AGENZIA DELLA CGIL VENETO

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1 AGENZIA DELLA CGIL VENETO fondata da Marco Masi Agenzia della CGIL del Veneto Anno XVII n. 4 del 27 febbraio 2008 Dir. resp. Simonetta Pento Aut. Trib. di VE n del Redazione via Peschiera Mestre VE veneto.lavoro@veneto.cgil.it - Stampa CPSS Mestre Venezia PIÙ VALORE A SALARI E PENSIONI PREZZI E TARIFFE SOTTO CONTROLLO Nei luoghi di lavoro, nelle piazze e nei mercati iniziative a sostegno della piattaforma di CGIL CISL UIL per: recuperare il potere d'acquisto perduto da lavoratori dipendenti e pensionati introdurre misure di controllo e contenimento di prezzi e tariffe PER VALORIZZARE IL LAVORO E FAR CRESCERE IL PAESE La locomotiva italiana viaggia più lenta di tutta Europa, mentre i redditi dei lavoratori dipendenti restano al palo, registrando un decremento in termini di potere d'acquisto in atto ormai da 10 anni. I rinnovi dei contratti non hanno comportato una crescita reale delle retribuzioni, decurtate nel valore reale da più fattori, tra cui hanno indubbiamente pesato un' inflazione programmata più bassa di quella effettiva, i ritardi nei rinnovi contrattuali, la mancata restituzione del fiscal drag, la scarsa redistribuzione e la bassa crescita della produttività. Questo svantaggio, accumulatosi nel lungo periodo, ha prodotto una situazione insostenibile per una quota sempre crescente di famiglie italiane, inducendo un duplice fenomeno sul piano sociale. Se, infatti, da un lato si è prodotto uno sbilanciamento all'interno delle classi medie di reddito con una ridistribuzione verso il lavoro autonomo di quote di ricchezza sottratte al lavoro dipendente, d'altro canto è aumentato in modo esponenziale il numero di workingpoor, ossia persone che vivono al di sotto della soglia di povertà nonostante abbiano un lavoro, con un effetto di trascinamento verso le classi più giovani del rischio di indigenza, rovesciando la situazione in essere fino a pochi anni fa che concentrava il problema della povertà tra la popolazione più anziana. Raddrizzare questa distorsione è necessario, pena l' approfondirsi, alla lunga, di una situazione socialmente insostenibile che indurrebbe un indebolimento complessivo del nostro sistema. Per questo ha una forte rilevanza il contrasto alla precarizzazione del lavoro che la Cgil continuerà a perseguire con la propria iniziativa. Ma resta altrettanto importante operare una politica dei redditi (agendo anche sulla leva fiscale) nel segno dell'equità, oltre che affrontare una rivisitazione del sistema contrattuale per restituire ai salari e alle pensioni italiani quel valore che, unici in Europa, hanno perduto. La piattaforma "Per valorizzare il lavoro e far crescere il Paese", I lavoratori dipendenti e i pensionati, quelli che sostengono il maggior peso fiscale nel paese, hanno subìto - a differenza dei lavoratori autonomi - una pesante perdita di potere d'acquisto, tale da indurre Cgil Cisl Uil a sollevare una "questione salariale". Le richieste, su cui stava per partire un confronto subito interrotto dalla crisi politica, restano per CGIL CISL UIL un punto fermo. Il sindacato pone tale questione come prioritaria, chiede l'aumento immediato delle detrazioni fiscali per il lavoro dipendente e le pensioni e chiede che i punti posti nella piattaforma siano il primo impegno del prossimo Governo. Questi, oltre alle maggiori detrazioni