Schiavi del XXI secolo

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1 DOSSIER Tratta di esseri umani Schiavi del XXI secolo Emblema di Enzo Ciconte errore più grande che si può L commettere parlando di traffico di esseri umani è quello di pensare che si tratti di un fenomeno statico. È invece un fenomeno che sebbene richiami fatti molto antichi, come lo sfruttamento della prostituzione, è in continua evoluzione: cambiano i soggetti sottoposti a tratta non più solo donne, ma anche bambini e uomini e le finalità, che non sono più esclusivamente a sfondo di sfruttamento sessuale (anche se questa resta la componente prevalente), ma di sfruttamento del lavoro in senso lato. Il traffico di esseri umani, trattandosi di una realtà transnazionale, va inoltre letto alla luce dei mutamenti economici e sociali che si sono registrati negli ultimi decenni e che hanno concorso a determinarlo (si pensi alle guerre, al crollo dell Unione Sovietica). L Italia, Paese di destinazione, ma anche di transito, si è trovata ad essere crocevia di due flussi migratori, quello in direzione est-ovest e quello in direzione sud-nord. Anche per questo negli ultimi anni ha cambiato fisionomia: dalla fine dell Ottocento fino a pochi anni fa abbiamo assistito a un fenomeno di emigrazione delle genti italiane verso ogni luogo del pianeta; oggi ci troviamo in una situazione opposta, dovendo accogliere persone immigrate. C è dunque un cambiamento strutturale. A ciascuno il suo. La tratta è una forma di moderna schiavitù perché è un controllo delle persone, su cui si esercita un dominio. Ma chi sono gli attori di questo crimine? Schematizzando, ci sono due grosse realtà: la prima è costituita da piccoli gruppi che organizzano la tratta di altre persone. In questi casi siamo in presenza di una gestione familiare, tipica dei primi trafficanti albanesi: a volte anche il singolo partiva con una sola donna e la sfruttava. Si è poi passati e questa è la seconda realtà ai gruppi organizzati e strutturati, 7

2 incrociando gli stessi che gestivano anche droga e armi. Per la natura dei traffici, questi gruppi sono necessariamente inseriti in reti mafiose. Che rapporto c è tra i mafiosi stranieri e quelli italiani? Le relazioni, sostanzialmente, si stabiliscono nello scambio di armi e droga. È emblematica l operazione condotta lo scorso dicembre dai carabinieri del Ros e dalla Procura distrettuale antimafia di Catanzaro, che ha portato in carcere circa ottanta persone, per la gran parte cittadini albanesi, con l accusa di associazione finalizzata al traffico internazionale di armi e stupefacenti, alla riduzione in schiavitù, all induzione, al favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e al favoreggiamento dell immigrazione clandestina. Il patto era chiaro: i componenti albanesi dell organizzazione trasferitisi in Calabria, al fine di ottenere il beneplacito della Ndrangheta per la gestione dello sfruttamento della prostituzione, garantivano alle cosche armi e droga a prezzo di favore. Così come sono stati i mafiosi della Sacra Corona Unita a consentire che gli albanesi potessero sbarcare sulle coste pugliesi in assoluta tranquillità. Persone trafficate, droga e armi arrivavano insieme, ma prendevano poi da lì strade diverse. La Sacra Corona Unita consentiva lo smistamento sul territorio delle persone in cambio di merci ben precise. I mafiosi italiani al momento non trattano ancora la prostituzione, per varie ragioni. Qualcuno ha teorizzato che sia per una questione di onore, ma sappiamo bene che la scusa dell onore poco si adatta ai comportamenti mafiosi, tenuto conto che, ad esempio, la Sacra Corona Unita ha utilizzato senza problemi i minori trafficati nel lavoro a- gricolo. Piuttosto, è più plausibile l ipotesi secondo cui il mafioso non tratti la prostituzione per un 8 eccesso di maschilismo e disprezzo nei confronti della donna. Un vero uomo non campa sul denaro di una donna, perché è disdicevole. Una donna deve stare a casa a fare figli e basta. A maggior ragione non può farlo se questo denaro viene dalla vendita del corpo, ma questa motivazione arriva solo in seconda battuta. Può darsi che in futuro le cose cambino, ma al momento non sembrano esserci segnali forti in questa direzione. Mamàn: modello esportato. Cambiamenti di rotta si rintracciano invece nell analisi dei modelli di sfruttamento della prostituzione. Nella ricerca Women East Smuggling Trafficking (West) pubblicata recentemente dalla Regione Emilia Romagna, è stato notato come anche nella tratta dall Est Europa inizino a registrarsi donne che controllano altre donne, modalità tipica della prostituzione nigeriana, con le ormai famose mamàn. Questo fatto va letto sotto una duplice chiave. Da un lato il cambiamento della struttura dei gruppi criminali, dove le donne esercitano una funzione non e- sclusivamente servente, ma dirigente: molte fanno anche le reclutatrici e accompagnano le ragazze per un tratto di strada, contribuendo anche al passaggio da gruppo a gruppo. Ma questa innovazione è anche stata determinata da esigenze sorte dal lavoro sulla strada. È del tutto evidente che gli agenti delle forze dell ordine, quando intendono sgominare la rete degli sfruttatori, controllano chi accompagna la ragazza e controllano il controllore della ragazza, colui che si accerta, ad esempio, che la durata del rapporto non sia eccessiva, per timore che la ragazza trovi un aggancio per u- scire dal giro. Queste mansioni o- ra vengono affidate alle donne, cosicché non si capisce chi tra tutte sia quella con le funzioni di controllore. Schiavitù multiforme. Dal punto di vista delle rotte che interessano il nostro Paese, come si evidenzia più in dettaglio nell articolo di Pierpaolo Romani (vedi p. 9, ndr.), lo studio ha rilevato che sono davvero le più varie. Ce ne sono di lunghissime (si pensi ai percorsi via terra dalla Cina) o di brevi, come quelle dall Albania. Alcune sono visibili, come gli sbarchi, e altre invisibili, come per esempio quelle nel Nord, al confine con la Slovenia, l Austria o la Croazia. Le modalità di reclutamento vanno dall inganno (falsi fidanzamenti o promesse di lavoro di tutti i tipi, dalle cameriere alle badanti) alla violenza. Tipica degli albanesi è stata la tecnica dell innamoramento, con tanto di ingresso in famiglia. Altra tecnica di sottomissione degli albanesi è stata la sistematica violenza sessuale. Ma nella tratta non c è solo lo sfruttamento sessuale. Negli ultimi anni abbiamo registrato un insieme di figure che lavorano nelle nostre regioni in alcuni settori particolari: badanti, lavoratori stagionali, impiegati nel settore edile. Il caporalato è risorto, ha nuovo vigore. Quanti immigrati muoiono nel campo dell edilizia e nessuno sa nulla! Ci sono poi i bambini lavavetri, quelli costretti all accattonaggio, molti dei quali storpi, portati apposta per fare più compassione. Il tramonto del Novecento ha lasciato in eredità al nuovo millennio la riemersione di un fenomeno che si pensava ormai consegnato alle pagine più brutte della storia degli uomini: la riduzione in schiavitù di un numero enorme, ancorché difficilmente quantificabile, di persone in stato di profonda indigenza. Il punto chiave è che esiste tutto un mondo che viene organizzato in questo modo. Ci troviamo di fronte non a singoli che emigrano a cercare fortuna, ma a moderni schiavisti che usano le persone senza scrupolo.

