La Cina e gli altri. Nuovi equilibri della geopolitica. di Sandro Sideri

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1 La Cina e gli altri Nuovi equilibri della geopolitica di Sandro Sideri

2 Sandro Sideri, PhD Università di Amsterdam e già professore ordinario di economia internazionale all Institute of Social Studies de L Aja. Ha lavorato, inoltre, alla CEPAL (Commissione Economica per l America Latina e Caraibi) a Santiago (Cile), è stato Staff Guest al MIT, più volte Visiting Professor all Unversità Bocconi, alla LUISS e all Orientale e docente all ICE e all ISPI

3 Indice Abbreviazioni... p. vii Introduzione...» x 1. Cenni sul pensiero filosofico cinese...» x 2. La Cina come l altro...» xvi 3. La Cina e gli altri...» xix 4. La Cina dell ascesa...» xx 5. La modernità cinese...» xxix 1. L ascesa cinese...» La geoeconomia della Cina...» L economia socialista di mercato...» La crisi globale e la ripresa...» La Cina e il mondo...» 57 Approfondimenti...» 67 Il caso di Taiwan...» 67 La questione tibetana...» 70 Geopolitica energetica e inquinamento della Cina...» La Cina e gli USA: un nuovo ordine bipolare...» Introduzione...» I rapporti economici...» Sicurezza: bilanciare considerazioni strategiche ed economiche...» Conclusioni...» 97 Approfondimenti...» 101 Il tasso di cambio dell RMB...» 101 Il Bilateral Investment Treaty...» I rapporti della Cina con Asia e Oceania: il regionalismo asiatico...» Introduzione...» L Estremo Oriente Russo...» Il Nordest asiatico...» L Asia centrale: sfida sino-russa per l hearthland eurasiatico...» Il Sudest asiatico...» Il subcontinente indiano e l Oceania...» Il Medio Oriente...» Regionalismo asiatico e sfera d influenza cinese...» 164 Approfondimenti...» 173 v

4 La Cina e gli altri La questione nordcoreana... p. 173 L UE in Asia centrale...» La Cina e l Europa...» Introduzione...» L Europa come potenza civile e la relazione derivata...» I rapporti economici...» I rapporti politici e la questione dei diritti umani...» Conclusioni...» 198 Approfondimenti...» 200 L Italia e la Cina...» La Cina e la Russia: alleate o rivali?...» Introduzione...» La dittatura della geografia...» Il difficile partenariato sino-russo...» Specializzazione energetica e rapporto asimmetrico...» Conclusioni...» La Cina in Africa e in America Latina: rischi di un nuovo colonialismo?...» Introduzione...» La Cina in Africa...» La Cina in America Latina...» Conclusioni...» 254 Approfondimenti...» 255 Reazione degli USA e dell UE alla presenza cinese in Africa...» la Cina e la governance internazionale...» Introduzione...» La governance economica...» L ordine globale...» Constructive involvement...» L impatto del sistema internazionale...» Le resistenze cinesi...» L Impero di Mezzo al centro del sistema globale...» La Cina come responsible stakeholder?...» Dubbi e incertezze...» La sfida cinese...» 292 Bibliografia...» 298 vi

5 Abbreviazioni ABMT ACD ACFTA ADB AfDB AFTA AIE (IEA) AL ALC ALS AMF APC (PCA) APEC APT ARF ASEAN ASEM BCE bcm b/d BIT BM BRIC CACO CAREC CdS CEPEA CFE CIM CIS CNPC CNOOC COSCO CSTO CSCAP DPI DPP EAC EAEC Anti-Ballistic-Missile Treaty Asian Cooperation Dialogue ASEAN-China FTA Asian Develoment Bank African Development Bank ASEAN Free Trade Area Agenzia internazionale dell energia (International Energy Agency) America Latina America Latina e Caraibi Accordo di libero scambio Asian Monetary Fund Accordo di partenariato e cooperazione (Partnership and Cooperation Agreement) Asia-Pacific Economic Cooperation ASEAN Plus Three (ASEAN+3) ASEN Regional Forum Association of Southeast Asian Nations Asia-Europe Meeting Banca centrale europea ml metri cubi (billion cubic metres) di gas barili al giorno Bilateral Investment Treaty Banca mondiale Brasile, Russia, India e Cina Central Asian Cooperation Organisation Central Asian Regional Economic Co-operation Consiglio di Sicurezza (ONU) Comprehensive Economic Partnership in East Asia Trattato su Conventional Armed Forces in Europe Chiang Mai Initiative Commonwealth of Independent States China National Petroleum Corporation China National Offshore Oil Corporation China Ocean Shipping Company Collective Security Treaty Organisation Asian-Pacific Conference on Security and Cooperation Diritti di proprietà intellettuale Democratic Progressive Party (Taiwan) East Asia Community East Asia Economic Caucasus vii

6 La Cina e gli altri EAFTA EAS ECFA ECLAC (CEPAL) EFTA EIU ENEL ENI EOR (LOR) ESPO FOCAC FMI (IFM) FTA GCC HIV (AIDS) HLM ICE ICT IDE IEA ILO/OIL INF IPI IT KMT LNG m ml mb/g mt M&A MO NATO NER NEPAD NPT NSC OAS OCSE (OECD) ODA OFDI OMC (WTO) ONG ONU East Asia Free Trade Agreement East Asia Summit Economic Cooperation Framework Agreement Commissione economica per l America Latina e Caraibi (Comisión Económica para América Latina) Europen Free Trade Association Economist Intelligence Unit Ente nazionale per l energia elettrica Ente nazionale idrocarburi Estremo oriente russo (Lontano oriente russo) Oleodotto East Siberia-Pacific Ocean Forum sulla cooperazione Cina-Africa Fondo monetario internazionale (International Monetary Fund) Free Trade Area Gulf Cooperation Council Human Immunodeficiency Virus (Acquired Immuno Deficiency Syndrome) EU-China High Level Economic and Trade Dialogue Mechanism Istituto nazionale per il commercio estero Information and Communication Technology Investimenti diretti esteri International Energy Agency International Labour Office (Ufficio internazionale del lavoro) Intermediate-range Nuclear Forces Iran-Pakistan-India, gasdotto Information Technology Kuomintang (Partiti nazionalista cinese) (Taiwan) Liquefied Natural Gas milioni miliardi milioni di barili al giorno milioni di tonnellate Fusione e acquisizione Medio Oriente North Atlantic Treaty Organisation North Eastern Region New Partnership for African Development Non Proliferation Treaty New Security Concept Organisation of American States Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo (Organisation for Economic Cooperation and Development) Official Development Assitance Outbound Foreign Direct Investment Organizzazione mondiale del commercio (World Trade Organisation) Organizzazione non governativa Organizzazione delle Nazioni Unite viii