fiscali, riguardano: una manovra sull'irpef che renda strutturale l' alleggerimento del prelievo sui redditi da lavoro, la riduzione fiscale sugli aumenti contrattuali, la redistribuzione della produttività ai salari, la riduzione dei prezzi sui prodotti più "sensibili", tariffe e affitti meno cari, continuità della lotta all'evasione fiscale, armonizzazione europea della tassazione sulle rendite finanziarie, attenzione ai tributi locali. Il sindacato chiede alle forze politiche di mettere questi temi al centro della campagna elettorale, come ha ricordato il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, all' assemblea nazionale dei quadri e delegati sindacali svoltasi a Roma il16 febbraio. "Mi aspetto dalle forze politiche - ha detto - impegni specifici sul tema della redistribuzione fiscale ai lavoratori dipendenti. Si tratta di uno dei temi più sentiti perché con le attuali retribuzioni la famiglia media non riesce ad andare avanti". Il Segretario della Cgil ha inoltre insistito sul capitolo relativo al controllo di prezzi e tariffe. "Una delle ragioni per cui la crisi di governo è arrivata nel momento sbagliato - ha aggiunto - è proprio perché stava per iniziare un confronto su prezzi e tariffe". Sulla polemica relativa al tesoretto, Epifani ha tagliato corto: "Se c'è o non c'è chiedetelo a chi non ha una posizione chiara. Io penso che qualche risorsa ci sia e che bisogna spenderla subito sui versanti della redistribuzione del fisco alle famiglie e dei prezzi". lanciata il 24 novembre a Milano da Cgil Cisl Uil ha, in questo senso, carattere di emergenza e richiede una corsia prioritaria nell'agenda politica. Essa pone la necessità di riavviare il circolo virtuoso dell' aumento della produttività e dell'equità in un contesto in cui lotta all'evasione fiscale e risanamento dei conti pubblici rappresentano una sorta di sponda etico - politica a garanzia di un buon livello di welfare, senza il quale scadrebbe la qualità di vita complessiva. Occorrono politiche di sostegno della produttività generale (investimenti in innovazione e ricerca, infrastrutture materiali e immateriali, ecc.) e politiche contrattuali che ridistribuiscano verso il lavoro la maggiore produttività realizzata. Anche perché il rilancio del sistema Italia non può prescindere dalla crescita della domanda interna, oggi compressa dalla bassa dinamica retributiva. L'intervento sul fisco può essere avviato fin da ora (intervenendo come prima misura sulle detrazioni per il lavoro dipendente) grazie alle maggiori risorse rese disponibili dalla lotta all'evasione che il balletto delle cifre cui abbiamo di recente assistito non può cancellare. Sarebbe un segnale positivo per quei milioni di lavoratori e pensionati che, pagando regolarmente le tasse, sostengono il paese e sono portatori, oggi più che mai, di una domanda di equità, oltre che di legalità. Nelle pagine che seguono riportiamo alcune valutazioni dei maggiori Istituti che hanno indagato su prezzi e retribuzioni. Tutti, senza eccezione, concordano nell'evidenziare l'esistenza di una "questione salariale", ormai ineludibile. Abbiamo inoltre predisposto alcuni "quadri" sintetici, descrittivi della situazione, a partire da come i lavoratori italiani si siano visti decurtare in 6 anni una cifra media di euro e come, nello stesso periodo, la corsa dei prezzi abbia inciso sui consumi medi delle famiglie per una maggiore spesa di Euro.

