Studio della produzione associata di getti adronici e bosoni vettori Z e W in collisioni p-p nell esperimento CMS.

Dimensione: px
Iniziare la visualizzazioe della pagina:

Download "Studio della produzione associata di getti adronici e bosoni vettori Z e W in collisioni p-p nell esperimento CMS."

Transcript

1 Università degli Studi di Trieste Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica Tesi di Laurea Studio della produzione associata di getti adronici e bosoni vettori Z e W in collisioni p-p nell esperimento CMS. Candidato: Andrea Schizzi Relatore: Dott. Giuseppe Della Ricca Correlatore: Dott. Emanuele Di Marco A.A.1/11

2

3 Indice Introduzione v 1 LHC e l esperimento CMS L acceleratore di protoni LHC Struttura dell acceleratore Sistema di coordinate Progetto scientifico L esperimento CMS Magnete super-conduttore Sistema di tracciamento Calorimetro elettromagnetico Calorimetro adronico Rivelatore di muoni Sistema di trigger Il Modello Standard: interazioni elettrodeboli e interazioni forti 3.1 Interazioni elettrodeboli Interazioni forti Sezione d urto dei getti adronici Produzione di Z e W associata a getti adronici Studio di bosoni vettori e getti adronici a LHC Ricostruzione di elettroni e getti adronici in CMS Ricostruzione degli elettroni High Level Trigger per gli elettroni Ricostruzione dell evento Criteri di selezione per gli elettroni Selezione degli eventi contenenti un bosone vettore Ricostruzione dei getti adronici L algoritmo Particle Flow L algoritmo anti-k t Rimozione del pile-up con fastjet Soglie sul momento trasverso dei getti ricostruiti Efficienza di ricostruzione degli elettroni Il metodo Tag and Probe Estrazione del segnale Procedura di fit iii

4 iv INDICE 4. Risultati ottenuti Campioni utilizzati per la misura Efficienze nelle simulazioni Efficienze nei dati Sezione d urto Z + n getti adronici Selezione ed estrazione del segnale Campioni utilizzati Selezione degli eventi Efficienze ed estrazione del segnale Campione di eventi inclusivo Risultati ottenuti Unfolding Incertezze statistiche e sistematiche Sezioni d urto Conclusioni 69 A Efficienze di selezione degli elettroni 71 A.1 Simulazioni A. Dati

5 Introduzione Lo studio della produzione di getti adronici associati a bosoni vettori costituisce un test importante per le predizioni del modello standard delle particelle elementari. Nell ambito di questo lavoro le misure delle sezioni d urto di produzione di bosoni vettori associate a getti adronici sono state confrontate con i più recenti calcoli di QCD perturbativa. Le sezioni d urto citate sono state infatti calcolate con accuratezza fino al Next to Leading Order [53, 54] ed i risultati ottenuti sono stati verificati dagli esperimenti situati presso l acceleratore Tevatron. Lo studio di questi fenomeni ad LHC consente di verificare l accordo con le predizioni teoriche all energia di 7 TeV nel centro di massa ed eventualmente di osservare deviazioni dovute al comparire di effetti degli ordini perturbativi superiori. Nondimeno la produzione di bosoni vettori e getti adronici costituisce il fondo più rilevante a processi di nuova fisica, i più importanti dei quali sono rappresentati dalla produzione del bosone di Higgs e di particelle supersimmetriche. Uno dei possibili decadimenti del bosone di Higgs è costituito da una coppia di bosoni vettori (WW, ZZ e rappresenta il canale di scoperta favorito per valori della massa del bosone di Higgs compresi tra 13 GeV e 16 GeV. La segnatura più evidente di questo fenomeno dal punto di vista sperimentale è il decadimento leptonico di uno dei due bosoni vettori associato ad un certo numero di getti adronici. Allo stesso modo gli stati finali contenenti leptoni, getti adronici ed energia trasversa mancante sono i più frequenti all interno degli eventi con produzione di particelle supersimmetriche. Lo scopo del presente lavoro è la misura delle sezioni d urto di produzione dei bosoni vettori con getti adronici associati. I punti cruciali per lo svolgimento di questa misura si possono riassumere brevemente nei seguenti passaggi: innanzitutto è necessaria la definizione di una serie di criteri per selezionare gli eventi con produzione di bosoni W e Z. Questi criteri di selezione consistono nella scelta di un menu di trigger opportuno e nella definizione di un insieme di tagli sulle variabili di identificazione, isolamento e conversione fotonica legate ai leptoni di decadimento dei bosoni vettori. All interno degli eventi così selezionati vengono poi ricostruiti e conteggiati i getti adronici prodotti nell interazione principale. In secondo luogo la misura delle sezioni d urto richiede la stima dell efficienza di selezione degli eventi di produzione dei bosoni vettori: i contributi più importanti possono suddividersi nell efficienza di trigger, di ricostruzione e di selezione dei leptoni. La loro misura è stata effettuata con un metodo completamente basato sui dati che prende il nome di Tag and Probe. Infine la misura delle sezioni d urto passa attraverso l applicazione al campione di dati selezionato di una tecnica di estrazione degli eventi di segnale dagli eventi di fondo, al fine di ottenere un conteggio accurato degli eventi di produzione di bosoni vettori. Tutte le misure presentate sono state effettuate sul campione di dati acquisito dall esperimento CMS durante il 1 all energia di 7 TeV nel centro di massa, per una luminosità integrata di 36±4 pb 1. Nel presente lavoro di tesi si è concentrata l attenzione sulla produzione di bosoni Z e sul relativo decadimento in una coppia elettrone-positrone. In questo ambito sono state misurate le sezioni d urto di produzione del bosone Z in associazione ad un ben preciso numero di getti adronici e sono state normalizzate con la sezione d urto inclusiva di produzione del bosone Z, v

6 vi INTRODUZIONE σ(z+ n jets/σ(z+ jets. In questo modo le incertezze statistiche legate alla luminosità integrata si cancellano esattamente. Sono riportati inoltre i risultati del rapporto tra le sezioni d urtodiproduzionedelbosonezinassociazioneanen 1gettiadronici, σ(z+ njets/σ(z+ (n 1 jets. Ai risultati del rapporto tra le sezioni d urto in funzione della molteplicità è stata adattata la parametrizzazione di Berends-Giele [17], che descrive l andamento della sezione d urto in funzione della molteplicità di getti adronici dσ/dn jets dettato dalla costante di accoppiamento dell interazione forte α s.

7 Capitolo 1 LHC e l esperimento CMS I collisionatori si possono ritenere tra gli strumenti più importanti utilizzati in fisica per lo studio delle particelle elementari. La caratteristica principale di un collisionatore consiste nella capacità di accelerare contemporaneamente due fasci di particelle alla medesima energia e di portarli a collidere in un punto dello spazio, detto punto di collisione. In questa configurazione il sistema di riferimento del centro di massa delle particelle è solidale con il sistema di riferimento del laboratorio: questo dettaglio è molto importante per garantire la massima quantità di energia a disposizione del processo di diffusione, dal momento che non ne viene sprecata per accelerare il sistema di riferimento del centro di massa come negli esperimenti a bersaglio fisso. L energia a cui vengono accelerate le particelle all interno dei fasci è superiore di numerosi ordini di grandezza rispetto alla massa delle particelle stesse. In questo regime fortemente relativistico il numero di particelle iniziale non è più conservato dalle interazioni che avvengono durante la collisione ed è così possibile creare nuove particelle, avendo come unico limite le leggi di conservazione dell energia e dei numeri quantici interni delle particelle incidenti. Da questo fatto deriva tutto il potere di scoperta dei moderni acceleratori di particelle. In questo capitolo si intendono descrivere le caratteristiche più importanti del collisionatore di particelle Large Hadron Collider (LHC entrato in funzione durante la prima metà del 1 nell ambito dei laboratori dell Organizzazione Europea per la Ricerca Nucleare (CERN. Si vuole delineare quindi il progetto scientifico di LHC, con particolare riguardo all esperimento Compact Muon Solenoid (CMS all interno del quale si colloca il presente lavoro di tesi. La struttura di CMS è descritta più in dettaglio nell ultima sezione di questo capitolo. 1.1 L acceleratore di protoni LHC Il Large Hadron collider è la più recente macchina acceleratrice di particelle costruita al CERN nei pressi di Ginevra. La struttura di LHC è collocata all interno del tunnel circolare di 7 km che ha ospitato in precedenza LEP ed è l ultimo stadio di una lunga catena di acceleratori in grado di accelerare due fasci di protoni, circolanti in direzione opposta, fino ad un energia massima di 14 TeV nel centro di massa. È prevista inoltre la possibilità di accelerare fasci di ioni pesanti di piombo fino ad un energia nel centro di massa di 5.5 TeV. Queste energie permettono di accedere ad un panorama di nuova fisica estremamente interessante. Il modello standard delle particelle elementari prevede infatti alcune particelle ed alcuni fenomeni fisici che tutt ora aspettano di essere scoperti (oppure confutati: si pensi ad esempio al bosone di Higgs oppure al problema delle gerarchie che interessa le teorie di campo rinormalizzate, tra cui il modello standard medesimo. 1

8 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS Figura 1.1: Vista panoramica del complesso di LHC. A partire dall alto, in senso orario, le immagini nei riquadri raffigurano gli esperimenti collocati lungo l anello di LHC: CMS, LHCf, LHCb, ATLAS, ALICE. Per confronto, in alto a destra è visibile la costa del lago di Ginevra. Allo scopo di esplorare lo scenario di fisica alla scala di energie del tera-electronvolt (1 TeV = 1 1 ev, lungo l anello di LHC sono stati allestiti sei esperimenti: A Thoroidal Lhc ApparatuS (ATLAS, Compact Muon Solenoid (CMS, Large Hadron Collider beauty (LHCb, A Large Ion Collider Experiment (ALICE, LHC-forward, TOTEM. I primi quattro esperimenti citati, sono costruiti attorno ai quattro punti di interazione previsti lungo l anello di LHC. LHCf e TOTEM sono situati invece lungo le linee di fascio in prossimità dei punti di interazione e sono dedicati allo studio delle particelle prodotte da interazioni a piccolissimi angoli di diffusione. ATLAS e CMS rappresentano gli esperimenti con il programma di fisica più vasto ed eterogeneo, da cui ci si aspettano le scoperte di fisica più eclatanti. ALICE e LHCb sono invece dedicati a studi di fisica molto più specifici: ALICE è progettato per analizzare con la massima efficienza le interazioni tra ioni pesanti con l intento di osservare eventuali stati non legati dei costituenti fondamentali della materia barionica; LHCb si propone invece di studiare nel dettaglio la fisica del quark b. Gli esperimenti sono raffigurati all interno di una vista panoramica del complesso di LHC in figura 1.1. Il Large Hadron Collider è entrato in funzione alla fine del 9 e tutt ora si trova in una fase intermedia di funzionamento che durerà fino alla fine del 1, durante la quale sarà utilizzato al di sotto delle specifiche di progetto. In questo momento la macchina sta infatti producendo collisioni tra fasci di protoni accelerati all energia di 7 TeV nel centro di massa. La notevole quantità di dati già prodotta a queste energie è nondimeno sufficiente a dare il via agli studi di fisica nell ambito del modello standard e oltre Struttura dell acceleratore Di seguito sono descritte le caratteristiche tecniche più importanti del Large Hadron Collider, con particolare attenzione ai parametri di interesse per l acquisizione ed il controllo dei dati all interno degli esperimenti collocati lungo l anello di accelerazione. Per una descrizione più completa della macchina acceleratrice, si faccia riferimento a [1]. Il complesso di macchinari necessario a portare i fasci di particelle fino all energia di 7 TeV è schematizzato in figura1. e consiste di numerosi stadi intermedi costituiti da acceleratori lineari e

9 1.1. L ACCELERATORE DI PROTONI LHC 3 Figura 1.: Il complesso di acceleratori che servono a portare i fasci di protoni fino all energia di 7 TeV. circolari in grado di incrementare gradualmente l energia delle particelle attraversanti. Il percorso di una particella fino alla collisione attraversa la seguente catena di acceleratori []: Linac, lunghezza = 36 m: il primo passo del processo è svolto da un acceleratore lineare in grado di portare i protoni ottenuti dalla ionizzazione di idrogeno puro fino all energia di 5 MeV. Proton Syncrotron Booster, circonferenza = 157 m: il primo acceleratore circolare, accelera i protoni all energia di 1.4 GeV. Proton Syncrotron, circonferenza = 68 m: in questa fase i protoni raggiungono 5 GeV. Super Proton Syncrotron, circonferenza = 7 km: il singolo fascio di protoni viene portato all energia di 45 GeV ed è pronto per essere iniettato all interno di LHC. La circonferenza di LHC è pari a circa 7 km e l orbita circolare delle particelle al suo interno è mantenuta stabile dalla presenza di 13 dipoli magnetici curvanti capaci di generare un campo magnetico di 8.36 T, trasverso rispetto alla direzione di propagazione del fascio. La corrente elettrica necessaria a sviluppare un simile campo magnetico è prodotta in regime di superconduttività: ogni singolo magnete viene raffreddato alla temperatura di 1.9 K mediante un impianto di criogenia che fa uso di 3 He allo stato superfluido. In figura 1.3 è riportato lo schema di uno dei suddetti dipoli: sono visibili al suo interno i due tubi che ospitano i due fasci di protoni circolanti in direzione opposta, i quali sono avvolti dal magnete superconduttore. Gli adroni circolano in direzione opposta lungo l anello di LHC all interno di due fasci distinti. Il loro percorso si incrocia in corrispondenza dei quattro punti di interazione, dove ciascun fascio viene focalizzato e collimato al fine di massimizzare la probabilità di interazione tra le particelle. L operazione di focalizzazione e collimazione dei fasci è invece affidata a magneti quadripolari, sestupolari e ottupolari. I protoni del fascio sono a loro volta raggruppati in pacchetti (dall inglese bunch, ciascuno dei quali contiene circa elementi. L energia viene trasferita alle particelle in orbita nell acceleratore grazie a otto cavità a radiofrequenza disposte lungo il tracciato dell anello. Le particolari caratteristiche di questi strumenti permettono una spaziatura minima tra i singoli

10 4 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS Figura 1.3: Sezione trasversa di uno dei 13 magneti dipolari posizionati lungo la circonferenza di LHC. I magneti dipolari servono curvare la traiettoria dei fasci di protoni e renderla stabile all interno dell anello circolare. bunch di 5 ns, corrispondente a una frequenza di collisioni (altresi dette bunch-crossing pari 4 MHz. In queste condizioni il numero massimo di pacchetti che può circolare all interno di LHC è pari a 88. La spaziatura utilizzata durante l acquisizione dati del 1 varia tra 15 ns e 75 ns; quella attualmente utilizzata e prevista per tutta l acquisizione dati del 11, è pari a 5 ns. L alta densità di protoni all interno dei singoli pacchetti è la causa di un un alto numero medio di interazioni protone-protone per singolo bunch-crossing: in condizioni di funzionamento a pieno regime sono previste mediamente interazioni. Questo fenomeno, particolarmente delicato in fase di analisi dati, prende il nome di pile-up. La frequenza delle interazioni a pieno regime raggiunge quindi la soglia considerevole di 1 9 Hz. La densità di protoni all interno del fascio è descritta da due parametri fondamentali che prendono il nome emittanza ǫ η e funzione di betatrone β. Con le grandezze descritte finora è possibile definire il parametro più importante di una macchina acceleratrice dopo l energia di fascio, ovvero la luminosità istantanea: L = γfk BN p 4πǫ η β F essendo k B il numero di pacchetti circolanti all interno del fascio, N p il numero di protoni per pacchetto, γ e f rispettivamente il fattore di Lorentz e la frequenza di rivoluzione ed F il fattore di riduzione dovuto all angolo di crossing; ǫ η è l emittanza trasversa del fascio, che descrive la dispersione nello spazio delle fasi dei protoni appartenenti al pacchetto; β è infine la funzione di betatrone, che descrive le oscillazioni dei pacchetti attorno all orbita ideale all interno dell anello, calcolata nel punto di collisione []. La luminosità istantanea di progetto per LHC è pari a 1 34 cm s 1. La luminosità di picco raggiunta durante l acquisizione del 1 è pari a 1 3 cm s 1 [3]. La luminosità istantanea prevista per l acquisizione dati del 11 potrebbe superare 1 33 cm s 1. La quantità di interazioni prodotte durante un acquisizione di dati è descritta invece dalla luminosità integrata, che dipende banalmente dalla luminosità istantanea e dal tempo di acquisizione ed è il parametro di maggior interesse per la fisica: durante il 1 è stata prodotta una luminosità integrata pari a 47 pb 1, mentre le acquisizioni attualmente in corso nel 11 hanno ampliamente superato la soglia di 1 fb 1 di luminosità integrata. Di seguito è riportata una tabella riassuntiva con i parametri fondamentali di LHC (tra parentesi i parametri relativi all acquisizione dati in corso:

11 1.1. L ACCELERATORE DI PROTONI LHC Sistema di coordinate p-p Pb-Pb E 7 TeV (3.5 TeV.76 TeV B 8.33 T 8.33 T t 5 ns (5 ns 1 ns (5 ns k B 88 ( (96 N p L 1 34 cm s 1 ( cm s 1 pile-up events ( 8 Risulta indispensabile spendere un breve paragrafo sulle convenzioni utilizzate all interno di LHC in merito al sistema di coordinate ed alle variabili cinematiche per descrivere i processi fisici studiati. Immaginando di porsi in prossimità di uno dei quattro punti di interazione collocati lungo l anello, si ha che l asse ẑ coincide con la tangente alla linea di fascio nel punto di interazione. L asse ˆx è individuato dall intersezione tra il piano su cui giace virtualmente LHC ed il piano perpendicolare al fascio nel punto di collisione: il verso positivo è rivolto verso il centro dell anello. L asse ŷ coincide con la retta perpendicolare a ˆx e ẑ passante per il punto di interazione, con verso positivo rivolto verso l alto. I tre assi così definiti individuano una terna di coordinate destrorsa. Definiamo poi le seguenti grandezze: r = x +y : è la distanza dalla linea di fascio. φ = tan 1 (x/y : rappresenta l angolo azimutale. θ = arctan(y/z : rappresenta l angolo polare. η = ln(tanθ/ : prende il nome di pseudorapidità. Nella pratica la terna di coordinate utilizzate per identificare un punto nello spazio attorno al punto di interazione è la seguente: (r, φ, η. In particolare la coppia di coordinate (φ, η descrive la direzione di una particella uscente dal punto di collisione. Per quanto riguarda le variabili cinematiche, è bene sottolineare che in eventi di collisione tra adroni non è possibile conoscere il momento iniziale del sistema dei partoni interagenti. L unica assunzione comunemente usata è che il momento iniziale delle particelle interagenti lungo la direzione perpendicolare al fascio sia trascurabile rispetto alla componente longitudinale, e pertanto si possa considerare nullo. In questa situazione è utile definire la proiezione sul piano trasverso al fascio delle grandezze cinematiche più importanti: p T = psinθ [GeV/c] : il momento trasverso di una particella. E T = p T c +m c 4 p T c [GeV] per particelle ultra-relativistiche: l energia trasversa di una particella. MET = n i=1 p i T c [GeV] : l energia trasversa mancante nei prodotti di una collisione. Poiché il momento trasverso dello stato iniziale è in prima approssimazione nullo, allo stesso modo la somma dei momenti trasversi dei prodotti dello stato finale dev essere nulla per il principio di conservazione del momento. Se durante la collisione vengono prodotte particelle con una traiettoria al di fuori dell accettanza, oppure particelle poco interagenti con la materia quali per esempio i neutrini, il momento trasverso mancante misurato può