3 DOSSIER Tratta di esseri umani Tutte le strade portano a Roma Le vie per trasportare schiavi nel nostro Paese sono infinite. Arrivano dall Africa, dall Europa dell Est, dall Asia, dopo viaggi interminabili in condizioni disperate per mare, terra, a volte in aereo. E chi arriva a destinazione è già fortunato Altre nazioni di provenienza Cina 0,17% Estonia 0,09% di Pierpaolo Romani Apartire dalla fine degli anni 80, adottando una logica imprenditoriale e tenendo conto dei processi di globalizzazione, la criminalità organizzata ha diversificato le sue attività e i suoi investimenti. Si è creato così un nuovo mercato criminale: quello del traffico degli esseri umani. La criminalità organizzata ha assunto un carattere transnazionale ed ha messo in campo parte dei suoi ingenti capitali, dei suoi uomini, mezzi e relazioni per offrire servizi ai migranti che intendono lasciare il loro Paese di origine (smuggling) o per reclutare persone, in particolare giovani ragazze e bambini, al fine di ridurli in uno stato di schiavitù per sfruttarli successivamente nei mercati della prostituzione, del lavoro forzato, dell accattonaggio e nel traffico di organi umani (trafficking). La nascita del traffico di esseri umani è stata favorita anche dal fatto che i Paesi di destinazione dei flussi migratori, in particolare quelli dell Europa occidentale e d oltreoceano, a partire dalla metà degli anni 70, hanno promulgato leggi che, più che essere ispirate al governo delle migrazioni, si sono poste l obiettivo di arginarle, considerando i migranti non tanto delle persone alla ricerca di un futuro migliore e una risorsa sociale, culturale ed economica, quanto degli invasori e dei potenziali criminali. Origine delle donne dell Est vittime di tratta in Italia, nel periodo Destinazione Italia. L Italia è u- na delle principali mete europee per i trafficanti di esseri umani. I 9

4 Sopra, le modalità di ingresso forzato cui vengono costrette le donne trafficate. A sinistra, la suddivisione percentuale delle principali nazionalità di trafficanti e sfruttatori Quanto rende uno schiavo. Le vittime della tratta non viaggiano mai da sole. Le giovani donne e i bambini, in particolare, sono sempre accompagnati da esponenti di organizzazioni delinquenziali che possono essere gli stessi durante tutto il viaggio oppure, come spesso avviene, cambiare in base al numero di nazioni attraversate. I trafficanti, infatti, non possono permettersi di perdati forniti dalle autorità indicano che centinaia di giovani donne, molte delle quali ancora minorenni, giungono annualmente nella nostra penisola seguendo la duplice direzione dei flussi migratori planetari, quella sud-nord e quella est-ovest. In altre parole, si arriva in Italia dall Africa, in particolare dalla quella centrale e sub-sahariana, e dai Paesi dell ex blocco sovietico. Il viaggio che queste persone sono costrette ad affrontare, anche in condizioni di totale illegalità e insicurezza, può durare alcuni giorni, qualche settimana o qualche mese, se non addirittura come nel caso di coloro che giungono da più lontano, ad e- sempio dal continente asiatico un anno. Dipende da molti fattori: dalla distanza tra il Paese di origine e quello di destinazione, dalla morfologia dei territori che si devono attraversare, dalle condizioni metereologiche, nonché politiche e sociali (presenza o assenza di conflitti, per esempio), dalla presenza o meno di leggi particolarmente severe rispetto alla punibilità del traffico degli esseri umani, dalla lungaggine delle trattative di compravendita alle quali le vittime sono sottoposte dai trafficanti dopo essere state ridotte a merce. L unica cosa certa è che si parte, 10 non che si arriverà a destinazione. Il mare Adriatico e il Mediterraneo, in questo senso, sono cimiteri sui cui fondali giacciono centinaia di corpi di migranti. Albania - Italia L Albania è una nazione sia di partenza che di transito delle vittime est-europee della tratta. Due sono le rotte per giungere in Italia: una diretta e marittima, una indiretta e terrestre. La prima è percorsa solitamente in gommone e collega i principali porti albanesi che danno sull Adriatico alle coste pugliesi. La seconda viene percorsa in auto o furgoni, attraversa la Serbia, la Bosnia e introduce le vittime in Italia attraverso l Austria e la Slovenia. dere l investimento che hanno fatto reclutando o acquistando u- na persona che per loro costituisce una futura macchina per fare soldi, tanti e rapidamente. Per avere un idea di quanto può fruttare uno schiavo moderno citiamo alcuni dati ufficiali. Secondo la Procura delle Repubblica di Trieste, dove esiste un apposito pool investigativo-giudiziario, u- na ragazza sfruttata nella prostituzione di strada guadagna mediamente 400 euro a serata, mentre secondo quanto riferito da un dirigente delle forze dell ordine alla Commissione parlamentare per l infanzia un piccolo o