2 2 27 febbraio 2007 LA REDISTRIBUZIONE INIQUA I dati relativi al 2006 dell' indagine sui bilanci familiari della Banca d'italia evidenziano alcune preoccupanti tendenze. La prima è una ricomposizione interna ai redditi delle classi medie, in atto da tempo, che vede crescere i redditi degli indipendenti a fronte di una stasi di quelli dei dipendenti, con un conseguente allargamento delle disparità. In quest'ambito va evidenziata un'ulteriore, particolare sofferenza nelle retribuzioni delle donne e, soprattutto dei giovani, includendo ormai in questa fascia i lavoratori fino a 30 anni. Un secondo fenomeno che emerge con grande evidenza è l'esistenza di un rischio di povertà molto superiore per i giovani rispetto agli anziani, ribaltando la situazione che fino a 30 anni fa concentrava i problemi di povertà tra la popolazione della fascia d'età più elevata. Tra i minorenni, nel 2006, il 19,3 per cento è povero, mentre tra gli ultrasessantacinquenni questa quota scende all'8,6 per cento, mentre il tasso di povertà riferito all'intera popolazione oscilla tra l'11,1% rilevato dall'istat in base ai consumi ed il 13,2% stimato dalla Banca d'italia. Professione capofamiglia La tabella mostra i valori medi del reddito disponibile (in euro correnti) per le famiglie classificate sulla base dell'età e della condizione lavorativa del capofamiglia. Nel complesso in undici anni i redditi di tutte le famiglie italiane sono cresciuti di circa l'8 per cento in termini reali (meno dell'1% all'anno), mentre nel resto d'europa i redditi reali delle famiglie sono cresciuti a tassi superiori. Se questa è la media, il fattore redistributivo accentua le disparità tra lavoratori dipendenti ed autonomi, con una perdita dello 0,5% per i primi ed un incremento del 25,9% per i secondi. redditi disponibili medi delle famiglie per condizione del capofamiglia Var. reale Var. reale Var. reale Operaio ,2% 0,7% -1,6% Impiegato ,1% -1,1% -1,2% Dirigente ,1% 14,9% 9,1% Totale dipendenti ,9% 1,5% -0,5% Imprend, lib profess ,6% 6,2% 0,2% Altro autonomo ,3% 24,2% 41,9% Totale indipendenti ,9% 14,5% 25,9% Pensionato ,7% 4,9% 3,2% Non occupato ,2% 0,0% -35,2% Totale non attivi ,8% 5,4% 2,4% TOTALE GENERALE ,9% 4,7% 7,7% Il capofamiglia è definito come la persona con il più elevato reddito individuale in famiglia; la variazione reale dei redditi è ottenuta deflazionando i redditi nominali con il deflatore dei consumi delle famiglie (pari al 14.7% tra il 1995 e il 2000, e al 16,4% tra il 2000 ed il 2006). E LE FAMIGLIE? MONOGENITORIALI QUELLE PIÙ IN DIFFICOLTÀ Nel 2005, le famiglie residenti in Italia hanno percepito un reddito medio netto (escluso il computo dell'abitazione di proprietà) pari a euro, circa euro al mese. Tuttavia, la maggioranza delle famiglie (61,0%) ha conseguito un reddito inferiore all'importo medio, a causa della distribuzione diseguale dei redditi. Per tener conto di questa asimmetria, l'istat (nel rapporto uscito a fine gennaio 2008 e riferito agli anni 2005 e 2006) ha utilizzato un altro indicatore, il "valore mediano" del reddito che, collocato nel punto intermedio della distribuzione, indica il livello di reddito che divide le famiglie in due metà uguali. In base al valore mediano risulta che il 50% delle famiglie ha percepito nel 2005 meno di euro (circa euro al mese). Il reddito netto familiare dipende soprattutto dal numero dei percettori di reddito e dalla tipologia della fonte principale di entrata. Nel 2005, il reddito mediano delle famiglie con un solo percettore è stato pari a euro, rispetto ai euro delle famiglie con tre o più percettori. Gli anziani soli dispongono di un reddito netto meno elevato: il valore mediano indica che il 50% di queste famiglie ha guadagnato nel 2005 meno di euro (920 euro mensili), mentre le persone sole con meno di 65 anni hanno potuto contare su un reddito più consistente (la mediana è di euro). Le coppie con figli hanno un reddito mediano pari a euro, ma se i figli sono minori il reddito decresce e le coppie con tre o più figli minori nel 50% dei casi hanno guadagnato meno di euro (2.242 euro al mese). Fra le famiglie con figli, quelle in cui è presente un solo genitore presentano redditi ancora più bassi: meno di euro (2.004 euro al mese) che scendono ulteriormente ( euro l'anno, pari a euro mensili) nelle famiglie monogenitore in cui vi è almeno un figlio minore.il reddito netto delle famiglie è prevalentemente legato alle caratteristiche socio-demografiche dei componenti (sesso, età, titolo di studio, condizione professionale) e, in particolare, da quelle del principale percettore di reddito. Il valore cresce all'aumentare dell'età del "capofamiglia" fino a raggiungere un massimo tra i 45 e i 54 anni ed è tanto maggiore quanto più alto è il suo livello di istruzione. Il 50 per cento delle famiglie il cui principale percettore è laureato - situazione cui si associa più spesso un maggior numero di percettori in famiglia (ad esempio: partner entrambi occupati) - guadagna più di euro l'anno (3.187 euro al mese). Nello stesso tempo, la metà delle famiglie in cui l'entrata principale proviene da una persona con basso o nessun titolo di studio ha potuto disporre nel 2005 di un reddito non superiore a euro (1.200 mensili). La distribuzione dei redditi è caratterizzata anche da importanti differenze di genere: le famiglie il cui il principale percettore è una donna presentano un reddito mediano pari a circa due terzi di quello delle altre tipologie familiari.