12 6 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS differire in maniera non trascurabile da zero. In queste condizioni lo studio del energia trasversa mancante diventa importante per la comprensione della cinematica dell evento e per l identificazione delle particelle prodotte Progetto scientifico Il Large Hadron Collider è stato costruito allo scopo di studiare nel dettaglio e possibilmente superare la fisica descritta dal modello standard delle particelle elementari. Di seguito è riportata una lista dei punti cruciali del programma di fisica di LHC, con particolare attenzione agli argomenti che fanno parte anche del progetto di analisi dell esperimento CMS [4]. Ricerca del bosone di Higgs Il bosone di Higgs è l unica particella scalare prevista nel modello standard. La sua esistenza all interno di tale teoria, è resa necessaria dal meccanismo di rottura spontanea della simmetria SU( L U(1 Y che genera le masse dei bosoni e al tempo stesso dei fermioni costituenti la teoria. La sezione d urto di produzione del bosone di Higgs è tuttavia molto piccola rispetto alla sezione d urto di processi di fisica elettrodebole e QCD con il medesimo stato finale: i segnali prodotti dal decadimento del bosone di Higgs sono nella pratica sommersi da una grande quantità di segnali poco interessanti. La sua scoperta è tuttavia essenziale al fine di verificare la consistenza o meno del modello standard. Figura 1.4: Il grafico riporta il rapporto di diramazione relativo a numerosi canali di decadimento del bosone di Higgs in funzione della sua massa. In figura 1.4 sono riportati i rapporti di diramazione per i canali di decadimento più importanti del bosone di Higgs in un ampio intervallo di masse. La finestra di masse all interno della quale concentrare la ricerca della particella di Higgs è limitata inferiormente dagli esperimenti che hanno operato presso LEP a circa 115 GeV; si pone teoricamente come limite superiore alla sua massa il

13 1.1. L ACCELERATORE DI PROTONI LHC 7 valore di 8 GeV. Di recente, gli esperimenti CDF e D collocati lungo l acceleratore di particelle Tevatron hanno escluso che la massa del bosone di Higgs possa assumere valori compresi tra 1 GeV e 19 GeV, e tra 158 GeV e 175 GeV [5] con un livello di confidenza del 95 %. Indicazioni teoriche e sperimentali più recenti tuttavia, suggeriscono che il valore più probabile per la massa del bosone di Higgs sia compreso proprio tra i valori che l esperimento CDF ancora non è riuscito ad escludere, ovvero tra 19 GeV e 158 GeV. Per valori vicini al limite inferiore imposto da LEP, il decadimento più probabile produce una coppia di quark b, difficili da isolare rispetto ai segnali di fondo prodotti in un collisionatore di adroni. Per valori di massa inferiori a 13 GeV, il canale privilegiato di scoperta è rappresentato dal decadimento in due fotoni; entrambi gli esperimenti CMSedATLAShannoinfattiunabuonacapacitàdiidentificareifotoniedimisurarneilmomento. Al di sopra di 13 GeV, diventa via via più importante la sezione d urto per il decadimento in coppie bosoni vettori W e Z, con stati finale costituiti da quattro leptoni, due leptoni associati a neutrini, due leptoni associati a due getti adronici, per citare le segnature più facili da identificare sperimentalmente. Supersimmetrie Le teorie supersimmetriche rappresentano la generalizzazione più immediata del modello standard e si fondano sulla definizione di un gruppo speciale di trasformazioni contenente il gruppo di trasformazioni del modello standard. Dalla costruzione di una lagrangiana invariante per questo nuovo gruppo di trasformazioni, si trova una teoria che prevede tutte le particelle del modello standard e per ognuna di esse un partner supersimmetrico avente spin variato di 1/. La produzione sperimentale di particelle supersimmetriche innesca una catena di decadimenti che, tra i prodotti finali, deve comunque contenere almeno una particella supersimmetrica (per conservazione dei numeri quantici supersimmetrici, nella fattispecie una Lightest Supersimmetric Particle (LSP poco interagente con la materia e che sfugge quindi alla rivelazione. La segnatura più rilevante di questo tipo di eventi è quindi caratterizzata da una certa quantità di energia trasversa mancante. Bosoni vettori super-massivi Numerose estensioni del modello standard prevedono delle copie supermassive dei bosoni vettori Z e W, chiamate genericamente con i nomi di Z e W. Queste particelle, esattamente come Z e W, includono tra i canali di decadimento possibili la produzione di una coppia di leptoni o di un leptone e di un neutrino. LHC prevede di estendere la ricerca di queste particelle fino a masse dell ordine dei 5 TeV. Attualmente la loro esistenza è stata esclusa dagli esperimenti di Tevatron fino a valori di massa dell ordine di 1 TeV, a seconda dei modelli teorici presi in considerazione [5]. Extra-dimensioni Il modello standard non è in grado di descrivere la forza di gravità e tanto meno di dare una descrizione unificata di tutte le interazioni fondamentali presenti in natura. Una delle strade possibili per ovviare a questo problema è quello di adottare degli spazi con geometrie più complicate ed un numero di dimensioni superiore a quattro. Uno dei benefici di questa estensione consiste nella possibilità di ottenere una descrizione quantistica dell interazione gravitazionale. Tra gli effetti sperimentali di queste teorie, il più importante è rappresentato dalla possibilità dell esistenza di eccitazioni del gravitone che possono avere masse dell ordine di 1 TeV e dunque potenzialmente nel raggio di indagine di LHC.

14 8 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS Test del modello standard ad alte energie LHC proseguirà la serie di misure di alta precisione nell ambito dei fenomeni elettrodeboli e QCD che sono necessarie a verificare fino in fondo la fisica del modello standard. Qualche esempio di queste misure è rappresentato dalla determinazione dei parametri della matrice CKM, dallo studio della violazione della simmetria CP e della fisica del quark top. Fisica degli ioni pesanti Le collisioni tra ioni pesanti di piombo si distinguono dalle collisioni protone-protone per l elevata densità di partoni costituenti i bersagli e quindi per l elevato numero di interazioni ad ogni collisione. Si spera in queste condizioni di poter generare per brevi istanti di tempo un particolare stato della materia nucleare, detto Quark Gluon Plasma (QGP, in cui quark e gluoni si troverebbero allo stato libero. Attualmente i componenti fondamentali della materia, quark e gluoni appunto, sono stati osservati sempre e solo in stati legati all interno di barioni e mesoni: questo comportamento è ereditato dalle proprietà asintotiche della cromodinamica quantistica (QCD, la teoria che descrive le interazioni forti tra quark e gluoni. La scoperta del QGP necessita di una risoluzione molto spinta nella misura dell energia dei getti adronici. La presenza o meno di QGP influisce infatti sul processo di adronizzazione che che genera i getti adronici, cambiandone la distribuzione in momento trasverso e pseudorapidità. 1. L esperimento CMS L ambizioso programma di fisica che CMS si propone di affrontare, unitamente all elevata energia e luminosità dei fasci messi a disposizione da LHC, impongono richieste estremamente esigenti sulle prestazioni del rivelatore. Dal punto di vista puramente tecnologico il rivelatore di particelle deve avere le seguenti caratteristiche [4]: capacità di sopportare alti livelli di radiazione senza subire danni rilevanti. nella configurazione di funzionamento a pieno regime, LHC prevede collisioni ad una frequenza di 4 MHz, con un numerodi eventi di pile-up pari a venti. Si rendenecessaria quindi la progettazione di un rivelatore con elevata granularità e tempi di risposta estremamente brevi per essere in grado di acquisire dati ad una frequenza così elevata. la capacità di memorizzazione delle unità di calcolo rese disponibili all esperimento è limitata ad una frequenza di 1 eventi per secondo. Si rende così indispensabile un efficiente sistema di trigger in grado selezionare gli eventi veramente interessanti dal punto di vista fisico e ridurre la frequenza iniziale di 4 MHz di un fattore pari a circa 1 6. Le analisi richieste dal programma di fisica impongono poi limiti altrettanto severi sulla capacità di identificare e misurare le particelle prodotte durante le collisioni. Il rivelatore di particelle deve quindi avere le seguenti caratteristiche: alta risoluzione in momento per le particelle cariche da parte del sistema di tracciamento, unita ad una buona efficienza nell identificazione di leptoni τ e quark b che impone la massima vicinanza al punto di interazione. alta risoluzione in energia da parte del sistema del calorimetro elettromagnetico, tipicamente di almeno 1% a 1 GeV in tutto lo spazio η.5.

15 1.. L ESPERIMENTO CMS 9 Figura 1.5: Spaccato che illustra schematicamente la struttura di CMS. All interno, in grigio, la regione occupata dal tracciatore. I calorimetri elettromagnetico e adronico sono rappresentati rispettivamente in verde ed in giallo. All esterno di questi ultimi è raffigurato in grigio il magnete superconduttore. La regione più esterna è occupata dalle camere a muoni, in rosso, alternate alle lastre metalliche del giogo di ritorno del campo magnetico. capacità di ricostruire i getti adronici con una buona risoluzione sulla massa invariante delle particelle generanti e sull energia trasversa mancante (MET dell evento. muoni: altarisoluzioneinmomentoeincaricaall internodellospazio η.5, con p 1% a 1 GeV. Per ovviare a queste richieste la struttura di CMS presenta una notevole complessità e ospita numerosi sotto-rivelatori ognuno dei quali è specializzato in una particolare misura. In figura 1.5 è riportato lo schema complessivo di CMS. Il componente attorno al quale è stato progettato l intero rivelatore è rappresentato dal magnete super-conduttore solenoidale, che produce il campo magnetico necessario ai sistemi di tracciamento per misurare il momento delle particelle cariche. All interno del magnete sono collocati il sistema di tracciamento, il calorimetro elettromagnetico ed il calorimetro adronico. Il sistema di tracciamento si trova nella parte più interna del rivelatore, vicino al fascio, in modo da massimizzare la risoluzione sulla posizione dei vertici di interazione. Attorno al sistema di tracciamento si colloca il calorimetro elettromagnetico, che ha il compito di assorbire e misurare l energia di fotoni ed elettroni prodotti durante le collisioni. Infine il calorimetro adronico, adibito ad assorbire e misurare l energia degli adroni prodotti nelle interazioni, tra cui i più importanti sono costituiti da pioni, kaoni, protoni e neutroni. All esterno del magnete si trovano le camere del rivelatore di muoni, alternate alle strutture metalliche che servono a concentrare il campo magnetico di ritorno all esterno del magnete solenoidale. Tra tutte le particelle prodotte nelle collisioni, e con una vita media abbastanza lunga da poter essere rivelate, i muoni hanno la proprietà di interagire debolmente con la materia e possono quindi attraversare grandi quantità di materiale senza subire grossi disturbi: da qui la scelta di posizionare il rivelatore di muoni all esterno del magnete. In figura 1.6 è visibile uno schema della sezione trasversale di CMS in cui si possono distinguere i principali sottorivelatori e le tracce delle particelle che sono destinati a misurare. Di seguito è riportata una descrizione

16 1 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS Figura 1.6: Sezione trasversale del rivelatore CMS. Lo schema illustra come viene effettuata l identificazione delle particelle: muoni, elettroni e adroni carichi vengono misurati all interno del tracciatore. Gli elettroni ed i fotoni vengono assorbiti all interno del calorimetro elettromagnetico (in verde, mentre gli adroni vengono assorbiti dal calorimetro adronico (in giallo. I muoni, poco interagenti con la materia, attraversano senza grandi perturbazioni tutti i precedenti sotto-rivelatori ed il magnete superconduttore, per venire misurati all interno delle camere a muoni (in rosso dettagliata dei rivelatori che compongono CMS e delle loro caratteristiche più rilevanti ai fini delle analisi di fisica [6] Magnete super-conduttore Il componente che contraddistingue CMS è rappresentato dal magnete super-conduttore solenoidale [4] posto all esterno del tracciatore e dei calorimetri elettromagnetico e adronico. A differenza di altri esperimenti (i.e. ATLAS CMS fa affidamento su di un campo magnetico esclusivamente solenoidale, in virtù di una maggiore semplicità dello schema costruttivo e della successiva simulazione delle traiettorie di particelle cariche al suo interno. Figura 1.7: Nell immagine a sinistra è raffigurato lo schema del magnete superconduttore di CMS. A destra è riportato il dettaglio di una spira del magnete superconduttore, ricoperta con una guaina di alluminio con la funzione di stabilizzatore termico Al fine di mantenere un alta risoluzione nelle misure di momento delle particelle cariche, si rende necessario un alto potere curvante da parte del magnete. Il campo magnetico generato

17 1.. L ESPERIMENTO CMS 11 nella regione interna è pari a 4 T. Il magnete ha un diametro interno di 5.9 m ed una lunghezza di 1.9 m. Il numero di spire che lo avvolgono ammonta a 168. L energia dissipata (e quindi il calore prodotto per generare un campo magnetico di quest intensità eccede la capacità di sopportazione di un magnete caldo, operante in regime non super-conduttivo: per questo motivo si è scelto di operare il magnete in regime di super-conduttività. A tale scopo le spire del magnete sono costituite da cavi super-conduttori di tipo Rutherford ricoperti da una guaina di alluminio puro che funge da stabilizzatore termico. Le spire sono immerse in una struttura resistente allo stress meccanico generato dal campo magnetico; la struttura qui descritta è visibile in figura 1.7. Per poter operare in regime di super-conduttività le spire del magnete sono raffreddate ad una temperatura di 1.9 K tramite un impianto di criogenia che fa uso di 3 He. La corrente che circola nel magnete in regime di pieno funzionamento è pari a ka, e l energia immagazzinata nel circuito delle spire è pari a.7 GJ. 1.. Sistema di tracciamento Il sistema di tracciamento [6] di CMS consiste di tre sotto-sistemi che occupano regioni di spazio a differente distanza dal punto di interazione. I tre diversi rivelatori utilizzano tecnologie diverse per garantire la granularità necessaria rispetto al flusso di particelle interagenti: l intensità del flusso è, infatti, inversamente proporzionale al quadrato della distanza dal punto di collisione. Lo schema complessivo del sistema di tracciamento con le accettanze di ogni sotto-sistema è riportato in figura 1.8. Figura 1.8: Schema del tracciatore. Nella regione più vicina al punto di interazione sono collocati il Pixel Barrel (TPB ed i Pixel Endcap (TPE del rivelatore a pixel, in verde. All esterno si trova il rivelatore a micro-strisce di silicio: la parte più interna è a sua volta divisa in Inner Barrel (TIB ed Inner Disc (TID, mentre la parte più esterna è divisa in Outer Barrel (TOB e Endcap (TEC. Tracciatore a pixel Il tracciatore a pixel occupa la regione più vicina al punto di collisione, ad una distanza r 1 cm. In questa regione il flusso di particelle può raggiungere la frequenza di 1 7 cm s 1 e rende necessaria la massima risoluzione spaziale al fine di evitare possibilmente eventi di pile-up. I pixel che compongono il rivelatore hanno dimensioni pari a 1 µm per 15 µm. La sua struttura

18 1 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS prevede una parte centrale di forma cilindrica, detta barrel, centrata attorno al fascio e consistente di tre diversi strati di pixel. Ai lati del corpo centrale sono presenti due parti di forma circolare, ciascuna composta di due strati di pixel, e in grado di intercettare particelle con pseudorapidità fino a.4; queste sezioni del rivelatore prendono il nome di endcap. Il barrel è composto di 786 moduli a pixel, mentre i due endcap ne contengono 67. Le dimensioni contenute dei pixel che li compongono garantiscono una risoluzione in r e φ di circa 1 µm, in z di circa µm. Tracciatore a micro-strisce di silicio Figura 1.9: Immagine del rivelatore a micro-strisce di silicio, all interno del tracciatore. Il tracciamento nella regione più esterna è affidato ad un rivelatore a micro-strisce di silicio doppia faccia (vedi figura 1.9 composto essenzialmente da quattro diverse sezioni: TIB (tracker inner barrel: è il corpo centrale più interno del rivelatore e consiste di quattro strati di micro-strisce. La larghezza delle singole strisce varia tra 8 µm e 1 µm e il rivelatore si estende fino a z < 65cm. La risoluzione garantita dal TIB è compresa tra 3 µm e 34 µm in r e φ, circa 3 µm lungo z. TOB (tracker outer barrel: la regione più esterna del corpo centrale consta di sei strati di micro-strisce di grandezza questa volta maggiore, in grado di garantire una risoluzione compresa tra 35 µm e 5 µm in r e φ e di circa 53 µm lungo z. Il TOB si estende fino a z < 65cm. TEC(tracker end-caps e TID(tracker inner disks: racchiudono la regione di spazio lasciata scoperta dalle due sezioni del barrel. I moduli sono disposti in anelli concentrici rispetto al fascio, con le microstrisce di spessore variabile disposte radialmente. Tutte e quattro le sezioni contengono complessivamente 154 micro-strisce di silicio e coprono la regione di spazio compresa in η <.4. L intero sistema di tracciamento è operato ad una temperatura costante di C con lo scopo di minimizzare il rumore elettronico di lettura. L apparato ha un raggio complessivo di 1 cm ed una dimensione lungo z di 54 cm. Il suo spessore è sempre inferiore a due lunghezze di radiazione (vedi figura 1.1: la minimizzazione di questo parametro è importante per incidere poco sul momento e sulla traiettoria delle particelle che lo attraversano e quindi sulla misura della loro energia all interno dei calorimetri.

