COMUNICAZIONE RELAZIONE 3/2007. Numero speciale con allegato Gli alimenti e i farmaci ISSN

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1 Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del Sped. in abb. postale - Comma 20/C 2 L. 662/96 - Fil. di Pavia - IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TASSA - REINVIARE ALL UFFICIO PAVIA-FERROVIA Infermiere 3/2007 ap A V I A COMUNICAZIONE RELAZIONE Numero speciale con allegato Gli alimenti e i farmaci ISSN

2 E Campagne DITORIALE Infermiere a Pavia Rivista trimestrale del Collegio IP.AS.VI. di Pavia Anno XIX n. 3/2007 maggio-ottobre 2007 Editore Direttore Responsabile Capo Redattore Segreteria di Redazione Comitato di Redazione Collegio Infermiere professionali, Assiatenti Sanitarie, Vigilatrici d Infanzia della Provincia di Pavia Enrico Frisone Giuseppe Braga G. Braga O. Bonafè, G. Braga, M. Cattanei, S. Conca, S. Giudici, R. Rizzini, A.M. Tanzi Hanno collaborato C. Balzano, A. Busacca, A. Colombo, C. Doldi, a questo numero: N. Greco, S. Paladina, P. Ripa, I. Ritzu, P. Ronga, M.T. Visconti Tosco Impianti e stampa Gemini Grafica snc - Melegnano (MI) Direzione, Redazione, V'ia Volta Pavia Amministrazione Tel. 0382/525609, Fax 0382/ CCP n Stampata su carta patinata a basso contenuto di cloro certificata Iso 9706 I punti di vista e le opinioni espressi negli articoli sono degli autori e non rispettano necessariamente quelli dell Editore. Manoscritti e fotografie, anche se non pubblicati, non saranno restituiti. Registrazione presso il Tribunale di Pavia n. 355 del Spediz. abb. post. art. 2, comma 20, lettera C Legge 662/96 - Fil. Pavia La rivista è inviata gratuitamente agli iscritti al Collegio IP.AS.VI. di Pavia. Finito di stampare nel mese di ottobre 2007 presso Gemini Grafica snc di S. & A. Girompini, Melegnano (MI) Infermiere a Pavia pubblicitarie Più che un semplice fotografo, Oliviero Toscani è diventato ormai un sociologo che, nelle sue campagne pubblicitarie, denuncia vizi (secondo lui, virtù ) che gli italiani preferiscono nascondere, sollevando polemiche ogni volta che appare un suo scatto sui muri delle città. Il suo ultimo lavoro infatti, ha già scatenato divisioni e commenti. Ma forse è proprio questo lo scopo: stupire, scioccare, far pensare e fare parlare dei problemi. Basta Ricordare le memorabili campagne realizzate per United Colors of Benetton, in cui mostrava, senza pudori, un neonato con il cordone ombelicale ancora attaccato o un prete e una suona che si baciano, e molte sono le immagini al di fuori degli schemi. Preferendo non entrare nel merito di questa forte iniziativa da alcuni infermieri interpretata come offensiva, vorrei ricordare a tutti che chi ha protestato più veementemente contro l inziativa è stata invece la categoria medica, che attraverso le sue rappresentanze politicoscientificoistituzionalsindacali si indigna perchè è stata utilizzata l assistenza quale rappresentazione della sanità italiana escludendo la scientificità e l altissimo valore della complessità della medicina. Per chi già conosce la mia inarrestabile voglia di comprendere meglio i termini di una discussione, ma soprattutto per coloro che per la prima volta leggono questi editoriali, riporto testualmente l intervista di Oliviero Toscani alla presentazione della campagna che invito a leggere con estrema attenzione,. al fine di comprendere il messaggio pubblicitario oggetto della campagna. Vorrei una bella sanità. Vorrei una bella sanità fu la richiesta. E chiaro che una frase così a un italiano che legge i giornali tutti i giorni è spiazzante. Soprattutto è sorprendente detta da un ministro della sanità. E come me l ha detta, no lo devo dire, mi ha fatto sperare. Ma allora è possibile. Allora lo dice il ministro vuol dire che è possibile. Allora se è possibile diamoci da fare, eh, diamoci da fare e ho cominciato a pensare cos è la bella sanità? La bella sanità è non ammalarsi. Non ammalarsi, non costare niente allo stato. Un po come l assicurazione, uno la paga e spera che l assicurazione ti dia mai i soldi. No? Quindi la prima cosa è cercare un ottimismo. L ottimismo... dici sì va beh, sono sano, sono ottimista. Forse sono anche sano perchè sono ottimista. E io credo che quando si comincia a parlare di ottimismo sicuramente le malattie si abbassano. Non lo so se ci sono dei dottori qui ma la psico... malattia è molto... Quando si è tristi il paese diventa triste. Quando si è ottimisti... Ci sono stati dei momenti storici... tutti eravamo ottimisti. Lei è un po più giovane di me (Toscani si rivolge al Ministro Livia Turco) mi ricordo negl anni 60 avevo 18 anni cercavamo di metterla la creatività al potere, l immaginazione al potere. Va beh, l immaginazione, l ottimismo dell immaginazione. E, però dico, se fossi ammalato cosa farei, come sarebbe però? Beh insomma se sono ammalato arrivo in un ospedale, in un posto, un soccorso, vorrei avere un sorriso così che mi accoglie. Perchè quando arrivo lì a piedi, o magari peggio che a piedi, in barella o sull ambulanza se qualcuno mi sorride così forse avrei più energia, più medicamento personale per aiutare i medici a farmi guarire. Cioè se i medici o comunque la struttura della sanità avesse questo sorriso sarei più contento. E tutto questo ragionamento è stato fatto da un gruppo di giovani nella mia bottega dell arte che si chiama la Sterpaia nel parco di S. Rossore questa struttura che ci ha messo a disposizione la regione toscana. Tra l altro insomma regione toscana e sanità ci sono dei problemi... o no? No? No, bravi. Sono bravi anche con me. Martini è bravissimo. Quindi questo... è una campagna

3 Numero 3/ PAGINA fatta con dei giovani che dicono non vogliamo noi malati. Figuriamoci il giovane è immortale e non è mai ammalato. Quindi è il risultato proprio di una voglia. Di una voglia che però partita da un ministro della sanità e dice la bella sanità. Forse non è neanche giusto italiano dire la bella... la buona si dice. E questo è il risultato di una speranza. Però devo dire non è solamente il messaggio che la lei ministero è... avrei forse dovuto prendere una biondina (O. guarda il Ministro). Siamo noi che vogliamo essere così quando guardiamo la sanità. Io cittadino vorrei essere così quando vi guardo. La campagna è fatta per questa voglia, che ci sia questo rapporto di ottimismo e di speranza nel futuro. Ma è chiaro che scusi, non vorrei offendere nessuno ma il ministero dello sport è facoltativo, uno fa lo sport o non fa lo sport ma il ministero della sanità ha sempre dei casi un po gravi. Un po, sempre un po... non tanto. Uno arriva lì e non è che vada a divertirsi o a farsi i muscoli, va lì per altre ragioni. Lei gestisce sempre la parte difficile della vita... (Ministro questo è sicuro ) Ma chi glielo fa fare? Un bel ministero dello sport? (Toscani ride, l unico in aula che ride). No è bravissima perchè è coraggioso. Il coraggio di essere così (Toscani indica la bellissima campagna da lui ideata), con la sanità. E soprattutto stamattina che si leggono i giornali siamo diciottesimi. Ci vuol tanto ad arrivar primi. Adesso arriveremo primi. Dopo una campagna così quanto saremo? Sul podio! Va bene, speriamo. Grazie. Quali le impressioni? A mio parere, alcune frasi evidenziano la totale assenza di un concetto. Nemmeno il creativo sembra riuscire a descrivere quello che ha comunicato Affondo ancora di più il mio concetto proponendovi alcune considerazioni personali che possono aiutare a riflettere: Punto a) provo a spiegare cosa ho capito dell approccio alla comunicazione di Toscani con alcuni esempi campagna n 1). parlare bene dei ragazzi calabresi. esecuzione: foto di ragazzi calabresi che sorridono (e basta) campagna n 2 ) parlare di anoressia. esecuzione: foto di un anoressica (e basta). campagna n 3) brief: parlare di bella sanità. esecuzione: foto di una bella sanitaria (e basta). nel (pensiero?) di Oliviero toscani su mandato del Ministro della Salute: VOGLIO UNA BELLA SANITA! Abbiamo bisogno di pubblicità sempre più stupide? o siamo noi sempre più aperti o meglio annoiati, saturi? Siamo noi (tutti) che siamo cambiati?. Un tempo era la trasgressione e l inaccettabile (Benetton), poi oscenità e soft porno (Sisley) e così via... ed oggi forse siamo di fronte a cinismo, ego e sopravvivenza del singolo. Non so se Toscani avesse intenzione di trasformare veramente in immagine il pensiero del governo (costo campagna 1,5 milioni di euro) e veicolare un messaggio stgereotipato : VA TUT- TO BENE SIAMO ANCHE BELLI, ma quel sorriso così finto, statico, plastico, mi fa pensare agli ospedali delle Barbie, a quei posti finti, dove non si respira nè la vera sofferenza umana nè il suo contrappeso, ovvero la versa capacità di empatia e professionalità degli infermieri. Toscani fa quello che sa fare. Andava bene anni fa, ora permettemi stanca. Credo che tutte le sue immagini stiano perdendo il punto centrale di comunicare, o meglio: è cambiato il significato di comunicare. Noi ormai abbiamo creato la nostra difesa immunitaria contro questo controllo, questa comunicazione. Perdendo di vista importanti valori osannando un guru della comunicazione shock che ormai ha fato il suo tempo. Stiamo gettando via importanti stati d animo che ci distinguono da un numero in una tabella di excel... [...quanto vorrei sbagliarmi...] P.S: perdonate la lunghezza ma per scusarmi ecco uno dei tanti dati prodotti dal Ministero sul perché la nostra sanità sia la più bella.. Il Presidente Enrico Frisone Punto b) proviamo ad analizziamo il layout della campagna. Il carattere della scritta:...ricorda tipico font utilizzato sulle casse di legno che vengono spedite in guerra e sui mezzi militari. Uno stencil, il massimo richiamo alla guerra. Oltretutto ROSSO Sangue. La modella? Una espressione finta, una divisa che tutto ricorda tranne quella delle vere infermiere che troviamo negli ospedali. Il copricapo? Direi che forse la signorina è svizzera, oppure, per festeggiare 30 anni di buona sanità, il noto artista ha utilizzato tutti elementi che di italiano non hanno nulla e soprattutto ricordano molto da vicino icone legate alla guerra e, attenzione, alla CROCE ROSSA!!! Io non mi indigno per la rappresentazione dell infermiera stereotipata, io non voglio un infermiere scienziato o altre banalità ormai superate che mi ricordano molto il talebanursing Voglio con voi andare oltre e ragionare sul senso del messaggio e sul senso delle immagini che lo veicolano

4 4PAGINA Infermiere a Pavia L Infermiere e l anziano: parole e gesti per interagire con la terza età * Silvia Giudici L esigenza di comunicare e di socializzare riguarda tutte le generazioni. Quelle più giovanili ne hanno fatto bandiera mediante la realizzazione di centri sociali, di circoli ricreativi, di luoghi di ritrovo nei quali la creatività e la fantasia colmano il vuoto umano che le nuove tecnologie informatiche tendono ad annullare o a sottovalutare. I soggetti maggiormente colpiti dell assenza o da una difficile comunicazione, intesa come scambio affettivo e professionale, sono quelli più rappresentati in termini numerici tra la popolazione. Ormai non sono più i giovani ad occupare lo spazio di interesse dei professionisti e dei media. L interesse per la persona anziana prende sempre più spazio e da esigenza comunicativa è diventata una necessità professionale. Basta dirigersi presso il proprio medico di famiglia o presso uno specialista per scoprire che le sedie per l attesa sono quasi sempre occupate da persone anziane. Si dice da più parti che queste persone non hanno molto spesso l esigenza di una cura medica, bensì di un appoggio psicologico, di una persona che dimostri di prendersi cura di loro. Se da una parte il mercato ha orientato ed adeguato il proprio trend alle esigenze degli anziani, gli operatori geriatrici, compresi gli Infermieri, hanno modulato il proprio approccio comunicativo alle richieste della terza età? Ovvero, in termini semplicistici, hanno imparato a trattare con le persone anziane? Quanto segue vuole rappresentare uno strumento di rapida lettura che orienti gli operatori verso un più corposo percorso formativo e che stimoli in loro il desiderio di acquisire nuove competenze nei confronti delle relazioni che andranno ad instaurare nell ambito della propria professione. L umanizzazione del rapporto rassicura non solo l anziano ma anche l operatore. Questa realtà di solito delinea la differenza dello stare e del sentirsi rispetto l altro. Ma quando si ha a che fare con la soffe- I n d i c e Spazio concentrato L infermiere e l anziano: parole e gesti per interagire con la terza età Il rapporto infermiere-paziente e la comunicazione terapeutica La competenza comunicativa nell interazione Infermiere-Paziente L esperanto della professione infermieristica Pensieri di carta Io c ero Sclerosi Laterale Amiotrofica Coordinamento dei Collegi IP.AS.VI. Regione Lombardia La... mancata... applicazione del D.Lgs. 66/ Il tentato suicidio negli adolescenti e giovani adulti Aggiornamento Aggiornamento in Italia A proposito di Comunicazione, Relazione e La comunicazione delirante La comunicazione assertiva Tra narrazione e riflessività Recensione: La ricerca infermieristica, manuale introduttivo Lettere aperte

5 Numero 3/ PAGINA renza umana non c è niente di più facile che entrarvi dentro, immaginarsi quello che l altro vive con l esperienza del proprio modo di vedere, che a poco a poco può determinare quel trasferimento sotterraneo di affetti e di ansietà che modificheranno il proprio modo di sentirsi dentro. L esigenza di comunicare, la ricerca di un contatto e la richiesta di un colloquio nell ambiente più disparato, ha portato numerosi ricercatori a sostenere tout court che la persona anziana soffra di solitudine e di isolamento se non di una vera e propria condizione di emarginazione. La solitudine, o stato di essere solo, è una condizione della vita che produce senza ombra di dubbio una qualche forma di sofferenza mentale. Fin che è desiderata (tipica di chi si ritira in forma temporanea per bisogno di riposo o per concentrarsi nella risoluzione di questioni politiche, filosofiche, scientifiche, ecc.) non comporta grossi problemi. Non va tuttavia confusa con il bisogno di vita privata, perchè quando si protrae a lungo si collega in genere con la tendenza all isolamento. Ma se è forzata (come nel caso di prolungate e copiose sanzioni punitive del bambino, o l isolamento senile dell anziano) sicuramente conduce a disordini neurotici. Quando l isolamento è vissuto in famiglia o in una comunità, la causa di questa condizione va ricercata nelle relazioni tra i loro componenti. L essere presenti nella quotidianità di un anziano significa farlo sentire vivo, utile, appagato del suo presente e passato. La capacità del contatto umano, il toccare o stringere la mano, il dare una pacca sulla spalla, l accarezzare il viso ed i capelli, danno il senso dell interesse della relazione operatore-paziente, percorso emotivo positivo. E a questo punto che si richiede di avere delle tecniche, di far riferimento a delle teorie necessarie per rompere un fuorviante coinvolgimento e soprattutto per verificare quello che sta succedendo a sé stessi e al proprio impegno quotidiano. Dalla comunicazione, dall impegno a seguire gli altri si giunge ad ascoltarsi, a scrutarsi dentro, in modo da ricercare le stimolazioni che rendono più utile e gratificante la nostra vita. Ascoltare e comprendere appieno le persone senza tener conto della gestualità che queste utilizzano vuol dire mettere la comunicazione umana al livello protocollare e formale, quale lo scambio comunicativo tra ambasciatori e sovrani. Nel caso di anziani ospedalizzati, la prima cura che l Infermiere deve avere è quella di usare attenzione, interesse e pazienza. Bisogna infatti sottolineare come l anziano è più lento a mutare le proprie abitudini e che il suo tempo di adattamento alla routine istituzionale è più lungo. Occorre non imporgli in maniera drastica una sequenza di obblighi ma aiutarlo ad inserirsi gradatamente. Se l anziano deve ricordarsi di qualcosa, come ad esempio le medicine o l osservanza del digiuno, l operatore sanitario può lasciargli messaggi scritti, il più sintetici e semplici possibili, verificando la loro lettura e comprensione. Più il paziente capisce e ricorda ciò che deve fare e più può partecipare attivamente al rapporto terapeutico. In alcuni casi il degente anziano può manifestare evidenti segni di regressione e assumere atteggiamenti di forte dipendenza, anche affettiva. Altre volte può essere verbalmente e fisicamente aggressivo e manifestare così la propria insoddisfazione contro tutto e tutti. Occorre che l Infermiere non risponda con troppa accondiscendenza, viziandolo troppo, né che reagisca bruscamente alle sue rimostranze. Molto spesso l anziano ricorda il passato, magari ripetendo più volte le stesse cose. L operatore sanitario non deve mostrarsi disinteressato o impaziente, ma deve favorire episodi nuovi, che non siano già stati raccontati. Infatti ricordare il passato può aiutare l anziano a considerare che ha vissuto una vita piena di eventi, sia positivi che negativi, ed accettare la situazione attuale. Molti anziani vogliono conoscere gli avvenimenti del mondo e ciò può costituire un buon argomento di conversazione. Televisione, radio e giornali possono essere strumenti di aiuto. La perdita delle abitudine di vita, il peso degli anni che si porta addosso, lo stato di solitudine, la paura della morte, portano l anziano a lasciarsi andare. Difficoltà alla concentrazione, ridotta attività fisica, mutismo, mancanza d appetito, perdita degli interessi, sonnolenza, sono i segni tipici di questa condizione. L Infermiere deve intervenire subito cercando di allontanare questi sintomi. Lodare le sue azioni, complimentarsi del suo attuale aspetto (figura, pettinatura, profumi, vestiti), possono aiutare senz altro ad instaurare un rapporto terapeutico. Porsi con modalità e competenze tecnico-scientifiche, mostrarsi e dimostrarsi disponibili alla comunicazione, sviluppare una relazione di aiuto empatica, non fanno altro che rassicurare il rapporto Infermiere/Anziano, Paziente/Servizio. Solo con la formazione degli operatori e dei familiari è possibile trasformare un colloquio da un puro esercizio di parola alla parola che combatte la sofferenza e la soli- tudine dell anziano. Come approfondimento di questa tematica consiglio la lettura di La comunicazione terapeutica, interazione infermierepaziente di R. Macchi - edizioni Sorbona. Buona lettura e coinvolgimento! Bibliografia - Antonini F.M., Magnolfi S. (2003). L età dei capolavori. Venezia. Marsiglio Editore. - Barucci M. (2000). Psicogeragogia: mente, vecchiaia, educazione. Torino. UTET Libreria. - Cefis F. (2005). Il mestiere di vivere. L arte di invecchiare. Treviglio (BG). IKO- NOS Editore. - Cesa Bianchi G., Cesa Bianchi M., Cristini C. (2000). Anziani e comunicazione tra salute e malattia. Milano. Mediserve Editore. - liopoulos C. (1998). Assistenza all anziano. Firenze. USES Edizioni. - Florenzano F. (2000). Manuale per la comunicazione con l anziano. Roma. Edizioni dell Università Popolare. - Hersen M., Van Hasselt V.B. (2001). Trattamenti psicologici nell anziano. Milano. McGraw-Hill Editore. - Marchi R. (1999). La comunicazione terapeutica. Milano. Edizioni Sorbona. - Tammaro A.E., Casale G., Frustaglia A. (2000). Manuale di Geriatria e Gerontologia. Milano. McGraw-Hill - Vergani C. (2002). La nuova longevità. Milano. Mondadori Editore. L autore * Infermiera Neuroriabilitazione I - Fondazione Salvatore Maugeri Pavia

6 6PAGINA Infermiere a Pavia Il rapporto infermiere-paziente e la comunicazione terapeutica * Silvia Giudici zare una realtà comunicativa simbiontica con la nostra professione e cioè il sistema comunicativo sanitario. I servizi sanitari, come quelli sociali, possono essere considerati come un insieme di persone che comunicano con altre persone e quindi, esistendo tra essi oggetti, attributi e relazioni, come un sistema. Nel sistema ospedale gli operatori sanitari, i pazienti e le loro famiglie, sono componenti del sistema, così pure le relazioni tra le persone e quindi il giro visita, le attività infermieristiche, le visite dei parenti e tutti i fenomeni psicosociali che avvengono al suo interno. La parola comunicare, come già spiegato nel numero precedente della rivista Infermiere a Pavia, deriva dal latino communicare, verbo che ha il suo sostantivo in communis e che significa mettere in comune. Nella concezione moderna del termine, comunicare significa anche trasmettere. Per lo studioso Verderber la comunicazione infatti è il processo di inviare e ricevere messaggi. Un emittente stimola un significato nella mente di un ricevente per mezzo di un messaggio trasportato da simboli. Il ricevente risponde al messaggio mentalmente o fisicamente. La comunicazione è quindi un processo con il quale i messaggi vengono scambiati tra persone attraverso un comune sistema di simboli o comportamenti. Il messaggio può essere un informazione, un pensiero, o un sentimento. Il processo ha buon esito quando il messaggio è trasmesso, ricevuto e compreso con efficacia (Anderson). Svariati campi del sapere (filosofia, linguistica, semiotica, sociologia, psicolinguistica, psicologia, psichiatria) hanno elaborato teorie e modelli sulla dinamica della comunicazione. Non mi soffermerò su questi concetti tecnici, egregiamente riportati sui più illustri testi scientifici, ma cercherò di analiz- In questo sistema l Infermiere ha frequenti contatti interpersonale con un altro ben specifico e particolare: il paziente. Qui il rapporto non può essere passivo ma è necessariamente fatto di attese, di responsabilità e di azione. In questo tipo di rapporto l Io diventa uno strumento elettivo. Questo comporta difficoltà e rischi ben più numerosi che in altri tipi di rapporti professionali perché, oltre a comunicare, infermiere e paziente interagiscono in termini psicodinamici. Si tratta di una relazione d aiuto a favore del malato e del suo stato di benessere ed autonomia. Si tratta di un rapporto supportivo tra due persone che ricoprono livelli paritetici, anche se diversi, ovvero un esperienza d apprendimento per la quale due persone entrano in interazione per affrontare un problema sanitario immediato, per collaborare, se possibile, alla sua risoluzione e trovare dei modi adeguati alla situazione. S tratta quindi di una relazione di collaborazione il cui obiettivo è il superamento dei problemi di salute. Per quanto riguarda il raggiungimento dell autonomia, vi possono essere dei momenti in cui il malato è totalmente dipendente e altri in cui la dipendenza è minore. L Infermiere deve agire in modo tale che il paziente raggiunga il maggior grado possibile di autonomia. Attualmente il rapporto supportivo è considerato il miglior tipo di relazione terapeuticamente valida tra infermiere e paziente. Alla base del rapporto supportivo ci sono fiducia, empatia, simpatia, interessamento, reciprocità, ma anche preparazione, esperienza e dispendio di tempo ed energie. Ci sono alcune tecniche che facilitano la comunicazione, che incoraggiano ad esprimere sentimenti e pensieri ed ottenere così un efficacia terapeutica. Nell attività dell operatore sanitario è molto importante un attivo atteggiamento di ascolto, che permette di raccogliere informazioni e individuare i sentimenti dei paziente. Ascoltare attentamente le persone costituisce la prima attività da compiere per poter apportare aiuto. L ascolto ci favorisce in due modi: innanzitutto ci aiuta a raccogliere informazioni e poi crea, appunto, i presupposti per una buona comunicazione terapeutica. Sicuramente ascoltare non è così semplice come sembra. Bisogna perciò prepararsi a questo processo. Prima di tutto occorre un ambiente che faciliti la comunicazione dal punto di vista fisico e sociale. Bisogna prevedere un adeguata disponibilità di tempo per evitare la fretta che sicuramente non giova a questo tipo di attività. Occorre inoltre prestare attenzione all altro ed è perciò importante mantenere il contatto visivo, conservando una distanza personale. Questo favorisce l attenzione non solo verso la comunicazione verbale dell interlocutore ma anche verso quella non verbale. Per prestare attenzione all altro occorre che l operatore sanitario dimentichi i propri problemi personali. Diversi studiosi, tra cui Kath e Cannell, sostengono che un ostacolo alla comunicazione consiste nel fatto che tutti noi, avendo una lunga pratica di comunicazione nel quotidiano, non ascoltiamo realmente quello che ci viene detto perché presumiamo già saperlo. Praticamente noi NOTE DI SEGRETERIA Ricordarsi di far pervenire in Collegio, di volta in volta, copia dei crediti formativi ECM inerenti i corsi di aggiornamento effettuati per l aggiornamento della banca dati

