerose funzioni fisiologiche importanti. Le ossa si ispessiscono se sono soggette a notevoli carichi; per far fronte alle sollecitazioni meccaniche la forma dell osso può essere modificata mediante il processo di formazione e riassorbimento, a seconda delle caratteristiche delle forze sollecitanti. La crescita e il modellamento osseo sono due processi associati allo sviluppo osseo e si svolgono solo nello scheletro in via di sviluppo. La riparazione, invece, avviene in qualsiasi momento della vita, in caso di fratture ossee. Quando si ha una frattura, tutti gli osteoblasti del periostio e dell interno dell osso si attivano nella sede colpita. Inoltre si formano numerosissimi nuovi osteoblasti dalle cellule osteoprogenitrici, che sono cellule staminali dell osso. Perciò tra i due capi della frattura si sviluppa una grande massa di tessuto osteoblastico e di nuova matrice organica, cui segue in tempi molto rapidi la deposizione di Sali di calcio. Si forma così ciò che viene definito callo osseo (Guyton A. C., 2006). Nei giovani il riassorbimento e la sintesi ossea sono in equilibrio, ma con l età la capacità degli osteoblasti di sostituire l osso che viene riassorbito declina e si assiste ad una progressiva perdita ossea. Il rimodellamento, infine, è quel processo scheletrico correlato all omeostasi minerale e serve probabilmente a rimuovere e a sostituire l osso vecchio e non più vitale. 7

14 1.2 REGOLAZIONE DEL RIMODELLAMENTO OSSEO Fattori locali Non sono stati ancora completamente chiariti i meccanismi di accoppiamento tra riassorbimento ad opera degli osteoclasti e neoformazione ad opera degli osteoblasti nel turn-over osseo. I fattori in grado di stimolare la maturazione e l attivazione degli osteoclasti sono numerosissimi; molti dei fattori sistemici e delle citochine che influenzano il processo di riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti esercitano il loro maggiore effetto nelle fasi più precoci di formazione e crescita dell osteoclasta (Nancy E.L., 1994). Tra questi fattori vi sono: le prostaglandine della serie E, i fattori di crescita epidermica (EGF), i transforming growth factor alfa e beta (TGFs); l interleuchina 1; l interleuchina 6; l interleuchina 11; i tumor necrosis factor α e β (TNFs). Molti di questi fattori, in particolare le citochine, agiscono per attività intermediaria svolta da cellule della linea osteoblastica. Tra i fattori stimolanti la formazione di osso vanno annoverati numerosi fattori di crescita: l ormone della crescita (GH), che agisce verosimilmente tramite l azione delle somatomedine (IGF-1); bone morfogenetic protein (BMP), che è contenuta nella matrice organica dell osso; il bone-derived growth factor (BDGF) che stimola la sintesi del DNA e del collagene dell osso (Girasole G., Passeri G. et al., 1994) Fattori sistemici L entrata e l uscita degli ioni calcio (Ca) e fosforo (P) nella fase minerale dell osso sono sotto il controllo di tre principali ormoni: gli estrogeni, il paratormone, i metaboliti della vitamina D Estrogeni E largamente accettato che gli estrogeni giocano un ruolo critico nel mantenere l omeostasi ossea (Manolagas S.C., 2000), e che alla base della perdita ossea nel periodo post-menopausale risulta esserci una sottrazione ai meccanismi inibitori di controllo omeostatico dello sviluppo degli osteoblasti ed osteoclasti, causata dalla carenza estrogenica. Esistono diverse teorie riguardo il meccanismo con cui 8