19 1.. L ESPERIMENTO CMS 13 Tracker Material Budget x/x Outside Other Support Cooling Cables Electronics Sensitive Beam Pipe η Figura 1.1: Grafico dello spessore complessivo del sistema di tracciamento in termini di lunghezze di radiazione in funzione della pseudorapidità. Ricostruzione delle tracce La ricostruzione delle tracce all interno del tracciatore [38] si basa su un procedimento ricorsivo basato su un algoritmo che prende il nome di filtro di Kalman combinatoriale (CKF. Le informazioni prodotte dal tracciatore al passaggio di una particella, nell ipotesi che essa abbia depositato un segnale misurabile all interno di ogni strato del rivelatore, si riassumono come segue: misurazioni ciascuna comprendente 3 coordinate da parte del rivelatore a pixel. La risoluzione spaziale in questo caso è di circa 1 µm. 14 misurazioni ciascuna comprendente coordinate del rivelatore a micro-strisce di silicio. La risoluzione spaziale è in quasto caso pari a 3 µm. Le informazioni prodotte dal rivelatore a pixel vengono utilizzate come punto di partenza per analizzare tutte le possibili combinazioni tra i segnali registrati durante un evento ed individuare quelle che con maggior probabilità costituiscono una traccia dovuta al passaggio di una particella. La combinazione di segnali viene quindi analizzata con l algoritmo CKF per ottenere una misura precisa delle coordinate del vertice della traccia e del suo momento. Tale algoritmo assume una dispersione gaussiana delle coordinate misurate dal tracciatore e quindi si adatta molto bene alla descrizione degli effetti della diffusione multipla coulumbiana dovuta all interazione delle particelle con il materiale che compone il tracciatore medesimo. In figura 1.11 sono riportati i grafici con le efficienze di ricostruzione e la risoluzione per muoni con momento trasverso pari a 1 GeV, 1 GeV e 1 GeV [4] Calorimetro elettromagnetico Il calorimetro elettromagnetico (ECAL di CMS è un calorimetro ermetico costruito con cristalli inorganici di tungstenato di piombo (PbWO 4. La sua struttura si divide in due sezioni principali: il barrel (EB, di forma cilindrica e posizionato attorno alla linea di fascio, è in grado coprire la

20 14 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS Figura 1.11: I primi due grafici descrivono l efficienza di ricostruzione delle tracce rispettivamente per muoni e pioni di 1 GeV, 1 GeV e 1 GeV. Il terzo grafico descrive invece la risoluzione relativa in momento per muoni di 1 GeV, 1 GeV e 1 GeV: in ogni caso la risoluzione è di circa 1% nella regione centrale del barrel [4]. regione di spazio compresa in η < e contiene 61 cristalli; ai lati del barrel si trovano poi le due sezioni laterali del calorimetro, dette endcap (EE, consistenti in due dischi che arrivano a coprire la regione di spazio compresa in < η < 3. e contenenti 734 cristalli ciascuno. Le strutture di endcap e barrel sono schematizzate in figura 1.1. Infine è presente, in corrispondenza della regione di spazio interna agli endcap, un rivelatore di presciame (preshower. Lo scopo più importante del rivelatore preshower è quello di aumentare la capacità del calorimetro di identificare pioni neutri. Il tungstenato di piombo PbWO 4 La scelta del tungstenato di piombo per i cristalli di ECAL è motivata dalle seguenti caratteristiche fondamentali: densità elevata (8.8 g/cm 3, che si traduce in una lunghezza di radiazione χ di.89 cm e in un raggio di Moliére di. cm, parametri che consentono la progettazione di un calorimetro compatto in grado di essere contenuto all interno del magnete super-conduttore

21 1.. L ESPERIMENTO CMS 15 Figura 1.1: Schema della struttura di ECAL. Solamente la piccola regione in prossimità dei fasci (η >.5 non è intercettata dai cristalli del calorimetro. insieme al calorimetro adronico; il tungstenato di piombo si contraddistingue inoltre per un tempo di scintallazione molto breve, tale per cui circa l 8% dell energia di scintillazione viene rilasciata nei 5 ns successivi al passaggio delle particelle interagenti, valore simile all intervallo di tempo che separa due successivi bunch-crossing di LHC a pieno regime di funzionamento; infine i cristalli di tungstenato di piombo presentano una buona trasparenza alla luce, pari al 7% circa in corrispondenza della banda principale di emissione della luce di scintillazione che è concentrata tra i 4 nm e i 43 nm. In figura 1.13 è raffigurato un cristallo del barrel di ECAL, con la relativa elettronica di lettura. Figura 1.13: Immagine di un cristallo posizionato all interno di uno degli endcap di ECAL. In questo caso lo strumento di lettura del segnale luminoso prodotto dal cristallo è costituito da un fototriodo a vuoto. La trasparenza dei cristalli dipende in modo critico dalla temperatura, ragione per cui il calorimetro è equipaggiato con un sistema di raffreddamento in grado di dissipare il calore prodotto dall elettronica di lettura e mantenere l intero rivelatore ad una temperatura stabile di 18 C, con oscillazioni inferiori al decimo di grado Celsius: la stabilità dell indice in trasparenza è infatti essenziale per misurare con precisione l energia delle particelle prodotte durante le collisioni, che è direttamente proporzionale all intensità della luce di scintillazione prodotta durante l attraversamento dei cristalli. Inoltre l indice di trasparenza dei cristalli è influenzato dalla quantità di radiazioni assorbite dai cristalli: esso tende a diminuire gradualmente durante periodi di acquisi-

22 16 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS zione prolungati, ragione per cui l indice di trasparenza viene costantemente monitorato con un sistema di calibrazione a laser. Struttura del calorimetro I cristalli sono organizzati all interno del calorimetro in una struttura piuttosto complessa, dettata da esigenze strutturali e dall elettronica del sistema di lettura associato ad ogni cristallo. La forma dei cristalli si può approssimare ad un tronco di piramide a base quadrata: nel barrel la base inferiore ha dimensioni pari a mm, la base superiore 6 6 mm, l altezza pari a 3 mm (corrispondenti a circa 6 lunghezze di radiazione; in termini di pseudorapidità η, la sezione di ogni cristallo è equivalente a radianti. All interno degli endcap invece, la base inferiore ha dimensioni pari a mm, e l altezza è pari a mm; in termini di pseudorapidità η, la sezione di ogni cristallo negli endcap è equivalente a.5.5 radianti. I cristalli sono orientati approssimativamente verso il centro di interazione, con una sfasatura di circa 3 necessaria a evitare il passaggio di particelle nella regione di spazio vuoto tra un cristallo ed il successivo. Figura 1.14: A sinistra è riportata l immagine dei supermoduli di ECAL durante la fase di installazione all interno del rivelatore CMS. A destra, l assemblaggio di una sezione di uno degli endcap di ECAL (dee. Al suo interno sono visibili i super-cristalli, ciascuno contenente 5 5 cristalli in tungstenato di piombo. All interno del barrel, i cristalli sono organizzati in sottomoduli di 5. Un certo numero di sottomoduli è inserito in una struttura di sostegno più grande contenente 4 o 5 cristalli che prende il nome di modulo. Tre moduli contenenti 4 cristalli ed un modulo contenente 5 cristalli formano un cosiddetto supermodulo, contenente 17 cristalli ( 85: l intera superficie del barrel è coperta lungo ẑ da due file di supermoduli, e lungo φ da 18 file di supermoduli. Il numero di cristalli totale all interno del barrel è 61. In maniera leggermente differente, i cristalli sono organizzati all interno degli endcap in cosiddetti super.cristalli (SC di 5 5 unità. Il disco di ciascuno degli endcap è suddiviso in due parti semicircolari, contenenti 366 cristalli e soprannominate dee, per un totale di 734 cristalli in ogni endcap. In figura 1.14 sono riportate le immagini di un supermodulo del barrel e di un dee di uno dei due endcap di ECAL. Il rivelatore di presciame posto di fronte a ciascuno degli endcap ha invece una struttura radicalmente diversa e consiste in un calorimetro a campionamento costituito da due strati di assorbitore in piombo alternati a due piani di rivelatori a microstrisce di silicio con una risoluzione

23 1.. L ESPERIMENTO CMS 17 spaziale molto spinta. L accettanza del rivelatore di presciame è compresa tra < η <.6 e la sua profondità è pari a circa due lunghezze di radiazione. Elettronica di lettura L elettronica di lettura per il calorimetro elettromagnetico ECAL necessita delle seguenti caratteristiche tecniche: tempi di risposta molto brevi, resistenza ad alti livelli di radiazione, poca sensibilità al campo magnetico di 4 T generato dal magnete super-conduttore. In conseguenza a queste necessità, la scelta è ricaduta su fotodiodi a valanga per i cristalli del barrel e fototriodi a vuoto per i cristalli degli endcap. Ognuno dei cristalli del barrel è equipaggiato con due fotodiodi a valanga, ciascuno con un area sensibile di 5 5 mm e sono contraddistinti da un ottimo rapporto segnale-rumore e da un guadagno interno molto elevato. I cristalli degli endcap sono invece equipaggiati con fototriodi a vuoto, che hanno prestazioni generalmente inferiori rispetto ai fotodiodi a valanga ma sono più adatti al flusso di radiazioni superiori che attraversa le regioni ad alta pseudorapidità corrispondente agli endcap. Le prestazioni inferiori dei fototriodi sono in parte compensate da una superficie sensibile maggiore, pari a circa 8 mm. I segnali elettronici così prodotti sono amplificati e digitalizzati da schede di acquisizione apposite: tali schede sono in grado di trattare i segnali prodotti da raggruppamenti di 5 5 cristalli, che prendono il nome di torre di trigger, e di applicare tre diversi valori di guadagno in fase di amplificazione a seconda dell intensità del segnale in ingresso. La tensione dei fototriodi e dei fotodiodi viene letta ogni 5 ns e l energia rilasciata dal cristallo viene ricostruita non dalla singola lettura ma piuttosto dal campionamento di dieci letture successive (vedi figura 1.15: in questo modo è possibile ricostruire il valore di piedistallo del particolare fotodiodo (o fototriodo e l andamento del picco di energia rilasciata dal processo di scintillazione, riducendo notevolmente gli effetti del rumore elettronico di fondo. Figura 1.15: Nel grafico è visibile l andamento dell intensità della luce di scintillazione prodotta da uno dei cristalli del barrel attraversato da un muone cosmico. L unità di misura sull asse delle ordinate è costituita dall intensità di segnale digitalizzata dagli ADC del fotodiodo a valanga.

24 18 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS Risoluzione in energia Per energie inferiori a 5 GeV, la risoluzione energetica del calorimetro è descritta in maniera accurata dalla seguente formula: ( σ E = ( S ( N E + +C [GeV] E dove S è il termine stocastico, N il termine di rumore e C il termine costante. Nel caso particolare di ECAL la risoluzione in energia si può stimare come: ( σ (.8 = + E E ( [GeV] Queste prestazioni sono confermate da prove eseguite su fasci di test di elettroni con energia di 1 GeV, durante i quali si è misurata una risoluzione pari allo.45% [39]. In figura 1.16 sono riportati i risultati ottenuti dagli studi con i fasci di test per la risoluzione del calorimetro ECAL. E Figura 1.16: Grafico della risoluzione σ E /E di ECAL in funzione dell energia dell elettrone incidente [39]. La misura è stata condotta con un fascio di elettroni di test e l energia degli elettroni è stata ricostruita con misurando l energia rilasciata in una matrice di 3 3 cristalli Calorimetro adronico Il calorimetro adronico di CMS (HCAL, ha una struttura molto simile a quella del calorimetro elettromagnetico e consta di una sezione centrale di forma cilindrica, detta barrel (HB, e di due sezioni laterali dette endcap (HE a forma di dischi circolari: la regione coperta da questa configurazione copre lo spazio compreso in η < 3.. Sia il barrel che gli endcap di HCAL sono

25 1.. L ESPERIMENTO CMS 19 contenuti all interno del magnete super-conduttore. In aggiunta a queste sezioni tuttavia, il calorimetro adronico è composto anche da una sezione forward (HF, posta all esterno del rivelatore in corrispondenza della linea di fascio, in grado di comprendere lo spazio fino a η < 5. e da una regione outer (HO, posta all esterno del magnete super-conduttore. η = η =.9 COIL HB PATCH PANEL m HE EB η =.6 EE η = 3 SE Tracker SB MSCGs CRYSTALS 1.9 m 1.75 m Silicon Strips + Pixels.185m 3.45 m 3.17 m 3.9 m Figura 1.17: Schema dell accettanza del barrel e degli endcap dei calorimetri adronico ed elettromagnetico e, più all interno, del sistema di tracciamento. HCAL è un calorimetro a campionamento, il che significa che i suoi elementi sensibili non sono uniformi, come nel caso dei cristalli di ECAL, ma sono costituiti da numerosi strati di materiale assorbitore, il cui scopo è quello di interagire con le particelle ad alta energia e generare lo sciame adronico, alternati a strati di materiale scintillatore che ha lo scopo di generare il segnale misurabile. Gli strati di assorbitore sono composti di ottone e sono spessi 5 cm, mentre gli strati di scintillatore sono composti di materiale plastico ed hanno uno spessore di 3.7 mm. Il numero di strati è variabile all interno del rivelatore, ma è comunque sufficiente a garantire una profondità compresa tra 5 e 1 lunghezze di radiazione. La granularità di HCAL all interno del barrel è di radianti, mentre all interno degli endcap è variabile tra radianti e radiantinelleregioniapiùaltapseudorapidità. Èinteressantenotarecheognielemento di HCAL ricopre esattamente una torre di trigger di 5 5 cristalli di ECAL. La combinazione delle informazioni provenienti da una torre di trigger di ECAL e da un elemento di HCAL prende il nome di torre calorimetrica (calotower. Figura 1.18: Immagine della sezione del barrel del calorimetro adronico assemblata e pronta per essere inserita all interno del magnete super-conduttore. La luce di scintillazione prodotta da ogni strato di scintillatore viene raccolta da una fibra wavelenght-shifting (WLS e viene condotta all elettronica di lettura, consistente in fotodiodi

26 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS ibridi multicanale (HPD. Il sistema di amplificazione e digitalizzazione dei segnali funziona diversamente da quello di ECAL: il sistema di HCAL non è in grado infatti di campionare l andamento dell intensità della luce di scintillazione nel tempo, ma soltanto di integrare il segnale prodotto su un certo numero di misure successive, anche in questo caso eseguite ad una distanza temporale di 5 ns, pari all intervallo di tempo che intercorre tra due collisioni successive. La descrizione qui presentata corrisponde alla struttura delle regioni del barrel, endcap e outer del calorimetro HCAL. Un discorso a parte si rende necessario per la regione in avanti del calorimetro, occupata da un rivelatore completamente diverso. Nella suddetta regione gli strati di materiale assorbitore in ottone sono sostituiti da strati di alluminio dello spessore di 5 mm. L assorbitore è alternato a fibre al quarzo in cui il segnale misurabile è prodotto tramite l emissione di luce Cherenkov, in luogo della luce di scintillazione prodotta negli elementi sensibili delle altre regioni del calorimetro [6]. I fotoni di segnale vengono raccolti da apposite guide di luce che interfacciano le fibre al quarzo con una serie di fotomoltiplicatori, questi ultimi schermati dietro uno spesso strato di materiale assorbitore Rivelatore di muoni Una prima misura del momento dei muoni viene effettuata ad opera del sistema di tracciamento, nella regione più vicina al vertice di interazione. Questa misura perde di risoluzione per muoni di alto momento, al di sopra di GeV/c: in queste condizioni le traiettorie sono pressoché rettilinee ed il sistema di tracciamento non è in grado di stimare con la necessaria precisione il raggio di curvatura. Per questo motivo sono stati collocati all esterno del magnete solenoidale una serie di rivelatori per il tracciamento dei muoni, sfruttando il campo magnetico di ritorno presente all esterno del magnete di intensità media pari a 1.8 T. Figura 1.19: Schema del sistema di rivelatori per i muoni in CMS. In verde sono raffigurate le camere a deriva, il blu le camere a strisce di catodi e in rosso le camere a piatti resistivi. Si alternano in questo compito tre diversi tipi di rivelatore: camere a deriva (DT, camere a strisce di catodi (CSC e camere a piatti resistivi (RPC. Le camere a deriva occupano la regione centrale esterna per η < 1., e sono presenti in numero di 5, suddivise in quattro strati. Questa

27 1.. L ESPERIMENTO CMS 1 regione si estende su una superficie molto ampia, investita da un flusso di particelle contenuto: le camere a deriva, affidabili e poco costose, costituiscono lo strumento più adatto per la rivelazione dei muoni in questa regione del rivelatore. La lunghezza di deriva massima è pari a mm, sufficiente a garantire una risoluzione spaziale di circa µm. Gli strati di camere a deriva sono alternati da piastre di ferro che hanno lo scopo di concentrare il campo magnetico di ritorno del magnete solenoidale all interno della regione occupata dalle camere a deriva stesse. Le camere a strisce di catodi occupano invece la regione laterale degli endcap (.9 < η <.4, che è investita da un flusso di particelle più elevato e dunque richiede la presenza di rivelatori più resistenti alle radiazioni e con tempi di risposta inferiori, quali sono le camere a strisce di catodi appunto; sono presenti in numero di 468 e garantiscono una risoluzione spaziale di circa µm. Entrambe le camere a deriva e a strisce sono impiegate all interno del sistema di trigger di primo livello. Questo compito è però svolto in maniera più specializzata da una serie di camere a piatti resistivi che sono in grado di coprire lo spazio contenuto in η < 1.6. Questi strumenti hanno un tempo di risposta molto breve ( 3 ns e dunque hanno lo scopo principale di migliorare la risoluzione temporale del sistema di tracciamento dei muoni e di fornire in tempo rapido criteri di scelta per il trigger di primo livello Sistema di trigger Nella più estrema delle ipotesi, il sistema di trigger di CMS deve essere in grado di ridurre l elevato flusso di interazioni prodotto dalle collisioni di LHC di un fattore 1 6, da circa 4 MHz fino a 1 Hz, selezionando soltanto gli eventi veramente interessanti per la fisica che si vuole studiare. La schema di acquisizione dei dati in CMS si può riassumere brevemente come segue [7]: la base è rappresentata dall elettronica di lettura dei canali di ciascun sotto-rivelatore. Al di sopra di essa è implementato un trigger di primo livello (L1 di tipo hardware al fine di garantire la massima velocità di risposta possibile. Gli eventi che passano il trigger L1 fanno partire il sistema di read-out che ha il compito di memorizzare e ricostruire l intero evento. Prima di affrontare la fase di ricostruzione tuttavia, le informazioni passano attraverso un secondo sistema di trigger, questa volta di tipo software, che prende il nome di High Level Trigger ed avente il compito di selezionare ulteriormente gli eventi tramite una loro ricostruzione parziale. La principale differenza che distingue un trigger di tipo hardware da un trigger di tipo software consiste nel fatto che il primo dei sistemi citati è costruito a partire da circuiti logici dedicati in grado di compiere poche scelte relativamente semplici con la massima velocità. Un trigger software si basa invece su microprocessori opportunamente programmati allo scopo: in questo modo è possibile ottenere una maggiore flessibilità e implementare schemi di trigger più complessi e sofisticati, al prezzo di tempi di risposta notevolmente superiori. Trigger di primo livello Al trigger di primo livello viene richiesta prima di tutto velocità di risposta. Per questo motivo la sua implementazione fa uso di circuiti logici ad-hoc che sfruttano le informazioni provenienti dai rivelatori con i tempi di risposta più brevi: calorimetri elettromagnetico e adronico e rivelatore di muoni. In alcuni casi viene sfruttata la correlazione tra alcune informazioni provenienti da entrambi gli strumenti. Il tempo totale che intercorre tra la generazione di segnali nell elettronica dei rivelatori e la decisione del trigger L1 è di circa 3. µ s. In questo lasso di tempo, tutte le informazioni registrate dal rivelatore sono salvate lungo una pipeline in attesa di essere memorizzate o scartate in base alla risposta del trigger. Il tipo di scelte che vengono effettuate è piuttosto semplice e non deve implicare elaborazioni logiche impegnative, poiché a questo livello si richiede soprattutto la velocità

28 CAPITOLO 1. LHC E L ESPERIMENTO CMS Figura 1.: Schema di funzionamento del trigger di primo livello L1 [7]. in risposta. Il trigger di primo livello decide, quindi, se tenere o scartare un evento in base alla presenza o meno di oggetti, tipicamente elettroni, fotoni, muoni o energia trasversa mancante, con una certa soglia minima in energia. La ricostruzione di questi oggetti avviene sfruttando una risoluzione parziale dei sottorivelatori: ad esempio in ECAL non vengono sfruttate le informazioni provenienti da ogni cristallo, ma piuttosto le informazioni complessive provenienti dalle torri di trigger, raggruppamenti di 5 5 cristalli. Il fattore di riduzione del flusso di eventi operato dal trigger L1 è pari a circa 1 3. High Level Trigger La selezione restante viene affidata al cosiddetto High Level Trigger (HLT, che ha un tempo di risposta più lungo ed esegue operazioni logiche più complesse sfruttando tutta la risoluzione dei sottorivelatori. Trattandosi di un trigger a livello software, ha la caratteristica di essere estremamente flessibile e di potersi adattare a scenari di luminosità e di fisica molto diversi. Una parziale ricostruzione dell evento viene effettuata sulle informazioni immagazzinate dall elettronica di lettura del rivelatore: in questo modo è possibile operare scelte molto efficienti, che nella maggior parte dei casi consistono di nuovo nel verificare la presenza o meno di determinati oggetti nell evento. La frequenza di eventi viene ridotta ulteriormente di un fattore 1 3, rientrando così nel limite di 1 Hz che satura le capacità del sistema di acquisizione dei dati a disposizione di CMS.