3 27 febbraio LA PERDITA DEL POTERE D'ACQUISTO DELLE RETRIBUZIONI* DAL 2002 AL 2007 È PARI A EURO ANNO INFLAZIONE RETRIBUZIONI LORDE POTERE D ACQUISTO PERDITA O GUADAGNO EFFETTO FISCAL DRAG % 2,4% -0,4% ,9% 1,8% -1,1% ,7% 2,7% 0,0% ,3% 2,8% +0,5% ,7% 3,3% +0,6% ,9% 2,0% +0,1% intero periodo -0,3% PERDITA COMPLESSIVA Tra il 2002 e il 2007, secondo una stima dell'ires, le retribuzioni hanno subito mediamente una perdita complessiva di euro. Di questi, euro sono dovuti alla diversa dinamica tra inflazione e retribuzioni e 686 euro imputabili alla mancata restituzione del fiscal drag. Ma la perdita di potere d'acquisto dei redditi della famiglie di operai e impiegati si contrappone ad una crescita del potere d'acquisto delle famiglie degli imprenditori e dei liberi professionisti. Secondo l'ultimo rapporto di Bankitalia tra il 2000 ed il 2006 il reddito (in termini reali) delle famiglie italiane e' cresciuto in modo assai differenziato a seconda che il capofamiglia sia un lavoratore dipendente o un lavoratore autonomo: LAVORATORE DIPENDENTE + 0,96% LAVORATORE AUTONOMO +13,86% *Calcolo riferito ad una retribuzione lorda di euro - fonte IRES

4 4 27 febbraio 2007 QUARTA SETTIMANA PROBLEMATICA PER UN SESTO DELLE FAMIGLIE Accanto alla rilevazione dei redditi individuali e familiari, l'indagine su "Reddito e condizioni di vita", (pubblicata in questi giorni) dell' Istat ha raccolto, attraverso interviste, una serie di informazioni relative agli aspetti non monetari delle condizioni di deprivazione delle famiglie, come il ritardo nei pagamenti, l'indebitamento, le difficoltà ad arrivare a fine mese e a sostenere il carico finanziario per le necessità quotidiane. E' stato chiesto agli intervistati se, nei 12 mesi precedenti, è successo (anche soltanto una volta) che la famiglia non avesse i soldi per acquistare cibo, per pagare le spese mediche o per comprare i vestiti di cui aveva bisogno; se la famiglia ha potuto permettersi di riscaldare adeguatamente l'abitazione e se si è trovata, almeno una volta negli ultimi 12 mesi, in arretrato con il pagamento delle utenze (bollette di luce, gas, telefono). Infine si sono poste due domande relative alla percezione soggettiva del disagio economico: se la famiglia ritiene di poter affrontare una spesa necessaria ed imprevista di 600 euro e come arriva alla fine del mese. Alla fine del 2006, il 14,6 per cento delle famiglie ha dichiarato di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese ed il 28,4 per cento di non essere in grado di far fronte ad una spesa imprevista di 600 euro. Nei dodici mesi precedenti l'intervista, in almeno una occasione, il 9,3 per cento delle famiglie si è trovato in arretrato con il pagamento delle bollette e il 10,4 per cento ha dichiarato di non potersi permettere di riscaldare adeguatamente l'abitazione. Sia nel 2005 che nel 2006, la percentuale di famiglie in condizione di disagio residenti nel Sud e nelle Isole risulta di gran lunga superiore alla media nazionale. Nel 2006 è cresciuta, tuttavia, la percentuale di famiglie residenti al Nord che hanno