5 DOSSIER Tratta di esseri umani Romania - Italia La Romania è una nazione sia di partenza che di transito. Le vittime sono introdotte in Italia soprattutto via terra, sia in modo legale, munite di visto turistico, che illegale. Le rotte che collegano la Romania all Italia possono essere suddivise in due grandi aree: quelle a nord e quelle a sud dei Balcani. Le prime comprendono le seguenti rotte: Romania-Ungheria-Italia; Romania-Ungheria-Austria-Italia; Romania-Ungheria-Austria-Slovenia-Italia; Romania-Slovenia-Italia. Le rotte a sud dei Balcani sono essenzialmente due: Romania-ex Jugoslavia-Albania-Italia; Romania-ex Jugoslavia (Serbia)-Italia. I mezzi utilizzati sono soprattutto autobus, automobili, furgoni, Tir. Non manca l utilizzo del treno per alcuni tratti e quello di barche per l attraversamento di laghi e fiumi. Le rotte, dunque, oltre a essere indirette, in questo caso sono anche miste, vale a dire terrestri e marittime. catori di redigere un atlante storico-geografico dinamico delle rotte percorse dalle vittime della tratta provenienti dall Europa o- rientale. Le diverse cartine geografiche (in parte riprodotte in queste pagine) illustrano come le vittime giungano in Italia soprattutto per via terrestre, oltre che per via marittima e aerea. Le principali nazioni di partenza, alcune delle quali sono anche di transito, sono l Albania, la Romania, la Moldavia, l Ucraina; in misura minore l Ungheria, la Russia, la Slovacchia, la Repubblica Ceca, la Bulgaria, la Polonia e la Bielorussia. Esistono due tipi di rotte: quelle dirette e quelle indirette. Le prime collegano direttamente il Paese di origine delle vittime a quello di destinazione e sono percorse in aeroplano o, se più brevi, in auto, bus o gommone. E- sempi in questo senso sono la rotta aerea che collega l Ucraina all Italia, quella marittima che collega l Albania alla Puglia, attraverso il Canale d Otranto, o quella terrestre che dai Balcani porta all Italia mediante il passaggio a piedi del confine italosloveno (Trieste, Gorizia, Udine). Le rotte indirette sono quelle che prevedono, oltre all attrauna piccola mendicante riesce ad incassare anche 100 euro al giorno in una città come Roma. Ragionando in termini mensili, possiamo stimare che una giovane costretta all esercizio della prostituzione incassa 12 mila euro, mentre un piccolo mendicante 3 mila. Si consideri che solitamente ciascuna banda di trafficanti gestisce contemporaneamente più donne e/o bambini. La rete delle rotte. Come giungono in Italia le vittime della tratta, in particolare quelle provenienti dall Europa orientale? Una risposta a questo quesito si trova nella ricerca I flussi e le rotte della tratta dall est Europa, coordinata dal professor Enzo Ciconte, all interno del progetto West della Regione E- milia Romagna. Lo studio, condotto tra il 1993 e il 2003, si è fondato sull analisi di atti giudiziari, per un totale di pagine, provenienti da ventidue tribunali italiani. Mediante l utilizzo di un database sono state raccolte e sistematizzate informazioni su donne costrette all esercizio della prostituzione e trafficanti. La mole notevole di informazioni acquisite ha consentito ai ricerversamento, anche la sosta nelle cosiddette nazioni di transito. Quando conviene cambiare strada. La notevole articolazione delle rotte, delle modalità logistiche e delle strategie economiche permette di farsi un idea di quanto complesso sia il mercato criminale della tratta. Un mercato, per usare le parole della Relazione sul traffico degli esseri umani della Commissione parlamentare antimafia della XIII legislatura, «segmentato, specialistico e flessibile». Durante il viaggio le vittime sono gestite da diversi gruppi criminali, ognuno dei quali ha una sua specializzazione che consiste nella fornitura di documenti, di alloggi, di mezzi, nell attraversamento dei confini delle nazioni e nell introduzione nel Paese di destinazione. Le rotte, parte delle quali già utilizzate da tempo per il traffico di sostanze stupefacenti e di armi, variano continuamente, per diverse ragioni, ad esempio gli accordi tra diversi Stati per contrastare, più che la tratta vera e propria, la cosiddetta immigrazione clandestina. In Italia, per citare un caso, gli accordi siglati con il Governo albanese dalla fine degli 11