15 gli estrogeni bloccano il riassorbimento osseo. E stata riportata in alcuni studi la presenza di recettori per gli estrogeni nelle cellule precursori degli osteoblasti. Inoltre le risposte fisiologiche di queste cellule in coltura sono state descritte attraverso esperimenti in cui queste cellule sono state incubate con concentrazioni biologicamente significative di estradiolo. Queste risposte includevano l aumento della secrezione di IGF-1 e la crescita di GF-β, ognuno dei quali potrebbe essere un fattore inibente il reclutamento o la funzione degli osteoclasti. Infatti gli estrogeni sembra che inibiscano il rilascio di IL-1 e IL-6 dalle cellule mononucleate. Queste interleuchine sono potenti citochine del riassorbimento osseo. Con lo sviluppo della carenza di estrogeni, aumenta il riassorbimento osseo a causa dell aumentata responsività dell osso all azione del paratormone e per altre ragioni. L evidenza dell aumentato turn-over osseo comprende un aumentata calcemia nel siero, un incremento della calciuria ed un aumento dei markers del turn-over osseo quali la fosfatasi alcalina e l osteocalcina nel siero e la idrossiprolina nelle urine. Il transitorio aumento della calcemia fa diminuire la secrezione di PTH. Sia la riduzione del PTH sia il risultante incremento del fosfato nel siero fa diminuire la velocità di produzione di 1,25(OH) 2 -D 3, e di conseguenza diminuisce il riassorbimento intestinale di calcio (Nancy E.L., 1994). In conclusione, la fisiopatologia dell osteoporosi post-menopausale consiste nell iperproduzione di osteoclasti, relativa all incremento dell osteoblastogenesi, un processo che facilita il sostegno dello sviluppo degli osteoclasti (Martin and Ng, 1994; Citron et al., 1995) Paratormone E un ormone proteico sintetizzato a livello delle cellule principali della ghiandola paratiroidea. Il paratormone (PTH) è il regolatore primario dell omeostasi del calcio nel sangue e del metabolismo osseo. Il PTH agisce primariamente con il legame al suo recettore PTH1R presente a livello renale e nell osso (Muller M., Gagiannis S., 2009). La sua formazione e rilascio oltre ad essere controllata dalla calcemia, il cui aumento porta ad una riduzione del PTH, viene inibita dalla 1,25(OH) 2 -D 3. L innalzamento della fosforemia, quale si verifica nel corso di insufficienza renale, determina un aumento della secrezione di PTH; il meccanismo che sottende a questo fenomeno non è ancora chiarito: si ipotizza 9

16 comunque un effetto indiretto a livello paratiroideo, mediato dalla diminuzione della calcemia del calcitriolo sierico (Heaney RP. et al., 1996). Gli organi su cui agisce il PTH sono, come già accennato sopra, il rene, l osso e l intestino. A livello intestinale, il PTH agisce tramite la 1,25(OH) 2 -D 3. A livello osseo, l azione del PTH è complessa. Questo ormone infatti è attivo sul turn-over osseo in quanto è in grado di stimolare sia gli osteoblasti che gli osteoclasti, questi ultimi sia in modo diretto che indirettamente tramite la liberazione di fattori da parte degli osteoblasti. Sul rene, il PTH agisce a livello del tubulo prossimale, dove diminuisce il riassorbimento tubulare di fosfato, calcio, sodio, sia a livello distale dove, al contrario, aumenta il riassorbimento di calcio e probabilmente anche di magnesio; sempre a livello tubulare il PTH attiva la 1α-idrossilasi, l enzima catalizzante la idrossilazione della 25OH-D 3 con formazione di 1,25(OH) 2 -D 3. Il PTH infine rallenta il catabolismo della 1,25(OH) 2 -D 3 riducendo l attività della 24-idrossilasi Vitamina D La vitamina D gioca un ruolo importante nell omeostasi del calcio e del fosfato ed è essenziale per lo sviluppo e l integrità ossea. Con il termine vitamina D vengono indicate due sostanze liposolubili: il colecalciferolo o vitamina D 3 e l ergocalciferolo o vitamina D 2. La vitamina D viene sintetizzata attraverso l esposizione solare, viene assunta dalla dieta e dagli integratori. I raggi solari ultravioletti di tipo B penetrano la pelle e convertono il 7- deidrocolesterolo in previtamina D 3, che rapidamente viene convertita in vitamina D 3. Ogni eccesso di previtamina D 3 o vitamina D 3 viene distrutta dalla luce solare, di conseguenza l eccessiva esposizione alla luce solare non causa intossicazione da vitamina D 3. L ergosterolo è la provitamina della vitamina D 2, ed è presente nei lieviti e nei funghi; entrambe differiscono rispettivamente dal 7-deidrocolesterolo e dalla vitamina D 3 per il fatto di avere un doppio legame fra i due atomi di carbonio in posizione C22 e C23 e per il fatto di possedere un gruppo metilico in C24. 10