7 Abbreviazioni OPEC PBOC PE PCA PCC PFP PESC (CFSP) PEV PIL PLA (EPL) PO PPP PVS RATS RMB RPC R&S (R&D) SARS SCCAP SCO SDR SEC (CES) SEZ S&ED Sinopec SOE SORT START Tcgp tep TNP TPP Traceca UA UE (EU) ULFA UN UNFPA UNOCAL URSS USA WMD ZEE ZES Organisation of the Petroleum Exporting Countries People s Bank of China (Banca centrale cinese) Parlamento europeo Partnership and Cooperation Agreement Partito comunista cinese Partnership for Peace Politica estera e di sicurezza comune (Common Foreign and Security Policy) Politica europea di vicinato Prodotto interno lordo People s Liberation Army (Esercito popolare di liberazione) Partenariato orientale Purchasing Power Parity (parità del potere d acquisto) Paesi in via di sviluppo Regional Anti-Terrorist Structure Renminbi (o yuan) moneta cinese Repubblica popolare Cinese Ricerca e sviluppo Severe Acute Respiratory Syndrome Security Cooperation in the Asia-Pacific Shanghai Cooperation Organisation Special Drawing Rights (Diritti speciali di prelievo) Spazio economico comune (Common Economic Space) Special Economic Zone Strategic and Economic Dialogue China Petroleum & Chemical Corporation State Owned Enterprise Strategic Offensive Reductions Treaty Strategic Arms Reduction Treaty Trans-Caspian Gas Pipeline tonnellate equivalenti di petrolio Trattato di Non Proliferazione Trans-Pacific Strategic Economic Partnership Transport Corridor Europe Caucasus Asia Unione africana Unione europea (European Union) United Liberation Front of Asom Unione africana Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione Union Oil Unione repubbliche socialiste sovietiche United States of America Weapons of Mass Destruction (armi di distruzione di massa) Zona economica esclusiva Zona economica speciale ix

8 Introduzione vano usare l Occidente come metro per giudicare la Cina (WANG HUI, 2003) 1. CENNI SUL PENSIERO FILOSOFICO CINESE La Cina sta inserendosi in maniera sempre più capillare nei discorsi e nelle dinamiche politiche ed economiche mondiali e questo rende necessario cercare di capire cosa c è dietro questa rinascente grande potenza e quali sono le caratteristiche di un entità che economicamente è un paese-continente e culturalmente un paesemondo, troppo spesso intravisto come mito, idea o visione, e non come una realtà con la quale bisogna misurarsi, così come essa stessa sta tentando di fare con il resto del mondo. Da questo processo risulterà sicuramente un mondo molto diverso da quello attuale, a causa della forza economica cinese, ma soprattutto dalla sostanziale diversità culturale e politica del paese. All inizio del suo libro, André Chieng (2007: 9) si chiede: E ora? Dobbiamo ammirare la Cina, temerla, arginarla?, domande alle quali non si può rispondere senza innanzitutto comprendere questo paese. Infatti, come spiegò Zhou Enlai a Henry Kissinger, i misteri cinesi scompaiono in un solo modo, studiando. Dovendo poi analizzare, come tenta di fare questo volume, il rapporto della Cina con gli altri, occorre prima di tutto comprendere i punti di vista e le intenzioni cinesi, cioè quelle che più appropriatamente Mazzei (2001: 94) chiama le rappresentazioni geopolitiche delle élites cinesi, tenendo presente, però, che la cultura che esse hanno ereditato presenta molti aspetti importanti che la distinguono da quella occidentale. Al centro della cultura della Cina, e di vaste aree asiatiche, vi è il confucianesimo, un sistema di pensiero che formula i presupposti di una vita esemplare, regolata da solidi principi etici concernenti tanto l ambito individuale quanto le gerarchie sociali, per realizzare un idea di armonia basata sull unità che indissolubilmente legherebbe il mondo degli uomini al divino, alla natura e all universo, un sistema che per più di due millenni ha esercitato, e ancora esercita, un ruolo di primo piano su uomini e istituzioni, anche perché questo movimento di pensiero si è presto trasformato in sistema ideologico funzionale al potere politico, in quanto risponde perfettamente alla necessità di formare una classe di burocrati letterati, perno dell organizzazione sociale (Scarpari, 2010: 3, 5 e 260). Anche l isolamento geografico ha contribuito non poco a formare l originalità e diversità intellettuale del paese che è sempre riuscito ad assimilare, sinizzare, i vari invasori, salvo gli ultimi, che vi sono penetrati. E il confucianesimo resta alla base della cultura cinese di oggi come quella di altri paesi dell area sinica Giappone, Corea, Singapore, Vietnam e in minor misura gran parte dell Estremo Oriente (Bell: 2008). x

9 Introduzione La Cina è un paese molto grande, molto complesso e molto distante da noi, ma al quale in passato è stato imposto, dai conquistatori occidentali, l obbligo di imitarci, un trauma iniziale che ancora organizza, in modo nascosto, tutti i rapporti che la Cina intrattiene con il resto del mondo e che ha determinato la questione: come raggiungere, e se possibile superare, l Occidente?. La risposta di Mao imitare l Occidente per renderlo cinese ha prodotto quello che Jullien (2007: 28-29) definisce suonare contemporaneamente su due tastiere, cioè una bicolturalità, un fenomeno del tutto nuovo per i cinesi, ma che forse permette di capire il caso unico che la Cina odierna rappresenta: quello di un regime ipercapitalista che si nasconde sotto un coperchio comunista, in ogni caso quello di una struttura gerarchica burocratizzata (Jullien: 2009). Infatti, la Repubblica Popolare Cinese (RPC) presenta l evidente contraddizione di un partito unico che, pur continuando a dichiararsi marxista-leninista, anche se alla cinese, ha deliberatamente creato un economia di mercato aggressivamente liberista di cui ha beneficiato gran parte della popolazione che, pur essendo sempre più dominata dal consumismo, dall arricchimento e da una cultura di massa, è però disposta a continuare ad accettare la guida del Partito comunista cinese (PCC). In effetti, i vecchi compagni sono stati trasformati in tanti consumatori 1. Come sempre, in Cina le trasformazioni sono omogenee, globali, continue; non ci sono rotture o cesure nette, perché si mantiene aperta ogni possibilità. Infatti, l idea di rivoluzione è un idea che viene dall Europa, mentre in Cina si è sempre trattato di revocare il mandato celeste il geming che il Cielo rilascia al governante e che lo legittima a patto che nella società regnino la stabilità e l unità, per cui una dinastia che degenera può essere sostituita da un altra. Il sistema confuciano ha rappresentato il più longevo ordine politico della storia umana e anche nella Cina di oggi rappresenta una forza importante che stabilisce la continuità tra i precedenti regimi e quello attuale, specialmente dopo la morte di Mao 2. Diversamente dall Europa, che dopo la fine dell impero romano è stata sempre un agglomerato di stati, la Cina è un impero agricolo unificato. Il che spiega l attaccamento europeo per lo stato-nazione piuttosto che per la sovranità dell Europa intera, mentre per la Cina la cosa più importante è l unità (Jacques, 2009: 207 e 82). Infatti, la Cina è essenzialmente una identità spazializzata che non è evoluta storicamente come nazione, ma piuttosto come sistema culturale organico costruito attorno a un territorio bene definito (Napoleoni, 2008: 106). Confucio e Mencio hanno sottolineato che primo compito di ogni governante è il benessere del proprio popolo e che per creare un ordine armonioso è necessario che il popolo sia convinto che le leggi sono giuste e sono applicate in modo imparziale, pena la perdita del mandato celeste. È l imperatore che garantisce sulla terra l armonia, la solidarietà tra l ordine dell uomo e quello della natura, ordine che non è giuridico ma etico, ed è sulla base di principi etici, non giuridici, che egli governa. Fuori del controllo dell imperatore c è il caos, cioè il disordine etico-culturale e 1. Come ben spiega A. Lavagnino (Postfazione a Mitter 2009, ) l obbligo del vestito alla Mao, uguale per tutti, a cui non si poteva sfuggire pena l emarginazione e la critica, si è trasformato nel nuovo obbligo di vestire alla moda, in un sostanziale tributo a questa nuova modernità globalizzata. 2. Rimuovendo ogni traccia di quanto è avvenuto tra la fine dell impero e l avvento del maoismo, la Rivoluzione culturale afferma «implicitamente che il regime è sempre esistito e ha sempre governato», per cui il maoismo può presentarsi come l anima della vecchia e nuova Cina (Napoleoni, 2008: 94 e 96). xi