7 Numero 3/ PAGINA udiamo solo ciò che vogliamo e ascoltiamo tutto quello che coincide con le nostre intenzioni, mentre non ascoltiamo più nel momento in cui presumiamo di conoscere la persona che sta parlando. Tutto ciò è negativo perché così facendo si valutano in maniera errata gli altri e i loro discorsi. Si tratta di un comportamento di non ascolto o di cattivo ascolto. Un atteggiamento di ascolto attivo richiede invece energia e concentrazione da parte dell Infermiere. Il feedback, o messaggio di ritorno, dipende dall atteggiamento di ascolto impostato. Infatti con l atteggiamento di ascolto si aiuta il paziente ad esprimersi. E quindi opportuno lasciargli ampia libertà d espressione per evitare che, con domande brusche o troppo tecniche, si perda un importante possibilità di instaurare una comunicazione terapeuticamente valida. Vediamo ora qualche esempio di applicazione pratica delle tecniche di comunicazione terapeutica infermiere-paziente. L OSPEDALIZZAZIONE Quando il paziente arriva in reparto l Infermiere è tenuto a questa procedura: - conosce già il nome del malato, i suoi problemi e prescrizioni (tutto questo può essere desunto dalla cartella clinica); - cerca di essere il più chiaro possibile, senza affannarsi inutilmente e, soprattutto, parla di ciò che si sta facendo e i motivi del suo agire; - chiede notizie personali (ad esempio: i motivi del ricovero e degli esami diagnostici, l uso di protesi, di disturbi visivi ed acustici, le persone con cui abitualmente il paziente vive a casa, le scuole frequentate, l abitudine a leggere giornali e riviste, l assunzione abituale di farmaci e il gradimento a ricevere visite); - se il paziente non è solo in camera presenta gli altri malati; - fornisce informazioni sulla struttura (dislocazione dei servizi) e sulle abitudini dell ospedale (orari dei pasti, delle visite, ecc.); - controlla se le informazioni date sono state tutte comprese. L INIZIO DEL RAPPORTO Una volta che l Infermiere si è presentato al paziente il suo compito è di iniziare ad instaurare un rapporto diretto, franco e costruttivo. Per questo occorre un primo approccio in cui: - si assicura che il luogo, la stanza, sia adatta allo scopo; - spiega al paziente che tipo di assistenza gli fornirà; - fissa gli obiettivi dell interazione e le modalità degli incontri (scadenza, orari, durata e luogo) assieme al malato, allo scopo di soddisfarne i bisogni; - chiede al paziente se ha qualche domanda da fare; - lo incoraggia a parlare delle proprie impressioni; - lo invita a parlare e a chiedere ciò di cui necessita o, comunque, a comunicare quando ne abbia voglia o bisogno; - offre la sua collaborazione, anche futura, per chiarire ed eventualmente risolvere i problemi di carattere amministrativo che si possono presentare al malato ed ai suoi familiari; - è molto attento al comportamento del paziente, senza però dare impressione di spiarlo ; - quando lo lascia gli comunica quando tornerà e, succintamente, gli ricorda cosa succederà nel frattempo (visita del medico, pasto o digiuno, esami diagnostici ed altro). IL RAPPORTO Quando il primo approccio ha avuto luogo negli altri incontri, l Infermiere ha il compito di incoraggiare il paziente a descrivere i propri sentimenti, esperienze e bisogni: - si assicura che il luogo dell incontro sia adeguato allo scopo; - mantiene sempre un atteggiamento di disponibilità e partecipazione; - controlla e non manifesta il proprio nervosismo causato dal carico di lavoro; - mantiene la congruenza tra la sua comunicazione verbale e quella non verbale; - controlla il proprio linguaggio, usa affermazioni non troppo decise (possibilmente non banali) e propone domande aperte: lo scopo è quello di incoraggiare il paziente ad esprimere i propri sentimenti, esperienze e bisogni senza avere condizionamenti; - se qualcosa non è chiaro o il paziente fa fatica ad esprimersi, lo aiuta, con pazienza e disponibilità, a manifestare i suoi sentimenti e le sue idee; - se intuisce qualcosa di inespresso ma che è utile chiarire, suggerisce le parole, fornendone una serie tra cui il paziente può scegliere; - è attento non solo a quanto il paziente dice ma a tutte le sue espressioni paraverbali e non verbali; - non mostra di aver fretta o di essere costretto ad eseguire un compito, un dovere ; se deve lasciare il paziente, è meglio che gliene comunichi i motivi; - è il più possibile sincero: non mente; in caso contrario, se venisse scoperto perderebbe la fiducia del paziente e avrebbe molte difficoltà a riacquistarla (ricordiamo che la fiducia è alla base del rapporto terapeutico); - è molto attento a rispettare lo spazio personale del malato; - non esprime giudizi di valore; - controlla se il rapporto prosegue sulla linea degli obiettivi fissati; - cerca di rispettare il più possibile le modalità di attuazione degli incontri; - se è il caso propone modifiche agli obiettivi e alle modalità di attuazione accettando quelle del malato, se motivate; - se si accorge che, nonostante la buona volontà, non riesce ad essere d aiuto al paziente deve cercare di farsi sostituire da chi ritiene più capace, spiegando però i motivi di questo cambiamento al malato. IL COLLOQUIO-INTERVISTA Il colloquio-intervista costituisce una modalità privilegiata di comunicazione e viene utilizzata dagli operatori di diversi ambiti (strutture sanitarie, scuole, aziende, famiglie, ricerche di mercato e di orientamento). Ne esistono moltissime definizioni che possono sostanzialmente raggrupparsi in due concetti di base: - interrogazione: mezzo per dare e ricevere informazioni e notizie; - relazione: mezzo per stabilire una relazione interpersonale i cui partecipanti sono l intervistatore e l intervistato. Si può dire che il colloquio-intervista è un mezzo di diagnosi e di intervento che implica e comprende in ogni caso una interrogazione e un rapporto e si declina sempre sulla base di tali due componenti. L interrogazione (esplicita o implicita che sia, ancorché negata) è diretta a conoscere determinati aspetti passati o presenti della vita del soggetto e a trarre una conoscenza e/o un cambiamento del suo comportamento; il rapporto (anch esso esplicito o implicito che sia, ancorché denegato) è diretto allo scopo di avere un contatto interpersonale con l interlocutore che implichi o meno una diagnosi conoscitiva dichiarata o sottintesa e/o un cambiamento del suo modo di essere (Trentini). Considerato questo punto di vista i termini di colloquio e di intervista possono essere usati come sinonimi. E molto difficile realizzare una tecnica soddisfacente per valutare le caratteristiche, la qualità e l efficacia di un processo di comunicazione terapeutica. E comunque necessario trovare dei parametri che permettano di variare i comportamenti

8 8PAGINA Infermiere a Pavia adottati e le tecniche utilizzate. Pianificare, attuare, valutare, modificare: una sfida per l Infermiere, tuttavia necessaria per promuovere,da una parte, lo stato di benessere psicofisico del paziente e, dall altra, la crescita personale e professionale degli operatore sanitario Tabella Crediti E.C.M. Triennio Bibliografia - Antonini F.M., Magnolfi S. (2003). L età dei capolavori. Venezia. Marsiglio Editore. - Barucci M. (2000). Psicogeragogia: mente, vecchiaia, educazione. Torino. UTET Libreria. - Cefis F. (2005). Il mestiere di vivere. L arte di invecchiare. Treviglio (BG). IKO- NOS Editore. - Cesa Bianchi G., Cesa Bianchi M., Cristini C. (2000). Anziani e comunicazione tra salute e malattia. Milano. Mediserve Editore. - Eliopoulos C. (1998). Assistenza all anziano. Firenze. USES Edizioni. - Florenzano F. (2000). Manuale per la comunicazione con l anziano. Roma. Edizioni dell Università Popolare. - Hersen M., Van Hasselt V.B. (2001). Trattamenti psicologici nell anziano. Milano. McGraw-Hill Editore. - Marchi R. (1999). La comunicazione terapeutica. Milano. Edizioni Sorbona. - Tammaro A.E., Casale G., Frustaglia A. (2000). Manuale di Geriatria e Gerontologia. Milano. McGraw-Hill - Vergani C. (2002). La nuova longevità. Milano. Mondadori Editore Programma E.C.M. per il triennio Conferenza Stato-Regioni 1 Agosto 2007 Riordino del Sistema di Formazione Continua in Medicina Crediti per il triennio In data 1 Agosto 2007 è stato siglato l'accordo Stato-Regioni concernente il "Riordino del Sistema di Formazione Continua in Medicina". Nell'accordo è riportato, tra l'altro, che ogni operatore sanitario deve acquisire 150 crediti formativi nel triennio secondo la seguente ripartizione: 50 crediti/anno (minimo 30 e massimo 70 per anno) per un totale di 150 nel triennio In particolare, dei 150 crediti formativi del triennio almeno 90 dovranno essere "nuovi" crediti, mentre fino a 60 potranno derivare dal riconoscimento di crediti formativi acquisiti negli anni della sperimentazione a partire dall'anno 2004 al Le misure legate agli incentivi e/o sanzioni che interverranno in ordine all'acquisizione dei crediti formativi saranno adottate e rese note a seguito di un confronto con i soggetti interessati (parti sociali, organizzazioni di categoria). Infine il programma di sperimentazione è stato prorogato fino al 31 dicembre Crediti Minimo Massimo NOTE DI SEGRETERIA L autore * Infermiera Neuroriabilitazione I - Fondazione Salvatore Maugeri Pavia Si ricorda a tutti gli iscritti che, a inizio anno, è stato inviato il bollettino MAV per il pagamento d iscrizione all Albo. Il pagamento doveva essere effettuato entro il 28/02/2007. Chi non ha ancora provveduto al pagamento è invitato a effettuarlo nel più breve tempo possibile, onde evitare sanzioni. Si ricorda che il mancato pagamento della quota annuale comporta l impossibilità da parte della segreteria al rilascio di alcuna certificazione eventualmente richiesta. Chi non avesse ricevuto il bollettino MAV per l anno 2007, o l avesse smarrito, deve rivolgersi immediatamente alla segreteria del Collegio per l emissione del MAV sostitutivo.

9 Numero 3/ PAGINA La competenza comunicativa nell interazione Infermiere-Paziente Estratto da La Competenza Comunicativa nell interazione Tecnico-Paziente Tesi di Laurea in Tecnico in Neurofisiopatologia * Maria Teresa Visconti Tosco Introduzione Compito fondamentale dell Infermiere è quello di ottenere nelle applicazioni delle attività tecniche, risultati ottimali, e di offrire al paziente un risultato ineccepibile, che possa essere accettato pienamente dallo stesso. Ma oltre alle capacità tecniche relative alla professione, per l Infermiere, è importante la capacità di interagire con il paziente. Il risultato finale dell attività è la somma non solo di componenti tecniche, ma anche del contributo fornito dal paziente attraverso il suo grado di rilassamento, di fiducia e di partecipazione psicologica. Rientra nella professionalità dell Infermiere la capacità di mettere il paziente a proprio agio al fine di acquisire informazioni utili e favorire la guarigione attraverso una relazione positiva. L Infermiere deve avere: consapevolezza del proprio ruolo e una buona conoscenza delle strategie comunicative che sostengono l apprendimento da parte del paziente; deve ricordare che le aspettative del paziente sono rivolte a liberarsi dalla paura del dolore nei confronti di una metodica spesso ignota perchè affrontata per la prima volta. Secondo Carl Rogers, il paziente ha le potenzialità per risolvere i propri problemi dopo che ne ha maturato la consapevolezza (divenendo soggetto attivo)e questo avviene attraverso la relazione di aiuto. Gli elementi fondamentali per instaurare una corretta relazione d aiuto sono: Contatto psicologico Incongruenza del paziente (che va elaborata) Congruenza dell operatore Comprensione empatica (capacità di percepire il mondo dell altro come se fosse il nostro, senza confonderlo con la nostra, capacità di capire il suo punto di vista) Comunicazione (il paziente deve percepire di essere accettato e quindi l operatore deve fare attenzione a come il paziente riceve le comunicazioni). Comunicazione Si intende ogni collegamento attuabile con mezzi opportuni di trasporto, trasmissione, diffusione; ma è anche partecipazione (vocabolario della lingua italiana Devoto-Oli: è l elemento indispensabile che consente di stabilire contatti con gli altri). Per molto tempo la comunicazione è stata considerata un processo spontaneo affidato alla sensibilità ed alle singole capacità. Oggi abbiamo il supporto di tutte le conoscenze relative alle tecniche di comunicazione. La scienza della comunicazione tiene conto di diversi possibili approcci, tutti rispettano però uno schema di base costituito da 5 elementi in successione: la fonte che produce il messaggio (emittente), il ricevente, il canale, il messaggio, l effetto. Il meccanismo della comunicazione inizia quando il messaggio è concepito da un emittente, viene codificato e trasmesso attraverso il canale ad un ricevente che lo decodifica e lo interpreta trasmettendo a sua volta un altro segnale con il quale indica l esito di tutta l operazione. La comunicazione è intesa anche come un processo dinamico mediante il quale un individuo stabilisce un rapporto con un altro individuo. Ne consegue uno scambio di idee e sentimenti, attraverso i canali verbale-fonatorio, visivo-grafico, mimico-gestuale. La comunicazione può dirsi efficace se il ricevente percepisce l esatto messaggio che l emittente intendeva inviare, in caso contrario la comunicazione può non si verifica in modo adeguato in quanto il messaggio arriva cambiato, alterato, distorto. Alterazione del messaggio nella comunicazione Vi sono infatti dei fattori intrinseci (di tipo personale) e fattori estrinseci (di tipo ambientale) che possono inserirsi nel processo comunicativo e interromperlo o addirittura dare significati diversi o errati al messaggio. FATTORI INTRINSECI: Sono relativi alle persone. La trasmissione del messaggio avviene, ma non è chiara, precisa ed accu- rata, è sul campo percettivo che si riflettono poi le conseguenze. Tra i fattori personali evidenziamo quelli: emotivi (irritazione, ansia, eccitazione, risentimento, antagonismo, dolore, paura e preoccupazione), fisici (stanchezza, malattia, difetti della parola, sordità e dolore), intellettivi (differenza della capacità intellettiva, abilità del linguaggio, diversi livelli di conoscenza), sociali (sono quelli relativi al livello culturale, al linguaggio, al livello di classe, al gruppo etnico di appartenenza, allo status professionale) FATTORI ESTRINSECI: sono i fattori che interferiscono nell ambiente fisico e sociale e comprendono: rumore, confusione, scarsa luminosità, sistemazioni inadeguate, temperature non idonee (fisici) ed anche la presenza di altre persone, a volte, indesiderate (sociali). La conoscenza delle cause che possono condurre ad un errata comunicazione, può fare prevedere, eliminare e attutire i disagi, le tensioni e gli ostacoli che interferiscono sulla trasmissione del messaggio. Analisi del processo comunicativo EMITTENTE (TRASMETTITORE): Si riferisce alla persona, a gruppi di persone o a un istituzione che invia il messaggio. Partecipano alla produzione del messaggio la voce, lo sguardo e tutte le parti del corpo. L emittente trasforma l informazione in modulazione fisica. MESSAGGIO: E ciò che effettivamente viene detto con le parole, ma anche con il linguaggio del corpo, il tono, l inflessione e il timbro della voce, o anche con il silenzio. Il messaggio può essere definito il contenuto (che cosa) della comunicazione. CANALE COMUNICATIVO: Mezzo attraverso il quale viene inviato il messaggio. Rappresenta il «come» della comunicazione. Un canale fisiologico è rappresentato dalle corde vocali che, opportunamente modulate, ci consentono l emissione di messaggi sonori. Fisiologico e tecnologico insieme è il canale consentito dal telefono, anch esso espressivo di messaggi orali, ma con l utilizzo di un codice specifico. I canali principali possono essere così suddivisi: la lingua parlata direttamente o al telefono, la parola scritta, i mezzi non verbali, il tatto, mezzi di comunicazione di massa, filmati, volantini.

10 10 PAGINA Infermiere a Pavia Figura 1 - Elementi dei processo comunicativo (E: emittente; R: ricevente). Feed-back E Canale Messaggio R Contesto RICEVENTE: riferito alla persona e a tutte le strutture anatomiche necessarie alla ricezione del messaggio. Tutti i cinque sensi possono essere impegnati nella ricezione del messaggio. CONTESTO: l ambiente in cui si svolge l interazione, o un determinato complesso di circostanze. In pratica il contesto è l ambiente fisico e sociale nel quale due o più persone comunicano. FEED BACK: retroazione o informazione di ritorno, messaggio di risposta. Per l emittente è importante la ricezione del feed back, perché gli permette di rendersi conto dell impatto che ha avuto il suo messaggio. Come si sviluppa il processo comunicativo In realtà è un continuum di processi eterogenei, fra di loro concatenati: un comunicante compone un messaggio attraverso un procedimento psicologico e lo emette attraverso un processo fisiologico. Il messaggio transita per il canale, processo fisico, per poi essere ricevuto (processo fisiologico), ed eventualmente interpretato (processo psicologico). (Fig. 2): rappresentazione grafica del processo comunicativo Emittente Codifica Interpretazione Decodifica Messaggio Feed back Ricevente Decodifica Interpretazione Codifica Allorché l emittente esprime la volontà di iniziare un rapporto di comunicazione deve strutturare un messaggio ed è costretto a ricorrere ad un insieme di segni convenzionali che, una volta emessi e composti nel modo voluto, siano compresi dal ricevente. Deve fare ricorso ad un canale, di cui avvalersi, per trasmettere messaggio e di un codice di espressione che insieme gli consente di porre in forma trasmissibile l idea. Il codice è quel complesso di segni convenzionalmente stabilito che consentono ad un messaggio di configurarsi con una sua identità espressiva, nel rapporto tra emittente e ricevente. L emittente sceglie il canale e codifica il messaggio, allo stesso modo il ricevente si troverà a decodificare e capire il messaggio nella sua formulazione. A questo punto si potrebbe già concludere un semplice processo di comunicazione: la fonte, emittente, ha strutturato e trasmesso il messaggio in un codice e il ricevente lo ha recepito. Però in questo modo si è solo instaurata una pseudo-comunicazione: una pura e semplice trasmissione di messaggio e non certo una comunicazione sociale. Il ricevente può però passare ad una seconda fase del procedimento, può cioè non fermarsi solo a capire, ma deve cercare invece di interpretare il messaggio, momento questo peculiare del processo comunicativo (verifica). Il ricevente valuta il messaggio e aderisce o meno, in maniera totale o parziale a quanto interpretato. E a questo punto che entra in azione il feed- back o messaggio di ritorno. Il ricevente dopo aver decodificato ed interpretato il messaggio ricevuto fornisce la propria risposta, per far ciò si pone lui stesso come trasmettitore, restituendo a chi lo ha fornito il messaggio di ritorno. L iniziale emittente diventa ricevente: decodifica e interpreta il feed back per restituire quindi un altro messaggio magari diverso da quello emesso inizialmente, alla luce delle informazioni ricevute tramite il canale di ritorno:! l emittente trasforma l informazione in una modulazione fisica che consente l utilizzazione del canale;! il canale è un sistema fisico che unisce tanto nello spazio quanto nel tempo i due elementi in comunicazione;! il ricevente raccoglie la modulazione e la riconverte in informazione;! il codice rappresenta un sistema convenzionale di segni più o meno comuni al ricevente ed al mittente. Comunicazione nella realtà operativa Destinatari privilegiati della comunicazione in ambito sanitario sono gli utenti, i colleghi e le altre figure che costituiscono l equipe di lavoro. Alla luce di quanto esposto sarà opportuno riflettere di volta in volta sullo stato delle nostre conoscenze: - gli obiettivi specifici che ci poniamo con questo approccio comunicativo; - il destinatario (cultura, professione, principali elementi distintivi); - tempi e contesti reali. Nella comunicazione l individuo interviene con i suoi tratti caratteristici e con le sue specificità. E l individuo al centro della situazione che ci interessa. E bene quindi fare una panoramica di alcune caratteristiche specifiche individuali più ricorrenti. Possiamo così osservare: il riflessivo che tenderà a comunicare in modo ordinato; il logico e razionale, che supporta ogni suo messaggio con dati e valori comunque misurabili; l intuitivo che nei suoi messaggi userà prevalentemente la fantasia e questo potrà essere fonte di inesattezze, soprattutto nel caso si tratti di dati o elementi quantitativi; il pratico operativo che attiverà le sue comunicazioni su piani concreti e motivanti, trasmetterà sicurezza nell articolazione dei progetti e nelle modalità di esecuzione, andrà direttamente al cuore del messaggio fornendo soluzioni già sperimentate; E importante per l Infermiere saper riconoscere e valutare le cause che possono alterare un messaggio ed interferire nella comunicazione operatore-paziente o nella comunicazione con gli altri membri dell équipe di lavoro. Conoscendo le cause potrà prevenirle o ridurle. Deve riconoscere i fattori che operano al suo interno e imparare a controllarne l effetto della comunicazione sulla relazione con il paziente. Esprimendosi sinceramente e con lealtà sia con se stesso che con le proprie sensazioni egli potrà ridurre le eventuali alterazioni ricorrendo a specifici comportamenti e a specifiche tecniche che ogni singola situazione richiederà. Un Infermiere deve prendere in considerazione anche l ambiente circostante (contesto) in cui si svolge il processo comunicativo, in quanto potrebbe essere necessario usare dei sistemi per ridurre o eliminare eventuali ostacoli per la comunicazione stessa. Ipotizziamo una situazione in cui l Infermiere non interviene con le metodologie adeguate: una paziente deve affrontare un delicato esame clinico-diagnostico e deve quindi essere igienicamente preparato. Esempio: L Infermiera dà alla paziente tutte le informazioni che reputa necessarie, ma non si accorge che questa è preoccupata, stanca, e ha dei disturbi all udito. L infermiera è anche lei preoccupata, è distratta dal pensiero del figlio che è a casa malato ed, inoltre, ha già tante volte spiegato ai pazienti cosa fare prima dell esame, e così assolve al suo compito con automatismo, senza osservare con attenzione e senza riflettere sulla specifica situazione. Preoccupazione, stanchezza, disturbi all udito della paziente, distrazione, ansia, superficialità dell Infermiere sono tutti fattori che influiscono negativamente sul processo comunicativo. L Infermiera avrebbe potuto comunicare correttamente se avesse riconosciuto di essere preoccupata e distratta per la sua situazione familiare e di conseguenza avrebbe

11 Numero 3/ PAGINA potuto prestare particolare attenzione per comunicare con la paziente. Prima di informare la paziente avrebbe dovuto instaurare un rapporto con la paziente stessa e avrebbe dovuto riconoscerne le capacità ricettive, così da valutare la necessità di parlare con un tono di voce più alto, lentamente, ed anche sedersi o fermarsi vicino a lei e poi avrebbe potuto aiutarla a ridurre l ansia trasmettendole sicurezza e dimostrando sincero interesse per il suo stato di salute. Infine, attraverso domande, avrebbe dovuto verificare che il messaggio inviato era stato percepito realmente e correttamente. Comunicazione verbale e non verbale Il linguaggio non è l unico modo per comunicare: disponiamo di altri modi più o meno connessi con la parola, che rientrano nell ambito della cosiddetta comunicazione non verbale. Le modalità della comunicazione non verbale riguardano: il comportamento cinetico, cioè gesti, espressioni facciali, movimenti degli occhi ecc.; il paralinguaggio, cioè tonalità vocali, risa, sospiri, sbadigli ecc.; i rapporti spaziali (prossemici) tra gli individui; l olfatto; la sensibilità della pelle al tatto e alla temperatura; l uso di artefatti, quali i vestiti, cosmetici ecc. Tra la comunicazione non verbale e quella verbale esiste un rapporto stretto, la prima può accompagnare la seconda, ma anche rafforzarla, indebolirla, contraddirla e sostituirla. I messaggi non verbali rispecchiano la verità più di quelli verbali, sono più difficili da nascondere. I principali segni non verbali usati dall uomo sono il contatto corporeo, lo sguardo, i movimenti e i gesti del corpo, la postura, la mimica facciale, lo spazio e la prossemica. IL CONTATTO CORPOREO: forma più antica di comunicazione sociale. Il tatto permette di comunicare la maggior parte degli atteggiamenti interpersonali compresi gli stati emotivi. Il tatto può essere utilizzato in senso attivo, come forma di esplorazione esterna, o in senso passivo, ricettivo. Si espletano attraverso mani, braccia, bocca e il loro uso è limitato all interno della cultura di appartenenza. LO SGUARDO: utilizzato sia per raccogliere che per inviare informazioni. Permette di mantenere a un certo livello l interesse della conversazione, infatti parlare con una persona che indossa occhiali scuri o una maschera provoca un certo stato di disagio. Solitamente gli sguardi brevi generano sistema segnaletico, mentre quelli prolungati indicano spiccato interesse verso l altra persona, fino a sconfinare però nell imbarazzo nel caso in cui il contatto oculare divenga prolungato. LA POSTURA: eretta, seduta, rannicchiata, inginocchiata o distesa, è un segnale di comunicazione involontario e spesso legato alla cultura di appartenenza. Le posture sono meno controllabili rispetto al tono di voce o alla mimica facciale ed esprimono gli aspetti più segreti e legati alla intensità delle emozioni. (vedi Tabella 1) Tabella 1: POSTURA INTERPRETAZIONE BRACCIA: Tenerle chiuse Autoprotezione, ritiro e incrociate Alzata di spalle, Debolezza passiva palmi delle mani in fuori GAMBE: Molto incrociate Autoprotezione (donne) ritiro Non incrociate Civetteria TRONCO: Rigido, portamento Che nasconde marziale (uomo) ansia Abbassato, Debolezza, indolente immobile richiesta di aiuto I MOVIMENTI DEL CORPO: Il comportamento motorio gestuale è fra i più interessanti e importanti, in particolare, i gesti delle mani. I gesti possono essere raggruppati in cinque categorie:! simbolici o emblemi: es. il salutare;! illustratori: movimenti che accompagnano la comunicazione verbale, illustrandola;! emotivi: indicano lo stato d animo come ad es. stringere i pugni per la rabbia;! regolatori dell interazione: sincronizzano il dialogo o lo interrompono, ad es. cenni del capo;! di adattamento: segnali abituali e inconsapevoli che una persona usa durante l interazione e che in genere vengono acquisiti durante l infanzia. MIMICA FACCIALE: Il viso è il più incisivo comunicatore non verbale nell interazione Con il viso e con le espressioni facciali si possono comunicare l identità, le emozioni, le attitudini interpersonali, relazioni di dominanza, sottomissione, minaccia, sessualità ecc.: si può proprio dire che esiste un «codice facciale». Il volto (a) sembra contenere valori di affettività tendenti a zero, un volto considerato neutrale da parte di molti; alcuni lo giudicano intelligente, senza fretta, rilassato, controllato, pieno di speranza, deciso sincero, onesto, Questo volto (b) viene descritto simile al primo, contiene in più l'oggettivo felice, come si osserva sono stati semplicemente girati all'insù gli angoli della bocca Anche in questo volto (c) a subire le modifiche sono gli angoli della bocca. Ne risulta che esso viene interpretato come triste, insoddisfatto, infelice, preoccupato, confuso, perplesso. Gli altri tre volti che seguono (d, e, f) hanno subito le modifiche a livello dei tratti delle sopracciglie che sono state rivolte verso l'alto mentre la bocca si presenterà con le diverse posizioni: Questo viso (d) viene considerato come collerico, minaccioso, insofferente, molesto, insoddisfatto, scettico Il giudizio in questo caso (e) è di un viso malvagio Per questo volto (f) viene riservato il giudizio di malvagio e collerico Negli ultimi tre visi rimasti (g, h, i) osserviamo che le sopracciglia questa volta sono rivolte verso il basso e la bocca viene raffigurata nelle solite tre posizioni. Si tratta di combinazioni di segni conflittuali ed equivoci. Questo viso (g) viene considerato triste, ma si aggiungono al giudizio aggressività, paura e scetticismo In questo caso (h) il volto esprime felicità ma anche divertimento, timidezza. Apprensività, fiducia; viene definito anche come persona servizievole In questo viso (i) sono state viste la tristezza, la noia, la perplessità, la confusione, la depressione, la preoccupazione. LO SPAZIO E LA PROSSEMICA. Anche lo spazio può racchiudere in sé dei segnali non verbali. L antropologo americano Edward T. Hall ha coniato il termine prossemica riferendosi alle teorie, alle osservazioni condotte sullo spazio territoriale e su tutto ciò che in esso gravita. Secondo questo antropologo ognuno di noi ha dei bisogni territoriali, inquadrabili fondamentalmente in quattro zone distinte. Queste zone sono ritrovabili nel nostro comportamento in generale, ma non coincidono affatto in termini quantitativi in quanto ogni cultura segue regole differenti. Distinguia-