dichiarato di arrivare con difficoltà alla fine Difficoltà nell affrontare quarta settimana spese impreviste del mese (10,7% contro il 9,9% del 2005) e di essere in arretrato con il pagamento delle utenze (5,9% contro il 5,3% del 2005). Sulle condizioni di disagio incide in modo rilevante la disponibilità di risorse economiche, quindi il numero di percettori di reddito presenti in famiglia e le fonti di reddito disponibile: nel 2006 il 18,5% delle famiglie monoreddito dichiara di arrivare con molta difficoltà alla fine del mese. La tipologia familiare che presenta minori segnali di disagio economico è quella delle coppie senza figli, mentre quelle in cui sono presenti tre o più figli, le famiglie composte da monogenitori e quelle di anziani soli risultano relativamente più esposte a situazioni di disagio. La relativa maggiore vulnerabilità di questi nuclei è evidente soprattutto in relazione alle spese impreviste: più di un terzo, infatti, ritiene di non poter affrontare una spesa inattesa di 600 euro. Inoltre, nel 2006, il 24% delle famiglie con tre o più minori si è trovato in arretrato con le bollette almeno una volta nei 12 mesi precedenti l'intervista, il 29,8% ha sperimentato insufficienza di denaro per acquistare vestiti necessari, il 14% per le spese mediche, l'8,5% per quelle alimentari. Infine, il 12,4% segnala di non avere risorse sufficienti per riscaldare adeguatamente l'abitazione. Per le famiglie in cui sono presenti due o più anziani, l'incidenza delle situazioni di disagio risulta generalmente inferiore rispetto alla media nazionale, ad eccezione di quelle che dichiarano difficoltà a sostenere spese mediche, che, nel 2006, rappresentano il 10,6 per cento dei casi. Al confronto, le famiglie in cui è presente un solo anziano si trovano invece più frequentemente costrette ad affrontare problemi economici, soprattutto in relazione alle spese per il riscaldamento (12,3%) e a una spesa imprevista di 600 euro (32,8%). PERCENTUALE DI FAMIGLIE CHE HANNO AVUTO MOTIVI DI DISAGIO NEL 2006 bollette riscaldamento alimentari spese mediche Veneto 11,0% 23,6% 6,9% 6,2% 3,4% 6,1% 12,6% Italia 14,6% 28,4% 9,3% 10,4% 4,2% 10,4% 16,8% abiti IN OGNUNO DI QUESTI SPICCHI C'È UN 20% DELLE FAMIGLIE ITALIANE. LA MASSA COM- PLESSIVA DEI REDDITI DI CUI DISPONGONO È PERÒ DIVERSA. ECCO COM' È LA DISUGUAGLIANZA Le famiglie sono state ordinate dal reddito più basso a quello più alto e poi divise in cinque gruppi (quinti) uguali fra loro per numero di appartenenti. Il primo quinto comprende il 20 per cento delle famiglie con i redditi più bassi, l'ultimo risulta composto dal 20 per cento di famiglie con i redditi più alti. La distribuzione del reddito totale nei quinti fornisce una prima misura sintetica della diseguaglianza. In una situazione ipotetica di perfetta eguaglianza ogni quinto avrebbe una quota di reddito totale pari al 20%. Invece, nella realtà italiana le famiglie con i redditi più bassi (primo quinto) percepiscono soltanto il 7,0% del reddito totale, mentre il quinto più ricco detiene una quota cinque volte maggiore (39,9%).