6 Moldavia - Italia La Moldavia è una nazione di partenza delle vittime della tratta. Esistono sia rotte dirette che indirette per giungere in Italia. La prima rotta diretta è aerea, la seconda, decisamente la più utilizzata dai trafficanti, è terrestre, solitamente percorsa in autobus e scelta per vittime munite di visto turistico. Prima di giungere in I- talia attraversa l Ucraina, la Polonia, la Repubblica Ceca e l Austria. Dalla ricerca coordinata da Ciconte, e- merge come l Ungheria e i Paesi dell ex Jugoslavia siano dei centri nevralgici in cui si effettuano le compravendite delle ragazze mediante vere e proprie aste, nonché snodi fondamentali dai quali si decide quali altre rotte utilizzare per introdurre in Italia centinaia di giovani donne. Le rotte indirette dalla Moldavia sono sia terrestri che marittime. Le prime attraversano il nord dei Balcani e sono utilizzate per introdurre le vittime nel nostro Paese attraverso il confine italo-sloveno o i- talo-austriaco; le seconde partono dal sud dei Balcani, in particolare dai porti albanesi sul mare Adriatico, e giungono sulle coste pugliesi. Nei Balcani le vittime arrivano dopo aver attraversato la Romania o l Ungheria. anni 90 hanno spinto i trafficanti a ridurre drasticamente gli sbarchi sulle coste pugliesi e a preferire l utilizzo delle rotte terrestri. Un altra ragione consiste nel varo di una specifica legislazione o nell inasprimento delle leggi di contrasto alla criminalità organizzata e al traffico degli esseri umani da parte di una o più nazioni: i trafficanti attraversano quei Paesi e portano le loro vittime in quelle nazioni in cui minori sono i costi non solo economici, ma anche di tipo penale, oppure dove è noto che mediante l attività corruttiva si possono allentare sensibilmente i controlli alle frontiere. Infine, tra le varie cause di modifica periodica, ad incidere sulla tipologia delle rotte da percorrere sono anche gli accordi tra le organizzazioni criminali che operano nei differenti Paesi che separano la nazione di partenza delle vittime da quella di arrivo. Sul piano della repressione, come su quello della prevenzione, molto resta ancora da fare. Non solo a livello nazionale, ma soprattutto europeo e mondiale: non si può, infatti, combattere un nemico orga- 12 Ucraina - Italia Esistono due rotte dirette. La prima collega via aerea l Ucraina con i principali scali aeroportuali italiani. La seconda è una rotta terrestre e viene percorsa mediante l utilizzo di autobus o auto attraversando l Ungheria e l Austria. Tre sono le rotte indirette. La prima parte dall Ucraina e prosegue per l Ungheria, la Slovenia e, da qui, in Italia. La seconda passa anch essa per l Ungheria, ma non porta direttamente le ragazze in Italia, sostando prima nei Paesi della ex Jugoslavia da dove, successivamente, attraversano il confine italo-sloveno in auto oppure con il gommone (soprattutto nel corso degli anni 90) fino alle coste pugliesi. La terza rotta parte dall Ucraina, prosegue per la Romania e da qui si dirige verso i Paesi dell ex Jugoslavia, in particolare l Albania, da dove il viaggio continua secondo le modalità sopra citate. nizzato, e ormai globalizzato, come la criminalità, senza affrontare il fenomeno ad un livello capillare ed internazionale insieme. Per saperne di più: italiano/index.htm

7 DOSSIER Tratta di esseri umani Emblema L apparenza inganna di Francesco Carchedi* Il traffico di esseri umani e le forme contemporanee di schiavitù hanno assunto negli ultimi quindici anni una rilevanza e una visibilità sociale di particolare gravità. Il fenomeno si trasforma continuamente, non solo in termini quantitativi, ma soprattutto qualitativi. Le trasformazioni in corso stanno mettendo in discussione alcuni concetti di base che hanno o- rientato interventi e strategie di chi si occupa del problema. Dati ufficiali insufficienti, analisi parziali non sempre al passo con la dinamicità delle organizzazioni criminali. Risposte incisive possono arrivare solo da una conoscenza più approfondita del fenomeno I dati ufficiali non bastano. In merito alle stime, è facile comprendere quanto sia difficile definire i contorni di un fenomeno che è per sua natura irregolare. Le fonti ufficiali che raccolgono dati ed informazioni in merito si fermano e non potrebbe essere altrimenti alla registrazione delle vittime del traffico che in maniera diversa entrano in contatto con le Istituzioni. La fonte principale è quella della Commissione interministeriale sull art. 18 (T.U. n. 286/98 ed integrazioni con la legge n. 186/02, cioè la Bossi-Fini ), seguita da quella gestita dalla Direzione na- 13

8 Emblema Secondo l associazione Parsec le donne che esercitano la prostituzione in strada sono tra le 18 mila e le 23 mila zionale antimafia (che acquisisce dati in ottemperanza della legge n. 228/03). Ma questi dati, proprio perché attengono alle vittime prese in carico, non rispecchiano l universo di riferimento. Per risalire a questo occorrono, appunto, delle stime ad hoc. Negli ultimi anni diverse organizzazioni hanno prodotto delle cifre, ma quasi nessuna ha reso trasparente il processo di stima, ossia i criteri logici che portano a determinare le grandezze numeriche che dovrebbero definire l universo di riferimento. 14 nomeno spiegando le procedure di calcolo: una è Transcrime (il centro interdipartimentale di ricerca sulla criminalità transnazionale dell università di Trento), l altra è Parsec, un associazione che si occupa da oltre 20 anni di ricerca e di interventi nel settore della lotta all esclusione sociale. Transcrime stima tra le 27 mila e le 57 mila le persone coinvolte nella tratta a fini prostitutivi negli ultimi dieci anni; Parsec attesta invece l universo delle donne che esercitano la prostituzione in strada tra le 18 mila e le 23 mila unità. In questo ultimo caso il processo di stima proposto considera, oltre allo stock di presenze, anche i flussi in entrata ed in uscita dal giro prostituzionale, Alcune stime. Ci sono invece due organizzazioni che recentemente hanno elaborato una quantificazione numerica del fevale a dire la mobilità geografica, da un lato, e la mobilità verso la fuoriuscita dallo sfruttamento dell altro. Si tratta dunque di un procedimento di rilevazione di tipo dinamico. Il metodo di Parsec. Per la raccolta dei dati, Parsec ha realizzato 150 interviste in tutto il Paese ad altrettanti operatori, chiedendo qual è il numero delle ragazze presenti e il tasso di turn over che esse subiscono. È stato chiesto, a partire dal 1999, quanto tempo hanno impiegato le ragazze per rinnovarsi completamente sulla strada: il dato emerso (tra i 4 e i 5 anni) è sconvolgente per l omogeneità registrata su tutto il territorio nazionale.