29 Capitolo Il Modello Standard: interazioni elettrodeboli e interazioni forti Il modello standard dell interazione elettrodebole è una teoria di gauge che descrive il comportamento della materia a livello dei suoi componenti elementari e fu ideato e perfezionato negli gli anni tra il 196 ed il 1967 principalmente dai tre fisici S.Glashow [8], S.Weinberg [9] e A.Salam [1]. Unitamente alla cromodinamica quantistica, il modello standard è in grado di prevedere tutte le particelle elementari oggi conosciute e di descrivere la loro dinamica attraverso le interazioni elettrodebole e forte. Tra tutte le teorie ad oggi formulate per descrivere le particelle elementari, il modello standard può vantare la quantità più rilevante di conferme sperimentali. Nella prima parte di questo capitolo è presente una breve introduzione alla suddetta teoria, che risulta di fondamentale importanza per la fisica studiata ad LHC. Più in dettaglio verranno poi analizzati gli argomenti che riguardano direttamente il presente lavoro di tesi: la produzione di bosoni vettori W e Z associati a getti adronici in collisioni protone-protone. La descrizione di questo fenomeno coinvolge, al primo ordine perturbativo, la costante di accoppiamento elettrodebole e si può considerare come uno degli esempi classici di fisica del modello standard. I contributi più importanti alla sezione d urto di produzione di Z e W provenienti dall ordine perturbativo superiore sono rappresentate dai processi di radiazione di un gluone, virtuale o reale, e di diffusione con un gluone. Questi fenomeni vengono descritti dalla costante di accoppiamento forte e si contraddistinguono per una segnatura sperimentale piuttosto complessa, caratterizzata dalla presenza nello stato finale di getti adronici in associazione ai prodotti di decadimento dei bosoni vettori. Saranno descritte, nelle sezioni successive, le tecniche più rilevanti utilizzate per calcolare il contributo degli ordini perturbativi superiori rispetto alla costante di accoppiamento forte e come queste si applicano al caso specifico della sezione d urto di produzione di bosoni vettori. In questo ambito si rende particolarmente utile lo studio delle sezioni d urto associate ad una particolare molteplicità di getti adronici: l andamento della loro distribuzione in funzione della molteplicità di getti è descritto da una particolare parametrizzazione che prende il nome di scaling di Berends-Giele [18]. Il modello standard prevede inoltre una serie di fenomeni che aspettano tutt ora di essere osservati sperimentalmente; tra di essi il più importante è sicuramente il meccanismo di Higgs, che permette di generare le masse dei bosoni vettori e dei fermioni del modello standard. Questo particolare meccanismo necessita dell esistenza di una particella scalare neutra che prende il nome, appunto, di bosone di Higgs. Come già accennato nel precedente capitolo, la ricerca sperimentale del bosone di Higgs costituisce il singolo obiettivo di fisica più importante dell intero progetto scientifico di LHC. 3

30 4 CAPITOLO. IL MODELLO STANDARD Nondimeno sono evidenti all interno del modello standard alcune incongruenze ed alcuni limiti che ne rendono necessaria l estensione e la generalizzazione attraverso teorie più fondamentali. Una delle teorie che pongono rimedio a questo problema è rappresentata dalla supersimmetria [16]. La ricerca di eventuali nuove particelle previste dalle teorie supersimmetriche costituisce il secondo tra gli obiettivi scientifici più importanti di LHC. Nell ultima sezione di questo capitolo verranno descritti brevemente alcuni degli aspetti legati alla ricerca sperimentale del meccanismo di Higgs e della supersimmetria: i canali di decadimento delle particelle previste da queste teorie si sovrappongono infatti allo stato finale dei bosoni vettori Z e W associati a getti adronici. In questo contesto assume quindi grande importanza lo studio della produzione associata di bosoni vettori e getti adronici nell ambito del modello standard, come fondo principale a segnali di nuova fisica molto interessanti..1 Interazioni elettrodeboli Come già accennato nell introduzione, il modello standard delle particelle elementari è una particolare teoria di campo la cui funzione lagrangiana presenta invarianza per trasformazioni di gauge locali di SU( L U(1 Y [1]. La simmetria che discende dall invarianza per questo gruppo di trasformazioni necessita della presenza di quattro campi vettoriali di gauge nei quali si possono identificare il fotone, i bosoni vettori carichi W + e W già previsti dalla teoria V-A delle interazioni deboli, e un bosone vettore neutro Z associato alle cosiddette correnti neutre osservate sperimentalmente nel Questi campi di gauge sono accoppiati ai fermioni della teoria, i quali sono organizzati in doppietti sinistrorsi e singoletti destrorsi. La distinzione tra i diversi stati di elicità delle particelle è ereditata dalla forma V-A dell interazione debole. Di seguito sono riportate le tre famiglie leptoniche: ( νe e L, e R ; ( νµ µ La prima famiglia è costituite dall elettrone ed il relativo neutrino elettronico, la seconda famiglia dal muone e dal relativo neutrino muonico, la terza famiglia dal leptone τ e dal relativo neutrino τ. Allo stesso modo riportiamo le tre famiglie dei quark: ( ( ( u c t, u d R, d R ;, c s R, s R ;, t b R, b R. L L La prima famiglia è costituita dai quark up e down, la seconda dai quark charm e strange, le terza dai quark top e bottom.. Interazioni forti Accanto alla simmetria dell interazione elettrodebole, si considera la funzione lagrangiana forte invariante per trasformazioni di gauge locali di SU(3 C di colore [13], con la conseguente introduzione di otto nuovi campi di gauge, detti gluoni, che sono i portatori dell interazione corrispondente. Le proprietà della teoria SU(3 sono riconducibili alle caratteristiche dell interazione forte: confinamento alle basse energie, libertà asintotica. I gluoni previsti dalla teoria sono, al pari dei fotoni nell interazione elettromagnetica, dei bosoni vettori con spin unitario e massa nulla. La carica portata dall interazione forte è detta carica di colore, da cui deriva il nome della teoria delle interazioni forti: cromodinamica quantistica (QCD. Gli unici fermioni a portare carica di colore sono i quark, mentre i leptoni non portano alcuna carica di colore e dunque non partecipano ad L, µ R ; ( ντ τ L L, τ R.

31 .3. SEZIONE D URTO DEI GETTI ADRONICI 5 interazioni forti. A differenza dell interazione elettromagnetica però, in cui i fotoni hanno carica elettrica nulla, i gluoni sono essi stessi portatori di carica di colore e dunque possono interagire tra di loro, oltre ad accoppiarsi con i quark. Gli effetti del confinamento di quark e gluoni sono osservabili sperimentalmente nelle interazioni prodotte ad un collisionatore di particelle: ogni quark e gluone prodotto nello stato finale subisce un processo di adronizzazione che lo porta a frammentarsi in una popolazione di adroni, che costituiscono dei singoletti di colore. Questo fenomeno non è descrivibile perturbativamente ed è osservabile come un getto di adroni collimato in una regione circoscritta in η e φ del rivelatore. Maggiori dettagli sulle tecniche di identificazione e ricostruzione dei getti adronici verranno forniti nella sezione 3.. In sintesi, lo schema teorico appena descritto è in grado di descrivere le interazioni elettrodebole e forte di quark e leptoni tramite lo scambio di fotoni, W, Z e gluoni e si può riassumere nella tabella riportata in figura.1. Gli oggetti riportati in tabella esauriscono la lista delle particelle Figura.1: Le particelle elementari previste dal modello standard fino ad oggi misurate sperimentalmente. elementari (o supposte tali della cui esistenza si ha una prova sperimentale certa..3 Sezione d urto dei getti adronici In questa sezione si vuole dare una descrizione delle tecniche utilizzate per stimare le sezioni d urto dei processi con getti adronici nello stato finale e il contributo delle correzioni perturbative che coinvolgono l interazione forte. Queste correzioni consistono nell emissione di gluoni reali o virtuali che possono contribuire alla comparsa di getti adronici nello stato finale. Il calcolo degli ordini di sviluppo superiori è quindi indispensabile per conoscere correttamente la distribuzione del numero di getti adronici dovuta a processi di fisica del modello standard. Calcolo dell elemento di matrice L approccio più diretto per stimare le sezioni d urto consiste nel calcolo esatto dell elemento di matrice legato ai grafici di Feynman che compaiono ad un particolare ordine perturbativo; combinando l elemento di matrice con lo spazio delle fasi a disposizione del processo, è possibile ottenere la sezione d urto voluta. L esempio più semplice per illustrare il procedimento è rappresentato

32 6 CAPITOLO. IL MODELLO STANDARD dal processo di diffusione di due quark mediante lo scambio di un gluone u(1 d( u(3 d(4. All ordine perturbativo più basso (Leading Order, LO, il processo è descritto dal diagramma di Feynman in figura.. q 1 q 3 q q 4 Figura.: Diagramma LO del processo di diffusione di due quark u(1 d( u(3 d(4. La sezione d urto differenziale che si ottiene per il suddetto processo assume la forma seguente [13]: dσq q LO = π 4 s +u dt s 9 α s t dove s, u e t sono le varibili di Mandelstam: s = (p 1 +p, u, t = s(1±cosθ/, con θ l angolo di diffusione. Per la descrizione corretta dei risultati sperimentali è necessario convolvere la sezione d urto risultante con le densità di partoni all interno dei protoni interagenti: σ = dx 1 dx dtf (A i (x 1,Q f (B j (x,q dσ ij dt ij con f (A,B i,j (x 1,Q le densità partoniche nel protone, ove la somma avviene su tutte le possibili combinazioni di partoni. Con la medesima tecnica si possono calcolare le sezioni d urto al Leading Order di tutti i processi più interessanti in un collisionatore di protoni quale LHC; in figura.3 sono riportati alcuni dei diagrammi corrispondenti che rappresentano tali processi. q e/q q q q q e/q q q q q q q q Figura.3: Alcuni dei diagrammi LO che compaiono in collisioni protone-protone. All ordine perturbativo successivo in QCD (Next to Leading Order, NLO, i diagrammi che compaiono sono raffigurati in figura.4.

33 .3. SEZIONE D URTO DEI GETTI ADRONICI 7 q 1 q 3 q 1 q 3 q q 4 q q 4 q 1 q 3 q 1 q 3 q 1 q 3 q q 4 q q 4 q q 4 Figura.4: Alcuni dei diagrammi NLO del processo di diffusione di due quark u(1 d( u(3 d(4. I contributi apportati dai primi due diagrammi in figura.4 consistono nell emissione di un gluone reale e quindi contribuiscono alla sezione d urto per il processo con tre partoni nello stato finale. Questa sezione d urto tuttavia, presenta una divergenza infrarossa dovuta all emissione di gluoni a basso momento e una divergenza collineare dovuta all emissione di gluoni parallelamente a uno dei due quark. Le divergenze suddette si cancellano esattamente con i contributi degli ultimi tre diagrammi in figura.4. Questi diagrammi descrivono l emissione di un gluone virtuale successivamente riassorbito da uno dei due quark e costituiscono quindi la correzione NLO al processo con due partoni nello stato finale. In questo modo è possibile ottenere una descrizione corretta della sezione d urto al Next to Leading Order per il processo di diffusione di due quark. È possibile dimostrare che la cancellazione delle divergenze infrarosse e collineari tra i contributi delle emissioni reali e virtuali avviene a qualsiasi ordine perturbativo [3]. Tuttavia, il calcolo dei contributi virtuali presenta notevoli difficoltà tecniche ed è stato condotto all ordine perturbativo superiore (Next to Next to Leading Order, NNLO soltanto per un numero limitato di processi ed unicamente per la stima di sezioni d urto inclusive. Per la maggior parte dei processi fisici si è in grado di calcolare l elemento di matrice con accuratezza fino al Next to Leading Order, che consente di ottenere la sezione d urto di eventi contenenti due o al massimo tre getti adronici nello stato finale. Degli ordini perturbativi superiori sono state calcolate fino ad ora soltanto le correzioni reali. In questo modo si possono studiare le sezioni d urto per stati finali con più di tre getti adronici; in questi risultati compaiono però le divergenze infrarosse e collineari descritte in precedenza, e vengono descritti in maniera accettabile solamente i processi in cui i getti adronici dello stato finale sono ben separati nello spazio delle fasi e con energia sufficientemente elevata da rientrare nel regime perturbativo della teoria. Generazione di processi con il metodo Monte Carlo In alternativa al calcolo esatto dell elemento di matrice, si può ottenere una descrizione approssimata della sezione d urto per processi con stati finali a più quark e gluoni tramite il metodo dello sciame di partoni [5] (Parton Shower. Ad esempio, si può considerare il processo in figura.5, che prevede numerosi processi radiativi sia da parte dello stato finale che dello stato iniziale. Questa procedura si presta particolarmente bene alla generazione di processi fisici con il metodo Monte Carlo: una volta selezionato il processo di interazione dura al Leading Order, è possibile calcolare i contributi approssimati di ogni ordine di sviluppo diramando le linee esterne del diagramma con l emissione successiva di quark e gluoni: il procedimento dev essere interrotto quando il momento scambiato Q dei partoni interessati raggiunge il limite inferiore della scala di energie

34 8 CAPITOLO. IL MODELLO STANDARD Figura.5: Sciame di partoni applicato al processo di diffusione ud ud: gli stati iniziale e finale, costituiti da due particelle, vengono diramati tramite l emissione di gluoni di basso momento. Questi fenomeni prendono il nome di radiazione di stato iniziale (ISR e radiazione di stato finale (FSR. per la validità dello sviluppo perturbativo. Il valore che si attribuisce comunemente a questo limite inferiore è pari a 1 GeV. Il metodo dello sciame partonico si adatta naturalmente a descrivere quei processi in cui il momento scambiato Q è piccolo (ma pur sempre maggiore di 1 GeV, all interno del regime perturbativo, che corrispondono all emissione di gluoni o quark di basso momento e con direzione pressoché collineare al partone iniziale. D altra parte, tramite il calcolo esplicito dell elemento di matrice si possono ottenere le sezioni d urto per eventi di emissione di gluoni reali con alto momento e ben separati dal partone iniziale: le regioni di spazio delle fasi descritte al meglio dai due differenti approcci sono essenzialmente complementari. Si possono combinare, quindi, entrambi i risultati per ottenere una descrizione migliore delle sezioni d urto, ponendo la dovuta cautela a non duplicare eventuali configurazioni cinematiche già descritte in uno dei due casi. I tagli necessari ad escludere queste duplicazioni dipendono dai criteri definiti per ricostruire i getti adronici, che verranno descritti nella sezione 3.. Lo stato dell arte attuale dello studio delle sezioni d urto adroniche è dato dalla combinazione dello sciame di partoni con i risultati dei calcoli espliciti delle sezioni d urto al Next to Leading Order [5]. Processo di adronizzazione Giunti a questo punto, si è in grado di prevedere con una certa accuratezza la distribuzione dei partoni generati durante le collisioni tra i protoni. I partoni, però, non sono visibili nel rivelatore in quanto possono esistere solamente confinati all interno degli adroni. Ogni partone generato dall interazione principale subisce quindi un processo di adronizzazione che porta alla formazione di un getto di adroni: la direzione di questi adroni è concentrata in una regione limitata in η e φ del rivelatore corrispondente alla direzione del partone iniziale e la somma della loro energia è pari all energia del suddetto partone. La scala di energie a cui ha origine il processo di adronizzazione è detta Λ QCD ed è pari a circa GeV e contraddistingue il limite inferiore di validità della teria perturbativa. La sezione d urto del processo di adronizzazione non è calcolabile, quindi, con uno sviluppo perturbativo rispetto alla costante di accoppiamento α s e dev essere descritta tramite una modellizzazione basata su osservazioni empiriche. A causa del prevalere di questi fenomeni

35 .3. SEZIONE D URTO DEI GETTI ADRONICI 9 non perturbativi, non è possibile stabilire un legame immediato tra la sezione d urto partonica e la sezione d urto per i getti adronici nello stato finale. Figura.6: Ricostruzione di un getto adronico nell esperimento CMS. In blu ed in rosso sono riportate le tracce di particelle neutre, in verde quelle di particelle cariche. I depositi di energia delle particelle generate dal processo di adronizzazione e successivamente aggregati nel getto adronico sono rappresentati in grigio. In generale la sezione d urto per la produzione di un certo numero di getti adronici nello stato finale riceve contributi da tutti gli ordini di sviluppo perturbativo del processo di diffusione tra i partoni. Per questo motivo si richiede che l algoritmo di ricostruzione dei getti adronici sia definito in modo da essere relativamente insensibile all emissione di gluoni e quark di basso momento e collineari ai partoni del processo di diffusione dura. Queste proprietà di risposta nei confronti delle divergenze infrarosse e collineari si ottengono tramite la definizione di una misura appropriata da usare come criterio per l aggregazione delle particelle nei getti adronici [4]. Un esempio di algoritmo di ricostruzione dei getti adronici con il comportamento corretto nelle regioni infrarosse e collineari è costituito dall algoritmo anti-k t, descritto nel dettaglio nella sezione 3.. e utilizzato per la ricostruzione dei getti all interno dell esperimento CMS. In figura.6 è riportato l esempio di un getto di adroni ricostruito in CMS durante le collisioni prodotte nel 1. Underlying event e pile-up Per la generazione completa di collisioni protone-protone è necessario prendere in considerazione una serie di fenomeni secondari che accompagnano il processo di diffusione principale e che si manifestano nello stato finale dell evento modificando le distribuzioni di molteplicità e di momento dei getti adronici. Infatti, dopo l interazione principale, i resti di collisione dei protoni tendono ad interagire ulteriormente per formare dei singoletti di colore; l insieme di questi processi prende il nome di underlying event. L underlying event aggiunge allo stato finale ulteriori getti adronici,