12 12 PAGINA Infermiere a Pavia mo così quattro zone: 1) distanza intima 2) distanza personale 3) distanza sociale 4) distanza pubblica La Tabella 2, realizzata da Edward T. Hall, indica le misure (in metri) rilevate nelle diverse situazioni di vicinanza. Distanza Ravvicinata Non ravvicinata Intima contatto 0,15 0,45 Personale 0,45-0,75 0,75-1,20 Sociale 1,20-2,10 2,10-3,60 Pubblica 3,60-7,50 7,50 e altre DISTANZA INTIMA: ravvicinata: coinvolge tutti i sensi: quella dell amplesso e della lotta, del conforto e della protezione. E caratterizzata dal contatto fisico; non ravvicinata: il contatto è sporadico, i soggetti possono tenersi per mano o sottobraccio. DISTANZA PERSONALE: ravvicinata: si adatta a relazioni sociali quanto a relazioni di tipo sentimentale; non ravvicinata: rappresenta il limite del «dominio fisico». La voce non è più sussurrante, ma si mantiene su livelli moderati. Scompaiono le percezioni termiche e olfattive. I soggetti conservano una loro intimità, tuttavia la distanza consente ancora un colloquio diretto che può avvenire in un luogo pubblico. DISTANZA SOCIALE: ravvicinata: il volume di voce è normale. E la distanza che si assume in occasione di affari impersonali, per motivi inerenti al lavoro. ecc. Stare in piedi e guardare dall alto una persona seduta a questo intervallo ha un effetto di dominio, come quando si parla ad un proprio dipendente o ad un segretario; non ravvicinata: si usa per rapporti sociali e/o di affari di carattere formale. La notevole larghezza delle scrivanie negli uffici e negli studi stabilizza i limiti di questa distanza. I contatti sono di natura visiva. DISTANZA PUBBLICA: ravvicinata: è caratterizzata dall uso della voce alta. Vi è una scelta accurata delle parole, del discorso stesso. E adatta alle riunioni informali, alle lezioni scolastiche, ecc; non ravvicinata: la voce e i gesti risultano necessariamente amplificati, in quanto la distanza in questione rappresenta la massima ampiezza di territorio a disposizione. E quella generalmente utilizzata dai politici quando parlano in pubblico, rappresenta anche un elemento di sicurezza. Ci sono inoltre altri fattori che possono essere considerati fonte di informazione per la comunicazione, si pensi all abbigliamento, alla foggia dei capelli, all uso dei cosmetici. Sono questi dei fattori che in qualche modo manipolano il proprio aspetto: una persona cura i propri capelli, la lunghezza, il taglio, l acconciatura, ma tutto ciò non è soltanto necessità di abbellimento e di pulizia, ci sono anche dei richiami sessuali. Così anche gli abiti offrono un servizio ben più oltre a quello rappresentato dalla protezione. Essi forniscono infatti, agli altri, indicazioni e notizie sul nostro status, sulla posizione di appartenenza nei vari strati della società. Sembra infatti che al primo incontro, la maggior parte della gente noti maggiormente l abbigliamento altrui, oltre al sesso, all età, alla razza e all aspetto fisico. L abito quindi «parla», invia messaggi codificati in modo particolare, alle volte in modo rigido, si pensi all abbigliamento militare. La comunicazione persuasiva La comunicazione ha la possibilità di modificare o influenzare gli atteggiamenti altrui se si verificano alcune occorrenze a carico di uno o più elementi che la compongono. Le ricerche hanno dimostrato che, il contenuto del messaggio che riceviamo, la nostra reazione ad esso dipende dalle caratteristiche di colui che lo emette, in particolare la sua attendibilità e l attrattiva personale di cui gode. Il messaggio gioca un ruolo di primo piano: se contiene un forte contenuto emotivo può essere più efficace, se è intimidatorio o ansiogeno può produrre atteggiamenti difensivi a meno che non sia accompagnato da proposte e soluzioni efficaci; se è ripetuto, il suo contenuto viene rinforzato; quando è posto all inizio o alla fine di una comunicazione ha un impatto persuasivo maggiore...non dobbiamo però considerare il destinatario come un soggetto passivo: non tutti i messaggi che gli pervengono sono elaborati, percepiti o trattenuti alla stessa maniera. Molto dipende anche dalle esperienze precedenti, dagli atteggiamenti già consolidati, dalla struttura della personalità. Considerazioni conclusive La comunicazione è un operazione attiva, nella quale è impegnata l intera personalità dei soggetti agenti, con i loro tratti di carattere, le loro esperienze e le loro strutture culturali. Il segreto sta quindi, oltre che nella conoscenza e nella padronanza della tecnica, nella consapevolezza di sé, nella fiducia verso sé e gli altri, nella capacità di assumersi la responsabilità del proprio agire comunicativo, doti che possono essere curate e sperimentate solo se si ha la piena disponibilità di mettersi in gioco. Il rapporto tra Infermiere ed utente, se si realizza attraverso una relazione appropriata e calibrata, potrà essere indubbiamente gratificante per entrambi, e un rapporto significativo e dinamico sarà di aiuto e sviluppo per la funzionalità e l efficacia del servizio. Bibliografia Bernardo Valli: Comunicazione e media, Roma, Carocci, Franco Nanetti: La comunicazione autentica, Bologna, Ed. TEMI, Marca W. Battacchi: Psicologia dello sviluppo Conoscere e divenire, Roma, NIS, Bernardo Valli: L'interazione comunicativa, Urbino, Quattroventi, Hough. M.: La relazione di aiuto secondo l'indirizzo di Carl Rogers. - Ed. Antonianum Giovanni Gocci, Laura Occhini: Appunti di psicologia sociale, Milano, Guerini, Baron R.A., Byrne D., Cantowitz B.H.: Comprendere il comportamento, Padova, Piccin, Calamandrei C.: L'Infermiere professionale abilitato a funzioni direttive, Roma, NIS, Mascilli Magliorini E., Pavolini G.: Comunicazione funzionalità e modelli di riferimento, Ambrosiana, Milano, Pacout N.: Il linguaggio dei gesti, Milano, Orsa Maggiore, Parsons T.: Il sistema sociale, Milano, Comunità, Pavolini G.: Comunicazione natura e società, Urbino, Montefeltro, L autore * Infermiera A.F.D Libero Professionista Dottore in Tecniche di Neurofisiopatologia NOTE DI SEGRETERIA Qualora un iscritto cambi indirizzo, recapiti telefonici, posto di lavoro o consegua dei titoli accademici, deve segnalarlo in segreteria per l aggiornamento dell Albo professionale di appartenenza. La comunicazione può essere inviata tramite via fax, , posta tradizionale, oppure personalmente in Collegio compilando l apposito modulo.

13 Numero 3/ PAGINA L esperanto della professione infermieristica La Pantassonomia NANDA, NIC e NOC * Nunzio Giuseppe Greco Intorno alla fine del XIX secolo un medico oculista propose l utilizzo di una forma di comunicazione internazionale che chiamò Esperanto. Il nome esperanto proviene dallo pseudonimo con cui era solito firmarsi: Doktoro Esperanto (colui che spera). La speranza che i popoli venissero uniti da una forma di comunicazione comune forse rappresentava un utopia. L esperanto, però, non appartenendo ad un popolo o ad un Paese particolare, non avvantaggerebbe nessuna cultura che potrebbe opprimere o danneggiare le altre, costituendo un ponte fra le culture. Alcuni studiosi hanno battezzato il secolo appena iniziato come il secolo della Information Communication Technology ICT 1 ; la nascita di Internet può essere considerato il tentativo attuale di legare culture diverse attraverso una comune forma di comunicazione. Forse Internet rappresenta l Esperanto del XXI secolo. Oggi, più che in passato, anche a livello internazionale, è messa in discussione l assistenza infermieristica, più che il ruolo stesso dell infermiere. Il tema del dibattito è sul ruolo dell infermieristica all interno dello sfaccettato panorama della sanità moderna e sul perché un individuo, con determinati bisogni, debba essere assistito dall infermiere e non da un altro professionista della salute. In questo senso l infermiere è chiamato a dare risposte che siano appropriate, consapevoli e, più di tutto, che siano efficaci e coerenti con la richiesta di prestazioni legate a specifici bisogni di salute della comunità. L affermazione della competenza distintiva dell infermiere e quindi dell assistenza infermieristica può essere raggiunta attraverso l adozione di un sistema di regole e convezioni che rendano l assistenza oggettivabile e misurabile. In questo contesto l utilizzo di un linguaggio comune a tutta la professione incomincia prendere piede anche in Italia. L adozione di un linguaggio, di una tassonomia, permetterebbe di uniformare la comunicazione inter ed extra professionale convalidando la specificità dell assistenza infermieristica come risposta a bisogni di salute dell individuo e della comunità in senso generale. Da quasi tre decenni nella letteratura infermieristica si discute sulla necessità di rendere uniforme il linguaggio infermieristico 2 i cui scopi sono: 1. Dare agli infermieri un linguaggio specifico per comunicare tra loro e con gli altri professionisti; 2. Rendere misurabile l assistenza infermieristica; 3. Migliorare l assistenza infermieristica in senso quali-quantitativo; 4. Promuovere il sapere infermieristico; 5. Implementare sistemi informativi dell assistenza basati sulle ICT; 6. Semplificare la formazione degli studenti infermieri; 7. Influenzare le scelte di politica sanitaria ed economica. La American Nurses Association (ANA) nel 1980 ha riconosciuto, attraverso la pubblicazione del Nursing: A Social Policy Statement, la tassonomia della North American Nursing Diagnosis Association (NANDA) la quale, già da circa un decennio, stava catalogando una serie di diagnosi infermieristiche. La ANA affermò che l assistenza infermieristica è la diagnosi e il trattamento delle risposte umane ai problemi attuali o potenziali di salute 3. Nel 1999 la NANDA dette la definizione di Diagnosi Infermieristica: un giudizio clinico sulle risposte di un individuo, di una famiglia o di una comunità a problemi di salute attuali o potenziali. Le diagnosi infermieristiche forniscono la base per scegliere gli interventi infermieristici al fine di conseguire quei risultati di cui l infermiere è responsabile. Oggi la Tassonomia è alla sua seconda edizione e comprende 140 diagnosi. Le diagnosi NANDA si dividono in tre gruppi: reali, di rischio e di benessere. Gli elementi di una diagnosi reale sono: 1. Il titolo; 2. La definizione; 3. Le caratteristiche definenti (segni e sintomi); 4. I fattori correlati (causali o associati). Gli elementi di un diagnosi di rischio sono: 1. Il titolo; 2. La definizione; 3. I fattori di rischio. Gli elementi di una diagnosi di benessere sono: 1. Il titolo; 2. La definizione. Le diagnosi infermieristiche svolgono una funzione di vitale importanza per il futuro della professione; nelle organizzazioni sanitarie si sente sempre più la limitatezza 4 della risorsa umana, mentre gli assistiti presentano un grado di acuzie sempre maggiore. La diagnosi infermieristica definisce lo specifico dell arte infermieristica è ed necessaria ed irrinunciabile quanto lo è la diagnosi medica per i medici 5. L infermiere clinico moderno deve essere in grado di specializzarsi su determinate diagnosi: in questo modo può essere riferimento per quei colleghi meno esperti o per coloro che lo sono in altre diagnosi. In un simile contesto la diagnosi infermieristica faciliterebbe lo scambio di informazione costituendo, essa stessa, una forma di linguaggio convenzionale universalmente riconosciuto. La tassonomia NANDA è stata tradotta in nove lingue ed è utilizzata in più di 20 paesi in tutto il mondo. La Iª tassonomia NANDA è stata inserita nella classificazione internazionale delle patologie, lesione e cause di morte (ICP) dell Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) 6. A compendio, si vuole anche ricordare che il sistema di finanziamento principale della sanità italiana è basato sulla remunerazione dei Gruppi Omogenei di Diagnosi ovvero dei DRGs (acronimo di Diagnosis Related Groups). Ad un determinato set di diagnosi cliniche (mediche n.d.r.) corrisponde un finanziamento da parte degli enti istituzionali preposti. Il corrispettivo economico comprende quindi i costi che una struttura sanitaria sopporta per poter assistere in senso generale un individuo; una parte di quel costo è assistenza infermieristica(!). Ma il bisogno di assistenza infermieristica non è sempre sovrapponibile ai gruppi omogenei di diagnosi mediche; la complessità assistenziale infermieristica non è sempre direttamente proporzionale alle diagnosi mediche(!). Il mancato riconoscimento di questa sproporzione sia da parte degli organi istituzionali sia da parte degli stessi professionisti della salute (in particolare gli infermieri) genera in talune situazioni criticità di difficile soluzione. L infermiere è quel professionista che è comunque consapevole che i casi clinico-assistenziali sono diversi tra loro, riconoscendo l unicità della persona assistita che esprime bisogni di assistenza diversi a parità di diagnosi medica. L Assistenza prestata ad un adulto con

14 14 PAGINA Infermiere a Pavia frattura di femore non sarà mai uguale a quella di un bambino con identica diagnosi. La citazione di questo esempio vuole spingere il lettore a porsi la domanda: come dimostrare il grado di complessità assistenziale? la risposta è lapalissiana: attraverso le diagnosi infermieristiche. Nel recente passato si era fatta strada l idea di introdurre i DRG infermieristici ovvero un sistema di finanziamento dell assistenza infermieristica sovrapponibile al sistema vigente che tenga conto della complessità assistenziale dei casi clinici. Gli infermieri, in quanto responsabili dell assistenza infermieristica 7, attraverso l adozione di una tassonomia riconosciuta, dovrebbero costruire dei gruppi omogenei di diagnosi ai quali far corrispondere un diverso finanziamento economico. La possibilità di modulare la risorsa economica sugli effettivi bisogni di assistenza infermieristica permetterebbe una migliore gestione della risorsa umana. In tal senso è evidente che il passo successivo sarebbe la ridistribuzione della risorsa umana in relazione alla complessità assistenziale, risolvendo almeno in parte i problemi legati alla carenza di personale infermieristico. Quanto esposto fin qui deve indurre il lettore a riflettere sull importanza del linguaggio professionale, non solo come spinta al miglioramento della comunicazione tra colleghi, ma anche come strumento per influenzare le scelte di politica sanitaria. In seguito alla formulazione delle diagnosi infermieristiche, un gruppo di ricerca composto da Joanne McCloskey e Gloria Bullenbeck dell Università dell Iowa (USA) studiò lo sviluppo di un vocabolario e di una classificazione degli interventi infermieristici. Il risultato di tale studio fu la pubblicazione nel 1992 del Nursing Intervention Classification (NIC, Classificazione degli Interventi Infermieristici) ossia una classificazione che comprende gli interventi attuati dagli infermieri. Il linguaggio NIC comprende tutti gli interventi sia quelli in autonomia sia quelli in collaborazione con altre figure professionali, ma anche gli interventi di assistenza diretta ed indiretta. La classificazione è continuamente aggiornata con le nuove conoscenze ed è già alla sua terza edizione (2000) contenente ben 486 interventi (!). Ogni intervento NIC è costituito da: 1. Un titolo; 2. Una definizione; 3. Un elenco di attività che permette all infermiere di scegliere quelle più appropriate in funzione del caso assistenziale. La Tassonomia NIC è stata tradotta in cinque lingue ed altrettante traduzioni sono in via di pubblicazione. Gli Interventi NIC sono stati collegati alle diagnosi NAN- DA, in questi modo è possibile affiancare ad una diagnosi gli interventi, e quindi le attività, che l infermiere deve compiere. Nulla va lasciato al caso; più volte si è affermato che l infermieristica è una scienza; per essere tale deve svincolarsi dall empirismo puro in cui si trova. Molti infermieri si affidano alla propria esperienza professionale nell espletamento delle attività, un obiezione all utilizzo della NIC potrebbe essere il venir meno della personalizzazione dell assistenza. In questa sede si vuole ribadire comunque, che la conoscenza acquisita attraverso l esperienza personale-professionale costituisce un valore aggiunto nell utilizzo della NIC. Un infermiere esperto potrà meglio districarsi attraverso le innumerevoli attività che un intervento NIC racchiude ed in ogni caso se i dati sperimentali lo confortano, potrà chiedere una revisione dello stesso intervento NIC. La NIC, come anche la NANDA accettano tutte le revisioni utili alla scienza infermieristica, se queste sono comprovate da evidenze dimostrabili e ripetibili. Una volta raccolte le diagnosi e scelti gli interventi per poter rendere effettiva la portata dell assistenza infermieristica, si devono avere dei riferimenti precisi. Come fare a stabilire se a fronte di una diagnosi e di una serie di interventi effettuati si sia intrapreso il percorso giusto? Ciò che serve sono degli indicatori di perfomance, ovvero degli standard che rendano misurabile in termini di risultati l assistenza infermieristica. Negli anni 60 del secolo scorso un gruppo di ricerca dell Università dell Iowa (USA) attraverso un notevole sforzo produsse quella che poi fu denominata la Nursing Outcomes Classification (NOC, Classificazione dei Risultati Infermieristici). La classificazione comprende gli standards dei risultati dell assistito utilizzabile per valutare i risultati degli interventi infermieristici. Un Outcome (risultato) è definito come: una variabile che l assistito o un caregiver dichiara, un comportamento o una percezione che risponde agli interventi di assistenza infermieristica ed è concettualizzata ad un livello medio di astrazione 8 Ogni risultato possiede: 1. Un Titolo; 2. Una definizione; 3. Un elenco di indicatori per valutare le condizioni dell assistito in relazione al risultato; Una scala di Likert con valori da 1 a 5 per misurare le condizioni della persona. La attuale tassonomia NOC comprende ben 260 risultati ed è stata tradotta in quattro lingue ed altre quattro traduzioni sono in corso. Le Tassonomie NANDA, NIC e NOC possono essere utilizzate separatamente quando sono usate congiuntamente si è soliti parlare di Pantassonomia NNN o 3N. La Pantassonomia è stata riconosciuta dall American Nurses Association (ANA) ed è stata inserita nella National Library of Medicine s Metathesaurus for a Unified Language System (UMLS) e nel Cumulative Index to Nursing Literature (CINAHL). La tassonomia NNN oggi rappresenta per l infermieristica internazionale un linguaggio con il quale comunicare, potremmo dire una sorta di esperanto professionale. L occasione di poter misurare la pratica assistenziale con quella di realtà diverse per collocazione geografica, cultura o anche per condizioni socio-economiche, è qualcosa di eccezionale. L infermieristica italiana inquadrata nel più ampio contesto europeo può dimostrare, se lo vuole, che non è rimasta a guardare alla finestra. Un sistema di comunicazione come quello 3N, oltre a facilitare la prassi quotidiana, è uno strumento di ricerca molto potente poiché consente lo scambio di informazioni tra colleghi, reparti, dipartimenti fino a livelli macro (nazionale e continentale). Il primo assioma della comunicazione dice: Non si può non comunicare rivelando una verità nota a tutti ovvero che anche il silenzio rappresenta una forma di comunicazione. Chi scrive è convinto che il bisogno di comunicazione degli infermieri italiano non sia soddisfatto in maniera piena; vorremmo che le cose cambiassero, ma per far questo è utile rendersi visibili, interagendo con una voce chiara, ma soprattutto comprensibile Note: 1 ICT: acronimo di Information Communication Technology Tecnologia dell Informazione e Comunicazione. 2 SNL : Standardized Nursing Language Jones 1997; Keenan e Aquilino 1998; Maas 1985; McCloskey e Bulenchek 1994; McCormick 1991; Zielstorff American Nurses Association 1980; 4 La risorsa umana come quella economica si dicono limitate ovvero finite. Questo concetto è alla base dei sistemi di gestione delle risorse in quanto si afferma che una risorsa non può essere infinita. Il fatto che una risorsa sia limitata non indica che sia insufficiente ma solo che necessità una migliore gestione (n.d.r.). 5 Diagnosi Infermieristiche Applicazione alla Pratica Clinica Terza Edizione; Lynda Juall Carpenito-Moyet. Casa Editrice Ambrosiana Fitzpatrick, Decreto Ministeriale n.739 del 1994 Regolamento concernente l individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell infermiere Art.1. 8 Johnson, Mass e Moorhead p.24 (2000). L autore * Infermiere Libero Professionista

15 Numero 3/ PAGINA PENSIERI DI CARTA PENSIERI DI CARTA * Annamaria Tanzi ** Pamela Ronga COMUNICARE CON IL GIORNALE PER USCIRE DALL OMBRA Noi usciamo dall ombra. Non avevamo diritti e non avevamo gloria, ma proprio per questo prendiamo la parola e cominciamo a raccontare la nostra storia Il Gruppo Giornale è un attività ad orientamento cognitivo inserita nel programma riabilitativo del Polo Psichiatrico Torchietto di Pavia, un approccio mirato a favorire la socializzazione ed a migliorare la consapevolezza dei processi psicologici, la padronanza cognitiva dei problemi delle persone in carico al servizio che, contribuisce a migliorare l adattamento sociale esponendo i pazienti ad un minor rischio di ricadute. Pensieri di Carta è il nome della rivista che nel 2007 è già al suo quarto anno di pubblicazione. Torchietto NewsPaper Story Il Centro Residenziale Terapeutico del Dipartimento di Salute Mentale dell Unità Operativa di Pavia apre ufficialmente il 9 Marzo 1992 e, durante la sua gestione atipica come Centro Diurno, una èquipe terapeutica formata dagli Infermieri Duilio, Alessandra, Graziella, Barbara, Patrizia, Daniela, Rosella, Loredana, la Caposala Rosanna Costa, il responsabile medico Dott.ssa Anna Bertolini e una psicologa Dott.ssa Mariangela Barbarici istituiscono un gruppo giornale e danno vita alla prima rivista con gli utenti/ ospiti, si chiamerà Amico. Nel 1998 con la chiusura definitiva dell ex Ospedale Psichiatrico di Voghera, il Polo PsichiatricoTorchietto si organizza con tre strutture intermedie: la Comunità Protetta, il CRT (Centro Terapeutico Riabilitativo e il Centro Diurno). All interno del Centro Diurno negli anni dal 1999 al 2001, due Infermieri Patrizia Beccarla (già presente con Amici ) e Lussorio Fele guidano il gruppo di utenti/ospiti alla creazione della seconda rivista La Gazzetta del Torchietto. Il gruppo giornale, in seguito, ha avuto una pausa di tre anni e nel Febbraio del 2004 è stato ricomposto da un Infermiera Annamaria Tanzi, questa volta con la partecipazione integrata degli utenti/ospiti di tutto il Polo Psichiatrico Torchietto. Dopo quasi un anno di training, è nata la terza rivista per l appunto Pensieri di Carta che ha visto il suo primo Numero 0 sperimentale nel Dicembre del IL GRUPPO GIORNALE: Progettazione Premessa L attività del Gruppo Giornale si basa su tecniche cognitive, tese ad incrementare abilità come la memoria, l attenzione, la concentrazione, l uso di strutture logiche, l uso della scrittura come mezzo di comunicazione. Aiuta a mantenere o recuperare un adeguato rapporto di realtà, facilita lo sviluppo di abilità sociali, favorendo soprattutto le relazioni con altri utenti della struttura intermedia, tra i gruppi che svolgono varie attività e con gli operatori. Si intende, attraverso l attività, favorire la possibilità di apertura all esterno. Il gruppo è basato sulla permissività e sull accettazione incondizionata della persona (utente/ospite) per ciò che è e per ciò che riesce a dare. È prevista una redazione in cui ogni redattore è responsabile dei propri compiti e degli obiettivi che si creano di volta in volta. I componenti della redazione, oltre a contribuire con articoli, interviste, disegni e/o rubriche proprie, si occupano di realizzare operativamente il giornale, che risulta così un prodotto collettivo, nato dall impegno di più persone.