5 27 febbraio OGGI OLTRE QUATTORDICI MILIONI DI LAVORATORI GUADAGNANO MENO DI EURO AL MESE E DI QUESTI CIRCA LA METÀ NON SUPERA I MILLE EURO Tra gli impiegati "di concetto" solo il 24,3% supera i euro mensili e tra quelli "generici" non più dell' 11,9% guadagna più di mille e trecento euro; il 13,2% sta sotto gli 800 euro, il 15% guadagna meno di mille euro, il 24,9% tra 800 e mille euro. Simili le percentuali per gli operai specializzati MA È TRA I GIOVANI E LE DONNE CHE SI AVVERTONO I MAGGIORI RISCHI DI POVERTÀ La media delle retribuzioni dei giovani è inferiore ai 900 euro al mese; un apprendista con meno di 24 anni ne guadagna 736,85, un collaboratore occasionale arriva a 768,80 euro, un co.co.pro o un co.co.co si deve accontentare di 899 euro. Salario mensile Differenza dal lavoratore dipendente standard Lavoratore dipendente standard Lavoratrice ,9% Lavoratore di piccola impresa ,2% Lavoratore immigrato (extra UE) ,9% Lavoratore giovane (15-24 anni) ,1%

6 6 27 febbraio 2007 IN OTTO ANNI L' INFLAZIONE SI È MANGIATA IL 35% DEL POTERE D'ACQUISTO Dal 2001 al 2005 l' Eurispes ha calcolato una crescita complessiva dell' inflazione del 23,7%. Dopo una fase di stasi, spiega l'istituto, il costo della vita ha ripreso a crescere nel corso del 2006 e 2007 ad una media del 5% e ha registrato tra gli ultimi mesi dell'anno appena trascorso e l'inizio del 2008 una nuova fiammata fino all'8%. In considerazione di questo andamento, secondo l'istituto di ricerca, la perdita media del potere di acquisto si sarebbe ormai attestata intorno al 35%. Moltissime coppie, specie le più giovani, per arrivare a fine mese si fanno aiutare dalle famiglie di origine, mentre si affaccia il preoccupante fenomeno del ricorso ad un secondo lavoro, prevalentemente in nero, per arrotondare il reddito familiare. Se l'inflazione per la maggioranza delle famiglie galoppa ad un passo assai superiore degli CONSUMATORI: CONTROLLARE LE SPECULAZIONI "La denuncia del Centro Studi di Confindustria secondo cui sui prezzi attuali delle materie prime si avranno nel 2008 aumenti delle bollette sia alimentari che energetiche pari allo 0.5% del prodotto interno lordo è un dato preoccupante." Lo affermano Federconsumatori e Adusbef, secondo cui gli ulteriori aggravi dei prodotti di largo consumo si ripercuoteranno pesantemente sui bilanci delle famiglie. Per questo ritengono "urgente" verificare e controllare speculazioni nelle filiere produttive, renderle più efficienti ed efficaci e dotarsi di piani energetici basati su risparmi, fonti alternative e processi di liberalizzazione. Ma occorre anche concertare a livello internazionale per definire le quotazioni delle materie prime al fine di evitare speculazioni sui cambi ed i Governi europei devono anche richiedere che gli enti di controllo della finanza internazionale intervengano per eliminare le speculazioni arrivate oramai a livelli gravissimi sui prezzi delle materie prime (nel caso del petrolio, ad esempio, su 100 dollari di quotazione, 15 sono dovuti alla speculazione internazionale e non all'effettivo prezzo di scambio moneta-prodotto). Intanto le associazioni dei consumatori hanno annunciato una manifestazione per presentare una serie di proposte da sottoporre al prossimo Governo, a partire dalle cose da fare e da non fare. Da non fare assolutamente: l'esperienza dello Scudo fiscale del 2001, grande regalo a speculatori e riciclatori di denaro sporco; mancare nelle verifiche e nei controlli, come durante il passaggio Lira/Euro; decreti come il famigerato "Salvacompagnie" del 2003, a favore delle Assicurazioni e contro i clienti vessati da aumenti delle tariffe del 120%; aumentare, come è stato fatto dal 2001, il carico fiscale sui carburanti; avere totale accondiscendenza, come nei primi anni del 2000 verso il settore bancario; definire Finanziarie pesanti, come quella