36 3 CAPITOLO. IL MODELLO STANDARD generalmente di basso momento trasverso. L attività adronica generata dai resti delle collisioni consiste spesso in getti adronici collineari alla direzione del fascio. Il contributo di queste interazioni si può tenere in parte sotto controllo applicando dei tagli cinematici in fase di ricostruzione dei getti adronici, come descritto nella sezione I protoni dei fasci di LHC vengono accelerati in pacchetti di circa 1 11 protoni. Più di un protone può quindi interagire durante la collisione di due pacchetti di protoni. Nella quasi totalità dei casi, l interazione interessante sarà accompagnata da interazioni secondarie poco interessanti di basso momento trasverso. I prodotti di queste interazioni si aggiungono al rumore adronico generato dall underlying event. Nella sezione 3..3 viene presentata una tecnica empirica per sottrarre gli effetti del pile-up in fase di ricostruzione dei getti adronici..4 Produzione di Z e W associata a getti adronici Lo scopo di questa sezione è quello di ottenere la sezione d urto di produzione di W e Z in associazione a getti adronici in collisioni protone-protone. La sezione d urto voluta si può ricavare dalla sezione d urto per il processo di annichilazione di due partoni in una coppia di leptoni, meglio noto come processo di Drell-Yan [13]: p p q q +X l + l +X Al Leading Order, il processo si può rappresentare con il diagramma rappresentato in figura.7. La sezione d urto per il sotto-processo q q l + l tramite scambio di un fotone virtuale si può P 1 x 1 P 1 * / Z l + x P l P Figura.7: Diagramma LO del processo di Drell-Yan. ricavare dalla sezione d urto per il più classico processo e + e q q, ponendo attenzione al calcolo della media sul colore degli stati iniziali: σ q(p1 q(p l + l = 4πα 3ŝ 1 N Q a con ŝ = (p 1 +p, p 1 e p il momento dei partoni interagenti, N il numero dei colori dei quark, Q a la frazione di carica elettrica portata dal quark rispetto alla carica unitaria dell elettrone. La sezione d urto descritta dalla precedente espressione è corretta per la produzione di una coppia di leptoni tramite lo scambio di un fotone virtuale. Il suo regime di validità è limitato quindi a valori di energia nel centro di massa inferiori alla massa invariante del bosone Z, s MZ. Per valori di

37 .4. PRODUZIONE DI Z E W ASSOCIATA A GETTI ADRONICI 31 energia nel centro di massa prossimi a questo valore prevale infatti il processo di produzione di un bosone vettore Z. È possibile ricavare la sezione d urto per il processo di scambio dei bosoni Z e W sostituendo la sezione d urto per il sotto-processo q q γ l + l con le sezioni d urto per i processi q q Z l + l e qq W lν: σ q q Z l + l = σ q q Z BR(Z l + l σ qq W lν = σ qq W BR(W lν dove σ q q Z e σ qq W sono le sezioni d urto di produzione dei bosoni Z e W, BR(Z l + l e BR(W lν i rispettivi rapporti di diramazione in leptoni. Dal momento che le larghezze di decadimento dei bosoni Z e W si possono considerare trascurabili (rispettivamente Γ Z =.5 GeV e Γ W =.8 GeV, le sezioni d urto di produzione si possono approssimare al caso in cui i bosoni Z e W sono on-shell: σ q q Z = π GF M 3 Z(Vq A qδ(ŝ MZ σ qq W = π 3 GF M W V qq δ(ŝ M W con V qq l elemento opportuno della matrice CKM [1] che descrive l accoppiamento tra i partoni q e q, V q e A q i termini associati all interazione di correnti neutre. L approccio più semplice per includere gli ordini di sviluppo successivi in α s consiste nel considerare la sezione d urto complessiva di produzione dei bosoni vettori in associazione a getti adronici come somma delle sezioni d urto esclusive, ovvero delle sezioni d urto di produzione di Z e W in funzione di un preciso numero di getti adronici. Ad esempio, nel caso del bosone vettore W, si può considerare: σ W = σ (W + jets +σ (W + 1 jets +σ (W + jets +σ (W + 3 jets +... Il valore di ciascuna delle sezioni d urto esclusive si può scrivere nel seguente modo: σ (W + jets = a +α s a 1 +α sa +... σ (W + 1 jets = α sb 1 +α s b +... σ (W + jets = α sc I valori dei coefficienti a i, b i, c i,...dipendono dai parametri utilizzati per definire i getti adronici e da eventuali tagli sulla cinematica dell evento applicati in fase di ricostruzione; sommando tutti i termini che presentano la stessa potenza di α s si riottiene la sezione d urto relativa al corrispondente ordine perturbativo e indipendente dai parametri per la definizione dei getti adronici. Quest ultima è però di scarsa utilità sperimentale. In questo caso il contributo più importante alla sezione d urto di produzione di bosoni vettori associata a getti adronici si ottiene sommando i primi coefficienti di ogni sezione d urto esclusiva, a i, b i, c i,...: si puòeffettuare il calcolo di questi coefficienti a partire dai diagrammi ad albero per i processi partonici ij V +k 1...k n, dove i, j, e k i sono quark e gluoni, V un bosone vettore Z o W. Il calcolo esplicito di questi coefficienti è stato condotto da F.A.Berends e W.T.Giele per una molteplicità di getti adronici n jets 6 [17]. In questo ambito è interessante studiare il rapporto

38 3 CAPITOLO. IL MODELLO STANDARD Figura.8: Misura della sezione d urto di produzione di bosoni Z rispetto alle varie molteplicità di getti adronici. Risultati ottenuti dall esperimento CDF, presso l acceleratore di particelle Tevatron [3]. tra le sezioni d urto con n getti adronici nello stato finale e le sezioni d urto con n 1 getti nello stato finale: f n (V = σ (V +n jets σ (V+(n 1jets Questo rapporto è previsto essere costante e si può parametrizzare nel seguente modo: f n (V = α+βn jets L andamento qui descritto viene detto scaling di Berends-Giele [18] ed è stato verificato sperimentalmente dagli esperimenti lungo il collisionatore di protoni e antiprotoni Tevatron [3] all energia di 1.8 TeV nel centro di massa..4.1 Studio di bosoni vettori e getti adronici a LHC Durante la fase attuale di acquisizione dati, LHC sta producendo collisioni tra protoni ad un energia di 7 TeV nel centro di massa. A questa energia, la sezione d urto di produzione dei bosoni vettori Z e W è di circa 1 nb e 1 nb rispettivamente [19]: in queste condizioni, la luminosità integrata di circa 4 1 pb 1 acquisita nel 1 è sufficiente a produrre un segnale di Z e W cospicuo, abbastanza per studiare la produzione di bosoni vettori associata a getti adronici. Lo studio di questi eventi costituisce uno strumento utile per la calibrazione accurata delle misure di energia dei getti adronici e di momento trasverso mancante all interno del rivelatore; costituisce inoltre un buon test per la fisica del modello standard, come descritto nel paragrafo immediatamente sopra.

39 .4. PRODUZIONE DI Z E W ASSOCIATA A GETTI ADRONICI 33 Nondimeno, lo studio della distribuzione del numero di getti adronici legata alla produzione di un bosone vettore rappresenta uno strumento interessante per la ricerca di nuova fisica. Come accennato all inizio di questo capitolo, numerosi eventi di fisica oltre il modello standard prevedono uno stato finale contenente bosoni vettori e getti adronici; ne consegue che una eventuale deviazione nella distribuzione del numero di getti adronici in un particolare canale, non attesa dal modello standard, costituisce un indicazione molto utile per concentrare le ricerche di nuova fisica. P 1 q 1 q 3 W + q 4 H W e q Figura.9: Diagramma di Feynman del processo di produzione del bosone di Higgs mediante la fusione di due bosoni vettori Z o W. A titolo di esempio, è rappresentato in figura.9 il meccanismo di produzione della particella di Higgs tramite la fusione di due bosoni vettori Z o W. Questo processo prende il nome di vector boson fusion (VBF [14] e nell intervallo di masse del bosone di Higgs 13 GeV e 16 GeV rappresenta il processo di produzione più favorevole. Uno degli stati finali possibili del suddetto processo è il seguente: p+p q 1 + q +H +X q 1 + q +W + +W +X q 1 + q +q 3 + q 4 +e ± +MET +X Dunque lo stato finale può contenere il decadimento leptonico di un bosone vettore e fino a quattro getti adronici. I processi studiati nella sezione precedente e riguardanti la produzione associata di bosoni vettori e getti adronici nell ambito del modello standard costituiscono il segnale di fondo più importante a questo interessante processo. Allo stesso modo gli eventi di produzione di particelle supersimmetirche prevedono degli stati finali caratterizzati da un alta molteplicità di getti adronici associati ad eventuali prodotti di decadimento leptonici di bosoni vettori. Anche in questo caso la produzione associata di bosoni vettori e getti adronici nel modello standard costituisce il segnale di fondo più importante a tali processi. I modelli supersimmetrici più attendibili prevedono una deviazione della distribuzione di getti adronici del modello standard che diventa significativa a partire da valori di molteplicità pari a quattro: una simile deviazione sarebbe osservabile in maniera concreta con pochi fb 1 di luminosità integrata acquisiti all energia attuale di LHC pari a 7 TeV nel centro di massa [15].

40 34 CAPITOLO. IL MODELLO STANDARD

41 Capitolo 3 Ricostruzione di elettroni e getti adronici in CMS Lo scopo di un rivelatore di particelle come CMS è quello di identificare e ricostruire possibilmente tutte le particelle prodotte durante una collisione tra protoni e di misurarne con la massima precisione possibile la traiettoria, il momento e l energia. La lista delle particelle che hanno un tempo di vita sufficientemente lungo, tale da percorrere un tragitto sufficiente e interagire con gli elementi sensibili del rivelatore, è tuttavia piuttosto breve. Le più importanti tra di esse sono rappresentate da elettroni, muoni, fotoni, pioni, kaoni, protoni, neutroni. L identificazione delle particelle avviene sfruttando l informazione proveniente da tutti i sotto-rivelatori: tutte le particelle cariche, ad esempio, lasciano un segnale misurabile all interno del rivelatore; elettroni e fotoni vengono completamente assorbiti dal calorimetro elettromagnetico; le particelle adroniche cedono gran parte della loro energia all interno del calorimetro adronico; infine i muoni sono le uniche particelle ad attraversare praticamente indisturbati tutti i sotto-rivelatori interni al magnete superconduttore e lasciare una traccia ben definita all interno delle camere a muoni. Le particelle elementari più interessanti per il programma di fisica di LHC hanno un tempo di vita troppo breve per poter percorrere le distanze che separano il punto di collisione dagli elementi sensibili del rivelatore. Esse, dopo un processo di decadimento più o meno complesso, producono uno stato finale contenente un certo numero di particelle più stabili e leggere, identificabili nella lista di particelle sopracitata. L esempio che più da vicino interessa il presente lavoro è rappresentato dal decadimento dei bosoni vettori W e Z. Il bosone Z può decadere in una coppia di leptoni o di quark [33]: e + e, µ + µ, τ + τ BR: (1.96±.19% Z ν e ν e, ν µ ν µ, ν τ ν τ BR: (.±.6% uū, d d, c c, s s, b b BR: (69.91±.6% Il bosone W può decadere invece in un leptone ed il corrispondente antineutrino, oppure in una opportuna coppia di quark e antiquark: { W ± eνe, µν µ, τν τ BR: (3.57±.48% u d, u s, u b, c d, c s, c b BR: (67.6±.7% Il rapporto di diramazione più favorevole è legato in entrambi i casi ai canali di decadimento adronici. Tuttavia la segnatura sperimentale più facile da identificare è rappresentata senz ombra di dubbio dai decadimenti leptonici, e in particolar modo dai decadimenti in una coppia di elettroni o di muoni. L efficienza di ricostruzione di elettroni e muoni da parte del rivelatore è maggiore rispetto all efficienza di ricostruzione di getti adronici prodotti da una coppia di quark, e inoltre 35

42 36 CAPITOLO 3. ELETTRONI E GETTI ADRONICI il decadimento leptonico dei bosoni vettori è accompagnato da segnali di fondo piccoli rispetto ai segnali di fondo che accompagnano il decadimento adronico. Nel presente lavoro di tesi l attenzione è stata concentrata sul decadimento dei bosoni vettori nel canale elettronico: Z e + e W ± e ν e (e + ν e Durante la prima sezione di questo capitolo, quindi, verrà descritto in maniera dettagliata il procedimento di ricostruzione degli elettroni all interno di CMS. Le correzione perturbative relative alla costante di accoppiamento α S introducono, come discusso nel precedente capitolo, getti adronici nello stato finale contente il decadimento dei bosoni vettori. Per questa ragione la seconda sezione del presente capitolo è dedicata ad una breve introduzione circa gli algoritmi di ricostruzione dei getti adronici, con particolare attenzione all algoritmo implementato all interno di CMS ed alle relative ottimizzazioni. 3.1 Ricostruzione degli elettroni La ricostruzione degli elettroni in CMS, nell ambito dello studio di eventi con stato finale contenente il decadimento di bosoni vettori, si può riassumere nello schema seguente: gli eventi interessanti per la suddetta analisi vengono selezionati da un apposito menu all interno del High Level Trigger, che prende il nome di trigger di singolo elettrone. Dopodiché, gli eventi selezionati affrontano il procedimento di ricostruzione che ha il compito di identificare possibilmente tutti gli oggetti creati nell evento; durante la ricostruzione vengono individuate quindi le tracce e i depositi calorimetrici associati a tutti i candidati elettroni. I dettagli di questi procedimenti sono descritti nei primi due paragrafi di questa sezione. In fase di analisi, vengono applicati agli elettroni ricostruiti dei criteri di selezione studiati per escludere il maggior numero possibile di segnali spuri; questi criteri di selezione sono descritti nel terzo paragrafo e riguardano l identificazione e l isolamento dei candidati elettroni e la reiezione di eventuali elettroni generati dal fenomeno di conversione dei fotoni. Infine, nell ultimo paragrafo della sezione, vengono descritti gli ulteriori tagli che vengono applicati alle variabili dell evento per selezionare con la massima efficienza gli eventi contenenti il prodotto di decadimento elettronico di un bosone vettore Z o W High Level Trigger per gli elettroni La ricostruzione e l identificazione passa attraverso le decisioni di entrambi i trigger L1 e HLT. Il trigger di primo livello L1, come descritto durante il primo capitolo, esegue decisioni molto semplici e sfrutta le informazioni provenienti quasi esclusivamente dai calorimetri e dal rivelatore di muoni, basandosi su una granularità ridotta rispetto alle specifiche dei rispettivi sottorivelatori. Nell ambito della ricostruzione degli elettroni, l evento viene contrassegnato come interessante se contiene almeno una torre calorimetrica (calotower con un contenuto energetico superiore alla soglia di 5 GeV. Dopodiché l evento viene analizzato dal High Level Trigger. Il funzionamento di HLT [34], trattandosi di un trigger di tipo software, è più complesso e flessibile rispetto a L1. L High Level Trigger esegue infatti una parziale ricostruzione dell evento a partire dalle informazioni ottenute dal trigger di primo livello: al fine di ridurre la quantità di operazioni logiche necessarie, la ricostruzione avviene per livelli successivi e sfruttando in un primo momento le informazioni dei soli calorimetri e in seconda battuta le informazioni provenienti dal tracciatore. Per questo motivo

43 3.1. RICOSTRUZIONE DEGLI ELETTRONI 37 si può parlare, all interno di HLT, di trigger di secondo livello e di terzo livello, con riferimento alla modularità del processo di ricostruzione. Trigger di secondo livello Le operazioni del trigger di secondo livello si svolgono sulle torri calorimetriche selezionate dal trigger di primo livello, L1. Sfruttando la piena risoluzione di ECAL viene individuato il cristallo con il contenuto energetico maggiore; tramite un algoritmo detto ad isola vengono aggregati a questo cristallo centrale i contenuti sopra soglia dei cristalli adiacenti per formare un cosiddetto cluster contenente la maggior parte dell energia rilasciata dallo sciame elettromagnetico dell elettrone interagente con il calorimetro. È bene ricordare che l elettrone si muove all interno del campo magnetico generato dal magnete superconduttore seguendo una traiettoria elicoidale attorno all asse del fascio lungo φ. Durante la loro traiettoria gli elettroni possono interagire con il materiale degli altri rivelatori emettendo energia sotto forma di fotoni: il fenomeno è conosciuto come Brehmshtralung ed è il meccanismo di perdita di energia più importante per gli elettroni di energia al di sopra di 1 GeV. Questa energia persa dagli elettroni è visibile nel calorimetro elettromagnetico sotto forma di cluster di cristalli sopra-soglia adiacenti al cluster principale generato dall interazione tra l elettrone ed il calorimetro. A causa della traiettoria caratteristica dell elettrone nel campo magnetico, questi cluster sono generalmente disposti nel calorimetro elettromagnetico con una notevole dispersione in φ e sono invece poco dispersi lungo la direzione di η. Tramite un secondo procedimento di aggregazione, i cluster secondari vengono riuniti al deposito principale per formare un supercluster. La somma dell energia contenuta in ogni cristallo del supercluster corrisponde, in seguito ad un appropriata calibrazione del calorimetro, all energia dell elettrone assorbito. Il menu di trigger di singolo elettrone all interno di HLT, che è stato utilizzato per la selezione dei dati analizzati all interno del presente lavoro, prevede che l evento venga classificato come interessante dal trigger di secondo livello se contiene almeno un supercluster di energia superiore ad una certa soglia: questa soglia ha assunto valori diversi durante le acquisizioni dati del 1 e 11, attualmente in corso, a seconda della luminosità istantanea messa a disposizione da LHC. Il valore di soglia attualmente in uso per l acquisizione dati del 11 e con il quale sono stati acquisiti la maggior parte dei dati nel 1 è pari a 17 GeV. Trigger di terzo livello Il trigger di terzo livello [44] accede alle informazioni del tracciatore. La ricostruzione della traccia associata all elettrone richiede un numero di operazioni logiche maggiore e per questo motivo rappresenta l ultimo passaggio della ricostruzione parziale eseguita da HLT. Più correttamente, HLT non esegue la ricostruzione completa della traccia, ma piuttosto verifica l allineamento grossolano tra il supercluster ed un certo numero di segnali (hit misurati nel tracciatore; il trigger di terzo livello verifica inoltre, in maniera approssimativa, l isolamento della traccia e del supercluster per escludere gli elettroni prodotti dal processo di frammentazione all interno di un getto adronico, e verifica inoltre che l elettrone non sia stato prodotto dalla conversione di un fotone in una coppia leptonica. Tutti i passaggi appena descritti vengono eseguiti offline, in maniera più accurata e precisa, durante le fasi di ricostruzione e di analisi dei dati; all interno di questo ambito verrà data una decrizione più accurata dei criteri di selezione implementati per gli elettroni Ricostruzione dell evento In seguito alla selezione di HLT, gli eventi che con buona probabilità contenengono almeno un elettrone vengono salvati dal sitema di acquisizione e resi disponibili alle strutture di calcolo