16 16 PAGINA Infermiere a Pavia Sede dell Attività L attività del Gruppo Giornale è svolta nella Sala delle Attività del C.R.T.. Durata Una volta alla settimana, tutti i MERCO- LEDI dalle ore alle ore Modalità Il gruppo è aperto, la partecipazione attualmente prevede ospiti del Centro Diurno e del C.R.T., utenti eterogenei per sesso, età e diagnosi psicopatologica. Conduzione del Gruppo L attività è guidata da tre operatori (Infermiere Educatore Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica) che sono impegnati essenzialmente a creare e mantenere una buona relazione tra i partecipanti per creare un atmosfera dove c è massima disponibilità verso l altro, organizzazione e condivisione. IL GRUPPO GIORNALE: Cronistoria Le fasi preliminari dell attività hanno compreso anche un breve percorso teorico sul giornalismo condotto da Annamaria Tanzi, per introdurre i partecipanti alla conoscenza dei meccanismi che regolano la stesura di un giornale. Inoltre gli operatori si sono soffermati molte volte sulla Motivazione a intraprendere questa attività e a non farsi scoraggiare da un articolo non adatto o un idea non consona al giornale. L attività del gruppo giornale si basa su tecniche cognitive che hanno lo scopo di far incrementare alcune abilità come la MEMORIA, l ATTENZIONE, la CONCEN- TRAZIONE, l uso di strutture logiche, l uso della scrittura come mezzo di comunicazione, favorendo il mantenimento o il recupero di un adeguato rapporto con la realtà, lo sviluppo di abilità sociali, la possibilità di apertura all esterno e facilitando le relazioni sia con gli altri utenti sia con gli operatori. Il gruppo è fondato sulla permissività e sull accettazione dei partecipanti per quello che sono e per ciò che sono in grado di dare: ogni redattore è responsabile dei propri compiti e degli obiettivi che ci si pone di volta in volta. Il setting del gruppo giornale ha sempre previsto ogni mese quattro (o cinque) incontri. Pensieri di Carta è stato uno dei titoli scelti dagli utenti/ospiti nelle fasi preliminari dell attività, portato alla votazione con scrutinio segreto. Il giornale è nato come foglio giornale, formato da quattro pagine e pubblicato con impaginazione verticale, completamente sperimentata e realizzata per quasi un anno da uno degli ospiti che possedeva una completa autonomia nell uso del computer. La prima copia è stata tirata in tipografia a colori e inaugurata pubblicamente durante lo spettacolo del laboratorio teatrale del Torchietto Lo Specchio Magico oltre che distribuita gratuitamente. Il giornale successivamente è stato prodotto in bianco e nero e per continuare ad un costo zero, l Azienda Ospedaliera di Pavia ha permesso una tiratura mensile di centinaia di copie utilizzando l Ufficio Stampa interno. Verso la fine del 2005 il gruppo ha sentito l esigenza di revisionare il Piano di Redazione (anche per testare tra gli ospiti il gradimento non soltanto della rivista ma anche dell attività e delle modalità di conduzione) e di apportare eventuali modifiche. E stata organizzata una riunione a cui ha presenziato anche il Coordinatore della struttura Daniele Mutti. Il risultato finale è stato quello che la rivista è diventata trimestrale con la possibilità di avere da quattro a otto pagine. A partire dall anno in corso, il 2007, il gruppo (Ospiti ed Operatori) ha considerato la possibilità di progettare una nuova veste grafica per il giornale Pensieri di Carta con l obiettivo di favorire la partecipazione più attiva degli ospiti nella impaginazione, una fase della costruzione del giornale sino ad oggi di quasi completo appannaggio degli operatori, poiché legato all utilizzo di un programma computerizzato complesso (creato come gia detto sopra, a suo tempo, da un ospite poi dimesso particolarmente competente in materia). A tal proposito, i primi incontri di Gennaio sono stati dedicati alla definizione del Piano di Redazione 2007 e delle veste grafica. Per la copertina (da una idea di uno degli operatori Chiara Rossi Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica), i redattori, gli operatori conduttori e altri operatori e ospiti esterni al gruppo, gli studenti tirocinanti, sono stati invitati a partecipare alla creazione di un disegno collettivo, a lasciare sul grande foglio predisposto per l occasione, un proprio segno (disegno) senza una precisa indicazione tematica e con la facoltà di utilizzare qualsiasi tipo di tecnica e di mezzo per dipingere. Ho direttamente partecipato a questa nascita. Dopo un inevitabile momento di riflessione da parte di ognuno sul che cosa disegnare, accompagnato da un altrettanto inevitabile disagio a fare qualcosa di cui non si pensa essere capaci, il gruppo è partito e visto lo spazio a disposizione ed il numero di persone intervenuto c è stata una alternanza di persone a disegnare molto ordinata e rispettosa. Si è creata una gio-

17 Numero 3/ PAGINA iosa atmosfera, il gruppo tutto era partecipe dell iniziativa ed il risultato è stato accolto con grande entusiasmo. Infatti, sulla scelta finale del titolo del lavoro tutti gli ospiti insieme agli operatori e studenti hanno dato un proprio contributo. I titoli portati a votazione sono stati: DESIDERI NASCOSTI MELTING POT COLORI MISTI COLORI LETTERARI L ALBE- RO DI VITA FANTASIA E ARRIVATA LA PRIMAVERA SOLE ACQUA TERRA REALITY LE QUATTRO STAGIONI FANTASIA DI COLORI C ERO ANCH IO. La votazione è avvenuta per alzata di mano e anche in questa fase la partecipazione è stata alta ed il clima divertente e democratico. Ha vinto con nove punti: MELTING POT proposto da un ospite che insieme ad Alessandra Truant ha spiegato il significato sociologico del termine. La scelta definitiva ha naturalmente inorgoglito l ospite in questione che è anche il redattore storico; l accoglimento della proposta è stato festoso ed ha fatto sentire l ospite al centro dell attenzione e del rispetto di tutti i presenti. Il titolo è stato infine suggellato sul disegno. Per la copertina ne abbiamo pensate di tutti i colori e L abbiamo fatta di tutti i colori. (Pagina accanto). IL GRUPPO GIORNALE: Considerazioni Il Gruppo è sicuramente la palestra adeguata per imparare a socializzare, ad entrare in relazione con l Altro e con tutto quello che l Altro rappresenta a sé e al mondo; la palestra per svolgere un lavoro collettivo e per rispettare le regole di convivenza civile. Il Gruppo Giornale può essere considerato un contesto di apprendimento per molteplici competenze, utili alla persona nelle sue principali aree di vita: Le capacità decisionali (p.e. scegliere un articolo da scrivere, scegliere il modo di impaginare scegliere) La capacità di completare un compito (i pazienti psichiatrici tendono a considerare gran parte delle azioni finalizzate a se stesse, perché prive di valore personale e sociale e non rapportate ad alcun contesto, per questo lasciano, spesso, i compiti incompleti o non rispettano la coerenza nella successione delle operazioni). Il Gruppo, andando a definire, per ognuno incarichi e tempi di esecuzione, costringe, seppur gradualmente, ad assumersi la responsabilità di portare a termine un compito e/o dare spiegazioni per averlo lasciato a metà. Il Gruppo Giornale nell esperienza, oggetto di questo lavoro, ha raggiunto in parte questo obiettivo. Uno dei compiti fissi nel gruppo pavese, riguarda la redazione del verbale dell incontro realizzato da tutti i componenti a turno (si segue l ordine alfabetico). A tal proposito è importante sottolineare che nessuno degli ospiti partecipanti a questo Gruppo (vecchi e nuovi), era in grado di redigere un verbale in ogni sua parte costituente. Tutti hanno imparato a svolgere questo compito nei termini richiesti, tutti sono autonomi per quanto riguarda l intestazione, più della metà delle persone hanno autonomia completa per la redazione, di questi ultimi quattro hanno la capacità di inserire il verbale in computer ed espletare la procedura con l archiviazione. La capacità di negoziazione e di compromesso ( i pazienti psichiatrici temono di non riuscire ad ottenere ciò che vogliono e magari di non avere più una opportunità per fare o proporre una cosa a cui tengono). In un Gruppo così strutturato è possibile acquisire nel tempo, la competenza che un obiettivo, rimandato ad altro momento, non viene perso. Un esempio pratico: la lettura degli articoli che arrivano in redazione. Ciò che si osserva è che gli utenti/ospiti, sono così contenti quando scrivono un articolo che trepidano (spesso invadendo spazi e tempi degli altri) nell attesa di leggerli. Non sempre (anche se in questo gruppo si tiene molto in considerazione questa aspettativa dell utente per cui si cerca di ottemperarla), si riesce ad adempiere questa fase del lavoro perché ci sono altre priorità, per cui si rimanda all incontro successivo, dando in questo, ovviamente atto a quanto stabilito precedentemente. La capacità di tolleranza alla frustrazione (tollerare il mancato soddisfacimento di un bisogno). Esempio: leggere l articolo uno alla volta aspettando il proprio turno; non interrompersi durante una discussione; accettare che una eventuale proposta sia presa in considerazione successivamente, perché magari in quel momento manca la maggioranza; permettere l espressione dei diversi punti di vista; tollerare che gli operatori potrebbero NOTE DI SEGRETERIA I certificati d iscrizione possono essere prenotati anche telefonicamente. Il ritiro può essere direttamente o effettuato da una terza persona debitamente delegata, anche concordando, con l impiegata, il giorno del ritiro. occuparsi particolarmente in un incontro, di uno degli ospiti che per quel giorno è in crisi, o è disturbante, invadente, eccitato e così via. La capacità di mostrare e ricevere interesse che tanto può contrastare la desocializzazione. Il Gruppo così organizzato può trasmettere, attraverso le parole e le azioni, la volontà di avvicinarsi alla persona più isolata e di volerla all interno del Gruppo considerando solo ciò che questa persona può o vuole dare(nel gruppo pavese un esempio calzante c è). Il Gruppo neutralizza costantemente i tentativi che possono essere compiuti dagli utenti per rendersi sgradevoli e per indurre gli altri ad allontanarsi da lui. All apprendimento di questa competenza possono altresì contribuire: l informazione al gruppo dei motivi per cui alcuni ospiti sono assenti, il coinvolgimento in una interazione socializzante, l incarico dato agli ospiti presenti di informare gli assenti delle decisioni prese, Sono fasi del lavoro di un operatore psichiatrico che nell esperienza pratica, ho avuto modo di verificare mediante atti: fare un EDITORIALE insieme, commentare sempre insieme una CITAZIONE o una NOTIZIA, o ancora un TEMA, fare un disegno collettivo, scegliere insieme il modo di impaginazione del giornale, dare il proprio contributo alla stessa, mentre si costruisce, proiettandola su uno schermo gigante, fare insieme la spedizione della rivista organizzando una catena di montaggio. La capacità di trattare argomenti. Spesso nei pazienti psichiatrici c è una povertà quantitativa e/o qualitativa degli argomenti; spesso introducono, nella conversazione, temi fuori del contesto (parlare per esempio di aspetti di sé, anche intimi) o inopportuni (per esempio parlare della dose di farmaco che si assume o che si dovrà assumere di là a poco); spesso si perdono in dettagli inutili o si confondono, non riuscendo ad individuare il fulcro dell argomento. Ho avuto la possibilità con questa esperienza, di toccare con mano questi esempi e di imparare che una strategia per far acquisire questa competenza, potrebbe derivare dall uso della fermezza con cui riportare il paziente al compito che stava eseguendo o al tema della discussione, tenendo conto però che si potrebbe innescare un desiderio di fuga di fronte ad una richiesta troppo alta. A fronte di questa, l operatore deve agire da supporto. La capacità di trattare richieste. L apprendimento di questa competenza potrebbe risiedere in quelle parti del lavoro del Gruppo Giornale come: leggere, sintetizzare, discutere un articolo, perché in queste attività ogni componente deve cercare di essere chiaro, di spiegare il suo

18 18 PAGINA Infermiere a Pavia punto di vista e di farsi seguire nella lettura. La capacità di porre attenzione al contesto e alla complessità di un compito. La capacità di assumersi responsabilità. Se solo ci fermassimo a queste competenze/capacità potremmo dire che il GRUPPO GIORNALE, è il tentativo di strutturare un contesto di apprendimento di abilità specifiche, utili sebbene parzialmente, per l autonomia personale e sociale. E un Gruppo che consente di lavorare su obiettivi individuali e diversi, offrendo opportunità di compiti e di interazioni. Il Gruppo Giornale del Torchietto ospita persone eterogenee per età, sesso, background sociale e culturale, Weltanschauung ed Erlebnis, persone più desocializzate e meno desocializzate, persone che possano assumere compiti semplici e molto semplici o compiti più complessi. L integrazione solitamente si raggiunge, perché c è un obiettivo finale (il prodotto, il mezzo) bello e importante per tutti: il GIORNALE. Il Gruppo Giornale può, in generale, permettere di sperimentare il senso di appartenenza (non dimentichiamo che il bisogno di appartenenza appartiene all Uomo), la reciprocità, la collaborazione per arrivare con successo e soddisfazione al risultato finale. Il Gruppo Giornale può favorire l apprendimento dell organizzazione spazio-temporale. Spesso i pazienti psichiatrici (soprattutto quelli più isolati) non danno importanza al tempo, convinti che non ci sia niente nella loro vita che possa succedere ad una determinata ora: il loro ambiente di vita è sempre omogeneo. Questo, mi fa fare alcune riflessioni su persone che partecipano al Gruppo Giornale o ad altre attività e che esprimono sistematicamente indifferenza rispetto ad esse. L organizzazione di un lavoro di gruppo in compiti ben definiti, potrebbe favorire un ripristino della correlazione sequenziale tra succesione del tempo e successione delle azioni. Il contesto interattivo del Gruppo Giornale, e del gruppo in generale, può ridurre la tendenza a rivolgere un eccessiva attenzione verso la realtà interna (preoccupazioni, paure, vuoto). Questa infatti, prevale in presenza di tempi vuoti e in assenza di sollecitazioni dall esterno. La conseguenza è l invasione, nella sfera conscia, di sensazioni e pensieri negativi che a loro volta possono causare disorganizzazioni del comportamento e fuga. Nella mia esperienza, non si limita una persona della sua libertà di allontanarsi dal Gruppo, a volte lo si accompagna fuori per dimostrargli che la relazione non si inter- rompe, talora lo si avvicina sottovoce per ripetergli le decisioni che il gruppo sta prendendo o gli argomenti di cui si sta discutendo. Ancora, si affiancano e/o si aiutano gli ospiti a svolgere tutto o una parte del compito, per alcuni è possibile anche fare una correzione grammaticale e ortografica con estrema discrezione e cautela. Le finalità del Gruppo Giornale oltre che nello scopo ricreativo consistono nello stimolo delle capacità organizzative, relazionali, cognitive, di sintesi; nell espressione di pensieri ed opinioni trattando tematiche inerenti il micro e il macrocosmo sociale, culturale e terapeutico degli utenti; nella socializzazione; nello scoprire l interesse per le informazioni provenienti dal mondo in modo da favorire l acquisizione o il mantenimento di un saldo contatto con la realtà; nell esercizio della capacità di realizzare un progetto di lavoro e nella riappropriazione di capacità operative e di riflessione. La natura del Gruppo Giornale ha il potere di dare una scossa agli ospiti e di responsabilizzarli, perché è molto gratificante poter toccare con mano l oggetto dei propri sforzi e saperlo nelle mani altrui. Gli operatori si pongono un obiettivo a lungo termine molto lungimirante: far sì che un domani il Gruppo Giornale sia autogestito direttamente dagli utenti, con gli operatori come supervisori e non più come conduttori. Il Giornale è un Mezzo non il Fine. Un mezzo, a disposizione degli ospiti di tutte e tre le strutture del Polo Psichiatrico Torchietto, per permettere la scoperta o la riscoperta di nuovi strumenti intellettivi ed intellettuali; la costruzione di opinioni proprie; la ricerca, in ambito gruppale, del desiderio di comprendere, apprendere e scegliere; lo sviluppo della consapevolezza dei propri limiti; la scoperta di abilità nuove; l emergere di curiosità e motivazioni; il soddisfacimento di bisogni evoluti (sentirsi accettati dagli altri, essere riconosciuti socialmente, scambiare amicizie ed affetti, autorealizzarsi); lo sviluppo di un numero sempre maggiore di strumenti necessari alla persona per far sì che possa diventare un soggetto attivo, responsabile ed autonomo nella gestione e nella realizzazione della propria esistenza. Dar VOCE alla voce e alla sofferenza. Fare una rivista è una delle più belle esperienze di socialità che sia possibile fare, in questo nostro presente di solitudini obbligate, di frustrazioni narcisistiche, di idealità negate, di comunicazioni condizionate, dove le istituzioni e il mercato e le idee correnti sono quasi sempre nemici, quasi mai amici. Goffredo Fofi Eppure dopo tante peripezie insieme siamo riusciti a fare tutto quello che era nei nostri obiettivi Gli autori (Pensieri di Carta, Editoriale, Anno 3- Numero 4 Ottobre/Dicembre 2006). * Infermiera C.R.T. - Polo Psichiatrico Torchietto A.O. Pavia ** Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica NOTE DI SEGRETERIA Si rammenta che la tessera personale è il documento di riconoscimento del professionista. La tessera viene preparata dopo lo svolgimento delle procedure di iscrizione e può essere ritirata presso la segreteria del Collegio

19 Numero 3/ PAGINA Io c ero * Pamela Ronga Non importa quanto insignificante possa essere la cosa che dovete fare: fatela meglio che potete, prestatele tutta l attenzione che prestereste alla cosa che giudicate più importante, infatti sarete giudicati da queste piccole cose. Mahatma Gandhi L esperienza di tirocinio di Pamela Ronga, studente nel Corso di Laurea di Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica inizia nel Maggio 2004 al Polo Psichiatrico Torchietto proprio in concomitanza con l inizio di una nuova attività: il Gruppo Giornale. La studente ha preparato la sua tesi: Pensieri di Carta USCIRE CON IL GIOR- NALE NEL POLO PSICHIATRICO TOR- CHIETTO nell Anno Accademico 2006/2007 e l ha discussa il 28 Marzo u.s. con il Relatore Annamaria Tanzi ed alla presenza di alcuni ospiti del Torchietto e redattori nella rivista. L articolo è una sintesi del lavoro svolto da Pamela e da me, lascio integralmente il pensiero conclusivo della studente, un generoso tributo ad una attività difficile ma affascinante: Ho visto svilupparsi l idea di questo progetto, ho assistito ai primi incontri dove si cercava di capire come funzionava la redazione di un giornale, quali fossero i compiti dei redattori, quali argomenti trattare, come strutturare il giornalino, quali erano i costi da sostenere e i tempi di produzione e stampa Insomma si è incominciato a lavorare sul come rendere concreta l idea di questo progetto. Questa nuova avventura fece scaturire in ogni ospite partecipante differenti emozioni e sentimenti, ma più di tutti erano percepibili l euforia e lo stupore per la novità uniti ad una sana dose di scetticismo e anche il timore per il nuovo, la paura di non avere né le capacità, né gli strumenti conoscitivi e tantomeno l allenamento a scrivere, leggere e documentarsi. Ovviamente in principio i dubbi erano tanti, tutto sembrava un po confuso e difficile ma, gradualmente tutto si sistemava. La redazione cominciava a prendere forma ed il lavoro veniva organizzato per compiti con differenti livelli di responsabilità, ogni componente iniziava a riempire la propria cassetta degli attrezzi. In questa fase sperimentale si sono potuti osservare un forte spirito di coesione e il desiderio autentico (forse un bisogno di affermazione e di appartenenza)di costruire qualcosa di concreto e tangibile ma, insieme. In quei momenti mi è piaciuto, dietro le quinte, osservare il lavoro del gruppo tutti insieme ognuno con la propria forza, con le proprie risorse sane e con i propri limiti. Nel corso di questi anni il gruppo ha cambiato sembianze diverse volte, c è chi se ne è andato, chi ha deciso di non parteciparvi più, chi è rimasto, chi si è aggiunto e chi è ritornato e comunque è sempre stata una redazione molto numerosa. Ho potuto seguire un tirocinio abbastanza lungo nel Gruppo Giornale del Torchietto e ciò che più mi ha colpito, è stato registrare il coinvolgimento collettivo dei partecipanti. Non sono mancati i problemi, le difficoltà, le intolleranze, i diverbi soprattutto nel momento dell esposizione dei diversi punti di vista tra i componenti la redazione, ma il gruppo, per quello che ho potuto osservare, alla fine è sempre riuscito a trovare un punto d incontro o l accettazione del pensiero altrui, riconoscendogli il diritto di potersi discostare dal proprio. Il Gruppo Giornale è l appuntamento settimanale del Torchietto per tutti, ospiti ed operatori (interni al gruppo ed esterni), è l appuntamento di cui tutti ne riconoscono la solennità. Oggi, il gruppo è un insieme di persone che si muove con una personale autonomia e con un proprio stile di lavoro. La relazione, la socializzazione sono garantiti, i componenti hanno acquisito maggior fiducia in se stessi e nelle loro possibilità. Non mancano l impegno, il divertimento, la passione, le discussioni comunque dirette a migliorare il loro giornale. Il gruppo c è tutto e l attività è interiorizzata. A me è sembrato di vivere questa esperienza in una redazione giornalistica vera: tutti, intorno ad un grande tavolo sommerso di computer e articoli di ogni tipo. Il tavolo attorno al quale si discute, si decide, si propone e ci si confronta sempre in un modo che io definirei seriamente divertente e poi c è un gran caos, c è vita. L autore * Tecnico della Riabilitazione Psichiatrica

20 20 PAGINA Infermiere a Pavia Sclerosi Laterale Amiotrofica * Ivana Ritzu Vorrei esporre alcune considerazioni e annotazioni per essermi trovata improvvisamente, io, infermiera con una discreta conoscenza delle patologie esistenti in ospedale, ad assistere dei malati affetti da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), una malattia che non avevo mai sentito nominare nell ambiente ospedaliero, per me soltanto un nome che ricordavo vagamente di aver letto sui libri. Ho studiato allora un po la materia e ne ho tratto una sintesi delle nozioni essenziali, che ho cercato di apprendere velocemente per affrontare, con un minimo di preparazione, le persone affette da SLA (al momento, due) che mi era capitato d incontrare nella mia attività di volontariato. E Vivere con la SLA (Racconto della signora L.V.) Ho 69 anni e sono affetta da SLA bulbare. Circa due anni fa, incominciai a parlare in modo stentato e poi con l erre moscia, ma diedi la colpa ad un piccolo scheletrato che portavo in bocca da poco. Allora lo levai, ma la mia situazione non migliorò, anzi accusavo un insistente nausea ogni volta che solo atteggiavo la bocca per parlare. Su richiesta del neurologo iniziai a fare degli esami: del sangue, eco doppler al collo, tutti gli esami possibili di otorino, la tac e la risonanza magnetica. Il risultato di tutti fu negativo, ma la voce peggiorò ogni giorno. Consultai un altro neurologo che, con la delicatezza di un elefante, sentenziò la mia condanna a morte: SLA bulbare, mi restavano due o tre anni di vita al massimo. Davanti alla mia risposta che mi affidavo a Dio, egli esclamò: «se fossi nei suoi panni, mi dispererei». E poi mi provò la pressione e si meravigliò perché avevo 190 di massima e mi prescrisse delle pillole curative. Era l ultima delle mie preoccupazioni! Grazie ad una segnalazione di una premurosa collega di lavoro di mio figlio, conobbi il dottor M., che non mi diede false illusioni, ma nemmeno mi traumatizzò e mi lasciò aperto uno spiraglio di speranza. Da vero esperto mi consigliò di mettere la peg, per essere ben nutrita, dato che faticavo a masticare, e mi propose la ventilazione assistita, per una salutare ginnastica del mio diaframma. Ero nelle mani giuste. La mia vita è completamente cambiata, ma sono serena perché l ho affidata a Dio. Egli sulla mia strada spinosa ha inviato degli angeli per cospargerla di petali di rose: i dottori M e A., la stessa Asl, che mi fornisce il cibo per la peg e l equipaggiamento per la ventilazione assistita e mi manda cinque angeli che svolgono con amore il loro lavoro: le dottoresse D. e B. e gli altri tre ai quali voglio particolarmente bene: l infermiera Ivana, l ausiliaria Anna ed il fisioterapista dott. L. E per ultimo, non per importanza, un angiolone, quasi alto due metri, il dottor C., che mi ha installato sul computer un programma per disabili, di facile apprendimento; con una leggera pressione del ginocchio, schiaccio una piccola scatola legata alla gamba del tavolo e questa fornisce gli impulsi al computer. Ora posso comunicare con parenti e amici e mi diverto a scrivere favole per i miei cari nipotini. Le mie giornate sono ugualmente ricche come una volta, sebbene diverse; sono stracoccolata dai miei, ricevo visite di tanti amici, ho sempre il tempo per pregare e mi immedesimo nei personaggi che invento nelle mie storie, insomma non mi annoio mai. Sono felice anche se la SLA ogni giorno mi ruba qualcosa, ma con Dio al fianco, devo fare la fatica di lottare e sperare, perché Egli è la mia forza e so che non mi abbandonerà mai. 18 gennaio 2007 L.V. Le posso dire che la realtà è veramente cruda così come descritta nei libri e negli articoli che trattano di questa malattia: il racconto di una malata che riporto in calce ne è una prova amara e commovente. Il nome S.L.A. o sclerosi laterale amiotrofica sta ad indicare la sclerosi della porzione laterale del midollo spinale in associazione a grave atrofia muscolare. È una malattia rara e poco conosciuta. Detta anche malattia di Charcot, in onore del neurologo francese Jean Martin Charcot che la identificò e per primo la descrisse. Sulla scorta di venti casi, di cui cinque con autopsia, egli individuò una patologia con interessamento del primo e del secondo motoneurone. Evidenziò i segni bulbari come la faccia piangente contrattura del viso, salivazione aumentata, voce nasale, voce tremula, impoverimento del linguaggio e disfagia. L interessamento del primo motoneurone comporta contratture, riflessi osteo-tendinei aumentati, ipertonia e paralisi; l interessamento del secondo motoneurone comporta atrofia e fascicolazioni e la mancanza totale di disturbi sensitivi e mentali. L incidenza annua è compresa tra 0,4-1,76 per persone e si prevede che essa aumenterà del 16% entro il 2040 nei paesi industrializzati. E distribuita uniformemente in tutto il mondo, con focolai specifici più elevati nell isola di Guam nel Pacifico, e nella penisola di Kii nel Giappone, probabilmente in conseguenza alla esposizione di una sostanza tossica presente in stoccaggi di alimentari. La malattia colpisce persone di entrambi sessi, ma da un recente studio emerge che i maschi sono i più esposti rispetto alla donne. In genere la malattia compare in età adulta avanzata, sebbene siano stati documentati casi di esordio durante l adolescenza. L età media di comparsa varia tra i 55 e i 65 anni; più precoce nell uomo che nella donna. La malattia generalmente è sporadica, non ereditaria, tuttavia esistono delle forme famigliari; queste si manifestano piuttosto presto e la loro evoluzione è mediamente più rapida. In alcuni studi si è evidenziato che la malattia era provocata dalla mutazione del gene SOD1 nel cromosoma 21: un gene che codifica una proteina (la superossidodismutasi) e riduce la concentrazione dei radicali liberi tossici. Un ipotesi questa, poiché ma non è stato ancora stabilito come un difetto di questo gene provochi una malattia specifica dei motoneuroni. Le cause della S.L.A. non sono ancora

