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- Saverio Di Pietro
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6 Indice Presentazione 1. Premessa 2. Obiettivo della rassegna 3. Metodologia 4. Le interviste 4.1 Intervista a Laura Ferrari Ruffino 4.2 Intervista a Paolo Serreri 4.3 Una prima analisi 5. I progetti 5.1 EXTRADONNA 5.2 PER.LA 5.3 DIPO 5.4 E.S.S.ENT.I.AL 5.5 DIRITTE E DIVERSE 5.6 PR.IN.T. 5.7 SOFIA 5.8 DALIA 5.9 HISTORIA 5.10 P.R.I.D.E I.S.I.D.E ALISIA 5.13 F.A.C.I.L.E P.R.E.L.U.D.I S.O.F.I IMPRONTE 5.17 PRO-DONNA 5.18 V.E.L.A O.A.S.I Una prima lettura dei progetti 3
7 6. Note conclusive in vista della promozione di un intervento 6.1 Approccio narrativo 6.2 Obiettivi e significati 6.3 Immigrati ed migranti 6.4 Identità e cultura di appartenenza 6.5 Occupabilità 6.6 Formazione formatori 6.7 Il tempo è denaro 6.8 Centralità del gruppo 6.9 Bilancio di in-competenze 4
8 Presentazione Viene ad essere sempre più spesso sollevata dai diversi attori del mercato del lavoro - siano questi decisori, operatori, fruitori - la centralità del tema delle competenze. Ultimamente tale centralità viene reclamata con maggior vigore proprio dai fruitori, ovvero gli esclusi, coloro che non rivestono un ruolo attivo nel mercato: i cosidetti inoccupati e/o disoccupati e tra questi, come è noto, in misura significativa le donne, rispetto alle quali si registrano iniziative di valutazione, accertamento, valorizzazione e certificazione delle competenze. Anche nella terminologia che ovviamente si adegua alle nuove condizioni del mercato e, in generale, muta nel tempo - si possono registrare cambiamenti di significato. Ad esempio, con competenze oggi non ci si riferisce solamente ad oggetti che si prestano per la descrizione di un profilo professionale ma, anche, al tentativo di fornire una nuova consapevolezza del proprio profilo di competenze. Profilo in vista di una candidatura (o ri-candidatura) nel mercato del lavoro, enfatizzando in questo modo non tanto l aspetto formale della certificazione, seppur importante, quanto quello sostanziale della riappropriazione e riconoscimento di capacità maturate in contesti altri, come l autore della ricerca più volte afferma nel testo che proponiamo. Il lavoro di ricerca che presentiamo consiste pertanto in una rassegna ragionata di esperienze, pratiche, percorsi, iniziative messe a punto sul territorio nazionale e locale sul tema delle competenze in stretta connessione con la metodologia narrativa, in vista di una sperimentazione di azioni diversificate rivolte a donne, provenienti da diversi paesi e che esprimono una difficoltà o un disagio nella sfera lavorativa e/o di vita, di cui il progetto Mi racconto storie di donne e di chi le sta a sentire, promosso dal nostro Ufficio, costituisce una prima sperimentazione. 5
9 Relativamente al target di riferimento, il tentativo del lavoro è stato quello di individuare una proposta (dispositivo/modulo di intervento) centrata sulle competenze e orientata al genere in un percorso mirato a promuovere il riconoscimento di saperi maturati in contesti - culturalmente, socialmente, economicamente - diversi, attraverso la modalità delle tecniche narrative, che consentissero la espressione non solo dei vissuti individuali ma anche la trasmissione di contenuti valoriali nella circolarità della comunicazione nel gruppo. In particolare, non trovandosi in letteratura grande copia di analisi di questo tipo, abbiamo ritenuto utile, prima di avviare il detto percorso progettuale, compendiare le più recenti e significative esperienze maturate sul campo da coloro che già da alcuni anni si occupano di mediazione, integrazione culturale, orientamento, consulenza specialistica, per entrare in punta di piedi nel mondo variegato e per questo notevolmente complesso delle migranti. 1 In conclusione ci auguriamo che la rassegna e anche la metodologia in essa adottata possano fornire indicazioni utili a chi opera in questo campo e aprire un dibattito sul tema partendo dai dati esperenziali a disposizione. Le Consigliere di Parità della Provincia di Roma 1 Espressione preferita da Laura Ferrari Ruffino, Cora, intervistata dal ricercatore ad inizio dello studio. 6
