Regione Calabria Osservatorio Regionale Rifiuti

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1 Regione Calabria Osservatorio Regionale Rifiuti

2 L elaborazione e la stesura degli Indirizzi sono state curate da Miriam Gualtieri, coordinatrice delle attività dell Osservatorio Regionale sui Rifiuti. Hanno collaborato: Alessandra Costabile, per il capitolo sulla raccolta differenziata, Vincenzo Cotroneo, per il quadro normativo regionale e il glossario, e Antonino Demasi, per la stesura finale. Si ringraziano per i contributi forniti le Province e gli Osservatori Provinciali sui Rifiuti. La copertina è stata creata e realizzata da Mario Verta.

3 INDIRIZZI E LINEE GUIDA PER L ORGANIZZAZIONE E LA GESTIONE DEL SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI URBANI

4 INDICE PARTE I INTRODUZIONE CAPITOLO 1 CONTENUTI E FINALITA DEL DOCUMENTO 1.1 Il tema dei rifiuti pag Gli obiettivi del lavoro» I destinatari» La struttura delle linee guida» 10 CAPITOLO 2 - IL QUADRO NORMATIVO E PIANIFICATORIO DI RIFERIMENTO 2.1 Il quadro comunitario» Il quadro nazionale» Il quadro regionale» 11 PARTE II LA GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI CAPITOLO 1 - L OGGETTO DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI 1.1 La nozione di rifiuto» L elenco europeo dei rifiuti» La classificazione dei rifiuti» I rifiuti urbani» I rifiuti speciali» I rifiuti speciali assimilabili» I rifiuti pericolosi» 19 CAPITOLO 2 - LE ATTIVITA DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI 2.1 Introduzione» La raccolta» Il trasporto» Il recupero» Lo smaltimento» Lo stoccaggio» Lo spazzamento delle strade» Conclusioni» 21

5 CAPITOLO 3 - I SOGGETTI DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI 3.1 Introduzione pag Lo Stato» Il Commissario Delegato» ISPRA (ex APAT-ICRAM-INFS)» L Osservatorio Nazionale» L albo dei gestori ambientali» La Regione» L Osservatorio Regionale» ARPACAL» Le Autorità d Ambito» Le Province» Gli Osservatori Provinciali» OPR di Catanzaro» OPR di Cosenza» OPR di Crotone» OPR di Reggio Calabria» OPR di Vibo Valentia» I Comuni» I Corpi polizia» Le ONG» Il detentore e il produttore di rifiuti» 35 CAPITOLO 4 - GLI ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI 4.1 Il catasto» Il registro di carico e di scarico» Il formulario di identificazione» 39 PARTE III IL SERVIZIO DI GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI CAPITOLO 1 - LA DISCIPLINA DEL SERVIZIO 1.1 L affidamento del servizio» Il contratto di servizio» L organizzazione del servizio» Gli accordi e i contratti di programma» Conclusioni» 44 CAPITOLO 2 - LA TARIFFA PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI 2.1 Introduzione» 45

6 2.2 La definizione di tariffa» La determinazione della tariffa pag La tariffa dopo il D.Lgs. 152/2006» 45 PARTE IV STRATEGIE DI AZIONE CAPITOLO 1 - LA PREVENZIONE E LA MINIMIZZAZIONE DEI RIFIUTI 1.1 Introduzione» Definizioni» Obiettivi» Strumenti» Accordi volontari e di programma» Norme» Strumenti economici» Azioni informative e formative» Conclusioni» 54 CAPITOLO 2 - LA RACCOLTA DIFFERENZIATA 2.1 Introduzione» La raccolta differenziata in Calabria» Obiettivi e finalità della RD» Strutture a supporto della RD» Centri di raccolta» Impianti di valorizzazione» L organizzazione integrata del sistema delle raccolte» Raccolta dello scarto organico» Scarto di cucina» Scarto verde» Raccolta di carta e cartone» Raccolta della plastica» Raccolta del vetro» Raccolta di ingombranti» Raccolta di rifiuti urbani pericolosi» Raccolta di RAEE» Sensibilizzazione e informazione dei soggetti interessati» 63 GLOSSARIO» 65