17 La vitamina D 2 e la vitamina D 3 assunte dalla dieta vengono incorporate all interno dei chilomicroni e trasportate attraverso il sistema linfatico, nella circolazione venosa. In circolo la vitamina D è legata ad una proteina, la vitamin D -binding protein, che la trasporta al fegato, dove viene metabolizzata in 25OH- D 3 ; essa è la forma di vitamina D maggiormente presente in circolo, e viene usata per determinare i livelli di vitamina D nei pazienti (i valori che definiscono il range di normalità sono i seguenti: ng/ml o nmol/l). La 25OH-D 3 viene metabolizzata a livello renale dall enzima 25OH-D-1-αidrossilasi (CYP27B1) nella sua forma attiva, 1,25(OH) 2 -D 3. La produzione a livello renale della forma attiva della vitamina D è strettamente regolata dai livelli plasmatici dell ormone paratiroideo o PTH, dai livelli sierici di calcio e fosforo e dal fattore di crescita fibroblast growth factor 23 (FGF-23). Le ghiandole paratiroidi hanno attività 1α-idrossilasica, e la locale produzione di 1,25(OH) 2 -D 3 inibisce l espressione e la sintesi dell ormone paratiroideo. La vitamina D attiva prodotta a livello renale entra in circolo e può diminuire la produzione di renina nel rene e stimolare la secrezione di insulina nelle beta-cellule del pancreas. L FGF-23 viene secreto dall osso e causa l internalizzazione del co-trasportatore di sodio-fosfato dalle cellule del rene e del piccolo intestino, ed inoltre sopprime la sintesi di 1,25diidrossivitamina D. L efficienza del riassorbimento del calcio a livello renale e del calcio e fosforo a livello intestinale è aumentata dalla presenza di 1,25(OH) 2 -D 3. L FGF-23 induce l espressione dell enzima 25OH-D-24- idrossilasi (CYP24), che catabolizza sia 25OH-D 3 sia 1,25(OH) 2 -D 3 nelle loro forme biologicamente inattive. La forma attiva della vitamina D incrementa l assorbimento intestinale di calcio a livello del piccolo intestino per mezzo dell interazione con il complesso costituito dal recettore per la vitamina e dal recettore per acido retinoico (Vitamin D receptor-retinoic acid x-receptor complex VDR-RXR), attraverso l aumento dell espressione del canale epiteliale del calcio (transient receptor potential cation channel, subfamily V, member 6 [TRPV6]). A livello osseo gli effetti della 1,25(OH) 2 -D 3 causano un aumento del riassorbimento osseo; tale azione si esplica sinergicamente con quella del PTH. La 1,25(OH) 2 -D 3 viene riconosciuta dai recettori presenti sugli osteoblasti, causando un aumento dell espressione del recettore RANKL (receptor activator of nuclear 11

18 factor-kb ligand). RANKL si lega a RANK, un recettore presente sui preosteoclasti, stimolando la loro maturazione e inducendoli quindi a diventare osteoclasti maturi. Gli osteoclasti maturi rimuovono il calcio e il fosforo dall osso, mantenendo adeguati livelli plasmatici di calcio e fosforo. Adeguati livelli di calcio e fosforo promuovono la mineralizzazione dello scheletro. A livello renale, l azione della vitamina D si esplica nell aumentare il riassorbimento del calcio e nell accelerare il trasporto dello ione PTH dipendente a livello dei tubuli distali, dove i recettori per la vitamina D sono espressi in grande quantità. La vitamina D quindi esplica i suoi effetti a livello renale, intestinale ed osseo, ma vi sono anche cellule di altri organi ed apparati che hanno recettori per la vitamina D, quali il cervello, la prostata, la mammella e altri, che rispondono alla forma attiva della vitamina D. Inoltre, alcuni di questi tessuti esprimono l enzima 25OH- D 3-1α-idrossilasi. Direttamente o indirettamente 1,25(OH) 2 -D 3 controlla più di 200 geni, responsabili della regolazione di proliferazione cellulare, differenziazione cellulare, apoptosi e angiogenesi. Essa diminuisce la proliferazione cellulare sia di cellule normali sia di cellule cancerogene e induce la loro terminale differenziazione. La vitamina D è un potente immunomodulatore. Monociti e macrofagi esposti al lipopolisaccaride o al Micobatterio della tubercolosi regolano il gene per il recettore della vitamina D e il gene per la 25OH-D 3-1α-idrossilasi, aumentandone l espressione. L incremento della produzione di 1,25(OH) 2 -D 3 intracellulare porta alla sintesi di catelicidina, un peptide capace di distruggere il Micobatterio della tubercolosi e in ugual modo anche altri agenti infettivi. Persone che vivono alle alte latitudini hanno un incrementato rischio di linfoma di Hodgkin e di neoplasie del colon, pancreas, prostata, ovaia, mammella e altri tumori. Studi epidemiologici prospettici e retrospettivi indicano che livelli di 25OH-D 3 inferiori a 20 ng/ml sono associati ad un incremento del 30-50% dell incidenza e della mortalità per queste neoplasie (Holick M.F., 2007). Recentemente il gene per il recettore della vitamina D (VDR) è stato correlato alla densità minerale ossea ed alcuni studi hanno suggerito l ipotesi che esso possa essere coinvolto nel determinismo dell osteoporosi (Carling T. et al., 1995). 12