10 1. Premessa L Ufficio delle Consigliere di Parità - per mandato istituzionale si occupa della trattazione dei casi di discriminazione, dell'attività di promozione di pari opportunità e di attivazione e/o consolidamento della rete di organismi per lo sviluppo di politiche attive del lavoro e di scambio e diffusione di buone prassi su questi aspetti. La promozione e realizzazione di azioni positive di intervento se, sul piano formale, è rivolta ad individui in generale a prescindere dall appartenenza di genere tuttavia, nella sostanza, sono tipicamente rivolti alle donne che vivono in una condizione di sostanziale disagio - soprattutto relativamente alle difficoltà in ingresso e alla qualità della permanenza nel mondo del lavoro e orientati lungo una duplice direzione: da un lato si configurano come interventi/azioni a fronte di una emergenza, soprattutto associata a condizioni di conclamata discriminazione; dall altro si tratta di azioni a carattere preventivo, volte a costruire, accrescere, favorire le condizioni di benessere che prevedono una ricaduta diretta sul tessuto sociale e indiretta rispetto al target di riferimento. In entrambi i casi l intervento promosso si configura come una azione di tutela, sia in termini di emergenza che di promozione e prevenzione. Una particolare attenzione è rivolta a tutte quelle iniziativa volte a favorire l ingresso ma anche eventualmente l uscita, in vista di un re-ingresso nel mercato del lavoro, il sostegno della conciliazione tra sfere di vita, l integrazione culturale e, prima ancora che di uno sbocco professionale, la promozione di un contesto di vita in grado di garantire un livello di convivenza civile nel pieno rispetto delle identità individuali e culturali, e coerentemente con i possibili e diversi ruoli definiti dalla cornice contestuale che offre il nostro Paese. 7
11 L interesse del committente in coerenza con il mandato istituzionale che ricopre è quello di mettere a punto un dispositivo di intervento in forma sperimentale rivolto a donne immigrate. L esperienza professionale di chi scrive suggerisce come attività preliminare per la messa a punto di tale dispositivo - la necessità di svolgere una attività di rielaborazione ragionata delle esperienze di intervento professionale realizzate sia a livello nazionale che locale come premessa per la realizzazione di azioni specifiche per specifiche fasce di utenza, nella consapevolezza che una conoscenza approfondita dei target di riferimento - nonché una panoramica il più possibile esaustiva delle esperienze messe a punto nei diversi contesti - costituisca una premessa appropriata per confezionare una risposta adeguata - perché coerente - ad una domanda che nel migliore dei casi è presunta o, meglio, implicita. 8
12 2. Obiettivo della rassegna Il lavoro che viene presentato è una rassegna di esperienze, pratiche, percorsi, iniziative messe a punto sul territorio nazionale e locale, in vista di una sperimentazione di azioni di intervento rivolte a donne e/o soggetti che esprimono un disagio relativamente a più sfere di vita (comunemente e impropriamente definiti svantaggiati ) e rintracciabili nell ambito di azione e di interesse definito dall area tematica e istituzionale delle pari opportunità, in una prospettiva antidiscriminatoria e in armonia con le recenti indicazioni pervenute dall Unione Europea 2. In particolare non trattandosi di un censimento di contributi rintracciabili in letteratura e dall esperienza sul campo ma, appunto, di una rassegna, il lavoro è integrato anzi, avviato a partire dalle riflessioni proposte da alcuni testimoni privilegiati assunti come tali per in ragione della competenza maturata su queste tematiche. Tale rassegna infine - viene prodotta in vista di una ipotesi di lavoro per la promozione dell inserimento professionale di donne immigrate o, in generale, di soggetti potenzialmente discriminati o svantaggiati. E per questa ragione che - attraverso il percorso illustrato nel paragrafo che segue si rimanda il lettore soprattutto alla parte conclusiva in cui si esprimono alcune considerazioni orientative in vista della messa a punto di un intervento di orientamento dedicato. 2 Si fa riferimento al 2007 dichiarato come Anno europeo della pari opportunità per tutti, verso una società più giusta. 9