7 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani - Parte I 7 PARTE I INTRODUZIONE CAPITOLO 1 CONTENUTI E FINALITA DEL DOCUMENTO 1.1 IL TEMA DEI RIFIUTI I rifiuti rappresentano un problema ambientale, sanitario, economico e sociale. Poiché la loro produzione è strettamente legata alla capacità produttiva di un Paese e ai comportamenti di consumo dei suoi cittadini, le politiche ambientali degli ultimi anni riconoscono l impossibilità di proteggere l ambiente e la salute umana in assenza di una loro corretta gestione. Quest ultima dovrebbe configurarsi come un processo caratterizzato dalla cooperazione e responsabilizzazione di tutti i soggetti coinvolti: da coloro che producono, distribuiscono, utilizzano e consumano beni, a coloro che, successivamente, provvedono al trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti che ne derivano. 1.2 GLI OBIETTIVI DEL LAVORO Il presente documento è stato redatto allo scopo di dare attuazione al disposto dell articolo 13, comma 1, lettera a) dell allegato B al Piano di Gestione dei Rifiuti della Calabria, che attribuisce alla Regione il compito di formulare indirizzi e linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani. I suoi contenuti costituiscono, quindi, una guida operativa di riferimento che tenta di risolvere i problemi di natura interpretativa e applicativa scaturenti dalla complessità della legislazione ambientale nazionale e regionale. Complessità intrinseca alla materia che ne è oggetto (si pensi alla sua vastità e trasversalità che rendono, ad esempio, difficile tracciarne i confini rispetto a materie come la tutela della salute, l urbanistica e il governo del territorio), alla quale si è aggiunta l incertezza sulla sorte della disciplina introdotta dal D.Lgs. 152/2006, impropriamente noto come Codice dell ambiente. Con l inizio della XV legislatura è, infatti, cominciato un lungo processo di revisione del decreto, ritenuto lesivo delle norme, dei principi comunitari e della stessa legge di delega. Alcune di tali censure sono confluite in ricorsi alla Corte Costituzionale e il decreto ha avuto un attuazione parziale e inadeguata, che ha lasciato in parte irrisolto il problema della disorganicità e della frammentarietà del quadro normativo ambientale. Inoltre, il nuovo disegno di legge per la revisione del Codice ambientale, approvato dal Consiglio dei Ministri nel mese di agosto del 2008, prevede la riapertura dei termini per revisioni ed integrazioni a seguito della sopravvenienza della direttiva quadro sui rifiuti e di quella sui reati penali ambientali. Accanto all obbligo normativo, sopra delineato, ne esiste un altro, che trova la propria ratio nella necessità di promuovere e diffondere nella collettività la cultura di uno sviluppo sostenibile. Detto altrimenti, un mondo sostenibile non può essere realizzato sino in fondo se non è concepito collettivamente. La sua immagine deve essere costruita nella mente di

8 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani Parte I 8 molti per essere completa e convincente. Per incoraggiare altri a unirsi all impresa 1. Le linee guida rappresentano anche un modo per onorare questo impegno. 1.3 I DESTINATARI Gli scopi e gli obiettivi delle linee guida sono stati definiti in funzione delle esigenze di due gruppi di soggetti: destinatari primari e secondari. I destinatari primari sono i soggetti che esercitano funzioni pubbliche in materia di gestione dei rifiuti, nonché i soggetti pubblici e privati che producono o detengono rifiuti. I destinatari secondari del presente documento sono i membri del pubblico, cioè quell insieme molto eterogeneo di attori al quale è ormai universalmente riconosciuto un ruolo fondamentale nei processi riguardanti l ambiente. Il perseguimento di una corretta gestione dei rifiuti richiede, infatti, l acquisizione di una maggiore consapevolezza del peso delle scelte che tutti, indistintamente, operano nei confronti dell ambiente. 1.4 LA STRUTTURA DI INDIRIZZI E LINEE GUIDA Le linee guida sono articolate in quattro parti. La prima (in cui è compreso il presente capitolo introduttivo) delinea il contesto in cui hanno avuto origine le linee guida e illustra, sinteticamente, il quadro normativo e pianificatorio nel quale si inserisce il servizio di gestione integrata dei rifiuti. La seconda parte, partendo dalla nozione di rifiuto, ripercorre le diverse fasi che costituiscono la gestione integrata e identifica i soggetti coinvolti nella produzione, nella gestione e nel controllo dei rifiuti, nonché gli adempimenti richiesti. La terza parte affronta la questione dell organizzazione del servizio, del suo affidamento, della tariffa e delle forme di cooperazione tra gli Enti locali. Infine la quarta parte suggerisce alcune strategie di azione in merito alla prevenzione e alla raccolta differenziata dei rifiuti. Il testo è arricchito da un glossario. 1 MEADOWS D. - RANDERS J., I nuovi limiti dello sviluppo, Mondadori, 2006.