21 Numero 3/ PAGINA conosciute, sono state formulate molte ipotesi e la si è definita come una malattia derivante da fattori genetici e ambientali, che si manifesta con il deterioramento dei motoneuroni superiori ed inferiori a più livelli del nevrasse. All esordio i pazienti possono avere solo sintomi correlati ai motoneuroni inferiori o superiori, ma la diagnosi di certezza è basata sulla presenza contemporanea di entrambi le anomalie. La debolezza dell arto superiore è il più comune sintomo d esordio ed il polso cadente rappresenta un segno precoce caratteristico riconosciuto, contemporaneamente alla ipotrofia dei muscoli intrinseci della mano. Diversi altri sintomi e/o disturbi caratterizzano la malattia. Spesso le mani assumono un atteggiamento ad artiglio (mani da scimmia). Disfagia per i liquidi, poi per i solidi, difficoltà a deglutire dovuta ad un indebolimento progressivo della muscolatura labiale masticatoria, faringea e laringea. Scialorrea non dovuta ad una iperproduzione di saliva, ma ad un accumulo di essa dovuta all incapacità deglutitoria. Difficoltà respiratoria dovuta alla debolezza dei muscoli intercostali e diaframmatici; i primi sintomi si manifestano durante uno sforzo o durante il sonno (apnee notturne). Disfonia, la perdita del tono muscolare a livello laringeo possono portare il paziente ad una disfonia da ipomobilità delle corde vocali. La difficoltà respiratoria è un altra complicanza di questa malattia, poiché la debolezza dei muscoli della respirazione è inevitabile in quasi tutti i pazienti. Molto utile diventa allora la respirazione assistita, però senza la necessità dell intubazione. Attraverso una maschera facciale, viene somministrata una miscela d aria (varia da paziente a paziente), erogata da un apposita macchina, oppure si ricorre a letti oscillanti che utilizzano la gravità per facilitare l inspirazione e l espirazione. Questi strumenti possono ritardare la necessità di stabilire una via aerea artificiale, con l ausilio di un tubo endotracheale o attraverso la tracheotomia. La disatria, è definita come l insieme dei disordini del linguaggio dovuti ad alterazione del controllo muscolare dell apparato pneumo fono - articolatorio, per danneggiamento di uno dei processi motori di base coinvolti nella produzione verbale, da lesione organica di uno dei motoneuroni. La comunicazione costituisce un altro aspetto necessario dell assistenza al paziente. Molti pazienti sviluppano disatria, che ad un certo punto della malattia porta al mutismo. Si è trovato beneficio nella logopedia. Quando il paziente non è più in grado di produrre un linguaggio vocale, si può introdurre, ad esempio, l uso del computer in quei pazienti che hanno mantenuto la capacità di utilizzare gli arti superiori coordinatamente con i movimenti degli occhi. È quanto è stato fatto nel caso dell assistita signora L.V. che servendosi dei ginocchi, tramite un apposito software per disabili, ha scritto con il computer il racconto che segue queste mie righe. Un accorgimento, quello dell uso del computer, che le fa dire.e mi diverto a scrivere favole per i miei cari nipotini. La spasticita è un altro fenomeno tipico della S.L.A.: i crampi improvvisi e dolorosi sono delle contrazioni muscolari involontarie che interessano in genere un solo muscolo; i muscoli appaiono contratti e si oppongono all allungamento, le articolazioni tendono a fissarsi in alcune posizioni e ciò può causare dolori articolari e artrosi. Un altro problema da affrontare sono i disturbi del sonno, poiché frequentemente i pazienti affetti da S.L.A. soffrono di insonnia; le cause sono molteplici, essa può essere causata anche da crampi, spasmi o movimenti periodici delle gambe. Ed ancora: - incontinenza emotiva (difficoltà di controllare le emozioni), il paziente piange o ride, senza un motivo apparente, o,in momenti inopportuni - incontinenza urinaria dovuta a diversi fattori, quali il ridotto controllo della muscolatura vescicolare ed infezioni alle vie urinarie - stitichezza causata da errata abitudine alimentare, tra cui la ridotta assunzione di liquidi, la dieta povera di fibre, la diminuita attività fisica, la debolezza dei muscoli addominali. Per ridurre la stipsi è importante seguire una dieta ricca di fibre, aumentare l apporto idrico. Trattandosi di pazienti che perdono una notevole percentuale di peso corporeo, che sostanzialmente è dovuto alla perdita di appetito per inattività e stato depressivo è necessario affrontare Il problema dell alimentazione. D altra parte, con la progressione della malattia, la nutrizione è resa sempre più difficile dal sopraggiungere della disfagia, per cui in questi pazienti la qualità di vita può essere migliorata con l impianto di una digiuno-gastrostomia. Infine, anche la depressione, molto frequente sia nei pazienti che nella famiglia dopo una volta conosciuta la diagnosi di S.L.A. Sintomi più frequenti sono la tristezza quotidiana, la perdita di interesse per amici e hobby, irritabilità e collera, problemi di appetito e disturbi del sonno. Da sommario quadro che si è fatto, la sclerosi laterale amiotrofica è certamente una delle patologie più difficili da affrontare sia per il paziente e i suoi familiari, sia per l infermiere. Per l infermiere la presa in carico del paziente con S.L.A. comporta confrontarsi fin dall inizio con la sofferenza psicologica del paziente dovuta alla perdita grave ma inesorabile delle capacità motorie e dell autonomia. Purtroppo, fino ad oggi non esiste una vera e propria cura della malattia. Quindi al paziente può essere fornita soltanto una corretta terapia sintomatica utile ad alleviare i sintomi della malattia ed a consentirgli un accettabile qualità di vita. Essa deve essere decisa da un équipe costituita da diverse figure quali, un neurologo, un fisioterapista, uno psicologo, un gastroenterologo, un dietologo, un logopedista e degli infermieri, dato che il lavoro di équipe permette un approccio al malato uniforme e coerente da parte di tutte le figure che lo seguono, favorendo in tal modo il raggiungimento degli obiettivi d intervento, comprese le complicanze che insorgono nel corso della malattia. Come abbiamo visto in queste poche righe tutte le attività di vita di queste persone colpite da S.L.A. sono compromesse progressivamente fino ad arrivare ad uno stato d incapacità ai più semplici movimenti. Dopo questa rassegna sulle diverse manifestazioni patologiche, si deve concludere che la SLA è una malattia devastante: l invalidità è progressiva, sia nel corpo che nello spirito. Bibliografia AA.VV. (Iannaccone, Cippone, Pizzamiglio e Ferini-Strambi) Approccio riabilitativo multidisciplinare al paziente con sclerosi laterale amiotrofica, Ediz. Avenue Media, Bologna, 2003 (Ivi ampio elenco di bibliografia (pagg. 198 ss.), tutta in inglese) Internet Segnali e dialogo fra cellule neuronali, gliali e muscolari nella sclerosi laterale amiotrofica Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Esiste un associazione per la SLA, si veda Della SLA si occupa anche Associazione della Svizzera Romanda?e Italiana contro le Miopatie, in data 3 feb. 06 si legge una testimonianza sull uso di ausili informatici. Attenzione alla SLA dedica il sito di Telethon (malattia genetica) ove anche gli indirizzi di ospedali per la diagnosi. Altra associazione Slaitalia Racconta ampiamente un esperienza personale Carlo Bruno nel suo sito L autore * Infermiera

22 22 PAGINA Infermiere a Pavia Coordinamento dei Collegi IP.AS.Vi. Regione Lombardia * Annamaria Tanzi Il coordinamento dei Collegi IPASVI della Regione Lombardia, ha costituito un gruppo di lavoro infermieristico, nominato dai Collegi Provinciali, per ottemperare quanto previsto nel Piano Regionale Triennale per la Salute Mentale (PRSM) e successivamente il DRG del 17 maggio 2004, in accordo con le successive determinazione regionali Circolare 28/SAN del Il gruppo di lavoro ha avuto il mandato di pensare le strategie, gli obiettivi e le azioni per la tutela della salute e dei diritti di cittadinanza delle persone affette da disturbi psichici. Questo organismo di coordinamento si è insediato dal mese di novembre 2006 ed ha mantenuto un incontro mensile presso il Collegio IPASVI di Milano (Via Adige n.20) e relazioni continue attraverso il sistema informatico. Gli obiettivi: - Favorire la crescita professionale e culturale (morale) degli infermieri - Promuovere iniziative di informazione / aggior n amento con specifica attenzione alla modalità di erogazione e qualità dell assistenza fornita alle persone con disagio psichico nei vari contesti operativi - Pubblicazione e diffusione di materiale informativo e documentazione di carattere scientifico inerente la pratica assistenziale psichiatrica - Rappresentare gli infermieri nell area psichiatrica nelle questioni che riguardano:l organizzazione del lavoro, i rapporti tra operatori e associazioni di familiari e del privato sociale, Enti pubblici, Ordini e Collegi Professionali, per problematiche inerenti la pratica assistenziale in ambito psichiatrico - Stabilire i rapporti con altre Associazioni di Categoria mediche, sanitarie e sociali legalmente costituite - Collaborare con le autorità politiche e Amministrative della Regione Lombardia e delle Provincie e delle ASL/AO nella promozione e nello sviluppo di iniziative di natura assistenziale e sociale atte a migliorare gli interventi a favore delle persone con disagio psichico - Creare una biblioteca e un centro di documentazione della letteratura scientifica in materia di assistenza psichiatrica - Sostenere i diritti delle persone con disagio psichico. Il gruppo ha inoltrato nei mesi di maggio e giugno 2007, a tutto il personale infermieristico della Salute Mentale della Regione Lombardia, un questionario con l obiettivo di valutare alcune proposte formative per gli infermieri operanti nella Psichiatria e di raccogliere i dati qualitativi e numerici per la stesura di una mappatura della realtà regionale. Tutte le iniziative vedranno coinvolte, con gli infermieri, le Istituzioni che governano la Sanità nella nostra Regione. Nel mese di Luglio dell anno in corso, una delegazione infermieristica del coordinamento, ha incontrato l Assessore alla Sanità della Regione Lombardia Dott. Luciano Bresciani e alcuni componenti del tavolo tecnico del medesimo assessorato per chiedere una partecipazione attiva degli infermieri per programmare la formazione in salute mentale sul territorio lombardo. Nell occasione, è stato presentato il Coordinamento e consegnato una parziale documentazione desunta dall elaborazione dei dati raccolti con il questionario di cui sopra. Il Coordinamento, dimostra la volontà dei Collegi Infermieri IPASVI, rappresentativi di oltre professionisti, di impegnarsi nei confronti di un settore delicato come quello della Psichiatria dove sin ora la richiesta del nostro contributo è sempre stata marginale seppur risultiamo essere il punto nevralgico del sistema. Il lavoro sin qui svolto, ha evidenziato una non omogenea distribuzione delle risorse con delle criticità rilevabili soprattutto nelle aree metropolitane. Altra preoccupazione, dopo alcuni drammatici eventi sentinella, è la procedura attuata in merito alla contenzione dei pazienti in agitazione psicomotoria, dove, alcune realtà, non utilizzano il protocollo ed il registro di contenzione. A tal fine stiamo svolgendo un indagine accurata in tutti i Servizi Psichiatrici. Stiamo inoltre analizzando con attenzione, la Delibera n VIII/4221 del avente per oggetto il riordino della residenzialità psichiatrica; ad una prima analisi è palese l esistenza di criticità in riferimento alla dotazione del personale assistenziale. I programmi futuri riguarderanno lo studio di EVENTI FORMATIVI decentrati nelle Province Lombarde e un primo convegno a livello regionale. Gli infermieri pavesi coinvolti in prima persona in questa iniziativa, colgono l occasione per ringraziare i Coordinatori Infermieristici ed i Colleghi Infermieri delle U.O.P. (Unità Operative Psichiatriche) di Pavia e Province per il riscontro ottenuto con la compilazione del questionario. Si ringraziano in particolar modo la Dott.ssa Pontello Giuseppina, Responsabile S.I.T.R.A. A.O. Pavia e la Dott.ssa Mazzucco Antonella, Responsabile del Servizio Infermieristico A.O. Pavia. Entrambe, sono state sensibili all iniziativa autorizzando la divulgazione del questionario in tutti i Servizi del Dipartimento di Salute Mentale. Per qualsiasi informazione e chiarimento è possibile contattare le seguenti persone: ERCOLE PIANI (Presidente Collegio IPA- SVI di Sondrio e Coordinatore Gruppo Infermieri Area Psichiatrica Collegi IPA- SVI Lombardia) presso il Collegio IPA- SVI di Milano-Lodi via Adige Milano telefono 02/ Fax 02/ o info@ipasvimi.it Per l A.O. della Provincia di Pavia: Annamaria Tanzi (Consigliere Collegio IPASVI PV) Infermiera c/o C.R.T. Polo Psichiatrico Torchietto Tel. 0382/ annamaria.tanzi@alice.it. Anna Maria Bergonzi Infermiera A.F.D. S.P.D.C. Pavia Tel. 0382/ Alessandro Invernizzi Infermiere c/o C.R.T. Polo Psichiatrico Torchietto - Tel. 0382/ L autore * Infermiera Polo Psichiatrico Torchietto A.O. Pavia

23 Numero 3/ PAGINA La mancata applicazione del D.Lgs. 66/2003 Dal Forum Infermieristico * Beppe Braga to, il cui unico scopo è quello di evitare sanzioni amministrative alle Asl, queste potranno continuare a schiavizzare i lavoratori. SENATORE FORZA ITALIA VUOLE ABOLIRE IL DIRITTO AL RIPOSO DEI LAVORATORI DELLA SANITA Mar, :45 A causa della sistematica violazione da parte delle Asl della legge europea sull orario di lavoro e delle conseguenti sanzioni comminate alle Asl dagli Uffici Ispezione delle Direzioni Provinciali del Llavoro, i nostri politici (Senatore Tomassini, uno dei 25 parlamentari condannati) hanno pensato bene di modificare il D.lgs. 66/2003 anziché risolvere il vero problema: le gravi carenze di organico. Così il Senatore Tomassini (Forza Italia, membro della Commissione del Senato Igiene e Sanità, presente nella lista dei 25 parlamentari condannati in via definitiva ) in occasione dell esame del DDL denominato Turco-Mussi su Interventi per il settore sanitario e universitario ha colto l occasione per introdurre un emendamento. Il Senatore ha richiamato l esigenza di un intervento legislativo in materia di turnazione del personale sanitario, volto a sancire che il riposo giornaliero riconosciuto al lavoratore soggetto a turni possa essere fruito anche in modo non consecutivo (la legge europea prevede 11 ore di riposo consecutivo tra un turno e l altro). Ciò consentirebbe alle strutture sanitarie di non incorrere in sanzioni, talvolta estremamente onerose, perché non sono in grado di effettuare le turnazioni secondo le modalità previste dalla normativa vigente, in presenza di significative carenze di organico. Pertanto il Senatore Tomassini, insieme agli altri componenti della commissione appartenenti a Forza Italia, preso atto della carenza di personale che rende talvolta problematica l effettuazione delle turnazioni secondo le modalità previste dalla normativa vigente, invita il Governo a verificare l opportunità di modificare la normativa in materia di turnazione del personale sanitario prevista all articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2003, nel senso di consentire che, tra le ore 0 e le ore 24, ai lavoratori a turni siano concesse almeno undici ore di riposo anche non consecutive. Se passa questo emendamento sciagura- Pertanto si invitano tutti i lavoratori della Sanità a contattare il Ministro del Lavoro, i sindacati, i parlamentari della 12 Commissione del Senato Igiene e Sanità, il Ministro della Salute per manifestare la propria contrarietà alla modifica della legge europea sull orario di lavoro che avrebbe conseguenze gravissime. Segue il resoconto della seduta della Commissione Igiene e Sanità, durante la quale si è discusso della modifica della legge 66/03: Misure urgenti per la turnazione del personale sanitario 1. Dopo il comma 1 dell articolo 7 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, è aggiunto il seguente comma: 1-bis. In tutte le strutture di ricovero e cura, tra le ore 0 e le ore 24, ai lavoratori a turni debbono essere concesse almeno undici ore di riposo anche non consecutive. La presente disposizione si applica a far data dal 29 aprile 2003». Per dichiarazione di voto favorevole sull emendamento ha la parola il senatore TOMASSINI (FI), il quale richiama l esigenza di un intervento legislativo in materia di turnazione del personale sanitario, volto a sancire che il riposo giornaliero riconosciuto al lavoratore soggetto a turni possa essere fruito anche in modo non consecutivo. Ciò consentirebbe alle strutture sanitarie che - in presenza di significative carenze di organico - non sono in grado di effettuare le turnazioni secondo le modalità previste dalla normativa vigente di non incorrere in sanzioni, talvolta estremamente onerose. Il senatore CURSI (AN) preannuncia a sua volta il voto favorevole sulla proposta emendativa, rilevando l esigenza di individuare una soluzione alle attuali difficoltà ad assicurare un efficace turnazione attesa l inadeguatezza degli organici, dovuta anche al perdurante blocco delle assunzioni. Senza uno specifico intervento normativo, paventa il rischio che si determinino conseguenze negative in termini di prestazioni sanitarie nei confronti dei cittadini. Il senatore SILVESTRI (IU-Verdi-Com), pur preannunciando il proprio voto contrario sull emendamento in considerazione del parere ostativo della Commissione bilancio ai sensi dell articolo 81 della Costituzione, invita il Governo a prendere in considerazione la necessità di un sollecito intervento in materia di turnazione del personale sanitario. Il senatore BODINI (Ulivo) auspica che il presentatore intenda trasformare l emendamento in apposito ordine del giorno diretto a impegnare il Governo a studiare con attenzione la questione della turnazione e ad individuare soluzioni con il coinvolgimento dei sindacati. Il senatore TOMASSINI (FI) trasforma l emendamento nell ordine del giorno G/1334/2/7e 12. Dopo che il sottosegretario (di Stato per la salute) ZUCCHELLI ha dichiarato di accogliere l ordine del giorno G/1334/2/7e 12, quest ultimo è posto ai voti e approvato dalle Commissioni riunite ai fini della trasmissione in Assemblea. Ordine del Giorno n. G/1334/2/7ªE12ª al DDL n G/1334/2/7ªe12ª TOMASSI- NI, BIANCONI, CARRARA, COLLI, GHIGO, LORUSSO, ASCIUTTI ACCOLTO DAL GOVERNO E APPROVATO DALLE COM- MISSIONI RIUNITE. Il Senato, in sede di esame del disegno di legge n. 1334, recante «Interventi per il settore sanitario e universitario», preso atto della carenza di personale che rende talvolta problematica l effettuazione delle turnazioni secondo le modalità previste dalla normativa vigente, invita il Governo a verificare l opportunità di modificare la normativa in materia di turnazione del personale sanitario prevista all articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 66 del 2003, nel senso di consentire che, tra le ore 0 e le ore 24, ai lavoratori a turni siano concesse almeno undici ore di riposo anche non consecutive. Raggiungendo questo link (sito dell Associazione Italiana Psichiatri) è possibile sottoscrivere l appello contro la richiesta di modifica della legge europea orario di lavoro. L autore * Infermiere Libero professionista

24 24 PAGINA Infermiere a Pavia Il tentato suicidio (TS) negli adolescenti e giovani adulti Assistenza infermieristica al paziente critico in sala di Rianimazione del Pronto Soccorso * Ciro Balzano ** Antonio Busacca *** Angelo Colombo PREMESSA Il tentativo di suicidio è un atto deliberato di autolesione che non comporta un esito letale, ed è caratterizzato da una forte ambivalenza tra il vivere e il morire. Il tentativo di suicidio può rappresentare a volte il desiderio da parte di chi lo compie di porre fine alla propria vita e, a volte, di forzare la realtà avendo come scopo finale il raggiungimento e la realizzazione di un desiderio. Il suicidio è, dopo gli incidenti stradali, la terza causa di morte tra i giovani sotto i vent anni. L infermiere deve avere la giusta conoscenza per gestire prima clinicamente e poi psicologicamente un giovane che ha deciso di togliersi la vita. INTRODUZIONE Ogni anno negli Stati Uniti circa 2 milioni di adolescenti tentano il suicidio (TS) e circa ricorrono alle cure mediche a seguito del loro gesto. Si stima che ogni anno circa giovani (USA) di età compresa tra i 10 e i 19 anni si tolgano la vita. In Italia dati ISTAT (1996) certificano che, per ogni di abitanti, di età compresa tra i 10 e i 17 anni, ci sono stati 69,67 tentati suicidi di cui 10,32 riguardano ragazzi e 59,35 ragazze. Nel 2000 il suicidio è stato la 3 causa di decesso fra i giovani di età fra i 15 e 24 anni preceduto da traumi non intenzionali e omicidi. Tra i giovani che tentano il suicidio le donne di età compresa tra i 15 e 19 anni sono nettamente superiori agli uomini, tuttavia quest ultimi hanno statisticamente una probabilità maggiore di morire come conseguenza al TS. Sempre in Italia ( ISTAT 1996) su 30,8 suicidi per di abitante, i ragazzi sono stati 23,2 e le ragazze 7,6. Ricerca ed esperienza nel Pronto Soccorso dell Ospedale San Carlo Milano Una ricerca condotta da un equipe sanitaria multi disciplinare dell ospedale San Carlo Borromeo di Milano ha monitorato gli accessi del triennio 2003/2005 in pronto soccorso per TS da farmaci o da sostanza tossiche di pazienti di età < 25 anni e di età > 25 anni. Il metodo di analisi è avvenuto tramite la ricerca e la lettura dei verbali del pronto soccorso che raccolgono i dati clinici di tutti gli specialisti che si sono occupati del caso; i TS agiti con altre modalità sono stati esclusi. Nel triennio gli interventi di rianimazione sono stati 995 e nel 41,3% ( 411) dei casi si è trattato di un tentato suicidio. INTERVENTI DI RIANIMAZIONE 59% Altri interventi di rianimazione I casi presi in considerazione sono stati 411: I pazienti di età superiore ai 25 anni sono stati 335 I pazienti di età inferiore ai 25 anni sono stati 76 TOTALE TS 411 PAZIENTI Pz <25 aa 76 41% 81% Pz < 25 aa 335 Tentati suicidi 41% Le donne che hanno tentato il suicidio sono state 295, gli uomini 116. Pazienti di età inferiore ai 25 anni TOTALE n. % Femmine ,5 Maschi ,5 TOTALE Pazienti di età superiore ai 25 anni TOTALE n. % Femmine ,8 Maschi ,2 TOTALE

25 Numero 3/ PAGINA Nel 34% dei casi di pazienti di età inferiore ai 25 anni è stata formulata una diagnosi psichiatrica: Disturbo alimentare il 30.8% Disturbo della personalità 26,9% Episodio depressivo 23,1% Dipendenza da droghe 11,6% Attacco di panico 3,8% Disturbo dell adattamento 3,8% DIAGNOSI PSICHIATRICA 34% Disturbo dell adattamento Attacco di Episodio Dipendenze panico depressivo da droghe 4% 4% 23% 13% 26% 30% Disturbo della personalità Il 43,4% dei TS nei pazienti di età inferiore ai 25 anni hanno avuto come eventi scatenanti il gesto autolesivo. Le varie tipologie degli eventi scatenanti sono state: Delusioni affettive 57,6% Conflitti familiari 30.3% Lutti e malattie 12,1% IL 43% DEI TS: EVENTI SCATENANTI Lutti e malattie 12% 30% Conflitti familiari Disturbo alimentare Il 3,9% dei casi sono risultati recidivanti, i pazienti avevano, almeno una volta, già tentato il suicidio. I pazienti avevano almeno una volta tentato il suicidio 58% Delusioni affettive CASI RECIDIVANTI 4% 96% Modalità più diffuse tra i TS da farmaci o sostanze nei pazienti di età inferiore ai 25 anni. MODALITÀ TOTALE % psicofarmaci 32,9 fans 11 farmaci vari 26,8 droghe 6,1 Alcool + farmaci 19,5 sostanze tossiche 3,7 TOTALE 100 Nursing del paziente che ha tentato suicidio in sala di Rianimazione (RR) del Pronto Soccorso (Ospedale San Carlo Borromeo Milano) Il paziente è valutato in accettazione dall infermiere triagista che, dopo una valutazione primaria dello stato di coscienza (GCS) e dei parametri vitali, intervista i soccorritori e i familiari per raccogliere informazioni sul tipo di farmaco e sostanza usati per il TS; raccoglie inoltre l anamnesi clinica e i dati anagrafici. Se le condizioni cliniche lo richiedono ( stato di incoscienza e/o parametri vitali alterati) l infermiere triagista accompagna il paziente con codice rosso in sala di rianimazione e, prima di chiamare il medico rianimatore, lo affida al collega urgentista. Il personale OSS collabora alla svestizione e, sotto la supervisione dell infermiere, alla raccolta di eventuali oggetti di valore che vengono posti in cassaforte o consegnati ai parenti. Vengono rilevati i valori emodinamici tramite il monitoraggio continuo, viene reperita ed incannulata una vena periferica e successivamente eseguito un prelievo ematico per esami eamtochimici e tossicologici. Viene eseguito un ECG. Su indicazione medica si posiziona un sondino nasogastrico ( SNG) e si procede alla gastrolusi: i nostri protocolli prevedono la somministrazione per via enterale di 2000 cc di acqua tiepida con successiva aspirazione; prima di rimuovere il SNG vengono somministrati (attraverso il SNG) 30gr di carbone vegetale, 30gr di magnesio solfato e prescritti 2000 cc di liquidi da infondere (fisiologica ed isoelettrolitica) nelle ore successive. L osservazione intensiva in sala di RR continua fino alla completa stabilizzazione del paziente: parametri vitali stabili e livello di coscienza accettabile (GCS 15). Viene programmata la visita psichiatrica per il definitivo parere specialistico prima della dimissione. È di fondamentale importanza durante l osservazione clinica, il rapporto che l infermiere riesce a stabilire con il paziente. L infermiere deve sapere ascoltare il malato e rispettarne l opinione anche quando questa appare palesemente assurda, deve introdursi prudentemente nel suo mondo e farsi, a poco alla volta, accettare adottando strategie di partecipazione e complicità. Il paziente che ha tentato il suicidio vive nell angoscia, spesso accentuata dalle incomprensioni di chi lo circonda, e sovente manifesta diffidenza e/o aggressività verbale. Un comportamento professionale ed empatico aiutano a superare queste difficoltà e una volta stabilita la relazione interpersonale, il paziente si apre e fornisce all infermiere la possibilità di comprendere i suoi problemi, la propria angoscia e il complesso delle sue esperienze. L infermiere che gestisce una giovane vittima di un tentato suicidio ha una grossa responsabilità che lo impegna sia sul lato professionale che umano. I sentimenti, le emozioni, le parole del paziente sono messaggi che non vanno mai trascurati, è importante quindi non assumere atteggiamenti colpevolizzanti e giudiziali. Bibliografia - Bosso A., Psichiatria per operatori sanitari, Emmebi Diffusione, Milano, Pezzoli A., L organizzazione del Pronto Soccorso. L assistenza infermieristica e la professionalità nei rapporti interpersonali, - Cantarelli M., Neri W., Ottone M., Vetere C., Quaderni dell infermiere, Masson Italia Editori, Milano, Drigo M.L., Borsaga L., Mercurio A., Satta E., Cliniche e nursing in psichiatria, spazio di incontro tra operatori e pazienti, Ambrosiana, Milano Samaritans 1998, Exploring the Taboo, Samaritans. - Rapporto 1997 sulla condizione dell infanzia e dell adolescenza in Italia. ISTAT - Statistiche giudiziarie e penali ISTAT Sitografia - Suicide and the School - Preventing adolescent suicide NOTE DI SEGRETERIA Chi fosse interessato a ricevere in via celere comunicazioni importanti, informazioni utili, novità, date di eventi formativi, può contattare la segreteria e lasciare un recapito di riferimento che verrà usato come casella postale prioritaria Gli autori * Infermiere - Pronto soccorso AO San Carlo Borromeo Milano ** Infermiere - Pronto soccorso AO San Carlo Borromeo Milano *** Medico - UO Pronto soccorso AO San Carlo Borromeo Milano