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14 3. Metodologia La letteratura specialistica - così come la comunità degli addetti ai lavori - più volte e da più parti suggeriscono la necessità di sviluppare pratiche di intervento che non solo siano rispondenti ad una effettiva richiesta (bisogno) della collettività, ma che siano anche dotate di dispositivi di valutazione in grado da offrire alla comunità delle strutture che si occupano, a vario titolo, di categorie cosiddette svantaggiate una opportunità di diffusione delle buone prassi, nonché una visibilità sempre maggiore delle strutture che si occupano di realizzarle, sia rispetto alla rete di cui fanno parte (in una moderna prospettiva di sistema) che rispetto a coloro che potenzialmente potrebbero beneficiarne. Inoltre, sempre nella letteratura, così come nell esperienza di coloro (pubblici o privati) che si occupano (o che si sono occupati) di realizzare azioni mirate e a carattere preventivo in una prospettiva di pari opportunità, si registra il più delle volte una gran quantità di interventi (di integrazione, sostegno, orientamento professionale) che nella loro declinazione sul piano operativo sollevano soprattutto tre questioni: a) l effettiva ricaduta (osservabile e, pertanto, misurabile) in termini di risultati oggettivi sia sul piano individuale che sociale; b) la replicabilità delle esperienze, qualora vengano valutate positivamente sia da coloro che le hanno promosse che dagli attori coinvolti nella loro realizzazione; c) l oggettiva difficoltà di coinvolgere all interno di percorsi o, genericamente, iniziative a carattere integrativo (preventivo), proprio 11
15 le persone rispetto alle quali queste specifiche iniziative vengono pensate 3. Da più parti inoltre viene sollevata la centralità del tema delle competenze. Non si fa solamente riferimento alle competenze in termini di oggetti che siano espressione di un profilo professionale ma, soprattutto, alla necessità di promuovere la consapevolezza del proprio profilo di competenze, in vista di una candidatura più consapevole nel mercato del lavoro 4. Se infatti in percorsi di intervento professionale come ad esempio in un percorso di bilancio di competenze la centratura è sul tentativo di promuovere il riconoscimento delle proprie competenze laddove sia difficile assumerle come tali, perché sviluppate tipicamente in contesti informali, sarà ancora più appropriato relativamente al target di interesse del committente (donne immigrate) - il tentativo di individuare una ipotesi di percorso che sia specificatamente indirizzato a promuovere il riconoscimento di competenze maturate in contesti culturalmente e/o socialmente e/o economicamente diversi e, soprattutto, assumere come vertice di osservazione privilegiato quello individuato dai parametri culturali di lettura della realtà che ostacolano, prima ancora che l integrazione, l adozione di un linguaggio condiviso perché espressione, appunto, di un contesto ambientale e/o lavorativo specifico. In altri termini si è scelto di individuare una precisa ipotesi di lavoro, in vista di una proposta di intervento, per fare in modo che i soggetti che esprimono difficoltà di inserimento lavorativo possano 3 In altri termini spesso ci si interroga sulla effettiva rispondenza ed efficacia di azioni di tutela, prevenzione, integrazione, che rischiano di fallire proprio nella loro essenza, come se il problema vero fosse, prima ancora che la promozione del benessere attraverso la leva della costruzione e consolidamento della di una comunità di appartenenza, quello di coinvolgere i destinatari all interno dei progetti/percorsi per loro progettati. 4 Con il termine consapevolezza ci si riferisce non tanto all aspetto tanto dibattuto della certificazione delle competenze seppur strategico ma alla necessità di tradurre soprattutto in riferimento al target delle donne immigrate - le esperienze maturate in contesti altri, nonché in Paesi altri, in competenze, facendo esplicitamente riferimento alla dimensione della riappropriazione/riconoscimento di capacità maturate, tendenzialmente negate ma potenzialmente ancora fruibili nel mercato del lavoro del nostro Paese. 12
16 appropriarsi della piena legittimità a candidarsi nel mercato del lavoro locale e nella propria comunità di riferimento. La rassegna e soprattutto la metodologia impiegata - vuole fornire una risposta a tale necessità. Il lavoro di rassegna e di ricognizione delle pratiche di intervento pertanto - è stato articolato nelle fasi descritte di seguito. Fase 1 Interviste Individuazione e contatto con un elenco di testimoni privilegiati ai quali è stato chiesto di rispondere ad alcune domande specifiche (intervista semi-strutturata) in vista di una ricerca orientata di materiale pubblicato e/o esperienze realizzate nell ambito delle tematiche e dei target d elezione definiti dall area delle Pari Opportunità. Fase 2 Raccolta documentale Orientata sulla base delle informazioni tratte dalle interviste ai testimoni privilegiati, in questa fase è stata realizzata una ricerca di materiale relativo a pratiche e percorsi realizzati per il target specifico e su dimensioni coerenti rispetto alle dimensioni di interesse nell ambito definito dalle Pari Opportunità. Fase 3 Rassegna Attività di stesura del report di ricerca nel quale i materiali raccolti, nonché le interviste realizzate, sono state organizzate in modo ragionato e fruibile in una rassegna, in vista della progettazione di nuove pratiche di intervento professionale. 