19 E stato, infatti, identificato un polimorfismo del VDR nella porzione 3 del gene contenuto nel cromosoma 12 e sono stati individuati due alleli chiamati B o b sulla base rispettivamente dell assenza o della presenza del sito di restrizione dell endonucleasi BSM-I. Il genotipo BB sembra essere associato con livelli di densità minerale ossea significativamente più bassi rispetto al genotipo bb e si sta attualmente studiando la correlazione con l andamento degli altri parametri densitometrici o bioumorali del metabolismo osseo (Brown E.M. et al., 1999). 13

20 1.3 FISIOPATOLOGIA DELL OSTEOPOROSI Osteoporosi L osteoporosi è una malattia sistemica dell osso che provoca una riduzione della sua densità e alterazioni microarchitetturali dello stesso, rendendolo suscettibile all insorgenza di fratture. L osso è un tessuto vivo che è in un costante stato di rigenerazione. Verso i anni nella maggior parte della persone comincia gradualmente la perdita ossea, tale per cui si ha uno shift della bilancia tra riassorbimento osseo e neoformazione, così che viene perso più osso di quello che viene sintetizzato. Il rapporto tra il contenuto minerale e matrice organica è conservato e perciò l osso risulta qualitativamente normale. E interessato precocemente il tessuto spugnoso: il numero e lo spessore delle trabecole diminuiscono, la resistenza meccanica dell osso si riduce e aumenta il rischio di fratture. L osteoporosi può essere generalizzata e coinvolgere tutto lo scheletro, oppure essere distrettuale e interessare solo alcuni segmenti ossei. Vengono distinte varie forme di osteoporosi generalizzata: la forma postmenopausale e quella senile sono molto comuni nella popolazione, mentre quella idiopatica giovanile è rara. L osteoporosi distrettuale comprende la forma da immobilizzazione o da disuso, quella da algodistrofia, quella secondaria a flogosi articolare, e la cosiddetta osteoporosi migrante. Tra le numerose cause che possono causare osteoporosi (osteoporosi secondaria), vi sono endocrinopatie, patologie gastrointestinali, emopatie e patologie causa di acidosi. Anche la malnutrizione, i trapianti d organo e la somministrazione protratta di alcuni farmaci (corticosteroidi, eparina) possono determinare osteoporosi secondaria (Todesco S. et al., 2007). Fattori determinanti nella patogenesi dell osteoporosi sono il picco di massa ossea, il quadro ormonale e le abitudini di vita. Il picco di massa ossea è condizionato soprattutto da fattori genetici: sono stati descritti polimorfismi dei geni che codificano i recettori della vitamina D, degli estrogeni, dell IL-6, del TGF-β. Influenzano il picco di massa ossea anche l alimentazione, in particolare l introito di calcio, vitamina D e proteine, il fumo, l abuso di alcool, l attività fisica, l insorgenza di patologie osteopenizzanti in età giovanile. 14

21 La limitata attività fisica, la ridotta esposizione al sole, con scarsa attivazione della vitamina D a livello cutaneo, l introito insufficiente di calcio e vitamina D con la dieta, e il calo degli ormoni sia estrogeni sia androgeni sono i principali fattori determinanti l osteoporosi senile (Todesco S. et al., 2007) Polimorfismi genetici ed osteoporosi I polimorfismi sono variazioni casuali di una singola base nel genoma umano che possono essere riconosciute da diversi enzimi di restrizione: quest ultimi in presenza della mutazione tagliano il DNA, generando dei frammenti che sono indicati con la lettera minuscola dell enzima. In assenza del sito di restrizione la sequenza di DNA rimane intatta ed è rappresentata dalla lettera iniziale maiuscola dell enzima. Le due possibilità (assenza e presenza del sito di restrizione) si definiscono alleli e le loro combinazioni costituiscono i genotipi dei polimorfismi dei frammenti di restrizione (RF LP). Negli ultimi anni sono state condotte numerose ricerche basate sugli RFLP volte ad identificare le caratteristiche strutturali dei geni coinvolti nel metabolismo osseo. Gli alleli del polimorfismo del gene del VDR nella regione 3 non sono in grado da soli di predire una bassa massa ossea e quindi il rischio di osteoporosi. I polimorfismi allelici per il recettore degli estrogeni sono stati considerati possibili marcatori di osteoporosi poiché sono espressi dagli osteoblasti e dagli osteoclasti ed il deficit di estrogeni si associa ad un aumento del turnover e della perdita della massa ossea. Tuttavia mentre si è dimostrata l associazione positiva tra genotipo e massa ossea in un analisi condotta su 238 donne giapponesi in post-menopausa (Yanagi H. et al., 1996), un indagine condotta su un campione di 426 donne italiane in post-menopausa non ha invece rilevato una significativa relazione tra le due variabili (Gennari L., Masi L. et al., 1998). Il recettore della calcitonina (CTR) è stato oggetto di interesse poiché presente sulla membrana degli osteoclasti; in uno studio condotto su 307 donne in post-menopausa è stata dimostrata una correlazione significativa tra il genotipo TT e bassi livelli di massa ossea (Gennari L., Masi L. et al., 1998). Un altro studio su 215 donne caucasiche in post-menopausa conferma l esistenza del polimorfismo del recettore ed attribuisce una maggiore densità di massa ossea agli eterozigoti TC ed agli omozigoti TT rispetto agli omozigoti CC (Taboulet et al., l998). Il transforming- 15