9 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani Parte I 9 CAPITOLO 2 IL QUADRO NORMATIVO E PIANIFICATORIO DI RIFERIMENTO 2.1 IL QUADRO COMUNITARIO Nell ordinamento comunitario la gestione dei rifiuti è stata oggetto di un processo di revisione, che si è concluso con la recente approvazione della nuova Direttiva 2008/98/CE, sostitutiva, dal 12 dicembre 2010, dell attuale direttiva quadro sui rifiuti (Direttiva 2006/12/CE), della direttiva sui rifiuti pericolosi (Direttiva 91/689/CEE) e della direttiva sugli oli usati (Direttiva 75/439/CEE). Il documento fissa nuovi obiettivi in materia di riutilizzo e riciclaggio che gli Stati membri dovranno conseguire entro il Stabilisce una gerarchia nella gestione dei rifiuti, in base alla quale la prevenzione è la soluzione privilegiata, seguita dal riutilizzo, dal riciclaggio, da altre forme di recupero e, solo come ultima opzione, dallo smaltimento (questo, tuttavia, non impedisce agli stati membri di discostarsene, nel caso in cui ciò risulti necessario per flussi di rifiuti specifici in relazione agli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti in ordine alla fattibilità tecnica ed alla praticabilità). Ridefinisce il recupero, il riciclaggio e lo stesso concetto di rifiuto. Rafforza le disposizioni in materia di prevenzione dei rifiuti, imponendo l obbligo agli Stati membri di elaborare programmi nazionali di prevenzione dei rifiuti e alla Commissione di riferire sulle politiche di prevenzione. 2.2 IL QUADRO NAZIONALE La disciplina nazionale in materia di gestione dei rifiuti è caratterizzata da un progressivo adeguamento al sistema comunitario. Il fulcro normativo è rappresentato dal più volte citato D.Lgs. 152/2006. Come già detto, il decreto in questione non è un codice e nemmeno un testo unico. La legge di delega n. 308 del 2004 ha escluso, infatti, dalla delegazione legislativa diversi settori ambientali. Inoltre, il D.Lgs. 152/2006 non ha provveduto a disciplinare tutti quelli nei quali la Legge n. 308 del 2004 aveva delegato il Governo a riordinare, coordinare e integrare le disposizioni vigenti anche mediante la redazione di testi unici 2. In particolare, nella gestione dei rifiuti, cui è dedicata la parte quarta del decreto in questione, non si ritrova la disciplina delle discariche e quella dell incenerimento, rimaste rispettivamente nel D.Lgs. n. 36 del 2003 e nel D.Lgs. n. 133 del Ciononostante, l approvazione del cosiddetto Codice rappresenta un importante ed imprescindibile punto di partenza per la semplificazione normativa dell ambiente, indissolubilmente legata alla semplificazione funzionale e organizzativa dell Amministrazione ambientale. 2.3 IL QUADRO REGIONALE L attuazione a livello regionale delle politiche comunitarie e nazionali in materia di rifiuti, diretta conseguenza di una gestione non ordinaria del settore, quale è quella commissariale che perdura ormai da più di una dozzina di anni, è stata condotta dal 2 articolo 1, comma 1, della legge di delega.

10 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani Parte I 10 punto di vista normativo attraverso l emanazione di una serie di provvedimenti d urgenza, gli O.P.C.M. ed i conseguenti provvedimenti di adozione da parte del Commissario delegato per l emergenza, aventi la finalità di integrare, ove ritenuto necessario ed in assenza di riferimenti legislativi regionali, la norma nazionale. Dal punto di vista programmatico, l unico riferimento è rappresentato dal Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, approvato con O.C.D. n del 30 ottobre 2007 e pubblicato sul B.U.R.C. S.S. n. 2 al n. 20 del Parti I e II, è stato redatto a seguito della revisione ed aggiornamento del previgente PGR, di cui all O.C.D. n. 2065/2002. Tale rimodulazione, effettuata per dare attuazione ai disposti dell O.PC.M. 3585/2007 e concretezza all O.C.D. n. 5201/2006, con particolare riferimento all obiettivo del raggiungimento del 65% di RD entro il 2012, come previsto dall art. 205, comma 1, del D.Lgs. 152/06, ha permesso altresì di individuare, ad un quinquennio dall approvazione, sulla base dell analisi delle criticità relative all attuazione del Piano, ulteriori azioni finalizzate a migliorare il raggiungimento degli obiettivi prefissati dal PGR. Lo strumento di pianificazione che ne è derivato risulta articolato nelle seguenti sezioni. Nella prima, viene ricostruito il quadro normativo e programmatico di settore ai diversi livelli istituzionali (comunitario, nazionale e regionale). Segue la verifica dello stato dell arte e l analisi delle criticità relative all attuazione del previgente PGR. Sulla base della verifica del fabbisogno di impianti e discariche, è stato valutato il livello di raggiungimento degli obiettivi che il vecchio Piano si prefissava di raggiungere. I risultati dello studio hanno evidenziato le numerose criticità del sistema di smaltimento dei RSU, riguardanti sia l aspetto strutturale che quello funzionale. In particolare, le cause principali della ridotta attuazione delle previsioni del Piano sono imputabili a: deficit impiantistici causati dalla mancato completamento del sistema (mancata realizzazione dei previsti impianti tecnologici, delle stazioni di trasferimento e delle discariche); insufficienza della RD e mancato avvio della raccolta differenziata della frazione umida. L analisi della produzione dei rifiuti, poi, riporta le informazioni relative alla produzione e raccolta dei rifiuti (dati totali e pro capite, aggregati a livello provinciale sulla base dei dati merceologici), alle quantità di rifiuti indifferenziati avviati allo smaltimento (livello di aggregazione comunale e provinciale), nonché alle previsioni sulla produzione futura. Gli obiettivi del Piano, determinati sia sulla base dei criteri fissati dalla normativa di riferimento, che rispetto alle specificità del contesto regionale, sono stati formulati sulla base delle seguenti previsioni: Definizione dei criteri per l Individuazione degli Ambiti Territoriali Ottimali per i rifiuti urbani (ATO R), secondo i quali viene