13
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18 4. Le interviste Di seguito vengono riportate 5 le due interviste - svolte nel mese di gennaio a Laura Ferrari Ruffino (Presidente di CORA Roma) e il prof. Paolo Serreri (Università di Roma Tre) 6. Nel terzo paragrafo viene proposto un confronto tra risposte fornite alle domande rivolte agli interlocutori e riportate per punti alcune riflessioni emerse, riprese successivamente in forma definitiva nell ultima parte, dedicata alle note conclusive. 4.1 Intervista a Laura Ferrari Ruffino Presidente del Centro di CORA Roma Amministratrice delegata Rete Cora (Centri Orientamento Retravailler Associati) (dopo aver introdotto il tema delle interviste, illustrato il mandato e le coordinate della rassegna) Qual è la vostra esperienza rispetto ad attività di intervento rivolte ad immigrati? Come CORA Roma abbiamo esperienze ripetute di lavoro. Non esplicitamente di sportello o di servizio dedicato interamente a donne 5 Entrambe le interviste vengono riportate in forma integrale per una precisa ragione di rigore etico/metodologico: la necessità di riportare in modo non alterato il pensiero dell intervistato/a. Oltre che riflettere la necessità di oggettività per quanto possibile si tratta di una garanzia soprattutto per l intervistato/a. 6 Uno dei criteri adottati per la scelta dei testimoni privilegiati al di là della effettiva disponibilità (non affatto scontata) a rilasciare interviste su temi di questo tipo - riflette la necessità di alternare un testimone appartenente al mondo accademico (Prof. Serreri) ad un altro appartenente a quello dell intervento professionale, di comprovata competenza (Laura Ferrari Ruffino). 15
19 migranti 7 ma, più precisamente, una continuità di esperienza per immigrati all interno di servizi più ampi. Tipicamente la Rete Cora fornisce una consulenza consolidata nell ambito dell orientamento per utenti diversi, tra cui anche le donne immigrate. Nello specifico, due esperienze specificatamente rivolte a donne immigrate: una, che si è svolta dal 2000 al 2002, e che consisteva in uno spazio di orientamento nel Centro Antiviolenza del Trullo (dove la maggioranza di utenti erano donne, giovanissime, sostanzialmente prostitute e straniere); la seconda, ancora in corso, presso il Centro di Valmontone, finanziato dalla Provincia di Roma e dove, anche qui, c è una prevalenza di donne immigrate. Quindi si parla prevalentemente di una attività di sportello No, non esattamente. Non si tratta di uno sportello, sono veri e propri Centri. In generale questa è una mia convinzione - non si danno sportelli di orientamento. Dicevo sportello semplicemente perché i nostri precedenti progetti si chiamavano sportelli donna, ma nella realtà non lo erano. Lo sportello è un luogo in cui tu porti una domanda e trovi una risposta. Bene: questo nell orientamento non ce l hai mai, perché anche nel cosiddetto orientamento informativo hai bisogno di una serie di passaggi di approfondimento, specificazione, articolazione, che non stanno nel concetto di sportello. Secondo me è proprio sbagliato sotto il profilo metodologico concepire l orientamento come sportello (l orientamento può avere un momento anche di socializzazione, di informazione, ma sta dopo una fase di analisi del bisogno). Che, per esempio, vuol dire che quando noi pensiamo ad una configurazione di percorso orientativo, abbiamo come primo momento (in assoluto il più importante) l accoglienza, che serve ad analizzare il bisogno, a indirizzare verso soluzioni immediate (aspetto fondamentale per donne migranti = in corso di migrazione), e questo è importante soprattutto nel campo dei servizi per donne migranti/immigrate: se si tratta di un primo arrivo hai bisogno di un certo tipo di risposte (accoglienza, casa, informazioni sul territorio, che 7 Il termine migranti viene usato in modo intenzionale in luogo di immigrate. La ragione di questa scelta sarà chiarita successivamente, nel corso dell intervista. 16