9 DOSSIER Tratta di esseri umani La seconda domanda intendeva sapere invece quanto tempo hanno impiegato a rinnovarsi nuovamente a partire da quei 4-5 anni: anche in questo caso la risposta è stata la stessa da parte di tutti gli operatori del nostro territorio, vale a dire 2-3 anni. L elaborazione dei dati ha portato ad una stima che si aggira attorno alle 20 mila unità, esattamente la stessa che Parsec aveva ricavato con una ricerca condotta dieci anni fa, nel Questo significa che il numero di ragazze che stanno sulla strada dal 1996 a oggi non è cambiato. Quello che è cambiato è invece il flusso qualitativo interno e lo si vede applicando appunto quei due coefficienti numerici. In base a questi dati, si è riusciti a stimare che entrano ed escono dal giro della prostituzione in I- talia quasi 4 mila persone all anno. Il che significa che in dieci anni il numero complessivo di donne che hanno esercitato la prostituzione, a prescindere dal grado di volontarietà o costrizione, è di circa 40 mila persone, cifra che rientra nel range proposto da Transcrime e citato all inizio, anche se il procedimento u- tilizzato è diverso. Gruppi sempre più vari. Ripercorrendo storicamente i singoli anni, si scopre che nel biennio si è registrata una riduzione della presenza in strada delle donne con un abbassamento di circa il 30-40%, in concomitanza con l introduzione della legge Bossi-Fini e la repressione di quel periodo. Ma questa riduzione si è verificata primariamente sul gruppo albanese, che è quello che si è caratterizzato per un abnorme livello di violenza. Non è stato dunque solo l urto dei cambiamenti normativi e istituzionali a determinare una incrinatura di quel modello rigido di sfruttamento paraschiavistico, ma soprattutto quello del lavoro sociale: la fuga di molte ragazze (lo dimostrano i dati del ministero delle Pari opportunità) ha ridotto complessivamente la loro presenza sul territorio in quel biennio. Il buco nella quantità dell offerta creatosi in quel biennio sarebbe poi stato colmato con l arrivo di ragazze rumene, portate anch es- Dalla Cina le schiave operaie È la collettività cinese quella di cui si registrano i cambiamenti più rilevanti nel processo prostitutivo: si tratta infatti di mutamenti di natura strutturale, che coinvolgono luoghi di provenienza e modalità di sfruttamento. Le principali comunità cinesi che troviamo sul territorio italiano al momento provengono da precise aree della Cina, lo Zhejiang e il Fu-chien, due regioni a sud di Shangai, affacciate sull oceano Pacifico. La loro migrazione è di tipo familiare, con il capofamiglia che apre la strada e progressivamente porta con sé i parenti più prossimi. Anche le forme di sfruttamento si realizzano in quel contesto: autosfruttamento all interno della rete parentale per poter onorare la restituzione del debito. Ma in questi ultimi due-tre anni, alcune aree del nord-est della Cina, l ex Manciuria, hanno subito lo smantellamento di molte imprese, il che ha comportato una fortissima mobilità interna: molti lavoratori, operai di quegli stabilimenti, sono stati costretti a scendere verso sud per trovare lavoro. Una parte di queste persone ha scelto direttamente di trasferirsi in Europa, ma non più attraverso le reti familiari, bensì da soli. E si è trattato non solo di uomini, ma anche di donne, che nel tradizionale modello di emigrazione non prendevano mai l iniziativa, ma erano sempre al seguito. In questo caso, trattandosi di operaie, si è di fronte a donne dotate di una maggiore autonomia, capaci dunque di emigrare anche da sole. Partono dallo Zhejiang, affidandosi a organizzazioni chiamate Teste di serpente, contrabbandieri che con ogni probabilità hanno contatti con le Triadi, la mafia cinese, ma non coincidono con queste. Un altro flusso arriva passando da Belgrado o da Mosca, appoggiandosi dunque per l ultimo tratto a mafie russe o mafie bosniache. Sono le donne che arrivano da sole quelle che in alcune città d Italia si iniziano a trovare sulle strade, un tipo di prostituzione estremamente nuova perché tradizionalmente la prostituzione cinese è quella dei bordelli clandestini, gestita da persone provenienti dallo Zhejiang, con il modello classico della casa in cui si cena e ci si intrattiene, secondo le tradizioni di Pechino, Shangai. Lo sfruttamento sulla strada (4-500 prostitute) mostra la disponibilità di aprirsi al mercato, mentre con l altra soluzione restava riservato alla comunità cinese. Si tratta di culture molto diverse, ma questo nuovo modo di operare può anche essere letto come una sfida verso gli anziani della comunità. La costruzione di un percorso sociale è difficilissimo anzitutto per la barriera linguistica. Il problema della mediazione culturale è più complesso che in altri casi. Si pensi che a Roma la Caritas ha da vent anni un sportello sanitario dove fino a cinque anni fa neanche un cinese era andato a farsi visitare. Da quando hanno impiegato un medico cinese, da cinque anni a questa parte, appunto, sono arrivati i primi pazienti. 15