22 growth-factor beta (TGF-B) é un fattore di crescita nella regolazione del rimodellamento osseo; in una popolazione femminile danese sono state individuate due varianti alleliche nelle regioni codificanti del gene correlate ad un aumento del rischio di osteoporosi (Langdhal BL. et al., 1997). Tali varianti, tuttavia, non sono molto frequenti nella popolazione caucasica, gravata invece da un elevata prevalenza dell osteoporosi, e ciò rende poco probabile il loro ruolo di marcatori di patologia. Maggiore attenzione ha ricevuto il polimorfismo del sito di riconoscimento del fattore di restrizione Sp1 nel gene del collagene tipo 1alfa1 (COLIA1), poiché uno studio inglese (Grant SF. et al., 1996), condotto su donne in menopausa, ha dimostrato che i genotipi Ss e ss sono associati ad una ridotta massa minerale ossea della colonna lombare ed ad un aumento della prevalenza di fratture vertebrali. Uno studio olandese su 1778 donne in post-menopausa confermava il ruolo cruciale dell allele s evidenziando però una netta riduzione della massa minerale ossea vertebrale solo nei soggetti ss ultrasettantenni, che tuttavia rappresentavano solo l l% della popolazione indagata; in quest ultimi, inoltre, vi era una correlazione tra polimorfismo del COLIA1 e densità minerale del collo femorale (Uitterlindem AG. et al., 1997). Da questi dati si può dedurre come sia difficile individuare un marcatore di rischio per l osteoporosi; ciò e in parte dovuto alla complessità della componente genetica della malattia ed in parte alla capacità dei geni di interagire tra loro e con fattori ambientali che possono influire sull associazione genotipo-massa ossea Il recettore della vitamina D (VDR) La maggior parte degli effetti dell 1,25(OH) 2 -D 3 sui tessuti bersaglio è dovuta al legame della vitamina con un recettore intracellulare ad alta affinità che agisce come fattore di trascrizione attivato dal ligando. Studi sul gene clonato da animali (topo, pollo) e dall uomo hanno permesso di definire la struttura e le funzioni del VDR che risulta costituito da: a) una porzione situata a livello dell estremità carbossiterminale che riconosce specificatamente la molecola del calcitriolo, b) da siti collocati nelle due regioni zinc finger all estremità aminoterminale, responsabili della formazione di un eterodimero con il RXR, c) una sequenza ripetuta nel dominio di legame con la vitamina D, ed infine, d) un motivo, molto simile in tutti i recettori di ormoni steroidei e tiroidei, rappresentato dalle stesse 16