11 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani Parte I 11 confermata la necessità di costituire cinque A.T.O. coincidenti con i territori amministrativi delle Province; Soppressione dell articolazione del sistema, prevista dal previgente PGR, in aree di raccolta; Dimensionamento del sistema di raccolta e smaltimento mediante la razionalizzazione ed il potenziamento della dotazione impiantistica di ciascun ATO; Gestione unitaria del sistema di RD per ciascun ATO. Con particolare riferimento all obiettivo del raggiungimento del 65% di RD al 2012, oltre al predetto potenziamento del sistema, il Piano ritiene necessario avviare anche una politica di incentivi e penalizzazioni nei confronti dei soggetti pubblici per indurli a soddisfare le condizioni imposte dalla norma. Lo scenario di riferimento (individuato mediante l analisi dei fabbisogni dell impiantistica, ovvero in relazione alle stime della produzione potenziale dei rifiuti) proposto dal PGR per il dimensionamento degli impianti tecnologici e delle discariche a servizio del sistema di raccolta e smaltimento dei rifiuti, evidenzia la necessità di rafforzare l approccio integrato nella gestione dei servizi attraverso la razionalizzazione ed il potenziamento dei sistemi di raccolta, domiciliare e stradale, nonché della rete delle strutture di conferimento. Per quanto concerne gli impianti tecnologici, il Piano, sottolineando l importanza del ruolo svolto dalla rete delle stazioni ecologiche e delle piattaforme ecologiche per la RD, dall impiantistica di recupero e valorizzazione delle diverse frazioni e dagli impianti di trattamento e smaltimento finale, ritiene opportuno valorizzare e, ove necessario, revampizzare gli impianti esistenti, nonché realizzare nuove strutture in grado di soddisfare le esigenze del territorio, confermando sostanzialmente le scelte impiantistiche del previgente PGR, ivi incluso il raddoppio della potenzialità dell unico termovalorizzatore presente in Regione. Con riferimento alle complessa ed annosa questione delle discariche, imprescindibilmente legata alle criticità del sistema di gestione, il PGR propone l attivazione di nuove discariche di servizio sulla base dell analisi dei fabbisogni condotta sia per le discariche necessarie alla gestione del transitorio, che per quelle, di lungo periodo, di servizio agli impianti. Le misure individuate a proposito del periodo compreso tra l approvazione del PGR e l attuazione di tutte le disposizioni in esso contenute, specie considerando le criticità del periodo transitorio (forma giuridica, costituzione e redazione degli strumenti di pianificazione degli ATO; realizzazione e messa in esercizio degli impianti previsti dal PGR e dai Piani d Ambito; raggiungimento degli obiettivi di RD minima; realizzazione di un sistema di raccolta/smaltimento mediante gestore unico per ogni ATO; ecc.) fanno riferimento alla necessità di disporre di una sufficiente capacità di carico del sistema. Secondo tali misure è necessario, nelle more della messa a regime delle previsioni di Piano, disporre di volumi di abbanco in discarica tali da garantire lo smaltimento di tutti i rifiuti prodotti e raccolti che non trovano adeguato trattamento negli impianti,