10 La Cina e gli altri quindi politico, ci sono i barbari, divisi tra vassalli che accettano i valori della civiltà cinese 3 e il sistema del tributo (vedi sezione 3) e gli altri. Ma in politica proprio l armonia conduce all assoggettamento ai rapporti di forza (Jullien 2007, 38). Non disponendo di piani di intelligibilità diversi da quello dei processi, cioè dei rapporti di forza tutto è politico (Jullien, 2007: e 104) e la verità diventa una forma di sterile parzialità. L impossibilità di appoggiarsi a un piano diverso da quello dei rapporti di forza non ha, inoltre, permesso l emergere della figura dell intellettuale, quindi è impossibile la dissidenza intellettuale e il giudizio critico della storia. Ma pensare senza confrontare, privilegiando l obliquità, come l hanno fatto per la maggior parte i letterati cinesi, ha impedito loro di diventare degli intellettuali (Jullien, 2007: 45) 4. L assenza del dissenso che caratterizza la Cina deriva dal fatto che anche se l erudito volesse ritirarsi dal mondo ne resterebbe comunque prigioniero (Jullien, 2007: 55). La libertà di espressione è stata frenata dall arte del discorso indiretto sviluppata dalla Cina, arte che pervade la poesia come il discorso politico. Per evitare il confronto diretto, i cinesi ricorrono all espressione allusiva, all implicito, alla sottigliezza di un approccio obliquo, cioè a quella strategia del senso di cui Jullien (2004) mostra la logica e l efficacia. Una strategia che mette in gioco il concetto stesso della verità, perché non mira alla generalità delle essenze, ma tramite la ricchezza dell allusione e dell implicito scopre il valore della saggezza rispetto a quello dei saperi. Chiaramente, il discorso indiretto è importante quando l obiettivo è evitare i conflitti e raggiungere l armonia tramite il negoziato che non si basa sul dominio dell oppositore, come in Occidente, ma sul consenso. Creare armonia è, quindi, un utile strumento al servizio del potere, ma anche un simbolo di auto-censura e di limitazione della libertà individuale. Ancora oggi, secondo la studiosa Li Dongjun, citata da Zhao (2008: ), il sistema di rappresentazione simbolica incarnato dal confucianesimo continua a esercitare una forte influenza sulla mentalità cinese e, nonostante sia passato ormai un secolo dalla fine dell impero, stimola ancora la popolazione a conformarsi a un dovere di abnegazione in favore della totalità, per cui è difficile concepire i diritti individuali e tanto meno assegnare loro prevalenza, in molte situazioni, su quelli generali o collettivi. Recentemente anche Jullien (2007: 38) ha ammesso che la Cina ha concepito magnificamente la macchina dell obbedienza e ha bloccato un pensiero che non fosse del potere ma del politico (e dell emancipazione che esso rende possibile). La stessa trasformazione di Confucio in una figura suprema dell autorità è inseparabile dalla genesi e poi dal trionfo del dispotismo imperiale. Questo confucianesimo imperiale, che altera il pensiero di Confucio, trionfa sotto la dinastia 3. Valori che, secondo Mazzei e Volpi (2010: 137), tutti possono far propri (sinizzandosi), indipendentemente dall etnia, dalla lingua, dalla religione, un estensione universale che è forse azzardato attribuire a una civiltà segnata da superiorità razziale. Più che universalistica, la cultura cinese è imperialista. Secondo gli autori è questo universalismo che oggi favorisce l accettazione delle regole della globalizzazione economica mentre questo stesso universalismo si era rivelato un forte ostacolo nel rispondere con efficacia alla sfida modernizzante del XIX secolo. In realtà, nel XIX secolo la Cina è incapace di reagire all Occidente perché l istituto imperiale è in declino, l economia priva di direzione e la sua lunga esperienza di Stato polare, come scrive lo stesso Mazzei (2001: 90) si era svolta limitatamente nell ambito del sistema sino centrico. Oggi il posto dell imperatore è occupato dal PCC che ha abilmente sfruttato la globalizzazione per far crescere economicamente il paese e portarlo al centro del sistema mondiale. 4. In pratica tutti i letterati cinesi sono sempre stati funzionari dell amministrazione imperiale, cioè agenti della potente macchina che dal livello centrale o provinciale estendeva la sua azione alle prefetture e sotto-prefetture (Billeter, 2006: 111). xii

11 Introduzione Ming ( ) e soprattutto sotto quella Qing ( ). Un confuciano è sempre, per vocazione, un consigliere del principe ; non può abbandonare questo ruolo senza abbandonare il confucianesimo (Billeter, 2006: 26 e 28-29). La nozione di processo 5 occupa un posto centrale nel pensiero cinese e Jullien (2007: 30-31) chiarisce che questo continuum dipende da due concetti: la disponibilità, cioè lo spirito del momento e il giusto mezzo, cioè il poter fare altrettanto bene l uno e l altro degli estremi. Ma la disponibilità non lascia alcuno spazio allo sviluppo dell idea di libertà per cui l unico regime politico che la Cina è riuscita a pensare è la monarchia: ieri era il principe o l imperatore, oggi è il partito comunista e per questo Mao resta sempre un riferimento indispensabile per i cinesi. Connesso alla logica di trasformazione continua delle cose e delle situazioni propria del processo, Jullien sviluppa il concetto di efficacia come capacità di scoprire il potenziale che esiste in ogni situazione e di sfruttarlo facendosi portare da esso, senza cercare di forzare il corso delle cose in modo che l effetto sia raggiunto naturalmente, spontaneamente. Continuando, Jullien (2005) presenta la buona condotta come l accompagnare il processo, nell assisterlo, lasciando che si concluda e porti i suoi frutti. Nelle parole di Laozi, basta aiutare quello che succede da solo. In quest efficacia, che è indiretta ed è tanto più grande quanto più è discreta, teoria e pratica, conoscenza e azione, non sono separate, come nel pensiero europeo, ma sono un unico che è al tempo stesso processo delle cose e loro uso, cioè la via, il dao 6. Concentrandosi sulla nozione di processo anziché su quella di creazione, il 5. Muovendo dalla nozione di processo anziché da quella di creazione, la filosofia cinese difatti può aggirare, sostiene Jullien (1991), l ingombrante enigma dell essere e, quindi, della metafisica, in netto contrasto con il pensiero europeo perché nello spiegare il mondo si concentra sull essere o su Dio, senza ricorrere al mistero o all astrazione (Zhao, 2008:122). Infatti, per i confuciani il principio assoluto «non è un entità divina: il dao è immanente, è ciò da cui tutto trae origine e che trascende ogni condizione umana». Nel confucianesimo è quindi indubbiamente assente una profonda tensione fra una dimensione trascendente e una dimensione immanente, mentre il Cielo è concepito come un astratta forma e non ben definita sorta di Provvidenza. Confucio non considerava opportuno soffermarsi a esprimere opinioni o teorie sul Cielo per non abbandonare mai il principale oggetto di riflessione: l uomo (Lippiello, 2009: 51, 57 e 64). Jullien (2007: 44) sostiene che anche la Cina ha conosciuto l idea di Dio ma l ha ben presto abbandonata, e non ha quindi lavorato con Dio, un altra differenza con ciò che l Europa ha continuamente drammatizzato. Accettando la realtà così com è, confuciani dell ultima generazione hanno ribadito l assenza di un Dio unico e trascendente e del peccato originale (quindi non senso di colpa, ma solo vergogna), insistendo sulla centralità nel confucianesimo della teoria dell innata bontà umana (Lippiello, 2009: 119). Il problema della trascendenza nel senso forte, monoteistico e personalistico, che esiste nel Cristianesimo e nell Islam, la Cina non l ha mai avuto. Forse si può parlare di spiritualità, anche di divino, ma di un divino diffuso nella natura, nella potenza degli esseri. Non vi è mai allignata una trascendenza da cui dipenda la creazione del mondo l atto creativo di Dio che poi finisce in un punto costituito dal giudizio universale. A questo, la rappresentazione cinese del mondo e dell esistenza, come spiega Jullien (1991), contrappone l idea di un processo che non ha né inizio né fine, un processo di continue trasformazioni. Infine, l assenza di Dio comporta anche quella della Legge, di qui il ruolo secondario della legge rispetto alla a-giuridicità della tradizione culturale cinese, una cultura che non lascia spazio alla mediazione giuridica, istituzionalmente e professionalmente organizzata e praticata (Moccia, 2009: 246). Secondo Jullien (2007: 54) si può dire che c è sì una trascendenza in Cina (ad esempio il Cielo), ma è la totalizzazione dell immanenza che opera nel mondo, cioè la totalità dei processi in corso. Anche se il Cielo è considerato superiore a qualunque cosa in terra, non è visto come il creatore dell universo, né è visualizzato in maniera concreta (Jacques, 2009: 85). 6. Il dao è la strada, il passaggio: non la via che porta a, ma la via attraverso la quale si procede Jullien, 2007: 35). Se l efficacia deriva dallo sviluppo della situazione, e non dalla realizzazione di un modello, la guerra si gioca prima dello scontro e la battaglia non è altro che l esito di un processo già determinato, per cui il vincitore sconfigge un nemico che è già battuto: la strategia consiste infatti nel saper far evolvere il rapporto antagonista in maniera tale che la battaglia sia vinta ancor prima di essere ingaggiata e tutto questo riducendo l avversario alla passività e sfinendolo La saggezza e la strategia sono xiii