relativa al Tra le cose da fare: continuare nei processi di liberalizzazione che, assieme alle nuove norme di "class action", porteranno benefici ad un mercato spesso poco trasparente ed ingannevole; strumentazioni per l'informazione ed il controllo dei prezzi, oltre a precisi interventi di razionalizzazione delle varie filiere produttive; abbattere il carico fiscale di lavoratori e pensionati al fine di riequilibrare il potere di acquisto manipolato negativamente dal indici Istat, le retribuzioni perdono potere d'acquisto in misura altrettanto significativa, pari (secondo Eurispes) al 20,4% per gli impiegati, al 14,1% per gli operai, al 12,1% per i dirigenti e all'8,3% per i quadri. "Le famiglie - sostiene l'istituto - per far quadrare i bilanci, per pagare le rate per il mutuo, per far fronte alle spese di affitto, luce, gas e riscaldamento, sono costrette sempre più a fare i conti con la "quarta" se non addirittura con la "terza settimana". Non è un caso se, rispetto alle rilevazioni effettuate lo scorso anno, gli italiani sono sempre più pessimisti: il 69,5% nel 2008 contro il 51,9% nel 2007 esprime infatti pareri negativi in merito al quadro economico nazionale". La rilevazione di Eurispes, che tasta il polso agli italiani, è indicativa di quanto sia avvertito l'aumento dei prezzi nel corso dell'anno appena passato se ben il 90,3% degli italiani sostiene di aver "pagato di più". Secondo il 40,7% tale incremento è stato consistente (tra il 3% e l'8%) ed un altro 29,6% sostiene che il volume di crescita sia stato decisamente superiore. Per il 2008 il 67,3% prevede ulteriori aumenti. Il 32,1% degli italiani registra segnali, seppur lievi, di peggioramento economico del proprio nucleo familiare e il 13,7% ritiene si sia trattato di un peggioramento di più marcata entità. È così raddoppiata la percentuale delle famiglie che ricorrono a prestiti personali (10% nel 2008 contro il 5% del 2007) o che devono utilizzare quel che oramai rimane dei risparmi familiari (26,1%). In pochissimi, d'altronde, riescono a risparmiare: 13,6% contro il 25,8% del 2007 e il 27,9% del Circa un italiano su quattro (25,7%) ha fatto ricorso, nell'ultimo anno, al credito al consumo, per la maggior parte una o due volte nell'arco degli ultimi dodici mesi, ma l'8,9% lo ha fatto per almeno tre-cinque volte e il 3% per più di cinque volte. Il 44,2% degli italiani acquista a rate per motivi di scarsa liquidità ed il 19,7% perché non aveva altre soluzioni per acquistare un bene/prodotto/servizio indispensabile. Vi è un 15,6% che si lascia "sedurre" dalle offerte commerciali dei negozi che, in alcuni casi, pubblicizzano prodotti riportando addirittura il solo prezzo della mini-rata mensile. Il 14,1% si è fatto invece conquistare dalla convenienza dei tassi di interesse. Con una rata ogni mese gli italiani comprano Soprattutto elettrodomestici (22,2%) e automobili (19,6%), ma anche computer o telefonini (13,9%) e arredamenti e servizi per la casa (13,4%). È preoccupante invece il dato relativo al 5,1% della popolazione italiana che è stata costretta a contrarre debiti per cure mediche (visite specialistiche, interventi, protesi dentarie). Gli italiani hanno chiesto aiuto a banche o istituti finanziari anche per l'acquisto di moto e scooter o vestiario e calzature (rispettivamente 4,7% e 4,1%), ma anche per viaggi e vacanze (2,3%) e per i materiali o i libri per la scuola (0,9%). Nel primo semestre 2007 le passività finanziarie delle famiglie italiane sono in costante aumento: il debito è cresciuto del 9,9% rispetto allo stesso periodo del La quota più elevata riguarda i mutui per comprare casa che comprendono poco più della metà dell'indebitamento complessivo (oltre 490 miliardi di euro, con un aumento del 9,4% rispetto al primo semestre del 2006). Ma anche l'ammontare del credito al consumo, concesso da banche e società finanziarie, registra volumi considerevoli, pari quasi a 94 miliardi di euro nel primo semestre del 2007, con un incremento del 17,6% rispetto al primo semestre dell'anno precedente. Il resto dell'indebitamento delle famiglie è costituito da prestiti concessi per altri motivi (spese mediche, spese per matrimoni, prestiti personali, ecc.) dalle banche per un ammontare di 141 miliardi di euro circa (+ 6,3% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