26 26 PAGINA Infermiere a Pavia Aggiornamento * Silvia Giudici IN ITALIA L infermieristica basata sulle evidenze e l assistenza alla persona affetta da fibrosi cistica: ricerca, aggiornamento e implementazione della buona pratica Milano, 30 novembre 2007 ecm: contattare segreteria organizzativa euro: gratis tel: ; fax: info: eacsrl@tin.it La nuova terapia insulinica: percorsi gestionali nel paziente diabetico di tipo 2 (DMT2) Pavia, 1 dicembre 2007 ecm: contattare segreteria organizzativa euro: gratis tel: ; fax: info: alessandra.antino@nadirex.com La responsabilità professionale dell Infermiere Diabetologo al passo con l evoluzione della normativa professionale e con l inserimento di operatori di supporto Milano, 7 dicembre 2007 ecm: contattare segreteria organizzativa euro: gratis tel: ; fax: info: m.melchiorre@planning.it Le cure palliative: aspetti organizzativi e clinico-assistenziali Ferrara, 10 e 11 dicembre 2007 ecm: contattare segreteria organizzativa euro: IVA tel: ; fax: info: info@formatsas.com ANDATA Il paziente aggressivo: interventi infermieristici di prevenzione e gestione del rischio Padova, 14 dicembre 2007 ecm: 7 euro: tel: ; fax: info: segreteria@ceref.it Sclerosi laterale amiotrofica. La presa in carico globale dalla diagnosi all accompagnamento del fine vita: utopia o realtà? Pavia, 14 dicembre 2007 ecm: contattare segreteria organizzativa euro: gratis tel: ; fax info: raffaella.angelicchio@fsm.it I processi comunicativi e l empatia Mantova, 15 dicembre 2007 ecm: contattare segreteria organizzativa euro: gratis tel: ; fax: info: info@overconsult.it La relazione di aiuto Milano, 14 e 15 dicembre 2007 ecm: 14 euro: contattare segreteria organizzativa tel: ; fax: info: a.giannitrapani@antiforma.it Le nuove responsabilità ed il ruolo dell Infermiere Brescia, 17 dicembre 2007 ecm: contattare segreteria organizzativa euro: gratis tel: ; fax: info: segreteria.organizzativa@medik.net Corso base in Risk Management Sanitario Milano, 17 e 18 dicembre 2007 ecm: 14 euro: contattare segreteria organizzativa tel: ; fax: info: a.giannitrapani@antiforma.it Master I livello Universitario Infermieristica in Area Critica Pavia, gennaio 2008 dicembre 2008 euro: 2.600,00 tel: ; fax: info: paolo.piccinini@unipv.it Le basi scientifiche e le tecniche di elastocompressione nelle lesioni vascolari Ferrara, 1 e 2 febbraio 2008 ecm: contattare segreteria organizzativa euro: IVA tel: ; fax: info: info@formatsas.com Le lesioni cutanee nel paziente oncologico Pavia, 8 aprile 2008 ecm: contattare segreteria organizzativa euro: IVA tel: ; fax: info: segreteria@aislec.it L autore * Infermiera Neuroriabilitazione I - Fondazione Salvatore Maugeri Pavia La formazione del personale nei Nuclei Alzheimer delle R.S.A. Milano, 13 dicembre 2007 ecm: 4 euro: IVA tel: ; fax: info: formazione@fondazionemantovani.it NOTE DI SEGRETERIA Le procedure di iscrizione consentono di accettare domande con la semplice certificazione di conseguimento del titolo abilitante. Si rammenta che ai sensi della normativa vigente è indispensabile consegnare copia del titolo di studio non appena possibile. Chi non avesse ancora provveduto è invitato a farlo con cortese sollecitudine.

27 Numero 3/ PAGINA RITORNO A proposito di Comunicazione, Relazione e... * Annamaria Tanzi Recuperare in sé e negli Altri non cose ma persone, non oggetti da manipolare, ma individui da comprendere è ciò che rende possibile una comprensione libera e autentica di ciò che avviene nell Altro, non più caso oggettivato, ma persona nella dimensione relazionale dell incontro. Lai, 1985 CORSO DI ALTA FORMAZIONE: La Professione d Aiuto tra idealità e realtà Docente: Dott. Prof. Lucia La Torre UNIVERSITÀ CATTOLICA del SACRO CUORE Milano 3 e 4 Febbraio 2006 Il Corso, suddiviso in quattro moduli per un totale di 16 ore, ha avuto come filo conduttore la Relazione di Cura e le sue dinamiche profonde (emozioni, illusioni, aspettative, frustrazioni, difese) che possono sfuggire alla consapevolezza dei protagonisti. L obiettivo: offrire gli strumenti per acquisire consapevolezza della complessità insita nell essere con l Altro, delle possibili forze in atto e far sentire il desiderio di indagare le motivazioni che spingono alla relazione stessa.tutto questo configura una precisa responsabilità dell operatore verso se stesso, verso i pazienti-utenti, verso i colleghi e verso i superiori e offre la possibilità di metabolizzare gli accadimenti nel qui ed ora, rendendoli pensabili e quindi maggiormente tollerabili. È stata posta l attenzione sulla relazione professionale nelle cosiddette Professioni D Aiuto con particolare riguardo agli aspetti emotivi (tra coinvolgimento e fuga), alla relazione con il paziente/utente, ai conflitti nel gruppo di lavoro ed al burn-out degli operatori. Il percorso formativo è stato basato sulla conoscenza delle diverse teorie psicologiche (declinate anche nella sociologia) che possono aiutare in una lettura più consapevole delle dinamiche sottese alla relazione di cura. Il presupposto è che al centro della cura e dell assistenza c è un UOMO, il paziente/utente, un essere umano, inserito nel mondo, con una serie di disagi, che ha diritto ad un suo riconoscimento come persona con una dignità ed un esistenza propria unica ed irripetibile. L operatore (medico, infermiere, psicologo, educatore, terapista della riabilitazione, fisioterapista, logopedista, animatore ed altri ancora) non può che essere colui che aiuta l Altro attraverso se stesso, per cui necessita di tutta una serie di strumenti che gli derivano dalle conoscenze e dall esperienza, conoscenze che lo differenziano dagli altri esseri umani e lo rendono il professionista. Questa cassetta degli attrezzi è importante per la conoscenza di sé, per conoscere i propri dinamismi interiori e diventare professionisti maturi per trovare il modo (Strategie di COPING) per superare le eventuali frustrazioni derivanti dall incapacità di far fronte agli insuccessi terapeutici, per saper controllare i meccanismi di difesa e di delega spesso attivati di fronte alla situazione di crisi, e in particolare, per saper gestire i conflitti, le tensioni, le rivalità presenti all interno dell èquipe che possono congelare gli operatori di un servizio in un intensa sindrome del burn-out (una perdita di controllo F. Folgheraiter). Le professioni d aiuto sono quelle più a rischio perché fondamentalmente basate sulla relazione tra operatore e persone disagiate, perché sono professioni nelle quali le responsabilità morali dell operatore, lo stresso a cui è sottoposto e il suo coinvolgimento emotivo sono elevatissimi. L operatore, investito dalle emozioni pregnanti e vivide dell Altro che possono trascendere il razionale, può esserne contagiato, subirne gli effetti: alto è il rischio di una saturazione del pensiero. E quindi essenziale che l operatore non neghi quanto di emotivamente interviene nell interazione ma, al contrario, abbia la curiosità di indagare le forze presenti nel campo relazionale, esplicitandole, rendendole punto di partenza nella ricerca di sé e di un incontro autentico con l Altro. Il Corso è stato altamente interattivo, agli esaurienti approfondimenti teorici arricchiti dalla forza del mondo della celluloide (molti spezzoni di film hanno fatto da sfondo per una maggiore comprensione delle conoscenze teoriche proposte) e del mondo delle citazioni, sono stati alternati esercitazioni individuali e di gruppo, questionari valutativi, simulazioni, discussioni e autocasi. Un corso dalle tonalità accademiche che ha saputo offrire riflessioni sul mondo della vita in una chiave di lettura fondamentalmente psicologica, non facendo a meno però di uno sguardo da lontano servito in una cornice suggestiva ed affascinante. Giocando, si impara Il gioco è stato parte importante della metodologia utilizzata, è stato ricordato che già Platone affermava che Scopri di più di una persona in un ora di gioco che in un anno di conversazione e poi Shaw Non si smette di giocare perché si invecchia ma si invecchia perché si smette di giocare. Il messaggio è stato Il gioco è una cosa seria. Chi più partecipa più impara. Esercizio di apertura: far diventare il proprio nome un ACROSTICO e accanto ad ogni lettera scegliere un aggettivo rappresentativo di sé. PRIMO MODULO È stata trattata la consapevolezza emotiva partendo dalle motivazioni conscie ed inconscie che spingono ad una scelta pro-

28 28 PAGINA Infermiere a Pavia fessionale sino ad un viaggio attraverso il mondo delle proprie emozioni per comprenderne le cause e gli effetti. Sulla scelta della professione sono state scelte due citazioni di Tolstoj Ogni uomo, per agire, ha bisogno di credere che la sua attività sia importante e buona e Dostoevskij Se vuoi trasformare un uomo in una nullità, non devi fare altro che ritenere inutile il suo lavoro. SECONDO MODULO La relazione d aiuto (RdA) è il tema di questa seconda parte del corso, sono state descritte le caratteristiche, gli elementi fondamentali per costruire una buona relazione di cura, le dinamiche inter e intra individuali che sottendono la relazione operatore-utente: transfert, controtransfert, empatia. Un brano tratto dal Piccolo Principe (Antoine De Saint-Exupèry) per iniziare a parlare di relazione: Non sapevo bene cosa dirgli Mi sentivo molto maldestro. Non sapevo come toccarlo, come raggiungerlo [ ] Il paese delle lacrime e così irraggiungibile. Vieni a giocare con me, le propose il piccolo principe, sono così triste... Non posso giocare con te, disse la volpe, non sono addomesticata. Ah! scusa, fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: Che cosa vuol dire addomesticare? Non sei di queste parti, tu, disse la Volpe, che cosa cerchi? Cerco gli uomini, disse il piccolo principe. [...] Che cosa vuol dire addomesticare? È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami Creare dei legami? Certo, disse la volpe. Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l uno dell altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo. [...] Che bisogna fare? domandò il piccolo principe. Bisogna essere molto pazienti, rispose la volpe. In principio tu ti sederai un po lontano da me, così, nell erba. Io ti guarderò con la coda dell occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po più vicino... TERZO MODULO Il tema L ascolto nella relazione d aiuto, i contenuti hanno riguardato: Peculiarità della comunicazione fra operatore e utente Comunicazione assertiva: la sottile arte per gestire la relazione d aiuto Capacità di Counseling. Il colloquio fra operatore e utente: dinamica, meccanismi di difesa, funzioni manifeste e latenti. Comunicare è un modo utile e facile di contribuire alla pace altrui e propria, perché il silenzio, l assenza di segnali, è a sua volta un segnale, ma ambiguo, l ambiguità genera inquietudine e sospetto. P. Levi QUARTO MODULO Dall Idealità alla Realtà: Stress Burn out Coping. Lo STRESS (da strictus che vuol dire stretto, serrato, compresso) è una risposta normale di adattamento generale all ambiente, la base psicofisiologica eed energetica che si attiva di fronte ad una novità, all attesa di un avvenimento significativo o minaccioso o inconsueto, è tendenzialmente sempre lo stesso. La risposta di stress è un reclutamento psicofisiologico di energia e di prefigurazioni comportamentali e cognitive, dalle più elementari (attacco o fuga) alle più sofisticate (p.e. tenere una conferenza importante). (Favretto 1994) Lo stress è inevitabile, è l essenza della vita Oggi il Burn-out è definito come l insieme dei comportamenti adottati per arginare l impoverimento di energie psichiche a causa dell impoverimento delle emozioni positive. Il Burn-out si configura quindi come possibile solutore, tutto ciò che l operatore fa, quando c è un vissuto personale di incapacità a gestire situazioni difficili in cui non si vede un cambiamento. Il Coping rappresenta: - Strategie atte ad affrontare una minaccia - Insieme dei processi messi in atto per superare le difficoltà e adattarsi all ambiente - Costante cambiamento dei tentativi cognitivi e comportamentali per trattare specifiche richieste esterne e/o interne che sono valutate come deprivanti o eccedenti le risorse della persona - Insieme di processi cognitivi che pongono le premesse per un tentativo di adattamento o di cambiamento dell ambiente da parte dell individuo. Conclusioni A fondamento delle professioni d aiuto c è la relazione con l Altro che comporta inevitabilmente situazioni complesse e contraddittorie nelle quali conoscenze tecniche, stati d animo, emozioni, intuizione, capacità di immedesimazione e di introspezione devono essere tra loro integrate in un dialogo armonico fatto di parole, di ascolto, ma anche di silenzio e di contatto. Questo, richiede un impegno profondo dell operatore sul piano emozionale. E quindi importante che l operatore sviluppi la propria sensibilità, imparando a riconoscere e gestire le emozioni che la relazione stessa fa nascere in lui e in tutte le persone (pazienti, colleghi e superiori) con cui entra in contatto, vivendole in maniera autentica ma al tempo stesso sapendosene distanziare. Si tratta di un processo che richiede una continua riflessione su se stessi, l attenzione ai propri processi interiori, alle proprie fantasie, alle proprie emozioni, ai propri sentimenti. Lo sviluppo di una capacità riflessiva è la conditio sine qua non, non solo per un efficace e costruttiva relazione d aiuto, ma anche e soprattutto per il benessere dell operatore, che proprio per la peculiarità della sua professione è così soggetto al rischio di stress e di burn-out. ESSERE VELOCI SENZA PERDERE LA LENTEZZA... il problema di ciascuno di noi è di governare i ritmi della propria vita, cioè di mantenersi in rapporto con i veloci cambiamenti del mondo esterno, senza perdere la propria vitainteriore. Come la famosa massima di Ernesto Che Guevara: Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza, ossia, bisogna essere veloci senza mai perdere la lentezza La lentezza non vuol dire abbandono all ozio totale. Vuol dire attenzione al momento. Allora ciascun momento diventa immenso, dal punto di vista psicologico, e tu lo puoi vivere assolutamente, pienamente, senza più confrontarlo con quello che vivevi prima (per vedere se era più cattivo o più buono) e senza vederlo in rapporto ad un futuro R. Bodei L autore * Infermiera C.R.T. - Polo Psichiatrico Torchietto A.O. Pavia

29 Numero 3/ PAGINA RITORNO La comunicazione delirante * Annamaria Tanzi GIORNATA di STUDIO sul tema: Follia e Cura DELIRIO e SENSO Orzinuovi, 28 Settembre 2006 Se vogliamo praticare con il paziente una relazione di cura efficace dobbiamo innanzi tutto dargli voce. Per ascoltare la sua voce dobbiamo accoglierlo per come è, per come si manifesta, per quel tanto che si manifesta e per quello che si manifesta. Non potremo più pensare di curarlo semplicemente neutralizzando ciò che dice di falso o che fa di sbagliato Graziano Valent, Psichiatra e Responsabile del Centro Psicosociale di Orzinuovi ha introdotto la XX. Edizione di questa iniziativa intellettuale di Orzinuovi, un lavoro di ricerca e di riflessione continuo sulla salute mentale e sul metodo alternativo di discussione e approfondimento di tematiche complesse e affascinanti intorno alla Follia, ai suoi modi di manifestarsi al mondo (Senso e nonsenso), alla sua cura alle sue significazioni (dalla filosofia e la fenomenologia alla sociologia, l antropologia, la psicologia, la pedagogia, la letteratura, il diritto, l economia, la storia). Da vent anni Orzinuovi invita gli operatori della Salute Mentale a confrontarsi con i professionisti delle diverse Scienze Umane e Sociali per una ri-lettura della Follia e della sua Cura che non possono essere avulsi dalla storia dell Uomo, un animale sociale, un essere unico ed irripetibile, un essere relazionale contemporaneamente con se stesso, con l ambiente e le cose, con gli altri, con il cosmo. Eugenio Borgna, nella premessa del libro Come se finisse il mondo in cui ci aiuta a riflettere sul senso dell esperienza schizofrenica, scrive che Non è facile ascoltare e capire la realtà umana e psicologica delle pazienti e dei pazienti quando nel colloquio con il terapeuta devono rivivere e ri-esprimere le loro storie. Tuttavia, la speranza dell autore (psichiatra contemporaneo, autorevole professionista e voce intellettuale di grande impatto) è che le loro parole, le loro esperienze, aiutino a smascherare e sbaragliare, l infinita serie di pregiudizi e di incomprensioni con cui si tende a svuotare di senso l esistenza psicotica. Come e con Borgna, il senso del lavoro di Orzinuovi è quello che non si può afferrare la dimensione reale e dialettica delle psicosi senza una impostazione fenomenologica che, falciando le categorie conoscitive della psichiatria naturalistica, senza rinnegare quelle di una psichiatria clinica rivalutata dialetticamente, faccia riemergere gli aspetti immediati e semplicemente umani delle psicosi. Annullata la relazione in apertura di Sergio Piro (Psichiatra Napoli): Senso-Trasformazione-Delirio per assenza del relatore, le relazioni seguenti hanno aperto la 2a. Sessione della Giornata di Studio dal titolo: SIGNIFICATI ANTROPOLOGICI DEL DELIRIO. Sui blocchi di partenza: la questione dell errore, nel senso che dall Ottocento in poi il delirio si accompagna ad un errore (giudizio errato della realtà) per cui nasce la preoccupazione di classificarlo, di sistemarlo in qualche modo a livello teorico sempre secondo la cultura dominante cioè, un idea di incomprensibilità. E, però opportuno valutare quali sono stati gli errori della psichiatria rispetto al delirio, quanto lo ha considerato incomprensibile, trascurandolo attraverso il manicomio e spegnendone i significati interni. La psichiatria ha riconosciuto per tanto tempo le logiche descrittive e classificatorie del delirio da cui ha fatto derivare le strategie di cura e forse, modi stereotipati di risposta. La psichiatria ha comunque saputo riscattare le pratiche di ieri con una vera e propria rivoluzione culturale e scientifica, che in primis ha posto la relazione interpersonale e l ascolto del paziente e dei suoi bisogni espressi o non espressi, senza escludere la malattia e le sue manifestazioni. Tuttavia anche quando la psichiatria ha conosciuto periodi di ricche risorse sia umane sia materiali ha messo in campo poche pratiche e oggi che le risorse citate sono diventate un problema serio spesso, si ri-cade nella trascuratezza che rimanda alla cronicizzazione e cronificazione della malattia e all oggettivazione della persona. Importanti sono quattro punti fermi nel lavoro in psichiatria che riguarda tutte le figure professionali dell equipe curante: COMPRENSIONE dell Altro ASCOLTO COSTRUZIONE DEL FUTURO delle Persone BUONA PRATICA. Gli errori si commettono ancora oggi anche intorno al fenomeno del delirio visto come SINTOMO piuttosto che come Senso e Significato di una Esistenza. In ambito psicodinamico Freud parla di delirio come di qualcosa sinonimo di nevrosi e nel tempo rimangono certe idee e convinzioni di questo genere. Oggi, per esempio negli psicoanalisti inglesi, il delirio è considerato come cecità delle funzioni emotivo-cognitive. Il contributo della fenomenologia si sposta più sull esistenza delirante che sul delirio da Biswanger in poi. Questo è il momento in cui è citato Vieri Marzi che ebbe a scrivere riferendosi al delirio: Credo che una persona folle non solo è condizionata dal contesto familiare o sociale, ma esprime un senso profondo, che riguarda non soltanto quella famiglia, ma la generalità della condizione umana. Il folle si trova nella condizione di affermare il valore del non-senso, lo rappresenta e usa

30 30 PAGINA Infermiere a Pavia il delirio come formulazione linguistica possibile del non senso. Nel momento in cui il folle, soffrendo, inventa dei modi per boicottare quel sistema familiare che lo costringe, e lo fa in questa forma specifica dell affermazione del non senso, a mio parere si pone in rapporto diretto con l umanità. Questo mi sembra il valore antropologico della follia: il folle si pone l interrogativo dell Uomo, non altro. L aiuto dato allo psicotico è soltanto il tentativo di ricondurlo ad un altro ordine perché non si può cambiare l umanità. Si può cercare di modificare ciò che lo circonda, la famiglia, l ambiente ma non l essere umano; per questo la FOLLIA ESI- STERA SEMPRE, perché esiste l essere umano. Da Vieri Marzi a Italo Valent: La follia non è conseguenza accidentale di errori, di un modo sbagliato di vivere. Può essere anche questo, ma è anzitutto la testimonianza della necessità di portarsi al limite di ciò che significa senso; probabilmente quello che chiamiamo folle è sul limite senza sapere, deve e vuole vivere l esperienza del limite. Il delirio è una esperienza limite al nostro essere sociale, al nostro mantenere una certa coesistenza. E in fondo, compito degli operatori psichiatrici è quello di comprendere l incomprensibile, capire ciò che è velato con un grande rispetto. Carlo Bologna (Psichiatra Trento) nella sua relazione Senso e non senso della relazione introduce alcuni punti che sono alla base dell incontro con un nuovo paziente: 1. SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO 2. STARE IN UN DIALOGO CHE A VOLTE E QUALCOSA CHE NON C E o HA CARATTERISTICHE BIZZARRE 3. L INCONTRO durante il quale emergono temi su cui approfondire la tematica del senso e del non senso. Rispetto al primo punto, è citata l Epoché, termine mutuato dall antica Grecia e rinato con Husserl che significa proprio sospensione del giudizio, perché i giudizi sono pregiudizi ed è importante superarli nello sforzo di andare a visitare il fenomeno nella sua purezza. Basaglia fa riflettere sulla soggettività dell individuo per cui: Distruggere il manicomio è l essenza della questione psichiatrica per affrontare la sofferenza umana noi dovevamo necessariamente superare l istituzione che la conteneva. Nell Istituzione Negata è citato lo stigma e il suo necessario superamento se si vuol parlare di comunità terapeutica, cioè l incontro con l individuo dietro l etichettamento. Italo Valent (Filosofo) indica nell epochè, il nodo fondamentale per accedere al tema del non senso, il punto di convergenza tra psichiatria e filosofia. Non si può curare da un giudizio di verità/falsità, si cura partendo dalla comunicazione. Dove c è domanda e risposta, c è senso. C è senso se esiste un codice condiviso oppure, c è senso ovunque ci siano domande e risposte che si inseguono, il codice lo si costruirà man mano e questa è l avventura. Il passaggio dalla prima concezione del senso alla seconda, appartiene anche al pensiero di Wittgenstain (Pensatore). Il primo Wittgenstain sostiene che comunicare è possibile laddove c è un senso, nel secondo periodo postula l universalità del senso a prescindere da qualsiasi codice linguistico o lessico mutuato nell esperienza, è un po come dire che il senso si costruisce di volta in volta, così un lessico. Da Italo Valent: quando si spezza il normale ritmo cardiaco del senso per l incontro con il non senso, ciò che spaventa è che siamo al limite, dopo c è il burrone. Rifiutare il non senso è un voler annullare il nulla usando il nulla. Non è un rompicapo o una contraddizione ma una tragedia perché, questo rapporto con il nulla determina tutta la nostra vita in termini di cultura, tradizioni, religione, politica e così via. Severino ha fatto una sintesi al tema del nulla: Rimedio al nulla per i greci è la verità. Nell Età Moderna si assiste alla caduta della certezza della verità perché è la verità stessa che conduce al nulla, è la verità che dice che non c è nessuna verità, c è la disillusione. Leopardi anticipa Severino affermando che nella modernità regnano sovrane la scienza e la tecnica come rimedio al nulla, ma la scienza e la tecnica hanno i piedi nella sabbia, non si fondano sui principi etici ma inevitabilmente condurranno all autodistruzione. Secondo Focault, la psichiatria è una creatura con molte anime, crescendo sulla trionfante scienza positiva, ha avuto bisogno di avere un OGGETTO: il cervello malato e si è collocata a pieno titolo nella scienza con il primato della tecnica. Il folle ha familiarità con il tema del nulla, è come se vivesse ogni giorno con la consapevolezza della caducità della vita. E impossibile avere un incontro con il folle se non si ha un incontro con il nulla. Si arriva così al VALORE ANTROPOLO- GICO DELLA FOLLIA: perché il folle costruisce il non senso. Il folle mette in scena il non senso, di fare una parte che è il tutto e che diventa l esistenza del folle. Qual è allora il senso del non senso? Il punto è non scoprire il significato nascosto del non senso per poi conquistarlo all area del senso, ma cosa significa costruire il non senso per un folle: forse il cambiamento delle regole. Nella scuola di Palo Alto fu messa a punto la teoria del Doppio Legame da cui emersero le Terapie Familiari. Una moda di un decennio ma che portò a delle innovazioni: 1. SPOSTAMENTO DEL FOCUS dal SOGGETTO al CONTESTO 2. UN DATO COMPORTAMENTO PUO AVERE SENSO IN UN DETERMINATO CONTESTO. Il folle si trova nella condizione di affermare il valore del nonsenso, lo rappresenta e usa il delirio come formulazione linguistica possibile del nonsenso: quello che conta, che ha senso, è proprio che non ha senso, perché è il rifiuto del senso. E stato riproposto il pensiero di Vieri Marzi di cui sopra si riporta testo completo. Un punto fondamentale della psichiatria è la questione del non-senso, della incomprensibilità della psicosi. Tutta la psichiatria ha cercato di colmare questo non-senso nel tentativo di trovare un senso alle manifestazioni psicotiche. Ancora dalle parole di Vieri Marzi: Ciò che lo psicotico ci comunica è di non essere comprensibile. La follia rappresenta il non-senso. E se ci domandassimo in che cosa consista il senso e come abitualmente lo cogliamo, si può rispondere solo in un modo: con la parola. E, infatti, lo psicotico è l unico che parla veramente in altro modo, delirando. Quindi, se la realtà umana si coglie radicalmente nella formula della pienezza di senso del senso, la psicosi ci appare come caratterizzata dalla rivalutazione del non-senso, dalla pretesa del non- senso. La traduzione del non-senso in senso è forse un esigenza degli operatori di trova- NOTE DI SEGRETERIA Chi fosse interessato a collaborare alla redazione della Rivista Infermiere a Pavia o chiunque avesse elaborato dei lavori interessanti dal punto di vista professionale e culturale, può dare comunicazione contattando la segreteria