12 La Cina e gli altri pensiero cinese, di nuovo contrariamente alla filosofia europea, evita il problema dell essere e, quindi, la metafisica, il mistero, l astrazione. Si arriva così alla dissoluzione della nozione di evento, ma anche della sua causa, per cui restano solo situazioni in continua evoluzione e orientate da tendenze (Jullien, 2007: 51-52), resta il potenziale di situazione, un concetto che si ritrova anche nella fisica, con l esempio dell acqua sulla cima di una pendenza (Jullien, 2008: 15-16). Il dao, spiega Billeter (2006: e 108), è la proiezione del potere, non quello reale, ma quello ideale dell imperatore, potere che affonda le sue radici nella natura. In questo sistema imperiale, il sopranaturale taoista è una burocrazia e anche per Jullien (2007: 64-69) il non agire diventa una formula suprema di dispotismo, un dispotismo imperiale, conclude Billeter (2006: 84), al quale la civiltà cinese è intimamente legata. Jacques (2009: 84) non nega che in Cina il potere dello stato non abbia mai trovato un limite in una Chiesa, in un aristocrazia agraria, nei militari, nel potere giudiziario o in una borghesia urbana, ma aggiunge che si è retto principalmente sul consenso, rinforzato da qualche forma di coercizione. In effetti, l etica confuciana s integrava mirabilmente in un sistema cosmologico in cui il fluire degli eventi era determinato dall agire dell imperatore e dal conseguente responso del Cielo (Lippiello: 2009: 79) 7. L ideologia era nata con l impero (fondato nel 221 a.c. dalla dinastia Qin, quella dell esercito di terracotta) come tentativo di dare ordine morale e politico a un epoca di disordini, un ordine imperiale, però, che veniva presentato come conforme alle leggi dell universo 8. È questo l uso politico cui soggiace la filosofia cinese: nel passato ideologia dell impero 9, oggi i- deologia del regime e dell ascesa, compreso il sempre presente fascino della tentazione imperiale (Joyaux: 1994). Un atteggiamento mentale questo che, però, oggi potrebbe compromettere l ascesa della Cina, perché proprio quel suo essersi posta come impero del centro le ha impedito di avere una storia di potenza globale, o anche una storia di coinvolgimento globale (Mazzei, 2001: 90). Quella che oggi chiamiamo civiltà cinese, insiste Billeter (2006: 23), dipende strettamente dal dispotismo imperiale, aggiungendo che, in Cina, anche quei concetti che all apparenza sembrano puramente filosofici, nacquero in realtà come tecniche di governo proposte alla burocrazia imperiale da letterati che spesso erano ugualmente discrete e la loro efficacia ugualmente indiretta Il saggio, come lo stratega, non agisce, bensì trasforma (Jullien, 2007: 64-65). 7. Il confucianesimo si fonda sui seguenti principi: reciprocità degli obblighi, rispetto delle gerarchie, fiducia nel cambiamento, istruzione, perfezionamento personale, rifiuto della violenza e soprattutto una società ordinata. Questi principi etici e normativi e i rituali del confucianesimo continuano a influenzare la società cinese. Da oltre due millenni il confucianesimo condiziona profondamente la vita spirituale e materiale dei cinesi e di vaste parti del mondo asiatico. Indicando modelli di condotta in ambito individuale e sociale e stabilendo per ognuno una precisa collocazione all'interno della famiglia e di una società gerarchizzata, Confucio mira alla realizzazione di un mondo armonioso che connetterebbe in modo indissolubile la realtà degli uomini alla sfera della natura, dell'universo, dell'eterno. 8. Quin shi huangdi, l imperatore della Grande Muraglia, accettò il consiglio del bibliotecario Li Si di distruggere i libri, soprattutto di storia, perché pericolosi per il governo. 9. Collegata con la globalizzazione e un cosiddetto nuovo ordine mondiale la voglia d impero, o si potrebbe dire la smania d impero, è il fenomeno che caratterizza quest avvio del terzo millennio. E la Cina ha il suo bell impero in via di trasformazione. L impero secolare e celeste delle dinastie dei figli del cielo si è trasformato nell impero ideologico e rosso della dinastia comunista dei figli del popolo, anche se oggi questa dinastia prova a essere meno ideologica e sempre meno comunista, una continuità imperiale sottolineata da quel presentare come successive generazioni le leadership che si avvicendano al potere e dal ricorrere a un rituale che è lo stesso del sistema imperiale (Mini, 2003a: 3). Non a caso in Cina si sottolinea che la leadership attualmente al potere è la quarta generazione. xiv