12 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani Parte I 12 facendo eventualmente ricorso all utilizzo di discariche di soccorso al sistema regionale, anche fuori Ambito. La localizzazione e realizzazione di tali discariche (almeno una per Ambito) è demandata ad ogni singolo ATO, per il tramite del gestore unico. Il PGR, al fine di favorire il superamento dello stato di transizione, prevede anche l implementazione di una serie di azioni di supporto al Piano stesso che si configurano in: iniziative di informazione e sensibilizzazione alle tematiche ambientali finalizzate sia alla diffusione delle problematiche legate alla produzione, raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti, che alla creazione del consenso pubblico sulle questioni inerenti la localizzazione di impianti e discariche; a proposito di tale argomento, le strutture del sistema regionale IN.F.E.A. continueranno a rivestire un ruolo di primo piano; misure di agevolazione, incentivazione e compensazione ambientale, la cui promozione è di notevole importanza per l avvio del sistema tariffario sui rifiuti. La corretta determinazione (di competenza dell Autorità d Ambito), nonché applicazione e riscossione delle tariffe (demandata al soggetto affidatario del servizio di gestione integrata), infatti, non può prescindere dalla previsione di specifiche azioni di fiscalità ambientale. Il Piano delle bonifiche, un documento specifico sui siti inquinati o potenzialmente inquinanti, redatto nell ambito del nuovo PGR, fornisce utili indicazioni sullo stato del territorio (molto critico a causa dei siti utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti che nella maggior parte dei casi già dismessi risultano essere in numero eccessivo rispetto ai fabbisogni regionali, erroneamente localizzati e quasi sempre sprovvisti delle necessarie opere di prevenzione dell inquinamento) e propone una serie di interventi di bonifica, formulati sulla base della classificazione dei siti e delle priorità di rischio ambientale ad essi attribuita, per risolvere le numerose criticità riscontrate (trattamenti in situ, off site o in site, mediante l utilizzo, ove possibile, di biotecnologie avanzate). A proposito del sistema integrato di gestione dei rifiuti speciali, inoltre, sono sostanzialmente confermate le linee programmatiche delineate dal previgente Piano secondo le quali, considerando che la gestione dei rifiuti speciali è affidata al privato (ovvero al produttore del rifiuto stesso), è necessario promuovere politiche di prevenzione per la riduzione della produzione e della pericolosità dei rifiuti come, ad esempio, la diffusione di innovazioni tecnologiche ambientalmente più sostenibili o l implementazione di SGA da parte delle imprese. Il PGR, infine, è coerente con il precedente strumento pianificatorio anche in riferimento alla problematica dell amianto, ribadendo la necessità di avviare le operazioni necessarie per la stesura del Piano Regionale Amianto, come disposto dall art. 10, comma 2, della L. 257/92. In conclusione, lo strumento redatto dall Ufficio del Commissario delegato per l emergenza ambientale nel territorio calabrese conferma la preesistente articolazione

13 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani Parte I 13 del territorio regionale nei cinque A.T.O. R e l utilizzo degli impianti di trattamento già previsti, determina il nuovo fabbisogno impiantistico per il trattamento dei rifiuti urbani in ciascun Ambito Territoriale (valutato sulla base dei tempi imposti per il raggiungimento degli obiettivi di RD minima al 65% entro l anno 2012 e delle stime qualitative, quantitative e sul trend relativamente alla produzione dei rifiuti) e propone le misure per il superamento del periodo transitorio. Lo strumento, inoltre, include il Piano per la bonifica dei siti inquinati, le indicazioni sul consolidamento del sistema di gestione dei rifiuti speciali ed, infine, le operazioni propedeutiche alla predisposizione del Piano Amianto. Il PGR sovrintende la programmazione nei singoli ATO da porre a base dello strumento dell organizzazione della gestione unitaria, il cosiddetto Piano d Ambito, che dovrà essere costituito dai seguenti atti : a) programma degli interventi; b) modello gestionale ed organizzativo; c) piano economico finanziario; d) piano tariffario.