7 27 febbraio DAL 2002 al 2007 MAGGIORI SPESE PER EURO PER OGNI FAMIGLIA DI LAVORATORI DIPENDENTI Queste le cifre anno per anno: RINCARI 2002 RINCARI 2003 RINCARI 2004 RINCARI 2005 RINCARI 2006 RINCARI 2007 RINCARI RINCARI 2008 (previsionali) RINCARI Euro Euro Euro 970 Euro Euro 995 Euro Euro Euro Euro Secondo una stima di Federconsumatori e Adusbef, diciotto milioni di famiglie di lavoratori dipendenti hanno subito una perdita complessiva dal 2002 al 2007 di 137,4 miliardi di euro in tutti i settori della vita produttiva: dai servizi bancari a quelli assicurativi, dalla benzina al gas, dai trasporti pubblici alle tariffe ferroviarie, ai rifiuti solidi urbani, per non parlare dei muti a tasso indicizzato a carico di 3,2 milioni di famiglie. A gennaio 2008 c'è stata un'accelerazione dell'inflazione dovuta principalmente ad aumenti nei settori dei trasporti, dell'energia ed alimentari. Per questi ultimi la Confederazione degli Agricoltori (CIA) stima una crescita dei prezzi al consumo pari al 28% in 10 anni, fatto che avrebbe indotto cambiamenti nelle abitudini alimentari di 3 famiglie su 5 ed un calo (in quantità) dei consumi pari al 2% all'anno.

8 8 27 febbraio 2007 SALARI ITALIANI PENULTIMI IN EUROPA Nella classifica Ocse dei trenta Paesi più industrializzati, le retribuzioni dei lavoratori italiani sono scivolate dal diciannovesimo posto del 2004 al ventitreesimo del Oltre a Stati Uniti, Giappone, Germania e Francia, ci hanno superato anche Spagna e Grecia ed in Europa facciamo meglio solo del Portogallo. Nello schema sono riportate tra parentesi le retribuzioni nette annue in euro. 1. Corea (28.095) 2. Regno Unito (28.007) 3. Svizzera (26.322) 4. Giappone (25.764) 5. Lussemburgo (24.897) 6. Olanda (23.289) 7. Australia (23.139) 8. Norvegia (22.579) 9. Germania (21.235) 10. Irlanda (21.111) 11. Austria (20.713) 12. Usa (19.999) 13. Islanda (19.932) LA CLASSIFICA DELL' OCSE: 14. Finlandia (19.890) 15. Canada (19.770) 16. Francia (19.731) 17. Belgio (19.729) 18. Svezia (18.891) 19. Danimarca (18.735) 20. Nuova Zelanda (17.919) 21. Spagna (17.410) 22. Grecia (16.720) 23. Italia (16.242) 24. Portogallo (13.136) 25. Turchia (10.693) 26. Rep. Ceca (9.548) I lavoratori sono pagati in lire, ma comprano in euro, per questo i loro stipendi sono tra i più bassi d'europa. Commentando la classifica dell'ocse, Eurispes ricorda che tra il 2000 e il 2005 mentre si è registrata una crescita media del salario a livello europeo del 18%, nel nostro Paese i lavoratori dell'industria e dei servizi (con esclusione della Pubblica amministrazione) hanno visto la propria busta paga crescere solo del 13,7%. Nel 2006 il trend negativo si è ulteriormente accentuato con un'ulteriore perdita di posizione dell' Italia dove il salario netto annuo è passato da euro del 2004 a euro del 2006, con una crescita del 4,1%, mentre la media europea registrava un +15%. Nello stesso periodo in Gran Bretagna, dove la crescita percentuale è stata del 33,3%, i salari sono aumentati di quasi 7mila euro passando da euro del 2004 a del Sono aumentati anche i salari della Grecia (+34,5%), dell'olanda (+19,2%), del Portogallo (+52,1%, con uno salario netto annuo passato da euro del 2004 a euro del 2006), della Finlandia (+14,3%), della Germania (+14,1%), della Danimarca (11,2%), dell'irlanda (+11%) e della Spagna (+10,4%).

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