13 Introduzione anche funzionari imperiali, per cui la filosofia cinese soggiace all uso politico come ideologia dell impero prima e del regime oggi. Dal 1644, tuttavia, gli imperatori mancesi della dinastia Qing, avendo necessità di legittimare un potere fondato su una minoranza etnica, restaurarono una concezione più conservatrice dell etica confuciana, trasformandola, di fatto, in un fondamentalismo dogmatico che, in effetti, costituì uno dei principali ostacoli alla modernizzazione del paese. E vari lavori di Jullien mostrano come il saggio sia diventato il servo del potere, che vive all ombra del principe. Anche l immanenza, cioè quel non sentire il bisogno di porre qualcosa di esterno alla realtà nella quale l uomo evolve che, secondo Jullien, caratterizza il pensiero cinese, per Billeter (2006: 62-63) è congenitamente legata all ordine imperiale, che risolvendo in maniera autoritaria la questione dei fini ha creato un mondo chiuso. Una questione questa dei fini che non può porsi in un mondo come quello cinese che obbedisce totalmente a una finalità: il potere. Infatti, spiega Jullien (2005) la Cina ha pensato il potere, ma non la morale e il peccato 10 ; ha pensato la macchina dell obbedienza, ma non la trascendenza della legge e della giustizia. E se non ci s interroga sui fini, continua Billeter (2006: 78), se non si passa a un pensiero trascendente non è possibile pensare le libertà politiche e la democrazia, né si può pensare il progresso, ma solo il processo continuo, la via, il dao. Mentre in Occidente il potere ricerca l autonomia e l identità individuale, nella cultura cinese l individuo desidera identificarsi in un gruppo, perché è solo come membro di un gruppo che si acquista sicurezza e significato. In questo caso, anche il governo assume un ruolo paternalistico e la gente si pone in relazione di dipendenza. La cosa interessante che Jacques (2009: ) fa notare, però, è che da subito il governo fu visto principalmente in termini secolari, cioè non come espressione di un autorità divina, anche se i governanti erano tenuti al rispetto dell etica confuciana. L ascesa, nell elaborata gerarchia politica cinese, doveva rispondere al raggiungimento di un più alto gradino sulla scala della virtù. La famiglia, alla base del modello della società e del governo, presenta due importanti caratteristiche: la pietà filiale e il culto degli spiriti ancestrali, caratteristiche che servivano a evidenziare la continuità e la discendenza della famiglia e il rispetto e la venerazione dello stato, considerato una istituzione immortale che rappresentava la continuità della civiltà cinese. Il primo stato moderno essendo stato creato sotto la dinastia Qin ( a.c.) (Fukuyama, 2011: 114 e 125), questo stato è quindi visto come parte naturale e intrinseca della società, parte naturale dell ordine delle cose fonte di significato, comportamento morale e ordine. Ma mentre l armonia della tradizione confuciana è costruita dall alto, quella del taoismo si lega piuttosto a un processo di tipo opposto, fondato sulla coesione delle varie comunità tra loro, a cominciare dal livello della famiglia. La riscoperta del taoismo, da parte delle élite, è un segnale, secondo De Michelis (Dassù, 2010a: 6), di un evoluzione della società cinese che avrà inevitabilmente anche riflessi politici. Contrariamente alla cultura occidentale, quella cinese presenta una notevole capacità di evitare distinzioni nette, preferendo invece quelle che Jullien (2007: e 105) chiama trasformazioni silenziose, trasformazioni che si manifestano precisamente come il contrario dell azione e il cui risultato può solo constatarsi a poste- 10. Mancando della nozione di peccato, il pensiero cinese non concepisce divieti, ma solo moderazione e limitazione dei desideri, caratteristiche queste di una popolazione essenzialmente contadina, ma che certamente contribuiscono a spiegare l elevata propensione al risparmio di questo popolo. xv

14 La Cina e gli altri riori. Esempio di una trasformazione silenziosa, continua Jullien (2010: 98) è lo spostamento impercettibile ma costante del potere dall Occidente all Estremo oriente, un fenomeno che la crisi attuale, che ha toccato la Cina solo di rimbalzo e dalla quale essa esce rafforzata, all improvviso ha fatto emergere e imposto all attenzione del mondo. Ma così come il pensiero cinese dissolve l individualità dell evento nella globalità del processo, dissolve anche l individuo nella comunità, nel partito, nel popolo. Lontano dal dualismo ontologico occidentale, il pensiero cinese offre una concezione organicistica di un mondo fluido, caratterizzato dal continuum piuttosto che dal dualismo, un mondo nel quale le due forze yin e yang non si escludono a vicenda dato che l una esiste perché esiste l altra, ma entrambe contribuiscono alla realizzazione del dao. Una concezione nella quale non c è posto per l Altro, ma solo per un altro elemento, imprescindibile per raggiungere armonicamente lo scopo, il fine 11. La Cina non va quindi vista come una società con un solido stato, sostiene Cooper Ramo (2004: 57 e 58), ma come un paese in perpetua tensione dinamica che va trattata con un approccio ambientale legato strettamente alla propria cultura, a cominciare dalle strategie militari di Sunzi, che suggerivano che il risultato di una battaglia è determinato dall intero contesto ambientale paesaggio, morale delle truppe, condizioni meteorologiche, atteggiamento del generale, stato della nazione. 2. LA CINA COME L ALTRO? Il rapido ritorno alla ribalta della scena mondiale della Cina ha prodotto una vera e propria proliferazione di discorsi su questo paese, ma, in effetti, per noi europei 12 resta il Grande Altro, cioè un altro mondo costituitosi indipendentemente dalle nostre categorie di pensiero e dai nostri riferimenti; un mondo dunque che mette in dubbio quello che noi consideriamo, complessivamente, universale (Jullien, 2005). Proprio perché l Oriente è un concetto che si è sviluppato da una prospettiva eurocentrica, l Oriente è diventato il diverso, l altro rispetto all Occidente. Naturalmente, è anche necessario tentare di distinguere quali aspetti della cultura cinese appaiano ancora vitali e come potrebbero essere preservati a fronte dei potenti cambiamenti che il mondo sta sperimentando. Per quanto concerne la cultura politica questa appare segnata da due fattori: l aver avuto una storia tanto lunga e continua, superando finora tutti i tentativi di distruggerla, e l essere condivisa da più del 90% di una popolazione che si avvia al miliardo e mezzo. Una storia e una dimensione che non permettono al paese di adattarsi facilmente e accettare le regole di un sistema internazionale creato dallo stato-nazione e, quindi, per lo stato-nazione, un invenzione tutta europea. Molte delle caratteristiche più rilevanti della Cina risalgono a quando essa era una civiltà-stato, prima che cercasse di diventare uno stato-nazione (Jacques, 2009: 374). La Cina rappresenta, quindi, un altrove distante dai nostri punti di riferimento, perché è forse la sola grande civiltà che si è svilup- 11. Differentemente dalla dialettica hegeliana, che è conflittuale e nella quale la sintesi serve a risolvere, a superare la contraddizione, la dialettica yin-yang invece usa la contraddizione per comprendere la relazione tra gli oggetti o eventi, per trascendere o integrare apparenti opposti (Mazzei e Volpi, 2010: nota 24). 12. Forse ha ragione Li Xiaoning (2006: 60-61) quando afferma che gli europei non capiscono molto della Cina, [mentre] per una durevole e stabile cooperazione dobbiamo capirci e riconoscerci l un l altro. xvi