14 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani - Parte II 14 PARTE II LA GESTIONE INTEGRATA DEI RIFIUTI CAPITOLO 1 L OGGETTO DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI 1.1 LA NOZIONE DI RIFIUTO L articolo 183, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 152/2006, riproponendo la definizione comunitaria di rifiuto, stabilisce che si deve considerare tale qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell allegato A dello stesso decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l obbligo di disfarsi. Tuttavia la sedicesima ed ultima categoria dell allegato A (qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate) sembrerebbe rendere superflua l elencazione dei precedenti quindici punti e, conseguentemente, pletorico l intero allegato. In realtà il criterio chiave per l applicazione della norma non risiede nella natura del rifiuto ma, piuttosto, nelle tre possibili azioni del detentore: questi può materialmente disfarsi dell oggetto (abbandonandolo), oppure averne l intenzione (ponendo in essere, in questo caso, inequivocabili ed evidenti azioni che svelino tale decisione) o, ancora, essere obbligato a disfarsene (ad esempio da una legge o da una P.A.). In conclusione, quindi, devono essere soddisfatte due condizioni perché si possa stabilire se una sostanza o un oggetto sia un rifiuto: la prima è che rientri in specifiche categorie; la seconda è che il detentore se ne disfi o abbia deciso o abbia l obbligo di disfarsene. 1.2 L ELENCO EUROPEO DEI RIFIUTI L elenco europeo dei rifiuti (noto come Cer) è trasposto nell allegato D alla Parte Quarta del D.Lgs. 3 Serve per identificare i rifiuti, sebbene l inclusione di un determinato materiale in tale elenco non implica che, in ogni circostanza, esso sia un rifiuto. La classificazione si applica, infatti, solo se il materiale corrisponde alla definizione di cui all articolo 1 della Direttiva 75/442/CEE, ossia alla definizione del paragrafo precedente. L identificazione del rifiuto avviene mediante un codice a sei cifre: le prime due individuano il capitolo, che corrisponde a categorie generali, ricavate in base all attività generatrice (capitoli da 01 a 12 e da 17 a 20), alle caratteristiche del materiale (capitoli 13, 14 e 15) o in modo residuale (capitolo 16); la seconda coppia di numeri indica il processo specifico all interno dell attività; infine le ultime due cifre individuano la singola tipologia di rifiuto. Sono ritenuti pericolosi i rifiuti contrassegnati con un asterisco. L attribuzione del codice avviene utilizzando la procedura disciplinata dal citato allegato D alla Parte Quarta del decreto. 3 Alcuni esperti ritengono che tale allegato contenga numerosi errori. Si veda, in proposito, la tesi della redazione della Rivista Rifiuti - Bollettino di informazione normativa.

15 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani - Parte II LA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI I rifiuti sono classificati, secondo l origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Tale classificazione è funzionale all attuazione della normativa, applicandosi un regime diverso, in considerazione dei rischi per l ambiente derivanti dalla loro gestione. 1.4 I RIFIUTI URBANI Ai sensi dell articolo 184, comma 2, del decreto, sono urbani i rifiuti: a) domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; b) non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi dall uso di civile abitazione, assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità; c) provenienti dallo spazzamento delle strade; d) di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d acqua; e) vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali; f) provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e). Pertanto, i rifiuti urbani si distinguono in rifiuti domestici (sempre assoggettati al regime dei rifiuti non pericolosi) e rifiuti non domestici (assoggettati al regime proprio delle eventuali caratteristiche di pericolosità che possiedono). 1.5 I RIFIUTI SPECIALI Ai sensi dell articolo 184, comma 3, del D.Lgs. 152/2006, sono speciali i rifiuti derivanti da: 1) attività agricole e agro-industriali; 2) attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall articolo 186 in merito alle terre e alle rocce di scavo; 3) lavorazioni industriali; 4) lavorazioni artigianali; 5) attività commerciali; 6) attività di servizio; 7) attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi; 8) attività sanitarie. E ancora sono rifiuti speciali: 9) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti; 10) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti; 11) il combustibile derivato da rifiuti.

16 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani - Parte II 16 Ai sensi dell articolo 188, comma 2, il produttore o detentore dei rifiuti speciali assolve i propri obblighi con le seguenti priorità: a) autosmaltimento; b) conferimento dei rifiuti a terzi autorizzati; c) conferimento dei rifiuti ai soggetti che gestiscono il servizio pubblico di raccolta dei rifiuti urbani, con i quali sia stata stipulata apposita convenzione; d) utilizzazione del trasporto ferroviario di rifiuti pericolosi per distanze superiori a trecentocinquanta chilometri e quantità eccedenti le venticinque tonnellate; e) esportazione dei rifiuti con le modalità previste dall articolo 194 in merito alle spedizioni transfrontaliere. 1.6 I RIFIUTI SPECIALI ASSIMILABILI I rifiuti speciali non pericolosi possono essere assimilati ai rifiuti urbani dai regolamenti comunali (art. 198, comma 1 e 2, lett. g) solo ai fini della raccolta e dello smaltimento (art. 195, comma 2, lett. e). I criteri qualitativi e quali-quantitativi per l assimilazione sono rimessi all emanazione di un apposito decreto del Ministro dell Ambiente. Nel frattempo, la Legge n. 244/2007 (Finanziaria 2008) ha stabilito che, in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuano ad applicarsi le disposizioni del D.Lgs. 22/1997, il cosiddetto Decreto Ronchi (art. 1, comma 184, lett. b), ferme restando, ovviamente, le esclusioni dettate dal D.Lgs. 152/2006. Pertanto, ai sensi dell articolo 195, comma 2, lett. e), non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive (cioè quelle in cui avvengono attività di trasformazione industriale e commerciale) nonché i rifiuti che si formano nelle strutture di vendita con superficie due volte superiore ai limiti di cui all articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998 (tali limiti corrispondono a una superficie di vendita inferiore a mq.150 nei comuni con meno di abitanti, e a mq. 250 nei comuni con più di abitanti) - n58http:// - n58. I rifiuti assimilati sono assoggettati al regime giuridico, organizzativo e di tariffazione dei rifiuti urbani, anche relativamente al divieto di smaltirli in altre regioni e alle relative deroghe (art. 182, comma 5 e art. 194, comma 2). La predetta tariffazione deve includere, nel rispetto del principio della copertura integrale dei costi del servizio prestato, una parte fissa, una variabile e una quota dei costi dello spazzamento stradale. E determinata dall amministrazione comunale tenendo conto anche della natura dei rifiuti, del tipo, delle dimensioni economiche e operative delle attività che li producono. La tariffa non si applica per gli imballaggi per i quali risulti documentato l avvio a recupero e riciclo tramite soggetti autorizzati (art. 195, comma 2, lett. e) e si riduce proporzionalmente alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero, sempre tramite soggetti autorizzati (art. 238, comma 10).