20 loro non hanno). L attività di sportello può essere anche pensata come un filone parallelo, in questo senso. Peraltro, mentre per anni sono stati gli uomini, ormai sono soprattutto le donne a venire, sia perché si sono ricongiunte, sia perché è cambiato il genere della migrazione (per anni sono stati gli uomini, ora sono le donne a venire per prime). Essendoci una maggiore domanda di donne straniere, per tutti i tipi di servizi di colf, badanti, e via dicendo, ormai sono le donne che massicciamente emigrano. Ora, è chiaro che la donna che arriva da sola, non appoggiata ad un contesto, in prima battuta tu gli offri un tipo di accoglienza per rispondere a una domanda che è immediata; laddove invece si configura un progetto migratorio più definito, più stanziale, più solido, stai riflettendo su un progetto migratorio. Se per i motivi detti non si è trattato di uno sportello, nella sostanza l esperienza che avete come struttura in che consisteva? Nel caso specifico, come dicevo, sono state (e sono, perché una è ancora in corso) due esperienze di Centri in cui le donne vengono accolte perché dichiarano uno stato di bisogno, perché vengono da condizioni di prostituzione e sfruttamento/violenza, e/o di solitudine, in cui non riescono a sopravvivere. Il loro bisogno viene accolto, e sostanzialmente trattato in questo modo: c è un sistema di accoglienza in vista di due percorsi differenti: si può rimanere nell ambito del/dei colloquio/i oppure possiamo avviare l accoglienza all interno del Centro di accoglienza. Arriva l utente e, attraverso il colloquio, o viene indirizzato ad un filone di ulteriori colloqui o servizi (opzione non residenziale) oppure entra nel Centro (opzione residenziale). Nel Centro di Valmontone si segue un percorso secondo una metodologia che è difficile da descrivere anche perché vede la presenza di almeno tre approcci metodologici che peraltro, in questo momento storico, stiamo tentando di integrare senza sovrapporli: (1) l esperienza di Sostegno Donna che gestisce il centro di Valmontone (2) il lavoro di Laura Storti (psicoanalista lacaniana), che si configura come sostegno/supervisione per le operatrici e, su richiesta, sostegno psicologico per le donne che lo richiedono e (3) il nostro approccio (CORA) che prevede uno specifico servizio di orientamento al lavoro e 17
21 che, in qualche modo, riattraversa alcuni passaggi già detti, perché si parla della ricostruzione della storia lavorativa (ma non solo lavorativa), l esplorazione del bisogno e dei desideri, un sostegno nella socializzazione al lavoro (i luoghi a cui ci si rivolge, come si fa a chiedere alcune cose, come ci si iscrive al collocamento, tecniche di ricerca e via dicendo). Rispetto all orientamento, che prevede una grande attenzione all attivazione dell utente, dalla prima esperienza del Trullo abbiamo incrementato, con utenti di questo tipo, la parte di sostegno/affiancamento, perché soprattutto le giovani, le appena arrivate, sono completamente estranee alla cultura del lavoro. Intorno al 2000 abbiamo partecipato ad una esperienza che si chiama Baia del Re, dedicato a stranieri, in cui abbiamo realizzato la formazione di formatori per la costruzione di servizi di orientamento per stranieri attraverso la formazione di operatori che erano a loro volta stranieri, e che prevedeva due figure (consulenti di orientamento e animatore territoriale). Insomma, più o meno tutte le esperienze di orientamento (si intende per donne immigrate/migranti) convergono su questo modello: orientamento che si concentra sulla ricostruzione della storia Attenzione: questo è il passaggio importante. L orientamento per stranieri deve, se vuole essere efficace e diverso da quello che è l approccio normale, avere una attenzione particolare alla storia, alla narrazione. Per chi si occupa di orientamento questo ormai è evidente, perché se c è una cosa che è lacerante e distruttiva è questa operazione di cesura (o autocesura) che invece viene fatta per motivi burocratici (ad esempio l annoso e demenziale problema del non riconoscimento dei titoli). Purtroppo l equipollenza dei titoli passa per accordi bilaterali. Ti faccio un esempio: io Italia faccio un accordo col Camerun. In quel caso, la laureata nel Camerun può utilizzare il suo titolo, e viceversa. La tendenza purtroppo è quella di non farli mai. Non c è una normativa internazionale, neanche a livello di Comunità Europea. Peraltro noi sappiamo che la maggior parte di persone migranti che arrivano nel nostro paese sono la potenziale classe dirigente (nel loro Paese) che se ne va, a causa di guerre civili, faide, sottosviluppo. Sistema questo che impoverisce i loro paesi, e non arricchisce noi, che non utilizziamo adeguatamente queste risorse. 18