15 Introduzione pata al di fuori del pensiero europeo (Jullien, 2005: 3) e che è finora riuscita a far proprie idee e istituzioni aliene, come ha fatto con il comunismo e forse sta facendo con il capitalismo, riassorbendo tutto nel flusso di una tradizione millenaria, in un continuum molto taoista che non conosce dialettica hegeliana ma soltanto compresenza degli opposti (Ippolito, 2010). Secondo Zhao (2008: 210), sia la depoliticizzazione della filosofia tradizionale cinese operata da Jullien la sua fantomatica alterità che l insistente politicizzazione di Billeter sono quanto mai discutibili. Infatti, il problema non è se la civiltà cinese abbia caratteristiche specifiche o universali, perchè è chiaro che, a un certo livello, sono vere entrambe le cose. Indubbiamente la speculazione filosofica sull alterità, se portata agli estremi, rischia di apparire pericolosamente attraente, mentre la cosa più sensata sarebbe considerare l altro semplicemente come altro (Zhao, 2008: 214). Lo stesso vale, però, anche per la Cina che invece mostra una spiccata difficoltà ad accettare o integrare gli estranei, gli altri. Infatti, un Impero di Mezzo, o del Centro, è in realtà un entità accerchiata e quindi vulnerabile e insicura, situazione alla quale si reagisce assumendo una superiorità che permetta di svilire gli altri. N è nato un atteggiamento razzista che Jacques (2009:243) chiama la "mentalità dell impero di mezzo", una nozione di inerente senso di superiorità rispetto agli altri prima di tutto culturale, ma implicitamente anche razziale 13. Un forte atteggiamento razzista si ritrova anche in Hong Kong, Macao e Taiwan e ancor più nelle comunità cinesi all estero (overseas chinese) 14, tanto che i coesivi legami dell identità cinese hanno trovato espressione nella nozione della Grande Cina, un idea culturale e civilizational, piuttosto che entità territoriale o politica, la cui forza deriva dalla condivisa eredità della civiltà cinese (Jacques, 2009: ). Quando a metà del XIX secolo la Cina sentì sgretolare la propria preminenza culturale e politica, iniziò la ricerca di una nuova identità che venne identificata nella nozione di popolo han, una invenzione, nient altro che un costrutto culturale in quanto il popolo cinese, come quasi tutti i popoli, è in realtà un amalgama di tante razze 15. Nonostante non sia vero, i cinesi si sono sempre considerati un unica razza, credenza sostenuta dal fatto che la storia straordinariamente lunga della loro civilizzazione ha reso possibile il complesso processo di completa fusione di tante razze differenti. Questo ha contribuito all affermarsi della nozione, come sostiene Jacques (2009: 421 e 135), che la differenza tra cinesi e altri popoli non è semplicemente culturale o storica, ma anche biologica. Se l identità cinese si fonda sulla razza, è proprio questo che rende l impero di mezzo separato dal resto del mondo e a esso 13. Con la creazione della RPC il discorso razzista è ufficialmente bandito, ma resta parte del senso comune cinese e con l inizio delle riforme è tornato in forma esplicita sia a livello popolare che nei circoli ufficiali (Jacques, 2009: 252). Anche Huntington (2000: 244) scrive che l identità cinese viene a essere definita in termini di razza. 14. Importanti caratteristiche della diaspora cinese sono la dimensione circa 50 milioni -, la dispersione veramente globale, lo scarso interesse all integrazione e tendenza a considerare i locali come stranieri dove c è un cinese c è la Cina e quindi i non cinesi sono stranieri! 15. All inizio, il territorio cinese era occupato da una quantità di popoli e solo dal 221 a.c., dopo l unificazione realizzata dalla dinastia Qin (206 a.c.-220 d.c.), a predominare fu il popolo che noi riconosciamo come cinese (spesso chiamato cinese han dall omonima dinastia. L identità di questo popolo della dinastia è stata costruita con l adozione di norme e rituali che hanno la loro origine nel pensiero di Confucio. Secondo Mitter (2009: 12-13), anche l idea di essere cinesi come l intendiamo noi, in termini d identità etnica e nazionale è un prodotto del XIX secolo, come lo è la parola Zhongguo, cioè regno di mezzo o Cina. xvii

16 La Cina e gli altri superiore. In questo caso l isolamento della Cina è il segno della sua superiorità razziale, il che la rende pericolosa. La Cina è il centro politico, perché è il centro della civiltà che irradia valori, o meglio i valori (Mazzei, 2001: 70). La Cina imperiale fu, infatti, un universo a sé, al di sopra e distinto dal resto del mondo, superiore in ogni rispetto, una più alta forma di civilizzazione raggiunta grazie ai valori, alla morale e gli insegnamenti del Confucianesimo e dello stato dinastico che li incarnava. Ed è per questo, continua Jacques (2009: e 135) che la Cina resta una civiltà con uno stato-nazione, perché quello che lega i cinesi tra loro è il senso della cultura, della razza e della civiltà e non l identificarsi con la nazione come stato. Questo comporta, però, una concezione biologica della cittadinanza, una concezione che si ritrova in tutti i paesi confuciani e che causa il rigetto degli estranei e il rafforzamento del razzismo indigeno. Ed è anche questo suo considerarsi un universo a sé che ostacola l accettazione di valori universali come libertà e democrazia e spiega la polemica che dal 2008 imperversa in Cina sull esistenza di valori universali e quindi se libertà e democrazia sono tali sono puramente occidentali (TE, 2 ottobre 2010) vedi sotto e nota no. 3. Jullien (2007: 48) diffida della tendenza troppo diffusa a voler relegare il cinese nel ruolo dell Altro e insiste sul fatto che concepire la Cina come fondamentalmente altro è un mito che oltretutto ostacola la reciproca comprensione fra cinesi e occidentali 16. Se poi l alterità si regge sul mito del popolo cinese, allora non serve né a coloro che si collocano all interno della sua sfera né a coloro che se ne collocano fuori (Zhao, 2008: 214). Jullien (2007: 86) insiste da sempre sulla distinzione tra altro, altrove e alterità. Egli argomenta che il primo è lo strumento necessario per ogni elaborazione dialettica, l altrove si constata, mentre l alterità è da costruire, conducendo un operazione di riflessione tra i due campi interessati. Dire che la Cina è altrove, sia dal punto di vista della lingua che da quello della storia, è invece un semplice dato di fatto che non è tuttavia da confondere con l altro, il diverso, o l opposto. Per questo non si può supporre l alterità tra Cina ed Europa. Bisogna inoltre riconoscere che per il momento la Cina persegua un fine preciso o una finalità, anche imperialistica, ma sembra invece che cerchi di sfruttare al meglio i fattori favorevoli nel campo economico, politico, internazionale, ecc., per rafforzare la propria potenza (Jullien, 2009 e anche 2007: ). Con quest approccio Deng Xiaoping, il grande trasformatore silenzioso, ha fatto passare gradualmente la società cinese, alternando liberalizzazione e repressione, da un regime socialista a un regime ipercapitalista. La mancanza di un taglio netto con il passato che mettesse in questione la legittimità del potere ha permesso al PCC di mantenerlo, mentre obbligando tutti a vivere nella connivenza si è creata complicità con la trasformazione avviata (Jullien, 2009). Oggi, è con il recupero della propria esperienza rivoluzionaria, compresi alcuni aspetti del maoismo, e del nazionalismo, specialmente come patriottismo, che il PCC rafforza la propria legittimità a governare il paese (Miranda, 2010a: 90). Un operazione facilitata dall ortodossia confuciana che nella Cina imperiale garantiva che lo stato poggiasse sull armonia 16. Il mito della Cina come l unica civiltà storica a essere realmente altra rispetto all Europa è stato creato, secondo Billeter (2006: e 18), dai gesuiti del Sei-Settecento che adattarono ai propri fini una visione della Cina, delle sue istituzioni e della sua storia che esisteva già nella stessa Cina. E infatti gli interlocutori dei gesuiti erano dei mandarini, cioè grands commis dello stato e membri della classe possidente, dato che i gesuiti miravano a convertire l impero dall alto, servendosi del potere imperiale. xviii