17 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani - Parte II I RIFIUTI PERICOLOSI Sono pericolosi i rifiuti non domestici, urbani e speciali, indicati espressamente come tali, con apposito asterisco, nell elenco europeo dei rifiuti (trasposto, come già detto, nell allegato D alla Parte Quarta del decreto), sulla base degli allegati G, H e I che elencano, rispettivamente, i rifiuti in base alla loro natura o all attività che li ha prodotti, ai costituenti che li rendono pericolosi e alle caratteristiche di pericolo. I rifiuti sono classificati pericolosi solo se le sostanze in essi contenute raggiungono determinate concentrazioni, tali da far diventare il rifiuto: esplosivo, comburente, facilmente infiammabile, infiammabile, irritante, nocivo, tossico, cancerogeno, corrosivo, infettivo, teratogeno, mutageno, capace di sprigionare gas tossici, suscettibile di dare origine ad altre sostanze con caratteristiche pericolose, ecotossico (allegato I). Conseguentemente, nell elenco europeo dei rifiuti sono presenti le cosiddette voci a specchio o speculari, quelle in cui una voce si riferisce al rifiuto non pericoloso e l altra allo stesso rifiuto, identificato come pericoloso in base al contenuto di sostanze pericolose. L onere della classificazione del rifiuto è a carico del produttore/detentore, poiché ritenuto dalla normativa vigente l unico soggetto che, avendo cognizione delle materie prime impiegate e del processo tecnologico nel quale le stesse sono utilizzate, conosce le caratteristiche dei rifiuti generati.

18 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani - Parte II 18 CAPITOLO 2 LE ATTIVITA DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI 2.1 INTRODUZIONE L articolo 183 del D.Lgs. 152/2006 definisce gestione integrata il complesso delle attività volte ad ottimizzare la gestione dei rifiuti, compresa l attività di spazzamento delle strade (comma 1, lett. bb) e definisce gestione il complesso delle seguenti attività: raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti, nonché controllo di queste operazioni e delle discariche dopo la chiusura (comma 1, lett. d). A tali attività corrisponde un diverso regime giuridico (regolamentazione, adempimenti, obblighi e sanzioni) che sarà illustrato in seguito. 2.2 LA RACCOLTA La raccolta consiste nel prelievo, nella cernita e nel successivo raggruppamento dei rifiuti. 2.3 IL TRASPORTO Il trasporto indica ogni operazione di movimentazione dei rifiuti, ad eccezione di quelle effettuate all interno di aree private. Ciò significa che solo quando i rifiuti vengono spostati da un sito di produzione o di deposito a un altro sito, esterno al primo, si può parlare di trasporto ai sensi della normativa vigente. Lo svolgimento delle attività di trasporto è subordinato all iscrizione all Albo dei gestori ambientali, secondo quanto previsto dall articolo 212 del D.Lgs. 152/2006. La norma prescrive anche alcune modalità di trasporto. Nel caso di rifiuti pericolosi, per esempio, occorre utilizzare il trasporto ferroviario per distanze superiori a trecentocinquanta chilometri e quantità eccedenti le venticinque tonnellate (art. 188, comma 2, lett. d). I rifiuti pericolosi, inoltre, devono essere imballati ed etichettati in conformità alle norme vigenti in materia (art. 193, comma 3). 2.4 IL RECUPERO Il recupero dei rifiuti, le cui operazioni sono elencate nell allegato C alla Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006, è regolato dall articolo 181 del decreto. Ai sensi di tale articolo, le autorità competenti favoriscono la riduzione dello smaltimento finale dei rifiuti attraverso: 1) il riutilizzo, il riciclo o le altre forme di recupero; 2) l adozione di misure economiche e la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l impiego dei materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi; 3) l utilizzazione dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia. 2.5 LO SMALTIMENTO Lo smaltimento dei rifiuti in Italia continua ad essere, purtroppo, una fase preponderante e non residuale della gestione dei rifiuti. Al fine di realizzare l autosufficienza, l articolo 182 del D.Lgs. 152/2006 vieta di smaltire i rifiuti urbani