44 38 CAPITOLO 3. ELETTRONI E GETTI ADRONICI per il processo di ricostruzione completa dell evento. Per quanto riguarda gli elettroni, la parte più importante della ricostruzione consiste nella riclusterizzazione dei cristalli di ECAL e nella ricostruzione completa delle tracce facendo uso di un algoritmo statistico che prende il nome di Gaussian Sum Filter (GSF [43]. Il filtro di Kalman combinatoriale usato per ricostruire le tracce di particelle cariche presenta alcune dificoltà nella ricostruzione delle tracce di elettroni legate al fatto che l elettrone, avendo massa molto piccola, è soggetto più delle altre particelle a fenomeni di Bremsstrahlung: la traccia risultante si discosta notevolmente dalla traiettoria ideale in vuoto e in queste condizioni il filtro GSF si dimostra l algoritmo più efficiente per la ricostruzione della traccia di elettroni Criteri di selezione per gli elettroni In fase di analisi, gli eventi registrati vengono ulteriormente filtrati applicando dei criteri di selezione per ottimizzare il rapporto segnale-rumore degli elettroni ricostruiti. Questi criteri di selezione corrispondono, nella fase attuale di analisi dei dati acquisiti durante il 1 e durante i primi run del 11, a una serie di tagli studiati per ottenere una certa efficienza di selezione degli elettroni. L efficienza ottenuta con il particolare insieme di tagli prende il nome di punto di lavoro (Working Point, WP: per l analisi dei dati registrati durante il 1 sono stati messi a punto diversi set in grado di fornire ciascuno un efficienza differente; gli insiemi di tagli più utilizzati all interno delle analisi di eventi con bosoni vettori sono senz altro rappresentati dai Working Point 8 (WP8 e Working Point 95 (WP95, in grado di garantire un efficienza di selezione degli elettroni pari all 8% e 95% rispettivamente. Per le analisi future con campioni di dati più consistenti si prevede che questi set di tagli verranno sostituiti da analisi multivariate più raffinate ed efficienti. I criteri di selezione in questione hanno lo scopo di escludere i segnali generati da particelle con una segnatura all interno del rivelatore simile a quella di un elettrone, e di escludere eventuali elettroni generati da processi secondari piuttosto che dall interazione principale dei protoni del fascio. Questi segnali, che chiameremo genericamente come segnali di fondo, possono passare le selezioni del trigger ed è compito dei suddetti criteri di selezione ridurre la loro frequenza al minimo senza incidere sensibimente sull efficienza di ricostruzione degli elettroni interessanti. In figura 3.1 sono riportati i valori del rapporto tra le efficienze di selezione degli eventi di segnale e di fondo, in funzione dell efficienza di selezione del segnale. L insieme di tagli necessari per raggiungere questo scopo si può suddividere in tre sottogruppi principali attinenti alle più importanti sorgenti di fondo[1]. I sottoinsiemi di tagli appena citati agiscono sull identificazione degli elettroni, sull isolamento dei loro segnali all interno del rivelatore e infine sulla reiezione degli elettroni generati dalla conversione di fotoni. Identificazione degli elettroni Il primo gruppo di tagli riguarda l identificazione degli elettroni (Electron ID e coinvolge quattro variabili che descrivono la dispersione dell energia depositata dall elettrone all interno del supercluster di cristalli, l allineamento del supercluster calorimetrico con la traccia ricostruita nel tracciatore, e infine la frazione adronica dell energia del supercluster calorimetrico. Di seguito sono riportate le quattro variabili, con la descrizione del loro significato fisico: σ iηiη : come descritto nella sezione relativa al trigger di secondo livello, l energia depositata dall elettrone è caratterizzata da una certa dispersione in φ dovuta a eventi di Bremsstrahlung ed al moto degli elettroni medesimi nel campo magnetico. Lo stesso tipo di dispersione non è presente lungo la cordinata perpendicolare η; la distribuzione dell energia lungo η deve

45 3.1. RICOSTRUZIONE DEGLI ELETTRONI 39 Figura 3.1: Grafici del rapporto tra l efficienza di selezione segnale e l efficienza di selezione del fondo, in funzione dell efficienza di selezione del segnale. La curve in nero ed in rosso sono ottenute con l applicazione dei tagli riguardanti l identificazione e isolamento degli elettroni e la reiezione delle conversioni così come utilizzati nel presente lavoro di analisi. avere dunque il profilo tipico dell energia depositata da un elettrone ed essere concentrata all interno di pochi cristalli del calorimetro. Imponendo un taglio sulla deviazione standard σ iηiη di questa distribuzione è possibile escludere il contributo di altre particelle che creano uno sciame elettromagnetico disperso su un numero più elevato di cristalli. η e φ : queste variabili descrivono la distanza tra il baricentro del cluster centrale del deposito energetico dell elettrone nel calorimetro e la coordinata della traccia ricostruita nel tracciatore propagata nella regione del calorimetro. I valori assunti da queste variabili devono essere piccoli se la traccia registrata corrisponde effettivamente a quella dell elettrone assorbito nel calorimetro. H/E: questa variabile, detta frazione adronica, descrive il rapporto tra l energia rilasciata nel calorimetro adronico HCAL all interno degli elementi sensibili situati in corrispondenza dei cristalli di ECAL del supercluster e l energia totale del supercluster di ECAL medesimo. Se la particella interagente è un elettrone, l interazione puramente elettromagnetica con la materia disperde tutta l energia all interno di ECAL e dunque il suddetto rapporto è prossimo a zero. I tagli applicati a queste variabili sono diversificati per barrel e endcap, avendo le due sezioni del rivelatore caratteristiche e prestazioni diverse. In tabella sono riportati i valori di soglia relativi agli insiemi di tagli WP8 e WP95 per i dati raccolti durante l acquisizione del 1.

46 4 CAPITOLO 3. ELETTRONI E GETTI ADRONICI WP8 BARREL ENDCAP σ iηiη.1.31 η.5.6 φ.7.1 H/E.4.5 WP95 BARREL ENDCAP σ iηiη.1.31 η.7.11 φ.8.7 H/E.15.7 In vista dell analisi dei dati acquisiti durante il 11, il set di tagli è stato parzialmente aggiornato e si è scelto di omettere il taglio sulla variabile H/E, in quanto poco efficace nella selezione degli elettroni. Isolamento Il secondo insieme di variabili riguarda l isolamento degli elettroni all interno del rivelatore. La selezione qui descritta è pensata per escludere gli elettroni generati dal decadimento dei prodotti del processo di adronizzazione di un quark o di un gluone. È possibile discriminare questi elettroni in base al fatto che, durante il processo di adronizzazione, vengono prodotte numerose altre particelle cariche visibili all interno del tracciatore, nel calorimetro eletromagnetico e quindi nel calorimetro adronico. Tutte queste particelle sono concentrate in una regione limitata lungo η e φ all interno del rivelatore. Alla luce di queste osservazioni si possono escludere dall analisi tutti gli elettroni non sufficientemente isolati e che si distinguono per la presenza di numerose altre tracce di particelle nelle loro vicinanze. L isolamento è definito all interno di un cono di ampiezza R =.3 centrato attorno alla traccia del candidato elettrone, dove R = η +φ e il valore.3 è stato determinato tramite lo studio di campioni di eventi simulati. Si definisce, quindi, l isolamento all interno del sistema di tracciamento: pt (i trackiso =, p T come la somma di tutte le tracce ricostruite nel cono attorno all elettrone, diviso il momento della traccia associata all elettrone stesso. Allo stesso modo si può definire l isolamento all interno del calorimetro elettromagnetico: ET (i ecaliso =, E T comme la somma di tutti i depositi di energia nel cono attorno al deposito associato al candidato elettrone. Infine si definisce in modo equivalente l isolamento all interno del calorimetro adronico: ET (i hcaliso =. E T È possibile definire inoltre l isolamento combinato dell elettrone nei tre rivelatori nel seguente modo: trk combinediso = p T(i+ ecal E T(i+ hcal E T(i. E T Durante l analisi dei dati acquisiti nel 11 è emerso inoltre il seguente problema: la luminosità più alta messa a disposizione da LHC ha come conseguenza più importante che il numero medio

47 3.1. RICOSTRUZIONE DEGLI ELETTRONI 41 di pile-up per ogni evento è pari a circa otto interazioni. In queste condizioni il rivelatore è soggetto ad un elevato flusso di particelle non necessariamente create dall interazione principale che si vuole studiare e in particolare non è più possibile presumere che gli elettroni prodotti dal decadimento di un bosone vettore siano isolati all interno del rivelatore. Per questo motivo è necessario modificare la definizione dell isolamento per tenere in considerazione degli effetti di queste collisioni secondarie. La soluzione studiata per ovviare a questo problema è molto simile a quella sfruttata per ricostruire correttamente l energia dei getti adronici in presenza di pileup ed implementata all interno dell algoritmo fastjet[36]: si presuppone che l energia depositata dagli eventi secondari di pile-up sia approssimabile con una distribuzione uniforme all interno del rivelatore ed è così possibile ricavare una densità media ρ di energia dovuta al pile-up; l energia depositata dalle collisioni secondarie si può quindi stimare tramite il prodotto della densità ρ per la superficie del rivelatore interessata. L isolamento combinato degli elettroni all interno dei tre rivelatori, modificato per includere gli effetti del pile-up, è definito come segue: trk combinediso = p T(ic+ ecal E T(i+ hcal E T(i ρπ(.3 Anche nel caso dell isolamento i tagli sono diversificati nel barrel e negli endcap. Di seguito sono riportati in tabella i valori di soglia utilizzati durante le analisi dei dati del 1 e del 11. Reiezione delle conversioni E T WP8 BARREL ENDCAP combinediso.4.33 WP95 BARREL ENDCAP combinediso.15.1 L altra grande sorgente di fondo nella ricostruzione degli elettroni di decadimento di bosoni vettori è rappresentata dalla conversione di fotoni mediante il processo di produzione di coppie e + e (vedi figura 3.. La conversione di un fotone è caratterizzata, quindi, dalla presenza di una coppia elettrone-positrone che devono avere un vertice in comune ed essere sempre complanari rispetto al piano r-φ [37]. Queste peculiarità si possono sfruttare per definire due variabili con cui discriminare gli elettroni generati dalla conversione di un fotone: Dcot: è definita come la differenza tra la cotangente dell angolo polare θ della traccia dell elettrone selezionato e la cotangente dell angolo polare θ della traccia del presunto partner di conversione, in questo caso un positrone (o viceversa: Dcot= cot(θ gsf cot(θ ctf. Dist: è la distanza tra le due tracce nel punto in cui diventano parallele (vedi figura 3.3. Inoltre la conversione non esiste in vuoto ma può avvenire soltanto dopo l interazione con il materiale del rivelatore. Nella maggior parte dei casi quindi le tracce di elettroni di conversione non producono segnale nei primissimi strati del tracciatore: escludendo tutte le tracce che non presentano segnali (hits nei primi strati di tracciatore si rende ulteriormente efficace la selezione degli elettroni di decadimento di bosoni vettori. In tabella sono riportati i valori utilizzati per i set di tagli WP8 e WP95. WP8 WP95 Missing hits Dcot. Dist.

48 4 CAPITOLO 3. ELETTRONI E GETTI ADRONICI Figura 3.: Differenza tra un elettrone generato dall interazione principale dei protoni del fascio ed una coppia di elettroni di conversione. Figura 3.3: La variabile Dist è definita come la differenza tra i punti B 1 e B in cui le traiettorie dei due elettroni sono parallele Selezione degli eventi contenenti un bosone vettore I passaggi descritti nelle precedenti sezioni consentono di selezionare gli eventi con almeno un elettrone generato dall interazione partonica più dura all interno dell evento. Applicando ulteriori tagli è possibile restringere ulteriormente il campione selezionando quegli eventi in cui gli elettroni sono generati dal decadimento leptonico di un bosone vettore [19]. Selezione dei bosoni W I criteri studiati per selezionare gli eventi con un bosone W che decade in elettrone (o positrone e neutrino sono piuttosto semplici e sono riportati nella lista che segue: l evento deve contenere almeno un elettrone che abbia passato la selezione WP8. Se sono presenti più di un elettrone con queste caratteristiche, viene scelto come candidato l elettrone con il momento trasverso maggiore. l elettrone scelto come candidato deve avere le sguenti caratteristiche cinematiche: 1. p T > GeV. η < 1.44 e 1.56 < η <.5; la regione esclusa corrisponde alla zona di congiunzione tra barrel e endcap

49 3.. RICOSTRUZIONE DEI GETTI ADRONICI 43 all evento viene applicato un cosiddetto Z-veto, ovvero si richiede che non ci siano altri elettroni in grado di soddisfare i criteri di selezione per il secondo elettrone di decadimento di un bosone Z; questi criteri di selezione sono spiegati nel prossimo paragrafo. l elettrone candidato deve coincidere con l elettrone che ha fatto scattare il trigger. Questa richiesta è poco influente sulla selezione dei bosoni W, poiché la richiesta del veto sulla Z impedisce di selezionare eventi con più di un elettrone di alto momento trasverso e dunque nella quasi totalità dei casi l elettrone candidato coincide con l elettrone di trigger. Simile richiesta si dimostrerà invece particolarmente utile nella selezione di bosoni Z relativamente alle misure dell efficienza di ricostruzione degli elettroni. Selezione dei bosoni Z Allo scopo di selezionare eventi contenenti bosoni Z decaduti in una coppia leptonica, è necessario richiedere la presenza di due elettroni ricostruiti all interno dell evento. I criteri di selezione per il primo ed il secondo elettrone sono asimmetrici. Nel primo caso, l elettrone è selezionato seguendo esattamente gli stessi criteri utilizzati per selezionare l elettrone di decadimento del bosone W: elettrone con tag WP8 p T > GeV η < 1.44 e 1.56 < η <.5 identità tra l elettrone candidato e l elettrone di trigger Al secondo elettrone sono applicati invece dei criteri di selezione meno stringenti: elettrone con tag WP95 p T > 1 GeV η < 1.44 e 1.56 < η <.5 Infinela massa invariante m ee della coppia di elettroni dev essere all interno del seguente intervallo di valori: 6 GeV < m ee < 1 GeV Nessuna condizione viene imposta sulla carica elettrica degli elettroni. La scelta di due criteri di selezione differenti è giustificata dalla semplificazione che si ottiene durante la misura delle efficienze di ricostruzione con il metodo che verrà descritto nel capitolo 4.1. Anche le scelte di identificare l elettrone candidato con l elettrone di trigger e di non imporre condizioni sulla carica degli elettroni trovano la medesima giustificazione. 3. Ricostruzione dei getti adronici Gli strumenti di analisi messi a disposizione dall infrastruttura software di CMS includono un grande numero di algoritmi per l identificazione delle particelle e per la ricostruzione di oggetti più complessi come i getti adronici ed il momento trasverso mancante. Per l analisi svolta nell ambito del presente lavoro di tesi sono stati scelti gli strumenti più efficienti per lo studio della produzione associata di bosoni vettori e getti adronici: la ricostruzione dei getti adronici è stata condotta tramite l algoritmo anti-k t [3]. Le particelle create nell evento e aggregate all interno dei getti adronici sono invece ricostruite facendo uso dell algoritmo Particle Flow []. Nelle sezioni che seguono verranno presentati i dettagli degli algoritmi sopracitati.

50 44 CAPITOLO 3. ELETTRONI E GETTI ADRONICI 3..1 L algoritmo Particle Flow L algoritmo Particle Flow (PF si prefigge di identificare e ricostruire, possibilmente, tutte le particelle create in una collisione e che hanno interagito con il rivelatore: da questo punto di vista l algoritmo rappresenta una generalizzazione del processo di ricostruzione degli elettroni descritto nella sezione precedente. La strategia utilizzata per il particle flow si distingue dal momento che le informazioni di tutti i sottorivelatori vengono combinate fin dall inizio per l identificazione delle particelle. Di seguito è riportata la lista di oggetti che vengono analizzati dall algoritmo Particle Flow []: PFTracks: tutti i segnali ricostruiti (rechit nel tracciatore vengono combinati per valutare ogni possibile allineamento. PFClusters: allo stesso modo i depositi di energia dei calorimetri elettromagnetico e adronico vengono riaggregati da un algoritmo appropriato per misurare l energia totale di ogni particella. Global muons: i muoni vengono ricostruiti a parte sfruttando le informazioni delle camere a muoni e del tracciatore. Tutti gli oggetti così costruiti vengono analizzati allo scopo di scegliere quali di essi sono stati prodotti dalla stessa particella: in questo modo è possibile identificare il maggior numero possibile di particelle a seconda che il candidato abbia una traccia associata o meno, un segnale nel calorimetro elettromagnetico piuttosto che nel calorimetro adronico e via dicendo. Il risultato di questa ricombinazione delle informazioni provenienti da ogni sottorivelatore è la lista di tutte le particelle prodotte dalle interazioni nell evento e che hanno interagito con il rivelatore; si divide nelle seguenti categorie: PFElectrons PFMuons PFPhotons PFHadrons A partire da queste particelle è possibile ricostruire gli stati intermedi prodotti durante le collisioni e che, decadendo, le hanno generate: l algoritmo Particle Flow è usato soprattutto per la ricostruzione di getti adronici (e quindi di quark o gluoni nello stato intermedio che prendono il nome di PFJets, dei leptoni τ (PFTau, e del momento mancante trasverso dell evento (PFMet. 3.. L algoritmo anti-k t La ricostruzione dei getti adronici [4] è un procedimento empirico piuttosto complesso che necessita di un accurato lavoro di calibrazione. In un collisionatore di protoni con energia nel centro di massa e luminosità pari a quelle messe a disposizione da LHC, la molteplicità media di getti adronici prevista per ogni evento è molto elevata: poiché ogni getto adronico è costituito da un grande numero particelle, le superfici sulle quali esse sono distribuite giungono sovente a sovrapporsi. In simili condizioni è molto difficile ricostruire il getto adronico associando le particelle correttamente al partone che le ha generate: questo passaggio è però cruciale per la misura corretta dell energia corrispondente al getto adronico e quindi al partone generato durante l interazione.