17 Introduzione che vanifica tutti i conflitti. Non è un caso se la concezione comunista dello stato presenta tante affinità con quella confuciana 17. Stabilendola continuità con la lunga storia cinese il nuovo governo poteva assumere, sostiene Jacques (2009: 427 e 136), l autorità e il fascino del vecchio stato cinese, caratteristiche molto utili per pianificare e portare avanti progetti i cui benefici avevano bisogno di tempo per diventare apparenti. L armonia cinese, però, non è prestabilita, è in corso, in continua trasformazione per adattamento, quella che Jullien (2007: 58 e 108) chiama regolazione, ovvero mantenere l equilibrio attraverso dei cambiamenti. Se, però, in Cina, tutto è divenire questo divenire non è cieco o caotico, ma coerente Il pensiero cinese non spiega (termine greco che corrisponde al perché) ma delucida le condizioni di questa coerenza (il come dell andamento delle cose, ciò che fa la via, il dao ). Quest armonia non si rapporta a un fuori ma procede dagli stessi contrari In quanto tale, l armonia è immanente al mondo: la disposizione armonizzante non è aggiunta alle cose, come una norma, ma scorre da una regolazione interna che procede dal solo gioco delle polarità (Jullien, 2007: 97). 3. LA CINA E GLI ALTRI I cinesi credono di essere una razza, credenza distillata dal forte senso di unità e comune identità prodotto dalla millenaria storia di questa civiltà 18. Di conseguenza, i non cinesi sono considerati differenti e il loro grado di differenza, cioè inferiorità, è proporzionale alla distanza dall impero di mezzo. L organizzazione dei rapporti con i non cinesi esterni è il sistema del tributo, o sistema tributario, con il quale essi riconoscono la superiorità della Cina e ricevono benevolenza e protezione e spesso il permesso di commerciare con la Cina, la cui autosufficienza la rende poco interessata agli scambi. Tramite il sistema del tributo, la Cina aveva creato una rete di relazioni bilaterali con i paesi vicini che pagavano il tributo come riconoscimento della superiorità della civiltà cinese. Il sistema codificava i rapporti di forza esistenti e offriva sicuri benefici agli stati tributari che per l Impero di Mezzo occupavano una posizione inferiore ai suoi margini. I cinesi erano convinti che i barbari esterni dovessero essere controllati con il sistema tradizionale di utilizzare il commercio come ricompensa per un comportamento conveniente. Una presunzione di superiorità che naturalmente funzionava meglio quando si trattava di quegli stati che avevano adottato le caratteristiche della cultura della Cina (Roberts, 2006: 316 e 312). Il sistema del tributo si applicava ai paesi sulla frontiera orientale e meridionale e ai paesi europei ed era la chiave di volta di un ordine gerarchico che poneva l imperatore al centro del mondo civilizzato. Con questo sistema gli stranieri venivano inseriti in forma subordinata nell ordine mondiale cinese, posizione che questi accettavano perché in effetti, commerciare con la Cina era sempre relativamente più importante per gli stranieri che per i governanti locali che si vantavano di avere un paese autosufficiente. A 17. Secondo Romano (2009) il PCC ha adottato una versione particolarmente autoritaria del pensiero confuciano, una filosofia in cui l armonia ha rimpiazzato la lotta di classe. 18. Parte del prestigio di cui gode il PCC deriva dal fatto che dal 1937, i comunisti divennero quelli che combattevano contro l invasore, il Giappone, e per l unità e indipendenza del paese. Nel periodo la possibilità che la Cina si dividesse fu abbastanza reale. xix

18 La Cina e gli altri questo sistema si affiancava, come ricorda Mazzei (2001: 72) una rete di relazioni commerciali non ufficiali (e non di rado considerate illegali) che è alla radice della penetrazione di mercanti cinesi, e (nel XIX secolo) della stessa diaspora, nel Sudest asiatico. Caratteristica fondamentale di questo sistema fu la sua intrinseca disuguaglianza, che però ne garantì anche la stabilità (Jacques, 2009: 375). Questo sistema finì con la colonizzazione dell Asia orientale da parte delle potenze europee che lo sostituirono con il sistema vestfaliano. Ma non è detto che il sistema tributario non possa, in qualche forma, essere ristabilito in questa regione, specialmente se si tiene presente che l attuale ordine internazionale storicamente è unico (Ikenberry, 2008: 2). Alla caratterizzazione degli altri adottata dai cinesi contribuiscono anche il colore della pelle un soggetto che causa forti sentimenti, percezioni e pregiudizi in tutta l Asia orientale, dove la penalizzazione della pelle scura precede di millenni l arrivo del modello razziale occidentale e la cucina. Avendo prodotto una delle più sofisticate e varie tradizioni culinarie, inclusa quella del te, la cucina cinese sta invadendo il mondo un fenomeno che Jacques (2009: ) definisce l asianizzazione della dieta occidentale. Dato il complesso di superiorità di cui essa soffre, il problema veramente importante che la Cina deve affrontare non è la mancanza di democrazia, ma quello della diversità, problema che una grande potenza, che ha deve intrattenere rapporti con tutto il mondo, non può non porsi. Il rischio maggiore sarebbe, avverte Jacques (2009: ), se decidesse di operare un profondo riordino culturale e razziale del mondo secondo una visione gerarchica tutta cinese. Come spiega Jullien (2007: 108), la Cina oggi sa governare come noi, ma conserva anche l altra sua risorsa; le sfrutta entrambe, ed è un gran vantaggio. Come diceva Mao: Camminare su tutte e due le gambe. C è una gamba occidentale, che ora è avanzata e che ci fa dire: sono tutti come noi. Ma c è anche altra gamba, più strategica, che fra l altro punta a far maturare le potenzialità di una situazione senza una pianificazione troppo rigida, seguendo vie oblique, e questo doppio registro è, in definitiva, l autentico vantaggio del paese, anche se in questo modo rischia di apparire come un Giano bifronte che sembra mostrare una cosa e insieme il suo contrario (Maffettone, in Jullien, 2008a: 57-58), rafforzando così quell impressione di duplicità che molti le attribuiscono. 4. LA CINA DELL ASCESA Con la nascita della RPC, il confucianesimo è stato rimpiazzato da svariate versioni del comunismo alle quali, dopo Tian anmen, si è sostituita una nuova ortodossia, il nazionalismo, o patriottismo, diventato l unico strumento per suscitare un sentimento generale di unità nazionale 19, che è uno dei più fondamentali, se non il più fondamentale principio della storia cinese (Jacques, 2009: 369). Poiché solo il 19. L attaccamento dei cinesi all unità del paese si è rafforzato a causa delle funeste conseguenze che hanno sempre accompagnato le varie scissioni e divisioni. Non a caso fu già Confucio, vissuto nel periodo di Primavere e Autunni a sostenere l assoluta importanza dell unità del paese. Jacques (2009: 200) ricorda che dal 221 a.c. la Cina è stata unita per ben 1074 anni, parzialmente unita per 673 e non unita per 470, soffrendo varie invasioni e occupazioni che però si sono sempre risolte nella sinizzazione dei nuovi arrivati. xx