23 dita di zinco che interagiscono con sequenze specifiche del DNA nelle regioni promotrici della trascrizione dei geni regolati dall 1,25(OH) 2 -D 3. Il VDR, legatesi alla vitamina D, si associa al RXR e subisce una modificazione allosterica che gli consente di interagire con le proteine nucleari del complesso d inizio della trascrizione e di regolare in tal modo la RNA polimerasi II che ne è parte integrante (Haussler MR. et al., 1997). Il ruolo del VDR come mediatore dell 1,25(OH) 2 -D 3 può essere influenzato da numerosi fattori tra i quali la disponibilità di vitamina D, che dipende dal bilancio tra dieta, processi di sintesi e catabolici, il contenuto dei recettori nelle cellule, che è regolato dai ligandi del VDR e da altri ormoni e fattori di crescita; le modificazioni pretrascrizionali del VDR indotte dal ligando, quali la fosforilazione di residui di serina che riduce l attività del recettore stesso; il livello dei componenti del complesso di trascrizione nel nucleo (Brown AJ. et al., 1999) Polimorfismi del VDR ed osteoporosi Il gene del VDR è stato ampiamente oggetto di studi nel tentativo di spiegare i meccanismi coinvolti nella ereditarietà della massa ossea e di individuare i soggetti predisposti ad una maggiore perdita di tessuto. Tali conoscenze, infatti, potrebbero avere utili implicazioni in termini di profilassi dell osteoporosi e di trattamento dei pazienti che presentano un aumentato turnover osseo e rischio di frattura (immobilizzazione, malattie croniche, menopausa, trapianto). I principali polimorfismi individuabili nel VDR sono quattro: la maggior parte di essi è collocata in regioni del gene non codificanti (introni) e di per se non modificano la struttura aminoacidica del recettore, ma possono interferire con la trascrizione delle regioni codificanti (esoni) o con la stabilità dell mrna. Gli enzimi di restrizione impiegati sono stati: BSM I, APO I, Taq I e FOK I; il primo sito polimorfico descritto è stato quello riconosciuto da BSM I, collocato tra l esone VIH e la regione non codificante 3 : l enzima taglia l allele b ma non l allele B. Nel 1992 Morrison et al. osservarono una correlazione tra il genotipo BB del gene per il VDR ed elevati livelli di osteocalcina in un gruppi di soggetti sani, maschi e femmine, non vincolati da legami di parentela, fatto più significativo in donne in post-menopausa (Morrison NA. et al., 1992). Nel 1994 lo stesso Morrison ed i suoi collaboratori indagarono la distribuzione dei due alleli del gene VDR in 17

24 gemelli monozigoti (MZ) e dizigoti (DZ): i MZ risultavano avere una maggiore concordanza per la massa minerale ossea rispetto ai soggetti con alleli diversi (è utile ricordare che i MZ condividono tutti i geni mentre i DZ solo il 50%). Da questo studio emerse che il VDR poteva rendere conto fino al 75% del totale effetto genetico sulla massa ossea in individui sani, che il genotipo era significativamente correlato alla BMD ed, in particolare, che l allele B era associato ad una minore BMD e b a valori più elevati di BMD sia tra i gemelli sia nella popolazione generale. I soggetti BB, quindi, risultarono sfavoriti in termini di BMD e tale genotipo poteva rappresentate un fattore prognostico negativo per i cambiamenti individuali della BMD nell arco della vita. Questi risultati furono confermati da studi condotti in Giappone su un campione di donne sane (Yamagata Z. et al., 1994) ed in Inghilterra (Spector TD. et al., 1995). Una serie di lavori successivi basati su studi di linkage in gemelli (linkage è la presenza di ereditarietà associata tra polimorfismi e fenotipo massa ossea) e di associazione in popolazioni più o meno ampie, nei quali si valutava la prevalenza degli alleli del gene in questione tra soggetti non familiari e correlazione tra frequenze genotipiche e fenotipo massa ossea, sono giunti a conclusioni opposte sulla relazione tra polimorfismo VDR e la BMD (Peacock M. et al., 1995). Le cause vanno ricercate nei criteri di selezione non uniformi, nella bassa numerosità delle casistiche, nella diversa distribuzione delle frequenze genotipiche nella razza caucasica ed in quella asiatica, in fattori di ordine metodologico e nella possibile influenza di altri fattori endogeni ed esogeni, come l età, l esercizio fisico, la menopausa, l assunzione di calcio e la presenza di malattie ossee di tipo degenerativo. In particolare, per quanto riguarda l età, Riggs BL. et al. (1995) hanno osservato un associazione più stretta tra effetto genetico e BMD nelle giovani donne rispetto a quelle più anziane; tale dato è stato confermato da una metanalisi condotta da Cooper GS. et al. nel 1996 con il risultato che il polimorfismo VDR 3 presenta un modesto effetto sulla massa ossea che tende a ridursi con l avanzare degli anni. Il fatto che la massa minerale ossea sia condizionata dal rapporto tra fattori genetici ed ambientali appare sempre più chiaro dallo studio di Krall EA. et al. (1995) che ha esaminato l influenza dell introduzione di calcio e degli anni trascorsi dall inizio della menopausa sulla relazione tra alleli VDR e perdita di massa ossea; i dati indicavano un tasso di 18