22 Queste persone sono costrette alla cesura: da una parte perché fisicamente si spostano; quando arrivano da noi, siccome la loro storia non è spendibile, sia per i diversi contesti che per l aspetto più formale legato al riconoscimento dei titoli, in realtà è come se nascessero il giorno del loro arrivo. L essenza della metodologia narrativa, che si può esprimere nel cosa hai fatto prima? ha tanto più senso con coloro che provengono da un altra storia, un'altra cultura, semplicemente un altro Paese. Queste persone dovrebbero essere accompagnate a dire se questa è la mia storia e queste sono le mie esperienze, cosa ho acquisito in termini di saperi che posso riutilizzare, riconfigurare, ed eventualmente certificare qui? Per loro è fondamentale sia sul piano funzionale sia rispetto a quello dell armonia psicologica, a fronte dell amputazione di una parte della loro vita. Cosa può dirmi delle variabili di cui tener conto di fronte a donne immigrate? La definizione di progetto migratorio non è una dichiarazione ma un percorso. In molti casi è vaga, in altri è dichiarata ma suscettibile di cambiamento. Le categorie generali sono utili ma anche dannose perché si rischia di sottovalutare la dimensione individuale. E questo pone dei problemi perché l attenzione alle individualità pone dei limiti nell utilizzo di una medesima metodologia per tutti, indistintamente. La dimensione che mi è più vicina è quella di genere. Fino a poco tempo fa la missione archetipica dell uomo che procaccia il cibo (lavoro produttivo) rispetto a quello gestionale delle donne (lavoro riproduttivo) era consolidata e trasversale a tutte le culture; la globalizzazione ha portato in Occidente ad una emancipazione delle donne associata al loro ingresso nel mondo del lavoro, in un modo meccanico e con una grave omissione, e cioè senza passare per una ridiscussione dei ruoli. Si assiste pertanto ad una sottrazione di cura e, quindi, ad un bisogno di lavoro vicario. Mentre erano gli uomini a venire nel nostro Paese, così come in altri, a sostituire altri uomini nei lavori di fatica (campi, miniere, e via dicendo, fenomeno che si spiega anche in ragione della nostra scolarizzazione di massa), attualmente si è attivato un processo di donne che non arrivano più 19
23 nel nostro Paese al fine di seguire l uomo in questa dis-avventura, ma addirittura vengono direttamente le donne, senza i loro uomini Si arriva a parlare di una divisione del lavoro di cura su base addirittura globale 8. Il risultato, in termini di intervento, consiste nella necessità di una ridiscussione del lavoro di cura che va molto al di là dei confini del nostro Paese. Le donne che vengono da noi cambiano. Hanno i loro problemi perché ancorati all identità femminile. Altro è il discorso sulle donne migranti: in altre parole, se non si è sciolto questo nodo, si viene risucchiati in un contesto che per certi versi è più costrittivo di quello di provenienza. Adesso, proviamo ad immaginare una donna immigrata che si accosta ad uno sportello e che formula una richiesta di lavoro: come si può rispondere seccamente ad una domanda di questo tipo, senza passare per la narrazione delle storie? Peraltro, se questo tipo di intervento va promosso in un contesto di orientamento di gruppo, è opportuno che tale contesto sia il più possibile eterogeneo, proprio per favorire questo tipo di rielaborazione di vissuti. Proviamo a fare un passo in avanti. Rispetto al problema non tanto delle donne, ma piuttosto di coloro che per le donne mettono a punto interventi di orientamento, qual è la sua esperienza in questo senso? Si trova rispetto al paradosso di rispondere a queste donne con un obiettivo difficilmente traducibile sul piano concreto, laddove il problema che pongono queste persone è sostanzialmente concreto? Questo è un nodo fondamentale che abbiamo dovuto affrontare: le donne chiedono un lavoro, questa è la domanda vera, perché almeno le donne italiane e disoccupate hanno un contesto, ridotto che sia, ma di sostegno, mentre le donne immigrate no. Ci sono anche altri problemi di ordine pratico: dormire, mangiare, accudire i figli, e via dicendo. Quindi è ancora più impellente questo problema che poni. 8 A loro volta le donne filippine lascerebbero un vuoto nei loro Paesi attivando una sorta di catena planetaria del lavoro di cura. 20