31 Numero 3/ PAGINA re degli argini al non-senso; se la persona che sta a noi di fronte parla in modo incomprensibile, cerchiamo di scoprire perché possa succedere, ma senza la pretesa di dare la vera spiegazione. L incontro con la persona psicotica è un accoglimento, dove il tentativo di avvicinarsi all altro è nostro, è quasi un avvolgere l altro senza sovrastarlo, dato che il più delle volte non c è una richiesta specifica del paziente. Il presunto NON-SENSO è accolto e poi sospeso, trascurato (l artifizio dell epochè); è dunque vero che il delirio è incomprensibile, ma forse proprio ammettendo l ignoranza lo puoi comprendere, comprendere che è incomprensibile. (Graziano Valent). Si ritorna al tema del NULLA: Basaglia, introducendo le condizioni materiali dell esistenza, ha introdotto il corpo del paziente. Due sono gli elementi sui quali bisogna lavorare: le Condizioni Concrete di Vita e l Elemento Simbolico. Dai dialoghi sulla liberazione della follia all interno de La ferita del Centauro Ed. Moretti & Vitali,Vieri Marzi, Italo Valent e Graziano Valent si confrontano sull IM- POSSIBILITA DEL NON SENSO, facendo emergere anche la problematica della materialità, della corporeità che è determinante in una cultura, come la nostra, dominata dal pensiero Cartesiano del dualismo mente/corpo (si possono affiancare altri dualismi come vita/morte, soggetto/oggetto) e non del tutto svicolata da esso. Si pensa in che modo la fenomenologia può superare il MITO di Cartesio. Secondo la Fenomenologia la distinzione ANIMA/CORPO è qualcosa che si costruisce, che viene creduto ed utilizzato e forse la dualità non va eliminata, semmai dialettizzata con l immediatezza del senso che non è ancora né corpo né anima. Il problema potrebbe stare nel cercare una diversa dimensione valoriale per i due termini. Si sostiene la necessità dell intervento sul corpo fondamentale per sottolineare l importanza della dimensione corporea, spesso negata dalla psichiatria. Un obiettivo potrebbe essere quello di trovare una dimensione che accolga paritariamente la mente e il corpo. Lo psichico ed il corporeo sono dimensioni dell essere umano che dovrebbero essere colte in modo dialettico, senza riduzionismi. Se si considera il corpo nella sua pienezza, comprensivo degli aspetti psichici, il corpo è l intero, è il concreto. Se non esiste una parola per definire questo intero, il valore di un concetto può essere legato alla possibilità di espressione attraverso il linguaggio. Si potrebbe azzardare l ipotesi che lo psicotico con il suo linguaggio è una persona che azzarda un confine nuovo, spingendosi nel territorio dell espressione del corpo/mente. E possibile che attraverso la forma rudimentale del delirio, lo psicotico fa emergere il corpo, andando oltre un linguaggio ed un pensiero che costituiscono rigidi baluardi della separazione cartesiana. Si potrebbe anche azzardare che lo psicotico non riesce a stare nelle logiche comuni, che sono le regole della separatezza, e per esprimere una esigenza di unitarietà: senso e non-senso, corpo e mente, propone qualcosa di non sensato proprio perché non vive queste distinzioni. Se noi siamo abituati a concepire la realtà solamente per differenze, nel momento in cui una persona delira parlando con la televisione esprime una capacità di simbiosi, cioè di prendere dentro di sé il mondo senza trovare più distinzioni tra sé e la realtà. Non esiste forse un modo di esprimere l unitarietà se non nella sofferenza poiché essere mente de corpo insieme è faticoso e insopportabile. A mio parere la persona psicotica cerca di porre rimedio ad alcune separazioni, superando le distinzioni, ad esempio tra Senso e Non Senso, Mente e Corpo, Vita e Morte, Sessualità e Cultura. (Vieri Marzi) Il folle azzarda un linguaggio (nel delirio) che fa emergere il corpo come dimensione che contiene tutto, azzarda un confine nuovo, rifiuta la dualità mente/corpo, da sempre discussa e dibattuta come se l una fosse di transito all altro, come un congegno ad intermittenza. Ancora un pensiero di Vieri Marzi: Se è vero che nella nostra cultura vi è una tendenza all opposizione piuttosto che all unitarietà, potrebbe essere che lo psicotico non regga la separazione, non sia in grado di sostenerla. Forse non è poi così importante cercare un perché. La modalità psicotica è un richiamo all unitarietà. Un riporto alla fase schizo-paranoide della KLEIN, che è la fase di sviluppo a cui la psicoanalisi riconduce l esperienza psicotica ed è la fase caratterizzata dalla sensazione del bambino di essere fuso con il seno materno.la psicosi è la perpetuazione per tutta la vita di questo stadio. Nella pratica terapeutica lo psicotico sembra avere come unica arma di difesa, rispetto ad una situazione che non può assolutamente vivere, l immaginare il cambiamento delle regole che non può accettare. Si potrebbe dire che sogna un mondo diverso e qui nasce il delirio, che è l espressione delle sue paure, delle sue angosce. Il delirio è inscenare queste paure. La persona psicotica, a causa del grande carico di sofferenza, non riesce più a pensare nei termini della logica comune, ma ha il bisogno di riformulare il pensiero in un altro modo. A questo punto la riflessione è passata sulle dinamiche relazionali tra operatore/i e paziente, sulla necessità di ricondursi all Epochè, alla sospensione di giudizio che non è facile ma, deve costituire la vera sfida. Perché l attitudine alla Epochè ha a che fare con il potere della relazione, con la questione del rapporto con l Altro. La relazione come grembo categoriale della cura della sofferenza psichica e quindi la cura come un approfondimento e una specializzazione della relazione umana. La

32 32 PAGINA Infermiere a Pavia RELAZIONE come il legame che esalta e pacifica le differenze, il valico di confine sempre aperto tra essere e non essere, possibilità e realtà, soggettività ed oggettività, tra la parte e l intero, tra la guerra e la pace, il ben-essere ed il mal-essere, la ragione e la follia. La Relazione come ciò che si mostra in grado di reggere e di riparare ogni frattura e separazione, ogni rigidità e separatezza (è stata a tal proposito citato il Mito di Chirone, il centauro metà uomo e metà animale che curando le ferite altrui cura la propria inguaribile ferita, ineludibile presenza della lacerazione della vita: solo la separazione consente che la relazione si esprima in tutta la sua complessa potenzialità. Se quindi, la follia è una ferita sempre aperta nel corpo sociale, la relazione con il folle non può essere il semplice recupero dell unità del soggetto, il ragionevole superamento delle sue contraddizioni. Il punto di partenza è perciò, l impossibilità del non senso. Nel grembo del senso l unità profonda, la RELAZIONE, diventa il terzo, come ciò che, pur rendendo ragione di ogni legame, di ogni tensione che attraversa l esistenza, è destinato a farsi legare nel gioco delle differenze); la Relazione come ciò che sopporta anche la propria negazione. La Relazione come fondamento della cura della follia. Raffaele Galluccio, Psichiatra di Castelnovo ne Monti (RE) ha presentato un Progetto LA BOTTEGA DEL DELIRIO realizzato con Paolo Soliani Maestro D Arte, un progetto che coinvolge la comunità e che rappresenta un tentativo di incontrare le persone in cura che non delirano bene e che ne hanno bisogno, li si aiuta a delirare. Di solito si cerca di aumentare il delirio e normalizzare i matti attraverso pratiche di inclusione (è qui la contraddizione: come si fa ad includere una persona che vuoi che ti assomigli e invece non deve essere diverso da come è?) E incontrovertibile che oggi, fuori dal manicomio, ci sono pazienti assolutamente inaccessibili alla relazione, si rende necessaria una operazione di RESTAURO del DELIRIO. I deliri, pur simili nella tipologia, vanno letti a seconda della storia personale per cui non si deve parlare di deliri ma di vissuti di (persecuzione, rovina etc.). Questa bottega è il tentativo di mettersi all ASCOLTO, ascolto del delirio, che se non comprendiamo si fa un restauro del delirio. Si tratta di un azione rudimentale di inclusione perché il paziente fa parte di una relazione. Comunque di fronte al delirio si risponde con una attribuzione di senso (INTERPRETAZIONE), ravvedendo il condizionamento di un legame con la biografia del paziente. L equipe di questa unità operativa psichiatrica si è fatta carico di un progetto di prevenzione primaria attraverso l Educazione Sanitaria nelle scuole utilizzando una varietà di strumenti didattici dalla teoria ai filmati. L obiettivo è raccontare la follia, raccontare sul delirio, sugli stereotipi sociali (talora anche sanitari), sui modi di dire inusuali, su tutto ciò che nella follia si pensa senza significato e priva di un senso. Il progetto ha previsto anche l incontro degli studenti nell officina con i pazienti. Attraverso queste riflessioni e accostamenti di senso al delirio da parte degli studenti si è provato a vedere cosa suscita, cosa provoca a chi sta al di fuori ma in relazione con l Altro da sé, ed è così che sono venute fuori storie, testi teatrali, melodrammi raccontati con il delirio. Ed è così che è nata una rappresentazione (con i ragazzi della scuola NON CON I PAZIEN- TI) che configura un diverso modo di comunicare. Nel finale dello spettacolo, il delirante si avvicina al pubblico e dice: Adesso ditemi voi qual è il volto della follia e conclude. Forse c è una morale: LA FOLLIA NON MI È ESTRANEA SE LA POSSO RECITARE. Dal progetto dell officina, l intento di questa equipe è di aprire ad un Centro per la Ricognizione sul Senso con le famiglie, Comune e ancora scuole, con l Atelier di Pittura e con il Laboratorio per la Ricerca sui disturbi psichiatrici fatto con i pazienti. Il delirio è un punto fermo senza punti fermi come emerge da una delle tante storie, questa è la storia di Nino, una storia che afferma che la psichiatria è il brogliaccio dell in-sensato. Il relatore ha concluso il suo intervento con la storia di Luciana. Luciana vive in un paese di cinquanta anime ma lei afferma di non essere sola perché parla con tutto l ambiente circostante vivente e non vivente. Vive in modo randagio, è bellissima, è convinta che gli operatori che si prendono cura di lei l angosciano. Gli stessi la incontrano una volta alla settimana in un bar, loro assicurano la presenza, la paziente meno perché a volte non va. E stato proprio il dialogo tra lei e la psichiatria che ha fatto pensare al CENTRO. Un Centro che vuole contenere i due laboratori con protagonisti gli operatori verso i pazienti e viceversa perché, in qualche modo, l inclusione è un interclusione dei gruppi sociali. Il delirio dà la possibilità di esperire l assoluto, per esempio la morte che è innegabile (lo psicotico fa sempre l esperienza della morte con l angoscia psicotica), quindi, ricomporre l angoscia. Con il delirio è possibile che il paziente si senta più forte e perciò, aiutarli a delirare è un modo di curare. Può sembrare un aspetto tragico della relazione ma se si annulla il diverso da me si annulla la relazione e questo è un suicidio. È sempre importante preservare la relazione perché è il luogo della cura per tutti, normali e anormali. Valent abbassa il sipario sulle tante suggestioni di questa giornata di studio aggiungendo ancora una riflessione sul verbo compatire, che significa patire insieme ma che può configurare meglio il mettersi sulla stesso piano. Spesso nell operatività la distanza cosiddetta terapeutica e alla quale si fa riferimento quando si parla di relazione empatica, è fondata sulla gerarchia e non sulla parità. Affinché si parli di COMPATIBILITA, si devono produrre pratiche concrete che attualizzano la situazione, cioè mettere in piedi una situazione di ascolto e riconoscere valore alla parola dei pazienti che non è inferire ma è considerarla pari a quella dell altro. Ascoltare cosa ha da dire il paziente sui normali è un atto concreto perché in questo caso è il paziente che riconosce e dà valore alla parola dell altro. È necessario un atto concreto reciproco di comunicare, di mettersi in relazione. L autore * Infermiera C.R.T. Polo Torchietto A.O. Pavia. NOTE DI SEGRETERIA Gli orari di apertura al pubblico sono i seguenti: Lunedì e Giovedì Martedì e Venerdì Mercoledì chiusura totale info@ipasvipv.it

33 Numero 3/ PAGINA RITORNO La comunicazione assertiva * Annamaria Tanzi Il Corso si inserisce all interno del percorso: Tra narrazione e riflessività. Itinerari di comprensioni per lo sviluppo di sé e il miglioramento delle relazioni, svoltosi nel periodo Marzo Giugno Unico docente: Dott.ssa Lucia La Torre (Docente di Psicologia della Relazione d Aiuto UNICATT). L obiettivo principale in questo CORSO DI ALTA FORMAZIONE sul tema: ASSERTIVITÀ: Espressione della Mente Relazionale Milano, 18 e 19 Maggio 2007 Sede: UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Osare provoca angoscia. Ma non osare significa perdere il proprio Sé e osare, nel senso più alto, è precisamente diventare consapevoli di Sé. S. Kierkegaard ciclo di corsi è riferito al potenziamento delle abilità sociali con cui gli operatori in generale e nella fattispecie quelli sanitari e/o socio-sanitari si relazionano nei propri ambiti operativi. I corsi sono stati organizzati in modo tale da permettere una vera partecipazione attiva sia sul piano cognitivo sia sul piano emotivo/affettivo. Questo per favorire la sperimentazione, con il ritorno nei contesti lavorativi propri, un tentativo di collegamento fra la formazione e le esigenze lavorative. Oltre alle esercitazioni pratiche comprendenti lavori individuali e di gruppo, questionari autovalutativi, racconti e discussioni relativi alla propria esperienza, uno strumento interessante alla comprensione degli argomenti trattati è stata la visione di spezzoni di film famosi o meno famosi. Premessa storica L importanza dell atteggiamento assertivo è stata riconosciuta intorno agli anni 40. In psicologia, l assertività (A) è di notevole importanza, per ridurre e controllare le reazioni di ansia e per migliorare l adattamento alle situazioni sociali. La psicologia ha incominciato ad occuparsi dell ansia sociale con molto ritardo proponendo l A solo da pochi anni. Tuttavia, sin dall antichità vi sono documenti attestanti una filosofia dell A con Omero, Eschilo, Platone, Hesse, Ibsen, Wittgenstein e Kant. Nel 1949, l americano Salter, studioso del comportamento, elabora le prime interessanti ipotesi sulle cause dell ansia sociale. Mise in relazione la scarsa competenza sociale con lo sviluppo di ansia e depressione. Negli anni 50 fu il comportamentista J. Wolpe a dare un vigoroso impulso agli studi di Salter, sviluppò il metodo assertivo nella terapia del comportamento e introdusse il concetto di inibizione reciproca. Da allora molti psicologi, appartenenti a scuole diverse, hanno approfondito queste tematiche: Lazarus, Goldstein, Liberman. Quest ultimo sottolineò in ambito clinico l importanza di strutturare attività di gruppo che consentissero di ricreare le medesime difficoltà della vita reale, per allenare i partecipanti a riconoscere la natura sociale delle emozioni provate e ad esprimerle in modo accettabile e costruttivo. Tutti questi sviluppi hanno dato vita a due filoni applicativi: clinico e pedagogico. L educazione alla competenza sociale dovrebbe essere impartita ai bambini sin dall infanzia. Una definizione dell A L A è essenzialmente uno stile di vita, caratterizzato da un atteggiamento positivo e costruttivo nei riguardi di se stessi e degli altri. Essa opera per trovare un sostenibile compromesso tra il porsi in modo passivo e l aggressività, nella ricerca di buoni rapporti interpersonali e di equilibrio interiore. Il termine deriva dal latino Asserire e dall italiano Asserire; in psicologia viene ripreso dall inglese Assertiveness e tradotto con varie espressioni come efficacia personale, efficienza e affermatività. Vi sono numerose definizioni per l A. Per cui si fa riferimento alle abilità sociali che permettono di star bene con tutti e non farsi calpestare. L A come la qualità di chi è in grado di far valere le proprie opinioni ed i propri diritti pur rispettando quelli degli altri. L A come la capacità di un individuo di riconoscere le proprie esigenze, di affermarle, all interno del proprio ambiente, con buona probabilità di raggiungere i propri obiettivi mantenendo positiva la relazione con gli altri. L A infine come la maniera di dotare se stessi di tutte le chances possibili di comunicazione, di espressione, di decisione. Un comportamento assertivo si contrappone ad un comportamento passivo o ad un comportamento aggressivo perché permette: di rispettare gli altri, i loro diritti e le loro opinioni; di non permettere agli altri di essere aggressivi nei propri confronti; di esprimersi liberamente senza temere il giudizio altrui; di essere disponibili a modificare le proprie opinioni; di non esigere che gli altri si comportino come noi vorremmo; di non essere possessivi. Un approfondimento dell A L A è dunque la capacità di creare comunicazioni e gestire relazioni in modo costruttivo, equilibrato e soddisfacente così da valorizzare modi di vedere di sentire propri e altrui. Partecipare in modo competente all interazione sociale non è sempre facile: le situazioni in cui la relazione è causa d ansia, di frustrazione e di rabbia (il contesto lavorativo per esempio, le relazioni conflittuali con colleghi, con i superiori, l organizzazione stessa del lavoro, l assenza di sistemi premianti e/o gratificazioni, le difficoltà di costruire una equipe, l ambito specifico in cui si opera p.e. quello psichiatrico che mi appartiene e nel quale la relazione con l utente/cliente richiede la competenza emotiva) sono frequenti e hanno un effetto importantissimo sulla nostra autostima, intesa sia come valutazione circa le informazioni contenute nel concetto di sé

34 34 PAGINA Infermiere a Pavia sia come reazione emotiva che la persona sperimenta quando osserva e valuta cose diverse su di sé. Questa si sviluppa nel corso della crescita e dell interazione continua del bambino con il proprio ambiente, fisico e sociale, attraverso rappresentazioni interne che hanno la funzione di veicolare la percezione e l interpretazione degli eventi, consentendogli di fare previsioni e crearsi aspettative sugli accadimenti della propria vita relazionale. Permettono dunque al bambino, e poi all adulto, di prevedere il comportamento dell altro e ne guidano le risposte, soprattutto in situazioni di ansia o di bisogno. L ansia, che rappresenta una normale risposta del nostro organismo (ansia utile) quando deve affrontare una situazione di vita ritenuta pericolosa, in alcune situazioni può diventare disfunzionale e da proteggere l individuo va contro di esso, riducendo la capacità di reazione. L ANSIA cosiddetta SOCIALE consiste in una eccessiva paura di essere esposti al giudizio altrui e di agire in modo inadeguato, di vivere una situazione imbarazzante. Le fonti dell ANSIA SOCIALE sono proprio: IMMAGINE DI SÈ Stima e autostima CONDIZIONAMENTI ESPERIENZE PRECEDENTI Conoscere le dinamiche attraverso le quali si sviluppa un autostima positiva, riconoscere l esistenza di stati mentali in sé e negli altri, comprendere in ce modo e in quali situazioni si incontrano maggiori difficoltà ad essere assertivi, costituiscono la premessa per potenziare competenze sociali. Tali competenze sono tese al superamento di atteggiamenti o rinunciatari o aggressivi, destinati entrambi ad inquinare la vita di relazione, sia in ambito personale sia in quello professionale. La Struttura concettuale dell Assertività prevede un sistema complesso di abilità:! Autonomia Emotiva! Libertà Espressiva! Rispetto di sé e degli altri! Autoaffermazione! Immagine positiva di sé. I Diritti principali posti a base dell A: " Autonomia di Giudizio " Rispetto di sé " Giustizia distributiva " Cambiare Opinione " Apprendimento per tentativi ed errori " Autonomia Emotiva " Saper di non sapere " Autonomia dei punti di vista " Libertà di scelta. Secondo diversi autori se non si rispetta se stessi, le proprie esigenze, i sentimenti e le proprie convinzioni, non si può comunicare veramente con gli altri, in quanto non esprimendo le proprie idee, il rapporto si baserebbe sulla finzione. Pertanto, riconoscersi dei diritti significa non temere il giudizio degli altri e non farsi invadere dal senso di colpa Nell A il comune denominatore dei propri diritti è saper dire di NO senza avere sensi di colpa e, senza aver paura della critica, di essere rifiutati, di deludere, di essere considerati aggressivi: ciò dette in evidenza l importanza della libertà interiore. Questa consapevolezza dovrebbe essere il punto di partenza per ogni corretto rapporto sociale. Le Componenti del comportamento assertivo sono definite da abilità o competenze che si realizzano nella comunicazione: - non verbali - verbali - cognitive - complesse (Il timing cioè la capacità di cogliere il momento più adatto ad inserirsi, la conclusione della conversazione, la gestione del silenzio, parlare in pubblico, fare e rifiutare richieste, la gestione della critica). Le FINALITÀ dell essere assertivi afferiscono alle dimensioni: Relazionale: in quanto migliora la comunicazione interpersonale, la capacità di esprimersi autenticamente, di ricevere fiducia di persuadere. Psicologica: in quanto permette di affrontare stati depressivi, stati di ansia, paure, fobie, e tutte le problematiche aggressive correlate ai diversi disturbi di personalità. Psicosomatica: in quanto l espressione assertiva della rabbia permette il superamento di numerose forme di somatizzazione. Professionale: in quanto facilita processi di gestione delle risorse umane, attività di empowerment, negoziazione e formazione della leadership. Spirituale: in quanto rafforza la volontà, l acquisizione di uno stato di coerenza tra valori, intenzioni e azioni, l autodeterminazione e la pratica di un percorso etico orientato all autenticità e alla libertà. Conclusione Il corso si è configurato come opportunità per riflettere sul comportamento individuale, è stata offerta la possibilità, in più occasioni, di entrare nella propria interiorità e confrontarsi con se stessi e con la propria esperienza umana unica e irripetibile. Nella cassetta degli attrezzi sono stati riposti gli strumenti per aumentare la consapevolezza del modo di pensare a se stessi; per conoscere le componenti individuali di pensieri, emozioni e comportamenti adattivi ed inadattivi; per apprendere la natura dei processi attraverso i quali il nostro cervello percepisce altre menti; per riconoscere il proprio, personale stile di comunicazione e per comprendere le componenti dello stile assertivo. L autore * Infermiera C.R.T. - Polo Psichiatrico Torchietto A.O. Pavia NOTE DI SEGRETERIA Per tutti coloro interessati alla ricerca documentale, si rammenta che il Collegio offre uno spazio biblioteca

35 Numero 3/ PAGINA RITORNO Tra narrazione e riflessività Itinerari di comprensioni per lo sviluppo di sé e il miglioramento delle relazioni CORSO DI ALTA FORMAZIONE sul tema: INTELLIGENZA EMOTIVA Saper gestire le proprie emozioni. Milano, 31 Maggio - 1 Giugno 2007 Sede: UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE Dove vi è un emozione, vi è significato; dove vi è significato, vi è emozione. J. Hillman, 1962 * Annamaria Tanzi Dalla Cultura Classica Nelle società dei paesi occidentali, sono privilegiate le facoltà intellettivo-razionali, le emozioni sono considerate cose da donne o, comunque di secondo ordine. Si tratta di un retaggio delle cultura classica greca, nella quale il razionale, l estetico ed il vero si coniugavano anche nel giusto. Nel mondo antico l emotivo era coniugato come passione che, con un significato intrinseco di istintivo, incontenibile e cieco, era da rifiutare. La Premessa INTELLIGENZA: In una accezione più ampia: Processo mentale che consente all uomo o all animale evoluto la soluzione di problemi nuovi che implicano una ristrutturazione del rapporto adattivo con l ambiente. In una accezione più specifica: Insieme di processi mentali complessi e specificatamente umani. L Intelligenza Umana coinvolge praticamente tutte le altre funzioni psichiche: Attività Sensomotoria, Apprendimento, Memoria, Linguaggio, Motivazione. Presuppone la riattivazione dell esperienza passata, nonché l0intervento del sistema nervoso. Nella recensione posta a tergo del testo Intelligenza Emotiva di Daniel Goleman, Edizioni BUR emergono interrogativi che riflettono per certi versi, i significati che assumono le parole nell immaginario collettivo ed individuale delle persone. Così, il termine intelligenza è da sempre connotato come una facoltà, una capacità cognitiva spesso utilizzato in modo improprio rispetto al costrutto teorico offerto dalla psicologia generale. La stessa psicologia ha dotato il mondo di preziosi (ma non assoluti!) test di intelligenza (le scale di Wechsler, le matrici progressive di Raven, i labirinti di Porteus, le scale di Stanford- Binet) per misurare il cosiddetto quoziente intellettivo (Q.I.) in qualsiasi fascia di età. Gli stessi test sono largamente utilizzati per ad esempio, l accesso al lavoro, eppure chiede Goleman: perché persone assunte sulla base di classici test di intelligenza si possono rivelare inadatte al loro lavoro? E così via tanti perché dell esistenza (fallimenti, frustrazioni, insoddisfazioni, ansia, paure ) pur al cospetto di un quoziente intellettivo individuale alto, se non altissimo. La credenza che un alto Q.I. corrisponda al successo personale nella vita è stata ampiamente sconfermata. Contribuisce solo al 20%, il rimanente 80% è determinato da altre variabili che vanno dalla classe sociale alla fortuna. La facoltà che governa fattori decisivi dell esistenza umana non può essere l intelligenza astratta dei test, ma una complessa miscela in cui hanno un ruolo predominante fattori come: la CONSAPEVO- LEZZA EMOTIVA, l AUTOCONTROLLO, l AUTOMOTIVAZIONE, la PERSEVERANZA, l EMPATIA e l ATTENZIONE agli Altri (la gestione delle relazioni interpersonali). Entra in scena l Intelligenza Emotiva, una competenza per saper gestire le proprie emozioni. L attuale società, dall Occidente all Oriente, mostra i segni di una alienazione e di una disperazione individuale. La tendenza sembra andare nella direzione di una maggiore autonomia dell individuo che da un lato rafforza la competitività (non sempre funzionale e positiva), dall altro va a detrimento però della solidarietà, ( intendo del legame umano e sociale cioè nel senso tracciato da DurKheim che affiancava il termine solidarietà alla sensazione degli uomini di appartenere ad un qualcosa di comune), configurando un aumento dell isolamento e il deterioramento dell integrazione sociale. Durkheim ( ), figura illustre della sociologia classica, ha premonizzato in epoca non sospetta una società moderna all insegna dell anomia, una parola che letteralmente deriva dal greco e significa, disordine o mancanza di norma. In Durkheim con anomia si faceva riferimento a una condizione umana in cui vi è assenza di solidarietà sociale e di legami sociali. Questa solidarietà è essenziale per la vita, la sua decadenza la rende insostenibile per un essere umano. Alla crisi sociale si affianca un crescente malessere emozionale con carenze sul piano dell autocontrollo della collera, della rabbia; sulla intolleranza alle frustrazioni; sulla insoddisfazione generale; sulla capacità di empatia; sulla capacità di stabilie relazioni armoniose con se stessi, con gli altri, con l ambiente, con il cosmo (SALUTE MENTALE); sulla capacità di cooperazione (SOLIDARIETA ); sull autoconsapevolezza; sulla conservazione dell ottimismo sulla capacità di affrontare la vita (COPING POSITIVO).