25 perdita più elevato nelle donne in menopausa BB rispetto a quelle bb quando la dose di calcio assunta era bassa. Anche Ferrari SL. et al. (1998) mostrarono che l introduzione di calcio ed genotipo Bb erano significativamente correlati alla riduzione della massa ossea a livello della colonna lombare nell anziano. Inoltre, in quanto malattia poligenica, l osteoporosi riconosce il contributo di tanti geni, tra cui il VDR, ognuno dei quali esercita un effetto modesto singolarmente e interagendo con gli altri. Tra gli altri polimorfismi del VDR è stato descritto T/t riconosciuto dall enzima Taq I nell esone 9 che è strettamente associato a BSM I per quanto riguarda gli alleli t e B; un altre sito di restrizione è quello per l enzima Apa I nell introne 7 tra BSM I e Taq I, i suoi alleli sono A/a; infine, una mutazione a carico del primo codone d inizio traduzione del VDR nell esone 2 rappresenta il bersaglio dell enzima Fok 1: la presenza della sequenza mutata comporta l inizio della traduzione in secondo codone a valle e ne risulta un recettore più corto; se la mutazione non c è l enzima non taglia e viene sintetizzata una proteina più lunga a partire dal primo codone. Il polimorfismo è caratterizzato dagli alleli FM, dei quali f corrisponde al recettore più grande, mentre F e quelle più piccole. Il genotipo ff è stato associato ad una BMD della colonna lombare più bassa rispetto a FF in una popolazione di donne messiceamericane-caucasiche in menopausa ( Gross C. et al., l996) Il Calcium-Sensing Receptor (CaRS) La relazione tra calcio sierico e livelli di PTH è mediata dal CaSR, una glicoproteina costituita da 1078 amminoacidi, che appartiene alla famiglia dei G Protein-coupled receptors. E composto da un ampio dominio extracellulare, da un dominio transmembrana e da una coda intracellulare. Esso regola la secrezione di PTH da parte delle cellule paratiroidee ed il riassorbimento di calcio da parte delle cellule tubulari renali (Brown EM., 1999). E attivato dall aumento della concentrazione di ioni calcio extracellulare, che si legano al domino extracellulare. Attraverso il suo dominio intracellulare, il CaSR stimola una G Protein, che inibisce la produzione di PTH (Brown EM., 1993) ed il riassorbimento tubulare di calcio (Riccardi D. et al., 1995). Il CaSR, inoltre, influenza l assorbimento intestinale di calcio (Chattopadhyay N. et al., 1998) ed il rimodellamento osseo (Yamaguchi T. et al., 2001). Il gene che codifica per il 19

26 CaSR è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 3, alla posizione 3q13.3q21. Mutazioni inattivanti il gene causano ipocalcemia ed ipercalcemia; gli eterozigoti sviluppano un ipercalcemia ipocalciurica familiare benigna, mentre gli omozigoti sono affetti da severo iperparatiroidismo neonatale (Pollak MR. et al., 1993). Al contrario, mutazioni che incrementano l attività del CaSR causano ipocalcemia e ipercalciuria (Pearce SHS. et al., 1996). Tre polimorfismi SNPs (Single Nucleotide Polymorphism), determinanti variazioni aminoacidiche nonconservative, codificanti il dominio intracellulare del CaSR, sono state descritte a livello dell esone 7 (Cole DEC. et al, 1998). ll polimorfismo più comune consiste nella sostituzione di una guanina con una timina al codone 986, che porta alla variante Ala986Ser. Gli alti due polimorfismi sono meno frequenti: una sostituzione adenina/guanina al codone 990 determina la variante Arg990Gly; la sostituzione citosina/guanina al codone 1011 determina la variante Gh11011Glu. Il polimorfismo A986S è piuttosto frequente nella popolazione generale e sembra avere un ruolo determinante nel controllo della concentrazione di calcio extracellulare. Cole et al. (1998) hanno dimostrato come tale polimorfismo sia associato a più alti livelli sierici di calcio totale e ionizzato e possa predisporre donne adulte sane a patologie ossee o del metabolismo minerale, nelle quali la concentrazione di calcio extracellulare svolge un ruolo prominente. Alcuni autori hanno confermato questi effetti in pazienti caucasici (Lorentzon M. et al, 2001, Vezzoli G. et al, 2002), altri non li hanno confermati (Cetani F. et al., 2002, Miedlich S. et al., 2001, Bollerslev J. et al., 2004). Alcuni studi su soggetti umani (Pollak MR. et al, 1993) e su cellule tubulari canine hanno evidenziato un effetto inibitorio del CaSR sul trasporto cellulare di calcio, suggerendo che esso giochi un ruolo chiave nella regolazione dell escrezione di calcio. Sulla base di queste osservazioni Vezzoli G. et al. (2002) hanno indagato la possibile associazione tra il CaSR e l escrezione urinaria di calcio in pazienti calcolotici normocalciurici, in pazienti calcolotici ipercalciurici e in soggetti sani nomocalciurici. Da questo studio è emerso che il polimorfismo A990G sembra produrre un incremento della funzione del CaSR che comporta un aumento dell escrezione urinaria di calcio e una maggiore suscettibilià all ipercalciuria idiomatica. Scillitani A. et al. (2004) hanno valutato la frequenza dei tre polimorfismi e la loro associazione con il 20