10 16 Il prezzo del sogno Italia Nel suo ultimo rapporto Riciclaggio del denaro e tipologie di finanziamento al terrorismo , il Comitato Moneyval (la commissione di esperti del Consiglio d Europa per la valutazione delle misure anti-riciclaggio) ha dedicato un intero capitolo ai profitti derivanti dal traffico di esseri umani e dal contrabbando di persone ai fini dell immigrazione clandestina. Difficile, dichiarano gli esperti, stimare i proventi della tratta, mentre per l immigrazione clandestina i costi rilevati sono più precisi: per un viaggio verso l Italia, per esempio, un migrante cinese deve pagare ai suoi trafficanti 13 mila dollari, uno slovacco 3-4 mila, 500 un ungherese. Il rapporto è stato elaborato in collaborazione con il Fatf-Gafi, il Gruppo di Azione Finanziaria sul Riciclaggio del Denaro. reclutamento, le modalità del viaggio, i processi di invischiamento nella pratica prostituzionale, i rapporti tra sfruttatori e donne coinvolte, le modalità di fuoriuscita dal circuito) sono profondamente mutati. In merito alle nigeriane, continua a prevalere la modalità dell assoggettamento psicologico dovuto al rito vodoo, ma c è la novità della comparsa delle figure maschili, non in seconda battuta come si verificava anni addietro, ma attraverso la figura del falso fidanzato, forma tipica delle strategie di reclutamento albanese. Assistiamo cioè ad una sorta di albanizzazione delle forme di sfruttamento nigeriano, così come registriamo una nigerianizzazione di alcune componenti rumene, in cui lo sfruttamento viene effettuato con il contributo di figure femminile. Queste contaminazioni rivelano la ricerca all interno dei vari gruppi nazionali del meccanismo di sfruttamento più capace di perpetuare l assoggettamento negli anni. Siamo di fronte a una sempre maggiore professionalizzazione delle bande criminali, con gruppi che operano strategicamente e non tatticamente o in modo contingente, come invece aveva inise, all inizio, da bande criminali albanesi (ricorrendo alle tradizionali strategie dell inganno, come falsi fidanzamenti o promesse di lavoro, oppure alla coercizione): in questi ultimi anni lo stock di circa 20 mila ragazze, che possiamo con ragionevole sicurezza dichiarare come il punto di equilibrio tra domanda e offerta, si è ricomposto grazie all introduzione di ragazze rumene e moldave. Questo fenomeno spiega anche l allargamento del numero dei gruppi nazionali che stanno entrando nel mercato. Fino a qualche anno fa c erano gruppi molto omogenei (gli Stati di provenienza erano per lo più Nigeria, Albania, Ucraina, Polonia, Colombia, Perù, Brasile), mentre oggi abbiamo una enorme estensione: compaiono donne filippine, cinesi, argentine, venezuelane. La varietà dei gruppi è dunque notevolmente aumentata, anche se dal punto di vista numerico si sta nelle 20 mila persone all anno nel traffico a fini prostitutivi. Se il carnefice negozia con la vittima. Non è cambiata solo la componente numerica dei diversi gruppi. Anche i modelli prostituzionali (vale a dire il sistema di ziato a fare il gruppo albanese. Molti segnali lasciano inoltre intravedere che si è passati a una fase di negoziazione tra vittima e carnefice, di ricerca di un equilibrio tra sfruttati e sfruttatori che permetta di perpetuare lo sfruttamento sul lungo periodo. I gruppi criminali hanno capito che è il misto di coercizione autoimposta ed eteroimposta a ridurre al minimo i conflitti. Ripensare le forme di contrasto. Trovarsi in presenza di una prostituzione negoziata, contrattualizzata, dove però il rapporto tra sfruttato e sfruttatore è sempre incontrovertibilmente un rapporto asimmetrico, significa anche dover pensare forme diverse per il contrasto allo sfruttamento. Tanto più che, come abbiamo rilevato all inizio, la mobilità all interno del circuito è in crescita ed è dunque sempre più complicato agganciare le vittime. Le organizzazioni criminali tendono a spostare sovente le donne che costringono alla prostituzione, al fine di sfuggire all intercettazione da parte della Polizia. Pertanto la mobilità geografica è concepita dalle organizzazioni criminali come una forma di prevenzione primaria per sfuggire alle pratiche investigative da un lato e di de-ambientalizzazione delle donne coinvolte nello sfruttamento dall altro. Occorre dunque riflettere su come coniugare la mobilità geografica delle donne che si prostituiscono e l offerta di servizi di protezione sociale. U- na proposta potrebbe essere quella di ancorare i servizi di protezione sociale per le vittime di tratta all architettura territoriale dei Piani di zona, previsti dalla legge n. 328/00 ( Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali ). *Parsec Ricerca ed Interventi sociali e Magliana 80, Roma

11 DOSSIER Tratta di esseri umani N.Bassan/Emblema «Più tutela per le vittime» Intervista a Elsa Valeria Mignone di Manuela Mareso Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lecce, Elsa Valeria Mignone si occupa di tratta da quando il fenomeno non era ancora individuato specificamente come tale. Erano gli anni Novanta, quando le coste leccesi vennero prese d assalto dagli scafi albanesi: all epoca si parlava di favoreggiamento dell immigrazione clandestina. «La tratta è stato all inizio un incidente di percorso, ci si limitava a prendere cognizione e ad assistere», ci dice. Il distretto leccese, quello più a est d Italia, resta ancora oggi un osservatorio privilegiato per la conoscenza del fenomeno migratorio e dunque della tratta e dei crimini accessori. Sono inoltre molto significativi i dati della provincia di Lecce relativi alle richieste ex art. 18 del Testo Unico sull immigrazione, che prevede il permesso di soggiorno per protezione sociale (vedi box p. 18, ndr.): 222 fino al 2002, circa il 15% del dato nazionale. Dottoressa Mignone, quali e- rano le caratteristiche dei primi sbarchi? Inizialmente gli sbarchi nel Salento avvenivano prevalentemente a sud di Brindisi, fino al capo di Santa Maria di Leuca, e non al Nord, nell area compresa tra Brindisi e Bari perché con lo smuggling (il contrabbando di persone, ndr.) non si voleva interferire negli altri traffici della criminalità organizzata: c era quindi un chiaro accordo tra gruppi criminali. Tutto questo bastava a dimostrare che il fenomeno dell immigrazione era un fenomeno di criminalità organizza- ta, indipendentemente dal fatto che questo dato riuscisse, o riesca, ad emergere processualmente. Dunque la vittima di tratta è vittima di criminalità organizzata? Certamente, ed è questa la premessa fondamentale per comprendere qual è la posizione processuale di queste vittime. Con questo intendo dire che non è solo il rapporto della vittima di tratta e del suo sfruttatore che va considerato. Alla vittima del traffico, proprio per la sua storia di particolare violenza, psicologica, ma nella maggior parte dei casi anche fisica, deve inoltre essere assicurata piena dignità processuale in senso lato sin dal primo momento dell approccio con gli investigatori, che devono avere già una professionalità. Ad operare dovrebbero essere squadre appositamente formate, 17