51 3.. RICOSTRUZIONE DEI GETTI ADRONICI 45 Figura 3.4: Generazione di un evento con tre partoni nello stato finale, arricchito con un certo numero di gluoni soffici sviluppati in getti adronici tramite la simulazione del processo di adronizzazione. Le particelle così generate sono state riaggregate mediante l algoritmo anti-k t. In questo caso la coordinata y nel grafico corrisponde alla rapidità. L insieme di strumenti messi a disposizione da CMS per l analisi dei dati include numerosi algoritmi per la ricostruzione dei getti adronici; per quanto concerne lo studio della produzione di bosoni vettori associata a getti adronici si è scelto di utilizzare l algoritmo anti-k t, in seguito ad una serie di studi tramite i quali tale algoritmo si è dimostrato il più adatto alla ricostruzione dei getti nella suddetta analisi. In figura 3.4 è riportato l esempio di un evento simulato, sottoposto alla ricostruzione dei getti adronici mediante l algoritmo anti-k t. L anti-k t è un algoritmo di ricombinazione sequenziale, e dunque si presta ad una implementazione semplice ed efficiente dal punto di vista computazionale. Questo algoritmo non è sensibile all emissione di partoni soffici e collineari e dunque si comporta correttamente in presenza delle divergenze infrarosse e collineari come descritto nella sezione.3. Il principio di funzionamento prevede che venga definita le seguente misura: d ij = min(p p t (i,pp t (j R ij R, R ij = (y i y j +(φ i φ j d ib = p p t (i dove R è il diametro del cono che definisce la scala di grandezze dei getti da ricostruire ed è definito come R = φ +η ; p è un parametro che nel caso dell algoritmo anti-k t è pari a p = 1. Le due grandezze vengono calcolate inizialmente per due particelle i e j appartenenti alla lista generata con il particle flow: se d ij < d ib allora le due particelle vengono combinate insieme a formare un getto adronico, altrimenti la seconda particella viene scartata. Il confronto viene ripetuto per tutte le altre particelle: in questo modo tutte le particelle per cui d ij < d ib vengono accorpate al medesimo getto adronico. La procedura viene quindi ripetuta con le particelle rimaste escluse dall accorpamento, allo scopo di formare un nuovo getto adronico: il procedimento termina quando tutte le particelle della lista sono state combinate in un getto. Il valore ottimale di R per

Esperimento ATLAS INFN ed Università di Bologna PROPOSTA PER SVOLGERE IL TIROCINIO-MONDO LAVORO PRESSO L ESPERIMENTO ATLAS

Esperimento ATLAS INFN ed Università di Bologna PROPOSTA PER SVOLGERE IL TIROCINIO-MONDO LAVORO PRESSO L ESPERIMENTO ATLAS i Esperimento ATLAS INFN ed Università di Bologna PROPOSTA PER SVOLGERE IL TIROCINIO-MONDO LAVORO PRESSO L ESPERIMENTO ATLAS Il guppo di Bologna dell esperimento ATLAS propone un tirocinio di lavoro nel

Dettagli

I Laboratori Nazionali di Frascati e gli acceleratori di particelle

I Laboratori Nazionali di Frascati e gli acceleratori di particelle Visita ai Laboratori dell INFN 11-12 Gennaio 2019 I Laboratori Nazionali di Frascati e gli acceleratori di particelle Massimo Casarsa INFN/Trieste Padriciano 99, 34149 Trieste, Italy (massimo.casarsa@ts.infn.it)

Dettagli

Fisica sperimentale delle collisioni di protoni. Davide Valsecchi PhD Milano-Bicocca

Fisica sperimentale delle collisioni di protoni. Davide Valsecchi PhD Milano-Bicocca Fisica sperimentale delle collisioni di protoni Davide Valsecchi PhD student @ Milano-Bicocca LHC Physics in a nutshell Teoria Misura Falsificazione 2 Large Hadron Collider (LHC) Per esplorare la fisica

Dettagli

Theory Italiano (Italy)

Theory Italiano (Italy) Q3-1 Large Hadron Collider (10 punti) Prima di iniziare questo problema, leggi le istruzioni generali nella busta a parte. In questo problema è discussa la fisica dell acceleratore di particelle del CERN

Dettagli

The Large Hadron Collider LHC

The Large Hadron Collider LHC The Large Hadron Collider LHC European Masterclasses 2007 dott Stefano Lacaprara, INFN Laboratori Nazionali di Legnaro stefano.lacaprara@pd.infn.it Large Hadron Collider Perche' lo facciamo Cos'e' Cosa

Dettagli

The Large Hadron Collider LHC

The Large Hadron Collider LHC The Large Hadron Collider LHC European Masterclasses 2008 dip. di Fisica G.Galilei 12/13/14 Marzo 2008 dott Stefano Lacaprara, INFN Laboratori Nazionali di Legnaro Large Hadron Collider Perche' lo facciamo

Dettagli

Out line LHC CMS Summer Studen t Project

Out line LHC CMS Summer Studen t Project Experiment Out line LHC Perchè un hadron collider? Acceleratore ed esperimenti Tracker ECAL &HCAL Muon System Summer Student Project Idea base del progetto Risultati raggiunti 2 LHC Ultimi COLLIDERS: Large

Dettagli

Studente: Ivan Angelozzi Relatore: Prof. Cesare Bini

Studente: Ivan Angelozzi Relatore: Prof. Cesare Bini Studente: Ivan Angelozzi Relatore: Prof. Cesare Bini 8-6-10 Introduzione L anomalia del momento magnetico è data da: a=(g-2)/2, dove g indica il fattore di Landè. Per il muone e gli altri leptoni l anomalia

Dettagli

Parte 11 Esempio di un rivelatore (CMS)

Parte 11 Esempio di un rivelatore (CMS) Introduzione ai rivelatori di particelle Parte 11 Esempio di un rivelatore (CMS) AA 2008/2009 Cesare Voci - Roberto Carlin 1 CMS Esempio di un rivelatore: CMS perchè CMS: Rivelatore moderno ma già costruito

Dettagli

Prospettive future, oltre il modello standard?

Prospettive future, oltre il modello standard? Prospettive future, oltre il modello standard? La scoperta del bosone di Higgs chiave di volta per la consistenza del modello standard: a)generazione della massa dei mediatori e dei fermioni; b)regolarizzazione

Dettagli

Relatori: Prof. Vincenzo Canale Dott. Francesco Conventi. Candidato: Nicola de Biase Matricola N

Relatori: Prof. Vincenzo Canale Dott. Francesco Conventi. Candidato: Nicola de Biase Matricola N Relatori: Prof. Vincenzo Canale Dott. Francesco Conventi Candidato: Nicola de Biase Matricola N85000845 Tesi di laurea triennale in Fisica A.A. 2017/2018 1 LHC ATLAS Ricerca del Bosone di Higgs Introduzione

Dettagli

Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Fisica

Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Fisica Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Triennale in Fisica STUDIO E OTTIMIZZAZIONE DELLE PRESTAZIONI DELLE CAMERE A DERIVA DELL ESPERIMENTO

Dettagli

Osservazione di una nuova particella con massa di 125 GeV

Osservazione di una nuova particella con massa di 125 GeV Osservazione di una nuova particella con massa di 125 GeV Esperimento CMS, CERN 4 Luglio 2012 Sintesi: Oggi al CERN di Ginevra, in un seminario congiunto con la conferenza "ICHEP 2012" [1] a Melbourne,

Dettagli

Corso di Fenomenologia delle Interazioni Fondamentali LM in Fisica, AA Silvia Arcelli

Corso di Fenomenologia delle Interazioni Fondamentali LM in Fisica, AA Silvia Arcelli Corso di Fenomenologia delle Interazioni Fondamentali LM in Fisica, AA 014-15 Silvia Arcelli Misura dell Angolo di einberg a Petra, Scoperta dei bosoni mediatori e Z 3 Marzo 015 1 Scoperta delle Correnti

Dettagli

Fisica delle Particelle: esperimenti. Fabio Bossi (LNF INFN)

Fisica delle Particelle: esperimenti. Fabio Bossi (LNF INFN) Fisica delle Particelle: esperimenti Fabio Bossi (LNF INFN) fabio.bossi@lnf.infn.it Il processo scientifico di conoscenza Esperimento Osservazione quantitativa di fenomeni riguardanti alcune particelle

Dettagli

Ricerca di nuove risonanze che decadono in coppie di jet

Ricerca di nuove risonanze che decadono in coppie di jet Ricerca di nuove risonanze che decadono in coppie di jet Federico Preiato Università di Roma La Sapienza INFN, Sezione di Roma 101 Congresso Nazionale SIF 21 Settembre 2015 - Roma Ricerca di risonanze

Dettagli

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA. REGISTRO DELLE LEZIONI (di cui all art. 39 del Regio Decreto 6 aprile 1924, n. 674)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA. REGISTRO DELLE LEZIONI (di cui all art. 39 del Regio Decreto 6 aprile 1924, n. 674) Mod. 1/147 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA Facoltà di Scienze M.F.N. REGISTRO DELLE LEZIONI (di cui all art. 39 del Regio Decreto 6 aprile 1924, n. 674) di Fisica delle particelle elementari

Dettagli

Misura della sezione d urto di produzione di Z 0 Z 0 nel canale di decadimento quadrileptonico all esperimento CDF

Misura della sezione d urto di produzione di Z 0 Z 0 nel canale di decadimento quadrileptonico all esperimento CDF Misura della sezione d urto di produzione di Z 0 Z 0 nel canale di decadimento quadrileptonico all esperimento CDF UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA LAUREA SPECIALISTICA IN FISICA Relatrice: D. Lucchesi

Dettagli

Bosone. Particella a spin intero, che obbedisce alla statistica di Bose-Einstein, che è opposta a quella di Fermi-Dirac.

Bosone. Particella a spin intero, che obbedisce alla statistica di Bose-Einstein, che è opposta a quella di Fermi-Dirac. Particelle ed Interazioni fondamentali Fermione. Particella a spin semintero, che obbedisce alla statistica di Fermi-Dirac, cioè due fermioni con gli stessi numeri quantici non possono coesistere in uno

Dettagli

Hands-on : Riconoscimento di eventi con bosoni W, Z e H nell esperimento CMS. Mario Pelliccioni

Hands-on : Riconoscimento di eventi con bosoni W, Z e H nell esperimento CMS. Mario Pelliccioni Hands-on : Riconoscimento di eventi con bosoni W, Z e H nell esperimento CMS Mario Pelliccioni Bosoni W e Z Mediatori dell interazione debole, responsabile ad esempio del decadimento del neutrone. Interazione

Dettagli

Acceleratori e Rivelatori di Particelle Elementari

Acceleratori e Rivelatori di Particelle Elementari Acceleratori e Rivelatori di Particelle Elementari Massimiliano Fiorini!! Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra! Università degli Studi di Ferrara! e-mail: Massimiliano.Fiorini@cern.ch! International

Dettagli

Introduzione a CMS. Visita al CERN 10 Aprile Federico De Guio Università degli Studi di Milano Bicocca ed INFN. 10/04/2010 F.

Introduzione a CMS. Visita al CERN 10 Aprile Federico De Guio Università degli Studi di Milano Bicocca ed INFN. 10/04/2010 F. Introduzione a CMS Visita al CERN 10 Aprile 2010 Federico De Guio Università degli Studi di Milano Bicocca ed INFN 1 Outline CMS: generalità e caratteristiche sottorivelatori e campo magnetico selezionare

Dettagli

Studio della X(3872) all'esperimento CMS

Studio della X(3872) all'esperimento CMS Studio della X(3872) all'esperimento CMS Speaker: Alberto Vesentini Università di Pisa, INFN sezione Pisa, CMS (X3872 group) 28 settembre 2011 Conferenza SIF- L Aquila La particella X(3872): motivazioni

Dettagli

Ricerca, osservazione e misure del bosone di Higgs

Ricerca, osservazione e misure del bosone di Higgs Ricerca, osservazione e misure del bosone di Higgs Campo scalare di Higgs = ( 2 G F ) -1/2 Masse: parametri liberi Dalla espansione di V(ϕ) attorno al minimo, si vede che m H =(λ/2) 1/2 V = 2 1/2 µ µ (o

Dettagli

Calibrazione dei cristalli del prototipo del calorimetro di Gamma400 con fasci di ioni

Calibrazione dei cristalli del prototipo del calorimetro di Gamma400 con fasci di ioni Calibrazione dei cristalli del prototipo del calorimetro di Gamma400 con fasci di ioni Miriam Olmi 30 Aprile 2013 Raggi cosmici Il flusso si attenua di oltre 30 ordini di grandezza al variare dell'energia

Dettagli

Ricerca, osservazione e misure del bosone di Higgs

Ricerca, osservazione e misure del bosone di Higgs Ricerca, osservazione e misure del bosone di Higgs Campo scalare di Higgs = ( 2 G F ) -1/2 Masse: parametri liberi Dalla espansione di V(ϕ) attorno al minimo, si vede che m H =(λ/2) 1/2 V = 2 1/2 µ µ (o

Dettagli

L esperimento LHCb al CERN

L esperimento LHCb al CERN L esperimento LHCb al CERN W. Baldini Ferrara Student Meeting, 16 Ottobre 2009 Il CERN Il CERN (Conseil Européenne pur la Recherche Nucleaire ) e un centro di ricerca internazionale fondato nel 1954 a

Dettagli

Relazione Sull Attività Svolta Durante il Primo Anno di Dottorato di Ricerca in Fisica (XIX Ciclo)

Relazione Sull Attività Svolta Durante il Primo Anno di Dottorato di Ricerca in Fisica (XIX Ciclo) Relazione Sull Attività Svolta Durante il Primo Anno di Dottorato di Ricerca in Fisica (XIX Ciclo) Dottorando Gianluca Cerminara Supervisore Dott. Ernesto Migliore 1 Piano di studi Corsi inseriti nel piano

Dettagli

International Masterclasses 2017 Il Bosone Z. Prof. Camilla Di Donato Dott. Paolo Massarotti

International Masterclasses 2017 Il Bosone Z. Prof. Camilla Di Donato Dott. Paolo Massarotti International Masterclasses 2017 Il Bosone Z Prof. Camilla Di Donato Dott. Paolo Massarotti Non perdiamo tempo Ci aspetta un viaggio alla scoperta degli elementi più piccoli che costituiscono la materia!

Dettagli

Calorimetri. Stage Residenziale 2012

Calorimetri. Stage Residenziale 2012 Calorimetri Stage Residenziale 2012 Indice Principi di funzionamento Tipi di calorimetri Esempi di calorimetri elettromagnetici KLOE ATLAS CMS Principi di base Trasformano l energia della particella in

Dettagli

HIGGS A BASSA MASSA. Produzione associata HW e HZ al Tevatron e risultati aspettati a LHC

HIGGS A BASSA MASSA. Produzione associata HW e HZ al Tevatron e risultati aspettati a LHC Anno accademico 2008/2009 Elisa Rojatti Tutor : Prof. Stefano Giagu Corso di FNSNII Docente : Prof. Carlo Dionisi 1 RICERCA DEL BOSONE DI HIGGS A BASSA MASSA Produzione associata HW e HZ al Tevatron e

Dettagli

ITS ALICE. Confronto fra tecnologia attuale e upgrade. Bianca De Martino - Università degli Studi di Torino

ITS ALICE. Confronto fra tecnologia attuale e upgrade. Bianca De Martino - Università degli Studi di Torino ITS ALICE Confronto fra tecnologia attuale e upgrade Bianca De Martino - Università degli Studi di Torino Bianca De Martino - Università degli Studi di Torino 2 Produzione di mesoni D in eventi Pb-Pb Obiettivo:

Dettagli

Fenomenologia del Modello Standard Prof. A. Andreazza. Lezione 13. La scoperta del W

Fenomenologia del Modello Standard Prof. A. Andreazza. Lezione 13. La scoperta del W Fenomenologia del Modello Standard Prof. A. Andreazza Lezione 13 La scoperta del W Premio Nobel 1984 Articolo 12.5, Collaborazione UA1, Experimental observation of isolated large transverse electrons with

Dettagli

Rivelatori di particelle

Rivelatori di particelle Riccardo Paramatti Università Sapienza e INFN Roma Masterclass 2018 Rivelatori di particelle Un evento a un collisore Ad un collisore (es. LHC), un evento è una collisione tra particelle accelerate ad

Dettagli

Programma del corso di Particelle Elementari

Programma del corso di Particelle Elementari Programma del corso di Particelle Elementari 1. Le interazioni fondamentali 1.1 Costituenti elementari 1.2 Quark e colore 1.3 Il colore come carica dell interazione nucleare 1.4 Unità naturali 1.5 Interazione

Dettagli

G.V. Margagliotti. Appunti di Introduzione alla Fisica Nucleare e Subnucleare a.a. 2017/18

G.V. Margagliotti. Appunti di Introduzione alla Fisica Nucleare e Subnucleare a.a. 2017/18 G.V. Margagliotti Appunti di Introduzione alla Fisica Nucleare e Subnucleare a.a. 2017/18 2017 Indice 1 Preambolo 11 1.1 I costituenti fondamentali della materia............ 12 1.2 Elementarietà...........................

Dettagli

Algoritmi di trigger ad alto livello per l'identificazione di jet con b con il rivelatore CMS a LHC

Algoritmi di trigger ad alto livello per l'identificazione di jet con b con il rivelatore CMS a LHC Algoritmi di trigger ad alto livello per l'identificazione di jet con b con il rivelatore CMS a LHC Riccardo Ranieri Collaborazione CMS INFN and Università di Firenze LXXXVIII Congresso Nazionale Società

Dettagli

Hands-on : Riconoscimento di eventi con bosoni carichi e neutri nell esperimento CMS. Roberto Covarelli

Hands-on : Riconoscimento di eventi con bosoni carichi e neutri nell esperimento CMS. Roberto Covarelli Hands-on : Riconoscimento di eventi con bosoni carichi e neutri nell esperimento CMS Roberto Covarelli Bosoni W e Z Mediatori dell interazione debole, responsabile ad esempio del decadimento del neutrone.

Dettagli

Verso il top: B-tagging

Verso il top: B-tagging B-tagging e top 1 Verso il top: B-tagging 2 Sapori pesanti 3 Sapori pesanti Finora abbiamo parlato di partoni in generale (g, q) ma ci sono sostanziali differenti tra i quark piu leggeri (u,d,s) e quelli

Dettagli

Calorimetri in Fisica delle Alte Energie

Calorimetri in Fisica delle Alte Energie Calorimetri in Fisica delle Alte Energie Definizione di calorimetro: Blocco di materia con uno spessore sufficiente affinche le particelle interagiscano e rilascino tutta la loro energia dentro il suo

Dettagli

Chiara Mariotti INFN-Torino settembre 2014, CERN

Chiara Mariotti INFN-Torino settembre 2014, CERN Chiara Mariotti INFN-Torino 1 8-10 settembre 2014, CERN Le Particelle Elementari Negli ultimi 50 anni si è scoperto che l universo è costituito da particelle elementari (puntiformi). Combinate tra loro

Dettagli

Introduzione agli acceleratori Parte III: Emissione di sincrotrone

Introduzione agli acceleratori Parte III: Emissione di sincrotrone Introduzione agli acceleratori Parte III: Emissione di sincrotrone Gabriele Chiodini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Lecce Corso di Laurea Magistrale in Fisica dell Università del Salento

Dettagli

Le particelle elementari e la fisica di frontiera a LHC

Le particelle elementari e la fisica di frontiera a LHC Le particelle elementari e la fisica di frontiera a LHC Valentina Zaccolo 26/03/19 e INFN Trieste Valentina Zaccolo Particelle e LHC Università 1 Dal mondo visibile... Dal macro al micro 26/03/19 Valentina

Dettagli

Introduzione alla Fisica di EEE plus

Introduzione alla Fisica di EEE plus Introduzione alla Fisica di EEE plus Emanuele Biolcati Liceo Classico Massimo D Azeglio 28 settembre 2018 Emanuele Biolcati 1 Poniamoci alcune domande 1 Raggi cosmici Cosa sono? Perché si studiano? Come

Dettagli

Rivelatori di Particelle. Danilo Domenici

Rivelatori di Particelle. Danilo Domenici Rivelatori di Particelle Danilo Domenici mappa concettuale cadimento nucleare rivelare adiazione cosmica particella radiazione rivelatore di particelle tracciare terazioni in n collisore identifica m

Dettagli

L'esperimento ATLAS a LHC: risultati e prospettive. Domizia Orestano Universita' Roma Tre e INFN SIF 23/9/2013

L'esperimento ATLAS a LHC: risultati e prospettive. Domizia Orestano Universita' Roma Tre e INFN SIF 23/9/2013 L'esperimento ATLAS a LHC: risultati e prospettive Universita' Roma Tre e INFN 1 Sommario Una selezione dei risultati piu` salienti dell'ultimo anno dall'esperimento ATLAS all'lhc del CERN Test sempre

Dettagli

Perché LHC? Breve viaggio nella fisica delle particelle. Paolo Gambino Università di Torino. Prali 24/4/2010 1

Perché LHC? Breve viaggio nella fisica delle particelle. Paolo Gambino Università di Torino. Prali 24/4/2010 1 Perché LHC? Breve viaggio nella fisica delle particelle Paolo Gambino Università di Torino Prali 24/4/2010 1 Alla ricerca della semplicità LHC è una straordinaria avventura: una sfida tecnologica senza

Dettagli

Acceleratori e rivelatori di particelle

Acceleratori e rivelatori di particelle Hands on Physics Acceleratori e rivelatori di particelle dott. Massimo Della Pietra Napoli, 6 Marzo 2006 Introduzione Quali sono gli strumenti di lavoro di un fisico che studia le particelle elementari?