19 Introduzione partito unico può garantire l ascesa incontrastata della Cina, relegando nel passato i secoli di umiliazione nazionale, mettere in dubbio tali convincimenti non solo è sbagliato, ma antipatriottico e addirittura anti-cinese (Buruma, 2010). Inoltre, vanno riconosciuti i notevoli elementi di continuità tra la modernità sostenuta dal PCC e il passato dinastico. In Cina, il buon governo continua a essere quello della tradizione confuciana, e cioè quello che assicura l ordine contro il caos, la regolazione come fondamento della continuità, la stabilità come condizione dell unità del paese. L idea di democrazia non appartiene a questa cultura e la RPC è un paese governato secondo principi che sanciscono il primato assoluto del PCC (Rinella, 2006: 9-10). In effetti, l assenza di una società civile e di un autonoma area pubblica nella Cina comunista non è un fenomeno nuovo: in Cina non ci sono mai state (Jacques, 2009: 96). È anche vero, però, che l aumentata sensibilità da parte del governo per l opinione pubblica, unitamente a migliori standard di vita, ha alimentato nella popolazione un livello di fiducia verso il governo che rende quanto mai inverosimile l eventualità di grossi tumulti politici (Fogel, 2010). Sarà invece sempre più difficile per il governo riconciliare il crescente nazionalismo 20 con il tradizionale approccio di basso profilo agli affari internazionali. Infatti, accantonato il modello di valori e costumi promosso dal maoismo, questo immenso paese 21 si è aperto al mondo e si è integrato nella comunità internazionale e in un trentennio è diventato la seconda economia mondiale, ed è già candidato a diventare rapidamente la prima. Beijing ha così capito che senza pace, prosperità e prestigio all estero, non avrebbe potuto avere pace e prosperità in casa e che senza queste due condizioni il PCC non avrebbe potuto mantenere il potere. È partendo da queste considerazioni che la Cina ha sviluppato la diplomazia del sorriso, che ha avuto il suo apogeo ai Giochi Olimpici. C è da dire che nei ricordi dei cinesi che hanno 45 anni o più, Mao resta una presenza irremovibile. Malgrado i costi pesanti del suo dominio, egli è ancora l icona più conosciuta della nazione e anche i cinesi d oltremare da anni stanno riconcettualizzando Mao (Fishman, 2005: 149 e 154). Ora si riconosce anche che si deve al fallimentare Grande balzo in avanti il declino delle tradizionali strutture familiari e quindi la ridefinizione del ruolo delle donne, con conseguente parificazione della loro posizione di lavoratrici a quella degli uomini. Nonostante che la cultura confuciana considerasse le donne intellettualmente meno capaci degli uomini, già alla fine del secolo XIX si sviluppò un notevole movimento intellettuale a favore dei loro diritti e tra questo periodo e quello iniziale del XX la posizione femminile mutò sensibilmente, a cominciare dall eliminazione, soprattutto nelle città, dell antica usanza di fasciare i piedi (Matter, 2009: 81). Se il movimento comunista fin dall inizio sposò la causa dell uguaglianza dei sessi, fu il Partito nazionalista che alla fine degli anni 20 riconobbe alle donne i diritti civili e pari diritti per il matrimonio e la successione, una rivoluzione che ebbe attuazione pratica e fu estesa alle campagne nella Cina di Mao. L introduzione nel 1979 della politica del figlio uni- 20. In effetti, questa conciliazione potrebbe essere più semplice considerando che a partire dalla tarda epoca Qing, la politica cinese è sempre stata caratterizzata dal nazionalismo, una concezione che traeva la propria legittimità dal popolo, inteso come entità provvista di propri diritti, e secondo cui uno Stato forte può essere un arbitro razionale del potere (Matter, 2009: 76). 21. L immensità della Cina, chiariscono Mazzei e Volpi (2010: 138), è tale perché multidimensionale, in quanto comprende tutti e tre i fattori essenziali che costituiscono una civiltà: oltre al territorio, il tempo (la sua storia multimillenaria) e l uomo (la sua demografia elefantiaca). xxi

20 La Cina e gli altri co rimise però in discussione l impegno del governo nei confronti dell eguaglianza di genere. Dal tempo delle Guerre dell oppio generazioni di cinesi hanno sognato di vedere il proprio paese ricco e potente e finalmente, grazie a Deng Xiaoping e a alla sua politica di riforma e apertura ci stanno riuscendo (Vogel, 2004: 46). Avendo compreso che gli effetti della globalizzazione e della competizione internazionale giocano a proprio favore, la Cina non vuole tornare a ripiegarsi su se stessa, ma riconosce che il sentimento nazionalista di massa è una forza unificante che irrobustisce la propria legittimazione e che può riempire il vuoto di valori della Cina contemporanea (Zhao, 2008: ). E, in effetti, lo stato cinese gode di una notevole legittimazione tra la sua gente. Frattanto, anche per l Occidente, la Cina è diventata una società profondamente moderna. In realtà, l economia cinese era già largamente commercializzata un millennio fa quando quella società pre-moderna presentava una sofisticata economia di mercato che consentiva la compravendita di terra, mentre la capacità di accumulare capitali rendeva possibile costruire e far prosperare imprese commerciali, benché l economia non fosse né meccanizzata né industrializzata. Come Mitter (2009: 93), Jacques (2009: 93) sostiene che fino al 1800 la Cina fu un avanzata economia agraria con diffusa industrializzazione rurale, considerevole commercializzazione e mercati sofisticati. Inoltre, per lo meno a partire dall inizio del XX secolo, i governi cinesi e i teorici appartenenti all élite hanno accettato la maggior parte dei principi della modernità, pur opponendosi energicamente agli imperialismi occidentale e nipponico che introducevano a forza tali idee in Cina. Se questo aiuta a spiegare il miracolo cinese, ciò non toglie che il modo in cui si è manifestata tale modernità è indelebilmente condizionato dall eredità del suo passato (Mitter, 2009: 17 e 20), un pesante passato che però rappresenta anche la forza di questo paese, la cui storia, non va mai dimenticato, è stata molto differente da quella dell Occidente. Inoltre, i cinesi non hanno mai perso il loro profondo senso di fiducia in sé stessi o il loro senso di superiorità per la loro storia e civiltà (Jacques, 2009: 93). La raffinatezza e la profondità della cultura cinese creano un forte sentimento di orgoglio nazionale e favoriscono l affermarsi di una sensibilità comune (Dore, 2003: 26), ma più che la lingua, che differisce da provincia a provincia, è stata la scrittura ideografica a unificare la cultura cinese, una scrittura che rimonta a tre millenni fa ed è elemento fondante dell identità cinese. Essa, infatti, è compresa e adottata da tutta la nazionalità han, mentre si contano almeno 8 dialetti principali, il più diffuso dei quali è quello di Beijing (mandarino o putonghua). Il mandarino è la lingua ufficiale, è insegnato nelle scuole ed è usato da tutti i mezzi di comunicazione e negli uffici pubblici, ma a causa delle notevoli differenze che esistono tra i vari dialetti, sembra che solo una metà della popolazione sia in grado di comunicare in mandarino. La Cina attuale si presenta come uno stato a partito unico che però concede una notevole autonomia individuale, uno stato forte che collabora attivamente con altri stati nell ambito dell ordinamento internazionale e che mantiene un ruolo importante in un economia capitalista in espansione. Questo stato è più simile, sostiene Matter (2009: 77), a quello che voleva costruire l ala progressista dei nazionalisti di Chiang Kai-shek negli anni 30 che non a quello voluto dal comunismo radicalizzato degli anni 60. In effetti, i principi dei nazionalisti e dei comunisti dell ultimo secolo erano simili sotto molti aspetti di rilievo. xxii

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