12 che sappiano approcciare la vittima e che non si trovino a operare casualmente. Anche l agente che intercetta per strada la vittima dovrebbe avere sempre una squadra di riferimento. Il rapporto recentemente redatto dal Gruppo esperti della Commissione europea segnala come estremamente problematica la distinzione tra vittime innocenti e vittime colpevoli (cioè consapevoli del fatto che sarebbero state sfruttate), specie in relazione alla tratta per scopi di prostituzione forzata. A lei risulta che questa distinzione, dichiarata dal Gruppo falsa, rappresenti un problema per la tutela delle vittime? Assolutamente sì, anche perché dal mio osservatorio registro un involuzione, un deterioramento complessivo dell importanza della posizione processuale della vittima della tratta. I processi che noi abbiamo instaurato inizialmente si fondavano sul concetto di schiavitù (usavamo gli artt. 600 e 602 del codice penale: riduzione e mantenimento in schiavitù). Abbiamo raccolto testimonianze di ragazze che venivano visionate come animali, guardate addirittura in bocca per controllare i denti. Non veniva lasciato loro nulla: i documenti anzitutto, ma anche vestiti e accessori erano forniti dai loro sfruttatori. Una condizione di assoggettamento totale. Inizialmente le parole di queste ragazze, un po per la novità, un po per l efferatezza delle cose che raccontavano, venivano considerate con grande rispetto, che invece ho poi visto scemare successivamente. Un collega che doveva sostituirmi nel corso di una udienza dibattimentale mi disse: Ma perché ti raccomandi tanto? In fondo è solo una prostituta. Ho visto, insomma, crescere progressivamente u- na sorta di sfiducia e diffidenza. Dovute a cosa? Sostanzialmente all interesse che la vittima avrebbe ad accedere ai 18 Il permesso di soggiorno ex art. 18 L art. 18 del T.U. sull immigrazione (286/98) prevede il rilascio del permesso di soggiorno per protezione sociale. Rappresenta tuttora u- na norma all avanguardia per la tutela delle vittime di tratta nel panorama giuridico non solo nazionale, ma anche europeo. La ratio della norma supera in modo decisivo il semplice concetto di protezione giuridica legata ad una collaborazione processuale che dura solo per il tempo del procedimento penale, senza consentire il passaggio ad un permesso di soggiorno lavorativo stabile. L art. 18 prevede infatti un doppio percorso per l ottenimento del permesso di soggiorno: quello giudiziario (in cui la vittima presenta denuncia penale) e quello sociale (in cui la proposta di permesso di soggiorno viene avanzata dai servizi sociali o da associazioni qualificate). L art. 18 contempla infatti sia l ipotesi dell accertamento di situazioni di «violenza» o di «grave sfruttamento» nel corso di operazioni di polizia, indagini o nell ambito di procedimenti penali, sia l ipotesi in cui l emersione di tali situazioni avvenga «nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali». Il permesso di soggiorno dura sei mesi (ma può essere rinnovato per un anno o «per il maggiore periodo occorrente per motivi di giustizia») ed è convertibile a fini lavorativi. programmi di protezione sociale previsti dall art. 18. Il paragone che meglio spiega quanto sto rilevando è quello con la parola del collaboratore di giustizia: si parte già con una svalutazione della collaborazione della parte offesa, dovuta al sospetto da parte di chi giudica e da parte del magistrato inquirente che le dichiarazioni rilasciate siano strumentali (per la possibilità, appunto, di usufruire dei benefici previsti dall articolo 18) e non genuine, perché le vittime, o presunte tali, potrebbero riproporre come proprie le vicende vissute da altre, magari sentite raccontare in seguito al trasferimento in luoghi in cui si trovano altre ragazze che hanno già riferito le proprie storie. Sono rischi così comuni? Personalmente mi sono capitati solo due casi, pochi ma sufficienti a dire che il rischio esiste. Ma il fatto che la parola della vittima possa essere screditata per l interesse ad accedere all articolo 18 deve essere assolutamente superato, tanto più che esiste oggi u- na giurisprudenza della Corte di Cassazione relativa ai collaboratori di giustizia, che può essere mutuata per quanto riguarda l art. 18. La Cassazione in sostanza dice che noi non possiamo dire che la parte offesa non è attendibile solo perché può essere incentivata alla collaborazione con la giustizia per usufruire di benefici premiali, perché questo costituisce da sempre una prassi della nostra organizzazione giudiziaria. Dovrebbe essere provato un intento calunniatorio da parte della parte offesa, che dovrebbe dunque rispondere poi del reato di calunnia. Eppure in diverse sentenze ho visto screditare la parola della parte offesa adducendo come motivazione gli incentivi offerti dall art. 18. In merito invece al rischio che la ragazza intercettata usi le storie sentite da altre ragazze? Anche questa è una eventualità più che reale, ma a questo punto sta a noi fare in modo di evitare i contatti. A Montecatini, a spese del Comune, le ragazze intercetta-