24 Occorre fare chiarezza di metodo. C è un doppio canale, per due tipologie di utenti: per le donne appena arrivate, occorre dare risposte anche sul piano concreto; diverso è per coloro che hanno il problema della sopravvivenza più mitigato perché già, in un certo senso, inserite nel nostro contesto. E tutto un gioco di rimandi Per le altre? Per le altre si può fare un ragionamento di più ampio respiro, di progetto, ma questo è possibile anche per le prime, a patto che siano state già accolte e che siano disponibili a fare di meglio e di più per se stesse. Questo è un punto di grande dibattito. Una donna entra in una di queste strutture per un certo periodo. Noi sosteniamo che l orientamento deve mantenere la sua aspirazione ad aprire, e per questo serve tempo. Provo a fare un esempio. Una persona arriva, è scappata dal suo Paese, viveva con un marito violento Essendo accolta in forma residenziale, almeno per un po è affrancata dal compito di procurarsi il cibo e di soddisfare bisogni di tipo primario. Ad un certo punto noi insistiamo che occorre avviare un percorso di orientamento, perché la residenzialità te lo permette. Normalmente non tutte sono disponibili ad accettare un discorso impegnativo (perché l orientamento è impegnativo) e c è una forte tendenza a ricondurre tutto in una logica collocativa. Questo atteggiamento è consolidato peraltro non solo tra le utenti (che in qualche misura sarebbero anche legittimate a farlo) ma anche tra le operatrici dei centri. Noi sosteniamo, invece, che la persona deve arrivare a individuare delle possibilità di lavoro. Il problema è di fare in modo che possano attivarsi, esplorare il territorio, affinare il linguaggio. Noi sosteniamo con forza che i tentativi risolutivi efficientisti non solo sono destinati ad un naufragio, ma molto spesso sono dei veri e propri boomerang. Un lavoro troppo affrettato è un nodo. C è bisogno di un percorso di uscita assistita. Bisognerebbe creare delle borse lavoro, delle forme di sostegno 21
25 In un progetto di tempo fa 9, che prevedeva un azione di orientamento realizzata in due settimane (pochissimo, per le cose appena dette sui tempi) noi consegnavamo degli indirizzi sulla base dei quali venivano individuati, successivamente, degli sbocchi lavorativi coerenti perché personalizzati. Serve una articolazione di un progetto, serve tempo, e serve soprattutto una rete-che-si-prende-carico, evitando gli interventi economici che rischiano non di risolvere ma di riprodurre all infinito la precarietà, che ha un suo costo, paradossalmente più oneroso. Un po come dire che, per mettere a posto le tubature della città di Roma, serve una certa somma, ingente, si decide di non intervenire e, nel frattempo che non viene messa a posto, ci si assume il costo dello spreco di risorse idriche. Sarà pure un sistema sofisticato, ma con le donne immigrate ci si trova di fronte ad un problema complesso che non può essere risolto con soluzioni semplicistiche ma, appunto, complesse. Alcune di loro ce la fanno comunque, ma forse sono quelle che ce l avrebbero fatta comunque. Alcune invece non reggono. Un bilancio di competenze per donne immigrate? Può essere una ipotesi di lavoro? Si parla di bilancio di competenze, oggi, purtroppo, perché si conosce soltanto quello. A rigore il bilancio di competenze dovrebbe essere rivolto a persone appena uscite dal mondo del lavoro, al massimo da 6 mesi fino a un anno, con una esperienza di lavoro considerevole, cioè con un panorama di competenze strutturato. In questo contesto (cioè per donne immigrate) suona più o meno come un delirio. Il punto è che ci sono due filoni che possono essere contemporanei, sfalsati, sul piano metodologico: da una parte metto il gruppo, dall altra il percorso individuale, perché il gruppo è potentissimo introduce la leggerezza in queste vite segnate (non per forza delle straniere, che a volte portano una carica di vita ancora maggiore delle venticinquenni spente che talvolta si incontrano). Posso anche 9 Si riferisce al Progetto Penelope. 22
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