36 36 PAGINA Infermiere a Pavia Siamo stranamente incapaci di essere consapevoli dei sentimenti, di sentire profondamente gli eventi che ci riguardano. Non siamo consapevoli del sentimento Che accompagna ciò che accade Jung Nell ultimo Decennio Si è verificata una profonda evoluzione nel modo di considerare l intelligenza: si è riconosciuto che le emozioni svolgono un ruolo importante nelle operazioni cognitive. Tutte le emozioni sono essenzialmente impulsi ad agire, piani di azione dei quali ci ha dotato l evoluzione per gestire in tempo reale le emergenze della vita. Ogni emozione ci orienta in una direzione già rivelatasi proficua per superare le sfide ricorrenti della vita umana. Ai fini della sopravvivenza il nostro repertorio emozionale si è impresso nel nostro sistema nervoso come bagaglio comportamentale innato. Le emozioni sono diventate tendenze innate. Nel nostro repertorio, ogni emozione ha un ruolo unico, rivelato dalle sue caratteristiche biologiche distintive e ciascuna emozione sembra prepari il corpo a risposte diverse di tipo organico. Si può parlare di inclinazioni biologiche ad un certo tipo di azione che poi vengono ulteriormente plasmate dall esperienza personale e dalla cultura (Risposte Fisiologiche, Tonicoposturali, Motorie strumentali, Espressive, Esperenziali soggettive cioè il vissuto, ciò che uno prova). Ci sono state nuove scoperte sull architettura emozionale del cervello che sono in grado anche di fornire una spiegazione a cosa succede quando i sentimenti sopraffanno la razionalità. Le nuove scoperte orientano a due tipi di mente: LA MENTE RAZIONALE che pensa LA MENTE EMOZIONALE che sente. Nella maggior parte dei casi agiscono in armonia de le modalità di conoscenza così diverse, si integrano reciprocamente, sono però facoltà semi-indipendenti: seguono circuiti cerebrali separati ma interconnessi. La parte del nostro cervello che è responsabile delle emozioni è in grado di inibire, ostacolare od anche favorire il corretto funzionamento della parte deputata al pensiero razionale. Diventa allora fondamentale imparare a gestire efficacemente le proprie emozioni (dopo aver imparato a riconoscerle: ANAL- FABETISMO EMOTIVO), in modo da potenziare le proprie capacità cognitive e razionali. Per questo le emozioni sono considerate sempre più, attitudini fondamentali della vita. L Intelligenza Emotiva Salovey e Mayer, sono stati i primi a proporre un modello di intelligenza emotiva. Argomento ripreso da Gardner a proposito delle intelligenze personali che si estendono, a cinque ambiti principali: A. Conoscenza delle proprie Emozioni B. Controllo Emozioni C. Motivazione di Se Stessi D. Riconoscimento delle Emozioni Altrui E. Gestione delle Relazioni. Goleman ha definito l intelligenza emotiva come la capacità di motivare se stessi, di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni, di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione, di modulare i propri stati d animo evitando che la sofferenza impedisca di pensare, di essere empatici e di sperare. La conoscenza delle proprie emozioni consente di governarle e di guidare nelle direzioni più vantaggiose. In tal modo si potrà migliorare la capacità di percepire e comprendere le proprie emozioni e quelle altrui, imparare sia a verbalizzarle sia ad esprimerle attraverso il canale non verbale e infine, modularle per evitare che la RAB- BIA e altre famiglie emozionali (la Tristezza, la Paura, la Gioia, l Amore, la Sorpresa, la Vergogna, il Disgusto) prendano il sopravvento. Possedere Intelligenza Emotiva significa acquisire consapevolezza del nostro stato d animo e dei nostri pensieri, delle nostre azioni e reazioni: è l autoconsapevolezza che permette il passaggio dall AGITO all AZIONE La consapevolezza emotiva genera la capacità di distinguere e denominare le proprie emozioni in determinate situazioni; il riconoscimento dei segnali fisiologici che indicano il sopraggiungere di un emozione; la capacità di comprendere le cause che scatenano determinate emozioni. Possedere Intelligenza Emotiva significa riuscire a controllare le emozioni permettendo a se stessi di creare un senso di prospettiva sulla situazione in cui si è coinvolti e di conseguenza permettendo al pensiero razionale di agire in modo costruttivo. Il controllo emotivo si realizza attraverso: - il controllo degli impulsi e delle emozioni - il controllo dell aggressività diretta verso gli altri - il controllo dell aggressività rivolta verso se stessi. Affrontare le emozioni è la chiave del benessere psicologico: i sentimenti estremi minano stabilità ed equilibrio. E importante che ci sia un equilibrio fra momenti positivi e negativi, perché la sofferenza non superi la capacità della mente di tollerarla. Controllare il sorgere di un emozione è impossibile ma, si può fare qualcosa sulla durata e a volte sul conseguente comportamento. Dalle sperimentazioni si è evinto che il cervello è costruito sin da principio per rispondere all espressione di emozioni specifiche. L EMPATIA è una premessa biologica. A tal proposito, è proprio Goleman che nelle sue divulgazioni sull Intelligenza Emotiva, porta esempi e situazioni in cui sono principalmente coinvolti i bambini e le loro dinamiche relazionali. L ALLEVAMENTO EMOTIVO è una condizione fondamentale per costruire l arte di tranquillizzare e confortare se stessi. (Bowlby Winnicott) I bambini emozionalmente sani imparano a confortarsi da soli imitando le persone che si prendono cura di loro e diventando meno vulnerabili alle tempeste scatenate dal cervello emozionale (la capacità di stare da soli, la capacità di presentificare un oggetto buono, ecc.). La mente materna, attraverso il gioco delle identificazioni proiettive, può comprendere i contenuti della mente del bambino restituendoglieli modificati e dotati di significato, ma mentre fa questa operazione è in grado di trasmettergli anche una parte delle sue capacità elaborative. (Bion). Possedere Intelligenza Emotiva significa imparare l automotivazione (e da qui nasce il cambiamento) ossia: Acquisire la capacità di dominare le emozioni per raggiungere un obiettivo, Acquisire la capacità di ritardare la gratificazione e di controllare gli impulsi, Allenare concentrazione e controllo non attraverso una scissione, ma una modulazione delle emozioni e della ragione Quando le emozioni sopraffanno la concentrazione viene annientata la capacità mentale che si chiama memoria di lavoro e cioè l abilità di tenere a mente tutte le informazioni rilevanti per poter portare a termine il compito. La memoria di lavoro ha sede nella corteccia prefrontale, laddove confluiscono gli impulsi emotivi del sistema libico. L Ambiente di Lavoro è sicuramente l ambito in cui si manifesta con maggiore evidenza l importanza di una intelligenza che non sia solo una logica fredda ed astratta, ma una combinazione armonica di diverse capacità. Michele Pignatelli de Il Mondo afferma che Forse non è la risposta a tutti i problemi del lavoro ma certo può tornare utile. Si chiama Intelligenza Emotiva. E per Concludere FLOW è la massima espressione del-

37 Numero 3/ PAGINA l Intelligenza Emotiva: le emozioni incanalate al servizio della prestazione. Rappresenta UNO STATO DI GRAZIA che produce una sensazione di gioia spontanea, è di per se stesso gratificante, è privo di ego, disinteressato delle preoccupazioni, puro e semplice piacere dell atto e non del risultato (Csikzentmihalyi, 1975; 1988). Si raggiunge quando c è benessere interiore ovverosia: 1. Un attività stimolante che richiede delle capacità 2. La fusione dell azione e della consapevolezza 3. Scopi chiari 4. Feedback immediato 5. Concentrazione sul compito in corso 6. Il paradosso del controllo 7. La perdita della coscienza di se stessi 8. L alterazione del tempo. Per entrare nello stato di grazia è necessario lavorare sulle condizioni che lo predispongono: - Attività stimolante per il soggetto - Obiettivi chiari e sistematizzati - Percezione di risposte (feedback) legate all attività intrapresa - Concentrazione sul compito e non sul risultato - Motivazione intrinseca (piacere per l attività). (Si oppone alla MOTIVAZIONE ESTRIN- SECA per cui il motivo all azione risiede in ciò che possiamo ottenere o evitare attraverso quell azione). Potrebbe già essere importante saper come generare il buon umore: - ESERCIZIO FISICO (Mens sana in corpore sano) - AUTO-OSSERVAZIONE Cosa mi mette buon umore (ascoltare musica, la pennichella, coltivare amicizie, meditare) - SORRIDERE VOLONTARIAMENTE (il sorriso è un SMS al Sistema Nervoso Centrale) - FAR DEL BENE GRATUITAMENTE (Motivazione Intrinseca). L autore * Infermiera C.R.T. - Polo Psichiatrico Torchietto A.O. Pavia LA TORTA DELLA FELICITA C era una volta una vecchia cuoca pasticciera che, dopo aver vinto la medaglia di bronzo e quella d argento, vuole vincere la medaglia d oro. Prepara con energia e creatività la ricetta per la prossima gara. Vuole preparare la torta della felicità. Va nella terra della SPERANZA a prendere radici dell albero del CORAGGIO, semi dell albero della VOLONTÀ e foglie dell albero della PERSEVERANZA. Quando torna a casa li mette nel mortaio della PAZIENZA e li impasta con olio di FORTUNA. Quando sono ben amalgamati li mette nella pentola della FIDUCIA e li cuoce al calore dell AMORE, aggiungendo di tanto in tanto qualche goccia di estratto di PAZIENZA, di olio essenziale di PERDONO, un pizzico di IMPREVI- STO, un profumo di PREGHIERA. Una volta cotto il tutto nel forno del DESTINO, lo mette nei diversi stampi dell AUTONOMIA, stampi a forma di cuore, stella, mezza luna e li spruzza con un velo di ALLEGRIA. Fa raffreddare il tutto al vento dell ACCETTAZIONE. È una torta che va servita a temperatura del tempo dell OPPORTUNITÀ e va accompagnata con un infuso di dolci lacrime del LIETO FINE.

38 38 PAGINA Infermiere a Pavia Recensione Da quando il pensiero infermieristico si è reso conto di dover analizzare le azioni che si mettono in atto nell assistenza alla persona, in modo da poter creare teorie che potessero ottimizzare la presa in cura, è nata la necessità di determinare una Scienza infermieristica. Il libro che viene presentato si pone l obiettivo di essere uno strumento nelle mani dei formatori di base per consolidare, nelle generazioni future, il concetto che..lo scopo della teoria è di definire la propria area di autonomia all interno di un equipe multidisciplinare, costruire degli strumenti per pianificare l assistenza, dare approccio scientifico alla professione. L Infermiere deve tenere conto sempre del fatto che è la Persona, nel suo intero, che viene presa in carico, ma per farlo in modo sistematico ed efficace, ha bisogno di linee guida che determinino un metodo comune e condiviso. Gli autori affermano che la ricerca è necessaria a dare consistenza e visibilità all agire degli Infermieri supportando il Sapere con studi che ne determinano la natura, gli scopi e i metodi così da favorire lo sviluppo delle Scienze Infermieristiche (plurale). Nel libro viene tracciato un percorso che, partendo da una breve storia sulla nascita della Scienza, analizza le peculiarità del sapere scientifico che coinvolge la professione infermieristica. Viene, altresì, messo in evidenza il fatto che, nella storia infermieristica, si è progressivamente abbandonato il concetto di prendersi cura della Persona dal punto di vista fisico, sociale e relazionale, considerandolo secondario, per concentrare l attenzione sulla cura della malattia che ha colpito l individuo. Si è creato, così, un vuoto, un gap tra prendersi cura e curare. Gli autori pongono l accento sul ritardo con cui in Italia si è arrivati al riconoscimento scientifico della professione, fatto che ha favorito l introduzione di principi teorici provenienti da Paesi anglosassoni e che ha determinato la creazione di un profilo professionale autonomo slegato dalla figura del medico. Gli autori affermano, inoltre, che il nursing ha due componenti: ARTE e SCIEN- ZA. Se sul concetto di arte, nel mondo, siamo tutti d accordo, in Italia si fa fatica ad attuare il concetto di Scienza. La scienza necessita di: Un oggetto di studio, Un metodo (sistema di regole che congiungono il sapere al fare), Uno scopo, Un campo applicativo (l Uomo), Una ragione storica (sostegno agli infermi coloro che hanno perso l equilibrio fisico, psichico, sociale, cioè chiunque). LA RICERCA INFERMIERISTICA Manuale introduttivo Lorella D Aliesio, Ercole Vellone, Maria Luisa Rega, Caterina Galletti È l Università il luogo privilegiato della Scienza come corpo sistematico di conoscenze, metodi e strumenti trasmissibili, allo scopo di connotare il pensiero e l azione infermieristici. Ma gli Infermieri hanno bisogno, non solo di scienza, ma di Scienze, perché il paradigma infermieristico, che è la riflessione sulla natura e le finalità della scienza infermieristica, ha una struttura sia organizzativa, sia concettuale, sia filosofica che prende in considerazione la Persona, l Ambiente, la Salute (come benessere) e l Assistenza Infermieristica. Inoltre i modelli infermieristici sono due: Il Modello empirico, che descrive la realtà osservabile ed è una descrizione della realtà, Il Modello teorico, che è l insieme di concetti, definizioni, proposizioni (interpretazione esplicativa, predittiva, prescrittiva). La teoria infermieristica: correla i concetti, è logica, è semplice e generalizzabile, è la base di ipotesi da sperimentare, accresce il corpo di conoscenze di una disciplina, è una guida per migliorare la pratica, lascia aperte ulteriori indagini. Il modello concettuale (le Teorie) è composto da: Postulati (supporto teorico e scientifico il come), Valori (il perché), Elementi (il che cosa). Le teorie, nel loro sviluppo, sono state classificate in: Teorie dello sviluppo: crescita e maturazione della persona; Teorie dei sistemi: la persona come sistema aperto, in relazione con l ambiente; Teorie d interazione: accento sui rapporti interpersonali. Secondo gli autori la complessità del nursing rende impossibile la formulazione di una teoria che raggruppi tutte le teorie. L Infermiere può usare teorie diverse a seconda della situazione, l osservazione è lo strumento principale e il punto di partenza è sempre il problema che porta la persona. La ricerca ha lo scopo di studiare il problema, formulare un ipotesi, attuare una sperimentazione e, se necessario, creare una nuova teoria. Il libro continua con una breve storia della ricerca scientifica in generale e della ricerca infermieristica in particolare, definendo quest ultima come necessaria al processo decisionale per la risoluzione dei problemi e altamente professionalizzante. Definisce la ricerca secondo due parole chiave: processo rigoroso e sistematico (pianificazione, organizzazione, persistenza). Occorre pensare alla ricerca infermieristica come ad un metodo critico per affrontare i problemi che quotidianamente si incontrano in una professione incentrata sulla persona; la ricerca è dunque volta alla risoluzione di problemi sempre originali ed in continua evoluzione. E. Galletti indaga in cosa consista l utilità, lo scopo e il significato della ricerca infermieristica. L autore propone un modello italiano che determina un utilità immediata (conoscenza dei fenomeni e delle variabili che modificano i fenomeni) e una finale (miglioramento del benessere, utilizzo appropriato delle risorse, sviluppo della scienza infermieristica). Il quinto capitolo del trattato analizza i rapporti tra etica e ricerca sperimentale, rapporto che è stato, troppo di frequente, a svantaggio della prima, dando origine ad abomini perpetrati sui soggetti più deboli della società. I nuovi codici deontologici delle professioni sanitarie (Infermieri e Medici), hanno lo scopo di tutelare il bene comune e il bene del singolo proteggendo la vita, la salute, la riservatezza, la dignità delle persone, che devono prevalere sempre sull interesse della scienza e della società. Da queste enunciazioni nasce la necessità del consenso informato, ovvero dell informazione al paziente che deve essere chiara ed esaustiva in modo che egli possa dare il suo assenso volontario e consapevole alle pratiche sanitarie. Viene poi tracciata la storia dello sviluppo della normativa che regola la formazione della professione infermieristica sotto il profilo della ricerca, dall istituzione delle Scuole Speciali Dirigenti Assistenza Infermieristica (1965)alla Determinazione delle classi delle lauree universitarie delle professioni sanitarie (decreto MURST 2001) basato sul profilo professionale dell Infermiere. Il libro rileva una grande difformità nell insegnamento di Metodologia della ricerca (e non solo), nei corsi di laurea universitari, a causa dell autonomia didattica degli atenei e se l insegnamento sulla Ricerca Infermieristica e la creazione di biblioteche infermieristiche sta migliorando, rimane bassa la fruizione di riviste scientifiche; anche nelle strutture sanitarie la creazione di servizi infermieristici dedicati alla ricerca è sporadico e ancora oggi nella maggior parte degli ospedali italiani si continua a lavorare per tradizione o consuetudine. Nelle ultime parti del libro vengono messi in evidenza le strutture di formazione e di ricerca infermieristica secondo organismi nazionali e internazionali e vi si afferma la necessità di uno scambio e di un collegamento continuo con le realtà di altri paesi.

39 Numero 3/2007 Pensiero del Coordinatore di una sede di corso di laurea per infermiere in seguito alla amara riflessione, riportata in una lettera da due studenti, sulle competenze infermieristiche relative alla terapia farmacologica. Chiedere al medico o al farmacista * Paola Ripa Lettera aperta a: Cari colleghi, è da molto tempo che desidero scrivere, ma spesso il lavoro di tutti giorni e la pigrizia prendono il sopravvento sul desiderio di confrontarsi, di condividere. Da 2 anni circa, sono il coordinatore di una sede, del corso di Laurea per Infermiere e vi confesso che è stimolante vivere, cresce ma soprattutto formare una piccola parte del futuro della professione. Due studenti particolarmente attenti e desiderosi di appropriarsi della competenza tecnica esclusiva mi hanno coinvolta in questa loro amara deduzione sulla responsabilità infermieristica relativa alla somministrazione dei farmaci. Il mio coinvolgervi in questo episodio formativo vuole avere lo scopo, non di erudire ma di riflettere sul nostro essere professionisti, sul nostro essere Infermieri o più semplicemente come aiutare i giovani a divenire Infermieri. Non è retorica ma da un lato è una continua ricerca a capire cosa manca in chi eroga assistenza infermieristica per individuare la consapevolezza della propria necessità professionale e dall altro il tormento generato dai dubbi dell esperto, del formatore che dovrebbe fornire agli studenti non solo il sapere ma la certezza del proprio status. È per questo che ho deciso di trasmettere alla redazione la lettera che mi hanno inviato i due ragazzi, con l augurio che la loro voce... possa essere ascoltata. Grazie. ** Sandro Paladina ** Claudio Doldi Lettere aperte Siamo due studenti del Corso di Laurea per Infermiere, presso l Istituto Clinico Humanitas, tra le tante discipline del secondo anno stiamo frequentando il corso o di farmacologia, costituito da 55ore di didattica formale e 19 di didattica non formale, equivalenti a 3,5 cfu. Durante le lezioni, sono sorte in noi diverse riflessioni, ma quella che più di ogni altra riecheggiava nella nostra testa è stata: Ma perché un infermiere deve sostenere l esame di farmacologia? Ci siamo detti: Perché della somministrazione ne risponde moralmente e giuridicamente. Negli ultimi anni la professione infermieristica ha conquistato credibilità e consensi nelle sedi competenti, in parlamento e nel mondo accademico. Ma nella pratica quotidiana?? Ci viene in mente un episodio avvenuto durante una delle esperienze di tirocinio in un ambulatorio ortopedico. Erano più o meno le h 14.00,quando una signora sulla cinquantina si presenta con un foglietto illustrativo in mano chiedendo del medico che l aveva visitata in mattinata, e che le aveva prescritto una crioterapia per una distorsione della caviglia. La signora dopo la visita si reca in farmacia con la prescrizione ed acquista del ghiaccio sintetico, indicato per la terapia a caldo o a freddo. Dubbiosa rispetto al significato di crioterapia torna in ambulatorio per chiedere chiarimenti al medico. L infermiere ovviamente non consulta il medico ma indirizza la signora, che rimane quasi stupita delle conoscenze dell operatore. Tutto nasce dall informazione riportata nel bugiardino (foglietto illustrativo): In caso di dubbio sul trattamento da effettuare chiedere al Medico o al Farmacista. Ma l infermiere non è il professionista responsabile della corretta somministrazione terapeutica? Come mai non è evidenziato sul foglietto illustrativo?? Ma non potrebbe comparire : Per la somministrazione rivolgersi ad un Infermiere? In realtà, nonostante i successi degli ultimi anni, l infermiere in Italia non costituisce un punto di riferimento. Realtà questa che si scontra non solo con quella americana, ma anche con quella di altri stati europei. Per citarne qualcuno, Olanda, Inghilterra e Danimarca, hanno inserito nella rete dei servizi territoriali la figura dell infermiere, ritenuta di maggior competenza per attuare la relazione d aiuto; consentendo così di individuare, valutare e avviare piani di assistenza per soddisfare i bisogni di salute della persona e della collettività. Ma in Italia? L esistenza nella realtà italiana di tali strutture aventi e facenti funzioni, non è più così irrintracciabile, anche se il panorama collettivo risulta variegato, conseguente- 39 PAGINA mente all interpretazione delle esigenze assistenziali da parte delle regioni. In particolare, sul territorio della regione Lombardia, sono presenti 25 Ambulatori Infermieristici, di cui nella sola provincia bresciana se ne dislocano 18, due per circoscrizione. Le attività svolte dagli A.I. sono simili in tutta la regione, ma il più efficiente dal punto di vista tecnico-professionale è quello di Milano del San Carlo Borromeo, anche se presenta delle carenze sulle funzioni educative legate alla professione infermieristica. Per rispondere alla domanda di prima, è evidente che gli A.I. in Italia sono una realtà da stimolare, promuovere, finanziare ed incrementare per assicurare una qualità dell assistenza legata ad un infermiere punto di riferimento. E anche vero d altra parte che gl infermieri sono in estinzione, quindi è logisticamente controproducente creare altre strutture se non potranno essere gestite da professionisti. Ma come promuovere una professione? E fuor di dubbio che i Mass Media rappresentano un ottima via di comunicazione. Visti i recenti sviluppi legislativi riguardanti i farmaci da banco, nasce tra le case farmaceutiche la concorrenza e il bisogno di presentare il prodotto all utente. Il foglietto illustrativo potrebbe diventare così un ottimo mezzo per dare credito alla professione infermieristica. Concludiamo sicuri di avere fatto più confusione che informazione, per farci perdonare concludiamo con un pensiero: Secondo me la missione delle cure infermieristiche è quella di curare il malato a casa sua... intravedo la sparizione di tutti gli ospedali e di tutti gli ospizi... ma a che serve parlare ora dell anno 2000? Florence Nightingale Aprile 1889 Bibliografia - M. Cantarelli il Modello delle Prestazioni Infermieristiche Masson - E. Manzoni Storia e filosofia dell assistenza Masson - Codice Deontologico, Federazione IPA- SVI 1999 Gli autori * Coordinatore del Corso di laurea per infermiere, Istituto Clinico Humanitas - Rozzano ** Studenti del Corso di Laurea per Infermiere, Istituto Clinico Humanitas - Rozzano

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