13 DOSSIER Tratta di esseri umani Grazia Neri te venivano fatte alloggiare in alberghi e poi solo dopo le prime dichiarazioni in centri. Quindi la non genuinità può essere evitata se c è una procedura attenta e rigorosa della raccolta delle informazioni. La parola deve avere una sua credibilità e deve rimanere deposizione di parte offesa, che sebbene non possa essere equiparata a quella del testimone estraneo ai fatti, può tuttavia essere assunta come unica fonte di prova della colpevolezza del reo. Cioè quella parola non deve essere posta sullo stesso piano di un chiamante in correità, ma di parte offesa. Quindi la posizione deve essere equiparata a quella del testimone di giustizia e non del collaboratore di giustizia. Dunque, premesso che sia sottoposta con rigore a una indagine positiva sulla credibilità, la parola della vittima deve essere assunta da sola come fonte di prova della colpevolezza? «L agente che intercetta per strada la vittima dovrebbe sempre avere una squadra di riferimento specializzata» Sì, e senza richiedere riscontri e- sterni. Invece, purtroppo, nel corso del giudizio questi ci vengono richiesti. Mi è capitato il caso di un trafficante che aveva contattato la madre di una ragazza, dicendole di farlo chiamare. La ragazza denuncia il fatto, gli investigatori si muovono e quando trovano il soggetto, al momento del fermo, questi aveva effettivamente un cellulare con quel numero. La ragazza viene allora dichiarata attendibile, ma non doveva essere questa la motivazione della credibilità della parte offesa, altrimenti la sua posizione, da parte offesa, diventa chiamante in correità. Quanto è importante il ruolo delle vittime per l emersione del fenomeno tratta? È indispensabile, e dunque deve esserlo anche la loro protezione. La tratta è un fenomeno difficilissimo da individuare, le ragazze si fermano negli appartamenti a volte per non più di sette giorni, c è una invisibilità di fondo; oltretutto la vittima spesso ha sfiducia nelle Istituzioni, visto, per esempio, che le polizie albanese e turca un tempo prendevano parte al gioco, o agevolando i trafficanti o ostacolandoli solo al fine di subentrare nella gestione della vittima, o quanto meno di percepire una tangente. Una ragazza ci ha raccontato che i suoi trafficanti erano preoccupati della polizia, ma solo perché temevano di dover versare una tangente. E il grosso problema è che per le ragazze una polizia equivale all altra. È stato proprio su questo punto che le ong si sono rivelate una risorsa insostituibile: il percorso sociale previsto dall art. 18 costituisce un azione di 19

14 Grazia Neri «È importante che la prostituzione non abbia rilevanza penale in relazione a chi la pratica perché la posizione della vittima deve rimanere quella di parte offesa» 20 tezza dell incidente probatorio, allorchè consente il confronto diretto tra la vittima e il carnefice. In Belgio esiste una forma analoga all incidente probatorio in cui è garantita la presenza del difensore dell imputato, ma non dell imputato stesso. Questo perché spesso la vittima non regge il confronto con il carnefice, e arriva a ritrattare la sua testimonianza. L esame potrebbe avvenire con vetro a specchio o a distanza, in videoconferenza, già prevista per le persone ammesse a protezione ex articolo 147 bis delle disposizioni di attuazione. Questa previsione normativa dovrebbe essere allargata. L incidente probatorio ha poi la sua durata: in questo periodo è importante che i soggetti rimangano in stato di custodia cautelare, perché se escono trovano il modo di contattare le ragazze anche quando sono all interno dei Centri. Dovrebbe sempre essere assicurata alla vittima la costituzione di parte civile. Può sembrare scontato e per noi di Lecce lo è, ma non è così in tutta Italia. Il procuratore aggiunto di Venezia, nel corso di un incontro, faceva presostegno, crea un rapporto di fiducia non solo con le associazioni, ma anche con le Istituzioni e può diventare un incentivo per u- na collaborazione giudiziaria successiva. Quali sono gli elementi da considerare per tutelare il più possibile la vittima di tratta, non solo per ragioni umanitarie, ma alla luce della sua preziosità ai fini del contrasto al fenomeno? È importante che la prostituzione non abbia rilevanza penale in relazione a chi la pratica proprio perché è importante che la vittima rimanga parte offesa. Criminalizzare la prostituta vuol dire svilire le sue dichiarazioni e dunque non voler combattere lo sfruttamento della donna vittima di tratta. In questo senso dar seguito ad eventuali proposte che accreditino in ambito governativo la perseguibilità del reato di prostituzione su strada sarebbe deleterio per il lavoro della magistratura. Occorrono poi ulteriori cautele processuali: ad esempio la notifica degli atti processuali dovrebbe essere senza indirizzo, in località note alle Forze dell ordine. Va poi riconosciuta l inadeguasente che in quel distretto raramente si assiste alla costituzione di parte civile della vittima. Questa a mio avviso non deve essere assistita da un avvocato d ufficio, ma da uno di fiducia, magari ricorrendo all espediente del gratuito patrocinio, deve cioè avere una tutela effettiva nel corso del dibattimento. A Lecce questo viene garantito dall associazione che l ha presa in carico. Le vittime di tratta vanno dunque protette Alla vittima di tratta si devono applicare le norme per la protezione dei testimoni di giustizia, di cui al decreto legge 15 gennaio 91 numero 8. Quante volte le vittime, soprattutto dell Est, mi hanno riferito di aver paura perché i loro familiari erano stati minacciati! In tale frangente mi sono sentita tremendamente impotente. Effettivamente, allo stato delle cose, non si può far altro che informare la vittima su questa effettiva e- venienza, poiché, per poter far fronte a tali situazioni, occorrerebbe una sostanziale e concreta strategia di collaborazione tra Stati. Finché le legislazioni tra i vari Stati, almeno a livello europeo, non saranno ravvicinate, noi potremo solo prendere atto di questo fenomeno senza poter intervenire in altro modo. Cosa possono fare di più le I- stituzioni? La provincia di Lecce ultimamente si sta costituendo come parte civile per il danno subito dal fenomeno. Essere assistita da un ente pubblico locale per la vittima di tratta è importantissimo! Ma dico di più: a mio avviso sarebbe auspicabile la costituzione in giudizio dell avvocatura dello Stato, in rappresentanza o del ministero dell Interno o del ministero delle Pari opportunità su cui grava in parte l onere finanziario del programma di quell articolo 18. Lo Stato deve schierarsi anche perché quel reato offende anche i suoi cittadini.

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