19 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani - Parte II 19 non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali. Sono escluse da tale divieto le frazioni, oggetto di raccolta differenziata, destinate al recupero, per le quali è sempre permessa la libera circolazione sul territorio nazionale, con l obiettivo di favorire quanto più possibile il loro recupero. Nell allegato B del D.Lgs. 152/2006 sono elencate le operazioni di smaltimento, da eseguire senza pregiudicare la salute umana e l ambiente. 2.6 LO STOCCAGGIO Con il termine stoccaggio si indicano due diverse forme di deposito: quello preliminare (punto D15, allegato B, Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006) e quello di messa in riserva (punto R13, allegato C, Parte Quarta del D.Lgs. 152/2006). La differenza tra i due depositi sta nel fatto che il primo riguarda esclusivamente rifiuti destinati allo smaltimento, mentre il secondo i rifiuti destinati al recupero. Purché siano dettate da esigenze di trasporto e non superino le quarantotto ore, non rientrano nelle attività di stoccaggio: la sosta durante il trasporto dei rifiuti caricati per la spedizione all interno dei porti e degli scali ferroviari, delle stazioni di partenza, di smistamento e di arrivo, gli stazionamenti dei veicoli in configurazione di trasporto, nonché le soste tecniche per le operazioni di trasbordo. Il deposito temporaneo, poiché può essere effettuato solo prima dell operazione di raccolta, non fa parte della gestione dei rifiuti. Pertanto, a differenza del deposito preliminare e della messa in riserva, non richiede l autorizzazione. Il D.Lgs. 152/2006 precisa, ancora, che il deposito temporaneo dei rifiuti deve effettuato nel luogo in cui gli stessi sono prodotti. Quindi soltanto chi produce dei rifiuti può effettuare il deposito temporaneo senza l ausilio di autorizzazioni, purché il raggruppamento resti nel luogo di produzione, costituendone una sorta di prolungamento, nel rispetto di determinate condizioni. Da tutto ciò consegue che il mancato rispetto, da parte del produttore, delle suddette condizioni, che comprendono anche soglie di quantità e/o di tempo, delinea un operazione di gestione (che, in quanto tale, deve essere autorizzata) o uno stoccaggio o una discarica abusiva o un deposito incontrollato. In altri termini, il deposito incontrollato ricorre quando non sono rispettate le condizioni di deposito controllato (temporaneo, preliminare, messa in riserva, discarica autorizzata). Il suo concetto equivale, sotto il profilo sanzionatorio, a quello di abbandono, ma non a quello di discarica non autorizzata, che esige un attività sistematica ed organizzata. 2.7 LO SPAZZAMENTO DELLE STRADE Ai sensi dell articolo 183 lett. dd), lo spazzamento delle strade è la modalità di raccolta dei rifiuti su strada. I rifiuti provenienti da tale attività sono considerati rifiuti urbani (art. 184, comma 2, lett. c) e le spese da essa derivanti devono essere coperte dalla tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (art. 238, comma 3). 2.8 CONCLUSIONI La gestione dei rifiuti, comprendente le attività elencate nei paragrafi precedenti, deve essere integrata (art. 200, comma 1, lett. a). Sebbene l espressione integrata

20 Linee guida per l organizzazione e la gestione del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani - Parte II 20 non sia una novità 4, il D.Lgs. 152/2006 indica, con maggiore chiarezza che in passato, i criteri per conseguire una siffatta gestione: il superamento della frammentazione (art. 200, comma 1, lett. a), le adeguate dimensioni gestionali (art. 200, comma 1, lett. b), l ottimizzazione dei trasporti all interno dell ambito (art. 200, comma 1, lett. a), l unicità del governo d ambito attraverso l istituzione obbligatoria delle Autorità (art. 201, comma 2), l affidamento ad un unico soggetto dell insieme delle attività di gestione, compresa la realizzazione e gestione degli impianti (art. 201, comma 4, lett. a) e art. 202, comma 5). Tra tutti la prescrizione di affidare a terzi l intero servizio costituisce la novità più rilevante. 4 L articolo 19 del D.Lgs. 22/1997 definisce gestione integrata il complesso delle attività volte ad ottimizzare il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti.

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