27 calcio sierico ionizzato in un ampia popolazione adulta. Hanno confermato l associazione tra l aumento del calcio sierico ed il polimorfismo A986S e il ruolo dei polimorfismi R990G e Q10l1E quali fattori predittivi significativi Polimorfismo del CaSR ed osteoporosi E ben noto come la densità minerale ossea sia fortemente influenzata da fattori genetici e come essa rappresenti il maggior determinante del rischio fratturativo. Numerosi studi sono stati condotti al fine di indagare la possibile associazione tra diversi polimorfismi genetici e BMD. In particolare Lorentzon M. et al. (2001) hanno studiato l associazione tra il polimorfismo A986S del CaSR e la BMD in adolescenti sane caucasiche. Da questo studio é emerso che le adolescenti portatrici dell allele S hanno livelli più elevati di calcio plasmatico e più bassa BMD al rachide lombare ed alla valutazione total body. Tale polimorfismo, però, non si mantiene fattore predittivo significativamente associato alla densità minerale ossea una volta corretto per altre variabili, quali età, peso e attività fisica. Risultati simili sono stati ottenuti da Takacs I. et al (2002) in donne ungheresi e da Cetani F. et al. (2003). In quest ultimo studio gli autori hanno indagato l effetto dei polimorfismi A986S, R990G e Q1011E sulla densità minerale ossea e sulle fratture in donne italiane in post-menopausa. L attenzione degli autori si è concentrata sul primo dei tre polimorfismi, essendo quello più frequente nella popolazione in esame. Dal lavoro è emerso che questo polimorfismo non è un fattore predittivo indipendente di densità minerale ossea, né di fratture da fragilità. Alla stesse conclusioni sono giunti gli autori di uno studio condotto su donne anziane australiane (Bollerslev J. et al., 2004), e su donne cinesi in pre-menopausa (Mo XY. et al., 2004). 21

28 1.4 TRAPIANTO D ORGANO Generalità Il trapianto d organo rappresenta attualmente una valida e concreta opzione terapeutica nella cura di diverse malattie acute o croniche. Introdotto all inizio come una sorta di ultima spiaggia, il trapianto ha guadagnato progressivamente dignità nell ambito delle strategie terapeutiche trasformandosi sempre più da una metodica di ricerca clinico-sperimentale in un vero e proprio mezzo curativo. Tale prospettiva ha fatto rinascere le speranze di molti pazienti altrimenti condannati a morte sicura. Di conseguenza, la richiesta del trapianto d organo sta crescendo in maniera molto significativa negli ultimi tempi, alimentata dall aumento della sopravvivenza a lungo termine dei riceventi, dalla capacità degli agenti immunosoppressivi di prevenire il rigetto e dalla mancanza di concrete alternative terapeutiche (Epstein S., 1996). Attualmente si effettuano quasi trapianti di organi solidi all anno in tutto il mondo e la domanda cresce continuamente secondo l Osservatorio Globale e il Database sulla Donazione e il Trapianto d organo (Global Observatory and Database on Donation and Transplantation, GODT) (Matesanz R., 2009). Per quanto riguarda il trapianto di rene esso rappresenta la terapia d elezione per molti pazienti nello stadio finale dell insufficienza renale cronica, ed è superiore alla dialisi in termini di mortalità a lungo termine. Infatti i risultati ottenuti dopo il trapianto di rene hanno dato sempre più risultati incoraggianti ed il numero di pazienti con malattia in stadio terminale candidati al trapianto è andato aumentando. Il recente aumento di donazione di rene da cadavere si è avuto principalmente da donatori più vecchi o da coloro che presentavano altre caratteristiche associate ad un incremento dell incidenza di rigetto d organo. Nel 2002 il termine i criteri espansi per il donatore è stato codificato per i donatori deceduti di età maggiore o uguale a 60 anni e per quelli di età compresa tra 50 e 59 anni con almeno due delle seguenti caratteristiche: storia di ipertensione, livelli di creatinina maggiori di 1.5mg/dL, e cause cerebrovascolari di morte. Il rischio di rigetto dopo trapianto da donatore deceduto è del 70% più elevato rispetto ad un trapianto effettuato da un donatore vivente (Merion MR., 2009). 22

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