Dettagli

Lezione 23 LHCb Introduzione

Lezione 23 LHCb Introduzione LHCb Introduzione Motivazione fisica: Studiare la fisica del B con particolare riguardo alla violazione di CP ed alla determinazione degli elementi della matrice CKM. Perché ad LHC? Paragonato ad altri

Dettagli

Introduzione all esperimento LHCb e all analisi dei dati. Lucio Anderlini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Firenze

Introduzione all esperimento LHCb e all analisi dei dati. Lucio Anderlini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Firenze Introduzione all esperimento LHCb e all analisi dei dati. Lucio Anderlini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Firenze 8 febbraio 2017 Modena 1 Predizione dell antimateria Meccanica Relativistica Erwin

Dettagli

Le particelle elementari e l acceleratore LHC al CERN di Ginevra

Le particelle elementari e l acceleratore LHC al CERN di Ginevra Le particelle elementari e l acceleratore LHC al CERN di Ginevra Andrea Bizzeti Università di Modena e Reggio Emilia e Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Sezione di Firenze andrea.bizzeti@fi.infn.it

Dettagli

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica. Tesi di Laurea Magistrale in Fisica

Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica. Tesi di Laurea Magistrale in Fisica Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica Tesi di Laurea Magistrale in Fisica Misura dell asimmetria di carica dell elettrone in eventi W+jet in collisioni protone-protone

Dettagli

LHCb. - Barbara Sciascia (INFN/LNF) - MasterClass (LNF) - 16 marzo

LHCb. - Barbara Sciascia (INFN/LNF) - MasterClass (LNF) - 16 marzo LHCb [Thanks to F. Alessio, A. Carbone, R. Forty, J. Rademacker for some material] - Barbara Sciascia (INFN/LNF) - MasterClass (LNF) - 16 marzo 2017-1 LHC @ CERN Alpes Lac Léman Genève ATLAS Jura +LHCf

Dettagli

PRODUZIONE DI COPPIE WW E RICERCA DEL BOSONE DI HIGGS. Daria Santone TUTOR: Dr. Marco Rescigno

PRODUZIONE DI COPPIE WW E RICERCA DEL BOSONE DI HIGGS. Daria Santone TUTOR: Dr. Marco Rescigno PRODUZIONE DI COPPIE WW E RICERCA DEL BOSONE DI HIGGS Daria Santone TUTOR: Dr. Marco Rescigno IL BOSONE DI HIGGS Teorizzata da Peter Higgs nel 1964. Il bosone di Higgs è la particella fondamentale prevista

Dettagli

Dalle camere a nebbia ai display digitali: immagini nella fisica delle particelle

Dalle camere a nebbia ai display digitali: immagini nella fisica delle particelle Dalle camere a nebbia ai display digitali: immagini nella fisica delle particelle Cosa è la fisica delle particelle La rivelazione delle particelle attraverso le collisioni Metodi di visualizzazione usati

Dettagli

Itinerario del viaggio

Itinerario del viaggio Itinerario del viaggio Massimo Passera Treviso - 01/02/2013 1 Massimo Passera Treviso - 01/02/2013 2 Le 4 interazioni fondamentali! Elettromagnetiche! Deboli! Forti! Gravitazionali Interazione elettromagnetica

Dettagli

Il Modello Standard delle particelle

Il Modello Standard delle particelle Il Modello Standard delle particelle Vittorio Del Duca INFN LNF Stages Estivi 12 giugno 2012 Elementi La materia è fatta di elementi con definite proprietà chimiche Atomi Ciascun elemento ha come mattone

Dettagli

Verso la misura della massa del bosone W con l esperimento CMS

Verso la misura della massa del bosone W con l esperimento CMS Verso la misura della massa del bosone W con l esperimento CMS Marco Cipriani Sapienza Università di Roma e INFN Roma1 per conto della collaborazione CMS IFAE 2018 Milano, 4 Aprile 2018 1 Perché misurare

Dettagli

CMS Masterclass 2017

CMS Masterclass 2017 CMS Masterclass 2017 ! Oggi sarete ricercatori Nelle MasterClass, vengono messi a disposizione degli studenti: i dati realmente raccolti dall esperimento CMS Alcuni degli strumenti per analizzarli realmente

Dettagli

Fisica delle particelle oggi Il Modello Standard and Beyond

Fisica delle particelle oggi Il Modello Standard and Beyond NewDark Fisica delle particelle oggi Il Modello Standard and Beyond - Bosone di Higgs - SuperSimmetria - Astroparticle & Materia Oscura Marco CIRELLI [CNRS LPTHE Jussieu] Mini-intro: - livello variabile

Dettagli

Accoppiamento con fermioni e bosoni di gauge Rapporti di decadimento Ricerca dell Higgs a LHC

Accoppiamento con fermioni e bosoni di gauge Rapporti di decadimento Ricerca dell Higgs a LHC Accoppiamento con fermioni e bosoni di gauge Rapporti di decadimento Ricerca dell Higgs al Lep Ricerca dell Higgs a LHC 0 Accoppiamento dell Higgs con W e Z Lagrangiana elettrodebole invariante per trasformazione

Dettagli

F. Tartarelli (INFN-Milano)

F. Tartarelli (INFN-Milano) F. Tartarelli (INFN-Milano) Masterclass 2018 Milano, 12/03/2018 Benvenuti alle International Masterclasses Hands on particle physics 14 th Masterclasses 2018 5 a edizione Milano (INFN+UNIMI) 12/03/2018

Dettagli

Fisica adronica e funzioni di struttrura. Luciano Pappalardo

Fisica adronica e funzioni di struttrura. Luciano Pappalardo Fisica adronica e funzioni di struttrura Luciano Pappalardo Incontro studenti - Ferrara 14-16 Ottobre 009 Di cosa è fatta la materia? Il Modello Standard delle particelle e delle interazioni elementari

Dettagli

International Masterclasses 2019

International Masterclasses 2019 International Masterclasses 2019 Bologna, 25 e 26 febbraio 2019 http://www.bo.infn.it/masterclass/2019/index.html Masterclass Siamo alla XV edizione (a Bologna alla IX) L Iniziativa fa parte delle Masterclass

Dettagli

Ricerca del bosone di Higgs del MS al Lep II

Ricerca del bosone di Higgs del MS al Lep II Ricerca del bosone di Higgs del MS al Lep II di Cristiana Reggente Prof. Carlo Dionisi Ricerca del bosone di Higgs Processi di produzione Canali di decadimento Topologie Processi di fondo Sopressione del

Dettagli

Scoperta dei bosoni intermedi

Scoperta dei bosoni intermedi Scoperta dei bosoni intermedi (Dionisi) 10/13/2009 25 LEP LEP ha lavorato allo Z dal 1989 al 1995, raccogliendo oltre 15 milioni di eventi tra 88 e 94 GeV su quattro esperimenti, ALEPH, DELPHI, L3 e OPAL.

Dettagli

Ricerca del Bosone di Higgs

Ricerca del Bosone di Higgs Ricerca del Bosone di iggs Fenomenologia delle nterazioni Forti Diego Bettoni Anno Accademico 008-09 Produzione e Rivelazione del Bosone di iggs La teoria elettrodebole dipende in modo cruciale dal meccanismo

Dettagli

L'origine della massa e il bosone di Higgs. Massimo Casarsa Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Trieste

L'origine della massa e il bosone di Higgs. Massimo Casarsa Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Trieste L'origine della massa e il bosone di Higgs Massimo Casarsa Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Sezione di Trieste Trieste Next 28 29 30 settembre 2012 Scaletta ➊ Parte I: breve introduzione sul Modello

Dettagli

Misura del momento di dipolo elettrico del τ con l'esperimento BaBar

Misura del momento di dipolo elettrico del τ con l'esperimento BaBar 19/09/2012 Misura del momento di dipolo elettrico del τ con l'esperimento BaBar Roma Tre & INFN Lab. Nazionali di Frascati Babar Collaboration Outline Il momento di dipolo dei leptoni Metodo di misura

Dettagli

Quattro Luglio Questa data

Quattro Luglio Questa data La scoperta del bosone di Higgs Aleandro Nisati Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - sezione Roma 1 Quattro Luglio 2012. Questa data segna una tappa fondamentale nella comprensione della natura del

Dettagli

I mestieri del fisico I fisici e le particelle

I mestieri del fisico I fisici e le particelle I mestieri del fisico I fisici e le particelle Un iniziativa dell Alma Mater Studiorum roberto spighi, INFN Bologna, 18/5/2012 1 Indice Passi necessari per diventare un fisico delle particelle Perchè farlo?

Dettagli

Programma del corso di FNSN II AA 2012-2013 ( 9 Crediti)

Programma del corso di FNSN II AA 2012-2013 ( 9 Crediti) Programma del corso di FNSN II AA 2012-2013 ( 9 Crediti) - Modello a Quark Statico (tutto il capitolo I App. Dionisi ) - Scattering Elastico e anelastico e-nucleoni 1) fattori di forma dei nuclei; 2) fattori

Dettagli

Esempi di misure temporali

Esempi di misure temporali Fisica delle particelle Esempi di misure temporali Matteo Borghesi Ma cosa si intende per evento? Il pile-up Quando in un evento la quantità di informazioni è così elevata da impedire di estrarre correttamente

Dettagli

Corso avanzato di fisica del Modello Standard e di nuova fisica alla scala elettrodebole

Corso avanzato di fisica del Modello Standard e di nuova fisica alla scala elettrodebole Corso avanzato di fisica del Modello Standard e di nuova fisica alla scala elettrodebole Lezione #4 Ricerca del bosone di Higgs a LHC Ricerca dell'higgs a LHC E CM = 7 TeV L max = 3.59 10 32 cm -2 sec

Dettagli

Particelle Elementari e Forze Fondamentali. Enrico Robutti

Particelle Elementari e Forze Fondamentali. Enrico Robutti Particelle Elementari e Forze Fondamentali Enrico Robutti Le interazioni fondamentali E. Robutti Particelle Elementari e Forze Fondamentali 2 Forze fondamentali e unificazione Le interazioni fondamentali

Dettagli

Università degli Studi di Torino Dipartimento di Fisica. Tesi di Laurea

Università degli Studi di Torino Dipartimento di Fisica. Tesi di Laurea Università degli Studi di orino Dipartimento di Fisica esi di Laurea Analisi di spettri di deutoni: studio della contaminazione dovuta a deutoni prodotti in processi secondari in collisioni Pb- Pb a 5eV

Dettagli

Le Tesi in Fisica Teorica per la Laurea Magistrale in Fisica

Le Tesi in Fisica Teorica per la Laurea Magistrale in Fisica Le Tesi in Fisica Teorica per la Laurea Magistrale in Fisica Facoltá di Scienze M.F.N. 24 Gennaio 2010 La tesi nel curriculum di Fisica Teorica La tesi è l attività più significativa della laurea magistrale

Dettagli

di Higgs a LHC b-tagging per la ricerca Scuola Normale Superiore e INFN, Pisa Incontri sulla Fisica delle Alte Energie Andrea Bocci

di Higgs a LHC b-tagging per la ricerca Scuola Normale Superiore e INFN, Pisa Incontri sulla Fisica delle Alte Energie Andrea Bocci b-tagging per la ricerca di Higgs a LHC Incontri sulla Fisica delle Alte Energie Pavia Scuola Normale Superiore e INFN, Pisa Sommario - b-tagging per la ricerca del bosone di Higgs - Caratteristiche degli

Dettagli

Adroni e quarks. MeV e 135 MeV rispettivamente e I =1,-1,0

Adroni e quarks. MeV e 135 MeV rispettivamente e I =1,-1,0 Adroni e quarks L'interazione forte non distingue tra neutrone e protone, essi sono quasi degeneri in massa (938.3 939.6 MeV) Heisenberg ipotizzo' che neutrone e protone fossero due stati delle stessa

Dettagli

La fisica delle particelle

La fisica delle particelle .. La fisica delle particelle Luisa Alunni Solestizi Luisa Alunni Solestizi 20/03/2014 1 / 16 Particelle ad alta energia La Fisica delle Particelle studia i costituenti fondamentali della materia e le

Dettagli

Ricerca osservazione e misure del bosone di Higgs

Ricerca osservazione e misure del bosone di Higgs Ricerca osservazione e misure del bosone di Higgs m =(l/2)1/2 H v Proprieta' l self-coupling, v valore di aspettazione sul vuoto, v = ( 2 G ) F Accoppiamenti: -1/2 decadimenti decadimenti Tree level 1

Dettagli

Misura del rapporto delle sezioni d'urto di produzione degli stati χ c2 e χ c1 del charmonio in collisioni protone-protone a 7TeV a CMS

Misura del rapporto delle sezioni d'urto di produzione degli stati χ c2 e χ c1 del charmonio in collisioni protone-protone a 7TeV a CMS Misura del rapporto delle sezioni d'urto di produzione degli stati χ c2 e χ c1 del charmonio in collisioni protone-protone a 7TeV a CMS Emanuele Usai Conferenza annuale della SIF - L'Aquila 28/09/2011

Dettagli

1. + p! n p! + + K. 3. p + p! K e + + e! ! µ + e + 2. K +! 0 + e + + e. 3. p! n + e + e + 4.!

1. + p! n p! + + K. 3. p + p! K e + + e! ! µ + e + 2. K +! 0 + e + + e. 3. p! n + e + e + 4.! Nome e Cognome: Docente: II Bonus per lo scritto del corso di Fisica Nucleare e Subnucleare I ( A.A. 2011-2012 ) 6 giugno 2012 Problema 1 Un fascio, contenente elettroni e protoni di impulso 1.8 GeV, attraversa

Dettagli

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA. Allegato D) al Verbale n. 3 GIUDIZI ANALITICI

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA. Allegato D) al Verbale n. 3 GIUDIZI ANALITICI UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Procedura selettiva 2017RUA04 Allegato 1 per l assunzione di n. 1 posto di ricercatore a tempo determinato presso il Dipartimento di Fisica e astronomìa Galileo Galilei"

Dettagli

Abbiamo scoperto il bosone di Higgs. Scienza Estate giugno 2013

Abbiamo scoperto il bosone di Higgs. Scienza Estate giugno 2013 Abbiamo scoperto il bosone di Higgs Scienza Estate 10-11 giugno 2013 La materia è fatta di atomi Elettroni, in orbite ben definite N. Bohr, Premio Nobel 1922 Un nucleo, formato da protoni e neutroni Dall

Dettagli

Teoria delle interazioni fondamentali Ricerca e Didattica a Pavia

Teoria delle interazioni fondamentali Ricerca e Didattica a Pavia Teoria delle interazioni fondamentali Ricerca e Didattica a Pavia Oreste Nicrosini Istituto Nazionale Fisica Nucleare, Sezione di Pavia & Dipartimento Fisica Nucleare e Teorica, Università degli Studi

Dettagli

Rivelazione di particelle. Incontro con gli studenti di Ingegneria Energetica

Rivelazione di particelle. Incontro con gli studenti di Ingegneria Energetica Rivelazione di particelle Incontro con gli studenti di Ingegneria Energetica roberto spighi, Bologna 22 maggio 2012 1 Indice Stato attuale sulla conoscenza delle particelle Questioni aperte Rivelazione

Dettagli

Il Modello Standard delle particelle. Vittorio Del Duca INFN LNF

Il Modello Standard delle particelle. Vittorio Del Duca INFN LNF Il Modello Standard delle particelle Vittorio Del Duca INFN LNF Master Classes 17 marzo 2015 Elementi La materia è fatta di elementi con definite proprietà chimiche Atomi Ciascun elemento ha come mattone

Dettagli

Summer Student al CERN

Summer Student al CERN Summer Student al CERN Fabrizio Palla INFN Pisa Sommario Il CERN e la fisica delle particelle Il programma di summer students per il 2003 I campi di interesse Cos e il CERN Fondato nel 1954, il CERN e

Dettagli

Studio di tecniche di accesso ai dati dell esperimento CMS a LHC: il caso dell axigluone

Studio di tecniche di accesso ai dati dell esperimento CMS a LHC: il caso dell axigluone Studio di tecniche di accesso ai dati dell esperimento CMS a LHC: il caso dell axigluone Relatore: Prof. Luciano M. Barone Candidato: Giovanni Carta 1 Il Large Hadron Collider collisore pp, anello lungo

Dettagli

Concezio Bozzi INFN Ferrara 5 dicembre 2012

Concezio Bozzi INFN Ferrara 5 dicembre 2012 Concezio Bozzi INFN Ferrara 5 dicembre 2012 Il modello standard 12 particelle elementari, 6 leptoni e 6 quark, raggruppate in 3 famiglie, di massa crescente Forze tra particelle di materia trasmesse da

Dettagli

Introduzione all esperimento LHCb e all analisi dei dati. Lucio Anderlini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Firenze

Introduzione all esperimento LHCb e all analisi dei dati. Lucio Anderlini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Firenze Introduzione all esperimento LHCb e all analisi dei dati. Lucio Anderlini Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Firenze 8 febbraio 2017 Modena 1 Predizione dell antimateria Meccanica Relativistica Erwin

Dettagli

Studio della velocità di deriva nelle camere a muoni dell esperimento CMS al CERN con i primi dati di collisioni protone-protone

Studio della velocità di deriva nelle camere a muoni dell esperimento CMS al CERN con i primi dati di collisioni protone-protone Università degli Studi di Torino Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica Studio della velocità di deriva nelle camere a muoni dell esperimento CMS al CERN con i primi

Dettagli

Corso di Laurea in Fisica

Corso di Laurea in Fisica Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali Dipartimento di Fisica Corso di Laurea in Fisica Laurea Magistrale Calibrazione del Calorimetro Elettromagnetico dell esperimento CMS ad LHC Relatore:

Dettagli

TRACCIAMENTO DI RAGGI COSMICI

TRACCIAMENTO DI RAGGI COSMICI Laboratorio di Fisica delle Interazioni Fondamentali Università di Pisa TRACCIAMENTO DI RAGGI COSMICI Introduzione L esperienza consiste nella misura dell intensità e delle distribuzioni angolari dei raggi

Dettagli

Il bosone di Higgs: che cosa è? Come funziona? E a che cosa serve? Stefano Sandrelli INAF Osservatorio Astronomico di Brera

Il bosone di Higgs: che cosa è? Come funziona? E a che cosa serve? Stefano Sandrelli INAF Osservatorio Astronomico di Brera Il bosone di Higgs: che cosa è? Come funziona? E a che cosa serve? Stefano Sandrelli INAF Osservatorio Astronomico di Brera Riassunto: che cosa è la luce? Onda o par5cella? Il fotone. Natura ondulatoria

Dettagli

CAPITOLO 1. LHC e l esperimento ATLAS. Gli obiettivi fisici

CAPITOLO 1. LHC e l esperimento ATLAS. Gli obiettivi fisici CAPITOLO 1 LHC e l esperimento ATLAS Questo capitolo illustra le caratteristiche generali dell acceleratore di particelle LHC e di uno dei quattro grandi esperimenti che vi verranno realizzati: l esperimento

Dettagli

I rivelatori di particelle, ovvero come vedere senza vedere

I rivelatori di particelle, ovvero come vedere senza vedere I rivelatori di particelle, ovvero come vedere senza vedere Che cosa avviene in un urto fra particelle Cosa ci interessa osservare Come riusciamo a osservare le particelle Problematiche di un moderno esperimento

Dettagli

Funzionamento di un rivelatore a LEP

Funzionamento di un rivelatore a LEP Funzionamento di un rivelatore a LEP ν µ ± non in scala γ π ± e ± π γ e + SMD e TEC - Calo e.m. Calo hadr. µ ± Magnete µ + ν e non rivelata Estratto da presentazioni di Paolo Bagnaia - Roma I/Marisa Valdata

Dettagli